PREMESSA
Importanza del ruolo del dispositivo di mediazione interculturale
Nellattuale epoca della globalizzazione, linterdipendenza fra aree del
pianeta caratterizzate da diversi livelli di sviluppo si andata accentuando.
Laumento del divario economico e sociale, acuito dalle ricorrenti crisi
economiche mondiali, il permanere di aree di grande instabilit dovuta al
proliferare di conflitti bellici e a situazioni fortemente carenziali sul piano
dei diritti umani e civili, hanno portato ad un intensificarsi negli ultimi
ventanni dei flussi migratori, il cui movimento attraversa confini e
continenti a tutte le latitudini.
In questo quadro indubbio che lEuropa, per il suo elevato livello di
sviluppo economico, ha costituito uno dei maggiori poli di attrazione del
mondo, e al suo interno lItalia per la sua conformazione geografica
costituisce una delle principali porte di ingresso per tutto il
continente.
Quei flussi migratori che si affacciavano in Italia verso la fine degli
anni 80 e prendevano consistenza negli anni 90, oggi si configurano come un fenomeno costante in progressivo
aumento. Tale aumento
riscontrabile sia nella
dimensione di emergenza
determinata dai nuovi
ingressi, sia nella dimensione di stabilit e
integrazione modifica il tessuto
sociale ed economico della nostra societ, che si configura quindi per i suoi tratti di crescente pluralismo etnico, culturale,
linguistico e religioso.
I pi elevati tassi di contiguit, contatto, intreccio, scambio, dialogo
o conflittualit fra tali differenze, rendono necessari dispositivi di
Mediazione Interculturale (di seguito per brevit anche denominata
mediazione) al fine di favore processi virtuosi di coesione sociale, di
integrazione e di tutela delle pari opportunit nel godimento dei diritti e
nella possibilit di accesso ai servizi di cittadinanza.
Perch normare il dispositivo
Tale dispositivo non nuovo nel nostro paese, ma ha allattivo
unesperienza di oltre 15 anni, iniziata prima in maniera pionieristica e via
via consolidatasi in esperienze puntuali e professionali di considerevole
qualit, che costituiscono oggi un ricco patrimonio di esperienze lavorative e
di formazione, non solo in aula ma anche sul campo. Molte regioni hanno
individuato un profilo professionale e uno standard formativo specifico per il
Mediatore Interculturale (di seguito per brevit indicato anche come
mediatore), ma le certificazioni e gli attestati oggi esistenti acquisiscono
validit solo in riferimento agli specifici contesti regionali e non sono
quindi spendibili allinterno dellintero territorio nazionale.
Leterogeneit della realt italiana di oggi, sia in riferimento alla
attivit, che alla promozione del dispositivo di mediazione interculturale,
rende dunque necessario individuare alcuni standard di qualit formativa,
professionale e deontologica per definirne la figura, e conseguentemente
per accreditare gli enti preposti a formarla, attivarne il servizio e
attestarne le competenze.
Questo processo, oltre a fornire forme di garanzia sulla qualit del
dispositivo, pu consolidare la
visibilit, il riconoscimento e la dignit del ruolo di mediatore in primo
luogo nella autopercezione dei mediatori stessi, ma anche nella percezione degli operatori dei
servizi e della loro stessa utenza immigrata.
Infine un percezione collettiva nellopinione pubblica, agevolata dal
riconoscimento ufficiale, del ruolo del mediatore, visto come agente virtuoso
ed esempio personale di integrazione positiva, pu contribuire a contrastare
quegli stereotipi negativi sulla popolazione immigrata, che sono alla base
di fenomeni di razzismo e di comportamenti discriminatori.
Priorit da conciliare
Nellindividuare
tali indirizzi comuni necessario
tenere presente alcune priorit quali:
-lesigenza di riconoscimento del patrimonio di esperienza
pregressa accumulato
dalla fine degli anni 80 ad oggi, sia dei singoli mediatori che degli attori
che ne hanno promosso e realizzato le attivit (Ministeri, Regioni, Provincie e
Comuni, ma anche e soprattutto associazioni del privato sociale, primari agenti
di formazione e servizio);
-le differenze di contesto, che insieme al rigore degli indirizzi esigono
flessibilit e adattamento quando sono determinate dai differenti scenari
dellemergenza e dellintegrazione, dai primari bisogni di mediazione espressi
dal territorio, dal tipo di utenza dei servizi, dallesigenza di
governancedella conflittualit sociale;
-la chiarezza dei
ruoli fra gli indirizzi centrali con finalit di orientamento a
livello nazionale e le competenze territoriali preposte
allattuazione di tali indirizzi nella definizione del profilo e dei percorsi
formativi di accesso, della figura professionale, dell'applicazione in termini
di formazione e servizio degli indirizzi e delle normative.
PARTE PRIMA: STATO DELLARTE
1. Antecedenti
1.1 Gruppo di
Lavoro Istituzionale: fasi e criteri metodologici
I motivi che hanno spinto ad avviare un lavoro di concertazione tecnica
fra istituzioni per regolamentare, tramite percorsi e parametri condivisi, la
materia della mediazione interculturale, sono prevalentemente due:
-armonizzazione fra
vari livelli (nazionali e territoriali, nelle istituzioni e nel privato
sociale);
-condivisione a livello comunitario delle buone prassi relative
allapplicazione del dispositivo, allinterno delle strategie di integrazione
degli immigrati (il lavoro del gruppo infatti sostenuto dal Fondo Europeo per
lIntegrazione).
Al gruppo, coordinato dal Ministero dell'Interno, hanno partecipato
funzionari competenti nella materia delle seguenti istituzioni:
A questo gruppo sono stati invitati a partecipare di volta in volta
rappresentanti delle Regioni, anche con lobiettivo di fungere da raccordo con
la Conferenza delle Regioni, e rappresentanti di Enti locali, che hanno portato
il punto di vista delle loro buone prassi sperimentate nel territorio.
Nel corso dei lavori sono stati condivisi sia i contenuti delle proposte
di indirizzo, rappresentate in questo documento, sia liter successivo che lo
stesso dovr percorrere per avere maggiore significativit politica e tecnica.
Si tratta, infatti, di un Work in progress, le cui variabili tecniche sono
suscettibili di approfondimento e maggiore definizione di dettaglio, che andr
presentato alla Conferenza Stato
Regioni per un successivo livello di condivisione istituzionale, necessaria per
renderlo uno strumento di indirizzo compiuto.
La presentazione del documento al pubblico ed ai soggetti competenti,
nel suo stato attuale, ha lo scopo di rimarcare non solo lo sforzo fin qui
compiuto, ma soprattutto limportanza che tale dispositivo riveste allinterno
delle strategie di integrazione.
1.2
Indicazioni recenti
Questo documento, oltre a basarsi sullattenta analisi della
documentazione e delle normative (vedi paragrafo 1.3) esistenti in materia,
incorpora e fa propri i principi fondamentali dei risultati scaturiti dalle
attivit di confronto e ricerca
attuate recentemente da:
-
la Conferenza
delle Regioni e delle Province Autonome, che ha prodotto il documento Riconoscimento della figura professionale
del Mediatore Interculturale[1];
-
il CNEL, che a seguito di svariate consultazioni con i
soggetti del settore, ha proposto
questanno il Documento Mediazione e mediatori culturali: indicazioni
operative che aggiorna quello proposto nel 2000[2];
-
lIsfol, che su commissione del Ministero del
Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali,[3] ha effettuato la ricerca esplorativa e conoscitiva Il
mediatore culturale in sei Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Grecia,
Regno Unito e Spagna) ambiti di intervento, percorsi di accesso e competenze[4].
1.3
Documentazione e Normative Nazionali e Regionali in materia
Questo documento tiene conto di tutta la documentazione che nel tempo ha
supportato e promosso la figura del mediatore e i relativi percorsi formativi
allinterno delle normative nazionali e regionali. Le normative di riferimento
sono da un lato quelle generali per limmigrazione, al cui interno si riscontra
un riferimento alla mediazione,
dallaltro quelle riguardanti la definizione delle figure professionali del
sociale[5].
Per quanto riguarda la normativa nazionale concernente limmigrazione, il richiamo
allinterno della legge 40 del 6 marzo Disciplina dellimmigrazione e norme
sulle condizioni dello straniero, art. 36 e 40, di seguito recepiti nel D.Lgs.
286 del 25 luglio 1998 Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dellimmigrazione, art. 38 e 42, in cui il mediatore culturale
riconosciuto come figura che opera nellambito scolastico e allinterno delle
misure previste per lintegrazione sociale.
Il potenziamento della figura stato poi previsto nel Disegno di legge
delega 2976 C della XV legislatura Disciplina dellimmigrazione, art. 1
lettera o) del 2007 in cui viene riproposta la questione del rapporto tra
mediazione e integrazione e la necessit di definire la figura professionale
per potenziare le misure dirette allintegrazione dei migranti, concepita come
inclusione, interazione e scambio e non come coabitazione tra comunit
separate, con particolare riguardo ai problemi delle seconde generazioni e
delle donne anche attraverso le definizione della figura e delle funzioni dei
mediatori culturali.
In merito alle disposizioni scolastiche, il D.P.R. 394 del 31 agosto 1999 Regolamento
recante norme di attuazione del testo unico e delle disposizioni concernenti la
disciplina dellimmigrazione e norme sulla condizione dello straniero allart.
45 - Iscrizione scolastica, comma 5, sottolinea che il collegio dei docenti
formula proposte in ordine ai criteri e alle modalit per la comunicazione tra
scuola e le famiglie degli alunni stranieri. Ove necessario, anche attraverso
intese con lente locale, listruzione scolastica si avvale dellopera dei
mediatori culturali qualificati.
Altre circolari riferiscono della figura, del ruolo, delle competenze e
delle funzioni del mediatore allinterno del sistema scolastico con particolare
attenzione alla valorizzazione della lingua e della cultura degli alunni
stranieri[6].
Anche allinterno delle disposizioni circa lautonomia didattica degli
atenei universitari, si prevede listituzione della classe di laurea di
Mediazione Linguistica[7].
In Sanit significative
sono:
-
le Linee guida
destinate alle figure professionali in ambito sanitario, fra cui i mediatori
culturali, impiegati in modo particolare nella prevenzione, assistenza e
riabilitazione delle donne che hanno subito pratiche di mutilazione genitale[8];
-
l'istituzione
della Commissione Salute Immigrazione, che ha tra i suoi obiettivi la
Valorizzazione dell'utilizzo dei mediatori culturali[9];
-
il Piano
Sanitario Nazionale 2006-2008 (punto 5.7) che sottolinea il ruolo dei mediatori
linguistico-culturali nel rimuovere barriere culturali che precludono
lassistenza sanitaria e nel rimodellare lofferta sanitaria nellottica
interculturale;
Anche nellambito della Giustizia si ravvisa la necessit dellintervento di operatori
di mediazione culturale allinterno del sistema carcerario a favore dei
detenuti stranieri anche attraverso convezioni con enti locali e organizzazioni
di volontariato[10].
Inoltre la C.M. n. 6/2002 del Ministero della Giustizia - Dipartimento
di Giustizia Minorile Linee guida sullattivit di mediazione culturale nei
Servizi Minorili di Giustizia, fornisce indicazioni operative sullattivit di
mediazione, sui requisiti per la selezione dei mediatori, sugli aspetti
contrattuali e deontologici.
Per quanto riguarda le Regioni, molte riferiscono della figura del mediatore quando
si pronunciano in tema di immigrazione (leggi regionali, delibere, protocolli
di intesa, linee guida, determinazioni, disegni di legge, accordi di
programma). In questo panorama spesso
il riferimento al dispositivo di mediazione scaturisce proprio da
considerazioni attinenti a settori specifici (sanit, scuola, giustizia ecc..)
che coincidono con gli ambiti di intervento delezione della mediazione (vedi Allegato A).
Allo stato attuale, per, solo
alcune Regioni definiscono con una apposita delibera ruolo, formazione, professionalit,
competenze, modalit ed ambiti di intervento del mediatore. Ci avviene secondo
tre modalit: quella in cui viene definita sia la figura professionale che il
percorso formativo specifico del mediatore, quella in cui viene definito solo
il percorso formativo, quella che inserisce il mediatore insieme ad altre
qualifiche professionali, perlopi del sociale.
La tabella che segue riassume
queste tre modalit.
Figura del Mediatore Culturale
e relativo Percorso Formativo
Regione Abruzzo, DGR 29 novembre 2006, n.
1386/P; (Allegato A) - Mediatore Culturale. Approvazione della qualifica
professionale e dei relativi percorsi formativi
Regione Lazio, DGR 24 aprile 2008, n.
321; (Allegato 1) Approvazione del profilo professionale e formativo del
Mediatore Interculturale. Istituzione della Commissione per la definizione dei
criteri per il riconoscimento dei crediti formativi
Regione Liguria, DGR 4 agosto 2006 n. 874
Definizione della figura professionale di Mediatore Interculturale e
approvazione degli indirizzi per i contenuti minimi dei percorsi formativi di
1 livello (qualifica) e di 2 livello (specializzazione); DGR 6 ottobre 2006
n. 1027 Inserimento nel repertorio degli attestati di qualifica o
specializzazione, di cui alla D.G.R. n. 2409 del 27/06/1997, della qualifica di
Mediatore Interculturale; DGR 22 dicembre 2006 1517/2006 Definizione delle modalit di
riconoscimento di crediti formativi per la figura professionale di Mediatore
Interculturale, ai sensi della D.G.R. n. 874 del 04/08/2006
Regione Friuli Venezia Giulia, DPR 22 dicembre 2006 n.
0412/Pres. Regolamento per la tenuta e la revisione dellElenco regionale dei
mediatori culturali previsto dallart. 25, commi 6 e 7, e dellarticolo 30
delle legge regionale 4 marzo 2005, n. 5 (Norme per laccoglienza e
lintegrazione sociale delle cittadini e dei cittadini stranieri immigrati)
Regione Valle dAosta, Delibera n. 483 del 18
febbraio 2002 Approvazione dellaccordo di collaborazione sottoscritto tra
enti diversi per la realizzazione del progetto Cavanh – fase 2 e del
trasferimento di fondi allI.R.R.E. – VDA quale soggetto coordinatore.
Finanziamento di spesa; Direttiva n. 2671 del 22 luglio 2002 Approvazione
della Direttiva regionale sulle attivit di mediazione interculturale previste
dallaccordo di collaborazione sottoscritto tra enti diversi per la
realizzazione del progetto Cavanh – fase 2, di cui alla D.G.R. n.
483/2002; DGR del 1 settembre 2006 n. 2531; (Allegato) Nuove disposizioni
regionali in materia di attivit di mediazione interculturale ai sensi della
legge regionale 20 giungo 2006, n. 13
Percorso Formativo per
Mediatore Culturale
Provincia Autonoma di Bolzano, DGP 26 novembre 2001 n. 4266
Approvazione
del programma del corso annuale a tempo pieno per la qualifica di
Mediatore/trice Intercultuale (art. 5, comma 2 della LP 12.11.1992, n. 40 Ordinamento
della formazione professionale)
Riconoscimento di alcune
qualifiche professionali regionali
tra cui il Mediatore Culturale
Regione Campania, DGR 8 ottobre 2003 n. 2843;
(Allegato A) Approvazione delle figure professionali sociali della Regione
Campania; DGR 3 dicembre 2004 n. 2209 (Allegato B) Certificazione dei percorsi
formativi e delle competenze professionali
Regione Emilia Romagna, DGR 14 febbraio 2005 n.
265 177/2003 Approvazione degli standard e dellofferta formativa a qualifica
e revisione di alcune tipologie di azione di cui alla delibera di G.R. n.
177/2003; DGR 10 novembre 2004 n. 2212, (Allegato A e B) Approvazione delle
qualifiche professionale in attuazione dellart. 32, comma 1, lett. C della
L.R. 12/2003 – primo provvedimento; DGR 30 luglio 2004 n. 1576 Prime
disposizioni inerenti la figura professionale del Mediatore Interculturale;
GPG/2009/171 Approvazione di nuove qualifiche professionali, ai sensi della
Del. G.R. n. 2166/2005 e modifiche agli standard professionali e formativi per
la qualifica per Mediatore Interculturale, di cui alle Del. G.R. 2212/2004 e
265/2005; (Allegato B)
Regione Piemonte, Determinazione n. 399 del 19
maggio 2000 Nuove denominazioni standard della Direzione regionale Formazione
professionale-lavoro, Settore Standard formativi
Regione Toscana, DGR 12 settembre 2005 n. 903
(Allegato) Approvazione del disciplinare per la gestione del repertorio
regionale dei profili professionali; DGR 30 giugno 1997 n. 754 Approvazione del nuovo repertorio dei profili
professionali regionali finalizzato alla progettazione didattica delle
attivit formative.
Infine il progetto interregionale Interventi finalizzati alla
qualificazione delle competenze e delle figure professionali operanti nellArea
umanitaria – Operatore/trice di pace e Mediatore/trice intercultuale,
promosso e avviato dalla Provincia Autonoma di Bolzano, che ha portato al
protocollo di intesa a cui hanno aderito la Regione Campania, la Regione
Marche, la Regione Piemonte, la Regione Toscana, la Regione Umbria, la Regione
Sardegna, con coordinamento tecnico di Tecnostruttura per le Regioni, ha
costituito un significativo contribuito al riconoscimento ufficiale della figura professionale del
mediatore interculturale[11].
2.
Dati di sfondo
La necessit di riconoscere al dispositivo della mediazione un valore
strategico e ineludibile nelle politiche di integrazione e governo dei flussi
migratori ben evidenziata dai dati che raffigurano lampiezza e la
complessit del fenomeno migratorio[12].
Infatti, fra i 4.500.000 immigrati presenti sul territorio italiano, che
rappresentano circa il 7% della popolazione totale[13],
oltre ai tradizionali migranti economici, si possono oggi individuare
categorie sempre pi eterogenee e diversificate e sono in considerevole aumento
le categorie vulnerabili, come i
richiedenti asilo e protezione umanitaria, i minori e donne vittime di tratta,
i minori non accompagnati.
Inoltre il carattere sempre pi multietnico e multiculturale della
societ italiana evidenziato dalla pluralit dei paesi di provenienza (circa
200, di cui 53,6% europei, 22,4% africani, 15,9% asiatici, 8,1% delle americhe[14]).
Le lingue parlate sono circa 70. Gli immigrati sono per il 51,7% cristiani, per il 33,2% musulmani, e per il restante
15,2% appartenenti a religioni
asiatiche e ad altre religioni minori[15].
Quanto alluniverso dei mediatori, su cui dati certi sono difficilmente
reperibili, da stime effettuate dai principali stake-holders di progetti nel
settore e da interlocutori delle istituzioni committenti di formazione e
servizio[16] si valuta
che siano attivi una media di 200/250 mediatori per regione e conseguentemente
circa 4000/4500, su scala nazionale. Infine va sottolineato come in questo
universo il 70% siano donne di et
superiore ai 30 anni e perlopi madri di famiglia. Dato questo molto
significativo per un analisi degli elementi motivazionali e vocazionali che
orientano verso questa professione, che molto spesso fornisce una fonte non
primaria ma integrativa del reddito famigliare.
3.
Correlazione del dispositivo di mediazione con le politiche per limmigrazione
Limpiego e la formazione dei mediatori fortemente influenzata dal
modello di inserimento e integrazione che le varie politiche per gli immigrati
vanno delineando.
La percezione del suo valore strategico e la sua finalizzazione
infatti correlata alle tipologie di approcci politici e culturali che
sottendono le azioni di sistema indirizzate alla popolazione migrante e al suo
inserimento nella societ autoctona.
A titolo esemplificativo si possono descrivere alcune tipologie
inserendole in un ampia gamma di opzioni le cui polarit opposte vanno
dallassimilazionismo dellesperienza francese, fortemente statalista e
garantista delluguaglianza a scapito del riconoscimento della differenza,
allestremo multiculturalismo della Gran Bretagna, che intravede nel riconoscimento
della differenza lattuazione dei
principi di libert e democrazia, passando attraverso ibridazioni di ogni
genere quale, ad esempio, il caso della Germania, incline alla accoglienza e
allaccordare pari diritti formali ma pi chiusa rispetto ai processi di
integrazione socio-culturale.
4.
Concetti fondanti della mediazione culturale
Nellaccezione comune il significato di mediazione a cui ci si vuole riferire nel caso della
mediazione interculturale, pone lenfasi sugli aspetti pi propriamente di
ponte e sintesi fra due polarit diverse, piuttosto che sugli aspetti di
compromesso o rinuncia delle parti in causa (come ad esempio pu avvenire in
situazioni di esclusiva mediazione dei conflitti, o in quella giuridica o
familiare). Deve inoltre essere chiara la differenza fra mediazione e
intermediazione, accezione questultima che lascia intendere lacquisizione
di vantaggi, o di lucro o di potere, per lagente intermediario.
Nel concetto di mediazione interculturale il termine cultura deve essere inteso nella sua accezione pi
ampia, antropologica (abiti culturali, religiosi, tradizioni e vissuti)
includendovi la lingua
come fattore primario che si evidenzia in linguaggi e in meta-linguaggi del
corpo e della prossemica.
Il concetto di identit, in particolare di identit culturale, non viene messo in discussione
dalla pratica della mediazione: la solidit identitaria deve essere ritenuta un
valore e non un intralcio. Il dialogo fra le diversit, con lausilio della
mediazione, non d luogo a forme di relativismo destrutturante o a fragilit identitarie, ma al contrario
consente un arricchimento e un confronto teso a sviluppare le capacit di
relazione interculturale utili nel quadro della cittadinanza mondiale.
5.
Gli attori della mediazione
Attori della mediazione sono sia soggetti individuali che
collettivi.
Le funzioni della mediazione non possono essere considerate esclusivo
appannaggio di singoli mediatori. In misura ed in maniera diversa debbono
essere espletate da una gamma molto ampia di attori sociali, pubblici e
privati, preposti a qualsiasi servizio, presidio, o contesto che si occupi
della vita dei cittadini, quindi anche di quelli di recente insediamento quali
gli immigrati.
Molte delle funzioni di mediazione sono realizzate da soggetti
collettivi, in particolare del privato-
sociale o da enti preposti a governare le politiche sociali del
territorio.
I ruoli complementari dei soggetti individuali e di quelli collettivi
vanno comunque tenuti distinti, onde evitare di ingenerare confusione fra la
generale funzione di mediazione e la professione vera e propria del mediatore.
necessario inoltre evitare il tipo di mediazione da sempre effettuato da figure non professionali
(il mediatore di fatto o mediatore naturale) che assistono a titolo gratuito
gli immigrati nel godimento dei diritti di cittadinanza e nellaccesso ai
servizi pubblici (volontari, sindacalisti, capi comunit, amici e parenti), o
allestremo opposto, da intermediari italiani e stranieri che prestano il loro
servizio a pagamento a carico degli immigrati spesso con pratiche di
sfruttamento quando non addirittura di raggiro ed imbroglio. Lattivit di
mediazione manca infatti in questi casi di alcuni dei suoi requisiti di base
come lefficacia, lefficienza, laffidabilit, la trasparenza, il necessario
rigore e neutralit, oltre che di competenze complesse e di sufficienti
conoscenze del contesto di riferimento.
6.
Le definizioni
Le definizioni e la loro declinazione nella realt del lavoro possono
differenziarsi a seconda del grado di centralit e importanza dato allelemento dellinterpretariato
linguistico (da non
equivocare con linterpretariato classico, basato esclusivamente sulla fedele
traduzione scritta e orale del linguaggio, come nel settore del turismo, del
commercio, o in altre situazioni dove prioritaria la resa letterale dei
significanti). Nel caso della mediazione, linterpretariato linguistico deve
dare conto di variabili e sfumature che nella comunicazione interpersonale
vanno ricercate nelle differenze culturali, etniche, religiose, di genere e di
vissuto, in particolare quello migratorio.
Si elencano a seguire varie definizioni utilizzate nella prassi e nelle
normative, in ordine decrescente relativamente al fattore linguistico e crescente rispetto al fattore culturale/sociale:
Fattore Linguistico
Interprete sociale
Facilitatore
della comunicazione
Mediatore di madre lingua
Mediatore Linguistico
Tecnico della mediazione linguistica per immigrati
Mediatore linguistico culturale
Mediatore interculturale
Mediatore
culturale
Mediatore sociale
Operatore interculturale
Fattore Culturale/Sociale
7.
Le Macro aree di intervento
I mediatori vengono impiegati in unampia gamma di situazioni con tre
ruoli primari:di facilitazione, di governance e di agenti di cambiamento. Essi
svolgono ruoli complessi che fanno riferimento a situazioni e contesti che in
generale possono essere riassumibili nelle seguenti macro aree:
-
comunicazione
-
informazione/orientamento
-
gestione del
conflitto
-
accompagnamento/assistenza
-
formazione
-
consulenza e
progettazione
-
ricerca
In queste macro aree gli obiettivi da raggiungere, talvolta cumulati
insieme, talvolta disgiunti possono essere cos sintetizzati:
I pi generici sono
- mediare tra la cultura dorigine e quella della societ di accoglienza
o fra le diverse culture dei migranti
- favorire processi di integrazione degli immigrati
- contrastare fenomeni di razzismo e xenofobia
- contribuire a migliorare la comprensione
- valorizzazione le differenze e le similitudini
- favorire le pari opportunit nel godimento dei diritti e nellaccesso
ai servizi pubblici
- favorire la comunicazione fra autoctoni e immigrati sia di carattere
interpersonale che massiva.
I pi specifici sono invece
- interpretariato sociale, linguistico meta-linguistico e culturale
- diffondere informazione/curare lorientamento
- coadiuvare nella prevenzione e risoluzione del conflitto
- accompagnamento
- promozione di rapporti di rete
- sensibilizzare gli autoctoni alle tematiche dellintercultura
- coadiuvare nella formazione di competenze interculturali di operatori
italiani
- consulenza agli operatori italiani per il miglioramento dei servizi
quando sono rivolti agli immigrati
- collaborare alla formazione di altri mediatori
- collaborare ad attivit di ricerca sulle tematiche attinenti al
target sociale ed economico degli immigrati
- collaborare alla progettazione degli interventi in favore degli
immigrati
- collaborare alla formazione di altri immigrati per ci che concerne i
requisiti di base dei processi di
integrazione.
8.
La Formazione
Le esperienze formative allinterno del contesto italiano[17],
in particolare quelle supportate dalle normative regionali, sono di varie
tipologie. Quella pi ricorrente, che potrebbe costituire un modello di
riferimento unificante perch le incorpora tutte, quella che suddivide il
percorso in un livello Base e uno Specialistico distinto per settore di
intervento. Questa tipologia prevede:
Percorso formativo di Base
-Durata media di circa 400 ore,
-Stage non meno di 1/3 del monte ore totale su terreni di intervento;
-Prerequisiti di accesso: et (minima di 18 anni), istruzione medio-alta
(tranne qualche eccezione riferita a persone di etnia e capacit linguistica
molto particolare, come ad esempio i Rom), nel caso di stranieri una permanenza
temporale in Italia tale da garantire una buona conoscenza del sistema paese e
leffettuata scelta di integrazione nella societ italiana, competenza
linguistica di lingua madre C[18],
competenza in almeno una lingua veicolare, competenza linguistica di
italiano/L2 B[19], attitudini
relazionali, pregresse esperienze nel sociale e nel campo dellimmigrazione,
auspicabile il vissuto migratorio;
-Metodologia didattica plurima e non convenzionale: in aula sia frontale, che tramite giochi
di ruolo e simulazioni, stage sul campo affiancata da tutor e supervisori;
-Soggetti formativi: docenti universitari, gestori di servizi di
mediazione (privato sociale), funzionariato pubblico con competenze dirette
(Regioni e EE.LL), mediatori senior;
-Spendibilit del titolo: in tutti gli ambiti per attivit di servizio
ovvero di di mediazione diretta
(vedi punto 9).
Percorso formativo Specialistico di approfondimento del settore di intervento:
-Temi: funzionamento dei servizi, normative e codici, linguaggi e
modulistica di settore, tecniche
di mediazione orientata ai bisogni del settore specifico e degli utenti
beneficiari del settore.
-Durata del percorso da un minimo di 40 a un massimo di 200 ore, di cui
la met almeno di tirocinio sul terreno.
-Prerequisiti aver acquisito le competenze di base,oltre agli stessi
prerequisiti del livello precedente.
-Metodologia didattica: simile al percorso di base, ma con maggiori
apporti di operatori del settore e con maggiore utilizzo di simulazioni e
giochi di ruolo.
-Spendibilit del titolo in ambiti settoriali, per attivit di alta
responsabilit e di mediazione di sistema, ovvero mediazione indiretta (vedi
punto 9).
Accanto a questo iter formativo nelle normative regionali si riscontrano
altre due tipologie:
1. una che prevede un corso
di base, uguali per tutti, al cui termine si accede allunica qualifica
standard di mediatore;
2. una che integra e
alterna i due livelli, di base preparatorio e specialistico, consentendo
durante tale percorso unificato di
compiere la scelta rispetto al futuro campo di intervento.
La Formazione Permanente si compone sia dellaggiornamento in
servizio che della riqualificazione tramite percorsi integrativi.
Gli obiettivi dellaggiornamento si riferiscono ai contenuti (sia generali che
settoriali), allelaborazione
emotiva, al consolidamento dellequipe di lavoro. I docenti sono esperti del
settore, coordinatori di servizio, esperti in comunicazione
interpersonale/psicologi. Le metodologie essenzialmente quelle di tutoring,
monitoraggio, de-briefing, osservazione e team work.
Per ci che concerne la Formazione Integrativa gli obiettivi sono lintegrazione delle
conoscenze generali e settoriali e lampliamento e diversificazione della
esperienza settoriale. Le metodologie sono soprattutto esami e colloqui per
accertare ladeguatezza delle competenze, lautoformazione tramite sistemi di
e-learning e periodi di stage sul terreno.
Nellambito della Formazione
Universitaria si riscontrano
innumerevoli corsi di laurea di I livello (triennali) in cui la preponderanza
delle materie relativa alla conoscenze linguistiche (soprattutto veicolari),
con competenze spendibili prioritariamente nellambito dellinterpretariato,
del commercio, del turismo e delle relazioni internazionali. Le lauree di II
livello (magistrali), approfondiscono le materie socio-umanistiche
(antropologia culturale, psicologia, sociologia ecc..), prevedono stage sul
campo e sono spendibili soprattutto nellambito della ricerca e dei servizi
sociali[20].
I Master Universitari e Non universitari seguono sostanzialmente la linea delle
lauree di II livello, con prevalenza di materie socio-umanistiche finalizzate
al lavoro sul campo e stage di circa 1/3 o meno della durata totale del corso.
Le criticit relative alla formazione universitaria e dei master sono :
- scarsa spendibilit negli ambiti dove rilevante il bisogno della
mediazione;
- mancanza di approfondimento nelle competenze linguistiche soprattutto
per ci che concerne le cosiddette lingue rare;
- scarsa pratica sul
terreno;
-limitata accessibilit dei migranti, attribuibile alleccessiva durata
dei corsi e ai costi non sostenibili, oltre alla problematica legata alla non
riconosciuta equipollenza dei titoli di studio conseguiti nei paesi di origine
di molti stranieri.
Luniversit potr quindi a buon diritto essere ritenuta la sede
dellalta formazione anche in tema di mediazione interculturale, sopratutto
quando tali criticit potranno essere superate per favorire laccesso agli
immigrati e garantire la stretta attinenza delle materie e delle metodologie
didattiche ai bisogni concreti della mediazione, sia per il livello di laurea
che di master.
Le Competenze, Capacit e Conoscenze del mediatore possono riassumersi
in
Competenze base:
mediazione, orientamento, accompagnamento, informazione, interpretariato,
accoglienza.
Competenze specialistiche: progettazione di iniziative e strumenti di integrazione culturale e
sociale, validazione di progetti di servizio di mediazione, promozione del
ruolo dei migranti come risorsa e formazione di operatori e addetti ai lavori.
Capacit di Base: relazionali
e di ascolto e comprensione, comunicazione, riconoscimento dei bisogni,
gestione e risoluzione dei conflitti.
Capacit Specialistiche: analisi dei contesti di intervento, programmazione di percorsi
individualizzati, progettazione, consulenza e docenza, percorsi di mediazione
di comunit, modelli comportamentali per linclusione sociale e
lantidiscriminazione.
Conoscenze di Base: sistema-paese,
fenomeni migratori, rudimenti di materie socio-umanistiche, intercultura,
interpretariato e mediazione culturale, team work, codici di comportamento
deontologico, informatica.
Conoscenze Specialistiche: normative e codici di settore, tecniche di progettazione, consulenza e
formazione, tutoring di
mediazione, materie socio-umanistiche e ricerca sociale.
9.
Gli ambiti di intervento
In ogni contesto sono presenti bisogni e necessit legate alle macro
aree di intervento identificate al punto 7. e in ciascun contesto il livello di
qualifica (di base, specialistica, aggiornamento, integrazione e permanente)
spendibile in correlazione alla complessit e alla responsabilit
dellintervento.
Sussistono quindi interventi di espletamento diretto, o di servizio dellattivit di mediazione, che possono
essere realizzati da mediatori con un buon percorso di formazione di base o con
crediti acquisiti tramite esperienza protratta, accumulata o direttamente in
quello specifico contesto o in altri pi o meno limitrofi. Oppure attivit di
mediazione pi indiretta, o di sistema, che necessita di una conoscenza approfondita non
solo dei bisogni di quel determinato settore, ma anche dei suoi codici, delle
sue normative, dellarticolazione dei servizi specifici, dei suoi rapporti con
il territorio circostante, delle caratteristiche di provenienza dellutenza che
vi afferisce, come anche di elementi di mediazione sociale (competenze e
conoscenze acquisibili piuttosto in percorsi di formazione specialistica,
permanente, di riqualificazione e di aggiornamento).
Fanno parte della prima categoria gli interventi nellarea della
comunicazione, della gestione del conflitto, dellorientamento e
dellaccompagnamento, cio in tutte quelle situazioni in cui il mediatore
svolge un ruolo di ponte fra due diverse entit individuali o collettive,
mentre fanno parte della seconda categoria tutte le attivit di supporto alle
istituzioni, e ai loro operatori, che consentono di adeguare servizi e
politiche di integrazione alla popolazione immigrata, come la consulenza nella progettazione per la
funzionalit dei servizi, la collaborazione alla progettazione sperimentale,
azioni di raccordo fra diversi soggetti del territorio, azioni formative pi o
meno strutturate, collaborazione nella ricerca.
Va sottolineato infine come in ogni settore si presenti la necessit di
definire bene i ruoli degli operatori istituzionali rispetto a quello dei
mediatori e di come, per una miglior sinergia fra le due categorie, sia necessario aumentare il livello di
consapevolezza interculturale dei primi, auspicabile non solo tramite forme
strutturate di formazione, ma anche nella informalit del rapporto di
collaborazione quotidiana sul terreno con i mediatori stessi. E infatti
proprio nellesperienza sul terreno che, sia per i mediatori che per gli
operatori, possono affinarsi quei saperi informali, che tanta importanza
hanno nel portfolio delle competenze in ambito di mediazione interculturale e
di approccio interculturale. E in questo contesto e in questa dialettica che i
mediatori insieme agli operatori italiani possono operare al fine di garantire
pari opportunit di accesso a diritti e servizi di cittadinanza e riconoscere,
prevenire e contrastare comportamenti discriminatori.
Di seguito si declinano queste variabili generali settore per settore.
Scuola
Dati di sfondo
Lattivit di mediazione in questambito deve essere collocata e
analizzata in un universo crescente i cui dati pi recenti ci indicano che gli
alunni con cittadinanza non italiana che hanno frequentato la scuola nellanno
scolastico 2008/2009 sono stati 628.937, con unincidenza sul totale degli
iscritti del 7%[21].
I bisogni e le attivit di mediazione
Premesso che nella realt sempre pi interculturale della scuola sar
necessario dotare gli insegnanti di competenze, capacit e conoscenze sempre
crescenti rispetto ad approcci pedagogici e didattici interculturali, tuttavia
alcune attivit possono essere proficuamente espletate in sinergia con i
mediatori che per ad essi mai debbono sostituirsi. Le attivit prevalenti in
ambito scolastico sono:
- Supporto ai docenti nelle procedure di prima accoglienza (inserimento
ed accertamento dei livelli di istruzione pregressa) e tutoraggio iniziale degli alunni neo arrivati
- Facilitazione del dialogo scuola/famiglia (anche tramite
interpretariato e traduzione di avvisi, messaggi, documenti, come
nellassistenza e mediazione negli incontri fra docenti e genitori)
- Facilitazione del dialogo tra famiglie autoctone/famiglie straniere
- Assistenza nella didattica interculturale (progettazione e
realizzazione anche tramite attivit laboratoriali)
- Aggiornamento dei docenti e supporto informativo circa il contesto di
provenienza dellalunno, la
sua storia scolastica e
personale
- Collaborazione nellinsegnamento dellitaliano (non in sostituzione
dellinsegnante, ma in un ruolo di
sostegno alla decodifica delle strutture di apprendimento linguistico
culturalmente determinate, al fine di tarare meglio le strategie di insegnamento
dellitaliano come L2)
- Assistenza nel recupero dellapprendimento
- Sostegno nel recupero del disagio psicologico
- Orientamento degli studenti e delle famiglie per i successivi livello
di studio
- Animazione e proposte di iniziative interculturali extracurriculari in
ambito scolastico e di raccordo
fra la scuola e il territorio.
Sanit
Dati di sfondo
Rispetto alla popolazione straniera che usufruisce del servizio
sanitario nazionale, sufficiente ricordare che la popolazione presente sul
territorio (stima di 4.500.000 persone regolari) in toto potenziale utente
per il servizio, e che di questa 72.472 sono i nuovi nati solo nel corso del
2008[22].
Bisogni e
attivit di mediazione
- Supporto allaccoglienza nelle strutture ospedaliere (facilitazione
nell'accessibilit e fruibilit dei servizi)
- Assistenza nelle comunicazioni (anche con decodifica dei significati
culturalmente determinati di malattia e cura)
- Favorire il rapporto istituzione/famiglie (anche nel tentativo di far
emergere latteggiamento nei confronti delle mutilazioni genitali femminili)
- Accompagnamento ai servizi
- Facilitazione, assistenza, accompagnamento in percorsi di cura
sanitaria (percorsi di nascita, ginecologia, pediatria, lungodegenza, pronto
soccorso, consultori, centri salute mentale, dipartimenti di salute mentale)
- Sensibilizzazione e informazione nella prevenzione
- Formazione interculturale del personale sanitario.
Giustizia
adulta e minorile
Dati di sfondo
La popolazioni totale di detenuti in Italia di 58.127 persone. Di
questi 21.562 sono stranieri, quasi il 40%[23].
Per quanto concerne i minori stranieri, quelli denunciati alle procure sono
oltre il 30% del totale[24].
I Minori stranieri presso i CPA (Centri di Prima Accoglienza) gli IPM (Istituti
Penali per i Minorenni) e le Comunit per minori sono quasi il 30% del totale,
e le azioni di servizio sociale dellUSSM (Uffici di Servizio Sociale per i
Minorenni) per i minori stranieri oltre il 10%[25].
Bisogni e
attivit di mediazione
Adulti (carcere)
- Informazione sulla prima accoglienza (colloquio di immatricolazione e
visita medica, assistenza primo
colloquio, orientamento situazione giuridica, supporto colloqui per spiegare e
mitigare il disagio)
- Facilitazione dialogo detenuti/personale carcerario e fra detenuti di
diversa etnia e gestione conflitti
- Accompagnamento, assistenza personale, collegamento con le famiglie
nellattuazione del programma trattamentale in collegamento con lequipe di
lavoro (richieste stato di salute, informazione e compilazione istanze
espulsione, estradizione, trasferimento, informazioni pena residua e sui
permessi di soggiorno, collegamento con consolati e ambasciate)
- Facilitazione nelle attivit formative e ricreative (partecipazione
attivit scolastiche, attivit interculturali)
Minori (Centri di
Prima Accoglienza, Istituti Penali per i Minorenni, Uffici di Servizio Sociale
per i Minorenni, Comunit)
- Informazione prima accoglienza (strumenti e materiali per
laccoglienza, assistenza primo ingresso, comprensione del servizio e ruoli e
regole di convivenza, informare su norme del paese, processo penale minorile,
facilitare leducatore/operatore per conoscenza contesto familiare, progetto
migratorio, motivazioni e vissuti personali, agevolare contatto
ragazzo/famiglia/operatori)
- Accompagnamento e assistenza personale nellattuazione del programma
trattamentale (agevolare comunicazione e collaborazione servizio/autorit
consolari/uffici per i minori stranieri/servizi sociali
territoriali/sanitari/enti e associazioni privato sociale, elementi di
conoscenza per stesura relazioni
informative Autorit Giudiziaria)
- Accompagnamento educativo e accompagnamento assistenza, trait dunion
con educatori, psicologi, insegnanti, assistenti sociali, operatori sociali
(facilitare comunicazione con lequipe, elementi per elaborazione e
realizzazione del progetto educativo, gestione rapporti famiglia/altre figure
di riferimento)
- Facilitazione e supporto nellattuazione programmi di riabilitazione
(supporto ai docenti di scuola e formazione professionale, per proposte
scolastiche e formative individualizzate e per l'avviamento al lavoro)
- Promuovere il dialogo interculturale (spazi di comunicazione, momenti
di autoformazione, contribuire a garantire assistenza religiosa)
- Promuovere le attivit ricreative (reperire e selezionare materiale di
lettura per la biblioteca)
- Facilitare la fase di dismissione del servizio e delleventuale
fuoriuscita dal servizio penale (individuazione di contatti con enti
territoriali/associazioni del privato sociale/consolati per l'integrazione
sociale, agevolare continuit della presa in carico, collaborare con operatori
per inserimento in comunit)
Pubblica
Amministrazione
Dati di sfondo
A titolo esemplificativo, data la difficolt di reperire dati
omnicomprensivi per la variet dei servizi ascrivibili a questa categoria che
vanno dagli Uffici dellAnagrafe, alle questure, agli Sportelli Unici delle
Prefetture, ai Centri Provinciali per lImpiego, ai vari sportelli pubblici
dedicati allutenza immigrata a livello locale, basti pensare che solo nel 2008
sono state presentate quasi 41.000 domande di concessione di cittadinanza e
sono stati rilasciati 1.563.567 visti[26].
Bisogni e
attivit di mediazione
- Informazione e
orientamento utenti
- Supporto
informazione utente/operatore la funzionalit del servizio
- Comunicazione
interculturale
- Risoluzione dei
conflitti operatore/utente/istituzione
- Assistenza nella
comprensione e nella compilazione della modulistica e sua traduzione nelle
varie lingue
- Assistenza e
accompagnamento ad altri uffici
- Facilitazione
nellaccesso e nellorientamento ai servizi del territorio
- Supporto nella
procedure per i diritti di cittadinanza (come permessi di soggiorno
ricongiungimenti ecc..)
- Assistenza per la
formazione e laggiornamento interculturale degli operatori
Emergenza
Accoglienza di primo livello
Dati di sfondo
Nel 2008 gli sbarchi hanno coinvolto 36.951 persone e le persone
transitate nei Centri di Identificazione e Espulsione sono state 10.539[27].
Inoltre presso i CDA (Centri di Accoglienza), i CARA (Centri di Accoglienza per
Richiedenti Asilo) e i CPSA (Centri di Prima Accoglienza e Soccorso) sono
disponibili quasi 7.000 posti[28].
Nello 2008 sono state presentate 30.324 domande di asilo[29].
Bisogni e
attivit di mediazione
- Supporto e
facilitazione e assistenza nei processi di identificazione
- Facilitazione
della comprensione dei bisogni degli ospiti dei centri di accoglienza
-Supporto e facilitazione per gli ospiti e per gli operatori per il
funzionamento dei servizi di accoglienza
- Facilitazione
della comunicazione interculturale
- Risoluzione dei
conflitti
- Informazione e orientamento sui servizi erogati nei sistemi di
accoglienza (assistenza medica, psicologica e legale)
- Accompagnamento nellaccesso presso i servizi interni e/o esterni ai
sistemi daccoglienza
- Supporto allavvio delle procedure diritto dasilo e protezione
umanitaria
- Supporto alla formazione (percorsi formativi di L2 per i migranti e
aggiornamento interculturale addetti allaccoglienza)
Accoglienza di
secondo livello
Dati di sfondo
Solo nello SPRAR – Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e
Rifugiati, stata messa a
disposizione nel 2008 una rete di 4.338 posti di accoglienza, (2.541 ordinari
1.847 a carattere straordinario) tramite cui si sono potuti prendere in carico 8.412 persone[30].
I rifugiati presenti in Italia sono al 2008, 38.068[31].
Bisogni e
attivit di mediazione
- Informazioni ed orientamento allaccoglienza
di secondo livello
- Accompagnamento e
presa in carico di tipo assistenziale (assistenza medica, psicologica e legale)
- Assistenza e
accompagnamento ai servizi del territorio
- Facilitazione
della comunicazione e della comunicazione interculturale
- Risoluzione dei
conflitti
- Supporto nella
presa di contatto utente/territorio finalizzata allautonomia (supporto alla
fase di integrazione)
- Animazione di
attivit ricreative e formative
- Assistenza,
formazione e aggiornamento degli addetti allaccoglienza
Servizi sociali
Dati di sfondo
Crescente anche in questo settore la domanda di servizi sociali da parte
di immigrati e soprattutto di famiglie immigrate. La spesa sociale dei comuni
dedicata agli immigrati stimata attorno ai 150 milioni di euro annui[32],
ed in costante aumento nel corso dellultimo triennio considerato. Essa si
compone di un insieme differenziato di interventi – segretariato sociale,
inserimento lavorativo, integrazione sociale, mediazione – che ben
rappresenta la multidimensionalit del fenomeno.
Bisogni e attivit di mediazione
- Informazione e orientamento alle prestazioni e ai servizi
- Facilitazione allaccesso e accompagnamento ai servizi sociali del
territorio
- Mediazione linguistica e culturale
- Mediazione dei conflitti
Lavoro e Occupazione
Dati di sfondo
Sono 1.502.000 gli stranieri
occupati in Italia, pari al 6,5% del totale degli occupati[33].
Il 19,1% dei neo-assunti sul territorio italiano rappresentato da lavoratori
stranieri[34]. Nel
periodo 2000-2007 si registrato un incremento del 145,6% per le cariche
sociali ricoperte da non comunitari in aziende italiane[35].
Complessivamente si registra una presenza sempre pi significativa degli
immigrati nel mercato del lavoro e in generale nella vita economica del Paese.
Bisogni e attivit di mediazione
- Informazione, orientamento e
accompagnamento
- Inserimento lavorativo
- Formazione e qualificazione
professionale
- Mediazione dei conflitti
- Informazione e orientamento alle prestazioni e ai servizi
- Facilitazione allaccesso e accompagnamento ai servizi sociali del
territorio
- Mediazione linguistica e culturale
- Mediazione dei conflitti
10.
Tipologia di ingaggi e problemi lavoratoriali
Le modalit di ingaggio e di contrattazione dei mediatori sono
determinate dalle caratteristiche del servizio e del settore di riferimento e
dagli orientamenti dellente datoriale. Molto spesso si tratta di forme di impiego occasionale per ingaggi a chiamata, oppure
nel quadro della realizzazione di
progetti a Co.Co.Pro, molto
raramente dipendenza a tempo indeterminato o determinato degli enti no profit
di appartenenza o di consulenza nel settore pubblico, frequente lesercizio di
qualit liberi professionisti a partita iva, o su base individuale o, pi
spesso, in regime di sub-appaltato
da parte di societ o consorzi. Le tariffe possono corrispondere a lavoro su
base oraria, giornaliera o mensile.
La situazione di precariato del lavoro del mediatore purtroppo
ricorrente e diffusa. E dovuta primariamente alla scarsa durata dei progetti
entro cui sono inquadrati i mediatori,
che non consente di intavolare contrattazioni di carattere collettivo.
Ci in parte spiega perch il lavoro di mediazione nella gran parte dei casi,
non generando il reddito principale delle famiglie dei mediatori ma solo una
parte integrativa, pi speso svolto dalle donne.
Daltra parte va tenuto conto che gli stessi enti che assumono mediatori
sono soggetti nel loro complesso alla stessa precariet, collegata alla durata
limitata dei progetti che prevedono limpiego di mediatori e la logica degli
appalti incentiva la corsa al ribasso delle tariffe, con gran detrimento della
qualit della prestazione o il vero e proprio sfruttamento dei mediatori. La
giungla retributiva tale che una tariffa oraria pu variare da un minimo di 5
fino a massimo di 60 euro lordi lora.
Punto di partenza per ovviare, al meno in
parte, a queste disfunzioni oltre ad una certa educazione della committenza
che dovrebbe sempre riconoscere la dignit di questo ruolo, la congrua
allocazione a livello nazionale e territoriale di risorse per il dispositivo
della mediazione, da percepire piuttosto come un investimento anzich un costo
passivo. Infatti in una analisi di costi-benefici, la mediazione pu
contribuire anche direttamente a risolvere (ancorch per una fascia limitata di
lavoratori perlopi stranieri) problemi occupazionali, essa pu invece
indirettamente su ampia scala, costituire un valido strumento per migliorare
linserimento degli immigrati nel tessuto sociale ed economico del paese,
potenziandone il ruolo di soggetto economico. Infine una maggior efficienza dei
servizi raggiunta con lintroduzione sistematica del dispositivo, apporterebbe
risparmi di risorse reinvestibili per il miglioramento degli stessi.
SECONDA PARTE: LE CRITICIT
Dal panorama tracciato risulta evidente che qualsiasi indirizzo si
voglia proporre in maniera condivisa e coordinata a livello centrale e locale
deve tenere conto di alcune criticit del settore, in parte determinate dalla
mancanza di regolamentazione, ma in parte anche dalla estrema variet e mutevolezza, sia nel breve che nel
lungo periodo, del fenomeno migratorio.
Basti pensare
allaffacciarsi repentino di popolazioni in fuga da situazioni di guerra
(esempio tipico gli afgani) che richiedono assistenza in lingue non praticate
dalla popolazione immigrata di pi anziano insediamento e quindi meglio
deputata a esprimere professionalit di mediazione per la conoscenza
approfondita del paese di accoglienza, oppure allaumento di categorie
particolarmente vulnerabili come le donne vittime di tratta e i minori non accompagnati,
la cui presa in carico richiede, anche dal ruolo di mediazione, delle
competenze sofisticate molto specializzate.
Oppure basti pensare al tema sempre pi significativo del progredire
delle generazioni che, come in altri paesi europei, articola lo scenario
affiancando agli immigrati (insediamento recente) i cittadini naturalizzati di
origine straniera. In questo quadro particolarmente delicato si profila il tema
della positiva integrazione delle cosiddette seconde generazioni, che se non
affrontato con lungimiranza sia sul piano dei diritti di cittadinanza, che
su quello delle politiche
socio-educative, rischia di generare seri problemi di conflittualit e ordine
sociale.
I mediatori quindi saranno chiamati sempre pi a svolgere ruoli
differenziati, talvolta integrati fra loro, talvolta distinti, spostandosi fra
il versante prevalentemente caratterizzato dalla priorit del bisogno
linguistico a quello del bisogno determinato dalle esigenze di pacificazione
sociale. Dal polo della Mediazione Linguistico Culturale a quello della
Mediazione Culturale e Sociale: in entrambi i casi della Mediazione
Interculturale.
1. Esigenza di definire un
dispositivo in grado di conciliare i bisogni legati allemergenza e quelli a lungo termine
dellintegrazione
Tale necessit esige oculatezza nel conciliare rigore, uniformit di
criteri e possibilit di adeguare con flessibilit il dispositivo alle
differenti esigenze e bisogni dei due scenari opposti, la possibilit di
preparare con tempo gli interventi e di dover rispondere in pochissimo tempo a
richieste dettate dalla urgenza e dalla drammaticit delle situazioni
emergenziali. La possibilit di contemplare metodologie di intervento sempre
pi permanenti, radicate sul territorio e organiche ai servizi, contemporaneamente
a modalit a chiamata, provenienti da qualsiasi territorio siano reperibili le
risorse linguistiche e professionali, purch adatte al compito da svolgere.
La salvaguardia in definitiva dei livelli di
responsabilit e correttezza deontologica del ruolo sia in un scenario che
nellaltro.
2. La corrispondenza tra out put formativo e la
risposta ai bisogni di mediazione
Dal punto precedente deriva la necessit di calcolare con realismo la
corrispondenza fra lout-put formativo, fra i meccanismi di accreditamento,
validazione o rilascio di idoneit e leffettiva rispondenza al bisogno e alle
possibilit occupazionali, esigenze queste ultime che allo stato attuale non sempre coincidono. Infatti spesso il patrimonio delle risorse
formate non risulta adeguato o perch sono mutate le necessit dellutenza o
perch la situazione di precariato ha fatto uscire dal circuito della
mediazione risorse anche molto valide, che nel tempo per abbisognano di
aggiornamento e up-grading. La discrepanza fra potenziale spendibile e bisogno
risulta nella gran parte dei casi provocata dalla esiguit delle risorse
allocate sia nella formazione che nel servizio.
3. Riconoscimento omologato ed
equipollenza sul territorio italiano di tutti i titoli acquisiti
La possibilit di
spendibilit su tutto il
territorio nazionale delle professionalit maturate, diventa quindi una
esigenza strategica non solo per promuovere la professione di mediatore, ma per
rispondere con pi possibilit ai bisogni e alle necessit variegate sopra
descritte.
4. Elenchi, repertori
e registri interscambiabili a
livello nazionale
Conseguenza diretta di questa riconosciuta esigenza di mobilit e
spendibilit intercambiabile sui diversi territori una riflessione sul ruolo,
lutilit, e il valore di elenchi, registri e repertori.
Vanno infatti individuate le finalit di
tali strumenti in relazione a meccanismi di accreditamento o/e alle necessit di reperimento dei mediatori?
Il loro utilizzo, da considerarsi parimenti utile sia in casi di emergenza, o al contrario come
strumenti di strategie a lungo
termine?
Quale la congrua periodicit con cui debbono essere aggiornati e
soprattutto quali i le metodologie pi adatte per aggiornarli?
Come si pu addivenire a dei parametri unificati affinch pur non
allestendo un repertorio nazionale, troppo ampio e difficile da tenere
aggiornato, si possa mettere in rete i diversi repertori locali?
5. Il tema della
misurazione delle competenze pregresse e non formali
Questo fra tutti uno dei temi che pi preoccupa gli addetti del
settore sia i mediatori che gli enti che erogano servizi di mediazione,
pubblici e privati. La preoccupazione di disperdere risorse, non
valorizzarle, adottando metri di giudizio
e metodologie di rilevamento per la loro misurazione non adatte a
coglier il vero valore delle competenze maturate. Vanno quindi individuati dei
meccanismi idonei a tale valutazione che tengano conto delle pregresse
esperienze sia di formazione che di lavoro, delle conoscenze e competenze
formali e non formali, evitando a tutti gli effetti che si creino ingiustamente
categorie di mediatori di serie A e di serie B, non rispondenti alle reali
professionalit richieste.
6. Armonizzazione e pari dignit dei diversi
percorsi di accesso alla qualifica
Si delinea a questo punto
la necessit di valutare il ruolo di tutte le tipologie di percorso formativo
affermatosi nella prassi e di stabilire la pari dignit fra il livello
dellalta formazione universitaria, della formazione professionale e delle
strategie di formazione permanente che consentano periodi di integrazione e
aggiornamento delle competenze.
7. Criticit degli aspetti lavoratoriali
La criticit di questo tipo di problematiche, ampiamente descritte, sta
soprattutto nella necessit di
conciliare gli aspetti di tutela (individuazione di minimi tariffari,
coperture assicurative ecc.), con la realt di una tipologia di professione il
cui bisogno richiede flessibilit
di risposta. Di conciliare modalit di ingaggio che consentano ai mediatori di
investire in questa professione, motivandoli nella direzione della
professionalit, con le esigenze sempre mutevoli della mediazione.
8. Armonizzazione delle competenze fra i diversi attori del settore
Oltre allineludibile e pi volte sottolineata necessit che tutti gli
aspetti del processo di regolamentazione della professione del mediatore siano
condivisi fra gli attori centrali delle istituzioni e la Conferenza delle
Regioni, necessario prendere in considerazione lesigenza di armonizzare in
modo equilibrato anche i ruoli e le competenze degli attori pubblici e di
quelli privati in particolare del privato sociale affinch ciascuno possa al
meglio mettere in campo le proprie potenzialit e risorse.
9. Riconoscimento e accreditamento degli enti di
formazione, servizio e validazione delle competenze
E un dato di fatto che fra gli attori principali, sia come enti
formatori, che come fornitori di servizi di mediazione, si riscontrano le
organizzazione del privato sociale. Essi hanno fin qui costituito lanello di
congiunzione fra i bisogni del territorio e il potenziale di mediazione
reperibile, tra realt del lavoro e le esigenza di qualit e professionalit,
tra le opportunit offerte dalla committenza e gli standard da salvaguardare per
la riconoscibilit della figura, tra la costruzione del profilo e le buone
prassi della sua messa in campo. Anche per questi soggetti dovr da un lato
essere individuato un meccanismo di riconoscimento di crediti pregressi e un
sistema di accreditamento ex novo.
10. Impiego di risorse
Infine tutto quanto fin qui considerato dovr tenere conto della
necessit di aumentare le risorse a disposizione per il dispositivo di
mediazione, sia trasversalmente, ovvero come elemento strategico di tutte le prassi di integrazione e
accoglienza, sia come elemento specialistico gestito con strumenti ad hoc. In
tutti e due i casi la salvaguardia della professionalit dovr essere
supportata da coerenti scelte di investimento economico, sia nel campo della
formazione, che del servizio. Tali scelte dovranno sempre pi trovare
riscontro sia nellambito delle
politiche sociali che in quelle per limmigrazione.
TERZA PARTE: INDIRIZZI CONDIVISI
E PERCORSI FIN QUI INDIVIDUATI DAL G.L.I.
1. Denominazione della figura
Nella pluralit di definizioni della figura in questione, quella di Mediatore Interculturale meglio
riassume ed esprime tutti i significati del ruolo. Intatti il concetto di
Mediatore con tutti i suoi corollari afferenti al tema della terziet fissato
nel suo significato primario di mediazione. Altres il concetto ampio di
cultura introdotto dal suffisso inter ben focalizza il senso dinamico del
dialogo, dellinterazione e della relazione, ambiti tutti impraticabili senza
il primario strumento di comunicazione che la lingua, che viene dunque
implicitamente inglobato come architrave fondante della dicitura.
2. Definizione di Competenze/Capacit/Conoscenze[36] primarie relative alla
figura professionale e ai percorsi
formativi
Le capacit, competenze e i saperi come descritti sopra trovano una loro
ingegneria formativa soprattutto nella suddivisione fra livelli (base e
specialistica) cos come descritto nel punto 8. in particolare nel riferimento
alla tipologia prevalentemente in atto. Tuttavia dovendosi la progettazione
formativa adeguare alle necessit
del territorio, la scelta ultima di questioni quali la durata ottimale dei
corsi, e la loro metodologia complessiva resta competenza delle regioni. Gli unici indirizzi che allo stato
attuale sono da ritenersi come valido orientamento per tutte le tipologie di
corso quelli che indicano la proporzione fra teoria e formazione sul terreno
(mai meno di un terzo del tempo complessivo nel livello di base e circa la met
in quello specialistico) e il fatto che vadano contemplate, oltre a quelle
tradizionali, anche metodiche didattiche che sollecitano lapprofondimento
nella concretezza, come casi
studio , simulazioni giochi di ruolo ecc.
Infine per lottimale efficacia formativa grande importanza viene attribuita
alla sinergia fra le competenze di docenza di diversi attori, quali i docenti
accademici, i tecnici dei settori di riferimento, i soggetti attuatori del
privato-sociale del servizio di mediazione, e gli stessi mediatori senior di
lunga e comprovata esperienza.
In questo quadro lUniversit pu anche, tramite le sue classi di laurea
specifiche, offrire un ruolo pertinente sia a livello in quelle triennali che
in quelle quinquennali o nei master, purch si configuri come accessibile a
studenti spesso adulti e donne, di origine immigrata, stretti fra il bisogno di
ricevere una alta qualificazione e di poterla spendere in un arco di tempo
economicamente sostenibile. Naturalmente tale apertura comporta la soluzione
della riconosciuta equipollenza di titoli di accesso conseguiti in altri
Paesi.
3. Percorsi per conseguire forme di validazione
delle competenze e ottenere attestazioni di idoneit della Figura Professionale
Da tutto quanto analizzato risulta evidente che si tratta di contemplare lopportunit di dare pari
dignit e possibilit di intercambiabilit a percorsi di accesso alla qualifica
diversificati e paralleli, che oltre alla formazione professionale e
allUniversit (con gli adeguamenti sopra indicati al punto 8), contemplino la
possibilit di validare le competenze accordando crediti, con forme di esame ed osservazione sul
campo delle esperienze maturate e indicando percorsi di aggiornamento e
integrazione del bagaglio maturato. Le metodiche puntuali, il meccanismo di
erogazione dei crediti, i livelli di validazione, e ogni altro elemento
costitutivo di questo sistema innovativo andr concertato e condiviso con i
soggetti primariamente deputati alle strategie di formazione, ossia le regioni,
attraverso la Conferenza Stato-Regioni, compiendo quindi tutti i necessari
passaggi politici e tecnici che tale processo implicher, al fine di poter
collocare questa professione a pieno diritto in un suo luogo riconosciuto e
definito dellambito del sociale.
4. Accreditamento dei soggetti preposti a curare
sia i processi formativi che la realizzazione del lavoro
Corollario necessario di questo processo sar in fine la necessit di
definire i criteri di accreditamento degli enti del Privato-Sociale che
possano, con responsabilit, porre in essere sul terreno la realizzazione dei
programmi aderenti agli indirizzi condivisi, operando quelle sintesi fra
bisogni e rigore nei parametri che consentano al dispositivo della mediazione
di consolidarsi e di valorizzarsi nelle sinergie di rete.
5. Tappe successive del percorso tracciato
Le successive tappe per
addivenire alla puntuale definizione degli obiettivi tracciati saranno:
-La concertazione con la Conferenza delle Regioni, da cui dovranno
scaturire le definizioni puntuali di tutte le ipotesi tracciate in merito
agli standard e ai protocolli individuati;
-Linserimento della figura professionale a pieno titolo nelle
classificazioni delle professioni del sociale;[37]
-La condivisione con le istanze di responsabilit politica che possano
deliberare in materia di programmi e allocazione delle risorse;
-La condivisione delle buone prassi in ambito europeo, al fine di
ampliare le potenzialit del dispositivo in un ambito che sempre pi necessita
di sinergie e condivisioni quale quello delle politiche per
limmigrazione.
Allegato A
Normative per interventi a favore degli
immigrati
Provincia Autonoma di Trento: Deliberazione della Giunta
Provinciale n. 581/02 Approvazione del piano sociale e assistenziale per la
provincia di Trento 2002-2003 capitolo 16 ; Disegno di legge 128 Politiche
per lintegrazione sociale degli stranieri e la convivenza interculturale, 29
maggio 2001. Regione Emilia Romagna: legge regionale n. 5 del 24 marzo
2004 ; Linee guida per lattivazione del programma 2002 relativo alle attivit
a favore
degli immigrati approvate dal Consiglio con Prog. N. 383 10 luglio 2002 ; Protocollo di intesa in
materia di immigrazione straniera tra Regione, parti sociali e forum del terzo
settore, 18 dicembre 2001. Regione Friuli Venezia Giulia: Legge regionale
sullimmigrazione 4 marzo 2005 n. 5 Norme per laccoglienza e lintegrazione
sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati. Regione
Lombardia: DGR
7/6261 del 1 ottobre 2001 finanziamento a progetti territoriali e istituzione
dellOsservatorio regionale per limmigrazione e la multietnicit (Allegato:
deliberazione della Giunta regionale 9568 Progetti pilota Mediazione
linguistico culturale in ambito amministrativo: 18 ottobre 2002) ; Bilancio Sociale per il 2003
e il 2004 – Direzione generale famiglia e solidariet sociale della
regione. Regione Marche: Legge regionale n. 2 del 2 marzo 1998. Regione Piemonte: L.R. 64 del 1989 ; Deliberazione del consiglio
regionale 22 luglio 2008 n. 207, 33457 Piano regionale integrato
sullimmigrazione triennio 2007-2009. Regione Puglia: Deliberazione della Giunta
Regionale 4 novembre 2008 n. 2080, piano 2008 in favore degli immigrati ; Deliberazione della Giunta
Regionale 31 ottobre 2007 n. 1813, piano 2007 degli interventi a favore degli
immigrati ; Deliberazione Giunta regionale 26 luglio 2007 n. 1228, piano 2006 degli
interventi in favore degli immigrati ; attuazione dellosservatorio dei
movimenti migratori, approvazione protocollo di intesa. Regione Umbria: Deliberazione del Consiglio
regionale n. 192, approvazione della proposta di Atto amministrativo n. 984
Quarto programma regionale di iniziative concernenti limmigrazione, 26
febbraio 1992 ; Deliberazione regionale 18/90 Intereventi a favore degli
immigrati extracomunitari 10 aprile 1990. Regione Valle dAosta: Deliberazione 221
approvazione dellaccordo di programma sottoscritto tra il Ministero del
Lavoro e delle Politiche sociali e la Regione Autonoma Valle dAosta
riguardante le politiche migratorie, 28 gennaio 2002. Regione Veneto: proposta di LR n. 174/2006
Accoglienza ed emergenza
Provincia Autonoma di Trento: Determinazione di spesa n.
20 del 2002 Studi e ricerche sul fenomeno immigratorio per iniziative e
attivit di informazione e comunicazione nonch per laccoglienza temporanea in
casi di emergenza di cittadini stranieri
Istruzione e Formazione
Provincia Autonoma di Trento: D.P. 581/2008 Regolamento
per lintegrazione degli studenti stranieri (Allegato: viene stabilita la
formazione di elenchi specifici per Mediatori Culturali operanti solo
allinterno dellambito scolastico) ; Legge Provinciale 7 agosto 2006 n. 5,
art. 75 Regolamento per linserimento e lintegrazione degli studenti
stranieri nel sistema educativo provinciale. Regione Campania: delibera n. 3 del 17
gennaio 2005. Regione Friuli Venezia Giulia: Deliberazione della Giunta Regionale
3699 approvazione del Programma annuale degli interventi di politica attiva per
problemi dellimmigrazione, in attuazione del TU 286 del 1998. Regione Piemonte:
Delibera
della giunta regionale n. 12-11051 del 24 novembre 2003. Regione Puglia: Protocollo di intesa tra
lUfficio scolastico regionale per la Puglia e la Regione Puglia finalizzato a
definire campi comuni di interesse e di intervento per il riconoscimento della
garanzia del diritto allo studio per alunni con cittadinanza non italiana. Regione
Veneto: Accordo
di programma tra la regione Veneto e la provincia di Belluno, Padova, Rovigo,
Treviso, Venezia, Verona, Vicenza del 29 gennaio 2002 ; Deliberazione consiliare n.
20 del 26 giungo 2001, Allegato.
Sistema Giudiziario e Penale
Regione Emilia Romagna: Protocollo di intesa tra Ministero
della Giustizia e Regione per coordinamento interventi rivolti ai minori
imputati di reati, 14 dicembre 1998
Salute e Sistema Sanitario
Regione Lazio: Assessorato alla Sanit: prot.
3151/44/09 del 13 gennaio 2004. Regione Lombardia: Piano socio-sanitario Regionale
2002-2004 . Regione Puglia : Deliberazione della Giunta Regionale 17 marzo 2009 n. 405
Piano salute 2008/2010. Regione Umbria: DCR n. 192 del 26 febbraio 1992 ;
Delibera del Direttore Generale dellAzienda Sanitaria Regionale dellUmbria
U.S.L. n. 2 n. 540 del 28 agosto 2007
Pubblica Amministrzione e Sicurezza
Regione Calabria: Legge Regionale 10 gennaio 2007, n.
5 Promozione del sistema integrato di sicurezza. Regione Piemonte: Deliberazione n. 411-5578
del 16 febbraio 2005 ; Determinazione n. 215 del 9 settembre 2003 del consiglio
regionale ; Delibera della Giunta Comunale di Torino n. 14559 del 1992. Regione
Puglia:
Deliberazione della Giunta Regionale 31 ottobre 2007 n. 1776 (Misure contro la
tratta di persone). Regione Toscana: Deliberazione n. 93 Definizione
dei criteri di ripartizione delle risorse degli obiettivi, delle priorit,
delle linee di indirizzo per la predisposizione e lattivazione dei piani degli
interventi in attuazione del decreto legislativo 286/98 del 10 aprile 2001.
[1]
La Conferenza ha individuato nel
documento una linea comune definendo aree di attivit e competenze del
mediatore interculturale (doc. 09/030/CR/C9 dellaprile 2009).
[2]
Politiche
per la mediazione culturale. Formazione ed impiego dei mediatori culturali.
Questi due documenti hanno proposto degli standard sia per il percorso
formativo che per lattivit lavorativa del mediatore, ispirando molteplici
delibere a livello regionale.
[3] DG per il
Volontariato, lAssociazionismo e le Formazioni sociali.
[4]
Tramite
la ricerca viene fatto il punto sullo stato dellarte del dispositivo di
mediazione in Italia in collegamento e comparazione con altri stati dellUnione
Europea.
[5]
Legge
328 dell8 novembre 2000 Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali, art. 12 (Figure professionali
sociali) in cui previsto che siano definiti i profili professionali delle
figure professionali sociali da formare con corso di laurea (art. 6 del
regolamento recante norme sullautonomia didattica degli atenei adottato con
decreto del Ministro dellUniversit e della ricerca scientifica n. 509 del 3
novembre 1999), con corsi organizzati dalla regione (figure professionali) e i
criteri per il riconoscimento e la equiparazione dei profili professionali
esistenti alla data in vigore della legge; Riforma del Titolo V della
Costituzione (2001) art. 117 comma 3, competenza regionale per listruzione e
la formazione professionale e relativa inclusione delle professioni sociali tra
le materie di legislazione concorrente, con attribuzione di potest legislativa
alle regioni fatti salvi i principi fondamentali di competenza legislativa
statale.
[6]
C.M.
205 del 26 luglio 1990 La scuola dellobbligo e gli alunni stranieri.
Leducazione interculturale, D.M. 21 del 21 gennaio 2000 Iniziative di
formazione e aggiornamento, C.M. 24 del 1 marzo 2006 Linee guida per
laccoglienza e lintegrazione degli alunni stranieri, ma anche il Documento
dellOsservatorio Nazionale per lintegrazione degli alunni stranieri e per
leducazione interculturale La via italiana per la scuola interculturale e
lintegrazione degli alunni stranieri del 2007.
[7] D.M.
509/99 e D.M. 270/2004.
[8]
Linee guida destinate alle figure professionali sanitarie nonch ad altre
figure professionali che operano con le comunit di immigrati provenienti da
paesi dove sono effettuate le pratiche di mutilazione genitale femminile per
realizzare una attivit di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne
e delle bambine gi sottoposte a tali pratiche del Ministero della salute
– Direzione Generale della Prevenzione sanitaria – ufficio X. Le
linee guida derivano dalla promulgazione della Legge n. 7 del 2006 recante
Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di
mutilazione genitale femminile al cui articolo 4 si attribuisce al Ministero
della Salute il compito di emanare delle linee guida destinate alle figure
professionali sanitarie e ad altre figure professionali che operano con le
comunit di immigrati provenienti da paesi dove sono effettuate le pratiche
MGF, tra cui i mediatori culturali, al fine di realizzare attivit di
prevenzione, assistenza e riabilitazione di donne e bambine sottoposte a tali
pratiche.
[9]
Decreto
del Ministero della Salute del 12 dicembre 2006. Inoltre nel Programma della
Commissione e proposte dei gruppi di lavoro, Relazione di sintesi, luglio
2007, sottolinea lesigenza per il SSN di includere questa figura, di definirne
il profilo professionale e di individuare linee guida sia per il suo
aggiornamento.
[10] Decreto del
Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000.
[11]
la
collaborazione tra il Coordinamento delle Professioni ed il Comitato di
pilotaggio del Progetto Interregionale
Descrizione e certificazione per competenze e famiglie professionali
ha proceduto alla definizione e validazione tecnica della standard
professionale della figura del mediatore interculturale, Allegato 1 del
documento della Conferenza delle
Regioni e delle Province Autonome (doc. 09/030/CR/C9).
[12]
Fonte:
Dossier Caritas/Migrantes, Dossier Statistico 2009 – XIX Rapporto.
[13]
La
presenza si va attestando al pari di quella di altri paesi europei considerati
di immigrazione, come la Spagna (10,2%), la Francia (8,9%), la Germania
(8,8%), la Gran Bretagna (7,9%), o di altri paesi di frontiera, come la
Grecia (8,8%).
[14] Ibidem.
[15] Ibidem.
[16]
Ricerca
Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali - DG per il
Volontariato, lAssociazionismo e le Formazioni sociali / Isfol gi citata a pagina 3 e contributo di
ricerca specifico sull'Italia (Ricerca esplorativa e conoscitiva sulla figura
del Mediatore Culturale in ambito nazionale e comunitario – Contributo di
ricerca redatto in esito al case study condotto in Italia ed analisi
comparativa dei casi europei della ricerca, materiale grigio).
[17]
Ibidem.
[18]
Livello
Padronanza (Avanzato o Completa Padronanza).
[19]
Livello
Autonomo (Intermedio o Intermedio Alto).
[20]
Nel
2009 dal sito MIUR (www.miur.it)
alla
voce offerta formativa, tramite la selezione delle aree umanistica e
sociale e le parole chiave mediazione, culturale, linguistica, sono
riscontrabili 35 corsi di laurea di I livello e 5 corsi di laurea di II
livello. Le informazioni sulluniversit e i master provengono anche dalla gi
citata ricerca Ministero del Lavoro – Isfol sulla figura del mediatore.
[21]
Fonte:
dati Dossier Caritas 2009.
[22] Ibidem.
[23]
Fonte:
ibidem.
[24]
Fonte: dati statistici 2007, sito Ministero della Giustizia, www.giustizia.it e Istat, www.istat.it .
[25] Fonte: dati statistici 2008 e 2009 sito Ministero della Giustizia, www.giustizia.it.
[26]
Fonte:
Dati Dossier Caritas 2009.
[27]
Ibidem.
[28] Dati del Ministero dell'Interno, sito www.interno.it.
[29] Fonte:
Dati Dossier Caritas 2009.
[30]
Ibidem.
[31]
Ibidem.
[32]
Fonte:
Indagine sugli interventi e servizi sociali dei comuni Istat 2009.
[33]
Fonte:
Annuario statistico italiano, Istat 2008.
[34]
Fonte:
Dati Inail, 2006.
[35]
Fonte:
Rapporto sulle migrazioni ISMU 2008.
[36] Skills,
conoscenze e stili secondo la terminologia in uso nell'ambito dell'indagine
campionaria sulle professioni Isfol-ISTAT.
[37]
Il Mediatore Interculturale
parte integrante della filiera professionale sociale. Come tale – essendo
in corso parte del gruppo di ricerca Isfol-ISTAT un aggiornamento del sistema
di nomenclatura e classificazione delle professioni (NUP) finalizzato a rendere
la classificazione di tutte le professioni maggiormente allineata con l'attuale
struttura del mercato del lavoro – si ravvisa l'esigenza di ancorare tale
figura in termini di codifica alla suddetta classificazione. Al pari delle
altre figure professionali sociali, il relativo codice della figura del
Mediatore Interculturale in via di assegnazione definitiva da parte del
gruppo di ricerca Isfol-ISTAT.