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Giovedì 15 Gennaio 2009 Chiudi chiudi finestra
di CORRADO GIUSTINIANI
UN balzello iniquo e assurdo, quella tassa sul permesso di soggiorno, più pudicamente ribattezzata “contributo”, coriacemente voluta dalla Lega, che oggi il Senato sarà chiamato a discutere e votare. Per non parlare della proposta folle (al momento accantonata) di una garanzia da 10mila euro a carico degli extra-comunitari che vogliono aprire una partita Iva. Doppio, ignobile balzello. Per almeno quattro ragioni.
La prima: gli immigrati pagano già una bella somma per il rilascio e il rinnovo del permesso, come da molti giorni cerchiamo inutilmente di far capire. Per l’esattezza 72 euro e 12 centesimi, così articolati: 30 per l’assicurata da inoltrare alla posta, 27,50 come contributo al Poligrafico dello Stato che deve stampare il permesso elettronico, 14,62 come diritti di bollo. E poi, ovviamente, il costo delle foto e di tutti gli altri documenti da esibire.
La tassa, o contributo come lo vogliamo chiamare, c’è dunque già, ma alte personalità del governo e della maggioranza sembrano ignorarlo, come quei ministri che ieri si sono detti stupiti delle critiche della Chiesa, dato che il contributo che si vuole inserire «somiglia molto a quello che paghiamo quando facciamo il passaporto o chiediamo una certificazione». Lo ignora Bossi, che ha ricordato che quest’imposta si paga in tutta Europa, lo ignora lo stesso ministro dell’Interno Maroni che ha ipotizzato già, tra i 200 euro proposti a novembre dalla Lega e i 50 di cui si è parlato qualche giorno fa, una misura intermedia, 100 euro (per un totale, dunque, di 172,12 euro) che servirebbe a finanziare un fondo per i rimpatri.
Secondo. Il contributo ha un senso in funzione del servizio erogato. Ma qui, a differenza che in tutti gli altri Paesi d’Europa, più che un servizio c’è un disservizio. Lo sa il governo che in base all’articolo 5, comma 9, del Testo unico sull’immigrazione, il permesso di soggiorno dovrebbe essere “rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda”, e che invece il tempo “reale” per ottenere il rinnovo oscilla tra i 6 mesi e un anno? Abbiamo documentato come a Firenze, in migliaia di casi, il permesso era già scaduto al momento del rinnovo, e la locale Questura, per uscire dall’impasse, ha scelto la strada di chiedere altre quattro fotografie, far ripagare la marca da bollo e una nuova tessera elettronica, in totale 42 euro supplementari, pur di accontentare quei malcapitati. In queste condizioni, altro che inasprimento del contributo: ci vorrebbe un indennizzo. E, comunque, è più che necessario l’allungamento della durata dei permessi di soggiorno (oggi durano al massimo due anni) per alleviare il fardello burocratico.
Terzo: in un momento di grave crisi come questo, in cui si mettono in pista misure come il “bonus famiglia” da 200 a 1000 euro per soccorrere i più deboli, e da molte parti si invocano sgravi fiscali, come si può pensare che vi sia una categoria che al contrario può sopportare un inasprimento? Quarto. In tutti i Paesi esiste un Fondo per l’integrazione degli immigrati: da 300 milioni di euro in Spagna, da 750 in Germania, Paese che offre agli stranieri 300 ore di insegnamento gratuito del tedesco. Anche in Italia esiste: ma i 100 milioni di euro di cui era dotato sono finiti in altre poste di bilancio, e così ne sono rimasti solo 5. Qualcuno dovrebbe riflettere sul fatto che “disintegrare” gli immigrati, oltre che profondamente ingiusto, è anche molto pericoloso per la nostra società.