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Interventi e interviste

Interventi - Sottosegretario Alfredo Mantovano

16.09.2008

Estremismo islamico, terrorismo internazionale e ruolo delle moschee nel territorio emiliano

Il sottosegretario all'Interno Mantovano risponde alla Camera ad una interpellanza su eventuali legami

Signor Presidente, Onorevoli Colleghi,

tra i compiti del Ministero dell’Interno rientra anche quello di monitorare le differenti realtà associative, composte in tutto o in parte da stranieri, anche di matrice religiosa, presenti nel territorio nazionale, per garantire il difficile equilibrio tra l’esercizio della libertà religiosa, costituzionalmente garantita, e il rispetto dei nostri principi costituzionali e di civiltà. Negli ultimi anni è stata dedicata particolare attenzione alla questione riguardante i rapporti tra il radicalismo di matrice islamica e il terrorismo.

Un riscontro concreto nel territorio emiliano dell’impegno profuso in tale direzione è stata una importante operazione di polizia, conclusa ad agosto con l’arresto di un gruppo di soggetti - per lo più di origine tunisina, gravitanti tra Bologna, Imola e Faenza - accusati dei delitti di associazione con finalità di terrorismo internazionale (art. 270 bis c.p.) e truffa in danno di imprese assicuratrici (art. 642 c.p.). Le indagini sulla cellula – avviate nel mese di agosto 2005, all’indomani degli attentati di Londra – hanno rivelato l’esistenza in Italia di una struttura dedita al reclutamento, all’indottrinamento e all’addestramento dei propri adepti, militanti jihadisti, destinati a raggiungere luoghi di conflitto, quali l’Iraq e l'Afghanistan, per compiere atti di terrorismo. La mattina del 9 agosto la DIGOS di Bologna, in collaborazione con il Commissariato di Polizia di Imola e con la DIGOS di Ravenna, ha dato esecuzione a 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere e a 23 perquisizioni domiciliari, delegate dalla Procura della Repubblica del capoluogo emiliano.  

Ella chiede notizie e una valutazioni sul progetto di costruzione di una moschea alla periferia di Bologna. Va detto che il “Centro di cultura islamica”, ivi presente e referente di una parte della comunità musulmana del luogo, riflette al proprio interno l’articolata – e talora contraddittoria – realtà del panorama islamico nazionale. Il Centro aderisce all’UCOII (Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia), sodalizio che, in base ai propri dichiarati intenti costitutivi, punta a fornire alle comunità di musulmani una serie di servizi di carattere legale e amministrativo, con ciò avendo di mira l’obiettivo di diventare la sola, o quanto meno la principale, rappresentanza di fronte allo Stato italiano.

L’UCOII  è da tempo considerata una organizzazione di orientamento radicale, e si è trovata spesso al centro di polemiche dentro e fuori gli ambienti islamici. E’ sufficiente ricordare il manifesto pubblicato dall’UCOII nell’agosto 2006, che assimilava lo Stato di Israele al nazionalsocialismo e negava l’unicità della Shoà. Premesso che il presidente dell’Ucoii era stato ammesso come componente della Consulta per l’Islam italiano, istituita nel ministero dell’Interno, va ricordato l’atteggiamento della medesima organizzazione in occasione della predisposizione della Carta dei valori: mentre tale documento aveva riscontrato l’adesione della maggior parte dei componenti della Consulta, l’UCOII, dopo ripetute richieste esplicite del Consiglio scientifico ai fini dell’assunzione di una posizione ufficiale, ha espresso un consenso parziale  e con riserve, ne ha sminuito il significato complessivo e alla fine ha evitato di pronunciarsi per l’adesione. Ciò ha posto l’UCOII in una posizione dialettica con altre associazioni islamiche e con altri componenti della Consulta; il risultato è stato che durante il precedente governo la Consulta, a causa delle divisioni al proprio interno, non è stata mai più convocata.

Per quanto si proponga di fornire servizi ai musulmani residenti in Italia, l’Ucoii non solo è stata oggetto di controversie per le sue posizioni su Israele, gli Stati Uniti e l’Occidente in genere, ma pure per il suo legame con la posizione che gli studiosi chiamano “neo-tradizionalista”, più favorevole alla costituzione di comunità separate all’interno delle nazioni occidentali che a una vera integrazione. Per questo nei confronti di organizzazioni legate direttamente o indirettamente all’UCOII, è doveroso mantenere una posizione di studio e di attento esame di ogni vicenda che le interessi in concreto, per evitare fughe in avanti, o accordi non sufficientemente meditati.

Va ricordato che il punto di riferimento ideologico dell'U.CO.I.I. é rappresentato dai Fratelli Musulmani, il cui pensiero ha costituito la base ideologica di numerosi gruppi islamici militanti tra cui, dal 1987, Hamas (soprattutto per quanto riguarda l'attenzione ai profili socio-assistenziali). Questo, al momento, non è sufficiente per ritenere l'attuale sussistenza tra l'U.CO.I.I. e altri Stati di collegamenti da cui presumere concreti pericoli per la sicurezza pubblica in Italia. E’ una valutazione “allo stato”, che va costantemente aggiornata.

Nel 2003 il Comune di Bologna ha assegnato al “Centro di cultura islamica” - in comodato d’uso gratuito e fino alla realizzazione della nuova moschea - la sede di Via Pallavicini n. 13, nella quale vengono svolte anche attività di culto. Sempre nel 2003, il Comune ha avviato l’iter per la permuta di un terreno di proprietà dell’Ente di Gestione dei Beni Islamici in Italia (associazione aderente all’UCOII, con sede legale a Segrate, il cui statuto è stato registrato ad Ancona nel 1998), con un altro terreno di proprietà dello stesso Comune, al fine di costruirvi una moschea. L’amministrazione comunale in carica ha proseguito il procedimento finalizzato alla permuta, subordinando quest’ultima alla stipula di un Protocollo d’intesa con il Centro culturale islamico. Tale Protocollo contemplava:
• l’adesione del Centro alla Carta dei valori emanata dal Ministero dell’Interno;
• la costituzione di una Fondazione cui affidare la titolarità dell’area, degli edifici e delle attività;
• la previsione statutaria di un organo di controllo e garanzia, nominato pariteticamente, per verificare la provenienza dei fondi e per garantire il rispetto delle leggi italiane ed europee in tema di libertà religiosa e di diritti dell’infanzia e delle donne.

Mentre su quest’ultimo punto i rappresentanti del Centro hanno mostrato la loro disponibilità, designando quali membri dell’organo di controllo due degli attuali componenti del proprio direttivo, in ordine alla costituzione di una Fondazione con le caratteristiche richieste dall’amministrazione comunale essi hanno manifestato un rifiuto (mentre sulla questione più generale della condivisione della Carta dei valori si è già detto prima). L’iter di permuta è stato, conseguentemente, sospeso, considerata l’importanza che, nell’ottica del Comune, tale fondazione  avrebbe dovuto rivestire ai fini della trasparenza della gestione e dell’organizzazione della nuova moschea. Tuttavia, le problematiche correlate alla moschea, così come quelle inerenti al funzionamento del Centro, continuano a essere tenute in considerazione per rilevare eventuali connessioni tra i soggetti che frequentano il Centro e sostenitori del radicalismo islamico.

In merito al reperimento dei fondi per l’edificazione del nuovo centro di culto, non risulta che l’Amministrazione comunale abbia stanziato denaro. Gli oneri dovrebbero essere sostenuti, con contributi volontari, dalla stessa comunità islamica bolognese. E’ questa, infatti, la tradizionale modalità dei musulmani per finanziare le attività dei propri centri e le eventuali acquisizioni di immobili. Tale sistema di sovvenzioni è denominato “zakat” (contribuzione individuale prevista dal Corano e dalla Shari’a). Non si è, invece, in possesso di sufficienti elementi informativi in ordine all’identità dei finanziatori del Centro di Segrate; la questione è, comunque, oggetto dell’attività d’indagine da parte delle forze dell’ordine, inquadrandosi essa nel più ampio sistema di controllo e monitoraggio delle realtà associative islamiche presenti in Italia.    

Per quanto concerne il programmato (e non realizzato) attentato alla Basilica di San Petronio, la vicenda è emersa nel febbraio del 2006 a seguito di un’attività investigativa: l’edificio era stato individuato come obiettivo di un possibile atto terroristico per la presenza, nella cappella dei Re Magi, di un affresco di Giovanni da Modena raffigurante la cacciata di Maometto dall’inferno. Le cellule che avrebbero dovuto realizzare il progetto operavano tra Francia, Algeria e Marocco. Proprio in questi Paesi nord africani sono stati tratti in arresto due dei principali ispiratori dell’attentato; con le loro dichiarazioni è stato possibile identificare e localizzare, sul territorio nazionale, di alcuni componenti della cellula potenzialmente coinvolta. Tali soggetti sono risultati in collegamento con le filiere internazionali che reclutavano volontari jihadisti per prendere parte al conflitto iracheno. A seguito degli sviluppi investigativi, sono stati adottati dal Ministro dell’Interno, ai sensi della normativa antiterrorismo, sette decreti di espulsione nei confronti di stranieri di origine magrebina residenti in Italia, coinvolti nella progettazione dell’attentato. La Basilica di San Petronio è ancora oggetto di un articolato dispositivo di protezione, assicurato dalla Polizia di Stato, dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza.

Per quanto concerne, infine, gli ipotetici “collegamenti” fra settori dei cosiddetti “no global” e ambienti o personaggi legati all’estremismo islamico, non si hanno al momento in Italia riscontri circa l’esistenza di legami tra dette realtà. Non risulta, cioè, alcuna relazione documentata tra militanti dell’estremismo islamico e quelli della sinistra antagonista bolognese. La vigilanza permane comunque alta, dal momento che offerte di collaborazione rispetto alle frange più violente del mondo antiglobalista sono venute, anche pubblicamente, da figure di rilievo del radicalismo islamico internazionale, ed episodi, o almeno tentativi di collusione e collaborazione, sono stati rilevati dalle autorità di pubblica sicurezza in altre Nazioni, anche se – lo ripeto - per il momento non in Italia.





   
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