UFFICIO DI SORVEGLIANZA

NUORO

 

(rif. n. 16/08 R.G. Mag. Sorv. S/8)

Ordinanza n. _______/2008

 

IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA

            Sciogliendo la riserva formulata all'udienza camerale tenutasi il giorno 16 dicembre 2008 ha pronunciato la seguente

O R D I N A N Z A

            nel procedimento di sorveglianza relativo all'accertamento della pericolositˆ sociale ed inteso alla esecuzione della misura di sicurezza dell'espulsione dal territorio dello Stato, disposta con sentenza della Corte dĠAssise dĠAppello di Brescia in data 29.6.2007 (irrev. il 18.7.2008) - riforma parzialmente sentenza emessa dalla Corte dĠAssise di Cremona in data 15.7.2006 - (esecuzione n. 299/2008 SIEP Procura Generale della Repubblica presso la Corte dĠAppello di Brescia) nei confronti di D. N., nato in Tunisia il XXXXXXX, instaurato su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nuoro in data 22.9.2008.

 

            Visti gli atti del procedimento;

            verificata preliminarmente la regolaritˆ degli stessi sotto il profilo processuale;

considerate le risultanze delle documentazioni acquisite, degli accertamenti svolti, della trattazione e della discussione di cui a separato processo verbale;

 

O S S E R V A

 

Con la sentenza della Corte dĠAssise dĠAppello di cui in epigrafe, il D. veniva condannato ad anni 6 di reclusione per il delitto di associazione finalizzata al terrorismo, commesso nella forma della partecipazione di cui al secondo comma dellĠart. 270 bis c.p. e non in qualitˆ di promotore-organizzatore, cos“ come contestato nel capo di imputazione (fatti posti in essere in Cremona, Milano ed altri luoghi quantomeno dal 2002 fino allĠaprile del 2003). La sentenza di secondo grado riformava parzialmente la pronuncia della Corte dĠAssise di Cremona (che aveva determinato la condanna in anni 7 e mesi 6 di reclusione, ritenendo lĠallora imputato responsabile anche del delitto di cui allĠart. 12 D.L.vo 286/1998, commesso in continuazione con il primo), alla luce del mancato raggiungimento della piena prova in ordine al delitto di favoreggiamento dellĠimmigrazione clandestina nel nostro paese. Ritenuto inoltre il soggetto socialmente pericoloso Òalla luce del rilevante contributo dato [da ciascuno] alla vita ed allĠazione della cellulaÓ, ne disponeva lĠespulsione ai sensi dellĠart. 15 D.L.vo n. 286/1998 a pena espiata [decorrenza pena: 5.5.2003; fine pena: 4.5.2009].

Quasi contestualmente alla richiesta di riesame della pericolositˆ sociale avanzata dalla Procura con riguardo allĠesecuzione della misura di sicurezza come sopra disposta, perveniva a questo ufficio, il 23.9.2008, nota del Ministero della Giustizia - Dipartimento per gli Affari di Giustizia - Direzione Generale del Contenzioso e dei Diritti Umani, con la quale veniva comunicata la proposizione di un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dellĠUomo avverso lĠespulsione deliberata in sentenza, con conseguente adozione da parte del Presidente della Seconda Sezione della Corte Europea di Strasburgo, nellĠambito del procedimento cos“ instauratosi, Òdella misura ex art. 39 Reg. Corte in virt della quale vĠ lĠobbligo di non procedere allĠespulsione del D. (ricorrente alla CEDU) sino a nuovo ordineÓ.

Ci˜ posto, risulta evidente, nellĠambito del presente giudizio, la necessitˆ di verificare, innanzitutto, la persistenza delle pericolositˆ sociale del detenuto, senza la quale, evidentemente, non si porrebbe il successivo problema sollevato dinanzi alla Corte Europea, relativo allĠapplicazione della misura disposta.

Con riguardo ai fatti per i quali il D. ha riportato condanna, risulta, dunque, dalla lettura della sentenza in esecuzione che lĠattuale detenuto faceva parte di una cellula radicale islamica, gravitante attorno alla Moschea di Cremona, costituita al fine di commettere atti di violenza con finalitˆ di eversione dellĠordine democratico (progettavano attentati in Italia alla Metropolitana di Milano ed al Duomo di Cremona) rivolti anche contro stati esteri, tra i quali il Marocco, la Tunisia e lĠIraq. Il D. in particolare, cos“ come rileva la sentenza di secondo grado Òaveva ad un certo punto assunto veste operativa di mujihaid in seno allĠorganizzazione madre, trasferendosi nella zona dove questa agiva per fungere da trait dĠunion con la cellula di Cremona(ÉÉ)Ó; risulta in particolare il suo spostamento in un campo dellĠorganizzazione Ansar Al Islam nel Kurdistan iracheno ed il suo apporto, di tipo anche economico, alla suddetta organizzazione.

Forti sono risultati essere i legami con gli altri coimputati, appartenenti a tale associazione (in particolare T. e B.) e significativa  la circostanza che lo stesso si sia recato, anche per lunghi periodi, in Irak.

Non  necessario, pertanto, soffermarsi oltre sugli episodi che hanno determinato la condanna per concludere che gli stessi, stante la loro gravitˆ ed il particolare allarme che evidentemente determinano nella collettivitˆ, sono sintomatici di una elevata pericolositˆ sociale.

Il D., infatti, nonostante valido permesso di soggiorno sul territorio Italiano, regolare attivitˆ lavorativa e nucleo familiare normoinserito (moglie e quattro figlie residenti a Cremona), ha posto in essere condotte di rilevante drammaticitˆ dal punto di vista sociale, oltre che penale, con ci˜ dimostrando sicuramente una elevata capacitˆ a delinquere.

Nel corso della sua detenzione, peraltro, si  mostrato insofferente alle regole penitenziarie, riportando numerosi rapporti disciplinari, che hanno dato luogo, nellĠottobre del 2004, allĠapplicazione, nei suoi confronti, del regime della sorveglianza speciale di cui allĠart. 14 bis O.P.. Si rileva in particolare dagli atti acquisiti e pi organicamente dal decreto del Capo del DAP in data 27.10.2008, che il D. Òil 4 luglio 2003 , nella Casa Circondariale di Milano S. Vittore,  per futili motivi, andava in escandescenza inveendo contro gli agenti preposti al servizio di sezione, pronunciando contro gli stessi minacce e frasi offensive, culminando la sua protesta con la rottura del televisore; il 20 agosto 2003 sempre presso la predetta sede penitenziaria, il detenuto in argomento ingiuriava e minacciava il personale addetto alla custodia, incendiando i beni dellĠAmministrazione contenuti nella propria cella, atto che compiva nuovamente i successivi 29 e 31 agosto 2003; il 3 novembre 2003, presso la Casa Circondariale di Milano S. Vittore, il predetto poneva in essere un atteggiamento offensivo nei confronti di un agente addetto alla custodia, provocando danni ai beni dellĠAmministrazione ed allagando la sezione dove si trovava ristretto; il 21 aprile 2004, sempre presso la sede milanese, il detenuto in argomento non permetteva, agli agenti preposti, di espletare la perquisizione ordinaria allĠinterno della propria cella; il 23 settembre 2004 presso la predetta sede, il D. poneva in essere un atteggiamento offensivo e minaccioso nei confronti del personale addetto alla custodiaÓ. Risulta evidente dallĠanalisi degli episodi illeciti che hanno visto come protagonista il D., la sua elevata irritabilitˆ, che sfocia anche in atti di violenza verbale e, nei confronti delle cose, fisica, con la frequente realizzazione di episodi che, in alcuni momenti, hanno costituito pericolo per la stessa sicurezza dellĠistituto nel quale era egli stesso ristretto.

La mancanza di precedenti penali e di carichi pendenti nei suoi confronti e la presa dĠatto della regolaritˆ della condotta inframuraria nella Casa Circondariale di Nuoro nel corso degli ultimi tre anni di detenzione, dunque, non sono sufficienti e creare un quadro rassicurante in ordine alla pericolositˆ sociale attuale dellĠinteressato. La gravitˆ dei reati posti in essere, unita alla irregolaritˆ della condotta detentiva, portano a ritenere ancora concretamente persistente la probabilitˆ che il D. commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reato.

Non risulta, del resto, agli atti una compiuta relazione di sintesi che dia atto del percorso intramurario compiuto dallo stesso, essendo per contro pervenuta, dallĠIstituto di pena ove  attualmente detenuto, una mera relazione comportamentale che, evidenziando la sua posizione giuridica non definitiva, se non dal luglio 2008 (con conseguente impossibilitˆ di procedere ad una vera e propria osservazione scientifica della personalitˆ ed alla predisposizione di un conseguente programma trattamentale), riferisce esclusivamente della regolaritˆ della condotta.

Le stesse informazioni della Questura di Nuoro e del Comando dei Carabinieri di Milano evidenziano la particolare gravitˆ del reato posto in essere dal detenuto, segnalando, in particolare, la Questura di Nuoro, la mancanza attuale di permesso di soggiorno, poichŽ scaduto in data 19.1.2006 e la presentazione, da parte dello stesso, di istanza di riconoscimento dello Status di Protezione Internazionale alla competente Commissione Territoriale di Roma. 

Alle luce di quanto suesposto, deve ritenersi persistente, dunque, la pericolositˆ sociale del D..

In considerazione, tuttavia, della misura cautelare disposta dal Presidente della Seconda sezione Penale della CEDU, deve, nondimeno, ritenersi non pi praticabile la misura di sicurezza disposta in sentenza.

Occorre a tal proposito evidenziare che nella nota della Rappresentanza permanente dĠItalia presso il Consiglio dĠEuropa del 18.9.2008 (pervenuta a questo ufficio solo in data 10.12.2008)  scritto, a proposito della misura provvisoria raccomandata dalla Corte: Òen application de lĠarticle 39 du rglement del la Cour, quĠil Žta“t souhitable, dans lĠintŽret des parties et du bon dŽroulement de la procŽdure devant la Cour, de ne pas expulser le requŽrant vers Tunisine jusquĠˆ nuovel ordreÓ. Seppure, dunque, la statuizione in essa contenuta rappresenti un semplice invito, privo di vincolativitˆ, deve rilevarsi come la stessa sia assolutamente preordinata a non vanificare la futura decisione che, in considerazione della raccomandazione rivolta in via cautelare allo Stato italiano, deve ritenersi probabilmente favorevole al ricorrente.

A tal proposito  possibile citare un precedente particolarmente significativo, poichŽ fortemente analogo al caso che ci occupa, e conclusosi con la condanna dellĠItalia. Nella sentenza emessa dalla Grand Chamber della CEDU - Case of Saadi v. Italy - Application n. 37201/06 del 28.2.2008, la Corte ha concluso che lĠespulsione del Saadi, cittadino tunisino, verso il proprio paese dĠorigine, avrebbe comportato la violazione dellĠart. 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, poichŽ avrebbe esposto il condannato al rischio reale di subire maltrattamenti contrari al citato art. 3. Nel caso de quo, il Saadi - che nel nostro paese aveva visto derubricata la precedente accusa di terrorismo internazionale in associazione per delinquere e favoreggiamento dellĠimmigrazione clandestina, mentre era stato invece condannato in Tunisia per partecipazione ad organizzazione terroristica operante in tempo di pace ed istigazione al terrorismo - aveva ricevuto provvedimento di espulsione da parte del Ministro, in applicazione del decreto legge 27.7.2005 n. 144, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, convertito in l. 31.7.2005, n. 155. Nonostante il rigetto della sua richiesta di asilo politico, la Corte aveva anche allora adottato la misura di cui allĠart. 39 del suo regolamento, chiedendo dunque la sospensione del provvedimento di espulsione. Malgrado lĠattivazione dellĠambasciata italiana a Tunisi volta ad ottenere assicurazione diplomatica che il condannato non sarebbe stato sottoposto trattamenti inumani e sebbene vi fosse stata la risposta del ministro degli affari esteri circa lĠosservanza, da parte del proprio paese, dei trattati e delle convenzioni internazionali in materia, la Corte ha accolto il ricorso presentato da Saadi ritenendo non comparabili il diritto di un individuo a non subire trattamenti inumani e lĠinteresse della collettivitˆ ad allontanare dal proprio territorio una persona pericolosa.

Alla luce dei resoconti degli Osservatori e delle Associazioni operanti a livello internazionale per la difesa dei diritti umani (la stessa decisione della CEDU di cui sopra richiamava i rapporti dellĠOsservatorio per i Diritti Umani nonchŽ quello del Dipartimento di Stato Americano), deve ritenersi, inoltre, fatto notorio, il mancato rispetto degli  obblighi internazionali, in tale materia, da parte del governo tunisino nellĠambito delle politiche antiterrorismo. A tal proposito basti citare il rapporto CS82-2008 del 23 giugno 2008 di Amnesty International, che proprio con riguardo alle politiche di sicurezza ed antiterrorismo portate avanti dalla Tunisia, denuncia gravi violazioni di diritti umani. Si legge in tale documento che per prevenire la formazione di quelle che vengono definite Òcellule terroristeÓ allĠinterno del paese, le autoritˆ di pubblica sicurezza si rendono responsabili di arresti illegali, che violano le stesse leggi tunisine, sparizioni di detenuti, utilizzo della tortura per estorcere confessioni e dunque condanne a seguito di processi privi di garanzie e adottate sulla base di elementi indiziari privi dei necessari requisiti di certezza.

Occorre, con riguardo a tale aspetto, sottolineare che il D., sulla base della sentenza in esecuzione, risultava appartenere ad unĠassociazione che era costituita allo scopo di commettere atti di violenza rivolti anche contro stati esteri, tra i quali proprio la Tunisia.

Il mancato rispetto, da parte dellĠItalia, della misura disposta dalla CEDU ai sensi dellĠart. 39, del resto, oltre a ledere il generico dovere di collaborazione, potrebbe comportare ulteriore ed autonoma violazione della Convenzione (come ricorda la stessa nota della Commissione Permanente dellĠItalia presso la CEDU), con conseguente ulteriore condanna derivante dal mancato adeguamento (vengono a tal proposito citati nel provvedimento cautelare i casi Cruz Varas contro la Svezia e Mamatkulv e Abdurasulovic contro la Turchia).

La stessa nota del Ministero dellĠInterno diretta alla Prefettura ed alla Questura di Nuoro in data 25.9.2008 Òprega di assicurare il rispetto di tale misura cautelare, riservandosi di comunicare tempestivamente le successive determinazioni della suddetta Corte al riguardo, non appena pervenuteÓ stante la rilevanza del contenzioso internazionale (cfr. documentazione acquisita agli atti della presente procedura).

Risulta evidente, dunque, che se anche si disponesse lĠespulsione nella presente sede, la stessa potrebbe non essere eseguita in considerazione delle indicazioni fornite dallo stesso Governo italiano agli organi che materialmente dovrebbero porla in essere.

Ci˜ tuttavia contrasta con la necessitˆ di neutralizzare la pericolositˆ sociale del condannato, essendo la stessa risultata persistente ed anche connotata dai caratteri della gravitˆ.

A tal proposito,  bene rilevare che il D., che allo stato ha un fine pena fissato al 4.5.2009, non ha mai chiesto il beneficio della liberazione anticipata (ormai maturato con riguardo a nove semestri); o meglio, ha rinunciato espressamente allĠottenimento della riduzione di pena ai sensi dellĠart. 54 O.P., nel momento in cui ha saputo pendente il relativo procedimento a seguito della presentazione della domanda da parte del suo avvocato. Tale rilievo, oltre a far emergere chiaramente il timore del detenuto di essere scarcerato prima che il suo ricorso sia stato deciso a livello comunitario (stante il rischio di essere rimpatriato forzatamente), mette in evidenza come egli, qualora cambiasse idea, potrebbe essere rimesso in libertˆ nel giro di pochi giorni.

Preso atto, alla luce di quanto suesposto, che il condannato risulta particolarmente pericoloso e che tuttavia lĠapplicazione dellĠespulsione non risulta, allo stato, praticabile, occorre disporre una misura di sicurezza che sia, per contro, in grado di contenere la capacitˆ criminale del D..

Rilevato che a seguito di specifica richiesta di relazione sanitaria rivolta al medico della Casa Circondariale di Nuoro,  emerso che il detenuto presenta discrete condizioni generali di salute e pur essendo affetto, al momento dellĠarrivo in istituto, da sofferenza radicolare cronica di L5 da ernia discale, presenta al momento un buon compenso farmacologico. La stessa relazione dello psichiatra, che ha seguito lĠinteressato, riferisce che il paziente  in grado di comprendere le domande, ha nuovamente acquistato il peso ottimale e ÒlĠassetto cognitivo  valido relativamente a memoria, attenzione, orientamento - tempo - spazio - personeÓ.

Deve concludersi, dunque, per lĠapplicazione della misura di sicurezza detentiva della Casa di Lavoro per anni uno.

Non pu˜ dirsi incompatibile quel regime con le condizioni di salute del D., posto che presso tali centri il lavoro pu˜ essere prestato anche con riguardo ad attivitˆ di tipo artigianale, cosicchŽ dovrˆ essere il competente DAP ad individuare la struttura pi idonea per il soggetto in esame.

Va sostenuta dĠaltronde la possibilitˆ di procedere ad una trasformazione della misura di sicurezza predisposta in sentenza, alla luce dei principi vigenti in tale materia ed in considerazione della particolare situazione in esame.

Cos“ come statuito dalla Corte di Cassazione, Sezione I, con la sentenza n. 11273 del 02/03/2007 Cc.  (dep. 15/03/2007 ) Rv. 236163,  legittimo il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza deliberi la sostituzione dellĠoriginaria misura detentiva terapeutica, in una detentiva non terapeutica. Sebbene la pronuncia abbia riguardato specificamente il caso di soggetto condannato a pena ridotta per vizio parziale di mente, con conseguente applicazione del ricovero in una casa di cura e custodia alla luce della sua infermitˆ mentale, dalla lettura della motivazione si evince che il principio di cui in massima ha portata pi ampia. Nella fattispecie allĠesame della Corte, il magistrato di sorveglianza aveva trasformato lĠoriginaria misura terapeutica nella misura detentiva dellĠassegnazione ad una casa di lavoro, ritenendo persistente la pericolositˆ sociale seppur fosse venuta meno lĠinfermitˆ mentale del condannato. Occorre tener presente che, a seguito delle varie pronunce della Corte Costituzionale in tale ambito,  venuto meno ogni automatismo con riguardo allĠapplicazione ed alla esecuzione delle misure di sicurezza. La stessa trasformazione delle misure di cui si occupa lĠart. 212, commi 2 e 3, c.p., deve necessariamente intervenire a seguito di esame volto a verificare lĠattualitˆ degli indici di pericolositˆ, che dunque devono sussistere non solo al momento dellĠapplicazione delle misure, ma anche in quello della loro esecuzione. LĠesame compiuto nella motivazione della suddetta sentenza si sofferma ancora sulla disciplina codicistica della trasformazione, che va necessariamente correlata con lĠart. 69 dellĠOrdinamento Penitenziario (cos“ come modificato dalla l. n. 663/1986) e soprattutto con lĠart. 679 c.p.p. (norme intervenute successivamente che devono nondimeno armonizzarsi con la precedente normativa). Non solo lĠart. 69 O.P. fa riferimento espressamente alla competenza della magistratura di sorveglianza in merito alla trasformazione delle misure di sicurezza, ma anche la norma processuale di cui allĠart. 679 c.p.p., oltre a riconoscere la possibilitˆ dellĠattivazione dĠufficio in tale materia, fa riferimento ai casi in cui la misura di sicurezza deve essere ordinata, per la prima volta, successivamente alla sentenza. Tale richiamo, prosegue la Corte, non pu˜ che riferirsi ai casi disciplinati dallĠart. 205, 2Ħ comma, c.p.. Mentre, dunque, lĠart. 212, 2Ħ comma, c.p. fa riferimento ai casi in cui  stata giˆ ordinata una misura di sicurezza, lĠart. 679 c.p.p., richiamando i casi in cui una misura di sicurezza deve essere ordinata successivamente alla sentenza, Òintende far riferimento indistintamente a tutte le possibili evenienze contemplate dal codice penale, indipendentemente dalla circostanza che con la sentenza siano state irrogate giˆ (altre) misure. Alla stregua di questi rilievi,  pacifico che  stata attribuita al magistrato di sorveglianza la competenza esclusiva in executivis in tema di misure di sicurezza (diverse dalla confisca ed eccettuati i casi di cui all'art. 312 c.p.) disposte con sentenza o irrogate successivamente. Potendo procedere in ogni momento al riesame della pericolositˆ del condannato,  evidente che egli possa disporre l'esecuzione della misura pi adeguata alla sua personalitˆ, traendo elementi di convincimento per la sostituzione o la revoca delle misure di sicurezza sulla base delle disposizioni degli artt. 133 e 203 c.p.Ó.

La misura di sicurezza, quindi, non avendo carattere retributivo, ma presentando, per contro, funzione specialpreventiva, deve essere in grado di impedire la commissione di reati da parte del soggetto pericoloso, operando nel contempo anche unĠazione rieducativa.

Deve ritenersi pertanto lĠassegnazione ad una casa di lavoro la misura di sicurezza pi adatta a contenere, allo stato, la pericolositˆ sociale del D., fermo restando che, in ogni caso, allĠesito di nuovo riesame della pericolositˆ sociale del soggetto, la situazione fattuale oltre che giuridica, potrˆ essere mutata, con conseguente adozione del provvedimento che sarˆ ritenuto pi idoneo dalla competente A.G.

 

P.     Q.     M.

 

            visti gli artt.133, 203, 208, 212, 216, 15 D.L.vo n. 286/1998, 235 c.p. - 666, 677, 678, 679 c.p.p. - 69, 4Ħ comma O.P.;

sentito lĠinteressato ed il suo difensore;        

su conforme parere del P.M.;

 

             D I C H I A R A  D. N. sopra generalizzato, socialmente pericoloso;

            DISPONE applicarsi la misura di sicurezza della casa di lavoro per anni 1 (uno), in luogo dellĠespulsione disposta nella sentenza di condanna di cui in epigrafe, poichŽ, allo stato, non praticabile.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti.

Nuoro, 16.12.2008

Il Magistrato di Sorveglianza

dr.ssa M.P. Vezzi   

Il Cancelliere b 3

N. Figus

 

Depositato in cancelleria

Il ________________.

Il Cancelliere b 3

N. Figus