La previsione nel ddl "sicurezza" di una tassa specifica a carico dei cittadini stranieri all'atto del primo rilascio e di ogni rinnovo del permesso di soggiorno (attualmente indicata in 200,00), viene motivata dal Ministro Maroni come necessaria a mettere l'Italia finalmente "alla pari" rispetto ad altri Paesi europei. E per difficile comprendere quale lacuna del sistema vigente il Governo intenda colmare. Gi oggi, infatti, il cittadino straniero che intenda rinnovare il suo permesso di soggiorno in Italia tenuto al pagamento di un contributo di circa 72,00, importo che si pone nel mezzo rispetto a quanto previsto, per esempio, in Belgio (ove varia da 7,00 a 12,00 Euro) e nel Regno Unito (ove si aggira attorno alle 350 sterline, a carico in parte del datore di lavoro in parte del lavoratore): sotto questo profilo, quindi, lItalia gi perfettamente allineata agli altri Paesi europei. A differenza che in alcuni di essi, anzi, il contributo richiesto a ciascuno dei componenti di un unico nucleo famigliare cosicch, per quattro persone, il costo minimo sale ad 288,00, somma non esattamente trascurabile, in particolare per una famiglia di arrivo recente sul territorio.

Si potrebbe quindi pensare la nuova ed aggiuntiva tassa sia, nella volont del legislatore, finalizzata a mettere finalmente in pari lItalia rispetto agli altri Paesi europei per quanto attiene ai servizi offerti ai cittadini stranieri. E innegabile, infatti che attualmente lo straniero paghi un sicuro disservizio: a fronte di una previsione di legge che imporrebbe il rilascio del permesso entro venti giorni dalla data della domanda, il primo (e mai ultimo) appuntamento in Questura avviene invece di media un anno e mezzo dopo (a Verona si ormai arrivati a due anni di attesa). Sino alleffettivo rilascio del documento, il lavoratore straniero avr quale unica prova del suo status di regolare una ricevuta cartacea, andando cos incontro ad innumerevoli problemi pratici nella gestione della vita quotidiana: un datore di lavoro o il proprietario di un appartamento saranno restii ad assumere o dare in locazione il proprio immobile a persona che ancora non sanno se sar giudicata in regola o non in regola; una visita ai lontani parenti si riveler impresa rischiosissima poich la possibilit di valicare la frontiera e rientrarvi con la mera esibizione della  ricevuta subordinata a periodici accordi tra stati ed incerte circolari ministeriali. Un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, poi, ha una durata esattamente di due anni e, cio, il tempo, a Verona, per il disbrigo della pratica di rinnovo, cosicch non appena ritiratosar gi scaduto! Il lavoratore straniero dovr, nuovamente, iniziare una nuova pratica, attendere altri due anni, perdere nuove giornate di lavoro in fila davanti alla Questura e, nel frattempo, andarsene in giro con la sola ricevutina.

Ci si sarebbe, quindi, attesi che allintroduzione di unulteriore contributo a carico degli immigrati corrispondesse la riforma radicale di una macchina burocratica al collasso, mediante la destinazione del nuovo gettito ad aumentare il personale addetto al disbrigo delle pratiche per garantire, finalmente, un servizio in media, questo s, rispetto agli altri Paesi europei ove tempistiche di questo genere sono assolutamente sconosciute. Al contrario, le dichiarazioni rese alla stampa dal Ministro Maroni e lo stesso testo del ddl oggi in discussione, confermano la destinazione del gettito a finanziare i rimpatri forzati dei "clandestini". La logica sottesa , lo si deve dire, aberrante, presupponendo in capo al cittadino straniero o una sorta di responsabilit collettiva (paghi per tutti gli stranieri che entrano nel nostro territorio in modo irregolare: sei anche tu straniero e, quindi, in fondo della stessa razza) ovvero una sorta di responsabilit preventiva (ora sei regolare ma prima o poi violerai le nostre leggi: intanto paghi, perch prima o poi ci troveremo costretti a spendere dei soldi per espellerti).

Si deve purtroppo constatare che, a fronte di un contributo determinante dei lavoratori stranieri e delle loro famiglie alleconomia, alla cultura ed al sistema di sicurezza sociale italiano, il Governo propone disposizioni di legge vessatorie, che vanno nella direzione esattamente opposta a quella del riconoscimento della pari dignit sociale di tutti e tutte coloro che alimentano ogni giorno una Repubblica fondata sul lavoro (art. 1 Cost.): sul lavoro, non sulla razza o la lingua o la religione o la provenienza geografica. Camera e Senato sono ancora in tempo a fermare una deriva che rischia di allontanarci non solo dagli altri Paesi europei ma dagli stessi principi fondanti il nostro sistema democratico.

Avv. Elisa Fav – Cestim (Centro Studi Immigrazione)