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Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2232-A)
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi sul complesso delle proposte emendative presentate.
Constato l'assenza dell'onorevole Ascierto, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Anna Teresa Formisano. Ne ha facoltà.
ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, il decreto-legge all'esame dell'Aula anticipa alcune delle disposizioni contenute nel disegno di legge in materia di sicurezza nonché le norme previste nel disegno di legge sulle molestie insistenti.
L'Unione di Centro non ha valutato negativamente il provvedimento sugli atti persecutori, fenomeno in relazione al quale l'ordinamento non è stato finora in grado di assicurare un presidio cautelare e sanzionatorio efficace. Anche quando non sono state condivise le soluzioni tecniche non è mancato l'apprezzamento per la risposta normativa ad un fenomeno persecutorio forse non nuovissimo, ma reso particolarmente odioso dalle nuove tecnologie e, più in generale, dall'esperienza di vita contemporanea, con quel misto di familiarità ed estraneità in cui si sviluppano le relazioni tra le persone, che certamente rende più esposta e, nel contempo, più sola la vittima delle molestie sessuali. Pag. 64
Il provvedimento sullo stalking è stato giustamente finalizzato a perseguire comportamenti che troppo spesso sono stati sottovalutati, non solo fino ad oggi dal legislatore, ma anche nella percezione comune. Inoltre, la circostanza che nell'ultimo anno vi sia stato un decremento dei reati di violenza sessuale - secondo dati diffusi dal dipartimento della pubblica sicurezza, in Italia gli episodi di violenza sessuale nel 2008 sono diminuiti dell'8,4 per cento e la maggior parte degli stupri rientra nelle violenze sessuali non aggravate, anche queste in diminuzione, del 7,4 per cento - non giustifica, a nostro avviso, un'inerzia legislativa su tale tema. Soprattutto i crimini perpetrati in modo sempre più efferato e brutale anche su minorenni generano un diffuso e generale stato di allarme sociale ed una conseguente emergenza da fronteggiare in maniera efficace, attraverso un complessivo e mirato sistema di misure di modifica dell'ordinamento vigente, tralasciando, pertanto, qualsiasi approccio ideologico.
Nonostante il Ministro Carfagna abbia osservato che il decreto-legge si giustificherebbe anche se servisse ad evitare un solo episodio di violenza sessuale, occorre sottolineare come non tutti i provvedimenti urgenti adottati dal Governo siano stati effettivamente in grado di risolvere situazioni emergenziali.
Voglio anche sottolineare, signor Presidente, un altro aspetto che a nostro avviso non va sottovalutato. Si tratta di un dato che ancora oggi è al primo posto per questo tipo di violenze, ossia il luogo dove si svolgono le violenze stesse, che, purtroppo, è l'ambiente familiare. Anche su questo punto riteniamo che si debba intervenire con più decisione ma, soprattutto, con norme che aiutino le donne che subiscono queste violenze a denunciarle, in maniera tutelata, perché ancora oggi ciò non avviene.
Il fatto negativo, però, è l'atteggiamento dell'Esecutivo, che ha ritenuto di operare unilateralmente, esautorando il Parlamento delle proprie prerogative e responsabilità. L'importanza degli argomenti trattati e l'esigenza di intervenire erano, infatti, già state ampiamente riconosciute dalla Camera che, quasi all'unanimità, aveva licenziato, il 29 gennaio scorso, le disposizioni sugli atti persecutori, attualmente all'esame della Commissione giustizia del Senato, e sta esaminando ora quelle sulla prevenzione e la repressione dei delitti di violenza sessuale.
A ciò si aggiunga che il ricorso alla decretazione d'urgenza, utilizzata come non mai in questo inizio di legislatura, ha svilito fortemente il Parlamento, concretamente privato della possibilità di discutere democraticamente questioni politiche rilevanti. L'operazione del Governo è grave, soprattutto perché le modifiche normative sulle quali si era trovata o si stava trovando una condivisione sono state inserite in un testo che contiene anche una disposizione sulle ronde del tutto inaccettabile, non tanto per la figura che si introduce, quanto per la filosofia sottostante e per la deriva, a nostro avviso pericolosa, che da essa può nascere, ossia la cosiddetta giustizia fai-da-te, come hanno rilevato anche molti esponenti della maggioranza.
La norma del decreto-legge, nel merito, prevede la possibilità per i sindaci, previa intesa con il prefetto, di avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati al fine di segnalare alle forze di polizia dello Stato o a quelle locali eventi che possono arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale. Come hanno osservato i rappresentanti delle forze dell'ordine in ripetuti interventi pubblici, le ronde rischiano di essere più un intralcio che una semplificazione. In una parola, esse sono la risposta sbagliata a una domanda di sicurezza giusta. Fa bene il Parlamento a interpretare questa domanda, ma ad essa deve essere data una soluzione di serietà e di rispetto dello Stato e delle sue funzioni. Autorizzare le ronde senza dare mezzi e risorse alle forze dell'ordine, speculando esclusivamente sulle emozioni, significa alimentare un sentimento generalizzato di confusione e di paura nella collettività, oltre a certificare l'impotenza dello Stato, che abdica, in tal modo, alla sua imprescindibile ed esclusiva funzione Pag. 65di garanzia della sicurezza pubblica. Questo, ovviamente, fa piacere a qualcuno, ma a noi sicuramente non fa piacere.
L'Unione di Centro è disponibile a valutare costruttivamente qualsiasi provvedimento del Governo in materia, a condizione che abbia come scopo principale quello di rivedere i tagli lineari del Ministro Tremonti proprio in questo settore. Dal momento che le maggiori risorse e le assunzioni previste nel decreto-legge costituiscono esclusivamente degli spot propagandistici, è arrivato il momento di aprire una discussione seria, e non sull'onda dell'emozione, circa le reali condizioni in cui versano le forze di polizia in Italia. Le assunzioni di 2.500 unità di personale, già previste dalla legge finanziaria 2009, vengono semplicemente anticipate di un mese, mentre nello stesso anno andranno in pensione circa 5 mila unità - pertanto il doppio dei nuovi assunti - già appartenenti alle forze di polizia. Analogamente, quei 100 milioni che vengono assegnati al Ministero dell'interno per le urgenti necessità di tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico vengono solo anticipati in quanto già destinati al Dicastero per le medesime finalità dalla stessa legge finanziaria che, nel solo 2009, ha previsto riduzioni per oltre 200 milioni di euro.
Uno strumento extraistituzionale come le ronde non può certo rappresentare una soluzione definitiva e, soprattutto, un fatto positivo per la cultura della legalità e della sicurezza nel nostro Paese, che va garantita con politiche più complessive, sociali, urbanistiche e di prevenzione, piuttosto che con soluzioni tampone.
Sono, dunque, auspicabili una migliore razionalizzazione e un coordinamento delle forze dell'ordine esistenti e maggiori risorse per i mezzi delle forze dell'ordine, nel rispetto di chi vi lavora ogni giorno, con grande professionalità e sacrificio. La risposta alla diffusa domanda di sicurezza non può comunque essere la militarizzazione del territorio, soprattutto nei quartieri degradati e periferici, ma piuttosto una stretta collaborazione con le associazioni di categoria e del volontariato.
Inoltre, l'introduzione surrettizia nel decreto-legge di una norma, già respinta dal Senato, relativa all'allungamento del tempo di permanenza degli immigrati nei centri di identificazione e di espulsione è un atto da considerarsi gravissimo e irrispettoso delle prerogative parlamentari. La dilatazione temporale del trattenimento presso i CIE rischia di trasformarsi in una custodia cautelare mascherata, che di solito si riserva ai criminali accertati e pericolosi. Voglio anche aprire, a questo punto, una parentesi, non soltanto per discutere dell'argomento. Non posso accettare che in un Paese dove la tradizione dell'emigrazione è storica e altissima, tant'è che è stata fatta una battaglia in questo stesso Parlamento per dare il voto agli italiani all'estero, venga impostato un discorso di trattamento non proprio civile e democratico per quegli immigrati, persone perbene, che vogliono venire nel nostro Paese a lavorare. Non posso pensare che tutti gli immigrati non siano persone perbene, come qualcuno vuole far credere, perché come esistono persone perbene tra gli italiani, così esistono persone perbene e non tra gli immigrati.
Dunque, vorrei rivolgermi a questo Governo, perché la storia di emigranti del nostro Paese sia un faro guida nell'affrontare la politica dell'immigrazione. Quanti nostri nonni andavano all'estero! Avevano bisogno dell'atto di richiamo, stavano spesso in quarantena: ma abbiamo dimenticato tutto questo? È possibile che il nostro Paese, un Paese civile, possa aver cancellato con un colpo di spugna tutto questo? Non credo.
Pertanto, cerchiamo di usare un metro giusto e leggi giuste per chi fugge da Paesi dove non si può più vivere e vede nel nostro Paese, anche nel nostro Paese, un barlume di speranza. D'altronde, per molti lavori oggi nel nostro Paese, se non ci fossero i cosiddetti immigrati, saremmo in seria difficoltà, anche in quelle regioni dove oggi qualcuno vorrebbe far credere che loro sono il vero pericolo. Quante forze lavoro immigrate ci sono nelle aziende in Italia, quante badanti ci sono Pag. 66nelle nostre famiglie da quei Paesi! Queste cose possiamo dimenticarle? Non credo.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Per far sì che anche sul versante giudiziario ci sia una risposta efficace all'esigenza di certezza della pena occorre sopperire alle gravi situazioni di deficit di organico negli uffici giudiziari.
La manovra di bilancio, infatti, ha fortemente penalizzato il settore della giustizia a causa dei tagli previsti, da un quarto a quasi la metà, di uno dei capitoli di spese vive della giustizia, dell'ulteriore riduzione del 10 per cento negli organici, già in sofferenza, dei cancellieri, nonché del semiblocco del turnover. Infine, non può non segnalarsi come la norma sull'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza sia in contraddizione netta con il disegno di legge in materia di intercettazioni.
Quindi, signor Presidente, o in questo Parlamento si usa lo stesso peso e la stessa misura su argomenti della stessa natura o questo Parlamento mette in piedi un'azione legislativa che usa due pesi e due misure. Questa, a nostro avviso, non è correttezza legislativa, ma è quanto meno un rischio pericoloso per la nostra democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho chiesto di parlare per richiedere, ai sensi dell'articolo 44 del Regolamento, la chiusura anticipata della discussione sul complesso delle proposte emendative. Questa richiesta è motivata dalla volontà, da parte nostra, e anche dalla necessità oggettiva, superando una fase di contrapposizione ideologica - perché stiamo assistendo a questo, di arrivare a discutere finalmente il merito del provvedimento e, quindi, a discutere, finalmente, emendamento per emendamento. Su questo siamo assolutamente disponibili.
Siamo disponibili a discutere, siamo desiderosi di approfondire gli emendamenti, per mettere in evidenza come tutte le argomentazioni utilizzate sui volontari della sicurezza sono sbagliate, perché tutti i problemi che vengono evocati non soltanto non esistono, ma la norma in questione, che è quella che voi richiamate, serve proprio per risolvere questi problemi, e cioè per garantire che ci sia, nell'ambito dell'utilizzo dei volontari, anche per quanto riguarda la sicurezza, il più rigoroso rispetto delle leggi, il controllo da parte dei sindaci, l'iscrizione presso un registro tenuto dalle prefetture, l'impossibilità che ci sia un collegamento con i partiti politici. Tutto questo viene proprio garantito attraverso la norma in questione.
Inoltre, signor Presidente, onorevoli colleghi, nel richiedere alle opposizioni questo senso di responsabilità e, quindi, questo confronto nel merito, c'è anche la consapevolezza da parte nostra che la maggioranza non può far decadere questo decreto-legge. Non può farlo, perché questo provvedimento è stato approvato dal Consiglio dei ministri all'unanimità, da tutti i ministri di questa maggioranza, dal Presidente del Consiglio Berlusconi e, quindi, è evidente come, dal punto di vista politico, siamo assolutamente d'accordo con il Governo, che ha espresso la volontà di mantenere questo provvedimento. Anche perché, nel suo complesso, il decreto-legge contiene disposizioni molto importanti: ad esempio, quella di cui all'articolo 5, che consente di trattenere presso il centro di identificazione e di espulsione i clandestini per un periodo che arriva fino a 180 giorni (ciò è necessario per realizzare concretamente le espulsioni).
Inoltre, vorrei fare riferimento anche all'articolo 6, visto che il presidente Soro nell'intervento di questa mattina lo ha richiamato. Colleghi, l'articolo 6 del provvedimento, di cui è stato chiesto questa mattina lo stralcio, prevede degli stanziamenti aggiuntivi per 100 milioni di euro, proprio legati alle urgenti necessità di tutela della sicurezza e del soccorso pubblico.
Questa norma serve per finanziare gli interventi per il terremoto; serve per finanziare l'impiego dei vigili del fuoco nelle zone colpite dal terremoto. Quindi, è evidente Pag. 67come l'approvazione di questo decreto sia assolutamente importante (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Per questo motivo chiediamo di entrare nel merito e di chiudere la discussione sul complesso delle proposte emendative (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ricordo che, poiché la richiesta di chiusura della discussione sul complesso delle proposte emendative presentate è stata avanzata da un presidente di gruppo di consistenza numerica superiore a 20 deputati, la richiesta è ammessa.
A norma dell'articolo 44, comma 1, del Regolamento sulla richiesta possono intervenire un oratore contro ed uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno.
Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Minniti. Ne ha facoltà.
MARCO MINNITI. Signor Presidente, a me dispiace molto, come penso debba dispiacere all'intero Parlamento, che la proposta che stamattina è stata avanzata dal presidente Soro, e che poi è stata fatta propria da tutte le forze dell'opposizione, sia stata irragionevolmente respinta prima dal Ministro dell'interno e poi dalla sua maggioranza. Considero la proposta avanzata adesso dal presidente Cota un autentico colpo di mano parlamentare. Presidente Cota, stiamo discutendo nel merito di questa questione da diverse ore e mi dispiace che lei non se ne sia accorto, ma soprattutto mi dispiace che lei avanzi una proposta per interrompere quel confronto di merito molto approfondito e serio che stava avvenendo in questo Parlamento.
Noi ci troviamo di fronte ad una proposta che non è stata mai avanzata nel corso di questa legislatura. Solitamente l'interruzione del dibattito sull'illustrazione degli emendamenti avveniva nel momento in cui il Governo chiedeva la fiducia, ma qui ci troviamo di fronte ad una maggioranza che, per problemi interni, non riesce a scegliere cosa vuole fare: non vuole mettere la fiducia e non vuole nemmeno affrontare seriamente la via che l'opposizione aveva offerto, quella di una discussione serena, seria (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro).
Si è invece pensato che bisogna continuare con il braccio di ferro, con la prova di forza. Noi consideriamo la questione che abbiamo posto, signor Presidente - lo dico a lei che è Presidente della Camera -, una questione fondamentale. Le parole dette dal Ministro Maroni, dal presidente Cota e anche da altri autorevoli esponenti della maggioranza non mi hanno convinto, per una ragione semplicissima. Qui non è in discussione un elemento lessicale; qui è in discussione un principio fondamentale di ogni democrazia liberale. Lo dico agli amici del Popolo della Libertà che hanno fatto un congresso per dirci che loro sono il partito dei principi liberali. Addirittura, si è parlato di rivoluzione liberale, ma chi parla di rivoluzione liberale deve sapere che in una democrazia liberale il monopolio della forza e della sicurezza e il controllo del territorio sono nelle mani dello Stato che lo esercita attraverso le forze di polizia, non attraverso privati cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro)!
Questo è il cuore della democrazia liberale che, non a caso, ha sempre rifiutato l'idea che ci potessero essere milizie: milizie con la camicia verde, milizie con la camicia nera e io aggiungo milizie con la camicia rossa. Noi non vogliamo nessuna milizia, con nessun colore politico, nella sicurezza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro)!
MASSIMO POLLEDRI. Piantala! Non offendere.
MARCO MINNITI. Il problema vero, ed è un ragionamento semplicissimo, è che noi pensiamo che in un decreto-legge vadano affrontate questioni urgenti. Mi si consenta di dire: qual è l'urgenza politica delle ronde nel nostro Paese? C'è un urgenza nel campo della sicurezza: davvero si pensa che, facendo le ronde, i cittadini italiani si sentano più sicuri? Pag. 68
La verità è un'altra, signor Presidente e signor Ministro dell'interno: c'è un'urgenza partitica, c'è una pura e semplice urgenza partitica, cioè di un pezzo della maggioranza che vuole mettere un'altra bandierina nel campo della sicurezza e questo non c'entra nulla con gli italiani né con le politiche di sicurezza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro). Lo dico anche con grande chiarezza al presidente Cota: a noi fa piacere che il Ministro dell'interno sia qui a seguire i lavori, anche se non vorremmo sottrarlo ad altri impegni. Tuttavia, se il Ministro dell'interno è qui in Aula è perché ritiene che la discussione sulle ronde sia più importante di qualunque altra cosa, lo dico con grande sincerità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro). È una sua scelta legittima che noi rispettiamo, ma non si faccia alcuna mistificazione su questo. Infine, un'ultima considerazione.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARCO MINNITI. Concludo, signor Presidente, mi faccia terminare soltanto un pensiero. Di fronte a passaggi di questo tipo o il Governo si assume la responsabilità politica di quel decreto-legge e dice che, per quanto lo riguarda quel provvedimento, è intangibile, e quindi pone la questione di fiducia oppure accetta il ragionamento dell'opposizione. L'altra strada, quella che si sta seguendo, è la strada dell'arroganza e del disprezzo per il Parlamento e a questo punto, lo dico ai colleghi della maggioranza e ai colleghi del Governo, abbiamo non soltanto il diritto, ma anche il dovere di far sentire la nostra voce. La ringrazio, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, credo che gesti di arroganza e di disprezzo del Parlamento non possano essere consentiti perlomeno dall'articolo 44 del Regolamento della Camera dei deputati; quindi, ritengo che la richiesta legittima del capogruppo della Lega, il presidente Cota, di chiudere la discussione sul complesso degli emendamenti vada in qualche modo, paradossalmente, proprio nel senso dell'intenzione espressa dall'onorevole Minniti, cioè quella di entrare nel merito di questo provvedimento e nel confronto, per cui ringrazio il Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Credo, infatti, che un conto sia ascoltare la protesta legittima nei confronti delle condizioni imposte questa mattina dai gruppi dell'opposizione in ordine alla soppressione e non allo stralcio, perché si sta parlando di un decreto-legge, delle cosiddette ronde, con novanta interventi e una maggioranza silente; un conto è la facoltà che tutti noi abbiamo di poter intervenire nel merito dei provvedimenti e degli emendamenti e di avviarci insieme ad un confronto non soltanto per esigenze di calendario, evidentemente, ma anche per esigenze di merito.
Noi siamo di fronte ad una situazione difficile che riguarda la sicurezza, a problemi che sono all'ordine del giorno sul tavolo dell'agenda politica del Governo italiano, e non solo di quello italiano; vi è un problema di sicurezza, di violenza sessuale e tanti altri fenomeni. Ebbene, si possono avere due atteggiamenti nei confronti dei fenomeni sociali: o lasciarli cavalcare autonomamente, lasciandoli alla spontaneità ed a ciò che accade (qualcuno li definisce come un far west), oppure cercare di governarli, come ha spiegato questa mattina molto chiaramente il Ministro dell'interno del Governo Berlusconi, anche in presenza dei fenomeni delle cosiddette ronde. Io non sto qui a fare l'apologia delle cosiddette ronde, ma credo che i fenomeni sia meglio governarli che subirli, che sia meglio fare in modo che rientrino nella legalità e nel controllo delle istituzioni piuttosto che farli viaggiare per conto loro.
Credo che si debba discutere di sicurezza, affrontare i problemi con grande serenità e che la risposta di merito che ha Pag. 69fornito il Ministro questa mattina in Aula sia esaustiva. Se vi fosse necessità di un ulteriore approfondimento è chiaro che il Regolamento e i tempi della discussione parlamentare che abbiamo di fronte possono dare a noi e ai gruppi dell'opposizione l'occasione di un approfondimento maggiore nel confronto su ciascuno dei singoli emendamenti sottoposti al nostro esame.
Per questo motivo il gruppo del PdL voterà a favore della richiesta di chiusura della discussione sull'articolo unico del disegno di legge di conversione, vista la quantità di iscritti e visto che i colleghi sono qui presenti per confrontarsi nel rapporto legittimo tra maggioranza e opposizione e nel confronto sul merito degli emendamenti e delle vicende. Crediamo che è il merito che nobilita il confronto tra maggioranza e opposizione e che nobilita il nostro lavoro, ovvero il lavoro di rappresentanti del popolo, quindi di destinatari di un mandato popolare che abbiamo il dovere di esercitare proprio in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla richiesta di chiusura della discussione sul complesso delle proposte emendative presentate.
Dichiaro aperta la votazione.
Invito tutti i deputati ad attivare il terminale di voto.
(Segue la votazione).
Onorevole Centemero? Onorevole Pollastrini?
STEFANO STEFANI. Verde come le camicie!
PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, eviti di fare lo spiritoso.
MATTEO BRIGANDÌ. Presidente, stia attento a chi ha parlato!
PRESIDENTE. Le chiedo scusa. Onorevole Stefani, mi rivolgevo a lei.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 464
Votanti 462
Astenuti 2
Maggioranza 232
Hanno votato sì 247
Hanno votato no 215
(La Camera approva - Vedi votazioni).
Prendo atto che i deputati Centemero e Fava hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole. Prendo altresì atto che i deputati De Poli, Nunzio Francesco Testa, Cesa, Barbato e Rigoni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Ricordo che, a norma dell'articolo 85, commi 4 e 6, del Regolamento hanno facoltà di intervenire, una sola volta, per non più di cinque minuti ciascuno, i primi firmatari o altro proponente degli emendamenti che non siano già intervenuti nella discussione, sempre che non abbiano già preso la parola altri firmatari dei medesimi emendamenti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.
RITA BERNARDINI. Signor Presidente, noi come delegazione radicale all'interno del Partito Democratico abbiamo presentato diverse proposte emendative e siamo molto dispiaciuti di questa brusca interruzione di un dibattito che è necessario. Sono sempre più preoccupata del disprezzo che si dimostra nei confronti di quest'Aula e del dibattito che si può svolgere al suo interno.
Questo decreto-legge propone modifiche che vanno nella direzione dell'inasprimento delle pene, mostra il volto feroce di questo Governo e prevede la pena dell'ergastolo per alcuni reati, le ronde e lo stravolgimento di alcune norme fondamentali del nostro ordinamento e del nostro Stato di diritto. Pag. 70
Ritengo che stiamo andando senz'altro nella direzione sbagliata e sicuramente nella direzione che non assicurerà più sicurezza ai nostri cittadini. Non sono io a dirlo, non è Rita Bernardini. Sono i sindacati di polizia a dirvi: state attenti, state stravolgendo delle norme fondamentali di una democrazia e dello Stato di diritto. In questo modo, voi porterete i cittadini a non avere fiducia nelle forze dell'ordine. Queste ultime, infatti, vi hanno detto: ci costringerete a fare le badanti delle ronde. Ma voi non volete ascoltarli.
Anzi, voi avete il coraggio di tenere le nostre forze dell'ordine senza mezzi e senza risorse. Ve lo dicono tutti i giorni, ve lo ripetono in continuazione. E non sono le poche migliaia di euro che possono risolvere questa situazione. Credo che voi dobbiate riflettere. Mi rivolgo, in particolare, a tutti quei liberali che pure ci sono nel Popolo delle libertà e mi auguro anche nella Lega: ma come si può accettare lo stravolgimento, per esempio, del processo accusatorio? Come si può accettare lo stravolgimento di alcune norme che hanno dimostrato la loro efficacia, come la legge Gozzini? Io mi appello ai tanti avvocati, da una parte e dall'altra. Abbiamo dimostrato, è stato dimostrato che proprio le norme che hanno previsto i benefici nelle carceri sono state quelle che hanno ridotto la recidiva. Ogni giorno vi sono mille detenuti in più ogni mese che entrano nelle carceri italiane (siamo a 62 mila) e voi state decidendo di mettere polvere da sparo ogni giorno di più nelle carceri italiane. Vedrete che cosa accadrà questa estate: basterà un capetto della mafia che darà l'ordine della rivolta e succederà il terremoto; succederà sicuramente il terremoto, perché non avete senso di responsabilità. Non avete senso dello stato, non avete senso dello stato di diritto. Voi volete stravolgere quelle regole fondamentali. Poi vi è un'ultima cosa che voglio dire. Nella vostra relazione introduttiva a questo decreto vi è una menzogna, perché voi giustificate la necessità e l'urgenza con l'aumento dei reati di violenza sessuale. È una menzogna che accompagna il vostro decreto-legge. Io credo che ci si dovrebbe vergognare di questo, perché lo stesso Ministro Carfagna ha affermato che i reati sono diminuiti. È allora perché mentire, perché avete bisogno di mentire per mostrare questa vostra faccia al Paese?
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bernardini. Il suo tempo è terminato.
Avverto che la Commissione ha presentato una nuova formulazione del suo subemendamento 0.3.600.600 e del suo emendamento 2.600: tali proposte emendative sono in distribuzione.
Con riferimento all'emendamento 2.600 della Commissione, il termine per la presentazione dei subemendamenti, già comunicato ai gruppi, è fissato per le ore 16,30.
Avverto inoltre, che è stato ritirato l'emendamento Golfo 6.304.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, abbiamo già evidenziato come la giustizia italiana attenda da anni una riforma organica. Ancora la settimana scorsa il comitato dei ministri del Consiglio d'Europa per l'ennesima volta ha fatto presente che, sin dagli anni Ottanta, questo nostro Paese viola i diritti umani fondamentali a causa proprio delle lentezze delle procedure giudiziarie penali, civili e amministrative. E come se non bastasse, i giudici europei oggi sono chiamati anche ad esprimersi sulle richieste di danni relativi alla legge Pinto, quella legge che avrebbe dovuto, secondo voi, evitare il ricorso alla Corte europea.
Ancora una volta - parliamo di violazioni che vanno avanti dalla metà degli anni Ottanta - il Consiglio d'Europa ha chiesto al nostro Paese di prendere misure rapide ed eccezionali per una riforma organica della giustizia. La risposta di questo Governo è stata, purtroppo, inversa. Dietro il velo dell'emergenza, si nasconde, ad esempio, la volontà di ampliare i casi di carcerazione obbligatoria del presunto reo. Eppure, il principio della presunzione di innocenza nacque proprio nel nostro Paese, grazie agli scritti della Pag. 71metà del XVIII secolo di Pietro Verri e Cesare Beccaria. Oggi, il principio di presunzione di innocenza è scritto nella Costituzione, all'articolo 27. La presunzione di innocenza è elevata formalmente a principio cardine del nostro ordinamento, ma purtroppo non siamo in un Paese anglosassone, ove, pur senza un testo unitario scritto, il rispetto della Costituzione rappresenta il collante sociale, tanto da potersi permettere il lusso di non conoscere la nozione giuridica dello Stato. Il nostro Paese, la nostra Repubblica, ha scritto magnifiche norme mai applicate oppure, molto più spesso, interpretate secondo la volontà del potente di turno, che trasforma la Carta fondante, l'intero sistema, in qualcosa di materiale, che, a differenza del nome, è fluido quanto basta per prendere forme e volumi appropriati alla bisogna contingente.
Le misure che i nostri emendamenti mirano a scongiurare sono purtroppo numerose e gravi. Secondo quanto affermato nella relazione illustrativa e precisato nelle premesse del decreto-legge, l'adozione del provvedimento è legata alla straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell'allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso un sistema di norme finalizzate al contrasto di tali fenomeni. Lo ha appena detto la collega Rita Bernardini, ma è bene ripeterlo: il Ministro per le pari opportunità, in Commissione, non si è sottratta alla verità che oggi voi, qui in quest'Aula, negate. Nel corso del 2008, vi è stata una diminuzione dell'8,4 per cento dei casi di violenza sessuale, mentre voi oggi in quest'Aula, proprio dicendo l'inverso e affermando il falso, avete introdotto questo decreto-legge. Quale sarebbe, dunque, l'utilità di questo provvedimento, sottoposto al nostro esame sotto forma di decreto-legge? Qual è la necessità? Qual è l'urgenza? Sono queste le domande che noi vi formuliamo e alle quali voi non avete... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole Maurizio Turco, la ringrazio.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cavallaro. Ne ha facoltà.
MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, l'occasione dell'illustrazione del mio emendamento 1.301 è anche, ovviamente, l'occasione, dato il taglio fisico del dibattito sul complesso degli emendamenti, di illustrare più in generale la posizione personale e del gruppo su questo provvedimento e sulle modalità con cui esso viene discusso e sarà poi votato dall'Assemblea. In particolare, preme precisare in premessa che la nostra proposta emendativa è tutt'altro che infondata ed è relativa a misure di aggravante dell'articolo 576 del codice penale, che sono state, a nostro avviso, proposte proprio perché probabilmente inserite in un clima di strumentale utilizzazione delle aggravanti, che sono state proposte senza un'accurata riflessione tecnica.
In particolare, l'interpolazione delle aggravanti di cui all'articolo 576 del codice penale produrrebbe un'aggravante di natura tecnicamente soggettiva, cioè affidata all'autore (questa sarebbe la norma che proponiamo di espungere), mentre la nostra proposta è di sostituire questa dizione con quella «in occasione della commissione», cioè tenendo conto che le aggravanti sono aggravanti del reato, secondo la tecnica generale di costruzione delle fattispecie criminali, e non sono, invece, o non devono essere, in questo caso, aggravanti di natura soggettiva, altro essendo l'aggravante quando la condizione personale soggettiva del soggetto produce un inasprimento della pena. In questo caso, invece, si tratta di una pena che viene inasprita in quanto sarebbe in relazione all'articolo 612-bis del codice penale, cioè a quello che è stato recentemente introdotto e che prende il nome genericamente indicato di stalking o, comunque, di condotta di sistematica violazione della persona.
Ma al di là di questa considerazione tecnica, che però ho voluto rassegnare al fine di dare contezza all'Aula anche delle nostre osservazioni di merito, non può che Pag. 72ribadirsi quanto sia preoccupante una modalità di discussione di questi testi così importanti anche per la vita sociale del Paese in maniera del tutto impropria, non solo stringendo i tempi del dibattito parlamentare, ma dimostrando la necessità di sventolare in vista delle elezioni delle bandiere in materia di sicurezza che nulla hanno a che fare con la complessità, la delicatezza e l'importanza sociale di questo tema e, soprattutto, con l'efficacia delle norme che siamo chiamati ad approvare e poi ad attuare.
In particolare, non posso tacere che il tema fondamentale che ha spinto a questa esasperata accelerazione dei tempi del dibattito parlamentare, e cioè la nostra proposta di espungere le parti meno coerenti e meno logiche, soprattutto quella sul pattugliamento a mezzo di ronde delle strade cittadine, dipende evidentemente da un'errata o da una suggestiva prospettazione del fenomeno sociale della violenza.
In particolare, già l'altra volta, durante la discussione sulle linee generali, richiamai l'attenzione dell'Aula, cosa che qui faccio nuovamente, sulla necessità di non farsi condizionare dal cosiddetto effetto di percezione dell'insicurezza, che in tutte le società contemporanee, massimamente in quella statunitense, che non a caso sta ritornando indietro da questa prospettiva infondata, ha determinato un timore per la propria sicurezza che è del tutto indipendente dai dati oggettivi della sicurezza medesima. Una società come quella statunitense oramai conta oltre due milioni di persone detenute e circa 7 milioni di persone soggette, a vario titolo, a provvedimenti di natura pararestrittiva; la nostra, che ha 62 mila detenuti, si incammina su quegli standard. Si aggiunge che nella società statunitense, negli ultimi trent'anni, sono state eseguite oltre mille condanne a morte; questa non è, quindi, certo la strada per modificare i comportamenti collettivi e per combattere la violenza. Diffondere l'uso di ronde politiche o di camicie di vario colore è tutt'altro che consolatorio o un metodo per affermare la sicurezza nelle nostre strade, ma è, piuttosto, l'anticamera di una faziosa divisione del nostro popolo, come si è già verificato nella distruzione delle società contemporanee (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, oggi per tutti noi, in modo particolare per me, originario dell'Abruzzo, è un giorno di dolore e anche di solidarietà, ma è anche il giorno della responsabilità istituzionale che ci chiama a dover dare risposte immediate ai bisogni di quelle popolazioni.
L'Aquila manca ancora di un ospedale da campo; quelle popolazioni non hanno ancora tutte un pasto caldo.
Se questa responsabilità deve essere esercitata con urgenza dal Ministero dell'interno e dal Governo, mi sarei aspettato che questo Parlamento, oggi, esercitasse la sua responsabilità istituzionale esplicando in pieno le sue funzioni e non essendo chiamato a non discutere un provvedimento così importante, a non parlare, a non contribuire a modificare, e a migliorare, delle norme che costituiscono degli strappi così violenti a principi della nostra democrazia; questo ci è stato impedito per un atto di arroganza della maggioranza.
Questo provvedimento porta in sé delle norme utili come quelle sulla violenza sessuale. Nel corso del dibattito parlamentare a queste norme sono state aggiunte altre norme che non condividiamo e che ci porteranno ad avere un atteggiamento di contrarietà completa al provvedimento.
Ci sono due funzioni a cui lo Stato non può mai abdicare: la sicurezza e la giustizia. Se lo Stato abdica alla funzione della giustizia, la conseguenza sono i linciaggi, le giustizie fai da te. Se lo Stato abdica alla funzione di sicurezza, la conseguenza sono le camicie brune, le bande armate. Voi questo state facendo: state abdicando a questo principio. Le ronde non sono una soluzione al bisogno di sicurezza dei cittadini, ma sono una norma manifesto pericolosissima per lo strappo ai principi. La vostra politica della Pag. 73sicurezza è una politica che fa del problema immigrazione un problema criminale, ma non è questa la soluzione al problema dell'immigrazione. L'immigrazione va governata così come il bisogno di sicurezza, di certezza della pena, e così come il bisogno di repressione dei reati va assicurato e soddisfatto con una giustizia efficiente. Voi in un anno di Governo non avete fatto né l'una, né l'altra cosa. I tagli ai fondi per la sicurezza sono stati imponenti, non avete neanche accettato la nostra proposta di unificare il referendum con le elezioni europee per destinare i 450 milioni di euro di risparmi al finanziamento delle Forza armate. La stessa cosa si può dire per la giustizia: è mancata, e manca, completamente una politica della giustizia efficiente e della certezza della pena. Il disegno di legge che in questi giorni incomincia il proprio iter al Senato sul processo penale è solo un pannicello caldo, non risolve alcun problema del processo penale, non garantisce l'effettività della pena, serve solo a far venir meno un altro principio fondamentale della nostra democrazia: quello della sottoposizione, della direzione da parte del pubblico ministero delle forze di polizia.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LANFRANCO TENAGLIA. Si tratta di piccoli e grandi strappi che porteranno allo sfascio della sicurezza e della giustizia. Vi abbiamo chiesto di fermarvi di riflettere insieme, ma non avete voluto farlo perché non sapete ascoltare...
PRESIDENTE. Onorevole Tenaglia, il suo tempo è esaurito.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.
AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, prima di illustrare la mia proposta emendativa volevo chiarire all'onorevole Santelli la funzione delle associazioni di coltivatori che anticamente sono state costituite in Sardegna per la vigilanza delle campagne.
Si trattava di persone attraverso le quali, grazie alla cultura antica di collaborazione e di associazione, le campagne e il territorio venivano non controllati e setacciati ma semplicemente custoditi, non come avverrebbe con la proposta che ci viene presentata con questo provvedimento, che prevede azioni di caccia all'immigrato ed il sospetto soprattutto per le persone diverse da noi.
Detto questo, noi a più voci abbiamo chiesto di lavorare e ragionare soprattutto per avere misure sempre più concrete, risolutive del problema della violenza sessuale sulle donne. Per questo vi abbiamo chiesto di attenervi a questo testo, di ragionare insieme, soprattutto per individuare quelle misure di prevenzione attraverso campagne di istruzione e formazione, che sono necessarie e devono essere portate avanti fin dalla giovane età in famiglia e a scuola, in modo tale da costruire una cultura nuova di rapporto e di interazione con l'altra. Occorre lavorare poi all'individuazione di strutture indispensabili, capaci di accogliere soprattutto le persone che sono vittime della violenza, e alla preparazione di un supporto e di una riabilitazione, soprattutto quando le vittime sono minori, donne disabili o quant'altro (ad esempio, quando sono persone anziane). Per queste persone - lo sappiamo bene - il tempo del recupero, sia fisico sia psicologico, è senz'altro molto più lungo ed oneroso, ed è raggiungibile solo attraverso il lavoro di aiuto, di sostegno che solo alcune figure possono dare.
Un sostegno e un aiuto che vanno rivolti certamente e soprattutto alle persone vittime della violenza, ma - riteniamo - anche a coloro che effettuano la violenza. Per questo abbiamo pensato di presentare un emendamento che aiuta anche a sanare una situazione che esiste già ormai da diverso tempo nel settore della medicina penitenziaria e che con la legge finanziaria del 2007 cercava di trasferire le funzioni al Sistema sanitario nazionale. In questo percorso vi sono delle figure professionali, come psicologi e infermieri, che possono essere utilizzate da subito per attivare quegli interventi di sostegno e di aiuto alle persone. Ecco, con questo emendamento noi vi chiediamo di Pag. 74far riferimento a quella selezione e a quel concorso pubblico che permette di mettere in campo e di avere subito a disposizione, per l'attuazione di questo provvedimento, la loro professionalità per iniziare ad intervenire molto concretamente. Il nostro emendamento propone quindi l'obbligo per le Aziende sanitari locali, previo accordo col Ministero della giustizia e nel rispetto naturalmente della normativa in materia di assunzione del personale, di attivare il reclutamento di queste figure professionali utilizzando la graduatoria dei concorsi pubblici già espletati e presente dal 2004. Noi riteniamo - ripeto - che questo possa essere già un primo passo per rafforzare gli interventi di sostegno psicologico, per far funzionare al meglio i servizi territoriali previsti in questo provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gianni Farina. Ne ha facoltà.
GIANNI FARINA. Permettetemi anzitutto di affermare oggi in questa sede che per me e per molti come me questo è un giorno di dolore. Io che ho vissuto una vita all'estero, in Svizzera, in Germania, in Africa non posso che andare alle menti e ai cuori delle migliaia di cittadine e cittadini abruzzesi che vivono in Europa e nel mondo. Ne conosco la loro tristezza, il loro dramma e guardate che sono cittadini abruzzesi molti di quelli periti nelle miniere di Marcinelle che tante volte noi abbiamo ricordato. Oggi siamo qui a discutere di un provvedimento sulla sicurezza che è sempre stato al centro dell'attenzione di tutti noi, noi cittadini emigrati, noi che abbiamo vissuto in Paesi spesso incompresi e dove purtroppo governava soltanto la paura...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Farina, pregherei il sottosegretario Caliendo di sedersi al banco del Governo. Non c'era nessuno, se non è presente lei, onorevole sottosegretario, dobbiamo sospendere: cosa preferisce (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
GIANNI FARINA. Parliamo al Parlamento se manca il sottosegretario. Vorrei dire che abbiamo vissuto in Paesi, confrontandoci con altre popolazioni in Europa e nel mondo, in cui vigeva la cultura della paura: sì, l'incontro con il diverso destava paura e incomprensioni e, quindi, provocava leggi spesso liberticide. Ecco perché non condivido l'insieme del provvedimento che stiamo discutendo. È presente in esso una cultura della paura e una grave sconfitta culturale di certi Paesi e, vorrei dirlo, anche un insulto verso i tanti milioni di italiani che sono andati nel mondo a guadagnarsi una vita prospera, a guadagnarsi una vita più sicura che nel nostro Paese non era assicurata.
Vorrei che mentre discutiamo di questi provvedimenti avessimo in mente, avessimo nel cuore tutti i principi della Carta dei diritti fondamentali. Infatti è quella Carta che ci deve guidare in ogni provvedimento al centro della nostra attenzione. Invito quindi il Governo del nostro Paese, il Parlamento del nostro Paese, le forze politiche, le forze culturali, le università a studiare la storia della nostra emigrazione, che può essere anche una storia che insegna molto a noi: a fare leggi fondate sulla solidarietà, sulla convivenza, a costruire società multiculturali e multietniche che sono dentro al nostro avvenire e che sono parte sicuramente della nostra storia e del nostro futuro.
Vorrei che anche da oggi partisse una riflessione seria, un nuovo modo di concepire i rapporti con le popolazioni, con gli emigrati che abbiamo in Italia. Verso di loro occorre non comprensione ma conoscenza, occorre conoscere le loro tradizioni, la loro storia, la loro cultura. Occorre che noi ci facciamo ricchi della loro storia e della loro cultura. Allora sì, costruiremo anche nel nostro Paese una sicurezza più vera, più autentica, fondata sulla convivenza tra popoli diversi e di pari dignità. Questo deve essere il nostro scopo e questo deve essere anche il motivo per il quale noi da oggi ci impegniamo verso la costruzione di questo nuovo che sta nelle nostre possibilità, che sta nella nostra storia, che sta nelle nostre conoscenze, Pag. 75le conoscenze che noi abbiamo acquisito in tanti anni nelle terre dell'Europa e del mondo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.
Onorevole Lo Moro, ha facoltà di parlare o, in alternativa, ne ha facoltà l'onorevole Concia.
DORIS LO MORO. Signor Presidente, mi chiedevo quale fosse l'emendamento da illustrare.
PRESIDENTE. Quello firmato da lei.
DORIS LO MORO. Signor Presidente, l'emendamento in esame è legato ad un emendamento di cui ha parlato prima Gianni Farina. L'obiettivo nostro è quello di estendere la normativa prevista per la violenza sessuale per quanto riguarda il gratuito patrocinio anche con riferimento agli atti persecutori. Vi è un principio che abbiamo già introdotto, che è passato e che ha raggiunto il consenso della maggioranza, del Parlamento e delle Commissioni: quello di non considerare valido il limite di reddito operante per gli altri reati, per quanto riguarda la persona offesa da reati di violenza sessuale. Se questo è un principio condivisibile oggi, che il Parlamento può vantare di aver introdotto, dopo tanti anni di travaglio e di lavoro, una nuova normativa in materia di atti persecutori, ci sembra logico e lineare che questa stessa regola - la regola che non fa valere i limiti di reddito per la violenza sessuale - non valga neanche per gli atti persecutori.
In questo senso ci siamo adoperati e in questo senso va letto l'emendamento in esame, che come ribadisco, va letto insieme a quello di cui ha parlato prima Gianni Farina (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.
SESA AMICI. Signor Presidente, la proposta emendativa su cui siamo ragionando riguarda gli identici emendamenti soppressivi Vietti 5.7 e Franceschini 5.9 e riguarda esattamente uno di quegli elementi che avremmo preferito affrontare nella discussione generale, per poter approfondire e su cui stamani il presidente Soro aveva chiesto in maniera molto seria e determinata le ragioni, al fine di avere una discussione e una disponibilità, da parte del Governo, ad espungere dal provvedimento in esame proprio questi due punti, l'articolo 5 e l'articolo 6, che sembrano esserne del tutto estranei, se non rispondenti ad una logica meramente propagandistica e politica.
Lo abbiamo fatto con la pacatezza che contraddistingue una grande forza di opposizione, perché i colleghi lo sanno bene: noi sulle vicende della sicurezza ci siamo misurati; avremmo voluto e continuiamo con testardaggine ad affermare un'idea di sicurezza che sia la capacità, da parte dello Stato, di avere su questo elemento una grande capacità di ragionamento e di mettere in campo - come abbiamo detto già più volte, essendo su queste materie giunti al terzo decreto-legge, in maniera del tutto spezzettata - una riflessione invece di grande valenza politica.
La questione della sicurezza in questo Paese non si misura solo sulla battaglia contro la criminalità e la clandestinità: si misura nella capacità di guardare al territorio e alle condizioni del governo dell'immigrazione con ragionamenti che siano sul serio in grado di governare questo fenomeno.
Ancora una volta, invece, nel decreto-legge in esame avete voluto inserire una logica tipica dell'emergenza. Ma la sicurezza non è emergenza, perché se la si affronta con il dato dell'emergenza noi applichiamo una norma lesiva fondamentalmente della funzione propria di uno Stato: garantire che nella sicurezza vi sia un'azione forte, un'azione determinata, una soluzione strategica. Invece no, inserite norme in contraddizione, a volte anche con gli indirizzi della Unione europea. In particolare, in questi articoli, l'elemento Pag. 76dell'espulsione a carico di cittadini irregolari avviene attraverso i centri di identificazione, con una permanenza dentro tali centri di oltre 18 mesi: non si tratta più semplicemente di una permanenza in centri di identificazione, ma di vera e propria detenzione.
Questo cozza con l'aspetto giuridico, perché non è la condizione di essere irregolare a costituire di per sé un elemento di reato. E del resto, perché l'avete inserito nel decreto-legge in esame? Infatti, questo è il punto e la domanda politica che ci stiamo ponendo. Noi abbiamo incardinato nelle Commissioni di merito il disegno di legge per la sicurezza approvato dal Senato e proprio su questi argomenti - quello dei centri di identificazione e la questione delle ronde - anche in quella Camera vi è stato un grande dibattito.
Forse avevate paura che quella discussione in questa Camera avesse di nuovo una valenza ed un impatto mediatico forte. Una discussione in cui le stesse ragioni dell'opposizione, questa volta non isolate dentro quest'Aula del Parlamento, ma accompagnate da grandi proteste di organizzazioni, quelle sì, civili - ed in seguito evidenzierò su ciò un aspetto - ci stanno indicando come questo provvedimento, non solo è sbagliato nel principio, ma contiene quello che è un vostro vizio: l'inapplicabilità delle leggi.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 16,10)
SESA AMICI. Giorni fa, mi è capitato di ricevere una notizia che, probabilmente, assumendo ulteriori informazioni, trasformerò un atto di sindacato ispettivo. Una persona irregolare si butta dalla finestra e si rompe entrambe le gambe. La polizia la accompagna ad un pronto soccorso, che esegue l'operazione alle gambe. Tuttavia, la riabilitazione non finisce dopo l'intervento: quella persona ha bisogno di cure. La polizia chiede al pronto soccorso che immediatamente venga indicato il momento della dimissione - cosa che l'ospedale fa - e, con la volante, trasporta questo immigrato da un ospedale romano ad un ospedale della provincia di Latina, e lo porta al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria. Quel cittadino viene rifiutato da quel centro di identificazione, perché il centro non è in grado di curarlo.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
SESA AMICI. Questa è la barbarie: non sono centri di identificazione, ma esattamente il contrario. Si continua a pensare che l'essere clandestino sia un elemento di condizione umana, di per sé, negativo. Con questa cultura non è possibile alcuna politica della sicurezza, e si determina esattamente il contrario: uno stato di insicurezza assoluta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, stiamo esaminando un decreto-legge: non è il primo decreto-legge esaminato in quest'Aula, ma il quarantesimo, il terzo, come è stato detto, sui temi della sicurezza. Credo che i colleghi, ormai, si siano un po' abituati - perfino troppo - a questo tipo di esame di decreti-legge. Non è tanto grave il fatto che, ormai, stiamo contando un così alto numero di decreti; è grave il fatto, signor Presidente - qualcuno avrà riflettuto su questo aspetto molto singolare - che questa Camera (naturalmente, il Senato fa cose simili), stia lavorando quasi essenzialmente attraverso la conversione di decreti-legge. Ciò significa che, ormai, non dobbiamo più limitarci a contare i decreti-legge. Contandoli, infatti, si comprende che quaranta sono quattro al mese, più meno lo stesso numero di quelli che vi sono stati nella quattordicesima e tredicesima legislatura.
Vorrei invece invitare tutti a «pesare» i decreti-legge. In questo modo, infatti, ci si rende conto che si tratta dell'attività prevalente, cioè del 90 per cento delle Pag. 77norme che stiamo approvando. Il 90 per cento delle norme approvate da una Camera vuol dire una cosa totalmente nuova nel panorama del Parlamento italiano: un'attività che dovrebbe essere, per Costituzione, straordinaria per necessità e urgenza diventa, in questa sede, un'attività ordinaria.
Nel decreto-legge in oggetto sono state inserite norme - l'hanno detto molti colleghi che sono intervenuti - che la Camera ed anche il Senato avevano già approvato: le norme sullo stalking. Come si può pensare che un Governo utilizzi lo strumento del decreto-legge per inserire all'interno di un testo normativo, norme che la Camera, a stragrande maggioranza o all'unanimità, aveva approvato, e che il Senato si accingeva ad approvare in tempi rapidissimi? Come si può immaginare che norme estrapolate da testi di disegni di legge all'esame del Senato, ed oggi della Camera, come il disegno di legge sulla sicurezza, vengano convogliati discrezionalmente in un decreto-legge? Come si può immaginare che una norma, addirittura bocciata da un ramo del Parlamento, venga presa ed inserita in un decreto-legge in quel testo sostanzialmente analogo e solo con leggere differenziazioni?
In quel che dico non c'è alcuna obiezione di principio sull'uso dei decreti-legge; al contrario, noi ci aspettiamo che oggi o nei prossimi giorni il Governo vari un decreto-legge sulle drammatiche questioni legate al terremoto. Quello è un decreto-legge che noi ci aspettiamo perché è assolutamente necessario. Noi condanniamo un tipo di decreti-legge come quelli che stiamo esaminando profondamente diversi da quelli previsti dall'articolo 77 della Costituzione.
Signor Presidente, ci stiamo abituando ai decreti-legge non più omogenei e l'omogeneità è una regola fondamentale del nostro ordinamento. I colleghi che intervengono parlano di materie svariate, sì è prevalente la materia collegata alla violenza sessuale, ma essa è solo un aspetto, lo stalking è collegato a questo, ma è un altro aspetto, il problema dei centri di identificazione è un altro aspetto ancora, così come quello delle ronde. Mettere insieme tutto questo è assolutamente inammissibile e credo che dobbiamo riflettere attentamente su questi problemi.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROBERTO ZACCARIA. Ciò perché - e concludo in questo modo - la Corte costituzionale non ha bisogno che forniamo una materia così critica sotto il profilo costituzionale e soprattutto i cittadini italiani non hanno bisogno che produciamo leggi così terribilmente malfatte. Pertanto credo che questa riflessione sia fondamentale nel momento in cui ci accingiamo a valutare nel merito i singoli emendamenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.
ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, riferendomi all'intervento dell'onorevole Minniti sono tra coloro che ritiene che il monopolio della forza sia ancora esclusiva pertinenza dello Stato e di conseguenza, nel momento in cui letteralmente il popolo si fa Stato, ciò rappresenta secondo me l'espressione di una subcultura politica alla quale bisogna rispondere con semplicità e soprattutto con l'esattezza di quello che è scritto nella nostra Costituzione.
Penso che noi non vogliamo sminuire l'importanza ed il ruolo del volontariato, ma, lasciando questo come premessa, dobbiamo ritenere che è fondamentale rilevare come la disposizione prevista in questo provvedimento all'articolo 6 non è certamente la soluzione che può dare, come alcuni colleghi della maggioranza hanno sottolineato, occupazione ai giovani, né può risolvere, se non in termini propagandistici - come accade quando si tratta di argomenti come questo, ossia della sicurezza - il problema della sicurezza in questo Paese.
Vorrei precisare che l'articolo 18 della Costituzione, che riguarda appunto la libertà di associazione, parla di associazione di volontarismo, ma soprattutto di non Pag. 78regolamentazione per legge di ciò, e come tali quindi non possono essere giustificate o considerate le ronde, trattandosi in effetti di un fenomeno molto diverso. Ritengo che queste possano essere assimilate...provengo da un'area geografica dove esistono, direi da parecchi decenni, le cosiddette ronde e sono anche armate e sono quelle che praticamente sono controllate dalle organizzazioni criminali, dalla 'ndrangheta e dalla camorra.
Si tratta di associazioni private che non si sa bene da chi saranno finanziate e che impropriamente svolgeranno attività di prevenzione tipiche delle forze di polizia, cioè degli unici delegati dallo Stato all'uso esclusivo della forza. Esse svolgeranno, quindi, funzioni che sono tipicamente delle forze dell'ordine senza però quelle garanzie che le forze dell'ordine danno a tutti cittadini e che sono fornite, non solo sotto il profilo della professionalità, ma soprattutto sotto il profilo della loro fedeltà alle istituzioni democratiche. Le ronde, quindi, non possono rappresentare la risposta, né tanto meno è quello che la gente ci sta chiedendo, che i cittadini italiani ci chiedono.
È una risposta sbagliata e lesiva soprattutto di quella che è la base della nostra democrazia. Lo hanno rilevato già molti operatori delle forze dell'ordine testimoniando, tra l'altro, eventi abbastanza paradossali e anche molto ridicoli. Ricordiamo quello che è accaduto a Padova dove le ronde sono state scortate dalle volanti della Polizia.
Pertanto, dobbiamo sottolineare, ancora con forza, il nostro dissenso per quanto riguarda questo tipo di norme che vengono introdotte dalla maggioranza sempre alla prese con la necessità di norme manifesto e ad effetto, senza porsi i problemi relativi alla domanda e all'offerta di sicurezza.
Dobbiamo pensare, invece, ad altro e dobbiamo rafforzare l'attività di prevenzione svolta, in esclusiva, dalle forze dell'ordine attraverso una costante difesa dei territori e una presenza in quei territori, e non perché, come dice il Ministro La Russa, ci sono Ferrari o FIAT, parlando dell'Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato in un'intervista rilasciata ieri, ma perché sono tutte Lamborghini - vogliamo dire - e perché l'obiettivo è rendere più qualificata la sicurezza in Italia.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Invece, quello che è avvenuto finora è stato il taglio del turnover e la riduzione delle previsioni di assunzione e, quindi, è su questo punto che si dovrebbe lavorare. È questo ciò che i sindacati di Polizia stanno denunciando da tempo ed è per tale motivo che, tra l'altro, abbiamo presentato una proposta emendativa - di cui sono firmataria - in cui chiediamo che siano reclutati quei volontari, in ferma breve, che sono nelle Forze armate e che sono, dunque, persone qualificate e idonee a svolgere questo lavoro. Quando per norme precedenti siano previste le dimissioni dai ruoli di polizia, auspichiamo che venga garantito ad essi, viste le esigenze e considerata la richiesta di tempestività fatta dal Governo, di essere immessi immediatamente in questi ruoli.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.
ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, vorrei proporre un argomento che in buona sostanza, con correzione di termini, il collega Cota non chiama più «ronde» ma «volontari», e vorrei anche richiamare l'attenzione, soprattutto dei colleghi di maggioranza, su questo cambiamento di impostazione e su questa fuga pericolosissima in avanti che ci coinvolge tutti e che ci preoccupa anche a nome della maggioranza.
Assistiamo ad un cambiamento di impostazione per cui non sono più i cittadini ad essere coinvolti nell'amministrazione della cosa pubblica e, quindi, ad essere coinvolti anche in una responsabilizzazione di compiti pubblici e di valori pubblici o, vorrei dire, di valori che riguardano il bene comune, ma vi è un ribaltamento che consiste nella privatizzazione Pag. 79della cosa pubblica. Questa è un'impostazione culturale che ci sembra pervadere tutti i primi (ma ormai cospicui) mesi di legiferazione del Governo perché, ormai, sempre di legiferazione del Governo e non del Parlamento stiamo discutendo.
Dunque, è una falsa rappresentazione quella che ci avete dato e ripetuto più volte, ossia che opponendoci a tale impostazione e, in particolar modo, opponendoci ai cosiddetti volontari non siamo in grado di comprendere o non capiremmo tutto il valore di quella che è una forma di partecipazione e di coinvolgimento dal basso dei cittadini.
In realtà, la partecipazione e il coinvolgimento dal basso è ben altra cosa e sul tema della sicurezza pubblica, su quello della sicurezza e della vivibilità delle città non abbiamo assolutamente niente da imparare.
Ma abbiamo un'esperienza molto consolidata delle amministrazioni che vede questo coinvolgimento in un presidio del territorio che è presenza sul territorio, che è animazione del territorio e che è in un rapporto diverso con le forze dell'ordine.
In questo ambito, invece, c'è molto da fare anche sul tema della sicurezza pubblica che è vicinanza alle forze dell'ordine, che è coinvolgimento nella questione dell'ordine pubblico, che è sentire lo Stato come un qualcosa che ci appartiene, come valore e come difesa delle istituzioni.
Pertanto, opponendoci a questo decreto-legge - in particolar modo sul punto di cui mi sto occupando - vorrei dirvi che intendiamo competere e sfidarvi su alcuni termini che non intendiamo lasciarvi e che saranno sicuramente la sfida della cultura politica e della proposta politica dei prossimi anni. Questi termini sono: appartenenza, identità e comunità. Sono termini che sentiamo nostri, ma con un significato profondamente diverso.
L'appartenenza è quella relativa al senso dello Stato, al senso delle regole e la comunità è una comunità di regole, di condivisione e di progetto, non una comunità di difesa in senso regressivo come la interpretate voi.
Soprattutto, intendiamo che quello che può unire i cittadini e che può dare una prospettiva anche di sicurezza e di ordine pubblico è il significato della cittadinanza inteso come appartenenza, condivisione, anche di battaglia, e come lo stringersi attorno ai valori della cittadinanza che possono unire e creare una identità.
Tutto questo è assolutamente estraneo al provvedimento che ci proponete di votare e sul quale, se non c'è un cambiamento di rotta radicale, non può esserci disponibilità a discutere.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANNA ROSSOMANDO. Ho concluso, signor Presidente. Invece, partecipazione dal basso significa quel presidio del territorio che dicevo, unito a quella idea di efficienza e di razionalità che non può essere invocata, ma che deve essere praticata ed abbiamo completamente abbandonato.
Richiamo un esempio per tutti: i patti per la sicurezza, che vedevano obiettivi reali, risorse reali e controllo degli obiettivi stessi. Su questo non abbiamo più sentito niente e ovviamente vi è una totale inefficienza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciriello. Ne ha facoltà.
PASQUALE CIRIELLO. Signor Presidente, l'emendamento che vorrei illustrare mira a sciogliere un possibile equivoco interpretativo. Insieme con quello già illustrato dal collega Cavallaro pone in chiaro l'identità soggettiva sia del reo che della vittima del reato, di chi subisce violenza sessuale e ne riporta poi la morte, nonché la contestualità e la conseguenzialità degli eventi.
In realtà, la sciatteria nella redazione di questa norma che ritroveremo anche più avanti nel testo e in qualche caso la rozzezza dei contenuti di alcune delle norme proposte non riescono a celare una lampante verità. La verità è che questo decreto-legge rappresenta l'ennesimo intervento Pag. 80(ma la teoria sembra destinata ad allungarsi di qui a breve) ispirato all'unica logica di cavalcare l'onda emotiva, in parte strumentalmente alimentata, sollevatasi intorno al tema della sicurezza.
Non a caso, è proprio la parolina magica «sicurezza» che viene adoperata dal Governo come una sorta di passepartout, una locomotiva cui agganciare le misure più disparate nella convinzione che in tal modo esse potranno più agevolmente andare in porto. Si omette di considerare che, così operando, si espone il sistema a un doppio rischio.
Per un verso, l'emotività spinge a far leva pressoché esclusivamente sul momento repressivo, sulla misura della pena, che è scelta fatalmente miope. Infatti, così come i fatti hanno dimostrato che non bastava fare la voce grossa e minacciare fuoco e fiamme per arginare il fenomeno dell'immigrazione clandestina che, al contrario, è cresciuto in misura esponenziale, l'esperienza dimostrerà che prevedere pene sempre più lunghe e più dure non basterà ad abbassare i livelli di criminalità nel nostro Paese. Questo vale ancor più in una fase in cui le stesse statistiche di fonte governativa dimostrano, strumentalizzazioni a parte, che in materia ci troviamo di fronte ad un trend discendente piuttosto che ascendente.
Per altro verso - è questo a me sembra il rischio più grave - intervenendo a spizzichi e bocconi, in maniera cioè asistematica, si creano delle pericolose simmetrie nel nostro sistema penale. Per intenderci, ad esempio, non contesto in punto di principio che a chi si macchi di un certo tipo di reato sia precluso l'accesso ad alcuni benefici di legge, ma un elementare senso di equità mi spinge a dire che, a questo punto, dovremmo verificare se lo stesso trattamento viene riservato a chiunque commetta reati di pari gravità e odiosità sociale. In mancanza di questo riscontro, che l'emotività e la fretta indotta ci impediscono di effettuare, noi violiamo quei canoni di equilibrio e di armonia fra le diverse disposizioni che fanno di un insieme di norme un sistema giuridico, un ordinamento e lo facciamo pericolosamente assomigliare ad un vestito di Arlecchino.
Noi intendiamo contrastare questo indirizzo. Il primo passo di questa azione di contrasto sta nel sottolineare nel modo più chiaro e lineare l'intima contraddittorietà della posizione del Governo, il quale da una parte non perde occasione di proclamare che lo Stato c'è e che vuole riaffermare la sua sovranità, ma subito dopo - al netto dell'effetto declamatorio - comincia ad abdicare a quella funzione di mantenimento dell'ordine pubblico, che, come tutti sappiamo, è una delle più significative motivazioni poste a fondamento della sua stessa nascita.
Lo fa tagliando risorse ai soggetti istituzionalmente preposti a questa funzione, per lasciare ingresso a non meglio precisate associazioni di cittadini, che da qualunque parte le si guardi richiamano tristemente alla memoria formazioni già sperimentate in una delle fasi più buie della nostra storia patria. Solo per amore di sintesi non mi soffermo sui rischi cui è esposta l'applicazione di questo istituto in certe aree del Paese, come potrebbe ben essere la Campania da cui provengo, a forte insediamento malavitoso.
Spero ancora che i colleghi di maggioranza vogliano provare a sottrarsi a questa perversa spirale emotiva innescata e ormai autoalimentantesi, che rischia di costarci prezzi salati in termini di rispetto dei principi dello Stato di diritto e di realizzazione di quel modello di società liberale pure a più riprese ribadito come obiettivo primario da conseguire. E spero che, viceversa, si dispongano ad affrontare la discussione facendo leva piuttosto sulla testa, che sulla pancia, nella consapevolezza che è solo la prima che potrà consentirci di fare un reale passo in avanti, un salto di qualità anche sul piano delle politiche di contrasto al crimine, sia quello organizzato che quello riferibile alla cosiddetta criminalità minore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Capano. Ne ha facoltà.
CINZIA CAPANO. Signor Presidente, questo emendamento riguarda la disciplina già approvata dalla Camera, cioè quella sullo stalking, ed ha un valore generale perché in realtà disvela l'inammissibile strumentalizzazione che il Governo ha fatto dell'unico provvedimento legislativo che aveva visto in quest'Aula la pratica del dialogo con un voto unanime.
La maggioranza ha voluto strumentalizzare quel provvedimento, stravolgendo il suo normale iter legislativo e inserendolo in questo decreto-legge per cercare un elemento di compensazione all'orrore delle ronde, ma noi non ci staremo a questo inganno.
Fa bene la Ministra Carfagna a non essere oggi in Aula, perché così come l'abbiamo difesa e sostenuta allora per l'approvazione della legge sullo stalking, oggi l'accuseremmo di aver venduto le ragioni delle donne e delle vittime di stalking; quelle ragioni che ci avevano portato ad un voto unanime, a quella pratica del dialogo a cui continuamente il Presidente della Camera richiama, soprattutto il Governo.
Voi sapete, colleghi della maggioranza, che non c'è alcuna ragione di urgenza. L'urgenza è solo quella di fare il vostro spot. Sapete bene che le ronde produrranno ulteriori problemi alla sicurezza, come è avvenuto a Padova solo un mese fa e come ha dichiarato lo stesso questore.
A noi fa paura questa limitazione dei benefici penitenziari, così come quella riduzione delle garanzie dello Stato di diritto. Ma fanno paura non solo a noi, fanno paura a tutti gli avvocati penalisti italiani che hanno in questi giorni scioperato contro questo provvedimento, definito dal presidente dell'unione delle camere penali - tradizionalmente non vicino al centrosinistra - così: lo Stato forte non è quello che viene meno al rispetto dei valori costituzionali, ma è tout court lo Stato di diritto.
Queste disposizioni rappresentano il parto di un legislatore schizofrenico che invoca, da un lato, le garanzie e la presunzione di innocenza per i politici inquisiti e ritiene, dall'altro, di poter sacrificare gli stessi principi per i più deboli, come se le regole del gioco fossero valide a seconda delle categorie di soggetti.
Noi siamo preoccupati come le camere penali per la tenuta dello Stato di diritto innanzi a misure gravissime come quelle contenute in questo decreto-legge. Non ci tranquillizza chiamare «ronde» i volontari, si chiamavano volontari anche le milizie durante il fascismo, e noi sappiamo quanto queste ronde sono differenti da quei volontari che sono in queste ore in Abruzzo a scavare con le mani tra le macerie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Un minimo di pudore avrebbe dovuto indurre il collega Cota a non fare raffronti di questo genere in queste ore. Quei volontari ci sono da sempre, non hanno bisogno di leggi per esistere. Sono i valori fondanti della nostra Costituzione che già li legittimano, perché loro operano per includere, per aiutare, per sostenere, non per escludere e scacciare.
Né ci possiamo fidare di questa specie di cambiale in bianco che il Governo pretende di farci firmare quando con l'articolo 6 rimette ad un decreto del Ministro dell'interno la definizione degli ambiti operativi di queste ronde. Noi dobbiamo discutere in questa sede anche quegli ambiti operativi, e non basterebbe neanche una modifica della Carta costituzionale, non un decreto del Ministro, per togliere la sicurezza al monopolio dello Stato, perché solo chi ha il monopolio della forza può avere il monopolio della sicurezza. Questo è già contenuto nella nostra Carta costituzionale.
Attenti, prendete sul serio quello che vi stanno dicendo le camere penali. Sulla violazione dello Stato di diritto vi troverete contro quelli che credevate complici e non li accontenterete solo sventolando la separazione delle carriere per i magistrati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, stiamo discutendo in questa sede della conversione del decreto-legge che affronta il tema della sicurezza, in particolare con riferimento al tema della violenza sessuale, almeno questo era l'intendimento del Governo e dei Ministri proponenti.
Questo era il tema rilevante del decreto-legge, ma oggi esaminiamo un testo diverso che, anziché dare priorità alla discussione in Parlamento sui temi del contrasto e della prevenzione, oltre che della repressione, degli atti di violenza sessuale, sta diventando il decreto-legge per l'istituzione, la legalizzazione delle cosiddette ronde. Il decreto-legge si sarebbe potuto convertire con celerità, anche in relazione al fatto che l'opposizione non era contraria ad affrontare nella sede parlamentare propria, ossia in Aula, la discussione e la votazione anche in tempi rapidi dei temi che questo provvedimento avrebbe dovuto trattare principalmente.
Oggi, ci troviamo di fronte ad un cambiamento, ad un rivoluzionamento del tema fondamentale del decreto-legge, che, sì, riguarda la sicurezza, ma che, in particolare, concerne lo stalking e la violenza sessuale nei confronti delle persone, soprattutto delle donne. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che in quest'ultimo periodo, in questi ultimi anni, vi è stata una recrudescenza della violenza sessuale contro le donne ed è un bene che il Parlamento affronti tali questioni anche se sappiamo che il Governo le ha affrontate in maniera approssimativa con disegni di legge e iniziative legislative precedenti che non hanno dato i frutti necessari e attesi e che, quindi, oggi deve tornare sull'argomento con un decreto-legge che, tuttavia, signor Presidente, cambia completamente natura. Lo ripeto: il decreto-legge per la repressione e la prevenzione degli atti di violenza sessuale sta diventando, anzi è diventato ormai nell'opinione diffusa del Paese il decreto per l'istituzione e la legalizzazione delle ronde.
Quindi, signor Presidente, vorrei rivolgere un appello anche a tutti gli amici e ai colleghi del Popolo della Libertà che subiscono un'iniziativa da parte della Lega che impone il tema e l'agenda al partito di maggioranza relativa su un argomento, sul quale sicuramente abbiamo visto che nel passato vi è stata una differenziazione interna alla stessa maggioranza. Proprio perché non voglio parlare a caso, vorrei rammentare che, poco tempo fa, lo stesso Presidente del Consiglio testualmente, davanti ad un numero di giornalisti che oggi possono dimostrare che effettivamente disse così, quando vi era la pressione della Lega per introdurre le ronde, ebbe modo di affermare che: «Le ronde offrono un pretesto per attaccarci». Suggerì poi al Carroccio di darsi una calmata «perché non possono volere sempre tutto» - parole testuali del Presidente del Consiglio - ed inoltre affermò: «Qualche volta diciamo sì, qualche altra volta diciamo sì ma con difficoltà, altre volte rispondiamo di no».
Ora il Presidente del Consiglio ci deve dire perché ha risposto «no» ad una proposta proveniente dall'opposizione, dal Partito Democratico, che questa mattina il presidente del mio gruppo ha sottoposto all'attenzione del Governo, del Parlamento e del Presidente della Camera che era semplicemente quella di stralciare la questione delle ronde, di inserirla eventualmente in un disegno di legge che consentisse a questo Parlamento di non discutere con la spada di Damocle dei tempi e dell'urgenza di un decreto, ma soprattutto di legiferare sulla questione più importante su cui già questa sera avremmo potuto concludere i nostri lavori. Invece, qui ci si costringe ad un confronto parlamentare che, peraltro, è un confronto serio, di merito, che vale la pena di sostenere e che nessuno può strumentalizzare in nome di questioni che hanno a che fare con la sensibilità generale del Paese, compresi gli ultimi avvenimenti gravi che sono intervenuti nella comunità nazionale nella giornata di ieri e di cui tutto il Paese sta soffrendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ringrazio per l'interesse che sicuramente risiede nelle mie parole, nonché per l'incitamento che mi arriva dai colleghi della Lega. Signor Presidente, credo che vada dato atto alla Lega di ottenere degli importanti risultati e che il problema che affrontiamo non vada tanto imputato alla Lega, ma ad una maggioranza che, evidentemente, non ha la forza di imporre delle priorità che siano diverse da quelle della Lega. Quest'ultima fa il suo mestiere, poi possiamo concordare o meno sul merito di alcune questioni, comunque fa politica.
È del tutto evidente che la Lega riesce a tenere sotto scacco la maggioranza e ad imporre di volta in volta l'agenda, per lo meno quella della maggioranza e qualche volta, signor Presidente, anche quella dell'opposizione in termini di sottrazione. Mi rivolgo anche ai colleghi che partecipano alla Conferenza dei presidenti di gruppo, dicendo che, ancora una volta, prima di riformare il Regolamento, lo violiamo, perché, per l'ennesima occasione, l'opposizione non può discutere i propri provvedimenti e le proprie scelte così come è previsto dal Regolamento. Questo perché la maggioranza, con la sua bulimia dal punto di vista della decretazione d'urgenza (e non solo), invade e sottrae ogni spazio dell'opposizione in questo ramo del Parlamento e non solo. Di conseguenza, ci troviamo in qualche modo a non poter esercitare neanche i nostri diritti.
Dicevo che la Lega è brava, perché è riuscita nel capolavoro di portare la maggioranza a mettere insieme due decreti-legge per garantire un provvedimento sul quale minacciava fuoco e fiamme e va dato atto al Ministro Zaia di essere stato a lungo presente in Aula durante quel dibattito. Tuttavia, questo non era un elemento sufficiente per far sì che si stravolgesse qualunque tipo di procedura e in questo non concordo ovviamente con il Presidente Fini che lo ha concesso. Noi pensiamo che in quell'occasione la procedura fu stravolta e di fatto ci siamo trovati di fronte alla Lega che ha imposto una specie di obbrobrio dal punto di vista giuridico, ma che lo ha portato a casa.
Si pensava che magari i colleghi del Popolo della Libertà, dopo il glorioso congresso che li ha visti protagonisti anche nei giorni scorsi, avessero la forza e la capacità di indicarci le proprie priorità, anche magari rispetto a tante critiche fatte all'opposizione, perché ha presentato proposte demagogiche. Invece, rimane l'agenda con le priorità, i paletti e i ricatti che pone la Lega, alla quale di volta in volta il Popolo della Libertà si adegua, magari facendo qualche sgarbo.
Vorrei rispondere all'onorevole Cota con tutta l'amicizia e la simpatia. Probabilmente, il Ministro Maroni è stato qui perché con tutti i poteri che gli sono stati tolti con i provvedimenti a favore del commissario straordinario Bertolaso, era difficilmente comprensibile quale fosse il suo ruolo fondamentale nella vicenda del terremoto. Non credo neanche che sia una cosa positiva, ma penso che, come è del tutto evidente e come accade adesso, la demagogia abbia le gambe corte. Il Ministro Maroni non segue questo dibattito da parecchio tempo ed è presente il sottosegretario Mantovano che lo rappresenta. Il collega Cota avrebbe fatto bene ad evitare di fare determinate affermazioni, perché è del tutto evidente che, se il collega Maroni fosse stato presente, sicuramente il motivo era per garantire di portare in porto questo suo particolare interesse, piuttosto che per un particolare rispetto del Parlamento.
Signor Presidente, il rispetto del Parlamento è palesemente inesistente nella natura stessa di questo provvedimento. Vi è una tale volontà di umiliare il Parlamento in ragione della quale viene meno anche quella concordia parlamentare che così raramente si crea. Eravamo riusciti a fare un'iniziativa parlamentare sullo stalking che ha avuto il voto trasversale alla Camera e lo avrebbe avuto anche al Senato. Tuttavia, il Governo ha dovuto sentire l'esigenza di appropriarsene e rendere vana quell'operazione anche politica Pag. 84per sfornare l'ennesimo decreto-legge a cui appiccicare il tributo da pagare alla Lega. Questa è la realtà dei fatti.
Il problema è che voi non siete neanche in grado di rispettare il Parlamento, quando esso, in modo autonomo, dimostra di essere capace rispetto a ciò che, magari, dal punto di vista delle vostre intenzioni apicali, dal Presidente del Consiglio in giù, non riuscite a fare. Voi pensate di fare qualcosa che crea un danno soltanto all'opposizione. «No», perché - io non so quando, spero presto - sicuramente le cose cambieranno e vi renderete conto che i danni che state facendo in termini di violazione delle procedure, del regolamento, nonché del rispetto delle iniziative politiche da parte dell'opposizione prima o poi vi ricadranno addosso e non pensate che queste non saranno delle vittorie di Pirro, come in qualche modo sui temi della sicurezza, sui quali avete gridato per tutta la campagna elettorale e durante le elezioni al comune di Roma. Ve li siete ritrovati addosso, perché avete creato le condizioni per cui una città, che tutto sommato non è insicura (e noi lo abbiamo sempre pensato), si è svegliata dal giorno alla mattina e si ritiene la città più insicura del mondo. Probabilmente, se aveste la capacità di riflettere, di fermarvi ogni tanto e di accogliere delle proposte ragionevoli - e mi rivolgo ai colleghi del Partito delle libertà che sappiamo perfettamente in molti non condividono la norma che si vuole forzare dentro questo provvedimento -, se aveste avuto l'intelligenza e la forza anche interiore di scegliere una strada condivisa su questo provvedimento, sarebbe stato sicuramente più facile portarlo in porto, ammesso che in porto questo provvedimento andrà mai (Applausi dei deputati del gruppo del Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pollastrini. Ne ha facoltà.
BARBARA POLLASTRINI. Signor Presidente, quando si parla di diritti umani e di sicurezza, il nesso per noi è inscindibile. Non è un fatto di linguaggio, ma di valori, di principi e di contenuti. Per noi essere di parte, non vi è dubbio, significa innanzitutto essere dalla parte delle donne, dei bambini, di chi è più discriminato. Penso, ad esempio, a quella giovane madre ivoriana a cui è stato strappato il suo bambino, mentre era in attesa del diritto d'asilo. È una materia che a noi sta talmente a cuore che il 25 di novembre, in occasione della giornata contro la violenza alle donne, abbiamo depositato una mozione. Perché? Perché volevamo che, almeno in quella occasione, vi potesse essere un confronto vero e serio all'interno di quest'Aula su un tema che identifica la visione della politica e le civiltà e che attraversa le civiltà.
Ho voluto fare riferimento a quell'atto perché, a seguito di quella mozione - lo voglio ricordare alle colleghe e ai colleghi -, venne votato un dispositivo all'unanimità. L'emendamento, che ora sto illustrando, non contiene altro che un punto di quel dispositivo. Lo ripeto, si tratta di un dispositivo votato all'unanimità che attribuisce al Governo il dovere di venire a riferire annualmente in Parlamento circa l'esito del lavoro di coordinamento, di monitoraggio e di prevenzione rispetto al dramma della violenza. Penso che sarebbe addirittura imbarazzante per la maggioranza, se il Governo e la maggioranza stessa non volessero sottoscrivere un emendamento contenente una misura che maggioranza e Governo avevano proposto in una mozione, con riferimento ad un dispositivo molto più ampio qualche tempo or sono.
Vorrei intervenire sull'emendamento che ho sottoscritto per esprimere una considerazione che mi sta altrettanto a cuore o forse più a cuore. Il gruppo del Partito Democratico mai e ripeto mai ha fatto mancare in Commissione, nelle Commissioni e in quest'aula disponibilità, proposte sotto forma di leggi, di proposte emendative che aiutassero a costruire un piano d'azione serio ed efficace contro le molestie e la violenza alle donne.
Noi lo abbiamo fatto per convinzione, perché ci crediamo, ma anche perché sappiamo che solo un programma ampio, Pag. 85che tenga insieme prevenzione, accompagnamento delle vittime e certezza della pena, possa avere qualche efficacia. D'altronde, sia le direttive europee, sia le indicazioni che sono giunte anche di recente dalle Nazione Unite, indicano quella strada come l'unica in grado di debellare un dramma antico, che oggi si presenta con forme inedite e altrettanto virulente ed orribili.
Ebbene, ora ci troviamo innanzi a qualcosa che ci ferisce e ferisce le coscienze di questo Paese in due forme. Se oggi voi approvate, con la forma e con i contenuti con cui lo avete proposto, questo decreto-legge, infliggerete non a noi, ma al Paese, due umiliazioni: innanzitutto, con la previsione delle ronde, vi è l'inserimento di un elemento culturale regressivo e di inciviltà, con cui ferite un'idea di Stato di diritto e la nostra Costituzione.
La seconda ferita, non meno grave (la citava prima la collega Capano), mi avvio alla conclusione, è quella di aver usato un dramma che colpisce le donne non per allargare i diritti, le responsabilità ed i doveri di tutti, ma per restringere in questo Paese diritti, responsabilità, civismo e democrazia. Di questo dovrà rispondere il Governo, della cultura regressiva che vuole insediare in Italia. Dovrà rispondere anche una Ministra, che oggi, non a caso, è assente dal banco del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Prima di darle la parola, ha chiesto di parlare l'onorevole Vietti.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, avevo chiesto di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, è sempre complicato: quando lo comunichiamo, perché lo comunichiamo, quando non lo comunichiamo, perché non lo comunichiamo! Avevo comunicato la richiesta di parlare sull'ordine dei lavori, però evidentemente non è arrivata a destinazione. La prossima volta spedirò un piccione.
Signor Presidente, intervengo perché un uccellino mi dice che il Presidente si starebbe orientando a non concedere ciò che è stato concesso per tutte le settimane (quando non è stato fatto, è perché è stato chiesto all'unanimità dai gruppi), cioè la pausa di un'ora, dalle 17 alle 18, prevista quando il Presidente della Camera annunciò la fase sperimentale.
È bello, perché quando si comincia a parlare, è già pronto lo speech della risposta. Signor Presidente, chissà, magari, ogni tanto, si potrebbe pure provare a dire qualcosa di diverso, che non sia previsto nei precedenti e nello speech, ma il dottor Lasorella, come è noto, è il più veloce del West.
Signor Presidente, le stavo dicendo che, all'avvio del nuovo sistema di votazione con le impronte digitali, il Presidente della Camera pronunciò uno speech in cui annunciò che, in concomitanza con le votazioni con l'impronta digitale (in particolare, su richiesta di un partito politico e di un gruppo parlamentare che risponde al nome di Lega Nord, che si è animata in quest'Aula per rivendicare, fino in fondo e fino all'ultimo istante, il rispetto di questa norma), ci sarebbero state delle pause nel corso dei nostri lavori.
In particolare, rispetto alla giornata di oggi ci dovrebbe essere una pausa dalle 17 alle 18, all'interno della fase di votazioni. Questo speech ufficiale e formale è stato pronunciato dal Presidente della Camera. Signor Presidente, ovviamente, non c'è nessuna Conferenza dei presidenti di gruppo che può metterlo in discussione, atteso che non mi dite che è stato deciso in Conferenza dei presidenti di gruppo. Forse, ci vorrà un'enciclopedia per rispondere, non pensavo di avere degli argomenti così convincenti.
Dicevo che lo speech è stato fatto in Aula e, quindi, ha una sua solennità e anche una sua valenza formale. In esso Pag. 86si annunciava una fase sperimentale, il che significa che essa ha investito e riguardato tutti i singoli deputati e si è scelta l'Assemblea proprio perché, nella gerarchia delle fonti e dei posizionamenti, si voleva informare l'Assemblea di questa decisione.
È del tutto evidente, signor Presidente, che se si torna indietro su questo, occorre farlo con una comunicazione formale all'Assemblea, che non è mai stata fatta. Questa pausa non è mai stata messa in discussione, salvo che, signor Presidente, e ci tengo che lei mi ascolti perché è qualcosa - ho veramente concluso - sulla quale la pregherei di riflettere, non vogliamo introdurre, dopo tutto quello che abbiamo introdotto in termini di modifiche e di strappi dentro quest'Aula, anche il fatto che qui dentro le cose si concedono se le chiedono dei gruppi della maggioranza e non si concedono se le chiedono dei gruppi dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), se si va avanti con i muscoli, sapendo che poi si va a sbattere contro un muro con i muscoli.
In relazione ad esigenze che erano umane e naturali quando le chiedeva la Lega, credo che esse siano umane e naturali anche quando le chiede l'opposizione, tanto più nel momento in cui l'opposizione è stata in Aula tutto il giorno, a differenza di tanti altri colleghi che sono potuti andare in giro, perché state a fare una sua battaglia, e tanto più in una fase in cui sono previste votazioni, esattamente come si prevedeva in altre situazioni.
Signor Presidente, al di là degli speech e delle enciclopedie che sono state portate, la pregherei di riflettere se possiamo creare un doppio binario e una disparità così chiara tra maggioranza e opposizione, soprattutto a seguito di una decisione formale comunicata in Aula dal Presidente della Camera, che verrebbe modificata, in questo momento, senza che formalmente vi sia stato alcun tipo di cambiamento di indirizzo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, sono a favore del rispetto dei diritti umani, come lei può immaginare.
ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, voglio inserirmi sull'intervento svolto dall'onorevole Giachetti. È evidente che siamo tutti qui da stamattina alle 9, almeno tantissimi di noi. Il problema dello stare qui è anche normale, perché è il nostro impegno, però che ora, come sembra, si metta in discussione la possibilità non di fare un'ora di pausa, ma di non rispettare l'organizzazione normale dei lavori che è stata prevista quando si è modificato il tipo di sistema di votazione in quest'Aula, mi pare veramente paradossale.
Dopo la tensione che c'è e c'è stata oggi rispetto al tipo di iniziativa che è stata portata avanti con il decreto-legge, con la non accettazione delle proposte dell'opposizione di trovare anche delle forme equilibrate per rivedere i contenuti, credo che se la maggioranza ha titolo legittimamente a portare avanti i suoi provvedimenti, almeno non venga stravolta, come dicevo prima, l'organizzazione dell'Aula, adottata con la volontà del Presidente e con la scelta di tutti i capigruppo, che prevede alcune pause.
Ora, che la pausa sia dalle 17 alle 18 o qualcosa di diverso non è importante; è che non può venir meno l'impegno preso nei confronti di quest'Aula; impegno preso all'unanimità (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, in merito al fatto di cambiare le regole che ci siamo dati, avendo più volte, in queste settimane, partecipato alla Conferenza Pag. 87dei presidenti di gruppo per il mio gruppo, più volte è stato ribadito questo concetto: la nuova organizzazione, che aveva natura sperimentale, non poteva essere cambiata così, semplicemente, senza alcun preavviso e senza un'adeguata discussione.
Tenga presente che, in una giornata come quella di oggi, venti minuti dopo la fine della seduta antimeridiana erano convocate, in seduta congiunta, la I e la V Commissione per lavorare sul provvedimento (atto Camera 1441-bis) che andrà in Aula dopo Pasqua con votazioni.
Risultato: francamente, c'è qualcuno tra noi che, essendo qui dalle 9 di mattina, in quei venti minuti doveva decidere se mangiare, se prepararsi per la Commissione o se fare qualche altro atto di natura fisiologica (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ricordo un intervento - e la Lega non dovrebbe vociare su questo - del presidente Cota, circa una settimana o dieci giorni fa, in cui ha preteso che si rispettasse l'impegno di fare l'ora di interruzione dalle 17 alle 18. Credo che, dopo una giornata così, sia giusto che oggi vi sia un'interruzione doverosa - se non alle 17, si faccia almeno alle 18 - per tutti coloro che sono qui da questa mattina (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, ovviamente, secondo l'articolo 8 del nostro Regolamento, la Presidenza ha facoltà disciplinare i lavori come meglio crede. Ritengo, tuttavia, di dover ricordare che anch'io, come alcuni colleghi che sono intervenuti in questo «giro di tavolo» sull'argomento della pausa, vengo fatto oggetto di questioni relative alle pause, alle interruzioni dei lavori o al momento delle votazioni. Ma, avendo letto la nota dell'Assemblea della settimana scorsa in relazione ai lavori di questa settimana, e avendo ascoltato, a seguito delle Conferenze dei presidenti di gruppo che hanno disciplinato l'evolversi dei lavori, le comunicazioni espresse dalla Presidenza in quest'Aula nelle giornate del 1o e del 2 aprile, non ho avuto segnalazione di pause nei lavori dell'Aula.
Deduco, quindi, che la Presidenza si sia riservata di gestire queste fasi, anche perché mi pare di ricordare che all'ultima Conferenza dei presidenti di gruppo, la Presidenza aveva manifestato l'auspicio, al netto dei vari elementi di inasprimento, o meno, del dibattito politico, di tentare di concludere i lavori della settimana nella serata del mercoledì. Non vi è stata un'indicazione in ordine alle pause; la Presidenza ha, quindi, la facoltà di definire la questione nella sua piena legittimità, sovranità, e nella sua autonomia.
Ci tenevo, inoltre, a precisare signor Presidente, almeno per lasciarlo agli atti, che in quest'Aula è ovvio che vi sia un confronto politico, magari anche duro, tra maggioranza e opposizione, tra le diverse posizioni esistenti tra i gruppi, o anche al loro interno con gli interventi svolti a titolo personale, e così via. Ma credo che non bisognerebbe mai chiamare in causa, anche quando si dialoga con la Presidenza, l'amministrazione, men che meno chiamando per nome questo o quell'altro funzionario. Se noi rispettiamo la Presidenza, dobbiamo rispettare sempre l'amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), facendo in modo che svolga il proprio lavoro nell'ombra, con la giusta correttezza, nella terzietà che le è propria. Se ci sono critiche alla Presidenza, credo che la Presidenza abbia gli strumenti, l'autorevolezza per accoglierle e per replicare ove necessario (questo vale per la Presidenza e per i gruppi nel confronto politico). Ritengo opportuno, quindi, sottolineare come non si debba cercare di tirare in causa l'amministrazione in nessun caso, neanche per inciso, soprattutto nel gioco del confronto politico che è proprio di quest'Aula e che va lasciato alla politica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Premesso che sono a favore del rispetto dei diritti umani, tutti Pag. 88e comunque, devo osservare che sono vincolato a far rispettare il Regolamento e l'articolazione dei lavori della seduta odierna così come risulta aggiornata dalle successive comunicazioni. Nelle comunicazioni della Conferenza dei presidenti di gruppo del 1o e del 2 aprile la pausa non è contemplata. Questo pone una questione: la pausa va ritenuta un qualcosa da inserire permanentemente? Certamente non è prevista dal Regolamento, e non posso farla osservare per il rispetto del Regolamento. Posso farla osservare ove prevista dall'articolazione dei lavori della seduta, ma se non è contemplata, posso introdurre una pausa solo ad una condizione: che esista l'accordo di tutti i gruppi, perché per variare rispetto al previsto andamento dei lavori ho bisogno dell'accordo di tutti i gruppi.
Sarebbe il contrario se la pausa fosse prevista: in tal caso, avrei bisogno dell'assenso di tutti i gruppi per non effettuarla. Ho sentito tre gruppi che la chiedono e uno che non si oppone, ma non ho capito onestamente qual è la posizione, perché mi pare che abbia piuttosto rimarcato alcune questioni di metodo ma non ci ha detto qual è la posizione del suo gruppo. Onorevole Baldelli, vuole essere così gentile da farcela conoscere?
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, il punto è molto semplice. La pausa - come lei ha spiegato - non è prevista nell'ordine del giorno; ritengo francamente abbastanza singolare stare qui a parlare per alcuni minuti - dopo una giornata di interventi - sul fare più pausa o meno pausa da parte dell'onorevole Giachetti che comunque, siccome conosce il suo mestiere, trova tutti gli argomenti a favore.
ROBERTO GIACHETTI. Allora stai zitto!
SIMONE BALDELLI. Però io ritengo, Presidente, che in questa giornata i colleghi che abbiano voluto scegliersi o prendersi una «pausa» abbiano potuto farlo. Siccome non è all'ordine del giorno credo che il gruppo del Partito Democratico e gli altri gruppi abbiano la facoltà di porre la questione della pausa permanente, aleatoria, mobile o meno in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo prevista nella giornata di domani. Quindi per oggi la Presidenza ha facoltà di scegliere, ma io ritengo che forse non sia opportuno procedere, con una pausa, alla sospensione dei lavori visto che siamo stati un'intera mattinata senza fare votazioni ed anche durante il pomeriggio ne abbiamo svolta soltanto una (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
LUCIANO DUSSIN. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne fa facoltà.
LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, siamo contrari anche noi alla richiesta di pausa che è avanzata dai gruppi dell'opposizione per gli stessi motivi portati dal collega del Popolo della Libertà. È da notare un fatto, che quando noi avevamo aderito all'iniziativa del Presidente della Camera di votare con le impronte digitali avevamo anche chiesto un'organizzazione dei lavori tale per cui fosse comunque automaticamente prevista la certezza dei tempi da riservare all'illustrazione di emendamenti e alla discussione generale, e anche la certezza di archi temporali dai quali dedurre quando avremmo cominciato a votare e quando avremmo finito. Questo non è ancora successo. Ci auguriamo che il Presidente della Camera con la Giunta per il Regolamento arrivi a dar seguito alle nostre richieste. Per quanto riguarda la questione contingente, oggi abbiamo passato ore ad ascoltare molti interventi, anche ripetitivi (soprattutto ripetitivi) nei contenuti. I tempi per muoversi c'erano, ci sono ancora, ahinoi, quindi è giusto dar seguito ai lavori e rinviare magari le richieste di pausa a quando i lavori saranno più pressanti ed anche più consistenti nei contenuti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.
Pag. 89PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, è singolare che anche sulla questione della pausa vi sia una divisione netta tra il Popolo della Libertà e la Lega. Vede signor Presidente, il Popolo della Libertà è talmente liberale che lascia a lei la libertà di decidere se concederci la pausa che ci spetta, oppure non concedercela, mentre la Lega Nord è nettamente contraria alla pausa. Quindi, vorrei che tutti gli italiani, che oggi sono interessati alla discussione sulla pausa, ascoltino questa netta...(Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Per favore, lasciate parlare l'onorevole Quartiani.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Il presidente della mia regione, il presidente Formigoni, ci ha detto che la Lega deve smetterla di fare il partito di Governo e il partito di lotta. In questo momento la Lega sta facendo il partito di lotta perché sta lottando per fare passare un decreto-legge che vuole solo la Lega. Il Popolo della Libertà sa che anche il Presidente del Consiglio ha qualche dubbio sul fatto che, nel provvedimento che discutiamo oggi, si inserisca la questione delle ronde.
Ma poiché non stiamo discutendo di merito, signor Presidente, è chiaro che concordo, anzi apprezzo e continuerò ad apprezzare il fatto che l'amministrazione e gli uffici procurino la documentazione necessaria affinché la Presidenza prenda le decisioni. Naturalmente non possono essere decisioni arbitrarie: la Presidenza decide quello che crede. La Presidenza, al contrario, decide valutando gli atti che vengono ad essa sottoposti. E sono stati prodotti alcuni atti.
Mi permetto non soltanto di elaborare un ragionamento ma di ricordare un atto. Infatti quando abbiamo iniziato la fase sperimentale, signor Presidente, in questa sede il Presidente Fini ha concesso la possibilità, e ha convinto i gruppi della maggioranza a votare con il sistema nuovo, sostenendo una proposta di organizzazione dei lavori che valeva per sempre, sino a che non si fosse conclusa la fase sperimentale.
Tale fase sperimentale, per volere dei gruppi della maggioranza, prevedeva che vi fossero due interruzioni, una al mattino e una al pomeriggio, in modo tale che si potesse lavorare al mattino - le tre, quattro, cinque ore necessarie - e il pomeriggio sino alle ore 20 o 21 a seconda di come è stabilito nel calendario. È soltanto esplicitando in maniera chiara che questa fase sperimentale è conclusa - lo si faccia in Assemblea o lo si faccia nella Conferenza dei presidenti di gruppo - che si può non attuare la fase sperimentale. Poiché nella Conferenza dei presidenti di gruppo non si è esplicitato che veniva meno la fase sperimentale ma si è prodotta una proposta in calendario in cui evidentemente si dà per scontato che la fase sperimentale è ancora in atto, è ancora in vigore. Questa non è un'interpretazione. Questa è parte fondamentale dell'applicazione di un Regolamento e di una convenzione sostenuta da tutti i gruppi all'unanimità.
SIMONE BALDELLI. Basta, basta!
PRESIDENTE. Per favore!
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Non è una questione giustamente che riguarda né gli uffici né l'amministrazione ma è una questione di applicazione di indirizzi politici e di scelte organizzative che l'Assemblea si è data autonomamente concordandola con il suo Presidente e all'unanimità tra tutti i gruppi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ritengo che siano state sufficientemente esposte tutte le posizioni. Credo di dover dire qual è la mia decisione. L'accordo che è stato fatto riguardo alla pausa non è riportato nel Regolamento né in alcun atto ufficiale a cui io debba attenermi. È un accordo tra i gruppi e, per avere efficacia ai fini dell'ordinamento dei lavori, va inserito all'interno della prevista articolazione dei lavori Pag. 90decisa dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. Ciò in questo caso non è avvenuto. Potrebbe essere interessante indagare per quale motivo non è avvenuto e credo che in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo sia necessario dare un'indicazione precisa agli uffici o di ritenere comunque inserita la pausa ove non vi sia ulteriore comunicazione, oppure di rinnovare, di volta in volta, l'indicazione dell'inserimento della pausa. Nei documenti che fanno fede per me in questo momento in cui presiedo l'Assemblea, non trovo l'indicazione di una pausa. E non posso concederla senza l'accordo di tutti i gruppi. Tale accordo a quanto pare non sussiste. Assicuro all'onorevole Giachetti che sono perfettamente in grado di fare uno speech senza leggere le carte preparate dagli uffici che, peraltro, ringrazio per la collaborazione che mi hanno dato anche in questa occasione come in molte altre.
ALESSANDRA MUSSOLINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo? Ancora su questo argomento? Non vogliamo chiudere la questione? Ne ha facoltà.
ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, bisognava già chiudere da molto tempo. Infatti trovo che sia vergognoso quello che sta accadendo in quest'Aula. Dobbiamo renderci conto che stiamo votando. Un conto è ascoltare l'ostruzionismo, i pareri, le opinioni di un'opposizione su un decreto-legge in materia di sicurezza; altro è fare una discussione sulla pausa o non pausa quando in Abruzzo vi è ancora gente sotto le macerie. Speriamo che non vi sia nessuno a sentirvi perché altrimenti quello che state facendo è vergognoso. Che non ci sia la pausa: noi dobbiamo lavorare e basta! Non tre ore a parlare di pausa e non pausa, signor Presidente! Tre ore sulla pausa (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti)!
PRESIDENTE. Onorevole Mussolini, mi permetto sommessamente di far notare che la discussione è stata più sulla necessità di osservare i patti e la parola data, che non sull'opportunità della pausa e osservare i patti è una cosa comunque importante.
ROBERTO RAO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO RAO. Signor Presidente, intervengo brevemente: in attesa che venga chiarito e regolamentato, spero una volta per tutte, nelle sedi opportune questo discorso della pausa o della non pausa, anche per i colleghi e per l'organizzazione dei lavori, visto che il Popolo della Libertà sostanzialmente non è stato contrario in maniera preclusiva rispetto alla pausa, la Lega si è dichiarata contraria, l'opposizione tutta invece la chiede, io affiderei a lei una decisione salomonica di concedere non una pausa di un'ora, che in questo momento è eccessiva, ma una pausa di alcuni minuti per evitare di parlare un'ora di questo problema (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Poi, cosa sia vergognoso e cosa non sia vergognoso francamente lo capiamo da soli, anche le strumentalizzazioni.
PRESIDENTE. Ho il sospetto che la Commissione gradirebbe anch'essa un periodo di pausa.
GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, sono stati presentati alcuni subemendamenti e quindi in ogni caso serve una brevissima sospensione dei lavori, per consentire al Comitato dei nove di esaminarli. Chiedo quindi una pausa di cinque minuti per il Comitato dei nove.
Pag. 91PRESIDENTE. Onorevole Bongiorno, come atto di magnanimità ne daremo invece quindici, anche perché è difficile che i cinque minuti siano davvero cinque.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare: come da Regolamento, le chiedo la parola a titolo personale a fine seduta, atteso che lei sta per sospendere la seduta.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, ma in tal caso mi lasci prima annunciare all'Aula che sono esauriti gli interventi per l'illustrazione delle proposte emendative e quindi riprenderemo con il parere del relatore e del rappresentante del Governo. Prego, onorevole Giachetti.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, il sistema della calunnia è un sistema che in particolare nei regimi autoritari, fascisti o comunisti, viene spesso usato contro gli avversari. Nella fattispecie, credo basta riprendere il mio intervento svolto precedentemente: io non ho espresso alcun giudizio negativo di valore sugli uffici.
Credo che in sette anni che sto qui dentro basta riprendere tutte le occasioni nelle quali ho avuto modo di parlare degli uffici, compreso anche qualche giorno fa. Quando ci riferiamo agli uffici non mi riferisco soltanto a chi ovviamente da un'alta responsabilità coadiuva i lavori là sopra, ma anche da coloro che magari svolgono anche tanti altri lavori preziosi dentro quest'Aula. Io non mi sono mai permesso e non mi permetterei mai e credo che il giudizio di valore che do sugli uffici sia noto e abbia avuto modo di testimoniarlo tutti giorni.
Non trovo che vi sia nulla di male, anzi penso che se probabilmente fuori da quest'Aula si conoscesse il nome e il cognome di tanti funzionari di primissima qualità, credo che questo non sarebbe grave: non fanno parte di una loggia massonica, sono persone che collaborano con noi e che dobbiamo ringraziare per il lavoro che fanno e per l'aiuto che ci danno. Quindi, nelle mie parole non ho francamente visto, signor Presidente, nulla che potesse in qualche modo intaccare il mio giudizio nei confronti degli uffici e che voglio qui ribadire. Lo stesso francamente si può dire per le parole che ho rivolto a lei, salvo un filo di ironia con la quale anche lei mi ha risposto: mi creda, non metto minimamente discussione il fatto che lei non sia in grado di esprimere uno speech senza bisogno dell'intervento degli uffici; vedevo che vi era una particolare agitazione e avevo fatto una semplice battuta.
Signor Presidente, per carità di patria e per rispetto del livello proprio più basso della dignità umana e personale non replico alle parole del collega Baldelli, che ogni volta non perde occasione possibile per prendere la parola e dare lezioni a noi tutti di come ci si comporta qui dentro. Io penso che il collega Baldelli può stare tranquillo che su come noi ci comportiamo qui dentro non sarà lui a darci lezioni e a darci il giudizio finale: ce lo daranno probabilmente singolarmente; magari fossimo in grado di andare nei collegi uninominali ed essere giudicati per quello che facciamo qui dentro e non perché siamo nominati, come è accaduto a me e ovviamente anche al collega Baldelli, grazie a un capo che l'ha mandato qui dentro.
Io penso, signor Presidente, che noi qui dentro dovremmo ripristinare il rispetto delle basi minime dei rapporti tra di noi: ciascuno deve essere libero di parlare senza avere dall'altra parte qualcuno che si permette di calunniare, nella fattispecie, e cercare di mettere in cattiva luce ragionamenti che erano assolutamente in linea con quello che avevo detto prima.
SIMONE BALDELLI. Impara per primo te!
ROBERTO GIACHETTI. Soprattutto, nessuno si può permettere, in questa sede, di dire agli altri ciò che devono fare. Lo ripeto, ma l'ho già detto la scorsa volta: il collega Baldelli è giovane, inesperto e «si farà», però deve imparare che qui dentro siamo liberi (Commenti del deputato Baldelli)! Il collega Baldelli è giovane e, forse, «si farà», non è neanche detto, viste le Pag. 92avvisaglie. Resta il fatto, che in questa sede, deve avere rispetto di tutti (Commenti del deputato Baldelli).
PRESIDENTE. Colleghi per favore... Prego, onorevole Giachetti, prosegua.
ROBERTO GIACHETTI. È stata udita da tutti la battuta simpatica che il collega Baldelli ha fatto a proposito della mia menopausa: questo per dare il senso oltre che della sua ironia, del suo rispetto nei confronti delle persone. Ho veramente concluso, signor Presidente.
PRESIDENTE. Non si preoccupi, onorevole Giachetti, prosegua, vediamo tutti che è altrettanto giovane!
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ormai sono nell'età in cui, probabilmente, purtroppo, tocca anche a me!
Signor Presidente, ovviamente nei limiti di quanto potrà fare, e per il futuro, le chiedo di garantire che, in questa sede, ciascuno possa essere libero di dire ciò che pensa, senza avere qualcuno che, non si sa in base a quale privilegio, si accoda dopo e si permette di esprimere giudizi su quanto ha detto qualcun altro. Questo non è dato.
Se il collega Baldelli ha delle idee e delle cose da dire, esprima le sue idee e dica ciò che ha da dire. Non stia, di volta in volta, a rampognare quello che dicono gli altri, perché non serve a nulla e, soprattutto, non serve a se stesso.
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, posso garantirle piena libertà di parola in quest'Aula, a lei, come ad ogni collega. Garantirla contro interventi polemici, di buona qualità o di cattiva qualità e, qualche volta, anche di pessima qualità, non rientra nei miei poteri.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, a me dispiace che l'onorevole Mussolini sia andata via, perché le dichiarazioni che ha fatto poco fa meritavano una diretta interlocuzione con il Governo. Poiché ha sbagliato interlocutore, volevo darle un suggerimento, affinché le fosse chiaro con chi se la deve prendere e a chi deve dire: «Vergogna!».
Questa opposizione ha dimostrato, da ieri, un senso di responsabilità nazionale che saremmo molto curiosi di vedere a parti scambiate, con voi che oggi siete la maggioranza. Saremmo molto curiosi di vederlo. Avete speculato su tutto, negli anni in cui abbiamo governato noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Abbiamo dimostrato un senso di responsabilità, di serietà e di mancanza di polemiche nel momento della necessità che non ha precedenti. Sentirsi dire «Vergogna!», significa guardarsi allo specchio, onorevole Mussolini (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e dire a questo Governo che, per avere una ronda, mette da parte interessi fondamentali, come quelli dell'Abruzzo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Di questo si sta trattando! Quindi, guardatevi allo specchio e non fate lezioni di morale a nessuno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Applausi polemici dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Applaudite, perché questo è il segno positivo! Applaudite, bravi! Continuate, ma sappiate con chi prendervela! Bravi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Applausi polemici dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Prima eravate tutti ansiosi di godere di questa pausa, vedo che la state consumando in un magnifico duello oratorio! Prego, onorevole Baldelli.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, come lei mi è testimone, in quest'Aula ho semplicemente svolto alcune considerazioni di natura politica e ho sottolineato Pag. 93come l'amministrazione non debba essere chiamata in causa, a prescindere dalle valutazioni che si possono fare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Le valutazioni del collega Giachetti sul fatto che io sia giovane e debba imparare il mestiere, le lascio al commento dei colleghi e credo che si commentino da sole. Per quanto mi riguarda, ritengo di saper fare abbastanza bene il mio mestiere e, se devo impararlo da qualcuno, non andrò certo ad impararlo dall'onorevole Giachetti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).