Legislatura 16º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 139 del 03/02/2009


SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVI LEGISLATURA ------

139a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 

MARTEDÌ 3 FEBBRAIO 2009

(Antimeridiana)

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Presidenza del presidente SCHIFANI,

indi del vice presidente CHITI

e della vice presidente MAURO

 

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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Italia dei Valori: IdV; Il Popolo della Libertà: PdL; Lega Nord Padania: LNP; Partito Democratico: PD; UDC, SVP e Autonomie: UDC-SVP-Aut; Misto: Misto; Misto-MPA-Movimento per l'Autonomia: Misto-MPA.

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RESOCONTO SOMMARIO

 

Presidenza del presidente SCHIFANI

 

La seduta inizia alle ore 11,07.

Sul processo verbale

BUTTI, segretario. Dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 29 gennaio.

PARDI (IdV). Chiede che nel processo verbale sia inserita una frase contenuta a pagina 44 del resoconto stenografico della seduta del 29 gennaio. (v. Resoconto stenografico)

 

PRESIDENTE. Si provvederà alla modifica del processo verbale nel senso indicato dal senatore Pardi.

 

Il Senato approva il processo verbale della seduta antimeridiana del 29 gennaio.

 

Comunicazioni della Presidenza

 

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

 

PRESIDENTE. Avverte che dalle ore 11,12 decorre il termine regolamentare di preavviso per eventuali votazioni mediante procedimento elettronico.

 

PERDUCA (PD). Preannuncia che a fine seduta interverrà sulle intimidazioni subite dall'onorevole Bernardini relativamente alla ispezione svolta nel carcere di Rebibbia.

Discussione del disegno di legge:

(1333) Ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008 (Approvato dalla Camera dei deputati)

DINI (PdL). Il Trattato di amicizia tra Italia e Libia costituisce il punto di arrivo dei negoziati posti in essere tra i due Paesi nel corso degli ultimi 15 anni e segna la fine del contenzioso derivante dal periodo coloniale, ponendo le basi per un rinnovato sistema di relazioni bilaterali. Esso corrisponde agli interessi dell'Italia, specie ove si consideri la rilevanza della Libia quale partner commerciale e interlocutore imprescindibile nel campo della politica energetica e nella disciplina dei flussi migratori all'interno del Mediterraneo. Nel corso dell'esame in Commissione, tuttavia il Gruppo dell'Italia dei Valori e il senatore Perduca hanno contestato l'opportunità del Trattato e presentato un gran numero di emendamenti che non ha reso possibile concludere l'iter in sede referente. Tra i principi generali del Trattato, elencati negli articoli da 1 a 7, l'impegno a non usare il proprio territorio in attività ostili verso l'altra parte è stato oggetto di taluni rilievi nel corso dell'esame in Commissione, anche se non costituisce un patto di non aggressione e non vi è alcuna incompatibilità con il Trattato NATO qualora la Libia agisca nel quadro della legalità internazionale. Gli articoli da 8 a 13 recano le norme sulla chiusura dei contenziosi legati al periodo coloniale, impegnando l'Italia a realizzare in Libia progetti infrastrutturali per un ammontare pari a 5 miliardi di dollari, a ripristinare il pagamento delle pensioni di guerra ai titolari libici e a costruire 200 unità abitative. L'Italia e la Libia si impegnano inoltre a raggiungere una soluzione sulla questione dei crediti vantati dalle aziende italiane nei confronti di amministrazioni ed enti libici, sulla base del negoziato finora condotto nell'ambito dell'apposito Comitato misto sui crediti. Gli articoli da 14 a 23 disciplinano infine il nuovo partenariato bilaterale, prevedendo il rafforzamento della cooperazione tra i due Paesi e una maggiore collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all'immigrazione clandestina. Quanto al disegno di legge di ratifica, esso introduce, fino al 2028, un'addizionale all'imposta sul reddito delle società residenti in Italia e operanti nel settore della ricerca e della coltivazione di idrocarburi, e riconosce un ulteriore indennizzo ai soggetti titolari di beni, diritti e interessi sottoposti in Libia a misure limitative. Il Trattato va apprezzato per l'alto significato politico, essendo l'Italia il primo Paese ex coloniale che riconosce con chiarezza le responsabilità derivanti dal passato.

PRESIDENTE. Non essendo stato concluso l'esame in Commissione, il disegno di legge n. 1333 sarà discusso nel testo trasmesso dalla Camera dei deputati senza relazione, ai sensi dell'articolo 44, comma 3, del Regolamento. Avverte che nella seduta antimeridiana avrà luogo esclusivamente la discussione generale, poiché non è ancora pervenuto il parere della 5a Commissione.

Dichiara aperta la discussione generale.

 

Presidenza del vice presidente CHITI

BONINO (PD). Pur essendo condivisibile l'opportunità politica ed economica della stipula del Trattato di amicizia, partenariato e collaborazione tra la Libia e l'Italia, vi sono alcuni aspetti di merito dello stesso che, contrariamente al dichiarato intento di sanare le controversie post-coloniali fra i due Paesi, rischiano di aprirne di nuove. Non vi è una definizione chiara degli eventuali «atti ostili» che dovessero verificarsi, né degli strumenti previsti per affrontarli, ma ci si riferisce ad una generica soluzione pacifica degli stessi. Sarebbe necessario chiarire inoltre la questione dei crediti che le imprese italiane rivendicano ad enti ed amministrazioni libiche, nonché quella dei visti per gli italiani fuggiti dalla Libia prima delle espulsioni di massa. La rilevanza dell'impegno che l'Italia assume con tale Trattato induce indubbiamente alla prudenza, considerata anche l'ambiguità dell'atteggiamento della controparte, la quale si è resa protagonista di comportamenti quantomeno inquietanti come la minaccia di nazionalizzare le risorse energetiche del Paese se il prezzo del petrolio non fosse tornato a 70 dollari al barile o l'incitamento ad un'insurrezione musulmana e all'annientamento dello Stato di Israele in occasione del recente conflitto di Gaza. Per la sua scarsa limpidezza e per lo squilibrio a vantaggio degli interessi libici, per l'assenza di adeguati riconoscimenti verso le parti lese italiane, anticipa che il Trattato non potrà che ricevere un voto contrario. (Applausi dei senatori Perduca, Poretti e Del Vecchio).

VALLI (LNP). Gli accordi finora siglati fra l'Italia e la Libia perché quest'ultima collaborasse al controllo e al contenimento dei flussi di immigrati clandestini verso le coste italiane non sono stati rispettati da Tripoli, come testimonia l'emergenza degli sbarchi a Lampedusa di clandestini provenienti dalle coste libiche. Maggiori garanzie sono attese in tal senso anche da un'opinione pubblica che non troverebbe altrimenti giustificabile il significativo impegno economico che comporteranno le compensazioni previste dal Trattato. Auspicando che lo strumento del pattugliamento misto possa rivelarsi efficace come nel caso degli sbarchi sulle coste pugliesi di clandestini albanesi, esprime da parte del Gruppo Lega Nord speranza e fiducia verso l'operato del Ministro dell'interno e del corpo diplomatico italiano perché gli impegni contenuti nel Trattato siano effettivamente rispettati. (Applausi dal Gruppo LNP. Congratulazioni).

Saluto ad una scolaresca dell'istituto "Minucci" di Napoli

 

PRESIDENTE. Rivolge un saluto agli studenti dell'istituto comprensivo "Minucci" di Napoli ed ai loro insegnanti che sono presenti in tribuna. (Applausi).

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1333

LIVI BACCI (PD). Sebbene il periodo di crisi economica che l'Italia sta attraversando faccia apparire particolarmente grave l'impegno economico implicato dalle compensazioni previste dal Trattato, il Paese non può sottrarsi a tale risarcimento, volto a sanare uno storico conflitto e a riparare alle riconosciute responsabilità del colonialismo italiano. Tale sforzo sarà compensato dagli indubbi vantaggi che verranno dall'instaurazione di rapporti distesi con un Paese dalle straordinare risorse energetiche. Destano tuttavia preoccupazione alcuni aspetti del Trattato, soprattutto contenuti nell'articolo 19 dello stesso. Se il previsto pattugliamento congiunto, che tra l'altro dovrebbe avvalersi di strumenti di avanzata tecnologia, potrebbe portare al desiderato contenimento degli sbarchi di clandestini, una mera azione di respingimento fisico non potrà certamente risolvere il fenomeno in modo definitivo, considerato anche che i flussi migratori dal continente africano verso il Nord hanno carattere storico e che necessità e disperazione dei migranti porterebbero comunque a tentare vie alternative e ancora più pericolose. Ad un'azione di respingimento e controllo deve accompagnarsi quindi una politica di cooperazione con i Paesi di origine. L'aspetto umanitario, poi, deve essere considerato prioritario: le condizioni dei clandestini trattenuti in Libia e le modalità con cui vengono espulsi non sono rispettose della dignità umana. A tal fine, il Gruppo del PD, che non si opporrà alla ratifica del Trattato, ha presentato un ordine del giorno che impegna il Governo ad ottenere, nell'ambito delle intese bilaterali da definire, garanzie dal Governo libico che vengano rispettati i diritti umani e le norme internazionali in materia di diritti dei migranti. (Applausi dal Gruppo PD).

DE ECCHER (PdL). Pur essendo condivisibile la necessità della ratifica del Trattato di amicizia con la Libia, desta perplessità il Preambolo dello stesso, in particolare nel passaggio in cui ci si riferisce alla colonizzazione italiana come ad un «capitolo doloroso». Come segretario provinciale dell'Associazione nazionale reduci e rimpatriati d'Africa (ANRRA), non può non puntualizzare come tale concezione della presenza italiana in quelle zone sia fuorviante e che le numerose infrastrutture di vitale importanza ed utilità costruite dagli italiani stanno a testimoniare che del passaggio italiano in quelle terre restano testimonianze tutt'altro che dolorose, segno che le colonie italiane in Africa ebbero più giovamento che danno dalla presenza italiana. Il trattamento riservato agli italiani in Libia in occasione delle espulsioni di massa, invece, non viene sufficientemente stigmatizzato. Riconosciute tali verità, si potranno creare le basi per l'amicizia fra i due Paesi che il Trattato che sta per essere ratificato sancirà. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

MARINARO (PD). La firma del Trattato di amicizia con la Libia rappresenterà il coronamento di un lungo percorso politico-diplomatico che ha contribuito a far uscire la Libia dall'isolamento internazionale ed a normalizzare le sue relazioni con il mondo occidentale. Con il Trattato l'Italia diventa il primo Paese che riconosce ed assume le proprie responsabilità nei confronti di una ex colonia, offrendo riparazioni per questa ingloriosa pagina della storia nazionale e in particolare per i crimini compiuti durante il periodo fascista. Si prevede inoltre l'attivazione di un sistema di monitoraggio dei confini libici che coinvolge gli altri paese dell'Unione europea. E' d'altronde opportuno intensificare la pratica degli accordi bilaterali tra l'Unione europea e tutti gli Stati africani rivieraschi, ed aumentare la cooperazione bilaterale con i Paesi dell'Africa, che appaiono gli strumenti più efficaci e realistici per affrontare e contenere i flussi migratori. Un segnale positivo in tale direzione è rappresentato dalla elezione di Gheddafi alla presidenza dell'Unione Africana, che lascia sperare di poter ottenere maggiori garanzie dalla Libia in tema di rispetto dei diritti dei migranti e delle norme di diritto internazionale: il primo obiettivo da raggiungere al riguardo è la sottoscrizione da parte di Tripoli della Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Pur evidenziano dubbi sulla copertura finanziaria di tale Trattato e sulla tutela degli interessi delle imprese italiane, il Gruppo PD si esprime a favore della ratifica del Trattato, auspicandone anche una rapida attuazione, specie per la disposizione dell'accordo che estende il partenariato allo sviluppo dei rapporti istituzionali e degli enti locali. (Applausi dal Gruppo PD).

FILIPPI Marco (PD). È auspicabile che il Trattato di amicizia stipulato tra Italia e Libia metta fine allo storico contenzioso tra i due Paesi, aprendo una stagione di nuovi rapporti che possa rappresentare un modello di relazioni tra le due sponde del Mediterraneo e consenta di avviare a soluzione il grave problema dei flussi migratori incontrollati di clandestini diretti dalle coste libiche a quelle italiane. È inoltre positivo il partenariato energetico ed industriale che viene ad instaurarsi tra i due Paesi, che consentirà all'Italia, tra l'altro, una maggiore diversificazione delle proprie fonti energetiche. Suscitano invece notevoli perplessità alcuni elementi di ambiguità presenti nel Trattato, concernenti il possibile coinvolgimento dell'Italia nel controllo dei confini meridionali della Libia e, soprattutto, l'elevato ammontare di risorse che il Governo italiano si impegna a versare alla Libia per la realizzazione di infrastrutture; quest'ultimo punto rappresenta un impegno economicamente gravoso (soprattutto in relazione all'attuale situazione di crisi), sulla cui copertura finanziaria occorrerà vigilare. Auspica pertanto che nel prossimo futuro il Parlamento possa costituire il fulcro di un'attività di monitoraggio sul Trattato e di verifica della sua applicazione. (Applausi dal Gruppo PD).

PEDICA (IdV). È fortemente criticabile il fatto che la stipula del Trattato di amicizia tra Italia e Libia non sia stata preceduta da un maggiore coinvolgimento dell'opinione pubblica e dello stesso Parlamento, considerata l'importanza che ad esso viene attribuita. Vi è stato al contrario un clima di eccessiva riservatezza diplomatica e un atteggiamento di fretta inopportuna da parte del Governo, che hanno portato a divulgare ufficialmente i contenuti dell'accordo a ben cinque mesi dalla sua firma; oggi il Parlamento può intervenire unicamente sul disegno di legge di ratifica, il che limita notevolmente i suoi poteri. Nel merito, il Trattato si caratterizza negativamente per la mancata previsione di adeguati meccanismi di tutela dei diritti umani da parte della Libia nei confronti dei migranti che attraversano il suo territorio diretti in Europa e per l'elevato ammontare di risorse stanziate per la realizzazione di progetti infrastrutturali, addirittura superiori a quanto stanziato dal Governo italiano per fronteggiare la crisi economica in atto. Vi sono inoltre seri dubbi di compatibilità tra il Trattato in esame, laddove l'Italia si impegna a non permettere l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia, e il Patto atlantico, che prevede che, in caso di attacco contro uno dei Paesi della NATO, gli altri Paesi intervengano, anche militarmente, in sua difesa. (Applausi dai Gruppi IdV e dei senatori Perduca e Poretti). Infine, nel lamentarsi per il poco tempo concesso nel dibattito all'Italia dei Valori, chiede che il testo integrale del suo intervento venga allegato ai Resoconti della seduta. (v. Allegato B).

PRESIDENTE. Ricorda che il tempo concesso per gli interventi è basato sulla consistenza numerica dei Gruppi e che comunque la Presidenza sta concedendo spazi più ampi in considerazione della rilevanza del tema in discussione.

MARAVENTANO (LNP). Auspica che il Trattato di cui oggi si discute la ratifica, nonostante la scarsa collaborazione finora dimostrata dal Governo libico, consenta finalmente di mettere fine agli sbarchi di immigrati clandestini a Lampedusa, che rappresentano un gravissimo problema per l'isola. Esprime in proposito pieno appoggio ai progetti del Governo italiano e del ministro Maroni, sulla base del presupposto che i clandestini devono essere ricondotti nei loro Paesi di origine; stigmatizza invece le critiche strumentali provenienti dal centrosinistra, che quando era al Governo non è stato assolutamente in grado di gestire il fenomeno. (Applausi dal Gruppo LNP e dei senatori Ciarrapico, Gramazio e Saia. Reiterati commenti dai banchi dell'opposizione).

 

Presidenza della vice presidente MAURO

MARCENARO (PD). Il Trattato di amicizia tra Italia e Libia pone in evidenza la difficoltà di trovare il giusto equilibrio tra la tutela degli interessi nazionali, nella fattispecie rappresentati dal contrasto all'immigrazione clandestina, e la salvaguardia di principi e valori, in primis il rispetto dei diritti umani, particolarmente significativi nel tragico scenario degli sbarchi di migranti, spesso caratterizzato da un elevato sacrificio di vite umane. Appare pertanto necessaria ed auspicabile, in tale contesto, una forte azione di monitoraggio e di verifica da parte del Parlamento sulla concreta applicazione del Trattato stesso; in tal senso si muovono alcuni degli ordini del giorno presentati, che invita il Governo ad accogliere. (Applausi dal Gruppo PD).

GALLO (PdL). Il Trattato tra Italia e Libia in corso di ratifica costituisce un passaggio storico significativo e un importante risultato strategico del Governo Berlusconi, che consente di chiudere una dolorosa pagina del passato, caratterizzata da rivendicazioni e risentimenti, e di aprire le porte ad un futuro di cooperazione e di amicizia. L'accordo è finalizzato ad intensificare la collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all'immigrazione clandestina, mentre il riconoscimento di ulteriori indennizzi chiude definitivamente la fase risarcitoria ai soggetti titolari di beni, diritti ed interessi sottoposti in Libia a misure limitative. L'articolo 8 del Trattato impegna l'Italia a realizzare in Libia un programma infrastrutturale ventennale, che verrà affidato esclusivamente ad imprese italiane, con importanti ricadute, quindi, sull'economia interna; la copertura finanziaria viene individuata mediante un'addizionale IRES a carico dei soggetti che operano nel campo della ricerca e della coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi. Il capo III del Trattato reca inoltre la disciplina del nuovo partenariato bilaterale tra i due Paesi e prevede un rafforzamento della cooperazione in diversi campi di comune interesse. Preannuncia pertanto il voto favorevole alla ratifica.

CIARRAPICO (PdL). E' profondamente in disaccordo con i colleghi che, esprimendo rammarico e vergogna per le sofferenze inferte al popolo libico, dimenticano che la colonizzazione italiana è stata vettore di civilizzazione ed ha avuto un carattere tanto peculiare che gli Inglesi, a Seconda guerra mondiale conclusa, auspicarono fosse dato all'Italia il mandato sulla Libia. (Applausi dei senatori Allegrini e Gramazio. Commenti della senatrice Poretti).

 

PRESIDENTE. Dichiara chiusa la discussione generale. Rinvia il seguito dell'esame del disegno di legge in titolo alla seduta pomeridiana.

Sulle intimidazioni indirizzate all'onorevole Bernardini

PERDUCA (PD). Invita l'Assemblea del Senato ad esprimere solidarietà all'ex deputato D'Elia e all'onorevole Bernardini, per i messaggi minatori ricevuti dopo l'ispezione effettuata al carcere di Rebibbia per verificare la veridicità di segnalazioni relative a violenze nei confronti dei detenuti rumeni accusati dello stupro di Guidonia. Coglie l'occasione per denunciare la mancanza di vigilanza sul sistema radiotelevisivo che offre spesso una visione unilaterale e disinformata degli episodi di cronaca, alimentando un clima pericoloso e inquietante. (Applausi dal Gruppo PD).

SALTAMARTINI (PdL). Il Senato non può essere solidale con l'ex deputato D'Elia, né accettare lezioni di moralità da lui che, condannato nel passato da terrorista per l'omicidio di un poliziotto ventenne, è andato assieme all'onorevole Bernardini in un istituto di pena a rivolgere accuse oltraggiose alle istituzioni e alle Forze di polizia che hanno arrestato gli autori di gravissimi reati. (Applausi dal Gruppo PdL. Reiterati commenti del senatore Perduca. Richiami del Presidente)

PORETTI (PD). L'onorevole Bernardini non ha difeso gli stupratori né ha rivolto accuse alle Forze di polizia, ma si è limitata ad esercitare un suo dovere di accertamento dei fatti di fronte alle voci raccolte dalla stampa, nell'interesse delle istituzioni e delle stesse Forze dell'ordine. Senza entrare nel merito delle accuse rivolte a Sergio D'Elia, ricorda al senatore Saltamartini che la Costituzione italiana assegna alla pena una finalità rieducativa e non la funzione di escludere a vita un condannato dalla società. (Applausi del senatore Perduca).

PEDICA (IdV). I Radicali fanno opera meritoria di difesa dei diritti civili, anche nelle carceri italiane, ma la decisione dell'onorevole Bernardini di fare visita agli stupratori di Guidonia, piuttosto che alle vittime della violenza, è stata quanto meno inopportuna e ha suscitato, comprensibilmente, indignazione nell'opinione pubblica. (Reiterati commenti del senatore Perduca. Richiami del Presidente).

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, convocazione

PRESIDENTE. La Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi è convocata domani alle ore 14, presso la sede di San Macuto, per procedere alla propria costituzione.

Dà annunzio degli atti di sindacato ispettivo pervenuti alla Presidenza (v. Allegato B) e toglie la seduta.

 

La seduta termina alle ore 12,56.

  

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente SCHIFANI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 11,07).

Si dia lettura del processo verbale.

 

BUTTI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 29 gennaio.

 

Sul processo verbale

PARDI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PARDI (IdV). Signor Presidente, poiché non l'ho sentito nella lettura del processo verbale, chiedo che sia inserita nello stesso una frase che si trova a pagina 44 del Resoconto stenografico della seduta antimeridiana del 29 gennaio, e precisamente la seguente: «Prima di procedere alla votazione, comunico all'Aula che hanno regolarizzato l'apposizione della firma all'ordine del giorno i senatori Collino, Viespoli, Cursi e Paravia ».

PRESIDENTE. Senatore Pardi, ne prendiamo atto, sarà inserita.

Poiché non vi sono ulteriori osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE.Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 11,12).

 

Per una richiesta di intervento

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Senatore Perduca, mi è stato anticipato l'oggetto del suo intervento, che la prego di ripetere, invitandola poi a svilupparlo in coda alla seduta antimeridiana. Spieghi su cosa vuole intervenire, perché effettivamente merita un minimo di accenno in Aula per la delicatezza del tema. Ha facoltà di parlare.

 

PERDUCA (PD). La ringrazio, signor Presidente. Si tratta delle intimidazioni subite dall'onorevole Bernardini relativamente ad una sua visita di sindacato ispettivo a Rebibbia, dove si è recata a seguito di segnalazioni da parte dell'istituto di reclusione stesso in ordine al modo con cui pareva fossero state trattate alcune delle persone arrestate per i fatti di Guidonia della settimana scorsa. A fine seduta affronterò la questione in questi termini.

 

Discussione del disegno di legge:

(1333) Ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008 (Approvato dalla Camera dei deputati) (ore 11,13)

PRESIDENTE.L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1333, già approvato dalla Camera dei deputati.

Ha facoltà di parlare il senatore Dini, presidente della 3a Commissione permanente, per riferire sui lavori della stessa.

DINI (PdL). Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Commissione esteri ha esaminato in modo approfondito la scorsa settimana il Trattato oggi al nostro esame. La gran parte dei senatori ha convenuto sul carattere storico di questo atto che segna la fine di un lungo contenzioso derivante dal periodo coloniale e pone le basi per un rinnovato sistema di relazioni bilaterali. Solo un Gruppo, l'Italia dei Valori, ha contestato espressamente l'opportunità del Trattato. Questo giudizio negativo è stato anche condiviso dal senatore Perduca, che ha contestato una serie di previsioni in esso contenute, presentando altresì un gran numero di emendamenti che non ha reso possibile la conclusione dell'esame del provvedimento in Commissione.

Il principale Gruppo diopposizione, quello del Partito Democratico, attraverso gli interventi della senatrice Marinaro e del senatore Livi Bacci, ha condiviso con i Gruppi di maggioranza la valutazione positiva sul Trattato, che in modo formale sancisce la chiusura di un contenzioso storico; un risultato, questo, cui hanno contribuito diversi Governi negli ultimi 15 anni. In effetti, le premesse del rinnovato stato delle relazioni bilaterali risalgono ai contatti avviati negli anni '90, che hanno condotto al Comunicato congiunto italo-libico del 4 luglio 1998.

All'epoca, la Libia era un Paese isolato e l'Italia, con un'azione diplomatica attiva, sentì la responsabilità di ricostruire i rapporti tra la Libia e la comunità internazionale. Grazie in particolare ai nostri sforzi diplomatici, la Libia uscì da quell'isolamento rispondendo alle richieste che provenivano dalle Nazioni Unite, il che portò al superamento delle sanzioni e avviò una normalizzazione dei rapporti diplomatici tra la Libia e i Paesi della comunità internazionale.

Con il Comunicato congiunto del 1998, l'Italia espresse per la prima volta il rammarico per le sofferenze arrecate al popolo libico a seguito della colonizzazione italiana e, al contempo, espresse l'intenzione di trovare la soluzione di tutti i contenziosi bilaterali e di costruire un rapporto di rispetto reciproco e di collaborazione paritaria. La portata del Comunicato è stata storica e ha messo in rilievo la maturità della democrazia italiana nel riconoscere il proprio passato in una prospettiva realistica.

Il Trattato che oggi esaminiamo costituisce il punto di arrivo di lunghe trattative e negoziati che hanno creato le condizioni per il passaggio da quella prima intesa del 1998 ad un vero e proprio Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione. Esso stabilisce che il 30 agosto, anniversario della firma, sia proclamato Giornata dell'amicizia italo-libica.

Il Trattato corrisponde agli interessi dell'Italia, ove si consideri la rilevanza della Libia quale partner commerciale e interlocutore imprescindibile nel campo della politica energetica, ma anche della disciplina dei flussi migratori in seno al Mediterraneo. Al momento attuale, la Libia rappresenta un'entità a pieno titolo inserita e operante sullo scenario europeo e internazionale e, rispetto all'Italia, vi sono relazioni privilegiate. Del resto, il Mediterraneo e i Paesi della sponda Sud che vi si affacciano sono sempre stati una costante priorità della politica estera dei Governi da oltre vent'anni.

Quanto ai contenuti del Trattato, esso si articola in tre Capi. Il primo, dagli articoli 1 a 7, stabilisce i princìpi generali alla base dell'intesa. Si conferma l'impegno delle parti al rispetto della legalità internazionale nel quadro della comune visione di centralità della Carta della Nazioni Unite, cui il Trattato fa continuo riferimento.

Vengono poi affermati i princìpi del rispetto dell'uguaglianza sovrana degli Stati, del non ricorso alla minaccia o all'impiego della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza dell'altra parte, della non ingerenza negli affari interni anche impegnandosi, nel rispetto della legalità internazionale, a non usare il proprio territorio in attività ostili verso l'altra parte. Tale impegno, del resto, era già contenuto in maniera succinta nel Comunicato congiunto del 1998. Questa ultima previsione del Trattato è stata oggetto di molti rilievi nel corso del dibattito. In proposito, ribadisco quanto detto in Commissione: non è un patto di non aggressione e non vi è alcuna incompatibilità con il Trattato NATO, qualora la Libia agisca nel quadro della legalità internazionale.

È altresì ribadito l'impegno alla soluzione pacifica delle eventuali controversie e al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali conformemente agli obiettivi e ai princìpi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Nel corso dei lavori in Commissione diversi interventi hanno sottolineato la necessità di garantire il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Ricordo, signor Presidente, che proprio la settimana scorsa si è svolta in Senato un'iniziativa di celebrazione del sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Ebbene, io credo che, anche in virtù di quanto stabilito dagli articoli 1, 5 e 6 del Trattato, emerga con chiarezza come il rispetto di quanto previsto nei fondamentali documenti su cui si basa la legalità internazionale sia un impegno ribadito nel Trattato che stiamo esaminando. L'Italia dunque potrà sempre richiamare la Libia al rispetto e all'osservanza di questi atti fondamentali senza violare il principio della non ingerenza negli affari interni.

Il Capo II (articoli da 8 a 13) reca norme sulla chiusura del capitolo del passato e dei contenziosi ancora in atto.

In particolare,l'articolo 8 impegna l'Italia a realizzare in Libia progetti infrastrutturali di base, individuati sulla base di intese bilaterali. Il relativo tetto massimo di spesa complessiva è di 5 miliardi di dollari distribuiti in 20 anni, cioè un importo annuale di 250 milioni di dollari. La Libia renderà disponibili i terreni e agevolerà le imprese esecutrici dei lavori. La realizzazione dei progetti sarà affidata a imprese italiane. I fondi finanziari saranno gestiti dall'Italia e non ci sarà quindi alcun trasferimento di fondi alla Libia.

L'articolo 9 istituisce una Commissione mista paritetica, costituita da componenti designati dai rispettivi Stati, con il compito di individuare le caratteristiche tecniche dei progetti infrastrutturali di base e stabilire la tempistica dei lavori.

Tra le iniziative speciali dell'Italia a favore del popolo libico, di cui all'articolo 10, figurano, oltre a quelle già contenute nel Comunicato congiunto(quali l'assegnazione di borse di studio universitarie e post-universitarie a studenti libici, la cura presso istituti italiani di persone colpite dallo scoppio di mine in Libia e la restituzione di manoscritti e reperti archeologici trasferiti in Italia in epoca coloniale), il ripristino del pagamento delle pensioni di guerra ai titolari libici e la costruzione in Libia di 200 unità abitative.

Percontro, la Libia, confermando il Comunicato congiunto, si impegna a concedere i visti di ingresso anche ai cittadini italiani espulsi in passato dal proprio territorio che desiderino entrare nel Paese per motivi di turismo, lavoro o altre finalità. Inoltre è previsto, dopo lo scioglimento dell'Azienda libico-italiana, che il fondo speciale da essa costituito sia gestito da un Comitato misto paritetico e destinato alla realizzazione di iniziative speciali, come previsto dal Comunicato congiunto.

Ai sensi dell'articolo 13, la Libia e l'Italia si impegnano a raggiungere con uno scambio di lettere una soluzione della questione dei crediti vantati dalle aziende italiane nei confronti di amministrazioni ed enti libici, sulla base del negoziato finora condotto nell'ambito dell'apposito Comitato misto sui crediti. Nel medesimo scambio di lettere sarà anche definita la questione dei debiti di natura fiscale e/o amministrativa di aziende italiane nei confronti di enti libici.

Il Capo III (articoli da 14 a 23) disciplina il nuovo Partenariato bilaterale. Per rinsaldare le relazioni bilaterali già presenti in numerosi settori, le parti costituiscono un Partenariato bilaterale, che si esprimerà attraverso consultazioni politiche su temi bilaterali regionali e internazionali di reciproco interesse. Il Partenariato prevede, tra l'altro, una riunione annuale del Comitato di partenariato, formato dal Presidente del Consiglio dei ministri italiano e dal Segretario del Comitato popolare generale, che si svolgerà alternativamente nei due Paesi. Il Comitato di partenariato adotta i provvedimenti necessari all'attuazione degli impegni previsti dal Trattato.

L'articolo 15 prevede un rafforzamento della cooperazione negli ambiti scientifici e della tecnologia, mentre l'articolo 16 è volto ad approfondire la cooperazione culturale e i legami di amicizia tra i due Paesi.

L'articolo 17 prevede la collaborazione economica e industriale e l'articolo 18 promuove la cooperazione in materia energetica, di cui le parti si impegnano a favorire il rafforzamento.

L'articolo 19 è volto a rafforzare la collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all'immigrazione clandestina. Per contrastare l'immigrazione clandestina, in base al Protocollo di cooperazione firmato a Tripoli il 27 dicembre 2007, è previsto il pattugliamento congiunto in mare con equipaggi misti e con motovedette messe a disposizione dall'Italia. È inoltre prevista la creazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, da affidare a società italiane specializzate. Come è stato chiarito nel corso dei lavori in Commissione, si tratterà essenzialmente di un'attività di monitoraggio dei flussi migratori con mezzi satellitari e tecnologici, data la lunghezza e la natura del confine terrestre libico; ciò al fine di individuare provenienza e consistenza delle ondate migratorie e per quanto possibile evitare tragedie umanitarie.

Il Trattato prevede altresì una collaborazione nel settore della difesa tra le rispettive Forze armate e tra le industrie militari, oltre a un sostegno alle vittime dello scoppio di mine e alla riabilitazione dei territori libici danneggiati.

Con l'articolo 21 le parti si impegnano a collaborare nel settore del disarmo e della non proliferazione delle armi di distruzione di massa e ad adoperarsi per fare della Regione del Mediterraneo una zona libera da tali armi.

Il Partenariato, infine, è esteso allo sviluppo dei rapporti tra i Parlamenti e gli enti locali delle due parti, con l'intendimento di approfondire la conoscenza reciproca.

L'articolo 23 reca le disposizioni finali relative all'entrata in vigore del Trattato e le modalità per le sue eventuali modifiche.

Per quanto attiene al disegno di legge di ratifica, accanto alle consuete disposizioni recanti l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione del Trattato, esso reca, all'articolo 3, alcune disposizioni a carattere generale dirette ad introdurre, fino al 2028, un'addizionale all'imposta sul reddito delle società (IRES) residenti in Italia e operanti nel settore della ricerca e della coltivazione di idrocarburi.

Segnalo che da parte della Camera dei deputati è stato aggiunto e approvato un nuovo articolo 4 al disegno di legge di ratifica che reca il riconoscimento di un ulteriore indennizzo a soggetti titolari di beni, diritti e interessi sottoposti in Libia a misure limitative. Esso dispone, in particolare, l'integrazione delle anticipazioni già percepite da cittadini italiani ovvero da società italiane operanti in Libia a seguito di provvedimenti emanati dalle autorità libiche, ai sensi della legge n. 1066 del 1971. A tal fine il comma 5 dell'articolo 4 istituisce un apposito fondo con una dotazione di 50 milioni di euro annui dal 2009 al 2011. La Commissione interministeriale per gli indennizzi potrà riesaminare le domande respinte in precedenza per carenza di documentazione.

L'articolo 5, infine, reca la copertura finanziaria del provvedimento.

Signor Presidente,onorevoli colleghi, il Trattato è stato oggetto di un lungo e approfondito confronto sia alla Camera dei deputati sia la settimana scorsa in Commissione. Posso comprendere che siano emersi rilievi su alcuni aspetti di questo Trattato, frutto, come ho detto, di una negoziazione lunga e complessa. Credo tuttavia che oggi il nostro compito sia quello di valutare, al di là delle questioni di dettaglio, il significato politico del Trattato. Su di esso, signor Presidente, onorevoli colleghi, dobbiamo esprimere un giudizio; un giudizio largamente positivo, ad avviso della maggioranza e di gran parte dei parlamentari dell'opposizione.

Siamo il primo Paese ex coloniale che riconosce con chiarezza le responsabilità derivanti dal passato. Questo riconoscimento ci permette di guardare al futuro e di porre così basi solide per un rapporto forte tra le due sponde del Mediterraneo, che deve divenire sempre di più non una barriera, ma un ponte di pace fra culture diverse nella prospettiva di un progresso comune.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, in relazione a quanto riferito dal senatore Dini, non essendo stato concluso l'esame in Commissione, il disegno di legge n. 1333 sarà discusso nel testo trasmesso dalla Camera dei deputati, senza relazione, ai sensi dell'articolo 44, comma 3, del Regolamento.

Prima di procedere alla discussione generale, vorrei fare con l'Assemblea il punto sull'andamento dei lavori. L'Assemblea non sarà nella mattinata in condizione di votare, in quanto manca l'espressione del parere sugli emendamenti da parte della 5aCommissione permanente. Pertanto, nella mattinata daremo luogo alla discussione generale, per poi, in apertura della seduta pomeridiana, consentire al sottosegretario Mantica di effettuare la propria replica; dopodiché, dovremmo essere in condizione di votare gli emendamenti. Così mi pare necessariamente stabilito.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.

BONINO (PD). Signor Presidente, colleghi, signori rappresentanti del Governo, noi radicali siamo perfettamente consapevoli che compito della politica è quello molto spesso di tracciare la linea di compromesso tra diritti, o difesa dei diritti, ed interessi, ivi compreso l'interesse nazionale. Appartengo a quella schiera di pensiero politico che non ritiene la parola "interessi" di per sé una mala parola, o una parolaccia, o che pensa, per esempio, che il parlare di interesse nazionale sia di per sé un dato a connotazione negativa; esattamente il contrario.

Presidenza del vice presidente CHITI (ore 11,37)

 

(Segue BONINO). Quindi, l'opposizione della mia parte politica rispetto a tale Trattato (che fra l'altro non è un trattato semplice come gli altri, in quanto nel preambolo si chiarisce perfettamente che stiamo parlando di un accordo per sviluppare un rapporto bilaterale speciale e privilegiato attraverso un vero e proprio partenariato, quindi ha un'ambizione che viene ampiamente espressa) è di merito e non ideologica: non si tratta infatti di escludere la possibilità di fare trattati con Paesi che non abbiano sistemi democratici pari al nostro.

Non è questo il problema, né - ripeto - penso che la difesa degli interessi o dell'interesse nazionale sia di per sé un connotato negativo; al contrario. Ciò che invece ci porta ad assumere una posizione negativa sono i molti e rilevanti aspetti del Trattato (ne citerò alcuni, degli altri parleranno successivamente i miei colleghi) che mi sembra configurino non già la soluzione di un lungo conflitto, ma l'apertura di una fase di nuove conflittualità, non solo per la vaghezza di alcune espressioni alquanto rilevanti, ma anche per la vaghezza degli strumenti previsti per la soluzione di eventuali conflittualità, nel tralasciare totalmente gli interessi, ad esempio, delle imprese italiane (ad esse si riferisce solo l'articolo 13 relativo ai crediti, che rinvia la soluzione ad eventuali e possibili scambi di lettere). Credo e temo che, invece di chiudere con il passato, stiamo aprendo una nuova fase di conflittualità, e questo non solo per la personalità della parte contraente. Tra l'altro, tale personalità non è quella esotica o strampalata che spesso ci viene rappresentata, ma è una personalità che, a mio avviso, persegue una linea politica spesso ambivalente, spesso contraddittoria, ma certamente non confinabile ai dati folcloristici con cui spesso invece si presenta.

Ripeto allora le maggiori perplessità che ho e che ci inducono a portare avanti questa battaglia politica. In primo luogo, vi è la questione degli atti ostili. La vaghezza degli atti ostili, come determinata, può aprire infiniti scenari di conflittualità, che sicuramente non possono essere risolti dal puro impegno a dirimerli pacificamente, quando, esattamente in quell'articolo, non si fa riferimento - come spesso si fa - né all'arbitrato, né al ricorso alla Corte dell'Aja, ma si rimanda ad una formulazione di «soluzione pacifica». Atti ostili: per esempio, l'attività di opposizione di democratici libici sul territorio italiano è o non è considerabile atto ostile? E nella soluzione pacifica a chi ci si rivolge?

Proseguo con la vicenda, cui ho già accennato, che attiene al famoso articolo 13 sui crediti. Le rivendicazioni delle imprese italiane sono quantificate in 620 milioni di euro, ma nulla è detto da questo punto di vista, se non un rinvio ad uno scambio di lettere.

Allo stesso modo, credo debba essere chiarito il tema che riguarda i visti a coloro che sono stati espulsi: come si risolve la vicenda per coloro che sono fuggiti prima delle espulsioni di massa? A chi devono rivolgersi gli italiani in queste condizioni? So bene che poi, nel disegno di legge di ratifica, è stato istituito un fondo di 50 milioni di euro, ma non mi pare davvero che questo segni una pagina di svolta, anzi mi pare ne apra di nuove proprio in termini di conflittualità rilevanti.

Per quanto riguarda poi la questione energetica, nessuna demonizzazione, ma prudenze sì. La controparte è quella che solo la settimana scorsa ha dichiarato e minacciato di non escludere una nazionalizzazione delle proprie riserve energetiche se il petrolio non tornerà a 70 dollari al barile. Credo che una serie di maggiori garanzie, anche contrattuali, e una maggiore prudenza avrebbero spianato la via ad un rapporto meno conflittuale.

Infine, sulla questione dei diritti umani e della lotta all'immigrazione clandestina, so benissimo che l'impianto per il controllo delle frontiere terrestri libiche è satellitare, ma anche in quel caso si aprirà un'enorme fase di conflittualità, per il semplice motivo che la quantificazione dei costi non c'è. C'è un rinvio per il 50 per cento a finanziamenti europei non ancora ottenuti, né fissati, né determinati, così come non è quantificato il costo per quanto riguarda le iniziative sociali.

Per tutti questi motivi, a fronte dell'esigenza di partenariato privilegiato di cui voi parlate, le zone d'ombra mi sembrano molto più notevoli, al di là della personalità del contraente, che pure deve essere tenuta in considerazione. Siamo di fronte ad una controparte che solo una settimana fa incitava tutti i musulmani ad andare a combattere a Gaza; stiamo facendo un accordo con una controparte che solo una settimana fa chiedeva la distruzione dello Stato di Israele; stiamo firmando un accordo privilegiato con una controparte che certamente in termini di evoluzione del rispetto dei diritti non ha un curriculum non dico soddisfacente, ma nemmeno di trend possibile.

Come spiegheranno anche gli altri miei colleghi, prudenza davvero vorrebbe, da parte nostra perlomeno, un voto contrario, non ideologico. Credo che una lunga trattativa avrebbe meritato la soluzione di un trattato più chiaro, più cogente, più limpido nell'articolato e nella soluzione dei conflitti e più equilibrato rispetto alle parti lese italiane, che pure ci sono. Al contrario, questo è, a nostro avviso, un accordo squilibrato a favore della Libia, che non garantisce un percorso né sereno, né positivo nell'immediato futuro. (Applausi dei senatori Perduca, Poretti e Del Vecchio).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Valli. Ne ha facoltà.

VALLI (LNP). Gentile Presidente, onorevoli colleghi, il 30 agosto Berlusconi ha siglato un accordo con Gheddafi, chiedendo al leader libico maggiore collaborazione nella lotta all'immigrazione illegale.

Tornando indietro di otto mesi, il 29 dicembre 2007 il ministro dell'interno Giuliano Amato e il Ministro degli esteri libico siglarono a Tripoli un Protocollo per la cooperazione tra l'Italia e la Libia per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, mai attuato.

Dopo l'accordo firmato dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Gheddafi ha avuto ciò che stava chiedendo dal lontano 1969, anno in cui cacciò solo con le loro valigie i tanti cittadini del nostro Paese che hanno modernizzato il suo Paese. Noi ci troviamo però nell'impellente situazione legata agli sbarchi sull'isola di Lampedusa, dovuti alla negligenza di Tripoli che ha permesso di tutto pur di tenere alta la tensione tra il nostro Paese e la Libia.

Ci poniamo delle domande: la Libia vuole davvero bloccare i flussi? La seconda perplessità è se i cittadini del nostro Paese considerino un tale accordo sull'immigrazione sufficiente a giustificare una compensazione nei confronti di un Paese ricco di petrolio. Sono le domande che tanti militanti mi hanno fatto in questi ultimi giorni; domande giuste, lecite, che avranno risposte certe solo quando neanche un barcone approderà sulle nostre coste.

Siamo fiduciosi nell'intervento del nostro ministro dell'interno Roberto Maroni, come anche della nostra diplomazia. Il pattugliamento misto dovrebbe portare a risultati concreti, positivi, come già è successo con l'Albania, che con analogo accordo ha totalmente azzerato i flussi migratori verso le coste pugliesi.

Ma Gheddafi vuole davvero collaborare con il nostro Paese? Siamo speranzosi, come sempre non ci mettiamo di traverso, siamo fiduciosi nel nostro Ministro. Speriamo solo che tra sei mesi non ci troveremo qui a discutere ancora di sbarchi clandestini dalla Libia: sarebbe un affronto per la nostra gente, uno sgarbo verso il nostro Governo. (Applausi dal Gruppo LNP. Congratulazioni)

 

Saluto ad una scolaresca dell'istituto "Minucci" di Napoli

PRESIDENTE. Sono presenti in tribuna gli studenti dell'istituto "Minucci" di Napoli. Rivolgiamo a loro e ai loro insegnanti, che sono in visita al Senato, il saluto da parte nostra e gli auguri per i loro studi. (Applausi).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1333 (ore 11,43)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Livi Bacci. Ne ha facoltà.

LIVI BACCI (PD). Signor Presidente, colleghe e colleghi del Senato, signori del Governo, la legge di ratifica del Trattato fra Italia e Libia, che questo Senato si accinge a votare, arriva in quest'Aula a meno di un secolo dalla guerra che l'Italia liberale mosse all'Impero ottomano per la conquista di quella che venne battezzata «la quarta sponda». In quella guerra, nella repressione della resistenza autoctona in Cirenaica e in Tripolitania, persero la vita decine di migliaia di persone ed altre decine di migliaia furono vittime di deportazioni ed internamenti.

Premetto che molti elementi inducono chi vi parla ad esprimere voto favorevole alla legge di ratifica del Trattato, in conformità col voto espresso dal PD alla Camera e con gli orientamenti del Gruppo in questo Senato. Preminente è il riscatto storico del nostro Paese, che ammette le responsabilità del colonialismo, la cui memoria è rimasta troppo a lungo confinata nelle pagine degli studi degli specialisti. Oggi l'Italia se ne dà ufficialmente carico, e questo è un bene. L'ammissione delle responsabilità comporta anche un risarcimento, il cui prezzo può apparire alto, particolarmente in una fase di grave recessione nella quale finanziamenti vitali sono stati fortemente decurtati. Tuttavia i 5 miliardi di dollari promessi saranno spalmati su venti anni, la gestione dei fondi sarà italiana e le opere iufrastrutturali saranno realizzate da imprese italiane. Ma la normalizzazione dei rapporti con un Paese dalle immense risorse energetiche e con buone potenzialità di crescita potrà alla lunga compensare almeno in parte questi indubbi sacrifici economici. Restano però questioni aperte - sulle quali il Parlamento e la collettività dovranno vigilare attentamente - sui criteri, sulle modalità e sulla correttezza delle procedure nell'espletamento di questo obbligo ventennale.

Il Trattato permette di acquisire la Libia allo sforzo della comunità internazionale per il controllo delle migrazioni irregolari. È proprio l'articolo 19 - che sancisce questo impegno cooperativo - che tocca aspetti delicatissimi e controversi ed è su questi che mi voglio brevemente soffermare. Essi configurano le incognite conseguenze di un accordo che contiene rischi che non possono essere sottovalutati e che hanno visto la bilancia del mio personale giudizio incerta nella valutazione di voto, se non mi spingesse al voto positivo la convinzione che le controversie con la Libia vadano chiuse definitivamente. Non sono tanto gli aspetti tecnici dell'accordo a lasciare perplessi, quanto le loro implicazioni.

L'articolo 19 conferma i contenuti del Protocollo d'intesa firmato con la Libia a fine 2007, che prevede il pattugliamento congiunto - con unità ad equipaggio misto - delle acque libiche allo scopo di respingere le imbarcazioni con migranti irregolari. L'articolo prevede altresì il finanziamento, con una somma di 150 milioni di euro, di un non meglio definito «sistema di controllo delle frontiere terrestri» libiche, lunghe, come ben si sa, 4.400 chilometri. Si suppone che si tratti di monitoraggio tecnologico (radar, video, sensori e via dicendo) per individuare i flussi in entrata per i mobili e variati itinerari desertici e per permettere una migliore intelligence del fenomeno, più che per operazioni di contrasto che non potrebbero essere che sporadiche.

In Spagna il sistema SIVE (Sistema integrato di vigilanza esterna), istituito a partire dal 1999, con l'integrazione della sorveglianza elettronica e video con un pattugliamento intensificato, ha permesso di ridurre considerevolmente il traffico di natanti provenienti dal Marocco verso la penisola, prima, e dalle coste africane alle Canarie dopo il 2006. Ma questo effetto positivo non è dovuto solo al SIVE, bensì ad una intensa azione diplomatica volta a concludere accordi di riammissione con il Marocco e con numerosi altri Paesi africani e a sforzi mirati e generosi della cooperazione: un'azione integrata nella quale l'aspetto fisico della difesa dai flussi irregolari è solo parte di un più grande gioco. Ed infatti l'azione meramente fisica di contrasto ha anche effetti negativi: se la sorveglianza si infittisce in una zona, i flussi vengono deviati verso altre, dove i controlli sono minori ma le distanze sono più lunghe, i rischi maggiori; oppure le tecniche di trasporto si adattano, con natanti più piccoli, meno affidabili e più pericolosi, affidandone la guida agli stessi immigrati; o ancora, alzandosi il costo del trasporto o il rischio dello stesso, si selezionano i migranti più disperati o pronti a tutto; oppure, ancora, i tentativi frustrati vengono reiterati. Insomma, ogni barriera può essere aggirata, o valicata, o perforata, al prezzo, magari, di perdite di vite: sono decine di migliaia i migranti morti nei disperati tentativi di navigazione o nelle lunghe marce di avvicinamento ai punti di imbarco. Questo insegna l'esperienza delle migrazioni.

Insomma, il contrasto è necessario, ma è solo una componente - e non la più importante - delle politiche migratorie, perché il sistema migratorio è vasto e complesso: i flussi trans-sahariani hanno radici lontanissime nella storia; si valuta che oltre 100.000 migranti si spingano, ogni anno, verso il Nord Africa attraverso molteplici e variabili itinerari; la rete organizzativa di supporto all'immigrazione illegale è ramificata e solida; nei Paesi nordafricani esistono comunità molto numerose di immigrati provenienti dal resto del continente (tra un milione e un milione e mezzo nella sola Libia) che forniscono appoggio e protezione. Inoltre esistono organizzazioni robuste per il traffico degli irregolari capaci di variare ed adattare rapidamente le strategie di trasporto e di inserire nelle loro strategie, mediante la corruzione, coloro che dovrebbero vigilare sui traffici irregolari nei Paesi di origine e in quelli di transito.

Le politiche di contrasto, respingimento e rafforzamento dei controlli sono scarsamente efficaci senza robusti accordi di riammissione con i Paesi di origine, che la diplomazia italiana appare meno capace di concludere rispetto a quelle spagnola o francese, e senza robuste politiche di cooperazione, ridotte al lumicino (lo zero virgola zero zero più qualcosa del PIL) nell'anno della Presidenza italiana del G8, ricca di annunci ma povera di risorse.

Ma le preoccupazioni maggiori sono di ordine umanitario. L'Europa, e l'Italia con essa, sta tentando una sorta di outsourcing delle responsabilità migratorie, spostando sempre più a sud i suoi confini, nel tentativo di proteggere il proprio territorio dagli indesiderati. Se ciò che sta avvenendo a Lampedusa solleva fondatissime critiche (e infatti, come distinguere le posizioni - numerosissime - di coloro che legittimamente chiedono asilo e protezione dalle altre?), le condizioni in Libia sono tremende, come attestato da inequivocabili testimonianze. Per quanto riguarda le condizioni di vita nei campi di detenzione, la sommarietà delle procedure di espulsione, l'inosservanza delle convenzioni internazionali (alcune non sottoscritte), la chiusura del Paese agli osservatori esterni, le denunce delle organizzazioni umanitarie e degli osservatori, della cui imparzialità non è dato dubitare, sono infatti numerosissime e coerenti.

Spingere la frontiera a sud significa, per l'Europa e per l'Italia, volgere il capo dall'altra parte sulla sorte di decine di migliaia di migranti, a meno di non pretendere vigorosamente - ma il Trattato è quasi muto in proposito - il rispetto dei princìpi umanitari.

Per queste ragioni, un gruppo di senatori del Partito Democratico ha presentato l'ordine del giorno G105, del quale chiedo vigorosamente l'accoglimento da parte del Governo e l'approvazione da parte di tutti i colleghi, col quale si impegna il Governo, in sede di definizione delle intese bilaterali di cui all'articolo 19 del Trattato, ad ottenere garanzie dal Governo libico in tema di rispetto dei diritti umani dei migranti e delle norme del diritto internazionale relativamente alla protezione dei rifugiati.

Realismo politico, convenienza e riscatto storico consigliano la firma del Trattato, ma impongono al Governo una leadership in Europa per proporre politiche migratorie inclusive, cooperazione rafforzata, rispetto assoluto dei diritti umani. La pagella, per ora, è largamente insufficiente, specie oggi, il giorno successivo alla dichiarazione del Ministro dell'interno (che ci fa rimpiangere un altro Ministro dell'interno del Governo Berlusconi, che aveva ben più coscienza dell'importanza del proprio ruolo) secondo la quale occorre essere "cattivi" con gli immigrati irregolari, e nel giorno nel quale riprende l'esame del cosiddetto pacchetto sicurezza che definisce l'irregolarità un reato. Lo dico in quest'Aula nella quale, venerdì scorso, si è tenuta - per iniziativa del Presidente del Senato - una bella e intensa celebrazione del sessantesimo anniversario della solenne Dichiarazione dei diritti umani di fronte a 12 scuole di varie Regioni d'Italia. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore De Eccher. Ne ha facoltà.

DE ECCHER (PdL). Signor Presidente, desidero intervenire sul disegno di legge in esame, che mi trovo sostanzialmente a condividere, per manifestare però qualche perplessità su un singolo passaggio relativo al preambolo del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Libia. Mi riferisco al settimo capoverso, in cui si afferma: «ritenendo di chiudere definitivamente il doloroso "capitolo del passato", per il quale l'Italia ha già espresso, nel Comunicato Congiunto del 1998, il proprio rammarico per le sofferenze arrecate al popolo libico a seguito della colonizzazione italiana». Voglio sottolineare che il termine "colonizzazione" risulta assolutamente appropriato: si tratta di un termine che indica qual è stato il rapporto dell'Italia con quelle terre.

Mi trovo ad intervenire nella posizione del tutto particolare di segretario provinciale dell'Associazione nazionale reduci e rimpatriati d'Africa (ANRRA), che ha come finalità quella di tenere viva la memoria del ruolo svolto dai civili e dai militari italiani in quelle zone. Sono stato nominato segretario «per i buoni sentimenti e la giovane età»: così mi è stato detto da persone che hanno mediamente tra gli 80 e i 90 anni di età e che rivendicano la positività della loro esperienza. Ricordo, in particolare, il dottor Leonida Fazi, che venne aiutato nella sua attività di recupero della memoria storica dall'allora direttore de «Il Tempo», dottor Letta. Rammento le conferenze del dottor Leonida Fazi, nelle quali presentava i risultati dell'azione italiana - la costruzione di ospedali, di chilometri di strade, di scuole e di abitazioni - proprio per indicare lo spirito degli italiani. Ricordo, anche se ciò non ha attinenza con la Libia, le parole del Negus, il famoso Haile Selassie delle canzonette, che pur avendo mille motivi di risentimento verso l'Italia, rientrato in patria ebbe a dire: ringrazio gli italiani perché hanno amato e beneficato le mie terre e le mie genti. Quindi, bisogna porre effettivamente l'accento sull'esperienza italiana in questo settore. Ricordo anche uno striscione, esposto in una manifestazione di italiani che avevano vissuto in Libia, sul quale campeggiava la scritta «Fu giusto o fu sbagliato nulla abbiamo preso, molto abbiamo dato». Questo è lo spirito che voglio qui rivendicare, pur comprendendo pienamente e fino in fondo le ragioni di questo Trattato, ragioni che sostanzialmente condivido pur con qualche riserva su questo specifico passaggio.

Non possono poi neanche essere totalmente dimenticate le tombe dei civili e dei militari italiani divelte in Libia con le ruspe. Anche questo aspetto fa parte di una verità che va riconosciuta nell'ambito di un Trattato che vuole essere di amicizia per il futuro. L'amicizia si basa infatti sul riconoscimento della verità e sulla condivisione dell'analisi del passato.

Pertanto, esprimo parere favorevole rispetto al Trattato, ma con le necessarie puntualizzazioni e riserve sulla questione che ho sottolineato. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Marinaro. Ne ha facoltà.

MARINARO (PD). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, colleghi, come già ricordato dal presidente Dini e da altri colleghi, si sta discutendo di un Trattato che costituisce il punto di arrivo di un percorso che molto ha impegnato la politica estera italiana e, negli ultimi quindici anni, ben cinque Governi. L'azione dell'Italia e la responsabile mediazione politica e diplomatica svolta hanno convinto Gheddafi ad adempiere alle richieste delle Nazioni Unite, avviando il percorso di normalizzazione dei rapporti tra la Libia ed i Paesi della comunità internazionale e oggi la Libia è un partner economico dell'Italia, in particolare nel settore energetico.

II lungo cammino compiuto ha prodotto sicuramente più di un risultato. Il primo è quello di aver fatto uscire la Libia dall'isolamento internazionale e di averla accompagnata in un percorso di normalizzazione nelle relazioni diplomatiche con gli altri Paesi europei e nella costruzione di un vasto sistema di relazioni economiche con l'Europa e gli Stati Uniti, con i quali, in particolare, ha stabilito una forte collaborazione in materia di sicurezza e nella lotta contro il fondamentalismo islamico. Il secondo è quello di aver assolto una nostra responsabilità storica, quella che discende dell'ingloriosa pagina del colonialismo italiano, anche attraverso il lavoro svolto da una commissione mista, da noi sostenuta, per indagare sui conflitti e sui crimini compiuti durante l'occupazione fascista della Libia; siamo il primo Paese ex coloniale che riconosce ed assume la propria responsabilità nei confronti di una ex colonia.

Nel lungo negoziato che è stato portato avanti è stata conclusa un'intesa che non è solo italo-libica, ma che coinvolge attivamente l'Unione europea. Infatti, la decisione di costruire un sistema di monitoraggio dei confini libici è parte dell'accordo che la Libia ha stretto con l'Unione europea, prima che con l'Italia, anche in termini di impegno finanziario.

Tale valutazione positiva non ci impedisce, però, di vedere i limiti, in particolare in materia di copertura finanziaria e di tutela delle nostre imprese, e i punti critici, che pure ci sono, nonché le problematiche o le difficoltà che devono ancora essere affrontate, tra le quali quella che più di ogni altra inquieta la coscienza di ogni sincero democratico preoccupato della difesa dei fondamentali diritti umani e civili di chi non ha voce né rappresentanza.

Perciò anche in quest'Aula, come già alla Camera, con i nostri emendamenti chiediamo che il Parlamento effettui il monitoraggio della complessa esecuzione di tale Trattato e che si intensifichi la pratica degli accordi bilaterali tra l'Unione europea e tutti gli Stati rivieraschi, con un aumento della cooperazione bilaterale con i Paesi dell'Africa, che il Governo fa molto male a non finanziare adeguatamente, per dare concreta attuazione ad una politica solidale ed efficace che cerchi di governare il fenomeno degli spostamenti di massa dovuti alla miseria ed alla violenza.

Non sono tra quelli che credono che la democrazia sia un bene esportabile, ma tra quelli convinti che solo da una pratica e da una fitta rete di relazioni politiche, economiche, culturali, di scambi e di conoscenza reciproca possa prodursi la contaminazione positiva a cui vanno ascritti i risultati fin qui citati.

È un cammino lungo che non si ferma certo alla ratifica di un Trattato ed è un cammino che l'Italia ha fin qui compiuto in virtù del suo ruolo geopolitico di testa di ponte tra Europa ed Africa, ma che non può essere considerato di sua esclusiva responsabilità.

D'altro canto, sarebbe ben strano pensare che un Trattato bilaterale possa risolvere da solo e - come si dice - «qui ed ora» il complesso fenomeno dell'immigrazione clandestina, nonché quello dei flussi migratori che approdano in Italia attraverso le cosiddette aree di transito del Nord Africa. Né si può certo pensare che una problematica di questa portata e di tanta drammaticità possa essere risolta nell'ambito di un rapporto bilaterale e solo nell'area del Mediterraneo, che è un'area di transito, senza prevedere ed attuare una sinergica politica con i Paesi africani.

Non si tratta di porre in essere una mera operazione di spostamento dei confini, con il trasferimento delle problematiche note dall'Italia alla Libia, ma di essere in grado di utilizzare ogni piccolo passo in avanti compiuto per costruire le premesse di un'azione multilaterale intesa a definire le forme di collaborazione necessarie a prevenire il fenomeno dell'immigrazione clandestina nei Paesi di origine dei flussi migratori, assicurando gli aiuti allo sviluppo in una prospettiva di pace, sicurezza e valorizzazione della persona.

Sappiamo che l'immigrazione proveniente dalla Libia e diretta verso le coste italiane è controllata da organizzazioni criminali, con drammatici costi in termini di vite umane, così come sappiamo che il nostro prossimo obiettivo deve essere quello di annoverare la Libia fra i sottoscrittori della Convenzione di Ginevra sui rifugiati.

L'elezione di Gheddafi alla presidenza dell'Unione Africana ci rafforza nella convinzione che la direzione è giusta e che, oggi, possiamo utilizzare tutti gli strumenti politici e diplomatici per ottenere adeguate garanzie da parte della Libia per quanto riguarda i diritti dei migranti e il rispetto delle norme di diritto internazionale, nonché per mettere in atto ogni iniziativa utile affinché le autorità libiche acconsentano allo svolgimento di un'azione di monitoraggio, da parte dell'Alto commissariato per i rifugiati, sulle politiche in materia di immigrazione, con particolare riguardo ai centri di detenzione degli immigrati, aprendo le porte anche alle organizzazioni non governative più rappresentative sul piano internazionale.

Tutto ciò considerato, ritengo che opporsi oggi alla ratifica di questo Trattato sarebbe un errore grave e, soprattutto, incomprensibile, non solo per i libici, ma per la comunità internazionale.

Valori essenziali come quelli del dialogo, della cooperazione, della sicurezza, della convivenza pacifica hanno bisogno di un largo consenso per poter progredire e produrre risultati misurabili nella vita quotidiana di tutti.

Questo è anche il senso degli emendamenti e dell'ordine del giorno che alcuni di noi hanno presentato e che auspichiamo il Governo e la maggioranza abbiano la sensibilità politica di condividere, per dare un senso e una continuità all'impegno comune.

A questo fine sollecitiamo il Governo e la Presidenza del Senato a rendere al più presto effettiva la disposizione dell'accordo che estende il partenariato allo sviluppo dei rapporti istituzionali e degli enti locali delle due parti, per allargare la partecipazione e per approfondire la reciproca conoscenza. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Filippi Marco. Ne ha facoltà.

FILIPPI Marco (PD). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, oggi quest'Aula è chiamata a ratificare un accordo internazionale carico di significati.

Un accordo che chiude - almeno si spera - un vecchio contenzioso con la Libia; un atto che si pone in netta discontinuità con una delle più brutte pagine della storia del nostro Paese e che si spera possa costituire la parola definitiva a non limpide relazioni internazionali tra il nostro Paese e la Libia, che hanno conosciuto nel passato recente anche inquietanti situazioni e risvolti drammatici, e ad atti criminosi non ancora definitivamente accertati. Naturalmente questo lavoro ha potuto prendere corso soltanto quando è cessato il regime sanzionatorio delle Nazioni Unite nei confronti della Libia ed è iniziato - per così dire - un ravvedimento operoso di quel Paese, specie sul fronte della lotta al terrorismo internazionale.

Un accordo che guarda, quindi, ad un futuro di relazioni tra i due Paesi, ma anche più in generale tra le due sponde del Mediterraneo, all'insegna di una trasparenza con cui definire una effettiva governance per alimentare processi di pace che hanno bisogno di effettivo e convinto sostegno.

Un accordo che potrebbe costituire un modello di relazioni con cui avvicinare le due sponde, che conoscono da decenni dinamiche divergenti e confliggenti. Ne sono dimostrazione le opposte dinamiche demografiche, così come quelle economiche e sociali. Processi che hanno conosciuto negli anni recenti flussi migratori non controllati e che il Trattato in questione vorrebbe avviare a soluzione.

È risaputo infatti che il Governo libico, periodicamente, quando vuole mettere sotto pressione il Governo italiano, dà il via libera agli sbarchi di clandestini. Numerosi sono gli emigranti che stazionano sulle coste libiche in attesa di un imbarco di fortuna. Ma questo è un accordo rilevante anche dal punto di vista del partenariato energetico e industriale; dunque, per un Paese come il nostro, che ha bisogno di diversificare le proprie fonti energetiche, è certamente molto importante. Come, del resto, gli elementi che guardano agli interventi significativi di realizzazione infrastrutturale costituiscono un aspetto di sicura importanza per un Paese come la Libia non solo dal punto di vista del risarcimento storico.

Con tutto ciò non possono essere sottaciuti elementi di pesante ambiguità che permangono nell'accordo e che gettano perplessità sull'intera operazione politica e diplomatica. Aspetti che evidentemente richiedono, da un lato, un attento monitoraggio circa il rispetto delle clausole contenute e, dall'altro, una maggiore chiarezza interpretativa, come nel caso delle clausole in cui siprevede una sorta di indisponibilità del nostro Paese ad utilizzare il proprio territorio per iniziative contro la Libia; clausola che evidentemente mal si concilia nel caso in cui l'azione fosse mossa o richiesta da organismi internazionali di cui facciamo parte, come la NATO, e che vincolano il nostro Paese al rispetto di quei patti senza limitazione o eccezione territoriale alcuna.

Il Trattato prevede anche il controllo e un pattugliamento delle coste da parte della Marina italiana assieme alla Marina libica ed un controllo delle frontiere terrestri della Libia. Anche su questo punto il Trattato contiene elementi di ambiguità. Il problema dei confini meridionali della Libia non è semplice. C'è il rischio - come è stato ricordato da molteplici interventi, anche nel dibattito alla Camera - che il controllo delle frontiere libiche si possa effettuare con il nostro coinvolgimento in azioni sulla frontiera che ci potrebbero mettere in grande difficoltà, stante la situazione di forte criticità cui la Libia è sottoposta dagli organismi internazionali, specie per quanto riguarda appunto le frontiere meridionali.

L'Italia, oltre a presentare le sue scuse e a rendere omaggio alla memoria e alla storia libica, garantisce il versamento di 5 miliardi di dollari in venti anni, grosso modo la stessa entità delle misure anticrisi con cui si rifinanzia la legge obiettivo (questo detto per inciso). Si impegna poi per la realizzazione di un'autostrada costiera di oltre 1.600 chilometri, che unirà la Libia alla Tunisia da una parte e all'Egitto dall'altra, per la costruzione di 200 abitazioni, per un progetto di sminamento del Paese, per il finanziamento di borse di studio a studenti libici e per le pensioni ai mutilati dalle mine piazzate dagli italiani in epoca coloniale e agli ascari che combatterono durante la Seconda guerra mondiale nelle file dell'esercitoitaliano. Tutto ciò costituisce un gravoso impegno finanziario assunto dall'Italia in un momento in cui, tra l'altro, il Governo ha operato tagli rigorosi al settore della cooperazione internazionale. Al riguardo, il Governo è sicuro di aver fornito la necessaria e prevista copertura finanziaria al provvedimento o invece, come è stato detto e scritto, si ricorrerà ad un'addizionale energetica da parte dell'ENI?

UnTrattato poco trasparente che si propone trasparenza non è di per sé molto convincente. Eppure, nonostante questo, è necessario investire nella fiducia e nel futuro tra tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Ma se non si vuole che la fiducia per un futuro di pace e di benessere possa rappresentare solo un'effimera speranza occorre investire operativamente affinché quei presupposti si realizzino davvero e, per farlo, occorre che l'attività di vigilanza del Parlamento costituisca il fulcro di un monitoraggio continuo al Trattato e alla sua rigorosa interpretazione e applicazione.

Questo credo sia legittimo chiedere e pretendere, affinché gli elementi di ambiguità ancora persistenti si diradino e il Trattato siglato con la Libia possa davvero costituire per il futuro un esempio fulgido per affrontare e risolvere i problemi legati al governo dei flussi migratori e allo stesso tempo costituire occasione di sviluppo. Solo in questo senso sarà da auspicare l'estensione di un suo modello applicativo per affermare un modello di relazioni internazionali multilaterali non più solo nell'ottica di rapporti e accordi bilaterali. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pedica. Ne ha facoltà. (Brusìo).

Invito i colleghi senatori a mantenere, quando è necessario, un clima di conversazioni più sottotono per poter seguire il dibattito.

PEDICA (IdV). Signor Presidente, cari colleghi, più volte nell'ambito della discussione generale che si sta svolgendo da questa mattina ho sentito definire il Trattato di amicizia con la Libia come un atto fondamentale che ricuce gli strappi nella storia, che risana le ferite operate dalla politica estera italiana negli anni più neri del nostro percorso nazionale. Tante volte ho sentito dire che l'eredità colonialista, il fardello che pesava sul nostro futuro di Nazione democratica e pacifica, sarebbe stato tolto con la conclusione dell'accordo al quale hanno lavorato da anni i nostri Governi. Troppe volte, potrei dire, ho sentito cantare, come ne "La ginestra" di Leopardi, le "magnifiche sorti e progressive" che il Trattato avrebbe permesso di conseguire; troppe per non pensare alle parole con le quali il Leopardi continua subito dopo nel testo: «Qui mira e qui ti specchia, secol superbo e sciocco».

Cari colleghi, la confusione che contraddistingue la discussione sviluppatasi attorno al Trattato parte da un assunto fondamentale, che sembra abbiate dimenticato: se l'eredità colonialista vuole essere cancellata, allora è con gli aiuti a quel popolo che tempo addietro soggiogammo che dovremmo farlo, non con un Trattato che premia in primis il Governo libico e, subito dopo, le imprese italiane che riceveranno benefìci economici dalla sua entrata in vigore.

Si sarebbe dovuto chiudere il capitolo con un Trattato aperto - e noi lo ribadiamo sempre come Italia dei Valori - e dibattuto dal Parlamento, luogo sovrano delle decisioni. Si sarebbe dovuto scrivere il capitolo finale con un Trattato che, nel sanare i conflitti nati dal colonialismo, dispone anche affinché mai più nessun tipo di colonialismo possa svilupparsi, neppure nella forma "dolce" del neocolonialismo economico, ossia quella forma di imperio economico che spinge i migranti dai Paesi più poveri a rischiare la vita in traversate di fortuna.

Questo Trattato, colleghi, ricomprende i vizi ma non le virtù, iniziando dal percorso che ha portato alla ratifica oggi, un percorso che alcuni potrebbero definire come caratterizzato da discrezione diplomatica. Però vi ricordo che la discrezione, quando riguarda la cosa pubblica, diventa omissione di informazione alla pubblica opinione, perché il testo dell'accordo è diventato di pubblico dominio con cinque mesi di ritardo dalla firma apposta a Bengasi il 30 agosto 2008, cioè soltanto quando è stato calendarizzato in discussione alla Commissione esteri della Camera dei deputati in data 13 gennaio 2009.

Nel vuoto intercorso abbiamo appreso le notizie circa la dimensione dell'impegno economico, la differente formulazione del testo nella versione libica e in quella italiana e la problematica della cosiddetta ENI tax soltanto da fonti giornalistiche, purtroppo. Anche stamani, cari colleghi, questa discussione generale è una discussione monca, dato che ci possiamo esprimere soltanto sul disegno di legge di ratifica, che consta di soli sei articoli, caratterizzati da formalismo in quanto attinenti per lo più alla copertura economica degli impegni bilaterali presi, e nulla possiamo aggiungere al contenuto del Trattato stesso, il cui articolato, ben più ampio e pregnante, si riferisce invece alla sostanza degli impegni presi.

La stessa considerazione è stata da me mossa in Commissione affari esteri, ed anche il sottosegretario Mantica ha dichiarato che, inizialmente, il proposito del Governo era quello di scindere l'autorizzazione parlamentare alla ratifica dalle altre disposizioni contenute nel disegno di legge, ricorrendo a due provvedimenti distinti, se ho capito bene.

Non voglio con questo scardinare la prassi invalsa, secondo la quale i trattati internazionali sono materia del Governo e non dell'opposizione, ma voglio dire che se si fosse mantenuto un livello più alto di coinvolgimento della stessa opposizione, della pubblica opinione, e non si fosse chiuso ad agosto, in fretta ed in segretezza, un percorso sviluppatosi per anni con continue mediazioni, forse non ci troveremmo oggi, come Italia dei Valori, nella posizione (già manifestata anche alla Camera dei deputati con il presidente Di Pietro), di netta denuncia e deciso diniego alla ratifica del Trattato.

Ma questo è soltanto l'iter che ha portato a concludere il Trattato e la sostanza, per una volta, riflette anche la forma.

Permettetemi ora, cari colleghi, dopo aver dato conto della forma, di entrare nella sostanza dell'Accordo.

Innanzitutto, vorrei esprimere il disagio che provo nel constatare come nel testo dell'Accordo manchi in toto la predisposizione di meccanismi di tutela dei diritti umani. E non basta. Come mi è stato risposto in Commissione, il generico riferimento fatto dal Trattato all'articolo 6 circa il rispetto dei princìpi delle Nazioni Unite e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo in quanto, se i diritti dichiarati non vengono sostanziati e implementati da provvedimenti specifici, rimangono solo vuoti intenti. Da fonti ufficiali, risulta indubbio che la garanzia dei diritti universali dell'uomo non raggiunge gli standard di un Paese democratico, e tante sono le storie degli immigrati subsahariani respinti alle frontiere, ricacciati nel deserto e poi abbandonati.

Tramite il Trattato in discussione, l'Italia avrebbe potuto impegnare la Libia a fornire meccanismi di tutela e di assistenza ai migranti; avrebbe potuto invitare Gheddafi a ratificare la Convenzione ONU sui diritti umani; avrebbe potuto istituire un sistema di costante monitoraggio, anche tramite ONG specializzate, sul trattamento riservato a tali immigrati; avrebbe potuto, infine, spingere affinché nell'ordinamento interno libico venisse introdotto lo strumento dell'asilo politico per coloro che provengono da territori segnati da guerre e da regimi dittatoriali.

Ma lo spirito con cui il nostro Governo si è mosso non è quello di creare una zona di democrazia e di Stato di diritto, quanto quello di erigere un muro che blocchi gli immigrati prima della frontiera italiana perché, si sa, quello che poi ha un ritorno elettorale in sostanza è la lotta "dura" e miope, ossia sul breve periodo, ai clandestini! Sappiamo qual è la politica di questo Governo.

Devo stringere, purtroppo, perché vedo che il tempo a disposizione dell'Italia dei Valori è sempre più breve rispetto agli altri Gruppi.

Ritorno alle premesse iniziali, cari colleghi, quando dicevo che per chiudere il capitolo del colonialismo si dovrebbero porre le basi per scongiurare qualsiasi forma di colonialismo per il futuro. A fronte di un impegno dell'Italia e dell'Unione europea, non si riscontra alcuna contropartita per il Governo libico in termini di clausole per la salvaguardia dei diritti dei migranti.

Consideriamo ora il tema dell'impegno economico che tale Accordo pone all'Italia e valutiamone il valore in un'ottica comparata rispetto alle manovre approntate per far fronte alla crisi.

Il Trattato di amicizia prevede per Gheddafi la somma di 5 miliardi di dollari, mentre per sostenere i cittadini italiani impegniamo, con il cosiddetto decreto anticrisi, soltanto 4 miliardi di euro. Non si può non scorgere nell'impianto generale una certa miopia.

Tralascio alcuni punti del mio intervento, che depositerò agli atti, e vengo al quadro internazionale.

Anche in tal caso devo riproporre i rilievi già mossi in Commissione affari esteri, ai quali, tuttavia, ho ricevuto soltanto generiche controaffermazioni. Per ciò che attiene all'inserimento del Trattato nel sistema giuridico internazionale, sussiste un fumus d'incompatibilità fra gli impegni presi ad agosto tramite il Trattato di amicizia con la Libia e quelli sanciti nel 1949 con la ratifica del Patto atlantico. In particolare, l'Italia si astiene da qualsiasi forma di ingerenza diretta o indiretta negli affari interni ed esterni dell'altro Paese e dichiara che non userà, né permetterà, l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia. Invece, l'articolo 5 del Patto atlantico enuncia che le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o in America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell'esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l'uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza. Evidentemente vi è una contraddizione, cari colleghi.

Tralascio, visto il tempo che ormai volge al termine, l'articolo 20 del Trattato, il quale stabilisce che si sviluppi «un forte ed ampio partenariato industriale nel settore della difesa e delle industrie militari».

Infine, voglio sottolineare come anche l'articolo 19 presenti degli aspetti problematici. Il Trattato stabilisce, tramite detto articolo, che l'Italia metta a disposizione della Libia le nostre tecnologie radar per vigilare sulle frontiere di terra del Paese, ossia quelle interne. Tale disposizione potrebbe essere meritoria, in quanto permette di controllare i flussi in arrivo dei migranti e di gestirli in maniera positiva. Tuttavia, ritorna la considerazione svolta sull'assenza di garanzie del rispetto dei diritti fondamentali. Ci sono quindi problemi da risolvere, sui quali spero il Governo dia risposte.

Peraltro, anche sotto il profilo della copertura finanziaria, si tratta di un progetto che costerà 300 milioni di euro e l'Italia prevede di partecipare soltanto al 50 per cento, cioè con 152 milioni, demandando il resto dei finanziamenti all'Unione europea sulla base - si legge nel testo - «delle Intese a suo tempo intervenute tra la Grande Giamahiria e la Commissione Europea». Avevo chiesto in Commissione se il Governo ritenesse corretto impegnare l'Italia in un progetto senza sapere se realmente l'Europa ne sarà cofinanziatore. È questo un punto su cui dobbiamo riflettere, perché vi è il rischio di una mancanza di copertura finanziaria e di una ingerenza nelle politiche europee delle quali ovviamente non possiamo dettare autonomamente l'agenda. Il sottosegretario Mantica mi ha risposto che gli accordi europei sono in via di definizione nelle competenti sedi europee; ma allora torno a domandare al Governo: le intese sono intervenute a suo tempo, come si legge nel Trattato, o sono in via di definizione, come afferma il sottosegretario Mantica? Il Parlamento necessita di una risposta seria e precisa.

Concludo il mio intervento citando il medesimo testo con cui l'ho iniziato, cioè «La Ginestra» di Leopardi, con cui ho aperto le mie riflessioni: «(...) e volti addietro i passi, / Del ritornar ti vanti, / E procedere il chiami». Ebbene, cari colleghi, ho il fondato timore che proprio questo il Governo abbia fatto firmando il Trattato, e proprio questo, ossia retrocedere fingendo di andare avanti, come ha detto anche la senatrice Bonino, il Parlamento si appresti a fare se procede a questa ratifica.

 

PRESIDENTE. Senatore Pedica, la prego di concludere.

PEDICA (IdV). La ringrazio, Presidente, per il tempo che mi ha concesso e spero che il Governo risponda su queste riflessioni, che sono molto serie e che svolgeremo anche illustrando i nostri emendamenti, dichiarando la nostra contrarietà al non poter spiegare uno per uno i 6.000 emendamenti che abbiamo presentato, che dovrebbe indurre una riflessione in questo Parlamento, ahimè, vuoto. (Applausi dal Gruppo IdV e dei senatori Perduca e Poretti).

PRESIDENTE. Senatore Pedica, come lei sa, il tempo a disposizione è stabilito sulla base della consistenza dei Gruppi; non ci sono altri criteri, è un criterio oggettivo. Comunque, la Presidenza ha consentito e continuerà a consentire a tutti spazi più ampi, visto il carattere di questa discussione. Inoltre, la Presidenza l'autorizza a consegnare il suo intervento scritto.

È iscritta a parlare la senatrice Maraventano. Ne ha facoltà.

MARAVENTANO (LNP). Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, oggi, dopo decenni, siamo qui ancora a parlare di trattati con la Libia. È veramente molto spiacevole. Tuttavia, voglio dare l'ennesima fiducia a questi Governi libici, che non hanno fatto niente finora per risolvere i problemi dei cittadini libici, di questi poveri disgraziati che continuano ad arrivare da noi in cerca di una vita migliore.

Presidenza della vice presidente MAURO (ore 12,25)

 

(Segue MARAVENTANO). Nell'annunciare l'apertura del CIE a Lampedusa, il ministro Maroni ha dichiarato che il Ministero sta avviando le procedure affinché in poco tempo si completino i primi rimpatri da Lampedusa di tutti gli immigrati, ad esclusione dei minori. Infatti, oggi da Lampedusa partiranno i primi immigrati per ritornare a casa, finalmente.

 

PERDUCA (PD). Dove?

 

MARAVENTANO (LNP). A casa loro.

 

PERDUCA (PD). Ma «a casa» dove?

 

MARAVENTANO (LNP). A casa loro, cari colleghi! (Applausi dal Gruppo LNP). Invece di pensare a presentare emendamenti per questi poveri disgraziati, iniziate a presentare emendamenti anche per i poveri vostri paesani, per il vostro popolo!

 

RANDAZZO (PD). Bugiarda!

 

MARAVENTANO (LNP). No. Bugiardo sarai tu, non io!

Le polemiche sull'apertura di questo nuovo centro di identificazione e di espulsione sull'isola di Lampedusa hanno sollevato nelle ultime settimane - soprattutto da parte di voi di sinistra - molte polemiche. Avete fomentato il popolo di Lampedusa! Io ho l'isola sottosopra per colpa vostra, perché non avete saputo dare le informazioni giuste. Il progetto del Governo e del ministro Maroni è ottimo. Andrà avanti. L'ho sposato subito perché questo fenomeno lo voglio eliminare.

Questi poveri disgraziati che continuano a sbarcare nella nostra terra in cerca di una vita migliore non fanno altro che andare nelle strade perché noi come voi in passato non abbiamo saputo gestire questo fenomeno. Noi finalmente oggi riusciremo a farlo perché i trafficanti di uomini devono sapere che arriveranno a Lampedusa e ritorneranno a casa. Chi può andare a casa deve farlo: questo è ciò che ci importa, perché personalmente voglio pensare soprattutto ai problemi che affliggono da vent'anni ormai la mia isola e che sono problemi seri.

Voi lo sapete: nell'isola di Lampedusa mancano tanti servizi. Come facciamo a dare ospitalità a questi poveri disgraziati se neanche li possiamo ospitare? Quindi, il progetto del ministro Maroni è ottimo. Ci vorrebbero altri uomini così decisi e fermi come il ministro Maroni proprio per salvare soprattutto questi poveri disgraziati che si imbarcano in quelle carrette e arrivano da noi senza nessuna speranza. Questa è l'unica cosa vera, cari colleghi, di sinistra soprattutto, perché siete voi che in questi mesi e in questi anni avete dato loro la possibilità di venire nella nostra terra e di...

 

PERDUCA (PD). Avete governato per cinque anni, non te lo dimenticare!

 

MARAVENTANO (LNP) Non voglio neanche rispondere. Meno male che il nostro popolo ha deciso di votare il centrodestra, altrimenti a quest'ora eravamo invasi più di prima. Noi elimineremo il fenomeno e confido molto in questo Governo. Chiederò al Governo di andare avanti, di non fermarsi, perché Lampedusa non sarà mai più il ventre molle della Libia, perché lì ci saranno delle navi che pattuglieranno le coste e finalmente, dopo tanti anni di sacrifici... (Applausi dal Gruppo LNP e dei senatori Ciarrapico e Gramazio). Voi lo sapete benissimo, il nostro Governo deve pagare ed è vergognoso che ancora, dopo tanti anni, il nostro Governo debba pagare.

Quindi, il nostro popolo ha scelto noi e deve confidare in noi perché noi libereremo il nostro Paese da questo brutto fenomeno! (Applausi dal Gruppo LNP e dei senatori Ciarrapico, Gramazio e Saia).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marcenaro. Ne ha facoltà.

MARCENARO (PD). Signora Presidente, cari colleghi, altri senatori del mio Gruppo hanno già motivato le ragioni del nostro voto favorevole alla ratifica del Trattato che stiamo discutendo e hanno detto come noi intendiamo dare questo voto favorevole senza nascondere le preoccupazioni e i problemi che questo Trattato comporta. D'altra parte penso che in questa discussione verifichiamo una questione che riguarda in generale la linea di condotta - vero, presidente Dini? - della nostra politica estera, cioè la capacità di trovare un equilibrio convincente tra l'interesse nazionale che noi tuteliamo e i princìpi ai quali ispiriamo la nostra azione.

In merito, sono perfettamente d'accordo con quanto la senatrice Bonino ha affermato: interesse nazionale e princìpi non possono essere contrapposti. Naturalmente, dobbiamo sapere che non si tratta di una disquisizione teoretica. Questo tentativo di trovare un equilibrio tra il realismo politico e i princìpi, tra quelle ragioni che ci spingono all'approvazione dell'Accordo e i motivi di preoccupazione, che peraltro sono emersi in modo ampio nella nostra discussione, si svolge in uno scenario drammatico che ha le caratteristiche di una vera e propria tragedia biblica e cha riguarda migliaia di persone ed ha portato molte di loro a perdere la vita.

Si tratta pertanto di una questione di enormi dimensioni e io non sarei a posto con la mia coscienza se non dicessi che tali preoccupazioni non riguardano solo l'atteggiamento, la storia e le posizioni del Governo libico, ma anche le nostre difficoltà di trovare un punto di equilibrio convincente fra il contrasto all'irregolarità dell'immigrazione e il rispetto intransigente dei diritti umani ed una capacità di apertura alle persone. È per questo, credo, sottosegretario Mantica, non solo per una riserva, che pure può esistere nei confronti di molti atteggiamenti del Governo libico, ma per un bisogno di verificare noi, passo per passo, la nostra capacità, quella del Governo italiano e delle forze politiche di essere all'altezza, nei loro comportamenti pratici delle affermazioni che pure compiono dal punto di vista politico generale, è per questo, dicevo, che abbiamo bisogno di una forte azione di monitoraggio e di verifica, di una possibilità per il Parlamento non di consegnare una volta per tutte tale decisione ai verbali di questa discussione, ma di impegnarsi a verificare le conseguenze degli atti che compiamo e ad assumerci nel tempo la responsabilità di una verifica e, naturalmente, anche di una messa a punto, nelle nostre scelte, delle azioni conseguenti.

Questo è quanto volevo dire. Per tale ragione abbiamo presentato, non solo come Gruppo, ma anche a seguito di una discussione che è avvenuta coinvolgendo più forze, alcuni ordini del giorno che chiedono al Governo di favorire tale possibilità, nei confronti dei quali le chiedo, signor sottosegretario Mantica, di esprimere parere favorevole alla loro approvazione o accoglimento. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gallo. Ne ha facoltà.

GALLO (PdL). Signora Presidente, onorevoli senatori, illustre sottosegretario di Stato per gli affari esteri, senatore Mantica, i trattati internazionali rappresentano sempre un'importante pagina di storia, in particolare quando, come nel caso in esame, chiudono una dolorosa pagina del passato per aprirsi alla speranza del futuro.

Il Trattato sottoscritto il 30 agosto 2008 dal presidente Berlusconi con la Libia chiude un periodo di risentimenti e di rivendicazioni e ne apre uno nuovo, di collaborazione e pacificazione. Dal prossimo anno, infatti, in entrambi i Paesi sì celebrerà, il 30 agosto, la «Giornata dell'amicizia» e cesserà conseguentemente in Libia la «Giornata della vendetta».

Tra le disposizioni del Trattato assumono particolare importanza quelle recanti l'impegno della Libia a concedere i visti di ingresso per motivi di turismo, lavoro o altre finalità anche ai cittadini italiani espulsi in passato dal territorio libico, nonché quelle concernenti l'impegno a definire le pendenze in ordine a crediti e debiti fiscali e/o amministrativi di aziende italiane.

L'Accordo è finalizzato quindi ad instaurare un rapporto diverso nelle relazioni tra Italia e Libia e ad intensificare la collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all'immigrazione clandestina ed irregolare, mediante un pattugliamento delle coste da parte della Marina italiana insieme alla Marina libica, intervento quest'ultimo quanto mai attuale e necessario al luce del persistere di flussi migratori clandestini di provenienza libica.

Sarà anche migliorata la collaborazione nel settore difesa nell'ottica della non proliferazione degli armamenti e del disarmo.

Il disegno di legge individua le misure finalizzate alla copertura finanziaria degli interventi previsti nel Trattato, in particolare quelli di carattere infrastrutturale, mediante una addizionale IRES a carico dei soggetti che operano nel campo della ricerca e della coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi, per venti anni, cioè fino al 2028.

Altre disposizioni, parimenti importanti, sono volte al riconoscimento di un ulteriore indennizzo che chiude definitivamente la fase risarcitoria ai soggetti titolari di beni, diritti ed interessi sottoposti in Libia a misure limitative.

Il Trattato fissa al Capo I i princìpi generali dell'accordo e precisamente: l'impegno reciproco al rispetto della legalità internazionale; l'uguaglianza sovrana; il non ricorso alla minaccia e all'uso della forza; la non ingerenza negli affari interni; la soluzione pacifica delle controversie; il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali; la promozione di iniziative volte a favorire il dialogo e la comprensione fra i due popoli.

Il Capo II reca disposizioni volte a sanare le situazioni pregresse e i contenziosi pendenti fra i due Paesi. Di particolare interesse sono le norme contenute nell'articolo 8 che impegnano il nostro Paese a realizzare in Libia un programma infrastrutturale ventennale: una grande occasione, un nuovo mercato per le nostre imprese. Un vero e proprio mercato parallelo in un momento di gravissima crisi in cui il rilancio delle infrastrutture rappresenta una priorità del Governo per la ripresa dell'economia.

Tali infrastrutture saranno individuate da una commissione mista paritetica, su proposta della Grande Giamahiria, con una copertura finanziaria garantita da fondi reperiti e gestiti dal nostro Paese per un importo complessivo di 5 miliardi di dollari USA, con un impegno annuale quindi di 180 milioni di euro, e saranno realizzate esclusivamente - sottolineo "esclusivamente" - da aziende italiane su siti resi disponibili dalla Libia, senza oneri per l'Italia e le stesse ditte esecutrici, in conformità a specifici cronoprogrammi.

L'Accordo prevede altresì agevolazioni in favore delle aziende per favorire il reperimento dei materiali da costruzione, l'espletamento delle procedure doganali e di importazione e la fruizione di taluni servizi (energetici e telefonici).

La Libia si impegna inoltre a garantire, a seguito di trattative dirette con aziende italiane, la realizzazione di opere, progetti industriali ed investimenti nel proprio territorio, nell'ottica di una forte cooperazione economica fra i due Paesi. Le imprese italiane, a loro volta, contribuiranno alla bonifica ambientale delle zone interessate dagli investimenti e ad opere sociali, secondo le consuetudini esistenti.

L'articolo 10 pone a carico del nostro Paese talune iniziative speciali in favore del popolo libico, sulla base di specifiche richieste libiche, da finanziare con il Fondo sociale istituito ai sensi dell'articolo 12 del Trattato. Si tratta di borse di studio universitarie e postuniversitarie; di programmi di cure presso istituti specializzati italiani in favore di vittime dello scoppio delle mine; del ripristino del pagamento delle pensioni di guerra; della restituzione di reperti archeologici e di manoscritti.

Si segnala, tra le predette iniziative speciali, la costruzione di 200 unità abitative in Libia, su siti e con caratteristiche da determinare di comune accordo.

Il Capo III reca la disciplina del nuovo partenariato bilaterale con previsione di consultazioni politiche a vari livelli su temi bilaterali, regionali e internazionali, di reciproco interesse. Il Comitato di partenariato, inoltre, adotta i provvedimenti necessari all'attuazione degli impegni previsti dal Trattato.

Altre disposizioni del Capo III attengono al rafforzamento della cooperazione fra i due Paesi in diversi campi di comune interesse, come quello scientifico, tecnologico, medico-sanitario e culturale.

Norme specifiche sono poi volte a favorire la collaborazione economica, industriale ed energetica, anche attraverso la promozione di progetti di trasferimento di tecnologie.

Riveste particolarmente importanza la collaborazione nei settori delle opere infrastrutturali dell'aviazione civile e delle costruzioni navali, anche attraverso la costituzione di società miste, la promozione di iniziative di sostegno delle piccole e medie imprese e l'incentivazione degli investimenti diretti.

Alla luce di quanto esposto, ritengo sia evidente che, accanto ad una giusta ed equa finalità risarcitoria e all'apertura di una nuova fase storica di collaborazione e cooperazione fra i due Paesi, emerga un altrettanto importante e strategico risultato del Governo: un nuovo mercato in Libia, esclusivo per le nostre imprese, per un periodo di ben venti anni, con un investimento complessivo di ben 5 miliardi di dollari USA. Siamo di fronte, quindi, a decisi interventi che incideranno favorevolmente sull'economia italiana con investimenti infrastrutturali importanti che non ricadono - come si è già avuto modo di illustrare - direttamente sul bilancio dello Stato e che si affiancano a quelli previsti nel decreto anticrisi, da poco approvato in Senato.

Ritengo che i risultati raggiunti dal presidente Berlusconi con il Trattato in discussione siano da ritenere di portata storica, così come peraltro ribadito dal presidente Dini nel suo intervento introduttivo, e debbano perciò essere tenuti in grande considerazione, ancor più in questo momento di grande difficoltà internazionale.

Concludo dichiarando il mio voto favorevole.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ciarrapico. Ne ha facoltà.

CIARRAPICO (PdL). Signora Presidente, mi sono un po' vergognato, come si vergognò Montanelli quando dinanzi ad alcune affermazioni, lesive del nostro Paese, disse che è un fenomeno ricorrente in Italia parlarci male addosso e definì questi fenomeni espressi da italioti. Allora, credo che stamattina qui qualcuno abbia avuto nostalgia degli italioti.

Un occupante inglese, dopo la sconfitta del 1945, riconobbe durante il suo mandato che l'Italia aveva fatto opera di civiltà in Libia e quindi auspicava - il nemico inglese - che ci fosse dato anche il mandato, come l'avemmo poi per la Somalia. Qui invece si parla di vergogna, di inenarrabili delitti da noi commessi; però, nello stesso tempo, nel Trattato si dice che riconosciamo la pensione ai combattenti libici, quelli che combatterono fino all'ultimo momento con noi. Allora, credo che qualche italiota qua dentro dovrebbe visitare la Libia per vedere quello che il Governo italiano aveva fatto. Altro che delitti commessi! Opera di civiltà.

Adesso porteremo pure il caffè al beduino sotto la tenda; ma quelli restano sempre coloro che evirarono i nostri prigionieri a Shara Shat e a cui tagliuzzarono le labbra e la lingua perché non potessero bere, perché morissero di sete. Questa è la civiltà di quel popolo che noi avremmo martoriato.

Questi non hanno mai capito nulla della grande civiltà di Roma che noi fummo capaci di portare in terra di Libia. Quindi, italioti che oggi avete preso la parola, siete italioti. (Applausi dei senatori Gramazio e Allegrini. Commenti della senatrice Poretti).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

Sulle intimidazioni indirizzate all'onorevole Bernardini

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PERDUCA (PD). Signora Presidente, come ho detto stamani, vorrei denunciare la campagna che è stata lanciata contro l'onorevole Bernardini e l'ex onorevole D'Elia, a seguito della loro visita ispettiva al carcere di Rebibbia, dove si erano recati a seguito di segnalazioni per cercare di capire cosa fosse in effetti successo a due dei romeni accusati dello stupro di Guidonia della settimana scorsa.

Colgo questa occasione anche per ragguagliare il Senato su quanto avvenuto di lì a poco, cioè sabato scorso durante la trasmissione «Effetto sabato». Ebbene, un certo signor Maurizio Battista, che mi si dice essere un comico, senza alcun tipo di contraddittorio e con l'appoggio esplicito della stessa conduttrice, ha sottoposto a pubblico dileggio la visita dell'onorevole Bernardini e dell'ex onorevole D'Elia e ha travisato completamente il motivo di quella visita. Infatti appunto, come è stato detto, i due si erano recati in carcere per cercare di capire ciò che era successo. Le frasi del signor Battista sono drammatiche e avvengono in un contesto che dimostra, ancora una volta, che il nostro servizio radiotelevisivo non è sotto controllo.

Mi domando, allora, se il Senato ritiene di doversi unire nell'espressione della solidarietà all'onorevole Bernardini e all'ex onorevole D'Elia che hanno ormai la casella di posta elettronica intasata di messaggi minatori, in particolare rivolti all'onorevole Bernardini con argomentazioni non dissimili da chi ha praticato lo stupro nei confronti delle vittime di Guidonia, e se non sia anche il caso di avviare un dibattito relativamente al modo con cui i nostri mezzi di comunicazione stanno coprendo qualsiasi cosa avvenga o non avvenga nel nostro Paese.

Chi semina vento raccoglie tempesta: non escluderei che l'aver dato grande risonanza esclusivamente agli atti di violenza senza spendere minimamente tempo e parole nei confronti di chi ha cercato di approfondire altri aspetti relativi a quella vicenda possa contribuire a far sì che nelle prossime settimane episodi di questo tipo, vista e considerata la grancassa mediatica, divengano una triste quotidianità per questo nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD).

SALTAMARTINI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALTAMARTINI (PdL). Signora Presidente, intervengo in merito a questo ultimo intervento dell'onorevole Perduca per sottolineare un fatto veramente grave rappresentato dalle accuse che alcuni parlamentari hanno rivolto agli operatori delle Forze di polizia che hanno arrestato gli autori di gravissimi reati.

 

PORETTI (PD). Chi?

 

PERDUCA (PD). Cita la fonte!

 

SALTAMARTINI (PdL). Vede, l'onorevole Sergio D'Elia, condannato per l'omicidio di un poliziotto senza aver mai risarcito il danno alle vittime, non si può presentare in un istituto di pena per fare delle accuse nei riguardi delle forze dell'ordine e delle istituzioni di questo Paese.

 

PERDUCA (PD). Quali accuse? Documentale! Documentale!

 

SALTAMARTINI. Caro senatore Perduca, sbagliate quando fate questo tipo di attacchi nei riguardi delle istituzioni del nostro Paese...

PERDUCA. Quali attacchi? Si sta assumendo la responsabilità di argomentare...

PRESIDENTE. Senatore Perduca, per cortesia lasci che il senatore Saltamartini concluda il proprio intervento, come lei ha svolto il suo. Senatore Perduca, la invito... (Commenti del senatore Perduca).

No, senatore Perduca, lei ha potuto svolgere il suo intervento senza interruzioni. Lasci svolgere l'intervento al senatore Saltamartini!

 

SALTAMARTINI (PdL). Non potete dare lezioni...

 

PERDUCA (PD). Neanche tu!

 

SALTAMARTINI (PdL). ...non può dare lezioni chi ha ucciso un mio collega di 21 anni sotto il carcere di Firenze.

 

PERDUCA (PD). Non ha ucciso nessuno! Non ha attaccato nessuno!

 

SALTAMARTINI (PdL). Non potete dare lezioni, voi radicali! E non vi potete permettere sempre di attaccare le istituzioni di questo Paese e, in particolare, l'Arma dei carabinieri! Devi stare zitto, Perduca!

 

PERDUCA (PD). ...con il silenzio? Bravo!

 

SALTAMARTINI (PdL). Devi solo nutrire rispetto democratico ed istituzionale nei confronti di chi ha compiuto il proprio dovere fino in fondo e ha portato dinnanzi ai giudici di questo Paese gli autori di gravissimi reati!

 

PERDUCA (PD). E qual è il tuo dovere? Quello di rappresentare le leggi. Documentale, le tue accuse!

 

PRESIDENTE. Senatore Perduca, la invito, per cortesia, ad ascoltare l'intervento, come il suo è stato ascoltato in quest'Aula, senza interruzioni. Grazie!

SALTAMARTINI (PdL). Dopo di che, c'è un giudice nel nostro Paese che potrà giudicare quello che voi sostenete. Ma sono trent'anni che le Forze di polizia stanno ad ascoltare le vostre aggressioni. Lei la deve smettere, senatore Perduca! E, soprattutto, chi si è reso responsabile - lo ripeto - di aver ammazzato un ragazzo di vent'anni senza aver mai chiesto scusa alla sua famiglia, né aver mai risarcito il danno, non può dare lezioni di moralità, né in quest'Aula parlamentare, né nel nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PdL).

PORETTI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PORETTI (PD). Signora Presidente, con pacatezza: nessuno ha accusato gli agenti di polizia di aver fatto un pestaggio. Anzi, proprio per verificare le notizie che venivano dall'interno del carcere e venivano pubblicate sugli organi di stampa, l'onorevole Rita Bernardini ha fatto esattamente il suo dovere, che poi è quello che ciascun parlamentare può fare, di effettuare una visita ispettiva presso il carcere allo scopo di verificare se fossero avvenuti pestaggi oppure no. Per fare chiarezza ha anche presentato un'interrogazione parlamentare al riguardo.

Quindi, non ci sono quelli che difendono gli stupratori e che accusano ingiustamente gli agenti di polizia penitenziaria. Non esiste uno schieramento del genere.

Se poi si vuole fare un ulteriore processo a Sergio D'Elia lo si può fare, casomai, in un'altra sede oppure dedicando un'intera seduta del Senato al riguardo e non semplicemente lanciando le accuse che il senatore Saltamartini ha qui rivolto, anche se non è mia intenzione intervenire al riguardo.

Certamente, si potrà poi anche discutere se la pena ed il carcere vadano intesi come una punizione a vita o come un'esclusione a vita dalla società oppure se una persona, una volta che ha saldato il suo conto con la giustizia, può essere riammessa nella società di cui fa parte anche il senatore Saltamartini. Bisogna valutare dunque se la pena deve essere esclusivamente punitiva e se non sia da intendersi secondo quanto previsto dalla Costituzione. (Applausi del senatore Perduca).

PEDICA (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PEDICA (IdV). Signora Presidente, intervengo anch'io sul caso di Guidonia. Concordo con il Partito radicale, tanto che condivido l'esigenza di andare a trovare le persone in carcere per verificare il loro stato di salute o quanto subiscono. Io stesso l'ho fatto in passato, ma in questo frangente mi sembra di poter parlare di una sorta di autogol da parte dell'onorevole Bernardini e da parte del Partito radicale. È fuori da ogni logica andare a trovare i carnefici e non la persona che ha subìto una violenza. (Commenti dei senatori Perduca e Poretti). Dovevate andare a trovare e portare solidarietà alla famiglia e a quella coppia che ha subìto una violenza e che resterà a vita marchiata, e non persone che hanno violentato e che avevano già premeditato violenze in precedenza. Chi andate a visitare? I carnefici. (Commenti dei senatori Perduca e Poretti). Posso anche capirlo, ma in quel frangente è un autogol.

Fate tante cose fatte bene di cui vi rendo merito, e ritengo che sia giusto andare a verificare cosa accade nelle carceri, ma era inopportuno, come è stato inopportuno, andare a trovare questi carnefici. (Commenti dei senatori Perduca e Poretti). Anch'io avrei fatto una verifica tra un anno o due, ma sarei andato direttamente, come tutti noi faremo, a trovare le persone che hanno subìto una violenza.

È inaudito pensare che l'onorevole Bernardini si lamenti delle minacce ricevute per essere andata a trovare una persona che ha violentato due ragazzi che porteranno inciso questo fatto nella loro mente e nella loro storia personale.

I familiari dei ragazzi di Guidonia ci chiedono di non abbandonarli. Queste famiglie chiedono alle istituzioni di non abbandonarli. Non dovete andare a sostenere i carnefici. (Commenti dei senatori Perduca e Poretti). Io vi capisco, ma lo dico con riferimento all'opinione pubblica.

PRESIDENTE. Senatori Poretti e Perduca, vi invito cortesemente a fare intervenire il senatorePedica. Nessuno vi ha interrotto nel corso del vostro intervento. (Commenti dei senatori Perduca e Poretti). Senatore Perduca, se non vuole ascoltare la prego di uscire dall'Aula. In caso contrario la prego di ascoltare.

PEDICA (IdV). Questa è la conclusione alla quale sono arrivate milioni di persone che si sono indignate per questo vostro comportamento.

Non è un attacco personale all'onorevole Bernardini: è che lei ha scelto un momento sbagliato per portare solidarietà a chi si è reso carnefice e che potrebbe addirittura tra pochi giorni, anche se speriamo mai, essere rilasciato. È su questo che l'opinione pubblica riflette, mandando...

PERDUCA (PD). Minacciando!

 

PEDICA (IdV). Ma chi è causa del suo mal, pianga se stesso: non si può andare a trovare i carnefici; si vada a trovare chi ha subìto il danno. È l'Italia intera che vuole unirsi a quelle famiglie e certamente non vuole che si vada a vedere lo stato fisico di persone che hanno rischiato il linciaggio e proprio grazie alla polizia lo hanno evitato.

 

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale

e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, convocazione

PRESIDENTE. Colleghi, comunico che, d'intesa con il Presente della Camera dei deputati, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi è convocata per domani, mercoledì 4 febbraio 2009, alle ore 14, presso la sede di Palazzo San Macuto per procedere alla propria costituzione.

 

Interpellanze e interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE.Comunico che sono pervenute alla Presidenza interpellanze e interrogazioni, pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ricordo che il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica oggi, alle ore 16,30, con lo stesso ordine del giorno.

La seduta è tolta (ore 12,56).

Allegato B

 

Testo integrale dell'intervento del senatore Pedica nella discussione generale del disegno di legge n. 1333

Cari colleghi, più volte nell'ambito della discussione generale che si sta svolgendo da questa mattina ho sentito definire il Trattato di amicizia con la Libia come un atto fondamentale che ricuce gli strappi nella storia, che risana le ferite operate dalla politica estera italiana negli anni più neri del nostro percorso nazionale.

Tante volte ho sentito dire che l'eredità colonialista, il fardello che pesava sul nostro futuro di Nazione democratica e pacifica, sarebbe stato tolto con la conclusione dell'Accordo al quale hanno lavorato da anni i nostri Governi.

Troppe volte, potrei dire, ho sentito cantare, come ne «La Ginestra» di Leopardi, le «magnifiche sorti e progressive» che il Trattato avrebbe permesso di conseguire, troppe per non pensare alle parole con le quali il Leopardi continua subito dopo nel testo: «Qui mira e qui ti specchia, / Secol superbo e sciocco».

Perché, cari colleghi, la confusione che contraddistingue la discussione sviluppatasi attorno al Trattato parte da un assunto fondamentale, che sembra abbiate dimenticato: se l'eredità colonialista vuol esser cancellata, allora è con gli aiuti a quel popolo che tempo addietro soggiogammo che dovremmo farlo, non con un Trattato che premia in primis il governo libico e, subito dopo, le imprese italiane che riceveranno benefici economici dalla sua entrata in vigore!

Si sarebbe dovuto chiudere il capitolo con un Trattato aperto e dibattuto dal Parlamento, luogo sovrano delle decisioni.

Si sarebbe dovuto scrivere il capitolo finale con un Trattato che, nel sanare i conflitti nati dal colonialismo, dispone anche affinché mai più nessun tipo di colonialismo possa svilupparsi, neppure nella forma «dolce» del neocolonialismo economico, ossia quella forma di imperio economico che spinge i migranti dai Paesi più poveri a rischiare la vita in traversate di fortuna.

Ma questo Trattato, colleghi, questo Trattato ricomprende i vizi ma non le virtù.

Iniziando dal percorso che ha portato alla ratifica di oggi.

Un percorso che alcuni potrebbero definire come caratterizzato da discrezione diplomatica.

Ma la discrezione, vi ricordo, quando riguarda la cosa pubblica, diventa omissione di informazione alla pubblica opinione.

Perché il testo dell'Accordo è diventato di pubblico dominio con cinque mesi di ritardo dalla firma apposta a Bengasi, il 30 agosto 2008, e cioè soltanto quando è stato calendarizzato in discussione alla Commissione affari esteri della Camera in data 13 gennaio 2009.

Nel vuoto intercorso abbiamo appreso le notizie circa la dimensione dell'impegno economico, la differente formulazione del testo nella versione libica ed in quella italiana, e la problematica della cosiddetta ENI-tax soltanto da fonti giornalistiche.

E anche stamani, cari colleghi, questa discussione generale è una discussione monca, dato che ci possiamo esprimere soltanto sul disegno di legge di ratifica, che consta di soli sei articoli, caratterizzati da formalismo in quanto attinenti per lo più alla copertura economica degli impegni bilaterali presi, e nulla possiamo aggiungere al contenuto del Trattato stesso, il cui articolato, ben più ampio e pregnante, si riferisce invece alla sostanza degli impegni presi.

La stessa considerazione è stata da me mossa in Commissione affari esteri, ed anche il sottosegretario Mantica ha convenuto che, inizialmente, il proposito del Governo era quello di scindere la ratifica parlamentare dalla introduzione delle disposizioni contenute nel disegno di legge medesimo in due provvedimenti distinti.

Non voglio con questo scardinare la prassi invalsa per la quale i Trattati internazionali sono materia del Governo e non dell'opposizione, ma voglio dire che se si fosse mantenuto un livello più alto di coinvolgimento della stessa opposizione della pubblica opinione, e non si fosse chiuso ad agosto, in fretta ed in segretezza, un percorso sviluppatosi per anni con continue mediazioni, forse non ci ritroveremmo oggi, come Italia dei Valori, nella posizione di netta denuncia e deciso diniego a questo Trattato.

Ma questo è stato l'iter che ha portato a concludere il Trattato, e la sostanza, per una volta, riflette anche la forma.

Permettetemi dunque, dopo aver dato conto della forma, di entrare nella sostanza dell'Accordo.

Innanzitutto vorrei esprimere il disagio che provo nel constatare come nel testo dell'Accordo manchi in toto la predisposizione di meccanismi di tutela dei diritti umani.

Non basta, come mi è stato risposto in Commissione, il generico riferimento fatto dal Trattato all'articolo 6 circa il rispetto dei princìpi delle Nazioni Unite e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, in quanto se i diritti dichiarati non vengono sostanziati ed implementati da provvedimenti specifici, rimangono solo vuoti intenti.

Da fonti ufficiali, Amnesty International come l'UNHCR, risulta indubbio che la garanzia dei diritti universali dell'uomo non raggiunge gli standards di un Paese democratico, e tante sono le storie degli immigrati subsahariani respinti alle frontiere, ricacciati nel deserto, abbandonati.

Tramite il Trattato in discussione l'Italia avrebbe potuto impegnare la Libia a fornire meccanismi di tutela ed assistenza ai migranti; avrebbe potuto invitare Gheddafi a ratificare la Convenzione Onu sui diritti umani (che ancora oggi la Libia non ha riconosciuto), avrebbe potuto istituire un sistema di costante monitoraggio, anche tramite ONG specializzate, sul trattamento riservato a tali immigrati; avrebbe potuto, infine, spingere affinché nell'ordinamento interno libico venisse introdotto lo strumento dell'asilo politico per coloro che provengono da territori segnati da guerre e regimi dittatoriali.

Ma lo spirito con cui il nostro Governo si è mosso non è stato quello di creare una zona di democrazia e di Stato di diritto, quanto quello di erigere un muro che bloccasse gli immigrati prima della frontiera italiana, perché, si sa, quello che poi ha un ritorno elettorale in sostanza è la lotta «dura» e miope, ossia sul breve periodo, ai clandestini!

E allora ritorno alle premesse iniziali, cari colleghi, quando dicevo che per chiudere il capitolo del colonialismo si dovrebbe porre le basi per scongiurare qualsiasi forma di colonialismo per il futuro, anche quello economico del neocolonialismo, il quale spinge i migranti subsahariani a tentare traversate di fortuna, per poi ricacciarli indietro e abbandonarli al proprio destino se non vengono considerati necessari al sistema produttivo. Questo Trattato tuttavia non contribuisce all'arresto di tale forma di nuovo colonialismo, in quanto affida l'intera gestione delle politiche migratorie, per l'area interessata, totalmente alla Libia.

A fronte di un impegno dell'Italia e dell'Unione europea, non si riscontra alcuna contropartita per il governo libico in termini di clausole per la salvaguardia dei diritti dei migranti.

Consideriamo, dunque, il tema dell'impegno economico che tale Accordo pone all'Italia, e valutiamone il valore in ottica comparata rispetto alle manovre approntate per far fronte alla crisi: il Trattato di amicizia prevede per Gheddafi la somma di 5 miliardi di dollari, mentre per sostenere i cittadini italiani ne impegniamo, con il cosiddetto decreto anticrisi, soltanto 4 di miliardi.

Non si può non scorgere nell'impianto generale una certa miopia.

O forse una malcelata volontà di favorire la speculazione e l'arricchimento delle imprese italiane, le quali sono poi i veri soggetti che beneficeranno dei 5 miliardi di stanziamento, in quanto destinatarie delle commesse relative alla costruzione di opere infrastrutturali in Libia.

Mi spingo a dire tanto perché chiunque può rilevare come all'articolo 8 si parli genericamente di «progetti infrastrutturali di base (...) concordati tra i due Paesi» e, altrettanto genericamente di «aziende italiane», senza l'espressa previsione di istituti e modalità di controllo sull'assegnazione di tali risorse, sulla individuazione delle opere, sulla selezione delle imprese italiane da incaricare.

Mancano cioè la trasparenza, la valutazione dei costi-benefici, la ricerca dell'efficienza.

Mancano così tanto che questa libertà concessa sembra piuttosto un favore che il Governo sta facendo alle imprese amiche!

E se, come i giornali sottolineano, il Trattato permette di dare soldi alle imprese italiane amiche, in cambio di fonti energetiche per l'Italia e del controllo dei flussi di immigrati, siamo sicuri che il governo Gheddafi, non certo affidabile, manterrà le promesse fatte?

Anche il relatore Dini, in Commissione, concordava sul fatto che fosse assente nel testo la specificazione circa il mezzo di selezione delle imprese italiane che lavoreranno ai progetti infrastrutturali.

Il vacuum che caratterizza tale aspetto è invece inversamente proporzionale alla precisione con cui si sa chi pagherà tale impegno.

Infatti, la copertura finanziaria di un piano economico di 5 miliardi viene trovata dal Governo tassando l'ENI per il 4 per cento sugli utili.

Non è esplicito ma, come anche i giornali hanno denunciato, l'articolo 3 della legge di ratifica, che stabilisce le condizioni sulle quali calcolare l'addizionale imposta sul reddito delle società, non lascia dubbi sul fatto che sia stato ritagliato proprio per gravare sull'ENI, in cambio di possibilità di sviluppo industriale per la stessa azienda in territorio libico.

Data la natura essenzialmente privatistica della compagnia, ossia giustamente finalizzata al profitto, è manifesto che a sostenere l'aggravio economico dato dall'addizionale saranno i cittadini con il rialzo praticamente automatico delle tariffe dell'energia! Dunque, elargire 4 miliardi con il decreto anticrisi e poi toglierne 5 con l'aumento della spesa energetica, che è un servizio universale, non migliorerà ma peggiorerà le loro già critiche condizioni economiche. E poi, vi chiedo, questo aggravio sull'ENI per venti anni, non è prodromo di una dichiarazione che l'ENI rimarrà monopolio senza procedere allo scorporo di rete da servizi, come invece lo stesso Governo aveva annunciato di voler fare in campagna elettorale?

Veniamo al quadro internazionale.

Anche qua devo riproporre i rilievi già mossi in Commissione affari esteri, ai quali, tuttavia, ho ricevuto soltanto generiche controaffermazioni.

Per ciò che attiene all'inserimento del Trattato nel sistema giuridico internazionale, infatti, sussiste un fumus di incompatibilità fra gli impegni presi ad agosto tramite il Trattato di amicizia con la Libia e quelli sanciti nel 1949 con la ratifica del Patto atlantico.

In particolare, l'Italia si astiene da qualsiasi forma dì ingerenza diretta o indiretta negli affari interni o esterni dell'altro Paese, e dichiara che non userà né permetterà l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia. Mentre l'articolo 5 del Patto atlantico enuncia che le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America settentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l'uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza. L'evidente contraddizione, colleghi, Presidente e rappresentanti del Governo, non può essere sanata da un richiamo fatto nel Trattato al rispetto dei principi della legalità internazionale, come avete sostenuto in Commissione, poiché nel diritto internazionale ogni atto pattizio, come il Patto atlantico, perde di efficacia al subentrare di un successivo atto pattizio come quello firmato con la Libia, e altresì l'impiego della forza per la difesa della sicurezza internazionale non rientra in nessuno dei princìpi dello jus cogens che sono subordinati al diritto convenzionale.

Ergo, nel caso in cui una operazione multilaterale dovesse essere attivata nei confronti della Libia a seguito di un attacco della stessa ad un Paese NATO, l'Italia potrebbe trovarsi nella situazione imbarazzante di non poter cooperare all'azione multilaterale in quanto vincolata dal Trattato che oggi ci impegniamo a ratificare.

Questo Trattato fissa una svolta concreta e profonda alla nostra politica estera multilaterale!

Ma di ciò il Parlamento non ha modo di dibattere!

A quanto affermato sinora, ossia che l'Italia potrà trovarsi nella condizione del non facere in caso di operazione multilaterale, dobbiamo associare l'altrettanto pericoloso aspetto del facere che il Trattato sancisce all'articolo 20, dove si affronta il capitolo della collaborazione in materia di difesa.

L'articolo 20 stabilisce che si sviluppi «un forte ed ampio partenariato industriale nel settore della difesa e delle industrie militari».

Il sottosegretario Mantica ha assicurato in Commissione che tale disposizione non attiene alla fornitura di materiale bellico ma è ristretta ai soli mezzi di pattugliamento come gli elicotteri.

Non voglio mettere in dubbio la parola del Sottosegretario, ma, proprio perché si tratta di parola, tale affermazione potrebbe cadere di fronte a quanto invece stabilito e per iscritto dal Trattato.

La formulazione, ancora una volta, generica del testo potrebbe essere invece il prodromo ad una concessione da parte dell'Italia di aiuti finanziari, di mezzi e di tecnologie per consentire un riarmo al Governo Libico!

Ed infine voglio sottolineare come anche l'articolo 19 presenti degli aspetti problematici.

Il Trattato stabilisce, tramite detto articolo, che l'Italia metta a disposizione della Libia le nostre tecnologie radar per vigilare sulle frontiere di terra del Paese, ossia quelle interne.

Tale disposizione potrebbe essere anche meritoria, in quanto permette di controllare i flussi in arrivo di migranti e di gestirli in maniera positiva.

Tuttavia ritorna, subito, la considerazione fatta sull'assenza di garanzie del rispetto dei diritti fondamentali.

Quindi, sì, a seguito dell'individuazione dei flussi, il Governo potrà predisporre gli strumenti per farvi fronte, ma in che termini e con che garanzie?

Ed in secondo luogo, anche sotto il profilo della copertura finanziaria di un progetto che costerà 300 milioni di euro, l'Italia prevede di partecipare soltanto al 50 per cento, con 152 milioni, e demanda il resto dei finanziamenti all'Unione europea sulla base - si legge nel testo - «delle intese a suo tempo intervenute tra la Grande Giamaria e la Commissione europea».

Avevo chiesto in Commissione se il Governo riteneva corretto impegnare l'Italia in un progetto senza sapere se realmente l'Europa sarà davvero un co-finanziatore, col rischio di una mancanza di copertura finanziaria e di una ingerenza nelle politiche europee delle quali ovviamente non possiamo dettare autonomamente l'agenda.

Il sottosegretario Mantica mi ha risposto che gli accordi europei sono in via di definizione nelle competenti sedi europee.

Ma allora torno a domandare al Governo: le intese sono intervenute a suo tempo, come si legge nel Trattato, o sono in via di definizione, come afferma il Sottosegretario?

Il Parlamento necessita di una risposta seria e precisa!

Per ciò che attiene al Trattato, a seguito di quanto appena detto, non posso dunque esprimere parere favorevole, ma anche per ciò che attiene alla legge di ratifica ed esecuzione rimane un punto sul quale l'Italia dei Valori si discosta dalla linea del Governo, e cioè la determinazione economica dell'indennizzo nei confronti di cittadini italiani, enti e società italiane operanti in Libia e colpiti da provvedimenti adottati dalle autorità libiche.

Ma affronterò tale aspetto nella discussione degli emendamenti, che, sul punto, abbiamo presentato come Italia dei Valori.

Concludo questo mio intervento citando il medesimo testo («La ginestra» di Leopardi) con il quale ho aperto queste riflessioni: «(...) e volti addietro i passi, / Del ritornar ti vanti, / E proceder il chiami».

Ebbene cari colleghi, ho il fondato timore che proprio questo il Governo abbia fatto firmando il Trattato, e proprio questo, ossia retrocedere fingendo di andare avanti, il Parlamento si appresti a fare se procede alla ratifica.

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Alberti Casellati, Amoruso, Bevilacqua, Bornacin, Caliendo, Carrara, Castelli, Ciampi, Collino, Comincioli, Cutrufo, Davico, De Gregorio, Dell'Utri, Galioto, Giovanardi, Mantica, Mantovani, Martinat, Massidda, Morra, Palma, Pera, Poli, Santini, Sciascia, Speziali, Stancanelli, Vicari e Viespoli.

Commissioni permanenti, variazioni nella composizione

Il Presidente del Gruppo Lega Nord Padania ha comunicato le seguenti variazioni nella composizione delle Commissioni permanenti, con decorrenza dal 30 gennaio 2009:

  

3a Commissione permanente: cessa di appartenervi il senatore Sergio Divina, entra a farne parte il senatore Alberto Filippi;

 

4a Commissione permanente: cessa di appartenervi il senatore Roberto Mura, entra a farne parte il senatore Sergio Divina;

 

5a Commissione permanente: cessa di appartenervi il senatore Alberto Filippi, entra a farne parte il senatore Gianvittore Vaccari;

 

6a Commissione permanente: cessa di appartenervi il senatore Gianvittore Vaccari, entra a farne parte il senatore Roberto Mura.

 

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nomina dei nuovi componenti

In data 30 gennaio 2009 i Presidenti delle Camere, d'intesa fra loro, hanno proceduto alla nomina dei componenti della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, a seguito della revoca dei precedenti componenti della Commissione, disposta il 21 gennaio scorso sulla base del parere espresso in pari data dalle Giunte per il Regolamento dei due rami del Parlamento.

 

Il Presidente del Senato della Repubblica ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi i senatori Pietro Paolo Amato, Massimo Baldini, Paolo Barelli, Felice Belisario, Federico Bricolo, Alessio Butti, Francesco Casoli, Mauro Ceruti, Gianpiero D'Alia, Vincenzo Fasano, Maurizio Gasparri, Raffaele Lauro, Rosa Angela Mauro, Riccardo Milana, Fabrizio Morri, Massimo Elio Palmizio, Giovanni Procacci, Luigi Vimercati, Vincenzo Maria Vita e Sergio Zavoli.

 

Il Presidente della Camera dei deputati ha chiamato a far parte della medesima Commissione i deputati Marco Beltrandi, Davide Caparini, Enzo Carra, Francesco Colucci, Giovanni Cuperlo, Marcello De Angelis, Massimo Donadi, Paolo Gentiloni Silveri, Pietro Laffranco, Giorgio Lainati, Mario Landolfi, Maurizio Lupi, Giancarlo Mazzuca, Giovanna Melandri, Giorgio Merlo, Giovanni Carlo Francesco Mottola, Vinicio Giuseppe Guido Peluffo, Roberto Rao, Jole Santelli e Luciano Mario Sardelli.

 

Disegni di legge, trasmissione dalla Camera dei deputati

Ministro giustizia

Ministro pari opportunità

(Governo Berlusconi-IV)

Misure contro gli atti persecutori (1348)

(presentato in data 30/1/2009);

C.1440 approvato dalla Camera dei deputati (assorbe C.35, C.407, C.204, C.667, C.787, C.856, C.966, C.1171, C.1231, C.1233, C.1252, C.1261).

 

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Senatori Vaccari Gianvittore, Divina Sergio

Distacco del comune di Lamon dalla regione Veneto e sua aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione (1349)

(presentato in data 28/1/2009);

 

senatori Ramponi Luigi, Gasparri Maurizio, Allegrini Laura, Amato Paolo, Amoruso Francesco Maria, Augello Andrea, Balboni Alberto, Battaglia Antonio, Benedetti Valentini Domenico, Bonfrisco Anna Cinzia, Butti Alessio, Caligiuri Battista, Cantoni Gianpiero Carlo, Casoli Francesco, Castro Maurizio, Centaro Roberto, Cicolani Angelo Maria, Collino Giovanni, Compagna Luigi, Conti Riccardo, Contini Barbara, Coronella Gennaro, Costa Rosario Giorgio, D'Ambrosio Lettieri Luigi, De Angelis Candido, De Eccher Cristano, De Feo Diana, De Gregorio Sergio, De Lillo Stefano, Delogu Mariano, Di Giacomo Ulisse, Di Girolamo Nicola, Di Stefano Fabrizio, Digilio Egidio, Esposito Giuseppe, Fasano Vincenzo, Fazzone Claudio, Ferrara Mario, Fleres Salvo, Fluttero Andrea, Galioto Vincenzo, Gallo Cosimo, Gallone Maria Alessandra, Gamba Pierfrancesco Emilio Romano, Gentile Antonio, Germontani Maria Ida, Giuliano Pasquale, Gramazio Domenico, Izzo Cosimo, Lauro Raffaele, Licastro Scardino Simonetta, Longo Piero, Malan Lucio, Massidda Piergiorgio, Mazzaracchio Salvatore, Menardi Giuseppe, Messina Alfredo, Morra Carmelo, Mugnai Franco, Nespoli Vincenzo, Nessa Pasquale, Orsi Franco, Paravia Antonio, Pastore Andrea, Pera Marcello, Piccioni Lorenzo, Pichetto Fratin Gilberto, Pontone Francesco, Rizzotti Maria, Saia Maurizio, Saltamartini Filippo, Sarro Carlo, Scarpa Bonazza Buora Paolo, Spadoni Urbani Ada, Stancanelli Raffaele, Tancredi Paolo, Tofani Oreste, Totaro Achille, Valentino Giuseppe, Vicari Simona

Disposizioni in materia di decoro della bandiera (1350)

(presentato in data 30/1/2009);

 

senatore Zanetta Valter

Disposizioni concernenti il trattamento di quiescenza del personale postelegrafonico cessato dal servizio tra il 1° gennaio 1994 e il 1° ottobre 1995 (1351)

(presentato in data 03/2/2009);

 

senatore De Lillo Stefano

Regolamentazione del diritto all'obiezione di coscienza da parte dei farmacisti (1352)

(presentato in data 03/2/2009).

Disegni di legge, approvazione da parte di Commissioni permanenti

Nella seduta del 29 gennaio 2009 la 13a Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) ha approvato il disegno di legge: "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti" (1269).

(Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Foti, Stradella ed altri, Di Pietro ed altri).

 

Con l'approvazione di detto disegno di legge restano assorbiti i disegni di legge: Negri ed altri. - "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse"(767); Belisario ed altri. - "Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse" (823), fatto proprio dal Gruppo parlamentare Italia dei Valori, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento.

Governo, trasmissione di atti

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 22 gennaio 2009, ha inviato, ai sensi dell'articolo 8 della legge 12 giugno 1990, n. 146, recante «Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali», copia delle seguenti ordinanze:

n. 5/2008, emessa dal Ministro dello sviluppo economico. Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 10a e alla 11a Commissione permanente (n. 45);

n. 156T, emessa dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 8a e alla 11a Commissione permanente (n. 46).

 

  

Con lettera in data 27 gennaio 2009, il Ministero dell'interno, in adempimento a quanto previsto dall'articolo 141, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha comunicato gli estremi del decreto del Presidente della Repubblica concernente lo scioglimento del consiglio comunale di Pescara.

 

Autorità garante della concorrenza e del mercato, trasmissione di documenti

Il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 12 gennaio 2009, ha inviato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 20 luglio 2004, n. 215, la relazione sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interesse, riferita al secondo semestre 2008.

 

Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a e alla 10a Commissione permanente (Doc. CLIII, n. 2).

 

Autorità per l'energia elettrica e il gas, trasmissione di atti

Il Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con lettera in data 27 gennaio 2009, ha inviato, una nota sulla regolazione della qualità del servizio elettrico, con riferimento agli eventuali effetti generati dall'approvazione di alcuni emendamenti presentati all'Atto Senato n. 1305.

 

La predetta documentazione è stata trasmessa, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a Commissione permanente (Atto n. 126).

 

Garante del contribuente, trasmissione di atti

Con lettere in data 14, 16, 22 e 28 gennaio 2009, sono state inviate, ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, le relazioni sull'attività svolta nell'anno 2008 dai seguenti Garanti del contribuente:

 

per la regione Umbria (Atto n. 122);

per la regione Campania (Atto n. 123);

per la provincia autonoma di Trento (Atto n. 124);

per la regione Toscana (Atto n. 125).

 

I predetti documenti sono stati trasmessi, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a Commissione permanente.

 

Consigli regionali e delle province autonome, trasmissione di voti

E' pervenuto al Senato un voto dell'Assemblea regionale siciliana avente ad oggetto: «Modifica della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modifiche ed integrazioni, al fine di rafforzare gli strumenti di lotta alla criminalità organizzata attraverso la destinazione dei beni confiscati nell'ambito della Regione nella quale l'attività illecita è stata posta in essere in via esclusiva o prevalente» (n. 7).

 

Il predetto voto è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 138, comma 1, del Regolamento, alla 2a Commissione permanente.

 

Petizioni, annunzio

Sono state presentate le seguenti petizioni:

 

il signor Salvatore Germinara, di Verzino (Crotone), chiede:

 

che sia data facoltà al cittadino di sollevare questioni di legittimità costituzionale relativamente a leggi dello Stato (Petizione n. 517);

 

l'istituzione di collegi giudicanti con la partecipazione di giudici popolari in ogni tipo di giudizio (Petizione n. 518);

 

il signor Marino Savina, di Roma, chiede provvedimenti in materia di insegnamento della religione cattolica e valutazione degli alunni (Petizione n. 519);

 

il signor Alessandro Rocchi, di Roma, chiede l'istituzione di un'Autorità garante della giustizia (Petizione n. 520);

 

il signor Edoardo Macrì, di Roccella Jonica (Reggio Calabria), chiede una riforma del sistema giudiziario che ammetta la possibilità, per il cittadino, di difendersi in giudizio senza il patrocinio di un legale (Petizione n. 521);

 

la signora Rita Guma, di Napoli, e numerosi altri cittadini chiedono la tutela dei diritti all'integrazione e allo studio dei cittadini diversamente abili, con particolare riguardo alle modalità del sostegno scolastico per gli alunni con certificazione di disabilità grave (Petizione n. 522);

 

il signor Emiliano Boscarato, di Chioggia (Venezia), e la signora Sabrina Bretoni Piazza, di Bologna, chiedono la soppressione dei limiti di età e di statura ai fini del reclutamento nelle Forze armate (Petizione n. 523).

  

Tali petizioni, ai sensi dell'articolo 140 del Regolamento, sono state trasmesse alle Commissioni competenti.

 

 

Interpellanze

VIMERCATI, FILIPPI Marco, ADAMO, ARMATO, BAIO, BARBOLINI, BASSOLI, BIONDELLI, BLAZINA, BOSONE, BUBBICO, CAROFIGLIO, CASSON, CECCANTI, CERUTI, D'AMBROSIO, DI GIOVAN PAOLO, DONAGGIO, FISTAROL, FONTANA, GALPERTI, GASBARRI, GHEDINI, ICHINO, LEDDI, MAGISTRELLI, MARCENARO, MAZZUCONI, MERCATALI, MONGIELLO, MORRI, PAPANIA, PEGORER, RANUCCI, ROILO, ROSSI Paolo, RUSCONI, SANNA, SIRCANA, SOLIANI, TREU, VERONESI, ZANDA - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

gli organi di stampa hanno dato informazione di un nuovo episodio che ha visto "spezzarsi" un treno Eurostar Freccia Rossa in viaggio il 24 gennaio 2009 da Napoli a Bologna;

già il 14 e il 21 luglio 2008, due treni Eurostar si erano "spezzati" durante il percorso ferroviario dalla stazione di Milano centrale al deposito di Martesana, come esposto nell'interrogazione 4-00404, alla quale il Governo a distanza di sei mesi non ha ancora risposto;

a differenza degli incidenti avvenuti nell'estate 2008, l'episodio del 24 gennaio è avvenuto mentre il treno aveva passeggeri a bordo, l'incolumità dei quali avrebbe quindi corso seri pericoli;

il verificarsi di questi incidenti continua a destare forte preoccupazione nei cittadini e in particolare negli utenti del servizio ferroviario, soprattutto in coloro che, anche quotidianamente, usufruiscono del servizio Eurostar;

il Ministro in indirizzo ha dichiarato di aver disposto un'indagine ministeriale e di aver chiesto alle Ferrovie dello Stato una relazione su quanto accaduto;

il gruppo Ferrovie dello Stato, in una nota del 25 gennaio, ha dichiarato che: "Le prime verifiche condotte dagli stessi macchinisti del treno hanno consentito di individuare nell'ultima carrozza il freno di emergenza indebitamente azionato. E questo è verosimilmente la causa di quanto accaduto, avendo esso la capacità di bloccare immediatamente la parte di treno frenata";

la spiegazione non rassicura assolutamente, poiché sembra evidenziare che l'attivazione del freno di emergenza, indipendentemente dal motivo, su un treno Eurostar in marcia provoca quindi la divisione del convoglio in due tronconi;

specifica il gruppo che l'azionamento del freno di emergenza sarebbe un "atto doloso", circostanza che, se fosse positivamente verificata, sarebbe ancora più inquietante rispetto all'ipotesi di guasto tecnico;

come esposto nell'interrogazione 3-00279, alla quale parimenti il Governo a distanza di circa quattro mesi non ha ancora risposto, sulle cause degli incidenti occorsi il 14 e il 21 luglio 2008, il signor Dante De Angelis, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, aveva denunciato una grave e generale condizione di insicurezza dei treni ETR, determinata dall'usura, dalla cattiva manutenzione e dai mancati controlli sulla stessa, e per questa denuncia il signor De Angelis è stato raggiunto da provvedimento di licenziamento;

attraverso una nota diffusa a seguito del licenziamento del signor De Angelis, il gruppo Ferrovie dello Stato, pur comunicando ufficialmente che gli incidenti occorsi il 14 e il 21 luglio 2008 sarebbero stati causati in entrambi i casi da un mero "errore di manovra da parte del personale", aveva comunque fatto sapere di aver richiesto alle ditte costruttrici "di mettere in atto soluzioni tecniche per evitare questo tipo di inconvenienti", con ciò ammettendo la sussistenza di problemi tuttora non risolti;

già nell'interrogazione 3-00279 si chiedeva al Governo di accertare quali provvedimenti fossero stati adottati dal gruppo Ferrovie dello Stato per eliminare i supposti "difetti di progettazione" dei treni ETR segnalati dall'amministratore delegato ingegner Mauro Moretti in data 24 luglio 2008 e in generale quali soluzioni tecniche e organizzative il gruppo avesse individuato per scongiurare il ripetersi di analoghi episodi e per garantire adeguati standard di controllo e sicurezza del servizio ferroviario su tutta la rete nazionale;

l'incidente occorso il 24 gennaio 2009 alimenta il dubbio che nessuna soluzione sia stata adottata per "evitare questo tipo di inconvenienti" come il gruppo Ferrovie dello Stato aveva invece annunciato,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo intenda comunicare quanto prima al Parlamento maggiori e più dettagliate informazioni in ordine alla dinamica di tutti gli incidenti di cui in premessa, come per altro già richiesto per gli incidenti occorsi il 14 e il 21 luglio 2008 con l'interrogazione 4-00404 presentata il 23 luglio 2008;

se non intenda assumere iniziative di competenza volte al monitoraggio degli standard di manutenzione per la sicurezza dei treni di cui si avvale Trenitalia S.p.A.;

se abbia intanto accertato quali provvedimenti siano stati adottati dal gruppo Ferrovie dello Stato per eliminare i supposti "difetti di progettazione" dei treni ETR segnalati dall'amministratore delegato ingegner Mauro Moretti in data 24 luglio 2008 e in generale quali soluzioni tecniche e organizzative il gruppo abbia individuato per scongiurare il ripetersi di analoghi episodi e per garantire adeguati standard di controllo e sicurezza del servizio ferroviario su tutta la rete nazionale, come già richiesto nell'interrogazione 3-00279;

quali provvedimenti urgenti di competenza intenda adottare al fine di assicurare agli utenti del servizio ferroviario ogni garanzia in ordine ai sistemi di sicurezza.

(2-00057 p. a.)

BIONDELLI, BONINO, CECCANTI, DELLA SETA, LEDDI, MARCENARO, MARINO Mauro Maria, NEGRI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze e del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

la grave crisi economica e finanziaria si sta manifestando in tutta la sua gravità e le prospettive per il nostro paese sono state precisate dalla Commissione europea, prevedendo un tasso di crescita negativo dell'ordine del 2 per cento nel prossimo anno, ovvero una recessione che interesserà tanto la grande industria quanto il sistema delle piccole e medie imprese;

i Governi dei principali paesi industrializzati hanno adottato impegnativi programmi di sostegno dell'economia e, in particolare, del sistema industriale;

nell'ambito dei suddetti piani, paesi europei come la Germania, Francia, la Spagna, la Svezia, e in ambito extra Unione europea, gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, il Canada hanno già adottato o hanno allo studio misure specifiche per il sostegno del comparto automobilistico, e per il finanziamento di tali piani vengono stanziate ingenti risorse finanziarie;

in un mercato sempre più integrato a livello mondiale, il giusto richiamo all'esigenza di non incorrere in misure distorsive, scaturenti da iniziative isolate e non coordinate, almeno a livello europeo, sollecita l'adozione anche in Italia di interventi finalizzati a facilitare e favorire un profondo processo di innovazione in senso ambientale del comparto automobilistico;

la rilevanza del comparto automobilistico, sia in termini di occupazione diretta e indiretta, sia per fatturato e per la funzione di traino per la ricerca e l'innovazione in molti settori produttivi, merita attenzione e impegno politico, tanto nelle politiche nazionali quanto in sede europea;

i dati del mese di dicembre evidenziano che, a fine anno 2008, 45.000 lavoratori sono in cassa integrazione in Piemonte. L'industria automobilistica, come nel resto del mondo, sta pagando un prezzo particolarmente alto: ai 5.400 operai della Fiat Mirafiori in cassa integrazione tra dicembre 2008 e gennaio 2009 si aggiungono 2.000 impiegati che la inizieranno a febbraio. L'intero gruppo Fiat ha previsto in queste settimane, considerando tutte le sedi italiane, la messa in cassa integrazione di circa 50.000 lavoratori. Il calo drastico delle vendite (meno 23 per cento secondo i dati di novembre 2008) e della produzione (meno 46 per cento rispetto allo stesso mese del 2007) è in linea con quanto sta avvenendo negli altri Paesi, evidenziando, all'interno della più generale crisi, un problema specifico che riguarda il settore automobilistico a livello mondiale. L'industria dell'auto è la vittima principale della crisi economica, per il peso che ha nella formazione del PIL (in Italia il settore automotive contribuisce al PIL per circa il 14 per cento) e nella composizione dell'occupazione di molti Paesi (in Italia i dipendenti del settore sono circa un milione di addetti;

la mancata adozione di misure governative risulta particolarmente grave per Torino e per il Piemonte, cuore dell'industria automobilistica italiana, non soltanto per la presenza della Fiat, ma per il peso rivestito da un indotto di piccola e media impresa del settore, che è il suo fulcro produttivo. Il ridimensionamento del comparto dell'automobile avrebbe dunque effetti drammatici, con conseguenze immediate di disoccupazione e crisi sociale, impoverimento del tessuto di piccole e medie imprese, cui si aggiungerebbero rischi di prospettiva per l'intero sistema industriale italiano;

l'apertura di un tavolo di confronto con le rappresentanze delle imprese del settore automobilistico e motociclistico rappresenta una necessaria, seppur tardiva, presa d'atto della difficoltà che registra il comparto, ma dovrà essere una sede in cui coinvolgere tutti gli attori, a cominciare dalle organizzazioni sindacali;

la complessità della crisi richiede una strategia complessiva che metta in campo un ventaglio di misure che favorisca un profondo rinnovamento del settore, dei comportamenti dei consumatori e dell'azione delle pubbliche amministrazioni, nazionali e locali;

in particolare, sembra necessario assicurare interventi che prevedano: la proroga e il potenziamento dei bonus ecologici per la rottamazione di vecchie auto con acquisto di vetture almeno euro 4; l'individuazione di forme di garanzia per la concessione di crediti al consumo automobilistico; l'introduzione di un organico sistema di incentivi alla ricerca ed allo sviluppo tecnologico del settore, che favorisca l'innovazione dei prodotti in chiave di compatibilità ecologica ed ambientale; la destinazione di risorse adeguate per assicurare il rinnovo completo del parco-auto degli enti pubblici entro due anni e degli autobus per il trasporto pubblico locale, sostituendo i mezzi con vetture ecologiche;

allo stesso tempo, è necessario mettere in campo specifiche misure congiunturali di sostegno dell'occupazione per gli addetti del settore, tra cui le più urgenti appaiono: a) la possibilità di aumentare le settimane di Cassa integrazione guadagni ordinaria; b) la tempestività dell'assegnazione di risorse, alle Regioni ed in particolar modo al Piemonte, per la gestione dellaCassa integrazione guadagni straordinaria in deroga. Al 31 dicembre 2008 le risorse sono state esaurite e, se non se ne assegnano di nuove, c'è il rischio che, nell'incertezza del diritto, le aziende procedano al licenziamento; c) il superamento o una nuova definizione dei tetti della Cassa integrazione guadagni per impedire che operai e impiegati, costretti a lunghi periodi di cassa, si avvicinino o superino la soglia di povertà; d) mobilità e disoccupazione in deroga per supportare chi ha già perso il lavoro o non si vedrà rinnovato il contratto. I dati riportano un aumento dei lavoratori licenziati e iscritti in liste di mobilità senza indennizzo (+18 per cento) e un numero consistente di precari che non hanno i requisiti per la disoccupazione; e) procedure semplificate per l'adozione di contratti di solidarietà al fine di assicurare il mantenimento delle competenze della forza lavoro;

la trattativa in atto tra Governo, Regioni ed Unione europea volta all'impiego delle risorse del Fondo sociale europeo a copertura dei costi della Cassa integrazione in deroga, ben lungi dall'avere un effetto positivo, causerà in Piemonte la crisi occupazionale di un settore come quello della formazione professionale, che occupa 3.000 dipendenti e 9.000 collaboratori e che è strategico per gestire l'attuale fase di crisi e favorire l'inserimento o il reinserimento dei giovani e degli adulti disoccupati nel mercato del lavoro,

si chiede di sapere:

come il Governo valuti la situazione che si è venuta a determinare per il comparto industriale automobilistico e più in generale della mobilità, anche alla luce della mancata proroga delle misure di sostegno, già adottate negli scorsi anni, che sta mettendo a repentaglio decine di migliaia di posti di lavoro;

quali iniziative intenda assumere al fine di arrivare a definire una strategia per garantire la tenuta del settore automobilistico nazionale ed europeo, favorendone altresì la difesa dei livelli occupazionali nonché l'evoluzione in senso compatibile con l'ambiente, quale occasione di sviluppo e investimento.

(2-00058)

Interrogazioni

BARBOLINI - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

in data 5 dicembre 2008, il Ministero dell'economia e delle finanze ha reso noto il primo gettito finanziario dei cosiddetti "conti dormienti", costituito da oltre un milione e settantamila conti correnti inattivi da più di un decennio alla data del 17 agosto 2007, che ammonta ad oltre 798 milioni di euro;

lo stesso Ministero ha comunicato, inoltre, che entro il 31 maggio di ciascun anno verranno rese note le ulteriori risorse provenienti dai conti correnti divenuti nel frattempo "dormienti";

tenuto conto che:

la legge finanziaria per il 2006 ha previsto l'assegnazione delle risorse provenienti dai conti correnti "dormienti" ad un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia;

le risorse del predetto fondo erano inizialmente destinate all'indennizzo di centinaia di migliaia di cittadini che, investendo i propri risparmi sul mercato finanziario, erano rimasti vittime di frodi finanziarie non altrimenti risarcite, tra cui si ricordano in particolare le vittime delle vicende Cirio e Parmalat, nonché i portatori dei bond argentini;

la stessa legge finanziaria aveva previsto che le modalità di rilevazione delle risorse derivanti da i conti correnti dormienti, nonché le modalità di attribuzione di tali risorse erano demandate ad un apposito regolamento del Ministero dell'economia;

nei primi passi attuativi delle disposizioni in oggetto, il precedente Governo aveva deciso, con il consenso del Consiglio di Stato, di includere fra i soggetti indennizzabili i risparmiatori danneggiati dalla sottoposizione a procedure concorsuali delle imprese emittenti degli strumenti finanziari, tenendo conto delle decisioni definitive adottate dagli organi della procedura;

con successivi provvedimenti adottati nel corso del 2008, l'attuale Governo ha profondamente modificato la portata delle norme relative ai conti dormienti introdotte dalla legge finanziaria per il 2006, prevedendo nello specifico che le risorse del fondo potessero essere utilizzate anche per finanziare la social card, per le iniziative di ricerca scientifica e per la copertura di taluni oneri conseguenti alla vicenda del fallimento di Alitalia;

le nuove modalità di utilizzo delle risorse derivanti dai conti correnti "dormienti" sono state, inoltre, demandate ad appositi decreti ministeriali per l'adozione dei quali non sono stati previsti limiti temporali;

la già insediata Commissione di gestione del fondo indennizzi, nella quale erano fra l'altro presenti la autorità di vigilanza sul mercato finanziario e le associazioni dei risparmiatori, è stata inopinatamente soppressa,

si chiede di sapere:

quali siano le motivazioni che hanno portato alla soppressione della Commissione di gestione del fondo indennizzi prevista dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116, che, va significativamente rilevato, includeva le autorità di vigilanza e le rappresentanze dei risparmiatori;

in quali tempi verranno adottati i decreti attuativi previsti dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266;

quanta parte del gettito dei "conti dormienti" verrà riservata alla scopo primigenio dell'indennizzo dei risparmiatori frodati;

se non si intenda riconsiderare l'opportunità di tornare ad includere fra gli indennizzabili i risparmiatori danneggiati dalle procedure concorsuali delle imprese emittenti dei titoli acquistati, o quali altre misure a parziale tutela di questi soggetti danneggiati si ritenga di poter doverosamente adottare.

(3-00505)

VICECONTE, LATRONICO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

Trenitalia negli scorsi anni ha assegnato ad un consorzio di imprese, tra le quali la Ferrosud di Jesce nella provincia di Matera, una commessa per la trasformazione di 901 carrozze a scomparti in nuove "eurocity" ad ambiente unico per un investimento complessivo di circa 320 milioni di euro;

alla Ferrosud sarebbe toccata la lavorazione di quasi 200 carrozze;

considerato che:

nel dicembre 2008 Trenitalia ha annunziato un ridimensionamento degli investimenti;

la decisione di Trenitalia produrrebbe immediate conseguenze sulle imprese appaltatrici e sulle maestranze;

in seguito a detto ridimensionamento la Ferrosud potrebbe non poter ottemperare agli impegni presi con i fornitori e una parte dei lavoratori potrebbe essere collocata in cassa integrazione,

gli interroganti chiedono di sapere se il Ministro in indirizzo, per quanto di propria competenza, sia a conoscenza della situazione sopra descritta e, in caso affermativo, se intenda intraprendere iniziative, nei modi e con i mezzi che riterrà più opportuni, al fine di garantire il futuro produttivo e occupazionale dell'area interessata dalla crisi.

(3-00506)

LATRONICO - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

la Cit Holding S.p.A. è stata una delle più grandi aziende italiane per il turismo con un pacchetto immobili composto da villaggi turistici in località strategiche;

a Scanzano Jonico (Matera), sulla costa jonica lucana, la Cit Holding vantava due strutture ricettive "Torre del Faro" e "Hotel Portogreco"; la prima è stata realizzata nel 1999 con i fondi di cui alla legge 19 dicembre 1992, n. 488;

nel 2001 il Comitato interministeriale per la programmazione economica (con la delibera n. 82) approvava il finanziamento del contratto di programma con la Cit Holding per la realizzazione di un articolato piano di investimenti nel settore turistico nel comune di Scanzano Jonico per un importo totale pari a 112 milioni di euro, dei quali 52 milioni di euro a carico dello Stato;

nonostante i cospicui finanziamenti statali, il gruppo Cit ha vissuto un tracollo finanziario a seguito del quale nel novembre 2006 è stato nominato un commissario straordinario;

le strutture della fascia jonica lucana sono state affidate alla gestione dal gruppo Soglia S.p.A. al fine di dare continuità all'attività di impresa e rilanciare le strutture ricettive, garantendo i livelli occupazionali;

considerato che:

ai lavoratori ex Cit Holding e ai lavoratori del gruppo Soglia S.p.A. secondo notizie di stampa non sarebbero state corrisposte le mensilità dal mese di ottobre 2008;

titolari di imprese artigiane locali avrebbero altresì reso note situazioni creditorie ancora aperte con il gruppo Soglia S.p.A.;

la costruzione dei villaggi turistici da parte della Cit Holding S.p.A., oggi di proprietà del gruppo Soglia S.p.A., avrebbe dovuto costituire per la comunità locale fonte di occupazione e volano di ricchezza per l'economia turistica della fascia jonica lucana,

l'interrogante chiede di sapere se i Ministri in indirizzo, ciascuno per quanto di propria competenza, siano a conoscenza di quanto esposto e, nel caso, se ritengano opportuno intervenire nei modi e con i mezzi che riterranno più opportuni a tutela dei livelli occupazionali e al rilancio delle strutture turistiche del metapontino.

(3-00507)

LATRONICO - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

la Soften, azienda specializzata nella produzione di poliuretano per imbottiture, ha realizzato uno stabilimento nella zona industriale di Pisticci (Matera);

l'azienda chimico-tessile si è insediata nella Valbasento grazie ad un bando pubblico destinato ad incentivare nuove iniziative industriali nelle aree di Pisticci e Ferrandina (Matera) per rilanciare le attività produttive e l'occupazione del territorio;

considerato che:

in seguito alla crisi industriale che ha colpito il settore del mobile imbottito, nel cui indotto opera la Soften, nel maggio 2008 la società aveva chiesto e ottenuto per 28 dei 31 dipendenti la cassa integrazione ordinaria della durata di 13 settimane a rotazione fino al 4 gennaio 2009;

lo stabilimento di Pisticci non ha ancora ripreso i lavori, mettendo in allarme i dipendenti sulla volontà da parte dell'azienda di riavviare la produzione, specie in considerazione del fatto che non sarebbero state loro retribuite le ultime quattro mensilità,

l'interrogante chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo, ciascuno per quanto di propria competenza, siano a conoscenza della situazione relativa al polo chimico-industriale dell'area della Valbasento;

in caso affermativo, se ritengano opportuno intervenire, nei modi e con i mezzi che riterranno più opportuni, al fine di avviare un processo di rilancio e di consolidamento delle aree industriali della Regione Basilicata interessate dalla crisi dell'industria chimica;

se ritengano di dover intervenire al fine di garantire un futuro occupazionale ai lavoratori interessati dalla crisi.

(3-00508)

BASSOLI, COSENTINO, BOSONE, DI GIROLAMO Leopoldo, BAIO, VIMERCATI, ADAMO - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

la sindrome del QT lungo (LQTS) colpisce un soggetto ogni 2.500 nati vivi e si stima che nel mondo circa 250.000 persone siano affette da tale patologia;

recenti studi dimostrano che la sindrome possa essere responsabile di alcuni casi di morte improvvisa del lattante (Sids o morte in culla); la LQTS può essere ereditaria o acquisita; in entrambi i casi, i pazienti affetti sono predisposti all'insorgenza improvvisa di aritmie ventricolari pericolose che si possono manifestare come episodi sincopali, o in casi, più gravi possono causare la morte improvvisa da arresto cardiaco;

il trattamento previsto per la cura dei soggetti colpiti da tale malattia consiste nell'assunzione di farmaci beta-bloccanti; talvolta, tuttavia, si rende necessario procedere all'intervento di denervazione simpatica della parte sinistra del cuore;

i farmaci beta-bloccanti sono il cardine della terapia della sindrome QT lungo nonché delle patologie aritmiche genetiche; recenti studi hanno dimostrato lo loro efficacia nella prevenzione dei sintomi e della morte improvvisa nell'80-90 per 100 dei pazienti;

in particolare, i pazienti affetti da una variante di tale patologia (la tachicardia ventricolare catecolaminergica TVC, che attualmente in Italia colpisce circa 100 persone) beneficiano del trattamento con uno specifico beta-bloccante: il nadololo;

a partire dal mese di giugno 2008, il nadololo, commercializzato col nome di Corgar, è stato messo fuori produzione;

da allora, l'azienda produttrice del farmaco, per venire incontro alle esigenze terapeutiche dei pazienti affetti dalla TVC e non trattabili con terapie alternative, continua a fornire alle farmacie il principio attivo per la preparazione magistrale;

gli interroganti sono venuti a conoscenza del fatto che la distribuzione di tale principio attivo potrà essere garantita solo per pochi mesi, in quanto le scorte sarebbero in esaurimento;

la consapevolezza che, entro breve tempo, il farmaco non sarà più disponibile sta creando notevoli disagi e forte preoccupazione tra i pazienti in cura con tale farmaco,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga che il diritto alla salute e alla vita sia un diritto soggettivo incomprimibile, prioritario e prevalente rispetto ad ogni altra esigenza economica o finanziaria;

quali urgenti iniziative intenda adottare per garantire a tutti i soggetti sottoposti a terapia farmacologica con il nadololo la possibilità di reperimento del farmaco sull'intero territorio nazionale e per scongiurare il paventato rischio di un'interruzione delle forniture;

se, a tal fine, non ritenga opportuno considerare la possibilità di affidare la produzione del farmaco all'Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze;

inoltre, in considerazione dell'elevato costo del farmaco, se non ritenga opportuno ammetterlo all'erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale;

se non ritenga necessario prevedere maggiori incentivi da destinare all'industria farmaceutica per la ricerca, lo sviluppo e l'immissione in commercio dei "farmaci orfani" al fine di garantire efficace tutela a tutti i pazienti affetti da malattie rare.

(3-00509)

BARBOLINI - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, organo di governo della magistratura tributaria, è attualmente in regime di prorogatio, essendo scaduto il 30 novembre 2008;

il suddetto Consiglio ha recentemente approvato alcune graduatorie per incarichi direttivi o semi-direttivi, graduatorie pubblicate anche sul sito istituzionale;

nelle sopra richiamate graduatorie risultano tra i vincitori almeno sei membri dello stesso Consiglio di Presidenza;

appare quanto meno singolare che i membri di una commissione esaminatrice di un concorso, sia pure per titoli, siano contemporaneamente concorrenti, e in taluni casi vincitori, dello stesso concorso;

la vicenda sembrerebbe proporre, se non profili di incompatibilità certamente ragioni di inopportunità, in analogia peraltro con quanto avviene per altri autorevoli organi di autogoverno della magistratura;

risulta quanto mai necessario evidenziare, con la massima trasparenza, le motivazioni, i criteri e i parametri in base ai quali sono stati assegnati e attribuiti i punteggi, formate le graduatorie e proclamati i vincitori del concorso,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali siano le loro valutazioni nel merito;

se, ove mancanti di informazioni, prima di procedere alla formulazione della proposta di decreto da emanarsi da parte del Presidente della Repubblica, non ritengano opportuno procedere all'acquisizione di ulteriori elementi, dandone pubblica diffusione, al fine di verificare la correttezza delle procedure concorsuali e l'eventuale posizione di incompatibilità di taluni candidati proclamati vincitori del concorso.

(3-00510)

SARO - Al Ministro della giustizia - Premesso che:

in Parlamento e nel Paese si è sviluppato un ampio dibattito sul tema delle intercettazioni telefoniche che ha evidenziato la necessità di riformare quanto prima la materia;

il Consiglio dei ministri dovrebbe, a breve, approvare un provvedimento in tal senso;

considerato che in Friuli-Venezia Giulia l'autorità giudiziaria, nell'ambito di diversi procedimenti penali, avrebbe incaricato alcuni funzionari della Regione di "attivare" un centro per effettuare le intercettazioni telefoniche,

l'interrogante chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di tutto quanto sopra esposto e, in caso affermativo:

se al Ministro risulti, nella Regione Friuli-Venezia Giulia, un "Centro" incaricato di effettuare intercettazioni telefoniche;

se l'attivazione di detto centro sia stata autorizzata dalla competente autorità giudiziaria;

per quali periodi e per quali procedimenti giudiziari siano state autorizzate tali intercettazioni;

se in tali compiti di intercettazione siano stati coinvolti funzionari della Regione Friuli-Venezia Giulia;

se detto centro sia ancora attivo e se, nell'ambito delle attività svolte, siano state intercettate persone estranee alle indagini;

se il funzionamento di detto centro abbia comportato oneri a carico dell'amministrazione regionale.

(3-00512)

CIARRAPICO, GRAMAZIO, GERMONTANI, PARAVIA, CALIGIURI - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

gli interroganti ritengono urgente che il Ministro in indirizzo si faccia carico con il gruppo Pfizer di affrontare il problema di garantire almeno per tre anni il mantenimento dell'attività dello stabilimento farmaceutico di Latina, e quindi dell'occupazione;

una garanzia limitata a due anni renderebbe incerta la prospettiva per i lavoratori che già vivono in un ambiente di grave allarme sociale per le molte altre aziende in liquidazione, o in chiusura, del settore farmaceutico nella provincia di Latina,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga opportuno convocare un tavolo con la proprietà Pfizer ed eventualmente esponenti politici attivi nel territorio per promuovere con ogni possibile intervento a difesa dei posti di lavoro dei dipendenti attuali della Pfizer di Latina.

(3-00513)

Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento

VITALI, GHEDINI, NEROZZI, SANGALLI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

i cittadini di Casalecchio di Reno e dei comuni limitrofi in provincia di Bologna vivono una gravissima situazione di disagio, in quanto la realizzazione della nuova strada statale Porrettana non ha alcuna certezza di essere attuata e l'abitato è attraversato da 80.000 veicoli al giorno sull'autostrada A1 Milano-Napoli, attualmente interessata dai lavori di realizzazione della terza corsia, e 35.000 veicoli al giorno sulla vecchia strada statale 64 Porrettana con frequenti momenti di totale paralisi del traffico;

l'attraversamento ferrostradale di Casalecchio di Reno è stato confermato nell'Atto aggiuntivo all'Intesa generale quadro del 17 dicembre 2007 come facente parte delle opere necessarie alla risoluzione del nodo di Bologna, tutte le procedure di VIA sono state completate e sono stati individuati i fondi necessari per finanziare l'opera a carico di ANAS e Rete ferroviaria italiana (RFI) per un totale di circa 150 milioni di euro;

la verifica dei costi dell'opera, effettuata da ANAS, società Autostrade e RFI nel settembre 2008, ha portato ad una lievitazione dei costi dagli iniziali 147 milioni agli attuali 217 milioni di euro;

la società Autostrade ha manifestato in diverse sedi la volontà di tener fede ai propri impegni subordinandoli alla firma dell'Intesa Stato-enti locali e al reperimento delle risorse finanziarie ancora mancanti;

qualora non si giunga rapidamente a risposte soddisfacenti l'amministrazione comunale di Casalecchio di Reno si vedrà costretta a revocare la disponibilità e l'impegno fin qui profuso per facilitare il lavoro nei cantieri della terza corsia autostradale con deroghe notturne, chiusura di strade e autorizzazioni a superare i livelli massimi di rumorosità consentita,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo intenda rispondere positivamente alla richiesta di incontro urgente avanzata dal sindaco di Casalecchio di Reno Simone Gamberini per giungere ad una positiva conclusione che individui la possibilità di finanziare completamente l'opera o, in subordine, di avviare i lavori per stralci utilizzando i finanziamenti attualmente disponibili;

se valuti possibile che, una volta terminati i lavori della terza corsia autostradale, il tratto di A1 che va da Casalecchio di Reno a Sasso Marconi sia "banalizzato" non facendo conseguentemente pagare il pedaggio, con la finalità di spostare su questa arteria gran parte del traffico di attraversamento proveniente dalle valli del Setta e del Reno o diretto verso di esse;

se intenda far rispettare l'impegno assunto da società Autostrade e ANAS per la realizzazione del casello di sola entrata sull'A1 presso la località Borgonuovo di Pontecchio Marconi.

(3-00511)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

VITA - Ai Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

il Consiglio universitario nazionale (CUN), nell'adunanza del 10 settembre 2008, ha espresso parere favorevole all'ammissione, in soprannumero, al terzo anno del corso di laurea in Fisioterapia, dei possessori del titolo di "terapista della riabilitazione" rilasciato dall'Istituto tecnico commerciale per geometri "Tecnica 2000" di Avezzano (L'Aquila);

tale iscrizione dovrebbe avvenire, secondo il citato parere, con un debito formativo pari a 60 crediti formativi universitari (CFU) da svolgersi in attività di tipo professionalizzante e di didattica formale;

tenuto conto che il pronunciamento del Consiglio universitario nazionale appare in palese contraddizione con le vigenti disposizioni di legge che disciplinano l'accesso ai corsi di laurea delle professioni sanitarie, la programmazione del servizio sanitario nazionale e il riconoscimento della equipollenza dei titoli professionali;

si chiede di sapere:

quali siano le valutazioni dei Ministri in indirizzo, ciascuno per quanto di propria competenza, in relazione ai fatti riportati in premessa;

se non ritengano che il parere espresso dal CUN, nell'adunanza del 10 settembre 2008, sia in evidente contrasto con la legislazione in materia di accesso ai corsi di laurea universitari;

quali iniziative intendano adottare al fine di evitare l'utilizzo improprio di titoli per l'accesso a corsi universitari secondo percorsi contrari alla legislazione vigente.

(4-01069)

COSTA - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'interno e delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

nel pomeriggio del 31 gennaio 2009 a Castro (Lecce) si è registrato il distacco di una parte di costone roccioso, provocando, nella centrale piazza Dante, danni ingenti con il crollo di alcune abitazioni e di alcuni locali commerciali;

che l'area interessata dal crollo, secondo i sopralluoghi effettuati dai Vigili del fuoco e dal Genio civile, comprende 21 edifici fra appartamenti, negozi e depositi;

questo nuovo evento a carattere catastrofico si va ad associare a quello del mese di novembre 2008, quando forti mareggiate avevano causato gravi danni al porto, agli stabilimenti balneari alle imbarcazione ed alle strade, inoltre aveva perso la vita un giovane risucchiato in mare dalla forza delle onde;

Castro è universalmente conosciuta ed apprezzata per le sue bellezze naturali ed architettoniche stante la peculiarità della sua posizione sul mare e la ricchezza della sua storia;

questo ultimo evento ha finito per causare danni così ingenti da mettere in forte dubbio la prossima stagione estiva;

l'economia di Castro si basa soprattutto sul turismo e sulla pesca,

si chiede di sapere se non si ritenga opportuno intervenire con urgenza dichiarando lo stato di calamità naturale affinché venga ripristinato lo stato dei luoghi entro l'estate e vengano accolte tutte le richieste fatte dall'amministrazione comunale di Castro per la salvaguardia del territorio e dell'economia dei propri cittadini.

(4-01070)

BIANCHI - Al Ministro della giustizia - Premesso che:

l'istituto penitenziario di Rossano (Cosenza) sta vivendo una situazione di disagio a causa delle carenze di organico della Polizia penitenziaria;

lo stesso Sindaco di Rossano ha sottoposto all'attenzione del Ministro in indirizzo attraverso una missiva le problematiche relative al penitenziario, che rischiano di determinare un distacco tra la città e il carcere destando diffidenza tra i cittadini e rendendo difficile qualsiasi forma di integrazione;

il carcere di Rossano è stato tra i primi a portare avanti programmi di laboratorio e di lavoro a favore del reinserimento dei detenuti che, proprio a causa di detto sottodimensionamento di organico, rischia di essere gravemente compromesso;

dieci unità del carcere di Rossano sono rientrate nella spettante struttura di Cosenza determinando, però, un deficit di personale all'istituto penitenziario di Rossano,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia al corrente del disagio in cui versa il carcere di Rossano;

se non intenda procedere ad una verifica sullo stato delle condizioni di sottodimensionamento della Polizia penitenziaria e del personale, visto il ruolo che hanno sia per la prevenzione che per il recupero e il reinserimento delle persone detenute;

quali iniziative intenda portare avanti per consentire al Corpo della Polizia penitenziaria e al personale del carcere di Rossano di poter lavorare con il massimo dell'efficienza e della serenità.

(4-01071)

DELLA SETA - Al Ministro per i beni e le attività culturali - Premesso che:

il capo del Dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso e l'assessore all'urbanistica del Comune di Roma Marco Corsini sono stati proposti dal ministro Bondi rispettivamente quali commissario e vice-commissario con compiti di "soggetto attuatore" per le aree archeologiche di Roma e Ostia Antica, che racchiudono un patrimonio culturale, storico e artistico di rilievo mondiale e di assoluto interesse nazionale;

questa decisione ha sollevato le proteste della Regione Lazio, che per bocca dell'assessore alla cultura Giulia Rodano ha lamentato di non essere stata consultata rispetto ad una nomina che, investendo non soltanto il Comune di Roma, richiederebbe il parere vincolante dell'amministrazione regionale. Anche l'associazione "Italia Nostra" ha giudicato negativamente le nomine di Bertolaso e Corsini;

le ragioni di protezione civile addotte per giustificare il provvedimento sono palesemente inconsistenti, e ciò alimenta il timore che il vero obiettivo di questa scelta sia da annettere alla facoltà, per i titolari di poteri commissariali come sarebbero nel caso in questione Bertolaso e Corsini, di decidere in deroga alle normative correnti, in particolare potendo contare quale "stazione appaltante" su procedure semplificate e accelerate rispetto alle regole in vigore;

il commissariamento delle aree archeologiche di Roma e Ostia Antica esautorerebbe di fatto la competente Soprintendenza. A ciò si aggiunga il fatto che, poiché il vice-commissario Marco Corsini ricopre contestualmente l'incarico di assessore all'urbanistica del Comune di Roma, ciò lo porrebbe nel duplice ruolo di controllore e di controllato rispetto a determinazioni collegate alla gestione della suddetta area archeologica,

si chiede di conoscere se il Ministro in indirizzo intenda quanto prima recedere della proposta di nomina, e invece non ritenga urgente attivarsi per recuperare le risorse finanziarie sottratte al suo Ministero che sono i veri e principali strumenti di cui necessitano le Soprintendenze di Roma e Ostia per operare al meglio garantendo adeguati livelli di tutela per il patrimonio su cui esse sono chiamate a vigilare.

(4-01072)

ALLEGRINI - Ai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

i tori da avviare alla fecondazione artificiale devono rispettare degli standard sanitari molto elevati; in questo modo si può commercializzare il prodotto anche presso i mercati esteri;

i torelli, per accedere ai centri genetici, devono, infatti, provenire da allevamenti ufficialmente indenni da tubercolosi, brucellosi e leucosi, oltre ad essere stati sottoposti con esito negativo ad esami o test per numerose altre malattie;

le norme sanitarie applicate dai centri genetici operanti sul territorio nazionale derivano da direttive europee (tra cui principalmente la direttiva 88/407/CEE e successive modificazioni ed integrazioni, che stabilisce le esigenze di polizia sanitaria applicabili agli scambi intracomunitari ed alle importazioni di seme surgelato di animali della specie bovina), recepite dalla normativa italiana (decreto ministeriale 13 gennaio 94, n. 172: "Regolamento di esecuzione della legge 15 gennaio 1991, n. 30, recante la disciplina della riproduzione animale", e dal decreto ministeriale 30 aprile 1996);

l'Associazione nazionale allevatori frisona italiana (ANAFI) dal 1957 per incarico del Ministero dell'agricoltura ha l'incarico di gestire il "Libro genealogico" della razza e di promuovere la selezione della razza stessa;

considerato che con riferimento alla Blue Tongue, in particolare, ormai da più parti ritenuta malattia endemica, sembrerebbe che l'ANAFI preveda che i torelli provenienti dalle zone di restrizione debbano rispettare un protocollo più restrittivo di quello previsto dalle norme comunitarie, al fine di ridurre il rischio sanitario che potrebbe derivare per impreviste situazioni connesse all'introduzione di animali provenienti da zone di restrizione,

l'interrogante chiede di sapere se i Ministri in indirizzo, ciascuno per quanto di propria competenza, siano a conoscenza dell'introduzione dell'applicazione, da parte dell'ANAFI, di disposizioni più restrittive rispetto a quelle previste dalla normativa vigente e, in caso affermativo, se ritengano che queste siano difformi dalla legge e se intendano intervenire, nei modi e con i mezzi che riterranno più opportuni, al fine di garantire l'ottemperanza delle determinazioni di legge.

(4-01073)

RUSCONI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

la legge 31 gennaio 1994, n. 97, concernente nuove disposizioni per le zone montane, si propone il fine di salvaguardare e valorizzare le zone di montagna stesse;

in particolare, l'articolo 24, comma 4, della suddetta legge, prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 settembre di ciascun anno, sentita l'Unione nazionale comuni comunità enti montani, presenti al Parlamento una relazione annuale sulla stato della montagna, con particolare riferimento all'attuazione della legge stessa ed al quadro delle risorse da destinare al settore da parte delle amministrazioni dello Stato;

ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 giugno 2002, la suddetta relazione è predisposta annualmente dal Comitato tecnico interministeriale per la montagna (CTIM), istituito - con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica del 13 aprile 1994 - con il compito di garantire una coordinata attuazione della legge 31 gennaio 1994, n. 97 e di riferire, anche attraverso la relazione in oggetto, delle tematiche inerenti allo sviluppo e alla tutela della montagna sotto il coordinamento e la valutazione del CIPE, organo cui lo stesso Comitato afferisce;

considerato che:

diversamente da quanto avvenuto per gli anni precedenti, a tutt'oggi non risulta ancora presentata al Parlamento la relazione sulla stato della montagna relativa all'anno 2008;

tale situazione impedisce, tra l'altro, al Parlamento di poter legiferare con l'esatta cognizione del quadro evolutivo del sistema dei poteri ed istituzionale per la montagna, considerato che la relazione sullo stato della montagna italiana dà conto delle attività svolte in merito dalle autonomie locali, dalle Regioni e da gli organi centrali dello Stato, nonché delle azioni internazionali per la montagna, con particolare riferimento all'Unione europea e informa sugli impegni assunti in tema di formazione, ricerca e informazione per i sistemi montani;

la mancata presentazione della relazione per l'anno 2008 risulta ancora più grave soprattutto se si considerano le rilevanti modifiche introdotte nel corso dell'anno 2008 circa l'assetto organizzativo e finanziario degli enti delle comunità montane, nonché la recente approvazione di nuove norme che hanno modificato importanti aspetti del funzionamento della governance della montagna italiana,

si chiede di sapere:

quali siano i motivi per cui non si è proceduto nei termini stabiliti alla presentazione al Parlamento della XIV relazione annuale dello stato della montagna;

se e quando si ritenga opportuno predisporre la citata relazione al fine di renderne disponibile il testo alle istituzioni interessate nonché all'opinione pubblica.

(4-01074)

LANNUTTI, MUSI - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:

il 28 gennaio 2009 il quotidiano "Il Secolo XIX" ha riportato la notizia secondo cui uno studio del professor Srinivasan Keshav dell'università canadese di Waterloo (uno studio citato in più di una occasione dal senatore americano Herb Kohl) avrebbe dimostrato che i cosiddetti sms, ovvero il servizio messaggi brevi inviati da telefono cellulare, navigherebbero nelle reti telefoniche senza apportare alcun costo reale per le compagnie telefoniche;

secondo tale studio i dati contenuti in un sms sarebbero talmente pochi da poter permettere al messaggio stesso di "nascondersi" all'interno di una porzione (denominata Control Channel) del segnale che collega il cellulare al ripetitore più vicino;

tale segnale sarebbe, in realtà, sempre presente anche quando gli sms non vengono inviati e quindi a costo zero per il gestore telefonico;

un kilobyte di spazio dati ha un prezzo di mercato pari a circa sei centesimi di euro;

un sms è composto al massimo da 140 byte (pari a 160 caratteri alfanumerici) e avrebbe dunque un prezzo industriale pari a circa un centesimo di euro;

il prezzo medio di vendita di un sms ai clienti di carte telefoniche prepagate in Europa è di circa 7,5 centesimi di euro, mentre in Italia è di 13 centesimi;

per quanto risulta agli interroganti, due delle principali compagnie telefoniche italiane interpellate sui risultati dello studio elaborato dall'università canadese, non avrebbero saputo dare risposte chiare sulla cifra che fissa il costo netto di un sms per l'operatore;

da tempo le associazioni dei consumatori lamentano l'equiparazione effettuata dai gestori telefonici tra il costo per l'invio di un sms e il costo per il download (ovvero l'azione di ricevere o prelevare dalla rete un file) di un brano musicale dalla rete Internet, considerata la notevole differenza di traffico dati tra le due operazioni,

si chiede di sapere se corrisponda al vero quanto descritto nelle premesse e, in tal caso, quali iniziative urgenti si intendano assumere a favore e a tutela dei consumatori.

(4-01075)

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:

   

6a Commissione permanente (Finanze e tesoro):

 

3-00505, del senatore Barbolini, sull'indennizzo dei risparmiatori frodati dai conti correnti dormienti;

 

3-00510, del senatore Barbolini, sulla graduatoria per incarichi direttivi o semi-direttivi approvata dal Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria;

 

12a Commissione permanente (Igiene e sanità):

 

3-00509, dei senatori Bassoli ed altri, su un farmaco betabloccante fuori produzione.

  

Interrogazioni, ritiro

È stata ritirata l'interrogazione 4-01055, del senatore Carrara.

    

  

Avviso di rettifica

 

Nel Resoconto sommario e stenografico della 137a seduta pubblica del 29 gennaio 2009, a pagina XVII, alla settima riga, sostituire le parole: "a uno o più avvocati del libero Foro" con le seguenti: "all'Avvocatura dello Stato".