Egregio
Direttore,
ho
avuto modo stamattina di ascoltare il servizio del GR2 delle 7.30 sui matrimoni
di comodo (quelli tra un nubendo italiano ed uno straniero, celebrati al solo
scopo di far ottenere allo straniero il permesso di soggiorno o la cittadinanza).
Vi si affermava che l'entrata in vigore della legge in materia di sicurezza
pubblica (Legge 94/2009) ha prodotto un'immediata riduzione di tali matrimoni.
Si
affermava anche che negli ultimi dieci anni di matrimoni di questo genere ne
sono stati celebrati in Italia, stando alle stime ISTAT e dell'Associazione
matrimonialisti italiani, trentamila.
Ora,
pero', con l'entrata in vigore della nuova legge - spiegava il servizio - le
cose si fanno meno appetibili per questi stranieri truffaldini (l'espressione
e' mia, non del GR2): occorre, infatti, pagare 200 euro e aspettare, per la
cittadinanza, due anni invece dei soli sei mesi previsti dalla normativa
previgente.
Cosi' -
sempre nel racconto del Giornale Radio - quattro coppie miste a Verona hanno
rinunciato alla celebrazione del matrimonio, e altre hanno dato forfait per i
prossimi giorni.
Il
servizio e' un esempio luminoso di superficialita'. Provo a spiegarLe perche'.
1) Il
fatto che un matrimonio sia "di comodo" e' cosa delicatissima da
dimostrare. La rinvio, per questo, alla Comunicazione della Commissione
dell'Unione europea al Parlamento europeo e al Consiglio sulle Linee-guida per
una miglior trasposizione ed applicazione della Direttiva 2004/38/CE (COM(2009)
313/4 http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2009/luglio/com-comm-ue-dir-38-04.pdf).
E' cosa
che si presta assai poco alle valutazioni statistiche, quando, almeno, non si
voglia trattare la materia con lo stile del Bar Sport. L'Istat, del resto, nel
rapporto del 2007 (http://www.stranieriinitalia.it/news/istat13feb2007.pdf),
cui il servizio fa implicito riferimento, si guarda bene dall'azzardare stime
sulla percentuale dei matrimoni di comodo, dedicando invece grande attenzione
al fenomeno - rilevantissimo - dei matrimoni misti.
La
stima e' effettuata, piuttosto, dall'Associazione matrimonialisti italiani. Non
sembra che si tratti di un soggetto particolarmente autorevole (a Milano conta
cinque soci; a Roma, otto: http://www.ami-avvocati.it/regioni-ami.asp ); in
ogni caso, per definizione, l'Associazione vede del fenomento solo la porzione
"patologica", che non consente di effettuare estrapolazioni, se non -
appunto - per gli avventori del Bar Sport.
2) Sono
pronto a scommettere che le quattro coppie di Verona che hanno rinunciato al
matrimonio (e quelle che lo faranno nei prossimi giorni) non l'hanno fatto per
evitare il pagamento dei duecento euro (questo graverebbe, in modo irrilevante,
sulla richiesta di cittadinanza, non sulla celebrazione del matrimonio o sul
rilascio della carta di soggiorno per familiare di cittadino dell'Unione
europea), ne' per il prolungamento a due anni del periodo di residenza
richiesto per l'acquisto della cittadinanza (la convenienza di un matrimonio di
comodo risiedere intanto nell'ottenimento di un titolo di soggiorno, l'acquisto
della cittadinanza essendo questione ovviamente secondaria).
La
rinuncia e' stata imposta da altra modifica introdotta dalla Legge 94/2009: la
necessita' di dimostrazione di regolarita' del soggiorno ai fini della
celebrazione del matrimonio in Italia. Questa disposizione e' una delle grandi
porcherie su cui il Governo ha posto la fiducia. Viola in modo grossolano gli
art. 29 e 30 della Costituzione, l'art. 12 della Convenzione europea dei
diritti dell'uomo, la Direttiva 2004/38/CE e una serie di altre norme
vincolanti per il nostro sgangheratissimo Legislatore.
A
conclusioni analoghe, mutatis mutandis,
e' arrivato di recente, a proposito di un simile tentativo di riforma, poi
abortito, il Tribunale Costituzionale francese (http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-constitutionnel/francais/les-decisions/depuis-1958/decisions-par-date/2003/2003-484-dc/decision-n-2003-484-dc-du-20-novembre-2003.871.html).
Il Suo
editoriale, stamattina, si concludeva con l'auspicio che si tornasse a dire, in
un futuro prossimo, come prova di veridicita' di una notizia: "l'ha detto
la Radio". Le suggerisco sommessamente di vigilare sulla qualita' dei
servizi che vengono trasmessi, perche' non si debba diffondere, invece,
l'adagio "l'ha detto la Radio: una stronzata, quindi".
Con
tutta la stima che Ella merita
Sergio
Briguglio