Newsletter periodica
d’informazione
(aggiornata alla data
del 06 febbraio 2009)
Ora il
provvedimento passa all’esame della Camera
Sommario
o
Dipartimento Politiche
Migratorie: appuntamenti;
o
Il corsivo – Medici
e pazienti irregolari, opzione di denuncia
o
Politica– Il
Senato ha approvato il ddl sicurezza; i medici potranno denunciare i
clandestini; tassa da 80 a 200 €
o
Politica e società: il
nemico straniero in fabbrica; Badanti: la crisi si fa sentire; Immigrazione e
crisi: I paracadute per chi resta senza impiego;
o
Razzismo culinario:
l’Italia mette al bando il kebab;
o
Dai Territori – Per
ogni ditta italiana che chiude, gli stranieri ne aprono due;
o
Lo studio –
Mutilazioni genitali femminili: dalla ricerca-azione ai modelli d’intervento;
o Foreign
Press – Th Guardian: thousand may strikeover “british jobs” dispute;
A
cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna
ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
E-Mail
polterritoriali2@uil.it n.
228
Dipartimento Politiche Migratorie:
appuntamenti
Latina, 19 Febbraio 2009, ore 10.00 – 13.00 Hotel Victoria
Palace
SEMINARIO REGIONALE
“Lavoro decente e lavoro coatto”, come combattere le forme di
para-schiavismo
(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)
Roma, 20 febbraio 2008, ore 10.30, sede del CNEL
Seminario “Rapporto annuale sugli indici di integrazione
sociale degli immigrati in Italia”
(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)
Il corsivo
Medici e pazienti
irregolari: opzione di denuncia
I danni certi e quelli
prevedibili della misura votata al Senato
Di
Giuseppe Casucci e Guglielmo Loy
Roma,
6 febbraio 2009 - Nella giornata di ieri 5 febbraio nell’ambito della
discussione del ddl Sicurezza, il Senato ha approvato la cancellazione dal Testo
unico di disciplina dell’immigrazione del comma 5 dell’art.35. Esso recita:
“L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con
le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione
all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di
condizioni con il cittadino italiano”. La cancellazione di questo comma,
qualora venisse confermata dall’esame della Camera, comporta la possibilità (e
non l’obbligo) dei medici di denunciare alle autorità la condizione di
irregolarità di un paziente straniero che si rivolga alle loro cure. La
maggioranza difende il provvedimento sostenendo che il diritto fondamentale
alla salute rimane tutelato e che agli stranieri irregolari che si rivolgono
alle strutture sanitarie, le cure saranno garantite. L’opposizione, al
contrario, la definisce una barbarie ed un’interferenza deontologica al
giuramento d’Ippocrate. Una prima riflessione a caldo, da parte nostra, è che -
data la forma del provvedimento che cancella la proibizione ai medici di
denuncia, ma non ne prevede
l’obbligo - la probabilità che i medici assieme alla cura aggiungano la
delazione alle autorità del paziente irregolare che va a farsi curare da loro,
rimane oggettivamente scarsa. La norma non obbliga nessuno a farlo e, comunque,
molte associazioni di medici (a partire da MSF) hanno già anticipato la
decisione di ricorrere, se necessario, all’obiezione di coscienza. Anche la
Chiesa ha reso pubblica l’intenzione di chiedere ai medici cattolici di fare opposizione attiva a questo
provvedimento. Non c’è dubbio, però, che l’obiettivo su cui punta la Lega è
l’effetto annuncio del provvedimento e la sua rappresentazione mediatica. In
effetti i danni prodotti da questo meccanismo sono già in corso da tempo. A conferma,
vengono alcuni dati del SSN, secondo i quali da novembre scorso (quando la Lega
propose questo emendamento al ddl sicurezza) ad oggi, il numero di stranieri
che si sono rivolti alle strutture pubbliche (ed al pronto soccorso, in
particolare), sarebbe calato di oltre il 50%. E’ evidente che il migrante
irregolare, nel dubbio preferirà non recarsi nelle strutture della sanità
pubblica, ricorrendo a forme alternative di cura. Quello che rischia di
succedere ora è facilmente prevedibile, e lo rappresenta bene Aldo Morrone, direttore dell’Ircss (Istituto di ricovero e cura
a carattere scientifico) del San Gallicano di Roma . "Il
danno", spiega, "lo farà la paura, la percezione che si ha di
questa norma, e il rischio è quello di diffusione di malattie nel territorio;
c`è il rischio che tutta una serie di malattie non vengano diagnosticate e non
siano quindi trattate adeguatamente". "Inoltre - prosegue Morrone -
questo apre la strada anche alla possibilità della nascita di mercati
clandestini, dove gli immigrati non dovessero più fidarsi del servizio
sanitario pubblico, può nascere l`offerta di un servizio clandestino, che
sfrutti la situazione per guadagnare sproporzionatamente sulla loro pelle. Non
dobbiamo dimenticare che attualmente il 35-40% delle interruzioni di gravidanza
riguarda donne immigrate.
E’
giusto ricordare, infine, che per ora il provvedimento non è ancora legge e non
lo sarà fino a quando i due rami del Parlamento non lo avranno approvato ed il
nuovo dispositivo non sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Oggi, dunque, è
ancora valido il comma 5 dell’art. 35 del TU sull’immigrazione, che vieta la
denuncia del migrante irregolare che va a farsi curare dal medico o in
ospedale.
Il Senato ha approvato il
ddl sicurezza
Dal reato di clandestinità
alla tassa di soggiorno. Ecco i punti principali
ROMA
(6 febbraio) - Ecco i punti principali del Ddl sicurezza approvato ieri al
Senato.
Sanità. I
medici potranno denunciare alle autorità gli stranieri irregolari in base
all’articolo 39. La norma è figlia di un emendamento presentato dal Carroccio,
primo firmatario il capogruppo Federico Bricolo, che cancella la norma secondo
la quale il medico non deve denunciare lo straniero che si rivolge alle
strutture sanitarie pubbliche. L'opposizione aveva chiesto il voto segreto
perché l'emendamento, aveva sostenuto Giovanni Procacci (Pd), «è in palese
violazione della Costituzione». Ma il presidente del Senato aveva respinto la
richiesta facendo votare la proposta di modifica con voto elettronico che è
passata con 156 sì, 132 no e un astenuto. Per il presidente della Federazione
degli ordini dei medici (Fnomceo), Amedeo Bianco, la norma rischia di creare
una sanità clandestina, gestita da gruppi etnici e religiosi.
I clochard che
vivono in Italia dovranno essere iscritti in un registro che verrà istituito
presso il ministero dell'Interno. L'Aula di palazzo Madama ha approvato
l'articolo 44 del disegno di legge sulla sicurezza che prevede la schedatura
dei senza fissa dimora da avviare entro 180 giorni dall'entrata in vigore della
legge.
Anche questo è un emendamento presentato in
Commissione giustizia di palazzo Madama dal gruppo della Lega, firmato da
Bricolo, Mauro, Bodega, Mazzatorta e Vallardi. L’opposizione ha bollato la
norma come «una inaccettabile schedatura degli homeless». Quando il testo
arriverà alla Camera la minoranza ha annunciato che farà di tutto per far
decadere “il registro dei clochard”.
Permesso a punti. Arriva il permesso di soggiorno a punti per gli immigrati.
Nell’articolo 41 viene introdotto un accordo di integrazione con lo straniero
«articolato per crediti, con l’impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di
integrazione, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno».
La firma dell’accordo «rappresenta condizione necessaria per il rilascio del
mermesso di soggiorno» e la «perdita integrale dei crediti determina la revoca»
dello stesso e «l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato. Sarà
un regolamento su proposta del presidente del Consiglio e del ministro
dell’Interno, a stabilire, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge,
«criteri e modalità per la sottoscrizione da parte dello straniero».
Oscuramento. Il
ministero dell'Interno potrà ordinare l'oscuramento dei siti Internet sui quali
si commette il reato di apologia o si istiga a delinquere. O potrà chiedere che
vi vengano apposti filtri adeguati. I siti «disobbedienti» dovranno pagare una
sanzione dai 50mila a 250mila euro. In un’altra norma si prevede un
inasprimento del 41 bis, il carcere duro stabilito per i mafiosi. La detenzione
sarà più lunga di altri 4 anni. Si prevedono carceri «ad hoc» per i boss
preferibilmente sulle isole. Più difficile per loro comunicare anche con
l'esterno. I colloqui saranno registrati (anche per gli avvocati) e ridotti,
soltanto due ore d’aria. È stata l’unica norma votata assieme da maggioranza e
opposizione.
I controlli. Le ronde, cavallo di battaglia della Lega, sono previste
nell’articolo 46. La norma prevede che gli enti locali «saranno legittimati ad
avvalersi della collaborazione di associazione tra cittadini» per segnalare
alle forze dell'ordine situazioni di grave disagio sociale o di pericolo per la
sicurezza pubblica. In base ad un emendamento di Felice Casson (Pd) le ronde
non potranno però girare armate e cooperare fattivamente con la polizia, come
era previsto nel testo approvato dalla Commissione giustizia di palazzo Madama.
Contraria alla norma l’Associazione nazionale dei funzionari di polizia: «Sarà
un boomerang per la sicurezza».
Imposte.
Per ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno degli immigrati si dovrà
pagare una tassa che dovrà essere fissata dal governo tra un minimo di 80 ad un
massimo di 200 euro. Si istituisce anche il “Fondo rimpatri” per far tornare
gli stranieri ai paesi di origine. La norma sulla tassa per i permessi di
soggiorno è stata approvata mercoledì a palazzo Madama per un soffio. Un
emendamento dell’opposizione che stabiliva la revoca della tassa ha raccolto
129 sì contro 129 no, più tre astenuti. Il regolamento del Senato prevede che,
in caso di parità nelle votazioni, prevalga il voto contrario.
I graffitari. Il governo aveva chiesto persino la reclusione, ma
la Lega si è opposta e l'ha spuntata. Niente più carcere per chi imbratta i
muri, solo multe per un massimo di 2.500 euro.
Multa di 1.000 euro per chi vende a minori vernice
non biodegradabile.
Un’altra norma prevede un giro di vite per baby-gang
e pedofili. Si aggiunge un’aggravante: se lesione o omicidio preterintenzionale
vengono commessi con armi o sostanze corrosive o in gruppo. Condanne più dure
se reati anti-minori avvengono vicino ad asili o scuole.
Giudici. Coloro
che sono accusati di violenza sessuale non godranno più di alcuni benefici, tra
cui gli arresti domiciliari. Per loro l’ arresto in flagranza. Mentre per gli
assassini e gli stragisti, critica l'opposizione, il beneficio non viene
escluso.
La norma esclude per i violentatori anche
l’affidamento in prova ai servizi sociali, il regime di semilibertà , i
permessi premio e la liberazione anticipata.
Non potrà godere di questi benefici della legge
Gozzini anche chi è accusato di reati che riguardano la prostituzione e la
pornografia minorile.
I medici “potranno”
denunciare gli immigrati clandestini
Roma, 6 febbraio 2009 -
Se la norma contenuta nel disegno di legge sulla sicurezza, approvato
ieri dall'Aula del Senato, ma che dovrà ancora passare al vaglio della Camera -
relativo agli arresti domiciliari per chi è accusato di stupro ha visto uniti
grosso modo i due schieramenti politici, ieri il Parlamento si è spaccato sulla
norma proposta della Lega, che sopprime il comma 5 dell'articolo 35 del decreto
legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, ossia il Testo unico di disciplina
dell'immigrazione, con norme sulla condizione dello straniero, elimina il
divieto di denuncia da parte dei medici degli immigrati che vengono assistiti
dal servizio sanitario nazionale e da' loro la facoltà di effettuare la
denuncia stessa. La maggioranza ha votato a favore, con 156 voti, l'opposizione
ha votato contro con 132 voti, un astenuto.
Razzismo è barbarie sono
le parola circolate insistentemente dai banchi dell’opposizione, che ha
accusato il governo di ledere il diritto universale alla salute. Fuoco di
sbarramento da tutto il Pd, che parla di idea “inumana”, che trasforma i medici
in “poliziotti”. "Mi stupisce che non si colga
che si è superato il passo. Su una legislazione rigorosa ed efficace ci
potevamo trovare, ma voi avete valicato il passo che distingue il rigore della
legge dalla persecuzione". ''Abbiamo discusso di figli, madri, salute. Ma
se un medico ora potrà denunciare un immigrato, allora – sottolinea la
capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro - il germe della paura portera' queste
persone a non andare più negli ospedali per partorire o se avranno una
malattia, la nasconderanno. Questo non è rigore, ma produce il timore di essere
perseguitati. Il germe della paura prolifera nel Paese. Ma noi questo germe non
dovremmo farlo entrare nella nostra legislazione. E' invece - ammonisce- un
germe che prolifica". "L'idea di creare le
condizioni per le quali le persone che sono ammalate abbiano paura di farsi
curare -insiste il leader democratico, Walter Weltroni - è un'idea inumana, un'idea
che meriterebbe una risposta forte e determinata da parte di tutti coloro i
quali hanno a cuore la vita". "Una cosa -spiega Veltroni- è governare
i flussi migratori, una cosa è distinguere tra coloro che vengono a lavorare
qui per la loro famiglia e per se stessi e coloro che vengono per delinquere;
un'altra cosa è stabilire norme che sono improntate a uno spirito di carattere
razzista e che come tali la nostra cultura, per lo meno la cultura di gente
come noi, non accetta". Con queste norme, incalza ancora Rosi Bindi, ''si
trasformano i sanitari in poliziotti. Io mi auguro che ci sia una grande
obiezione di coscienza da parte di tutte le nostre strutture sanitarie, perché
questo nostro Paese sta veramente calpestando i fondamenti della nostra
civiltà, che è quella che ha posto al centro la dignità della persona umana e i
suoi diritti". "La Lega l'ha spuntata ancora una volta, imponendo
alla maggioranza misure inutilmente vessatorie e pericolose verso i più deboli,
immigrati regolari, clandestini e senza tetto. Ma alla Camera – annuncia
Bindi - faremo un'opposizione durissima". "Il governo straccia
la Costituzione che riconosce il diritto alla salute come un diritto della
persona, un diritto di tutti, compresi gli stranieri e i clandestini . Livia
Turco lancia un appello ''a medici, infermieri, volontari e a tutti i cittadini
perché facciano pressioni per eliminare alla Camera la possibilità di denuncia
dei clandestini che si rivolgono alle strutture sanitarie pubiche per essere
curati''. Per l'esponente Pd è una ''norma insensata e incivile che avrà come
conseguenza quella di allontanare dal Servizio sanitario nazionale molte
persone che non hanno alternative di cura''. Da parte nostra -avverte Turco- ci
batteremo alla Camera per eliminare questa norma incivile e inefficace, per
contrastare la quale è necessaria anche la mobilitazione di tutta la società'
civile'‘. "Questo provvedimento è contrario ai principi della nostra
Costituzione e a quelli solidaristici e universalistici del Servizio sanitario
nazionale, ed è pervaso da un tratto di disumanità inaccettabile. In nome di un
falso senso di rigore – dice ancora Ignazio Marino - si invade il campo
della deontologia degli operatori sanitari, trasformando il medico in uno
sceriffo. Un sussulto di umana pietà, chiave di volta del sentire e dell'agire
cristiano, dovrebbe coglierci tutti, fuori e dentro il Parlamento". "Dove
finiranno i bambini malati, figli di migranti irregolari, e dove andranno a
curarsi coloro che sono ammalati di tubercolosi?'', chiede il senatore Pd.
La facoltà attribuita ai medici di denunciare i
clandestini bisognosi di cure sanitarie sancisce di fatto la cancellazione del
diritto alla salute per tante migliaia di donne e di uomini presenti nel nostro
Paese che, d'ora in avanti, avranno paura di rivolgersi a un medico”, aggiunge
ancora il vicepresidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, che così continua:
"Per di più in questo modo il nostro Paese si avvia a perdere il controllo
della diffusione di quelle malattie infettive 'importate' che non sarà più
possibile diagnosticare e curare dal momento in cui i potenziali portatori, per
paura, non si sottoporranno più alle visite mediche". Dura la posizione
espressa dalla sinistra radicale. Per Paolo Ferrero il provvedimento approvato
è non solo ''razzista e di chiaro stampo neonazista'', ma anche ''dannoso e
stupido''. "La salute - sottolinea il segretario di Rifondazione
comunista- è un diritto di tutti, anche degli immigrati clandestini, ed è un
diritto che o funziona per tutti o semplicemente non esiste, come ribadiscono
da sempre tutte le associazioni umanitarie. Il Prc invita i medici a rispettare
innanzitutto il codice etico e deontologico della loro professione". Anche
Nichi Veldola parla di ''norme che contrastano platealmente con i fondamenti di
uno Stato di diritto''. Secco anche Claudio Fava: ''Medici che devono
denunciare i clandestini, il registro per i clochard e anche le ronde padane: sono
norme fasciste. Con questo decreto l'Italia di Berlusconi è di fatto fuori
dall'Europa''. ''Chiederemo -annuncia il segretario di Sinistra democratica-
che a Bruxelles si apra una formale procedura contro il governo italiano per la
manifesta, irricevibile xenofobia dei suoi atti politici, esattamente come
accadde con l'Austria di Haider''. "Gli emendamenti della Lega Nord
al decreto sicurezza, approvati al Senato, sono un chiaro indice del degrado
raggiunto da una grossa parte della politica italiana, la quale soffia sul
fuoco dei peggiori sentimenti xenofobi e razzisti per conquistare qualche voto
in più". Questo il commento di Loredana De Petris del coordinamento
nazionale dei Verdi. "E' una barbarie che va contro il giuramento di
Ippocrate - aggiunge - e la deontologia dei medici e del personale sanitario,
oltre ad essere in contrasto con gli elementari principi di umanità e di
civiltà". "Null'altro potevamo aspettarci dopo che il Ministro degli
interni ha dichiarato che con gli immigrati bisogna essere cattivi - ha
proseguito l'esponente del Sole che ride -. Le conseguenze di queste norme
rischiano di essere drammatiche: pensiamo a tutte le donne clandestine che fino
ad oggi hanno potuto partorire in completo anonimato, garantendo la
salvaguardia della donna e del bambino. Ci appelliamo al Presidente della
Repubblica che, con Livia Turco, è stato autore a suo tempo della norma che
garantiva assistenza sanitaria agli stranieri temporaneamente presenti, a
prescindere dal loro status giuridico, di intervenire perché questa norma
sarebbe palesemente anti-costituzionale". Ma la sottosegretaria alla Salute,
la leghista Francesca Martini, ribatte: "Credo che sia un dovere del
Servizio sanitario nazionale impegnarsi per contrastare l'immigrazione
clandestina''.
Via
libera dell'aula del Senato alla tassa di soggiorno per gli immigrati.
L'importo del 'contributo', come deciso dal governo, andra' da un minimo di 80
a un massimo di 200 euro. L'emendamento del governo riformula il testo uscito
dalle commissioni che avevano fissato, su proposta della Lega, l'importo della
tassa a 200 euro. Nel testo approvato in aula e' stabilito che 'la richiesta di
rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno e' sottoposta al versamento di
un contributo, il cui importo e' fissato tra un minimo di 80 euro a un massimo
di 200 euro con decreto del ministro dell'Economia, di concerto con il ministro
dell'Interno, che stabilisce altresi' le modalita' del versamento nonche' di
attuazione della disposizione'. Non sara' richiesto 'il versamento del
contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno per asilo,
per richiesta asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari'.
Previsto anche un 'Fondo rimpatri' presso il Viminale per le spese di rimpatrio
degli immigrati. Nel Fondo confluira' la meta' de gettito incassato dal
permesso di soggiorno.
Politica e società
La
protesta esplosa in Gran Bretagna contro l'arrivo di 300 lavoratori
italiani impiegati nella costruzione di una raffineria è inquietante ma, al
tempo stesso, istruttiva. Serve, infatti, a mettere in luce - e a nudo - alcuni
effetti della trasformazione globale e sociale, in tempi di crisi. A partire da
un aspetto che si tende a svalutare o a leggere con le lenti dell'ideologia.
Ogni mutamento demografico e sociale improvviso nel mondo locale e nella vita
quotidiana suscita reazioni. Si tratti di flussi di emigranti di ingenti
dimensioni, spinti dalla miseria e dalla paura; oppure di gruppi di lavoratori
di entità limitata e con compiti definiti, non importa: appaiono, comunque,
stranieri. Entrano "a casa nostra". Interferiscono con le nostre
abitudini, le nostre regole, i nostri equilibri. Incrinano le nostre certezze.
Questa considerazione non vale solo per l'Italia, che ha conosciuto solo da
pochi anni il fenomeno dell'immigrazione, dopo essere stata per un secolo paese
di grandi emigrazioni. Come mostrano le indagini internazionali, l'immigrazione
- ogni immigrazione, anche temporanea, anche di ridotte proporzioni - agisce come
una sorta di "diagnostica" del sentimento sociale e del modello
istituzionale. Dovunque. Ne mette, cioè, in evidenza i limiti, le tensioni. Per
cui, in Gran Bretagna, paese multi etnico e multi culturale di tradizione lunga
e consolidata, l'immigrazione solleva un allarme sociale molto limitato dal
punto di vista dell'identità e della sicurezza. Mentre genera ansia per gli
effetti sul lavoro e sulla disoccupazione. Basta osservare i dati dell'indagine
europea, condotta (da un decennio) da Demos per Intesa San Paolo . Quasi una
persona su due, in GB, considera gli immigrati "una minaccia per
l'occupazione". Il dato più elevato fra i paesi occidentali della Ue;
superato largamente da quelli dell'Europa centro-orientale: Cekia, Polonia,
Ungheria (ma non Romania). Dove il lavoro "manuale" è vissuto come
risorsa scarsa e a rischio. La protesta dei lavoratori inglesi (nel Nord,
l'area economicamente più debole del paese) non deve, quindi, sorprendere. Ma
allarmarci sì. Perché dimostra come la crisi stia drammatizzando la paura. Al
punto da trasformare 300 lavoratori italiani in un contingente di
"nemici". Peraltro, in Italia il colore della paura sollevato dagli
immigrati, fino a ieri, è apparso diverso. Segnato dall'insicurezza. Ancora un
anno fa, il 50% degli italiani ritenevano l'immigrazione un problema per
l'ordine pubblico. Una fonte di preoccupazione per la sicurezza personale e
domestica. Soprattutto nelle regioni del Nord e nel Nordest. Dove, invece, gli
immigrati non hanno mai generato particolari timori per l'occupazione. D'altra
parte, si tratta di aree ad altissimo sviluppo, con tassi di disoccupazione
molto bassi. La struttura produttiva, imperniata su piccole e piccolissime
imprese manifatturiere, si è allargata, negli ultimi anni, solo grazie al lavoro
degli immigrati, occupati nelle mansioni più faticose e meno remunerate.
Progressivamente abbandonate dagli italiani e soprattutto dai giovani. Così la
presenza degli stranieri è stata accolta come una "necessità" per lo
sviluppo, ma, al tempo stesso, come un "problema" di sicurezza. Gli
stranieri: utili, anzi utensili. Da restituire ai proprietari - i paesi
d'origine - dopo l'uso. Molto presto, possibilmente. Fino a ieri, però. erché
da qualche tempo il clima d'opinione è cambiato anche in Italia. Anche nel
Nord. Anche nel Nordest. L'abbiamo già segnalato altre volte, nei mesi scorsi.
In poco tempo la quota di italiani che considera gli immigrati una minaccia per
l'ordine pubblico e per la sicurezza dei cittadini è caduta: dal 53% al 35%
(Demos-Unipolis, novembre 2008). Una componente ampia, ma molto più ridotta
rispetto all'anno precedente. A causa della fine della guerra elettorale,
amplificata dai media. Visto che lo spazio attribuito alla criminalità comune e
alle illegalità commesse dagli immigrati si è ridotto notevolmente,
nell'informazione tivù (come ha messo in luce un'indagine dell'Osservatorio di
Pavia). Tuttavia, l'allentarsi della leva politica e mediatica non è l'unica
spiegazione di questo cambiamento d'umore. Molto ha pesato, al proposito, la
crisi economica e finanziaria internazionale, che ha colpito anche l'Italia.
Tanto che 1 persona su 10 oggi (dicembre 2008) sostiene che qualcuno, nella sua
famiglia, ha perduto il lavoro oppure è in cassa integrazione. E oltre metà
degli italiani afferma che la crisi in atto ha peggiorato la sua condizione e
il suo stato d'animo. La crisi. Ha cambiato in fretta gli italiani. Ne ha
modificato comportamenti, atteggiamenti, stili di vita. I sentimenti. Così,
rispetto a ieri, gli immigrati sono percepiti meno come una minaccia alla
persona, alla proprietà, al domicilio. E assai di più: al lavoro,
all'occupazione. Si tratta di una tendenza che comincia a divenire evidente nei
sondaggi. Anche se non appare ancora lacerante. Lo potrebbe divenire se le -
diffuse e crescenti - difficoltà che attraversano il sistema industriale nel
Nord si drammatizzassero ulteriormente. Se, d'altra parte, gli immigrati
"pretendessero" di entrare nel mercato del lavoro più qualificato,
senza rassegnarsi alle mansioni più povere e marginali. D'altra parte, qualche
sofferenza, al proposito, è rivelata dalla proposta leghista di una imporre una
fideiussione agli immigrati che intendano avviare attività imprenditoriali.
Quasi un messaggio protezionista rivolto al popolo delle partite Iva del Nord,
base elettorale della Lega. La "rivolta" inglese contro i lavoratori
italiani, per questo, risulta esemplare e, a modo suo, educativa. Rammenta che
la storia non è scritta una volta per tutte, ma può ripetersi. Anche se non si
presenta mai uguale a prima. Semmai, con segno contrario. I romeni, gli
albanesi e i marocchini potrebbero, quindi, cambiare immagine ai nostri occhi.
Non più violentatori, ladri e spacciatori (potenziali). Ma, piuttosto,
concorrenti (reali) sul mercato del lavoro.
Non più specchio dell'inquietudine post-materialista, tipica di una società del
benessere. Ma delle angosce prodotte da timori "materiali", tipici di
una società del malessere (economico). Il reddito e la disoccupazione. Lo
stesso, d'altra parte, sta capitando - è capitato - anche a noi. Accolti, fuori
dai nostri confini, con diffidenza e ostilità. Come in passato. Ma per motivi
opposti. Ieri, ci temevano perché eravamo emigranti poveri, senza lavoro.
Oltreoceano. (I poveri fanno sempre paura). Oggi, invece, oltremanica, temono
gli italiani perché li considerano "ladri di lavoro".
Badanti,
la crisi si fa sentire
le
famiglie tagliano le ore
E sul
mercato delle colf rispuntano le italiane
(www.metropoli.it)
Crollo dell'offerta di lavoratrici conviventi e aumento dell'impiego a ore,
mentre si riaffacciano colf e badanti italiane. La crisi irrompe anche sul
mercato del lavoro domestico, ma lo fa in modo poco omogeneo, con
caratteristiche che variano anche da città a città. "Alcuni tratti in
comune però si possono individuare -- spiega Pina Brustolin, responsabile
nazionale di Acli Colf -- . E' senz'altro una conseguenza della crisi, ad
esempio, l'aumento di richieste da parte delle italiane, disponibili anche per
un impiego come conviventi. Non abbiamo invece segnalazioni di licenziamenti,
però adesso capita che molte famiglie decidano di ridurre le ore di lavoro per
risparmiare un po'. Questi sono aspetti che arrivano da tutta Italia".
Insomma, il lavoro domestico "tira" sempre, ma il settore -- occupato
finora quasi esclusivamente da straniere -- non ha preso ancora una direzione
certa e univoca per affrontare il periodo di difficoltà e venirne fuori. Certo
è che sempre meno donne straniere sono disposte a lavorare come conviventi: un
po' per la fatica e la stanchezza, un po' perché con più lavori si rischia di
meno, anche se si perde uno degli impieghi. Difficile però prevedere alla lunga
licenziamenti di massa: del resto, soprattutto nel caso di assistenza a persone
non autosufficienti, l'alternativa alla badante è una casa di riposo o per
lungodegenti, sicuramente non meno costosa. Anche i dati Inps confermano la
tendenza: alla fine del 2008, l'istituto ha registrato poco più di un milione e
mezzo di rapporti di lavoro domestico, 300mila in più dell'anno precedente,
segno di una maggiore frammentazione dei contratti. Il Nord-Est è come sempre
la spia di ciò che accade. Ekaterina Sourkova, russa, dell'associazione La Tela
di Udine, afferma: "Da un anno notiamo un aumento dell'offerta di lavoro a
ore, di giorno, o per l'assistenza notturna in ospedale, anche da parte di
donne italiane". Il rischio, conferma Silvia Genovese, dell'associazione
Circolo Aperto di Pordenone, è che con l'aumento dell'offerta si abbassino gli
stipendi: "Si offrono anche solo 4 euro all'ora per le pulizie".
Quello di Trieste, città di confine, è un caso più particolare: qui, oltre alle
badanti fisse, ci sono molte pendolari croate o serbe, che accettano anche di
lavorare in nero. La crisi si sente soprattutto per le altre, ucraine, moldave,
o romene: le famiglie non ce la fanno, prevale il part time, e loro devono
trovarsi anche una casa in affitto. In Friuli, dove dal 2005 sono attivi dieci
sportelli "Assistenti familiari", ogni trimestre sono stati stipulati
tra i 500 e i 600 contratti. L'offerta però, secondo gli ultimi dati
disponibili, è stazionaria: nel terzo trimestre del 2008 sono state 809 le
richieste di lavoro pervenute, con un aumento dell'1,5% rispetto al trimestre
precedente. A Mestre segnalano invece un aumento delle donne dell'Europa
orientale (soprattutto ucraine e moldave) che si sono rivolte agli sportelli
perché non riescono a trovare lavoro come badanti. A preoccupare sindacati e
patronati, insieme alla crisi, c'è l'aumento del lavoro irregolare. "La
domanda di lavoro domestico o di lavoro di cura non è calata, ma la percentuale
di lavoro "grigio" è salita al 50% -- dice Giacomo Barbieri,
vicepresidente dell'Anolf Cisl di Bologna -- . E la situazione si sta aggravando
perché, mentre è aumentato il costo del lavoro delle assistenti familiari in
regola, non altrettanto è successo per pensioni e stipendi, che sono rimasti
gli stessi". Secondo Luigi Petti, vicepresidente delle Acli di Bologna e
responsabile del settore immigrazione, "le famiglie bolognesi iniziano a
fare a meno di colf e badanti. Lo vediamo anche dall'aumento di richieste di
permesso di soggiorno per attesa occupazione". In Toscana non risulta un
calo nella domanda di badanti: Luca Rinaldi, presidente della SoAndCo, un
consorzio di cooperative sociali della provincia di Lucca, spiega che "il
bisogno da parte delle famiglie resta elevato: anche in tempo di crisi la
badante resta la soluzione meno onerosa rispetto al ricovero o ad altre
soluzioni e le famiglie si organizzano per poter sostenere la spesa".
(hanno collaborato gabriela preda, michela trigari e serena wiedenstritt)
Immigrazione e crisi: questi i "paracadute" per chi resta
senza impiego
(www.metropoli.it Questa breve guida ai cosiddetti
"ammortizzatori sociali" spiega cosa accade ai lavoratori se
l'azienda si ferma, ristruttura o chiude e licenzia. Cassa integrazione
guadagni La Cassa integrazione guadagni (CIG) comporta un'integrazione alla retribuzione
del lavoratore che subisce una riduzione dell'orario di lavoro o una
sospensione temporanea. La CIG spetta per un importo pari all'80% della
retribuzione dovuta per le ore di sospensione del lavoratore. Il limite massimo
è stabilito in ï¾€ 858,58 lordi mensili per chi percepisce un salario pari o
inferiore a ï¾€ 1.857,48 lordi mensili. In tutti gli altri casi l'importo sale
invece a ï¾€ 1.031,93 euro mensili. Non spetta agli apprendisti ed è
corrisposta al massimo per 13 settimane e prorogata fino a 12 mesi. In certi
casi, il limite è elevato a 24 mesi. MOBILITà A differenza della CIG, la
mobilità presuppone il licenziamento del lavoratore. Come per la CIG, è
l'impresa a chiedere di collocare in mobilità un certo numero di lavoratori
concordato con le organizzazioni sindacali. L'indennità deve essere richiesta
ai Centri per l'impiego o all'Inps entro 68 giorni dal licenziamento e può
durare fino a 3 anni. Ne ha diritto chi ha un minimo di 12 mesi di anzianità
nell'azienda e almeno 6 mesi di lavoro effettivo. L'importo dell'indennità è
pari al 100% della CIG fino a 12 mesi, all'80% tra il 13ï¾° e il 36ï¾° mese.
Sono esclusi gli apprendisti, i lavoratori con contratto a termine, stagionale
o saltuario.
DISOCCUPAZIONE
ORDINARIA - L'indennità di disoccupazione
ordinaria spetta ai lavoratori che sono stati licenziati o sospesi da aziende
colpite da crisi. Per ottenerla bisogna avere almeno 52 settimane di contributi
nel biennio precedente al licenziamento. L'assegno è pari al 60% del salario
lordo mensile per i primi 6 mesi e scende fino al 40% nei mesi successivi
all'ottavo. Più di 8 mesi (12) di indennità spettano solo ai lavoratori con
oltre 50 anni di età. Chi è stato sospeso può ricevere il 50% della
retribuzione fino per un massimo di 65 giorni. Il limite massimo dell'indennità
è pari a quello previsto per la CIG. La domanda va presentata all'Inps entro 68
giorni dal licenziamento.
DISOCCUPAZIONE
CON REQUISITI RIDOTTI - Tale
indennità è richiesta dal lavoratore per il periodo di disoccupazione relativo
all'anno precedente quello della domanda. Ai fini del calcolo saranno
conteggiate solo le giornate di disoccupazione dovute a licenziamento fino a un
massimo di 180 giornate. L'importo è pari al 35% della retribuzione media fino
a 120 giorni lavorativi e al 40% per i giorni successivi. Il limite massimo è
pari all'indennità di disoccupazione ordinaria. Spetta ai lavoratori che hanno
almeno un contributo settimanale prima del biennio precedente la domanda e
minimo 78 giorni di lavoro per l'anno di riferimento. Il rebus del PERMESSO
DI SOGGIORNO - Nel caso della CIG un
lavoratore risulta ancora occupato e potrà quindi ottenere un normale permesso
di soggiorno per lavoro. Il destino dei lavoratori messi in mobilità, invece,
in assenza di disposizioni chiare, è in mano alla discrezionalità delle
questure. Il lavoratore, pur percependo un reddito (l'indennità di mobilità),
risulta infatti essere senza lavoro e dunque senza un requisito decisivo per il
permesso. In questi casi, alcune questure rilasciano al lavoratore in mobilità
un permesso di soggiorno di 6 mesi per attesa occupazione; in altre, invece, il
permesso di soggiorno è rinnovato per un anno. Chi invece percepisce
l'indennità di disoccupazione riceverà un permesso di soggiorno di 6 mesi per
attesa occupazione. Quello che non è chiaro è se questi 6 mesi decorrano dalla
data del licenziamento o dalla scadenza eventualmente successiva del precedente
permesso del lavoratore
Razzismo culinario?
Times
on line
L’Italia mette al bando il Kebab ed il cibo etnico dalle città
Lucca,
2 febbraio 2009 - Il pomodoro e le patate vengono dal Perù e gli spaghetti
probabilmente sono un dono della Cina. E ', però, lo "straniero"
kebab che viene cacciato fuori delle città italiane, mentre diventa bersaglio
di una campagna contro gli alimenti etnici, una campagna municipale che gode
però dell’appoggio del governo di centro-destra di Silvio Berlusconi.
L’offensiva volta a far sì che gli italiani mangino italiano - che è stata descritta dalla sinistra e
dai grandi Chef come “razzismo gastronomico” - ha avuto inizio nel comune di
Lucca, la scorsa settimana, quando il Consiglio comunale ha vietato l’apertura
di nuovi punti vendita di cibo etnico entro le antiche mura della città. L’iniziativa
ha avuto eco poi in Lombardia e nel suo capoluogo, Milano, che è anche gestito
dal centro-destra. Il partito anti immigrati, La Lega Nord, ha proposto l’adozione di queste restrizioni
in parte "per proteggere le specialità locali della crescente popolarità
di cucine etniche". Luca Zaia, ministro della Agricoltura, originario della
Regione Veneto e membro della Lega
Nord, ha applaudito le autorità di Lucca e Milano, per l’azione contro il cibo
non - italiano. "Noi siamo per la tradizione e la salvaguardia della
nostra cultura", ha detto. Mr. Zaia ha detto che quei ristoranti etnici,
autorizzati ad operare, sia
"se servono spiedini, sushi o cibo cinese" deve "cessare
l'importazione di container carichi di carne e di pesce proveniente da chissà
dove" e usare solo ingredienti italiani. Alla domanda del giornalista se
il ministro avesse mai mangiato un kebab, onorevole Zaia ha detto: "No,
mai - e sfido chiunque a dimostrare il contrario. Io preferisco i piatti del
mio Veneto. Mi rifiuto anche di mangiare l'ananas ". Mehmet Karatut, che
possiede uno dei quattro negozi di kebab a Lucca, ha detto che ha usato solo
carne italiana. Davide Boni, un consigliere comunale a Milano per la Lega Nord,
che si oppone alla costruzione di moschee nelle città italiane, ha detto che i
proprietari di ristoranti di kebab
sono disposti a lavorare per lunghe ore, e che questo è concorrenza
sleale. "Questa è una nuova crociata Lombarda contro i Saraceni", ha
titolato il quotidiano La Stampa. L'opposizione di centro-sinistra a Lucca ha
detto che la campagna è pura discriminazione ed ammonta ad una sorta di "pulizia culinaria etnica". Vittorio Castellani, un cosiddetto
celebrity chef, ha dichiarato: "Non vi è alcun piatto sulla terra che non
provenga dal mescolare tecniche, prodotti e sapori di culture che si sono
incontrate e mescolate nel corso
del tempo." Ha detto anche che molti piatti, considerati da tutti italiani
sono, di fatto, importati. Il pomodoro San Marzano, un ingrediente base di
salse per la pasta italiana, è stato un dono dal Perù al Regno di Napoli nel 18
° secolo. Anche gli spaghetti, si crede siano un prodotto portato dalla Cina da
Marco Polo, mentre le arance e i limoni sono provenienti dal mondo arabo. Mr.
Castellani ha detto che il divieto è un sintomo della crescente intolleranza e
xenofobia che pervade negli ultimi tempi l’Italia. E’ anche un duro colpo inferto agli immigrati che vivono della
vendita di prodotti alimentari etnici, un mercato sempre più popolare anche per
il suo basso costo. Attualmente a Milano ci sono 668 ristoranti etnici,
aumentati di quasi il 30 per cento in un anno. Il centro destra ha vinto le
elezioni nazionali nel mese di aprile del 2008, in parte a causa di una
campagna mediatica di allarme contro criminalità ed immigrazione, quasi fossero
sinonimi. Questa settimana ha registrato una serie di attacchi contro gli
immigrati in bar e negozi, dopo l'arresto di sei rumeni accusati di far parte
di una gang colpevole dello stupro di una razza italiana nella città di Guidonia,
in provincia di Roma. Filippo
Candelise, un consigliere comunale di Lucca, ha dichiarato: "Accusare noi
di razzismo è scandaloso. Tutto quello che stiamo facendo è proteggere il patrimonio
culinario della città." Massimo Di Grazia, portavoce di Lucca, ha
affermato che il divieto è destinato a migliorare l'immagine della città ed a
proteggere i prodotti toscani. "Nel mirino ci sono i ristoranti di kebab,
quanto la stessa McDonald's", ha aggiunto. C'è confusione, però, su cosa
si intende per etnico. Mr. Di Grazia ha ammesso che i ristoranti francesi
saranno consentiti. Non era sicuro, però, della cucina siciliana. In quanto
essa è influenzata dalla cucina araba.
Lo studio
L’Istituto
Nazionale per la Promozione della Salute delle Popolazioni migranti e per il
Contrasto delle malattie della Povertà (INMP) di Roma
Direttore
Generale Aldo Morrone
CONFERENZA STAMPA
Incidenza,
significati e percezioni delle Mutilazioni Genitali Femminili: dalla
ricerca-azione a modelli d’intervento
Studio realizzato sulla
rilevanza ed i procedimenti attuati nel contrasto delle MGF in Italia, e per la
prima volta è stata registrata la sfera emotiva delle donne escisse, nella
tradizione dell’infibulazione che ne determina l’intimo consenso, insieme alle
conseguenze psicologiche e fisiche nella sfera sessuale che ne influenzano il
benessere. Attento a descrivere, oltre l’incidenza sul territorio nazionale, le
difficoltà e le potenzialità nei provvedimenti adottati dagli operatori
sociosanitari verso una donna recisa.
Le Mutilazioni Genitali
Femminili, rivelate al sapere sanitario europeo dal fenomeno migrante,
rappresentano simbolicamente il più grande ostacolo per un dialogo tra culture
e la sopraffazione estrema sul corpo delle bambine. L’INMP con il CRR per MGF,
sono stati incaricati dal Dipartimento delle Pari Opportunità, Presidenza del
Consiglio dei Ministri, d’individuare i limiti e le potenzialità delle ricerche
e dei modelli d’intervento verso le donne vittime di pratiche mutilatorie, in
un quadro operativo sulla conoscenza e l’attenzione degli operatori
sociosanitari e dei mediatori interculturali operativi nei centri indicati. Lo
studio è stato realizzato con questionari e formazione di focus group in 5
regioni: Piemonte, Toscana Lazio, Puglia e Sicilia, in 8 capoluoghi,
coinvolgendo migliaia di operatori per tracciare una nuova mappa orientativa
delle MGF in Italia. Un lavoro fondamentale nel delineare, attualizzandolo, il
fenomeno delle MGF, considerando che il nostro Paese ha il più alto numero di
casi in Europa, determinato dall’essere meta d’immigrati provenienti da aree
ampiamente interessate (Somalia, Etiopia ed Eritrea). Sono circa 94 mila le
donne vittime di avvenimenti scissori, in aumento ogni anno di 500
bambine nella clandestinità, con rischi per la salute, che vanno ad aggiungersi
ai 3 milioni di coetanee solo in Africa. Indicativo è il lavoro svolto dalla
Struttura Complessa di Medicina Preventiva delle Migrazioni del Turismo e di
Dermatologia Tropicale dell’ospedale San Gallicano di Roma, centro di riferimento
per la regione Lazio dell’INMP, per l’osservazione e cura, dietro consenso, su
4477 donne escisse dai 18 ai 46 anni a diversi livelli: dall’escissione del
prepuzio clitorideo all’infibulazione completa con restringimento vaginale.In
conferenza stampa saranno illustrati i risultati provenienti dai diversi centri
che hanno collaborato nella ricerca; dettagliatamente le stime del fenomeno ed
i contorni sanitari e culturali che caratterizzano l’intervento a contrasto
delle MGF, generalmente contenuto nella scarsa preparazione degli operatori
sociosanitari e dei mediatori interculturali: prigionieri in riserve mentali
influenzate da messaggi mediatici distorti, ed inesperti sulle differenze
“chirurgiche” delle pratiche mutilatorie che si distinguono tra le differenti
etnie. Di conseguenza la donna escissa, oltre la sofferenza per gli effetti
sulla sfera sessuale e riproduttiva, associata ai problemi psicosomatici e
disturbi che colpiscono una vasta gamma di funzioni cerebrali, subisce quel
sentirsi completamente straniera quando anche il linguaggio del corpo è
distante. Con altrettanta intensità la ricerca ha raccolto la richiesta da
parte degli operatori, dal sud al nord Italia, anche nelle aree dove il
fenomeno è solo un sentito dire, di una formazione il più
possibile esaustiva sulle MGF, dall’aspetto medico a quello antro/psicologico.
Ad una donna offesa nel corpo e nello spirito, non resta che augurarsi dagli
esperti sanitari, dai politici e dai giornalisti che prenderanno parte al
convegno ed alla conferenza, nei loro interventi la convergenza con la fine del
dolore femminile al benessere di tutti.
Foreign press
Thousands may strike over 'British jobs'
dispute
Mattew Taylor
and Martin Wainwright
Monday 2
February 2009 - The wave of strikes that
swept the UK last week is expected to escalate today with thousands more
employees planning walkouts in protest at the exclusion of British workers from
construction contracts. The centre of last week's dispute, Total's Lindsey
refinery on the Humber estuary, will again be the focal point, with workers
from around the country pledging to join the 500 wildcat strikers who gathered
outside the desulphurisation plant on Friday. Elsewhere, up to 900 contractors
at Sellafield nuclear power plant are due to meet this morning to decide
whether to walk out. A union source said feelings were running "extremely
high" at scores of other sites, adding that the action appeared to have
been co-ordinated via mobile phones, text messages and online forums.
"This is unofficial action so it is impossible to say with any certainty
what will happen but it seems fairly clear from what we are hearing that this
is only going to grow." Andrew Sparrow reports on the view from
Westminster Link to this audio On Friday up to 3,000 workers from at least 11
oil refineries and power plants in England, Scotland, Wales and Northern
Ireland mounted protests and unofficial strikes over the granting of an
estimated 300 jobs to European contractors at the Total refinery in
Lincolnshire. In an apparently co-ordinated action, 700 workers at the
Grangemouth oil refinery near Falkirk walked out, and 400 more downed tools at
the Wilton chemical site in Cleveland. There were also protests at eight other
facilities in Scotland, Wales and Northern Ireland. Last night Paul Kenny,
general secretary of the GMB, called on the government to address the workers'
concerns. "Understandably UK workers are angry that they are excluded from
jobs simply because they are British. The Labour government has been made aware
of this issue and had promised to sort it out but they have failed to keep
their promise," he said. Fears that work on the 2012 Olympic site could be
caught up in the dispute were played down yesterday. Alan Ritchie, general
sectary of construction union UCATT, said that although it was monitoring
developments, the site was one of the best regulated in the UK with workers
directly employed and wages well above industry minimums. "Seventy per
cent are British and Irish," he said. "Of the remaining 30%, which is
fewer than 350 workers, most have lived in the area for over 20 years, but hold
foreign passports." The biggest demonstration is expected outside the
Lindsey refinery from 6am today, although forecast snow may disrupt plans.
Supporters are expected from across the country and organisers hope to block
access to the plant. Total last night issued a statement stressing it had never
been its policy to discriminate against British workers. It said it would work
with subcontractors "to ensure that British workers are considered in the
same way as anyone else". But staff at the site said they planned to get
in early to avoid confrontation. It was confirmed that the Italian and
Portuguese workers at the centre of the dispute will be confined to their barge
hostel in nearby Grimsby docks. The situation in the port and at neighbouring
Immingham was described as "volatile and nasty" by one of the workers
at the refinery yesterday. He said that rumours were rife about the far right
BNP attempting to exploit the issue and extremists "looking for the
Italians in bars". "It is disgusting," said the man, who did not
want to be named. "They're decent people who've come here to work, just
like our people – including plenty from Grimsby – go over there to
do." The conciliation service Acas was asked to mediate by the government
on Friday and last night Derek Simpson, joint general secretary at Unite, said
he had met ministers over the weekend to call for the creation of "a
corporate social responsibility clause" that would force companies to give
all workers fair access to jobs. "We need an urgent meeting with the
government and the employers this week to address the issues raised so we can
bring this to a speedy and satisfactory resolution."