Cara Donatella,
non a caso, per il passato che ci unisce, ho
pensato a te come depositaria di alcune mie riflessioni.
Sono stata invitata da Vito Cornacchia,
psicologo penitenziario e persona singolare per professionalit, impegno e
dedizione, ad un incontro al Caff della Versiliana dal titolo Carcere e
stranieri, con una particolare attenzione, per quello che ho potuto evincere
dai quotidiani locali, al problema del reinserimento.
Ho ovviamente accettato con entusiasmo, ben
lieta che in un contesto del genere ed alla presenza di illustri
relatori,quali, tra gli altri, il Sindaco del Comune di Pietrasanta, si
parlasse di un tema a me caro.
Caro perch ormai sono quasi dieci anni, come
sai, che in qualit di legale seguo con attenzione il percorso degli stranieri presenti sul nostro territorio.
E, senza peccare di presunzione, posso
affermare di aver seriamente e concretamente contribuito alla reintegrazione di
molti di loro.
Proprio questultimo tema, in relazione ai
detenuti stranieri, era quello che a mio parere doveva essere principalmente
affrontato oggi.
Sin dalle battute iniziali, purtroppo, ho
capito di aver decisamente sopravvalutato la portata dellincontro.
Le parole che mi hanno colpito sono state: E
giusto dare la possibilit ai meritevoli di reintegrarsi .
Avrei voluto immediatamente controbattere che
non cos semplice, che non dipende unicamente dalla buona volont dello
straniero, che non ci si pu limitare ad un assioma del tipo teniamo chi vuole
lavorare e produrre e mandiamo via gli altri.
Non avendo la possibilit di intervenire per
sottolineare che esiste una reale mancanza di coordinamento tra sistema penale
e sistema amministrativo (in sostanza chi esce dal carcere o chi in misura
alternativa e magari gi lavora da alcuni anni in virt di unautorizzazione
del Magistrato di Sorveglianza e della Direzione Provinciale del
lavoro,
alla fine non ha alcuna opportunit di ottenere un titolo di soggiorno che gli
consenta di proseguire lottimo percorso intrapreso), ho iniziato pazientemente
a trascrivere alcune precisazioni, tra le quali, quella appena detta, per me
cristallina.
Da anni infatti, sia come operatore del settore
che come membro A.S.G.I. (Associazione Studi Giuridici sullImmigrazione, alle
cui assemblee o incontri, questi temi sono allordine del giorno) , mi trovo a
dover dare una risposta a quesiti circa il futuro degli stranieri ex detenuti.
Spesso la risposta che si aspettano non
quella che posso dare loro.
Molti hanno curricula eccellenti, sia dal punto
di vista della condotta carceraria che extramuraria, con percorsi scolastici e
lavorativi di tutto rispetto, hanno datori di lavoro che mi implorano di
trovare una soluzione per consentirgli di non interrompere il rapporto con quel
ragazzo cos volenteroso, serio e responsabile (come se lo straniero fosse
divenuto il pilastro dellazienda!).
Eppure la mia risposta sempre la stessa: la
pena ha raggiunto la finalit rieducativa
che le propria, ma lo straniero non ha
possibilit perch lordinamento non gli fa alcuna concessione dal punto di
vista amministrativo.
Questo nonostante i mille meriti spesso
ampiamente riconosciuti e documentati.
Ora, senza nulla togliere allesperienza
significativa raccontata dal cittadino italiano presente allincontro, avrei
voluto contrapporgli uno straniero a me particolarmente caro – peraltro
uno dei tanti - che ha raggiunto
un notevole livello culturale e lavorativo, iniziato in carcere e proseguito
allesterno.
Un giovane che nonostante i risultati
eccellenti, con pagelle scolastiche esaltanti, un ottimo impiego ed una
notevole capacit di espressione e di scrittura nella nostra lingua, un novero
di cittadini italiani che in prima linea si sono esposti per lui, rischia di doversi allontanare dal nostro paese per errori
commessi nel passato ed ampiamente scontati.
Ecco che allora le parole rimangono ancora una
volta semplici parole, prive di significato, di profondit, come una
scenografia, perch facile, per strappare un applauso, dire chi senza
permesso se ne deve andare.
Una frase del genere, giunta alle mie orecchie
a met dellincontro, come pu conciliarsi con laltra affermazione iniziale
circa la possibilit di reintegrazione concessa ai volenterosi?
Non pu, perch di essa levidente negazione.
Anche i diligenti se ne devono andare perch non possono ottenere il permesso
di soggiorno proprio a causa di quelle condanne.
Quello che mancato, al di l della
possibilit di instaurare il contraddittorio con i vari relatori protagonisti
(questione, quella della mancata partecipazione attiva del pubblico, letta di
recente nei quotidiani locali e
che mi ha dato lulteriore spinta per scrivere questa lettera), stata la
reale visione di un fenomeno che
ormai fa parte della vita di tutti noi.
Se il Sindaco, alla fine, ci ha invitato a
considerare il carcere come una realt a noi vicina che non possiamo ignorare,
io vorrei fare un altro tipo di invito, teso a considerare anche gli stranieri
come parte integrante del nostro vissuto quotidiano.
Sono troppe le belle facce che vedo passare
davanti a me per non avallarmi il diritto di replicare a tutti coloro che,
ancora oggi, identificano lo straniero unicamente come il peggior delinquente o
comunque con qualcuno che non pu non essere allontanato.
Ti ringrazio per aver accolto questo mio lungo
pensiero.
Tiziana Pedonese