Legislatura 16º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 132 del 26/01/2009


SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVI LEGISLATURA ------

132a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 

LUNEDÌ 26 GENNAIO 2009

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Presidenza del presidente SCHIFANI,

indi della vice presidente MAURO

e della vice presidente BONINO

 

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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Italia dei Valori: IdV; Il Popolo della Libertà: PdL; Lega Nord Padania: LNP; Partito Democratico: PD; UDC, SVP e Autonomie: UDC-SVP-Aut; Misto: Misto; Misto-MPA-Movimento per l'Autonomia: Misto-MPA.

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RESOCONTO SOMMARIO

 

Presidenza del presidente SCHIFANI

 

La seduta inizia alle ore 15,02.

 

Il Senato approva il processo verbale della seduta pomeridiana del 22 gennaio.

 

Comunicazioni della Presidenza

 

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

 

PRESIDENTE. Avverte che dalle ore 15,05 decorre il termine regolamentare di preavviso per eventuali votazioni mediante procedimento elettronico.

Calendario dei lavori dell'Assemblea

PRESIDENTE. Comunica le determinazioni assunte dalla Conferenza dei Capigruppo in ordine al calendario dei lavori dell'Assemblea per il periodo fino al 12 febbraio. (v. Resoconto stenografico).

Sul fenomeno della violenza contro le donne

PRESIDENTE. La Conferenza dei Capigruppo ha deciso all'unanimità, su richiesta del Partito Democratico, di consentire lo svolgimento di alcuni brevi interventi ad inizio di seduta sull'argomento estremamente attuale della violenza contro le donne.

SOLIANI (PD). Negli ultimi giorni si è assistito ad un crescendo di episodi di violenza contro le donne, che delineano un quadro di vera e propria emergenza nel Paese e dimostrano il fallimento delle politiche finora messe in atto dal Governo in materia di sicurezza. A tutto ciò si è aggiunta l'inopportuna leggerezza della battuta rilasciata ieri dal Presidente del Consiglio, secondo cui ci vorrebbe un soldato per ogni bella donna presente in Italia, che tradisce una visione arcaica dell'universo femminile ed appare particolarmente offensiva in relazione alla gravità del momento. Chiede pertanto al Governo di riferire al più presto sulle misure che intende assumere per contrastare il fenomeno della violenza contro le donne, auspicando un atteggiamento determinato e consapevole che porti allo sviluppo di un nuovo orizzonte culturale e sociale; esprime inoltre solidarietà nei confronti di tutte le donne aggredite e ribadisce l'impegno del Partito Democratico nel cercare di sradicare tale forma di violenza. (Applausi dai Gruppi PD e IdV e dei senatori D'Alia e De Feo. Congratulazioni).

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Il tema della violenza contro le donne è strettamente connesso a quello della sicurezza, il quale, essendo un diritto costituzionalmente garantito, dovrebbe essere oggetto di un confronto serio e costruttivo tra maggioranza ed opposizione, al fine di individuare le misure più idonee alla sua tutela. Sbaglia pertanto chi, nella passata legislatura come nell'attuale, strumentalizza tale tema a fini di propaganda politica. Va inoltre stigmatizzata con forza la recentissima comparsa su Facebook di un gruppo che inneggia alla violenza contro le donne e allo stupro, ad ulteriore testimonianza di come tale social network rischi di diventare la cassa di risonanza delle peggiori istanze che provengono dalla società. Invita pertanto il Governo non solo ad avviare un'attività di controllo formale nei confronti di tali siti, ma anche ad individuare le modalità più adeguate per inviare un segnale forte di contrasto verso questo nuovo fenomeno e si appella alla sensibilità del Presidente del Senato affinché si faccia portavoce di tale richiesta presso l'Esecutivo. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

PRESIDENTE. Nel condividere le considerazioni del senatore D'Alia sul contenuto di alcuni siti Internet, osserva che è giunto il momento che il Senato segnali al Governo tale delicato e preoccupante fenomeno, su cui le istituzioni sono senz'altro chiamate a pronunziarsi, ed auspica che su di esso possano fornire risposte concrete il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia, la cui presenza è prevista nei prossimi giorni in Senato per riferire sulle materie di loro competenza.

PARDI (IdV). Si associa alle parole della senatrice Soliani e al richiamo del senatore D'Alia ed osserva che sul delicato tema della violenza contro le donne sarebbe bene che il mondo della politica evitasse di inviare all'opinione pubblica messaggi propagandistici ad effetto, non abbastanza ponderati (come ha fatto il centrodestra nel corso dell'ultima campagna elettorale), che spesso generano confusione tra la popolazione e suscitano violente reazioni emotive, come dimostrano anche recenti fatti di cronaca. In riferimento al Presidente del Consiglio, osserva inoltre che non è tanto scandalosa la sua battuta di ieri, quanto la rappresentazione della donna come oggetto che le televisioni di sua proprietà hanno incessantemente proposto negli ultimi decenni. (Applausi dai Gruppi IdV e PD. Vivaci commenti dal Gruppo PdL).

MAURO (LNP). I gravissimi episodi di violenza nei confronti di donne registrati a Roma nei giorni scorsi testimoniano l'urgenza di un tempestivo intervento del Parlamento per una più severa legislazione della materia che garantisca pene certe e sicure, anche e soprattutto nei confronti di coloro che compiono reati sotto l'effetto di alcool o droga. I dati dell'ISTAT in materia di violenza nei confronti delle donne sono sconcertanti e impongono alla maggioranza e all'opposizione l'assunzione di una forte responsabilità per contrastare un fenomeno sempre più dilagante, sia all'interno delle mura domestiche che fuori. (Applausi dai Gruppi LNP, PdL e IdV e del senatore Cintola).

GALLONE (PdL). Un seria politica di contrasto al fenomeno della violenza sulle donne impone una presa di coscienza collettiva sulla sua gravità, un'azione coordinata tra i diversi livelli di Governo e le associazioni di volontariato, nonché un serio intervento sul piano legislativo che non si limiti a sanzionare penalmente le molestie sessuali, ma che sia soprattutto in grado di tutelare le donne favorendo la prevenzione e il sostegno alle vittime e garantendo processi rapidi e certi. In tale ottica, auspica la celere approvazione del disegno di legge presentato dal ministro Carfagna, il quale introduce aggravanti connesse alle modalità di azione del colpevole e meccanismi volti ad accelerare i tempi di giudizio, impone l'aumento della pena in caso di recidiva e prevede l'arresto in flagranza per il reato di violenza sessuale e per quello di violenza sessuale di gruppo. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Per combattere l'esecrabile fenomeno della violenza sulle donne è necessario procedere ad un adeguamento della normativa penale, avviato con il cosiddetto pacchetto sicurezza ed oggetto del disegno di legge sugli atti persecutori all'esame della Camera dei deputati, nell'ambito del quale il Governo valuterà l'opportunità di formulare ulteriori proposte specifiche. Ma compito fondamentale delle istituzioni è esercitare una funzione educatrice volta a promuovere un rinnovato rispetto della dignità della persona ed una condivisione collettiva della condanna nei confronti di comportamenti vessatori e violenti nei confronti delle donne. (Applausi dal Gruppo PdL e del senatore Astore).

 

PRESIDENTE. Gli interventi dei senatori Pedica e Perduca su Alitalia e sul trattato tra Italia e Libia saranno svolti al termine della seduta.

Discussione del disegno di legge:

(1315) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale)

SAIA, relatore. L'estrema gravità della crisi economica in atto e delle sue ripercussioni sull'Italia è testimoniata dalla previsione di una riduzione del PIL di due punti percentuali e di un consistente aumento del deficit, dal calo dell'occupazione e dal rallentamento del credito, specie a danno delle piccole imprese. Il decreto in esame reperisce risorse per un ammontare di 5,6 miliardi di euro, impiegandole prevalentemente per sostenere le famiglie a basso reddito, per ridurre l'entità del prelievo fiscale sulle imprese e per stimolare l'attività di investimento. È sotto tale luce che vanno lette misure come il blocco delle tariffe per tutte le forniture abituali - ad eccezione dell'acqua - fino al 31 dicembre 2009 e l'introduzione del cosiddetto bonus famiglie, in forza del quale le fasce sociali più svantaggiate riceveranno un sussidio straordinario parametrato al numero dei componenti del nucleo familiare e alla presenza o meno di portatori di handicap. Con estremo favore sono inoltre da accogliersi interventi quali il blocco dei pedaggi autostradali e delle tariffe ferroviarie a favore dei lavoratori pendolari, la previsione di un tetto agli oneri dei mutui per l'acquisto della prima casa, che non potranno superare il 4 per cento, e le misure a sostegno dei trasporti pubblici locali e delle ferrovie. Sul versante delle imprese e del settore produttivo, il provvedimento appare invece particolarmente soddisfacente laddove prevede la riduzione di 3 punti percentuali dell'IRES e dell'IRAP, nonché la completa detassazione dei compensi per il lavoro straordinario, con l'innalzamento a 35.000 euro del reddito massimo per beneficiare dell'aliquota agevolata e a 6.000 euro del salario di produttività agevolato fiscalmente. Sono previste anche misure di lotta all'evasione fiscale. Esprime quindi un orientamento fermamente positivo nei confronti della manovra in esame, malgrado essa manchi di dare soluzione al problema della quantità di risorse che sarebbe indispensabile, anzitutto in termini di restituzione fiscale strutturale ai lavoratori e ai pensionati, per un rilancio dell'economia sul versante di una vigorosa ripresa dei consumi. A tal proposito, rammenta tuttavia che è già in corso una consultazione con le parti sociali in ordine alle ulteriori misure da intraprendere nell'immediato futuro. (Applausi dal Gruppo PdL).

CONTI, relatore. Il provvedimento in esame tenta di dare risposta alla grave crisi economica e finanziaria in atto e fa seguito agli altri interventi già adottati dal Governo in chiave di prevenzione, tra i quali il decreto-legge n. 112, che ha pianificato interventi per i prossimi tre anni per un ammontare pari a 36 milioni di euro, e la legge finanziaria dello scorso dicembre. Le imprese e le famiglie invocano un sostegno pubblico e interventi sul fronte dei consumi, i quali devono però essere operati tenendo sotto controllo il debito pubblico: da questo punto di vista, la strada obbligata è senz'altro quella di investimenti massicci nei settori delle infrastrutture e dell'energia, favorendo una green-economy che offra allo stesso tempo dividendi ambientali ed economici. Nell'invitare l'opposizione a mantenere in Aula lo spirito aperto e collaborativo che ha caratterizzato i lavori in Commissione, auspica che il tema del contrasto alla crisi economica in atto possa vedere un'unità di sforzi e di intenti da parte di tutti i soggetti coinvolti, Governo, forze politiche, parti sociali ed enti locali. (Applausi dal Gruppo PdL). Allega ai Resoconti della seduta un testo contenente integrazioni alla relazione. (v. Allegato B)

PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione generale.

LEGNINI (PD). La politica economica del Governo è inadeguata e miope di fronte alla crisi economica in atto e il provvedimento in esame non sarà in grado di incidere in alcun modo sull'andamento della recessione, sulla cui gravità, colpevolmente sottovalutata dal Ministro dell'economia, concordano l'Unione europea, la Banca d'Italia e i principali istituti di ricerca. A fronte degli elevati sforzi compiuti dagli altri Paesi - 73 miliardi di euro in Germania e 825 miliardi negli Stati Uniti - , il Governo italiano si limita a compiere un intervento finanziario di soli 5 miliardi di euro, i cui effetti stimati sul PIL ammontano ad un solo decimo di punto. Nonostante talune previsioni condivisibili, è indubbio che l'introduzione del tetto del 4 per cento sulle rate dei mutui sia una misura propagandistica operata in una fase di forte riduzione dei tassi di interesse, e che la previsione del bonus fiscale sia di bassissima entità e certo non tale da poter generare un'inversione nelle aspettative delle famiglie italiane. Preannuncia quindi il contenuto di un emendamento dell'opposizione contenente una proposta alternativa alla politica del Governo, il quale prevede una riduzione della pressione fiscale sui redditi medio-bassi al fine di dare impulso ai consumi, nonché l'utilizzo di un punto di PIL, con contestuale individuazione delle misure di riduzione della spesa corrente, per rientrare dallo sforamento consentito dai criteri di flessibilità previsti nel Patto di stabilità europeo, a partire dal 2010. Conclude stigmatizzando le scarse opportunità riservate al Parlamento di intervenire sulla politica economica ed auspicando che in futuro il Governo assuma un atteggiamento di maggior apertura nei confronti del dibattito e delle proposte parlamentari. (Applausi dal Gruppo PD).

 

Presidenza della vice presidente MAURO

BALDASSARRI (PdL). Dal momento che il quadro di riferimento macroeconomico è nettamente peggiorato rispetto al periodo in cui è stato emanato il decreto-legge, quest'ultimo non sarà in grado da solo a fronteggiare il forte rallentamento dell'economia italiana previsto per il 2009; ciononostante le misure proposte vanno valutate positivamente e sarebbe quindi un grave errore non procedere alla sua conversione. Una volta approvato il provvedimento, però, occorrerà aprire immediatamente un tavolo di confronto per predisporre una manovra ulteriore, con l'obiettivo di frenare la decrescita e salvaguardare l'occupazione, senza aumentare il deficit. Il brusco rallentamento dell'economia europea, unito al basso costo del denaro, mostra infatti la miopia della politica economica continentale, che testardamente ha sacrificato le ragioni della crescita sull'altare del rigore contabile e del contenimento dell'inflazione. Urge dunque un sostanzioso intervento di sostegno alla crescita che però, onde evitare un peggioramento dei conti pubblici, deve essere interamente coperto da una contestuale riduzione della spesa. Non sono dunque condivisibili gli emendamenti del Partito Democratico, che propongono un intervento di volume troppo scarso, per giunta non dotato di un'adeguata copertura finanziaria. Propone dunque un intervento più sostanzioso in favore di famiglie, piccole e medie imprese e investimenti infrastrutturali, analiticamente compensati da misure volte a limitare le spese inefficienti e gli sprechi. (Applausi dal Gruppo PdL e del senatore Massimo Garavaglia).

BONINO (PD). La discussione del provvedimento rappresenta un esercizio poco utile, dal momento che il Governo sta valutando la possibilità di porre la questione di fiducia sul decreto-legge, a causa non delle intemperanze dell'opposizione, ma del possibile sfaldamento della sua ampia maggioranza. Nell'ambito del confronto - che dovrebbe essere serio ed approfondito - sulle misure più adatte a fronteggiare la crisi, non è condivisibile l'analisi portata avanti dal ministro Tremonti e le sue critiche alla globalizzazione e al libero mercato: le ragioni della crisi vanno semmai ricercate nella nefasta ingerenza della politica nell'economia che, negli Stati Uniti, ha consentito l'eccessiva esposizione finanziaria dei grandi istituti di credito. Il decreto-legge in esame rappresenta comunque uno strumento inadeguato e insufficiente, da valutarsi negativamente anche alla luce del fatto che già nel momento della sua emanazione le previsioni macroeconomiche si presentavano molto peggiori di quanto preventivato. Esso si inserisce nella contraddittoria politica economica del Governo, che ha sperperato inutilmente risorse con provvedimenti incapaci di apportare effetti benefici alla crescita, ad esempio eliminando l'ICI sulla prima casa in favore dei titolari dei redditi più alti o accollandosi i debiti dell'Alitalia per salvaguardarne solo temporaneamente l'italianità dell'assetto proprietario. Per affrontare la situazione occorrono dunque misure globali e interventi coraggiosi: sono invece dannosi i provvedimenti localistici e protezionistici messi in atto dal Governo e il falso ottimismo di chi si ostina a sottovalutare la portata della crisi. (Applausi dai Gruppi PD e IdV. Congratulazioni).

D'UBALDO (PD). Dopo aver espresso la propria solidarietà al senatore Ichino, fatto oggetto di minacce terroristiche, rammenta che proprio i vincoli economici continentali, criticati dal senatore Baldassarri, hanno scongiurato l'eccesso di indebitamento privato che ha fatto da detonatore alla crisi delle economie anglosassoni. Specialmente negli Stati Uniti, infatti, la crisi è figlia della decisione politica di sostenere artificiosamente l'economia con un eccesso di liquidità e di credito che, alla lunga, si è mostrato insostenibile. Tale dato dovrebbe far riflettere sull'opportunità di procedere ad un'ulteriore liberalizzazione della Cassa depositi e prestiti, il cui sistema di governance viene modificato da una norma opaca contenuta nel decreto-legge. Bisogna considerare infatti che proprio il fatto di aver consentito agli enti locali di contrarre debiti anche con gli istituti privati di credito è alla radice del fenomeno dell'acquisto di titoli derivati ad alto rischio, che ha messo in crisi il bilancio di numerosi Comuni e su cui lo stesso Parlamento farebbe bene ad indagare. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. Si associa alla solidarietà espressa nei confronti del senatore Ichino.

LANNUTTI (IdV). Il Governo non sembra avere l'esatta percezione degli effetti sul sistema economico-finanziario nazionale della crisi che sta investendo l'intero pianeta, con pesanti ricadute sull'economia reale e la conseguente perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro. A differenza delle scelte operate dai Governi di numerosi altri Paesi, dove sono state varate misure anticicliche e assunti impegni per investimenti pubblici, l'Esecutivo propone infatti una manovrina anticrisi del tutto insufficiente a fronteggiare la recessione in atto. L'intervento è infatti praticamente a saldo zero, con la conseguenza che, sul piano della spesa, le misure indicate sono sottofinanziate, come nel caso della social card, e prive di effetti concreti sulle famiglie e sulle imprese mentre, sul piano delle entrate, si assiste ad un incremento delle entrate tributarie. Tanta cautela nella proposta di un pacchetto anticrisi non sembra peraltro ascrivibile alla necessità di stabilizzare il debito pubblico, considerato che gli atti precedenti del Governo sono andati in senso opposto in particolare con le scelte operate dal Governo di accollare alla fiscalità generale la vicenda Alitalia e di abolire l'ICI. L'Italia dei Valori aveva proposto misure di segno opposto, tese al sostegno dei redditi e al rilancio dell'economia nonché al taglio degli sprechi, colpendo in particolare le rendite e i redditi sommersi. Anche l'intervento operato in materia di mutui appare fallimentare considerato che è in ritardo rispetto ad altri Paesi e comporta costi aggiuntivi per i detentori di mutui a tasso variabile e nessun sostegno per i detentori di mutui a tasso fisso. (Applausi dai Gruppi IdV e delle senatrici Soliani e Biondelli).

PEGORER (PD). La gravità della crisi in atto e degli effetti dal punto di vista economico e sociale che sta determinando richiederebbe una discussione aperta tra le forze politiche sulle modalità con cui supportare i settori economici e sociali più esposti alla crisi. Questo è il senso della proposta complessiva elaborata dal Partito Democratico, che pone particolare attenzione agli effetti della recessione sull'occupazione. Si tratta infatti di una grande questione che deve spronare la politica ad esplorare nuove frontiere di solidarietà nel sostegno al reddito, in un'ottica non soltanto di rilancio dei consumi ma di salvaguardia di un capitale umano e professionale imprescindibile per lo sviluppo del Paese. In tale quadro assume rilevanza la questione degli ammortizzatori sociali per i lavoratori precari, tra cui in particolare si segnalano quelli delle Forze armate. Le misure di defiscalizzazione proposte infatti, lasciano fuori gran parte di quei militari volontari in ferma annuale o breve, quindi percettori di paga giornaliera e non di stipendio, ma ciò nonostante impegnati in delicati scenari operativi. Peraltro, nel settore della difesa, il Governo pare muoversi con interventi discutibili e tagli indiscriminati anziché con misure di oculata razionalizzazione che andrebbero a sostegno del settore. (Applausi dal Gruppo PD).

SPADONI URBANI (PdL). Il decreto all'esame è parte di un'azione anticrisi più vasta predisposta dal Governo a favore delle famiglie e delle imprese già a partire dalla scorsa estate allorché pose in atto, tra i primi in Europa, una serie di misure tese a fronteggiare la crisi di portata sistemica e planetaria in atto, tenendo conto dell'obiettivo imprescindibile per l'economia del Paese di azzerare in debito pubblico entro il 2011. Il complessivo pacchetto di misure è stato peraltro affiancato dal piano anticrisi predisposto dall'Europa per il sostegno all'economia reale attraverso incentivi finanziari coordinati a livello nazionale e comunitario. Le misure indicate nel provvedimento si fondano sul sostegno alle famiglie, in particolare attraverso il bonus, e all'attività produttiva per rilanciare la crescita. Altri interventi importanti riguardano l'accollo statale del costo dei mutui ed il blocco delle tariffe per le forniture abituali. Particolare attenzione merita il fondo per gli investimenti del gruppo Ferrovie dello Stato in quanto il potenziamento del trasporto su rotaia può rappresentare un volano per lo sviluppo. E' prevista altresì un'autorizzazione di spesa per assicurare l'espletamento dei servizi di trasporto pubblico ferroviario, condizionata al fatto che non siano disposti aumenti delle tariffe: nel merito auspica che nell'emanazione del decreto il Ministero tenga conto dei diritti dei cittadini che vivono nelle zone meno servite.

LEDDI (PD). Per fronteggiare quella che è definita come la crisi del secolo, innescatasi nel mondo finanziario e dilagata all'economia reale, il Governo, oltre a inviare all'opinione pubblica messaggi ottimisti e tranquillizzanti, ha varato un provvedimento di portata limitata e privo di finalità strategiche. Peraltro, al decreto non è dedicata neanche una discussione approfondita ed un confronto serio sulle scelte di politica economica che avrebbero potuto operarsi, magari anche attraverso strumenti condivisi. Frutto dell'impostazione del Governo è un testo che oppone ad una crisi epocale misure sulle addizionali sul materiale pornografico, sui documenti di viaggio nei trasporti urbani e sui parcheggi veicolari. Il Partito Democratico ha presentato una proposta organica di cui non si è voluto discutere respingendo anche proposte concrete tese ad alleviare i problemi di liquidità delle piccole e medie industrie, come quella per accelerare i pagamenti da parte dello Stato. Sarebbe stato un segnale importate di attenzione nei riguardi del mondo produttivo, oltre che una misura concreta di finanziamento in una fase di forte contrazione del credito. (Applausi dal Gruppo PD).

SANGALLI (PD). La gravità della crisi in atto va fronteggiata attraverso una proposta realista e complessiva modellata sulle caratteristiche del Paese, che è gravato da un forte debito pubblico ma che presenta anche forti potenzialità nel tessuto delle imprese. La proposta organica del Partito Democratico non ha avuto un riscontro positivo da parte del Governo e della maggioranza, e il centrodestra ha proposto un provvedimento del tutto insufficiente che non contiene alcuna misura anticiclica e antirecessiva, in particolare a sostegno del mondo del lavoro e della produzione. Sarebbe altresì importate agire sul terreno dell'efficienza del mercato energetico e sfruttare nel modo più efficace i finanziamenti europei. (Applausi dal Gruppo PD). Consegna il testo integrale dell'intervento affinché sia allegato ai Resoconti della seduta. (v. Allegato B).

PICHETTO FRATIN (PdL). Il decreto-legge n. 185, con le integrazioni introdotte dalla Camera dei deputati, contiene misure adeguate a sostenere il potere di acquisto delle famiglie e a favorire il rilancio delle imprese. Esso si colloca nel quadro dei provvedimenti organici già varati dall'Esecutivo nei primi mesi della legislatura e nel corso della sessione di bilancio per fornire risposta alle richieste dei cittadini e ad affrontare l'eccezionale gravità della crisi economica in atto. Il decreto-legge in esame contiene sia interventi di immediato sostegno alle fasce sociali più deboli, sia iniziative che guardano al mondo del lavoro e delle imprese, per preparare la ripresa dell'economia non appena sarà terminata la fase più acuta della crisi. È positivo il fatto che tali misure non incidano in maniera rilevante sui conti pubblici, in quanto il rigore e la prudenza nei saldi di bilancio è un prerequisito essenziale su cui si basa la solidità dell'economia nazionale. L'elevato ammontare del debito pubblico italiano non consentirebbe il ricorso ad un ulteriore indebitamento, mentre, dall'altro lato, un aumento non calibrato della spesa pubblica non è di per sé garanzia di una ripresa dei consumi e rischierebbe comunque di essere impiegato nell'acquisto di beni di importazione. Va osservato infine positivamente come l'economia italiana sia meno esposta di altre economie alle conseguenze negative della crisi, grazie al minore coinvolgimento delle banche italiane in fenomeni speculativi e all'elevata propensione al risparmio da parte delle famiglie. (Applausi dal Gruppo PdL).

NEROZZI (PD). La manovra messa in atto dal Governo con il decreto-legge n. 185 appare sbagliata, tardiva ed incerta. Sbagliata, perché non reca le necessarie ed opportune misure straordinarie di carattere anticiclico, come sta avvenendo negli Stati Uniti e nei principali Paesi europei, ma anzi, di fronte alla gravità della situazione economica, confermata da dati sempre più allarmanti, si limita ad adottare interventi del tutto inadeguati ed insufficienti nei confronti dei redditi più bassi, che talvolta si riducono a trovate puramente propagandistiche, come nel caso della tanto reclamizzata social card. Tardiva, perché ancora non si interviene a sostegno del settore automobilistico, di importanza strategica per l'economia nazionale e particolarmente colpito dalla crisi, mentre il Mezzogiorno rimane abbandonato a sé stesso e gli enti locali sono soffocati dal patto di stabilità interno. Si tratta di una manovra incerta, infine, perché manca una strategia politica che consenta di uscire dalla crisi e non c'è traccia di una politica industriale, di cui pure al momento si avverte la necessità; tale manovra è stata inoltre elaborata senza cercare il confronto con le forze d'opposizione e senza un'adeguata concertazione con tutte le parti sociali, anzi con l'esclusione del maggiore sindacato nazionale, la CGIL. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

GARAVAGLIA Massimo (LNP). Il decreto-legge in esame, che costituisce la risposta del Governo all'evolvere della crisi economica, contiene numerosi aspetti positivi, concernenti sia gli interventi a favore delle famiglie in difficoltà sia il sostegno alle imprese; su quest'ultimo punto, tuttavia, la Lega Nord Padania avrebbe gradito l'adozione di misure più incisive, soprattutto per quanto riguarda la modifica degli studi di settore. Sarebbe inoltre stato auspicabile un intervento sul patto di stabilità interno, che avesse consentito agli enti locali virtuosi di procedere alla realizzazione di investimenti. Appare comunque apprezzabile la prudenza del Governo in materia di stabilità dei conti pubblici, che ha evitato un declassamento del Paese da parte delle agenzie di rating; così come non bisogna dimenticare l'opportunità della scelta di anticipare la manovra economica per i prossimi tre anni allo scorso mese di luglio, che ha permesso di mettere in sicurezza le finanze pubbliche in anticipo rispetto al manifestarsi della crisi. Va tuttavia segnalato il permanere di una spesa pubblica eccessiva e fuori controllo: una riduzione degli sprechi e la riorganizzazione della spesa corrente su basi di efficacia ed efficienza, imperniata in primo luogo sul federalismo fiscale, consentirebbero un importante reperimento di risorse. (Applausi del senatore Saia).

BARBOLINI (PD). Il quadro congiunturale appare decisamente peggiorato rispetto al momento in cui è stato adottato il decreto-legge n. 185 in discussione, il che rende sostanzialmente irrilevanti molte delle misure in esso contenute e richiederebbe un loro ripensamento. Il Governo continua a non voler attuare una politica fiscale di carattere espansivo, ma, allo stesso tempo, non sembra in grado di perseguire una politica fiscale rigorosa ed insiste a disperdere cospicue risorse pubbliche in un infinità di provvedimenti di scarsa rilevanza o di dubbia opportunità (è il caso dell'abolizione dell'ICI o della vicenda Alitalia), senza riuscire a tenere la spesa sotto controllo. Si tratta di un atteggiamento di sostanziale inerzia di fronte agli sconvolgimenti prodotti dalla crisi economica, che va in controtendenza rispetto alle politiche dei principali Paesi europei e rischia di causare gravi danni all'economia del Paese, come dimostrano le funeste previsioni economiche per il 2009. Particolarmente negativo, da questo punto di vista, appare il deteriorarsi delle politiche di contrasto all'evasione fiscale, con il progressivo smantellamento delle misure antievasione approvate nella precedente legislatura e la riduzione del sistema sanzionatorio. Il lassismo fiscale dell'attuale Esecutivo produrrà certamente una maggiore evasione fiscale; in tal modo si rinuncia ad incidere su un terreno che potrebbe consentire di recuperare ingenti risorse e non si contribuisce a rendere più equo il rapporto tra fisco e contribuente. (Applausi dal Gruppo PD).

ANDRIA (PD). Il provvedimento è estremamente carente nel dare soluzione alla crisi economica e finanziaria in atto, specie laddove non contempla alcuna misura per il sostegno e il rilancio dell'agricoltura, nonostante la grave sofferenza in cui versa il comparto e che è stata in più occasioni segnalata dall'opposizione. La politica del Governo sembra addirittura negare le criticità che interessano il settore agroalimentare: i modesti miglioramenti faticosamente realizzati con il decreto sulla competitività agroalimentare sono stati di fatto annullati con il cosiddetto decreto mille proroghe, il quale è intervenuto in modo penalizzante sulla copertura finanziaria del credito di imposta per l'internazionalizzazione delle imprese agricole, sul canone ricognitorio per le cooperative ittiche e sui benefici alle piccole cooperative agricole. Nel soffermarsi sulla questione del finanziamento dell'UNIRE e del CONI, preannuncia infine la ripresentazione da parte del PD degli emendamenti sull'avvio e sul completamento delle opere previste dal Piano irriguo nazionale, sull'incremento del Fondo di solidarietà nazionale e sull'estensione del credito di imposta nel settore agroalimentare a tutto il territorio nazionale. (Applausi dal Gruppo PD). Chiede di poter allegare il testo integrale dell'intervento ai Resoconti della seduta. (v. Allegato B).

  

Presidenza della vice presidente BONINO

GRANAIOLA (PD). Il decreto-legge in esame rappresenta l'ennesimo esempio di provvedimento onnicomprensivo e confuso presentato dal Governo, a testimonianza dell'assenza di una chiara strategia anticrisi e di un'adeguata valutazione delle reali esigenze del Paese. La manovra, per il suo carattere di sostanziale neutralità rispetto ai saldi di finanza pubblica per il prossimo triennio, si muove in direzione opposta agli interventi che si stanno realizzando negli altri Paese europei e contempla per lo più interventi a costo zero, che avranno un impatto assai limitato sull'andamento dell'economia. È inoltre censurabile che il decreto-legge non contenga alcuna misura a sostegno del turismo, ad eccezione della riedizione di una norma introdotta dal centrosinistra, la quale proroga a tutto il 2009 i trattamenti di cassa integrazione per i lavoratori delle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, compresi gli operatori turistici. (Applausi dal Gruppo PD). Chiede di poter allegare il testo integrale dell'intervento ai Resoconti della seduta. (v. Allegato B).

PARAVIA (PdL). Il provvedimento in esame muove dall'esigenza di limitare le conseguenze della crisi economica ed andrà pertanto approvato, nonostante talune carenze relative alla rivalutazione dei cespiti immobiliari (la quale, prevista nella misura di una tassazione pari al 7 per cento, non attrarrà certamente l'interesse di alcuna azienda) e all'assenza di misure per facilitare gli accorpamenti delle micro e piccole imprese, le quali sono state già fortemente penalizzate dal precedente Governo di centrosinistra, con misure quali la riduzione della perenzione amministrativa da 7 a 3 anni. A fronte dei continui richiami dell'opposizione alla centralità del Parlamento, che verrebbe negata dagli atteggiamenti del Governo, rileva la scarsa considerazione che i senatori stessi, a cominciare da quelli del centrosinistra, hanno dell'organo di cui fanno parte, testimoniata dalla esigua partecipazione al dibattito odierno.

ROILO (PD). Di fronte alla grave recessione economica in atto ed ai suoi previsti pesantissimi effetti sui livelli occupazionali, il Governo si limita a varare interventi una tantum del tutto insufficienti, come nel caso della tutela del reddito in caso di disoccupazione o di sospensione del lavoro o dell'intervento obbligatorio degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva, nella misura del 20 per cento dell'erogazione prevista per i lavoratori sospesi per crisi aziendale. Il Governo sta chiaramente sottovalutando l'entità della crisi e ciò è tanto più grave se si considerano gli sforzi che stanno invece compiendo gli altri Paesi europei, impegnati nello stanziare risorse ingenti per contrastare la recessione. E' quindi auspicabile una maggiore disponibilità del Governo nel recepire le proposte dei sindacati e della stessa opposizione, convinta che la crisi economica richieda una manovra di almeno 16 miliardi di euro, basata sulla riforma degli ammortizzatori sociali e sull'innalzamento delle detrazioni sui redditi da lavoro dipendente, autonomo e da pensione. (Applausi dal Gruppo PD).

BIONDELLI (PD). Il Governo sta colpevolmente sottovalutando la crisi in atto e il provvedimento in esame appare insufficiente a fronteggiare la recessione, specie se confrontato con le misure adottate dagli altri Paesi europei, che hanno stanziato ingenti risorse a sostegno di settori strategici, e finanche con le iniziative assunte dalle Regioni, che riservano più del 60 per cento del loro bilancio al mondo delle imprese. Le principali lacune del decreto-legge sono ravvisabili nella mancata soluzione del problema dei ritardi di pagamento nei confronti delle aziende da parte della pubblica amministrazione e nella destinazione di risorse straordinarie a favore di famiglie, lavoratori e pensionati seguendo l'ordine cronologico di presentazione delle domande e sulla base di criteri restrittivi e contradditori. Analogamente censurabili sono le disposizioni contenute negli articoli 18 e 19, le quali intervengono in modo insufficiente e inadeguato sugli ammortizzatori sociali e sui fondi stanziati per finanziare gli strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione. (Applausi dal Gruppo PD).

FILIPPI Marco (PD). Con il provvedimento in esame il Governo fornisce l'ennesima riprova di essere interessato prevalentemente all'efficacia mediatica delle proprie azioni e di sottovalutare la reale portata della crisi in quanto, anziché adottare misure concrete e qualificanti al pari degli altri Paesi europei, si limita ad assumere un atteggiamento di sostanziale immobilismo. Nonostante la recessione economica imponga l'adozione di una manovra aggiuntiva di circa 16 miliardi e di un coordinamento con le politiche economiche comunitarie, il Governo presenta infatti un decreto-legge contenente misure anticrisi per un ammontare pari a poco più di 5 miliardi di euro, di cui 3 per il rifinanziamento della legge obiettivo e 1,5 assegnati alle Ferrovie dello Stato. Auspica pertanto un cambiamento di rotta nella politica economica del Governo, tale da consentire l'apprestamento di misure realmente utili per il rilancio del Paese e per un maggior sostegno alle Regioni e agli enti locali, oggi più che mai impegnati nel predisporre programmi anticrisi. (Applausi dal Gruppo PD).

BONFRISCO (PdL). Auspica un voto convintamene favorevole dell'Aula al provvedimento, il quale si inserisce in modo coerente nel quadro della politica economica promossa dal Governo, prevedendo interventi volti a fronteggiare la crisi economica per un ammontare pari a circa 6 miliardi di euro. Esso agisce infatti sui fronti della stabilizzazione finanziaria e del sostegno alle fasce sociali più deboli, attraverso misure come il bonus per le famiglie, il potenziamento della garanzia statale per i Confidi e gli interventi in materia di deducibilità, ai fini dell'IRES e dell'IRPEF, della quota dell'IRAP relativa al costo del lavoro e degli interessi, per un ammontare di oltre 2,3 miliardi di euro per il prossimo triennio. La critica dell'opposizione circa il presunto allentamento dei controlli sul rispetto dell'obbligazione tributaria e della lotta all'evasione va rigettata, visto che il provvedimento reca misure specifiche in materia di accertamenti e riscossioni. Del resto, la strumentalità delle posizioni assunte dal centrosinistra è dimostrata dal fatto che, dopo aver incrementato il carico fiscale nella passata legislatura in un periodo in cui è stato possibile accumulare i tesoretti, oggi, in piena crisi economica, chiede la riduzione delle tasse. Conclude rivendicando la decisione di non promuovere misure in deficit, nonostante in Europa sia in atto una generale propensione a giustificare l'attenuazione dei vincoli del Patto di stabilità: l'Italia ha infatti il terzo debito pubblico più alto del mondo ed è questa la ragione per cui il provvedimento presenta un limitato impatto correttivo in senso migliorativo sui saldi di riferimento. (Applausi dal Gruppo PdL).

MARINARO (PD). Non bisogna sottovalutare l'allarme lanciato dalla Commissione europea e dalla Banca centrale sulla durata e sulla profondità della crisi in corso, ma occorre predisporre interventi strutturali, capaci di dare risposte efficaci alle esigenze di lungo periodo dell'economia e della società. Il decreto-legge e la politica economica del Governo, invece, non seguono l'invito dall'Unione europea ad intervenire, in coerenza con la Strategia di Lisbona, stimolando la ricerca e l'innovazione, favorendo l'infrastrutturazione e promuovendo la tutela sociale e l'occupazione. Nel decreto-legge, in particolare, non c'è alcuna traccia di azioni positive finalizzate ad incrementare il tasso di occupazione femminile e a favorire una reale parità di genere nell'accesso al mondo del lavoro e nelle retribuzioni. Allo stesso modo non viene affrontato il nodo fondamentale dell'insufficienza e dell'obsolescenza del sistema degli ammortizzatori sociali, né si attuano le misure di sostegno al reddito e alla preparazione professionale richieste a livello comunitario. Grave è anche il fatto che, nell'ambito della discussione sulla riforma della contrattazione collettiva, si speculi sulle divisioni tra le forze sindacali, proprio in un momento di crisi economica in cui il dialogo con l'opposizione e con le forze sociali riveste un'importanza vitale. (Applausi dal Gruppo PD).

STRADIOTTO (PD). In un momento di grave crisi, in cui tutte le forze politiche devono dimostrare senso di responsabilità e propensione al dialogo, sono inopportune e ingenerose le critiche rivolte da senatori della maggioranza al passato Governo, che invece andrebbe lodato per l'efficace politica di risanamento dei conti pubblici. Grande preoccupazione ha suscitato la norma, contenuta nel decreto-legge, che intendeva mettere in discussione gli eco-incentivi per il miglioramento dell'efficienza energetica nel settore edilizio: fortunatamente tale provvedimento, che avrebbe cancellato un aiuto importante al settore e una norma a tutela dell'ambiente, è stato eliminato nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati. Merita una critica altrettanto netta la norma, dalle connotazioni clientelari, che consente al solo Comune di Roma di derogare ai vincoli del Patto di stabilità interno. Sarebbe invece assai più utile una modifica radicale di tale patto di stabilità che, pur garantendo il rispetto dei vincoli di Maastricht, consenta di premiare le amministrazioni più virtuose e di ridurre l'usuale ritardo con cui gli enti locali pagano i propri fornitori, che mette in difficoltà gli operatori economici e ingenera un inevitabile aggravio dei costi sostenuti delle pubbliche amministrazioni. (Applausi dal Gruppo PD).

DELLA SETA (PD). La prevista eliminazione degli eco-incentivi nel settore edilizio, pur modificata dalla Camera dei deputati grazie all'attività dell'opposizione e alla sensibilità del Ministro dell'ambiente, è sintomatica della visione dell'attuale maggioranza, che considera il rispetto ambientale un freno allo sviluppo economico. Gli investimenti volti al miglioramento dell'efficienza energetica e alla difesa dell'ambiente possono invece costituire il volano per il rilancio dell'economia e il superamento della crisi, come dimostrato dall'impegno profuso o annunciato in tal senso da Paesi come la Francia e gli Stati Uniti. Non può essere considerata valida la giustificazione per cui lo stato dei conti pubblici italiani non consentirebbe una politica di forte investimento nel settore ambientale, visto lo sperpero di risorse effettuato dal Governo per provvedimenti inutili come l'abolizione dell'ICI sulla prima casa in favore dei titolari di redditi medio-alti o per la presunta salvaguardia dell'italianità dell'assetto proprietario di Alitalia. (Applausi dal Gruppo PD).

GRILLO (PdL). Il decreto-legge contiene norme volte a stimolare il settore delle infrastrutture, con l'obiettivo di combattere la recessione rilanciando le opere pubbliche. A causa della macchinosità della legge Merloni, approvata nei primi anni '90 sotto la pressione delle inchieste giudiziarie della procura di Milano, si è verificato un vero e proprio blocco della politica infrastrutturale italiana, brevemente interrotto dal secondo Governo Berlusconi, grazie all'approvazione della cosiddetta legge obiettivo e alla riforma del project financing. L'attuale Governo intende dare nuova vitalità al settore, dopo il censurabile operato del Governo Prodi e dell'ex ministro Di Pietro, introducendo il cosiddetto project financing di seconda generazione, che esalta il protagonismo virtuoso dei soggetti privati, migliorando la chiarezza normativa, semplificando le procedure e predisponendo il cosiddetto Piano casa. Di grande rilievo, infine è la norma contenuta nel provvedimento in esame, che riforma la Cassa depositi e prestiti, consentendo di sfruttarne tutto il notevole potenziale inespresso. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

MASCITELLI (IdV). Il Governo, che ha malamente sperperato risorse ingenti per eliminare l'ICI sulla prima casa in favore dei redditi medio-alti, per addivenire ad una criticabile soluzione del caso Alitalia e per effettuare un'inutile detassazione degli straordinari, ha dimostrato un atteggiamento irresponsabile o quantomeno inconsapevole della dimensione della crisi economica attualmente in corso. La recessione avrà infatti una durata e una profondità maggiori del previsto e rischia di accrescere la disparità sociale presente nel Paese, che certo non potrà essere lenita con l'umiliante e assai poco efficace introduzione della social card. Non basta l'ottimismo di maniera mostrato da autorevoli esponenti del Governo per scongiurare gli effetti della crisi: occorrono invece provvedimenti incisivi, analoghi a quelli messi in campo dagli altri grandi Paesi dell'Occidente. Il Governo presenta invece una serie di misure propagandistiche, che non offrono un adeguato sostegno alle famiglie, alle imprese e ai lavoratori autonomi e non stanziano le necessarie risorse per riformare gli ammortizzatori sociali o alleviare le difficoltà economiche dei disoccupati. È infine criticabile il fatto che il decreto-legge preveda anche una serie di finanziamenti a pioggia e di norme ad hoc, come quella che consente la deroga al Patto di stabilità interno in favore del Comune di Roma. (Applausi dal Gruppo IDV. Congratulazioni).

VACCARI (LNP). Il decreto fa parte dell'azione predisposta dal Governo già nella scorsa estate per fronteggiare la crisi e si configura come un intervento ponte in attesa di ulteriori misure che saranno necessarie per assicurare la ripresa economica. La Lega è infatti consapevole della necessità di far ripartire lo sviluppo, soprattutto nel Nord, il cui sistema economico è da traino per l'intero Paese. Gli interventi previsti, sia a favore delle famiglie che delle imprese, appaiono adeguati a sostenere le difficoltà dell'emergenza e si tradurranno in un complessivo abbassamento delle pressione fiscale. Nel contempo, il provvedimento dispone una serie di interventi tesi a pianificare la ripresa: sul piano del rilancio dell'economia particolarmente significativi sono le misure per il rientro in Italia dei ricercatori, quelle a favore dell'edilizia scolastica e per l'imprenditoria giovanile. Un segnale fortemente innovativo nel rapporto tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese è rappresentato dalla detassazione di microprogetti di interesse pubblico, in quanto apre le porte ad una sussidiarietà di tipo orizzontale.

MERCATALI (PD). Le misure approntate dal Governo non sono idonee a fronteggiare una crisi che determinerà, come è stato previsto, un calo di due punti percentuali del PIL e, tra l'altro, una forte contrazione della produzione industriale. Al contrario, occorrerebbero misure straordinarie, come quelle predisposte in altri Paesi, e coraggiose, secondo quanto previsto dal Partito Democratico nella sua proposta. Sul piano sociale, alla crisi occupazionale innescata dalla crisi, occorre rispondere in primo con la riforma degli ammortizzatori sociali, in considerazione del fatto che l'attuale sistema lascia senza tutele in particolare i lavoratori precari. Nel contempo, va fatta un'operazione di sostegno ai redditi mediante una riduzione dell'imposizione fiscale sui salari più bassi. Sul piano delle imprese, il Governo deve dare una risposta alla crisi dell'industria dell'auto e del relativo indotto, anche tenendo conto che in sede europea ha avuto inizio una discussione al riguardo; per le piccole e medie imprese, escluse molto spesso dal credito concesso dalle banche, occorre quanto meno accelerare i pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni. Tali interventi sarebbero efficaci nel contrastare le spinte disgregatrici innescate dalla crisi e dare risposte ai settori del Paese in sofferenza, le famiglie e le imprese. Il Partito Democratico, qualora il Governo mostrasse una disponibilità in tal senso, non si sottrarrebbe pertanto dalla discussione in ordine alle modalità con cui provvedere all'individuazione delle risorse. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

Presidenza del presidente SCHIFANI

GERMONTANI (PdL). Il decreto rappresenta un'assunzione di responsabilità da parte del Governo di fronte alla crisi ed è pertanto necessario che il Parlamento provveda nei termini stabiliti alla sua conversione in legge. In esso infatti si predispongono misure di sostegno alla famiglia e alle imprese tali da infondere fiducia ai due principali soggetti dell'economia nazionale. Il Governo peraltro, si è fatto carico della crisi già dall'estate, procedendo ad anticipare la manovra finanziaria e avviando in tal modo una gestione dei conti pubblici tale da modellarsi agli sviluppi anche imprevedibili del prossimo futuro. In tale strategia il provvedimento anticrisi si pone l'obiettivo di sostenere la domanda e favorire lo sviluppo attraverso scelte equilibrate e di buona finanza. Particolarmente significative a favore delle imprese appaiono le misure di revisione degli studi di settore attraverso la previsione di indici modulati sui diversi territori, con ciò anticipando il federalismo fiscale, il potenziamento dei Confidi, il pagamento dell'IVA al momento dell'effettiva riscossione dei corrispettivi. Per le piccole e medie imprese, che non verranno dimenticate anche in futuro stante la disponibilità manifestata dal ministro Tremonti, è stata introdotta la cessione pro soluto dei crediti verso la pubblica amministrazione. Il testo comprende anche un ampio ventaglio di misure a sostegno della ricerca e di revisione della disciplina delle offerte pubbliche di acquisto e della Cassa depositi e prestiti. Quanto al confronto con le tesi avanzate dall'opposizione, il deficit dei conti pubblici è tale da non consentire interventi che lo aggravino ulteriormente, ma vi è la disponibilità ad accogliere in altri provvedimenti proposte di riduzione della spesa. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. Dichiara chiusa la discussione generale.

SAIA, relatore. Rinuncia alla replica.

CONTI, relatore. Rinuncia alla replica.

VITO, ministro per i rapporti con il Parlamento. Stante l'imminente scadenza dei termini costituzionali per la conversione in legge del decreto-legge e l'importanza assegnata dal Governo agli interventi anticrisi, il Governo pone la questione di fiducia sull'approvazione dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 185, nell'identico testo approvato dalla Camera dei deputati. (Commenti del senatore Astore).

 

PRESIDENTE. Sospende la seduta e convoca la Conferenza dei Capigruppo.

 

La seduta, sospesa alle ore 20,13, è ripresa alle ore 20,29.

 

Presidenza della vice presidente BONINO

Calendario dei lavori dell'Assemblea, variazioni

Organizzazione della discussione sulla questione di fiducia

PRESIDENTE. Comunica le determinazioni assunte dalla Conferenza dei Capigruppo in merito all'organizzazione della discussione della questione di fiducia posta dal Governo sull'approvazione dell'articolo 1 del disegno di legge n. 1315 e alla modifica degli ordini del giorno delle sedute di mercoledì 28 e giovedì 29 gennaio. (v. Resoconto stenografico).

Sulla discussione del disegno di legge di ratifica

del Trattato di amicizia Italia-Libia

PERDUCA (PD). Esprime anzitutto apprezzamento per il fatto che, a seguito di numerose iniziative sostenute dalla maggioranza dei parlamentari italiani, l'organizzazione dei mujaheddin del popolo iraniano sia stata tolta dalla lista delle organizzazioni terroristiche stilata dall'Unione europea. Auspica inoltre che, nel corso della discussione del disegno di legge di ratifica del Trattato di amicizia Italia-Libia, vengano forniti adeguati chiarimenti in merito al conferimento di risorse economiche da parte dell'Italia in favore della Libia, per la realizzazione di infrastrutture in quel Paese, previsto nel Trattato firmato alla fine dello scorso agosto. Un trasferimento di risorse tanto ingente quanto inopportuno visto l'attuale crisi economica.

 

PRESIDENTE. Della richiesta del senatore Perduca si occuperà la Conferenza dei Capigruppo della settimana prossima.

Per lo svolgimento e la risposta scritta ad interrogazioni

NEGRI (PD). Sollecita la risposta alle interrogazioni 3-00026 e 4-00937, concernenti gravi situazioni di crisi industriale nella Regione Piemonte.

 

PRESIDENTE. La Presidenza ha già sollecitato il Governo sulla risposta agli atti di sindacato ispettivo e lo solleciterà ulteriormente in tal senso.

Dà annunzio degli atti di sindacato ispettivo pervenuti alla Presidenza (v. Allegato B) e comunica l'ordine del giorno delle sedute del 27 gennaio.

 

La seduta termina alle ore 20,35.

  

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente SCHIFANI

PRESIDENTE.La seduta è aperta (ore 15,02).

Si dia lettura del processo verbale.

 

STRADIOTTO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 22 gennaio.

 

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 15,05).

 

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la Conferenza dei Capigruppo, riunitasi questa mattina, ha approvato il nuovo calendario dei lavori per le prossime due settimane, fino a giovedì 12 febbraio.

Per questa settimana restano confermati gli argomenti già previsti. Oggi pomeriggio inizierà la discussione del decreto-legge recante misure urgenti in funzione anticrisi, per il quale si è proceduto alla ripartizione dei tempi al fine di assicurare la votazione finale entro la seduta antimeridiana di mercoledì 28 gennaio, data di scadenza del provvedimento.

Sono stati ripartiti inoltre i tempi per la discussione della relazione sullo stato della giustizia, già prevista nella seduta pomeridiana di mercoledì 28, che potrà proseguire oltre il consueto orario di chiusura. Le proposte di risoluzione dovranno essere presentate entro la fine della discussione generale.

Nella seduta antimeridiana di giovedì 29 gennaio sarà esaminata la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari sull'elezione contestata nella circoscrizione Estero.

La prossima settimana si aprirà, martedì 3 febbraio alle ore 11, con la discussione del disegno di legge di ratifica del Trattato di amicizia Italia-Libia per la quale si è proceduto alla ripartizione dei tempi. Gli emendamenti dovranno essere presentati entro le ore 13 di giovedì 29 gennaio. Seguirà l'esame della ratifica della Convenzione ONU sulla disabilità.

Riprenderà quindi la trattazione, sospesa il 15 gennaio scorso, degli emendamenti e degli articoli del disegno di legge in materia di sicurezza pubblica. In tale occasione la Presidenza chiederà al Ministro dell'interno - come sollecitato da diversi Gruppi - di intervenie sui recenti avvenimenti che hanno riguardato il centro di identificazione ed espulsione di Lampedusa connessi anche al tema degli sbarchi clandestini.

Si passerà poi all'esame dei due decreti-legge, presentati in prima lettura al Senato, rispettivamente in materia di proroga termini legislativi e in materia ambientale, per i quali i tempi sono stati contingentati. La discussione di tali provvedimenti potrà proseguire nella settimana successiva, dal 10 al 12 febbraio, nel corso della quale saranno esaminati anche i documenti definiti dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari.

Per quanto riguarda la ripartizione dei tempi tra i Gruppi sui vari provvedimenti compresi nel calendario, la Presidenza favorirà una distribuzione non strettamente proporzionale, alla luce delle richieste avanzate dai Gruppi di opposizione, attraverso cessioni da parte di altri Gruppi.

Il calendario sarà integrato con la deliberazione dell'Assemblea per la costituzione in giudizio del Senato in un conflitto di attribuzioni.

Nella seduta pomeridiana di giovedì 12 febbraio si svolgeranno interrogazioni a risposta immediata ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento.

 

Calendario dei lavori dell'Assemblea

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi questa mattina, con la presenza dei Vice Presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - il nuovo calendario dei lavori fino al 12 febbraio 2009:

Lunedì

26

gennaio

pom.

h. 15-21

- Disegno di legge n. 1315 - Decreto-legge n. 185, recante misure urgenti in funzione anticrisi (Approvato dalla Camera dei deputati -scade il 28 gennaio)

 

- Relazione del Ministro della giustizia sullo stato della giustizia (mercoledì 28, pom.)

 

- Doc. III, n. 2 - Elezione contestata nella circoscrizione Estero (giovedì 29, ant.)

Martedì

27

"

ant.

h. 9,30-13,30

"

"

"

pom.

h. 16,30-20,30

Mercoledì

28

"

ant.

h. 9,30

"

"

"

pom.

h. 16,30

Giovedì

29

"

ant.

h. 9,30-14

 

Giovedì

29

gennaio

pom.

h. 16

- Interpellanze e interrogazioni

 

Gli emendamenti ai disegni di legge nn. 1333 (Ratifica Libia) e 1279 (Ratifica Convenzione ONU su disabilità) dovranno essere presentati entro le ore 13 di giovedì 29 gennaio.

Gli emendamenti ai disegni di legge nn. 1305 (decreto-legge proroga termini) e 1306 (decreto-legge risorse idriche e protezione ambientale) dovranno essere presentati entro le ore 19 di giovedì 29 gennaio.

Martedì

3

febbraio

ant.

h. 11-13,30

- Disegno di legge n. 1333 - Ratifica trattato di amicizia Italia-Libia (Approvato dalla Camera dei deputati)

 

- Disegno di legge n. 1279 - Ratifica convenzione ONU sulla disabilità

 

- Seguito disegno di legge n. 733 - Disposizioni in materia di sicurezza pubblica

 

- Disegno di legge n. 1305 - Decreto-legge n. 207, recante proroga termini legislativi e disposizioni finanziarie urgenti (Presentato al Senato - scade il 1° marzo)

 

- Disegno di legge n. 1306 - Decreto-legge n. 208, in materia di risorse idriche e protezione ambientale (Presentato al Senato - scade il 1° marzo)

 

"

"

"

pom.

h. 16,30-20,30

Mercoledì

4

"

ant.

h. 9,30-13,30

"

"

"

pom.

h. 16,30-20,30

Giovedì

5

"

ant.

h. 9,30-14

 

Giovedì

5

febbraio

pom.

h. 16

- Interpellanze e interrogazioni

 

Il calendario sarà integrato con la deliberazione dell'Assemblea per la costituzione in giudizio del Senato in un conflitto di attribuzioni.

Martedì

10

febbraio

pom.

h. 16,30-20,30

- Seguito decreti-legge non conclusi

 

- Documenti definiti dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari

Mercoledì

11

"

ant.

h. 9,30-13,30

"

"

"

pom.

h. 16,30-20,30

Giovedì

12

"

ant.

h. 9,30-14

 

Giovedì

12

febbraio

pom.

h. 16

- Interrogazioni a risposta immediata ex articolo 151-bis, del Regolamento

 

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 1315
(Decreto-legge n. 185, recante misure urgenti in funzione anticrisi)
(17 ore, escluse dichiarazioni di voto)

 

Relatori

1 h.

 

Governo

1 h.

 

Votazioni

4 h.

 

Gruppi 11 ore, di cui:

 

 

PdL

3 h.

25'

PD

2 h.

56'

LNP

1 h.

22'

IdV

1 h.

09'

UDC-SVP-Aut

1 h.

06'

Misto

1 h.

02'

Dissenzienti

 

5'

 

 

Relazione del Ministro della giustizia sullo stato della giustizia
(3 ore e 40 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Governo

 

40'

Gruppi 3 ore, di cui:

 

 

PdL

 

56'

PD

 

48'

LNP

 

22'

IdV

 

19'

UDC-SVP-Aut

 

18'

Misto

 

17'

Dissenzienti

 

5'

 

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 1333
(Ratifica trattato di amicizia Italia-Libia)
(4 ore e 10 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Relatore

 

20'

Governo

 

20'

Votazioni

1 h.

 

Gruppi 2 ore e 30 minuti, di cui:

 

 

PdL

 

46'

PD

 

40'

LNP

 

19'

IdV

 

16'

UDC-SVP-Aut

 

15'

Misto

 

14'

Dissenzienti

 

5'

 

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 1305
(Decreto-legge recante proroga di termini legislativi)
(9 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Relatore

 

45'

Governo

 

45'

Votazioni

2 h.

 

Gruppi 6 ore, di cui:

 

 

PdL

1 h.

52'

PD

1 h.

36'

LNP

 

45'

IdV

 

38'

UDC-SVP-Aut

 

36'

Misto

 

34'

Dissenzienti

 

5'

 

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 1306
(Decreto-legge risorse idriche e protezione ambiente)
(7 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Relatore

 

30'

Governo

 

30'

Votazioni

1 h.

30'

Gruppi 5 ore, di cui:

 

 

PdL

1 h.

33'

PD

1 h.

20'

LNP

 

37'

IdV

 

31'

UDC-SVP-Aut

 

30'

Misto

 

28'

Dissenzienti

 

5'

 

La ripartizione dei tempi su base proporzionale sui diversi argomenti previsti dal calendario potrà subire variazioni attraverso cessioni tra i Gruppi.

 

Sul fenomeno della violenza contro le donne

SOLIANI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Può anticiparci l'argomento del suo intervento, senatrice Soliani?

 

SOLIANI (PD). Il mio intervento riguarda le violenze sessuali nei confronti delle donne.

PRESIDENTE. A questo riguardo, vorrei informare l'Aula che il Capogruppo del Partito Democratico aveva anticipato alla Presidenza il tema di questo intervento e i Capigruppo avevano condiviso all'unanimità, data la delicatezza del tema, di poterlo prevedere come argomento straordinario ed urgente dato che, anche se è non attinente all'andamento dei lavori, merita una riflessione da parte dell'Assemblea.

Ha facoltà di parlare, senatrice Soliani.

SOLIANI (PD). Signor Presidente, in questi giorni stiamo assistendo, increduli e impotenti, ad un crescendo di episodi di violenza contro le donne che non è iniziato oggi, ma che oggi è ancora più intollerabile: aggredite, stuprate, intimorite dalla violenza che le circonda e che è sempre in agguato quando rincasano, quando sono sole o no.

Esse sentono la propria vita minacciata nella sua libertà e nel suo diritto elementare alla sicurezza. È un'emergenza vera per l'Italia; è uno scacco - duole dirlo - per il Governo, perché evidentemente non basta l'esercito nelle città, si tratti di 3.000 o di 30.000 uomini. Altre politiche sono necessarie affinché cresca nella società il rispetto verso le donne e verso la loro dignità.

Siamo però ancora più increduli di fronte al commento di ieri del Presidente del Consiglio, il quale aggiunge verbalmente violenza a violenza: quella del linguaggio, appunto, della parola, che fa ironia sull'angoscia e sul dolore delle donne e per questo li rende insignificanti. La violenza, infatti, ha radici nel costume e nella cultura ed è lì che essa deve essere combattuta, non alimentata. Colleghi, dire che ci vorrebbe un soldato per ogni bella ragazza italiana tradisce una cultura arcaica, reazionaria, secondo la quale lo spazio pubblico e la sicurezza di una donna non esistono in se stessi, non esistono se la donna non è accompagnata da un maschio. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Mi scusi, senatrice Soliani.

Colleghi, si sta trattando un argomento delicatissimo e di tragica attualità: inviterei l'Assemblea ad una maggiore compostezza.

 

SOLIANI (PD). La coscienza di sé, del posto degli uomini e delle donne nella società, delle loro relazioni, è uno dei temi della costruzione di una nuova Italia civile, moderna, gentile. Questo attiene al profilo di civiltà dell'Italia contro il suo imbarbarimento: possibile che non ci stia a cuore questa Italia?

Il Presidente del Consiglio deve essere all'altezza di questa domanda e di questo compito. Siamo sgomenti, perciò, di fronte all'insostenibile leggerezza del nostro Premier, perché egli ci rappresenta di fronte al mondo. Davvero non ci interessano le battute; forse ad un po' di maschi sì, può darsi, ma alle donne sicuramente no. C'è proprio poco di cui sorridere nell'Italia di oggi e certamente non c'è niente da sorridere su questi argomenti. Occorre soltanto consapevolezza, determinazione ed amorevole cura per le ferite dell'Italia, tra cui quella di cui stiamo parlando.

Signor Presidente, chiediamo al Governo che ci venga a dire con serietà e responsabilità che cosa intende fare per contrastare l'aggressione in atto alle donne del nostro Paese. Dovremmo aprire, signor Presidente, una speciale sessione di lavori parlamentari per condurre in porto, con urgenza, leggi che attendono da anni - come quelle contro le violenze sessuali e le molestie diffuse nella vita pubblica e privata o, ancora, quelle per inasprire le pene - e finalmente politiche che valorizzino la capacità di lavoro delle donne e ne sostengano maternità e servizi sociali.

È un intero orizzonte culturale e sociale, oltre che penale, che deve essere sostenuto, non solo dal Parlamento e dal Governo, ma anche dalla cultura, dall'informazione, dai mass media e da un grande piano di educazione, perché si comincia dall'infanzia a contrastare questi fenomeni. Una grande politica, dunque, e non una battuta occasionale.

Vogliamo esprimere qui oggi tutta la nostra vicinanza a Gaia e a tutte le donne aggredite, nonché annunciare il nostro impegno per sradicare dall'Italia questa terribile violenza. (Applausi dai Gruppi PD, IdV e dei senatori D'Alia e De Feo. Congratulazioni).

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, ci associamo anche noi al ringraziamento per avere accordato, nella Conferenza dei Capigruppo, la possibilità alla collega Soliani di parlare di questo tema di triste attualità, consentendo anche un brevissimo giro di osservazioni.

Credo che questo tema debba farci riflettere e guardare da un'altra prospettiva innanzitutto al problema drammatico e specifico dello stupro e della violenza sulle donne, anche con riferimento all'accelerazione dei tempi di approvazione delle nuove norme che riguardano le molestie persistenti.

Ritengo però che ciò debba farci riflettere anche sulla circostanza che questo tema è connesso alla sicurezza individuale e collettiva, che non può più essere oggetto di slogan e di strumentalizzazioni di questa o quella parte politica. Nella passata legislatura ha sbagliato chi su questi temi, anche con riguardo particolare ai fatti che sono accaduti a Roma, ha strumentalizzato per fini elettorali episodi gravissimi di violenza omicida; sbaglia chi oggi ripete questo tipo di atteggiamento.

Signor Presidente, non è questa l'occasione adatta, ma mi sembra giusto rilevare che il nocciolo della questione è che il tema della sicurezza deve essere sottratto allo scontro politico, perché riguarda lo Stato di diritto e in materia di diritti costituzionalmente garantiti il confronto fra le diverse parti politiche è obbligatorio, perché attraverso la codifica di un sistema di diritti e doveri condivisi si costruisce una società comune.

Detto questo, è chiaro che il tema è anche di natura culturale e riguarda ciò che si dovrebbe fare e non si fa nelle scuole e nelle famiglie, anche sotto il profilo dell'educazione al rispetto della persona umana. In questa logica, signor Presidente, è chiaro che fanno sorridere e fanno amarezza le battute, perché, al di là della buona o malafede che non è qui in discussione, su alcuni temi, per quanto possano venire semplici e spontanee, non fanno proprio ridere. È chiaro infatti che ad una bella ragazza non si può dire che il suo modello di riferimento deve essere sposare un uomo ricco e magari farsi scortare da un militare dell'esercito. A mio avviso, oggi, anche per quanto riguarda le battute, le donne e gli uomini di questo Paese meritano qualcosa di più e di diverso da una battuta estemporanea che noi non giudichiamo perché sotto questo profilo siamo un po' rassegnati.

Signor Presidente, non vorrei tornare su un tema che, grazie a lei, è stato introdotto in quest'Aula, ma ci fa molto pensare il fatto che, come al solito e con puntualità, su Facebook è spuntato un nuovo gruppo che inneggia alla violenza di gruppo, allo stupro e a quei signori, a quei mascalzoni, a quei farabutti che praticano questo tipo di violenza sulle donne.

Come vede, è un tema che, purtroppo, torna di attualità (è di questa mattina l'ulteriore polemica con Facebook, per la verità non solo da parte mia, ma di tanti esponenti, molto più autorevoli del sottoscritto, del mondo della politica), ma è esemplificativo della circostanza che questo social network sia diventato la cassa di risonanza del peggio della cultura di distruzione della civiltà che esiste nel nostro Paese. Non è tollerabile, signor Presidente, non solo che continuino a esistere gruppi a sostegno di Riina, di Provenzano o delle Brigate rosse, ma che a questi si siano associati gruppi a sostegno di coloro i quali operano stupri individuali e collettivi.

Credo che tutto ciò ci debba ulteriormente far riflettere e la prego, signor Presidente, conoscendo e apprezzando la sua sensibilità di carattere istituzionale, di provocare anche nel Governo quel tanto di indignazione che basta ad assumere un'iniziativa non solo di controllo formale e rassicurante nei confronti di questi siti e di questi social network. Tuttavia, poiché credo che nel nostro Paese siamo in presenza di soggetti che sfuggono alle regole del diritto italiano per la dislocazione geografica dei loro server, ritengo che in qualsiasi modo, sforzando anche la nostra fantasia, occorra intervenire per far sì che l'istituzione sia credibile rispetto a un fenomeno di massa, come quello di Facebook.

A mio avviso, tutto ciò è importante e ormai ineludibile perché, in occasione di ogni fatto di cronaca, soprattutto quelli peggiori e più esecrabili, quelli che toccano in maniera particolare la coscienza individuale e comune di noi italiani, delle nostre famiglie, degli uomini e delle donne, questo e altri social network alimentano questa moltiplicazione dell'idiozia, chiamiamola così, con un termine eufemistico, troppo buono per giudicare, e diventano la cassa di risonanza di tutto ciò che il nostro Paese non è e non può essere.

La prego dunque vivamente di intervenire e lo faccio non per essere noioso, ma perché so quanto sia alta la sua sensibilità e quanto sia drammatico questo problema, dal momento che nella rete ci vanno tutti, i nostri figli ed i minori, che - magari a sette o otto anni -non sanno chi sono Riina e Provenzano o cos'è lo stupro. Credo quindi che sia venuto il momento che anche il Governo presti un'attenzione maggiore e dia un segnale forte su questo tema, senza le solite note burocratiche, che sono pure importanti, ma restano poi lettera morta.

Ringrazio molto lei, signor Presidente, per l'attenzione e la collega Soliani per il suo intervento. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

PRESIDENTE. Senatore D'Alia, prima di lasciare la parola agli altri colleghi che hanno chiesto di intervenire, mi permetto di risponderle subito.

La ringrazio, innanzi tutto, per l'apprezzamento, probabilmente non meritato, relativamente alla mia sensibilità su questi temi. Condivido la sua osservazione, che faccio mia, perché altrettanto mia è la preoccupazione per i temi che lei denunzia relativamente a questi siti (nonché all'incentivazione ed alla condivisione della violenza di gruppo che vi compare), i quali pare obbediscano a normative e spazi giuridici internazionali, che sfuggono quindi alla giurisdizione nazionale. Credo sia giunto il momento in cui non soltanto il Senato, traendo spunto dal suo intervento, segnali la delicatezza di questa tematica al Governo (e le assicuro che lo farà immediatamente), ma mi auguro anche che la presenza, a giorni, di due significativi Ministri del Governo - si tratta di una presenza significativa per le deleghe di cui sono in possesso - il ministro Alfano, che verrà mercoledì pomeriggio... (Brusìo).

Colleghi, continuo a ribadire che stiamo discutendo di temi - credetemi - estremamente delicati. Adesso, il presidente D'Alia ne ha introdotto un altro, di pari delicatezza - e non mi permetto di dire più delicato di quello delicatissimo posto dalla senatrice Soliani - relativo a siti Internet (come Facebook ed altri) che contemplano al loro interno l'incitamento e la condivisione di atti di violenza, nonché l'inneggiamento o l'incoraggiamento nei confronti di fenomeni di criminalità mafiosa e organizzata. È un episodio sul quale credo che la politica, le istituzioni e il Parlamento siano chiamati a pronunciarsi, per fare in modo che si possano evitare questi scenari. Stiamo discutendo di questo, colleghi.

Dicevo, presidente D'Alia, che la presenza del ministro Alfano nel dibattito che ci impegnerà nel pomeriggio di mercoledì potrà costituire un momento di riflessione, così come, la settimana successiva, la presenza del ministro Maroni sul tema della sicurezza. Confido - e la Presidenza si attiverà in tal senso - che, in occasione dei due dibattiti, che saranno caratterizzati dalla relazione sullo stato della giustizia e dal disegno di legge sulla sicurezza, entrambi i Ministri possano fornirci delle risposte che, non nel burocratichese ma nella dinamica di quello che può essere l'attivismo delle istituzioni, possano trovare soluzioni alla problematica dell'introduzione, all'interno di questi siti internazionali, di espressioni di posizioni estremamente pericolose, non solo per i nostri figli, ma anche per la quiete sociale.

PARDI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PARDI (IdV). Signor Presidente, mi associo alle parole così trattenute che la collega Soliani ha trovato per fotografare un insieme di vicende tanto incresciose e condivido anche il richiamo del collega D'Alia.

Mi limiterò ad aggiungere qualche notazione di carattere critico. Sulla natura dei fatti, credo si potrebbe aggiungere, a quanto la collega Soliani ha detto, la lettura dell'intervista dolente che Franca Rame ha rilasciato oggi al giornalista Fabrizio Roncone del «Corriere della Sera», nella quale riesce a trattare un argomento che ha conosciuto di persona con tatto e anche con una certa sapienza, quella della distanza. È istruttivo leggerla, perché da una voce che potrebbe inneggiare alla vendetta esce, invece, una parola di riflessione e di saggezza.

Questo chiama in causa il saltare dei nervi che spesso si verifica di fronte a vicende di questo genere. Infatti, appena accade un fatto di questo tipo, viene fuori subito il meccanismo del dare messaggi rutilanti all'opinione pubblica, dello scatenare i peggiori istinti; viene fuori, ad esempio, la confusione tra il carcere preventivo e la giusta punizione, che deve riguardare la certezza della pena per chi compie questi atti, insinuando nell'opinione pubblica il fatto che già con la carcerazione preventiva si potrebbe determinare una punizione, mentre sappiamo che da questo punto di vista c'è un profondo errore giuridico.

L'idea del farsi giustizia da sé poi innesca delle reazioni vaste, totalmente dislocate, come il caso in cui ignoti assalitori, facendosi forti di una violenza di gruppo esecrabile, sono andati a punire non gli autori, perché quelli non li ha trovati nessuno, ma ha individuato un gruppo di rumeni come potenziali correi virtuali; c'è stata una sorta di assalto con una certa vocazione al linciaggio che dice troppe cose sul modo con cui la mentalità collettiva non sa trattenersi di fronte a fatti di questo tipo. L'esigenza di giustizia è una cosa, l'esigenza di linciaggio è completamente un'altra.

C'è una sorta di pervertimento dei sensi dentro questo modo di affrontare gli argomenti e non aiuta la tecnica che appare abbastanza dominante nella gestione degli strumenti dell'opinione pubblica. Non voglio farne una tragedia, ma non posso fare a meno di ricordare che, nei mesi precedenti alle elezioni, il centrodestra, con i suoi mezzi di comunicazione e con la sua ampia disponibilità su questo terreno, ha utilizzato fino in fondo l'allarme sociale determinato da fatti come questi - violenze di gruppo, stupri e così via - proprio a fini di competizione sulla scena elettorale. Il centrosinistra veniva fotografato come un Governo imbelle, che non riusciva a fronteggiare simili situazioni e si prometteva ovviamente un atteggiamento diverso da parte del centrodestra. Purtroppo si vede che, di fronte a fatti del genere, anche il centrodestra è totalmente impari, perché sono fatti che è difficile prevenire, è difficile controllare.

In proposito, secondo me, non fa tanto scandalo la battuta infelicissima del Presidente del Consiglio che rivela più che altro una dimensione di subcultura; preoccupa piuttosto il fatto che i suoi mezzi di comunicazione, da decenni, abbiano rappresentato la donna, la femmina, la femmina bella, desiderabile, assaltabile, come un oggetto non oscuro del desiderio collettivo; questa idea che la donna, proiettata nella mente dell'uomo, del maschio aggressore, continuamente presente su tutte le pagine, su tutti gli schermi, in tutte le manifestazioni, in tutte le rappresentazioni... (Commenti dei senatori Collino, De Feo e Gramazio).

Colleghi,è così. Voi avete un Presidente del Consiglio che è il proprietario di mezzi di comunicazione che da decenni... (Vivaci commenti dal Gruppo PdL. Richiami del Presidente). Può non piacervi, ma è la dura, schifosissima realtà. Avete un Presidente del Consiglio che possiede dei mezzi di comunicazione che, da decenni, esercitano un'influenza di pervertimento sull'opinione pubblica, proponendo dei modelli di donna, di femmina assaltabile... (Vivaci commenti dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Colleghi, fate concludere il senatore Pardi; ha ancora 38 secondi.

PARDI (IdV). Ci tenevo a dirlo perché non esiste unzione, ipocrisia che possa nascondere questo stato di cose. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

MAURO (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MAURO (LNP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, avevo preparato un intervento, ma mi riservo di farlo la settimana prossima quando affronteremo la discussione del disegno di legge sulla sicurezza. Vorrei però citare solo alcuni dati che sono importanti perché danno la misura di quanto sta avvenendo.

Innanzitutto, prendiamo atto che questo mese di gennaio è veramente nero sotto il profilo della sicurezza per Roma e dintorni, ancora teatro di violenze. Dopo lo stupro della quarantunenne nella periferica zona di Primavalle, la scorsa settimana si è registrata l'aggressione di una coppia di fidanzati nelle campagne di Guidonia, alle porte della capitale, che si è conclusa con la rapina ai danni dei due giovani e la violenza reiterata nei confronti della donna.

Vorrei anche ricordare ai miei colleghi che in quella macchina, chiuso nel bagagliaio, c'era il fidanzato della ragazza che ha sentito la violenza che stavano commettendo quei cinque soggetti che non so come definire. Oserei paragonarli a delle bestie, perché chi fa violenza, a prescindere dal fatto che si tratti di uomini, donne o bambini, per me non è un essere umano, ma una bestia. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Asciutti). Penso che questo debba portarci velocemente tutti insieme, maggioranza ed opposizione, a chiedere pene più severe. Non devono essere previsti sconti di pena per chi commette questi reati e la pena deve essere scontata tutta, stando in carcere. Non ci si può giustificare dicendo di essere stato sotto l'effetto di alcool e droga e di avere per questo violentato la ragazza di turno. No! Bisogna intervenire fermamente, e questo vale sia per la maggioranza che per l'opposizione.

Non voglio strumentalizzare le parole usate dal Premier o da tanti altri colleghi. Mi rivolgo a tal proposito alle mie colleghe di maggioranza e di opposizione: sappiamo perfettamente come si pongono a volte i nostri colleghi sul tema, indistintamente, di maggioranza e di opposizione.

Credo sia invece arrivato il momento che il Parlamento prenda delle decisioni e legiferi per bloccare o, perlomeno, limitare questi reati che si perpetuano costantemente ai danni delle donne. Credo anche non sia stato bello per quel ragazzo, chiuso nel bagagliaio della macchina, dopo essere stato malmenato, sentire cosa stava avvenendo alla sua fidanzata ed essere impotente. Anche lui ha subito violenza, cari colleghi. La violenza non è solo stupro; la violenza si fa in tanti modi e penso che lo shock subito sia dalla giovane ragazza che dal ragazzo non verrà cancellato, neanche se andranno a vita dallo psicologo o dall'analista per dimenticare l'accaduto.

Ritengo che tutti insieme possiamo fare qualcosa per bloccare questo fenomeno, anche quello casalingo e nostrano, dal momento che non sono esclusi i nostri paesi, le nostre città, i nostri uomini e, visto che già li abbiamo in casa, almeno cerchiamo di fermare quelli che vengono in Italia, in modo clandestino, e che vanno in giro a derubare le coppie e a violentare le donne. Bisogna intervenire e fare qualcosa.

Avevo preparato dei dati elaborati dall'ISTAT che sono sconcertanti. Negli anni 2004-2006 sono stati registrati 118.000 casi di violenza, e parliamo solo di stupri. Non voglio poi aggiungere tutto quello che si consuma tra le mura domestiche.

Credo che oggi, presidente Schifani, non si possano strumentalizzare le battute, perché potrei fare un lungo elenco di colleghi, di maggioranza e di opposizione, che fanno battute sugli stupri, subiti soprattutto dalle donne.

Ecco perché invito a presentare delle proposte di modifica quando, la settimana prossima, ci sarà la possibilità di intervenire insieme sulla materia, affinché il fenomeno possa essere, se non bloccato, perlomeno ridotto. Basta guardare i dati per rendersi conto che si tratta di un fenomeno che, anziché diminuire, continua, giorno dopo giorno, a crescere e questo non fa piacere. Penso non faccia piacere alle donne, ma neanche agli uomini, ai nostri compagni, ai nostri mariti o fidanzati.

Leggendo i dati ISTAT relativi al 2006, ciò che mi ha scioccato di più è che sono state 6.743.000 le donne, tra i 16 e i 70 anni, che hanno subito un qualche tipo di violenza. Ciò esula dal concetto della bella ragazza che gira per strada, magari con il fidanzato. Dunque, è un problema che va affrontato.

In quanto rappresentante della Lega Nord chiederò - e so che i miei colleghi sono d'accordo - di prevedere pene severe ed esemplari, anche per chi confessa. Sono rimasta sconcertata, soprattutto in questo caso - e voglio dirlo - dal fatto che chi confessa di essere sotto l'effetto dell'alcool e della droga venga spedito agli arresti domiciliari. No! Ha fatto due cose che non poteva fare: drogarsi e bere alcool, e dopo di ciò si è avventato sulla ragazza che era in discoteca violentandola.

Le pene, quindi, devono essere certe e soprattutto vanno scontate fino alla fine! Questo è ciò che noi rappresentanti della Lega Nord chiederemo con forza. (Applausi dai Gruppi LNP, PdL, IdV e del senatore Cintola).

GALLONE (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GALLONE (PdL). Signor Presidente, il rispetto della dignità umana, della dignità della persona, costituisce il bene primario di ogni democrazia e di ogni azione politica, ed ogni misura volta a garantirlo e a tutelarlo deve essere da tutti sostenuta attraverso la cultura, attraverso la legge, attraverso la solidarietà.

Il fenomeno della violenza sulle donne, che piuttosto che addolcirsi continua invece, purtroppo, ad inasprirsi, si può contrastare e combattere solo combinando contemporaneamente più azioni, tra cui, prima di tutto, l'attuazione di una vera e propria rivoluzione culturale, una presa di coscienza collettiva della società, che deve poi trasformarsi, come stiamo tentando di fare, in una battaglia comune di uomini e donne contro questa grave realtà.

Sussidiarietà può essere una delle parole chiave: sussidiarietà tra Stato, ente locale, agenzie educative, associazioni e volontariato, così come si sta tentando di fare con le azioni del nostro Governo. A questo fenomeno deve poi aggiungersi un intervento sul piano legislativo, un intervento che è già in atto con la discussione sulla complessiva proposta contro la violenza sessuale del ministro Carfagna, perché alla gravità di questo fenomeno si può davvero rispondere soltanto con un provvedimento articolato che non si limiti solo a sanzionare penalmente le molestie sessuali, ma sia soprattutto in grado di tutelare le donne contro ogni forma di violenza, favorendo la prevenzione, ma garantendo al contempo processi rapidi, accertamento della responsabilità e conseguente pena certa e adeguata per i colpevoli.

Il reato di violenza sessuale - concordiamo pienamente con il ministro Alfano - è un reato gravissimo e altamente lesivo della dignità della persona, nonché della salute morale di chi lo subisce, e come tale deve essere giudicato. Questo è ciò che il Governo sta facendo grazie ai provvedimenti predisposti.

Bisogna poi lavorare sempre di più per dare alle donne la consapevolezza del loro diritto alla sicurezza e per intensificare la politica del sostegno alla vittima, perché una donna lasciata sola dalla società è una donna che subisce una doppia violenza. Invito quindi tutte le colleghe, in maniera trasversale, a lavorare insieme tralasciando contrapposizioni sterili e limitando inutili polemiche per concentrarci sulle questioni vere per le quali servono proposte, fatti e azioni concrete.

Il disegno di legge del ministro Carfagna prevede misure che rafforzano la tutela penale contro la violenza sessuale, introducendo aggravanti connesse alle modalità di azione del colpevole (ed è proprio questo di cui si sta parlando), imponendo l'aumento della pena in caso di recidiva e introducendo meccanismi volti ad accelerare i tempi di giudizio e la certezza della pena. Tale provvedimento contiene norme volte a rafforzare la tutela contro la violenza sessuale tra le circostanze aggravanti, comportanti, per esempio, la reclusione da 6 a 12 anni; inoltre vengono ricompresi l'uso di sostanze comunque idonee a ridurre la capacità di determinarsi della vittima o del persecutore, la qualità di ascendente e quant'altro.

Introduce inoltre l'obbligo da parte del giudice di disporre l'aumento della pena, come dicevo, per il recidivo. Il delitto di violenza sessuale e quello di violenza sessuale di gruppo vengono inseriti tra quelli per i quali è previsto l'arresto in flagranza, con le relative conseguenze sulla possibilità di celebrare il processo con il rito direttissimo ed immediato. Da ciò emerge l'opportunità, l'importanza di approvare il più presto possibile il disegno di legge, quando arriverà anche in questo ramo del Parlamento.

Non vedo, nelle parole del Presidente del Consiglio, un'offesa alla dignità della donna, ma ritengo che quell'espressione vada interpretata come la presa di coscienza di un fenomeno aberrante, come la volontà di alleggerire l'atmosfera in un momento di così grande tensione, come la volontà seria di intervenire.

Non sono le battute a far male alle donne: è il silenzio, è la politica del non fare. Ribadisco: personalmente non mi sento offesa, senatore Pardi, ma mi sento stimolata ancora di più a combattere per il diritto alla sicurezza di tutte le donne, insieme alle colleghe, per prima Maria Ida Germontani, con la quale, da quasi vent'anni, combatto le stesse battaglie all'interno del dipartimento delle pari opportunità del nostro partito. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, quando si parla di violenza sulle donne, bisogna tenere presente che la nostra Costituzione, all'articolo 2, pone principi fondamentali di difesa della dignità della persona e, all'articolo 3, stabilisce pari uguaglianza, senza distinzione di razza o di sesso.

Il Presidente del Consiglio, ieri sera, ha dichiarato che si tratta di fatti esecrabili e ritengo che l'intero Parlamento debba essere unito in questa valutazione. Quando si parla di esecrabilità, infatti, si prescinde dalla valutazione del fatto come reato. Sarà il Governo a valutare se occorrono ulteriori norme, oltre a quelle che sono state già introdotte nel cosiddetto disegno di legge sicurezza sulla violenza di gruppo, oltre a quelle che sono state già introdotte con il disegno di legge all'esame della Camera dei deputati in materia di atti persecutori.

Penso che una valutazione di esecrabilità espressa dall'intero Parlamento abbia una funzione educatrice molto più forte di qualsiasi sanzione penale. Condivido infatti ciò che è stato detto in alcuni interventi, che si tratta di un fatto culturale. La violenza sulle donne va combattuta espressamente e principalmente sulla base culturale, educando le generazioni ad un nuovo tipo di rapporto, ad un nuovo rispetto della dignità della persona.

Se su questo aspetto c'è la volontà del Parlamento, credo si possa trovare una soluzione in termini di sanzioni penali (se è necessario o meno, se è sufficiente o meno l'arresto domiciliare, che è pur sempre una misura cautelare preventiva). Il problema di fondo è che occorre che ci sia una condivisione collettiva della condanna di certi comportamenti sotto il profilo culturale. (Applausi dal Gruppo PdL e del senatore Astore).

PRESIDENTE. Colleghi, hanno chiesto di parlare anche i senatori Pedica e Perduca, a proposito dell'Alitalia e del trattato tra Italia e Libia, ma ritengo più opportuno rinviare questi interventi al termine della seduta.

 

Discussione del disegno di legge:

(1315) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale) (ore 15,44)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1315, già approvato dalla Camera dei deputati.

I relatori, senatori Saia e Conti, hanno chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore, senatore Saia.

SAIA, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le previsioni economiche più recenti sono, come è noto ai più, particolarmente preoccupanti.

Nell'area dell'euro, la frenata della domanda estera e la crisi dei mercati finanziari si sono innanzitutto ripercosse sulle decisioni di investimento delle imprese. Il clima di fiducia presso le imprese e le famiglie è ai minimi storici. Si diffondono i timori di un forte deterioramento del mercato del lavoro nell'anno appena iniziato. I principali analisti privati stimano in media un calo del prodotto di oltre l'1 per cento per il 2009.

La Banca centrale europea, dopo la riduzione concertata di ottobre, ha ulteriormente abbassato i propri tassi di riferimento, nelle riunioni di inizio novembre e inizio dicembre, di 50 e 75 punti base, rispettivamente. Le aspettative di inflazione a breve e a medio termine, peggiorate in estate di pari passo con l'aumento dei prezzi delle materie prime energetiche, si sono drasticamente ridimensionate negli ultimi mesi.

Anche l'Italia è in recessione; le medesime previsioni scontano infatti una riduzione del PIL nel 2009 del 2 per cento e una ripresa solo nel 2010 con una crescita dello 0,5 per cento. Sono queste le previsioni della Banca d'Italia. Previsioni di un ulteriore peggioramento della crisi per il prossimo anno sono state avanzate anche dal Fondo monetario internazionale.

L'occupazione, in crescita da oltre dieci anni, ha subito una battuta d'arresto nel terzo trimestre dell'anno scorso; si è intensificato nello scorcio del 2008 il ricorso alla cassa integrazione guadagni. A sua volta, il credito bancario cresce a tassi ancora sostenuti ma è in rallentamento, riflettendo una domanda di finanziamenti da parte di imprese e famiglie resa più prudente dalla recessione. Il rallentamento del credito è più intenso nei confronti delle piccole imprese. Sul fronte della finanza pubblica, gli effetti sui conti pubblici del peggioramento del quadro congiunturale sono inevitabilmente destinati a manifestarsi più fortemente nell'anno in corso, con un deficit che è previsto attestarsi al 3,8 per cento del PIL.

La manovra di bilancio per gli anni 2009-2011, di cui al decreto-legge n. 112, è stata integrata, senza modifiche significative, ai saldi programmati, con la legge finanziaria per il 2009 e con il decreto-legge in esame. Il decreto in esame reperisce risorse per 5,6 miliardi nel 2009 e le impiega essenzialmente per sostenere le famiglie con redditi bassi, per ridurre il prelievo fiscale sulle imprese e per stimolare l'attività di investimento.

In relazione ai profili d'impatto sui conti pubblici, guardando alla composizione della manovra, l'effetto migliorativo dei saldi è essenzialmente riconducibile ad un aumento netto delle spese (principalmente di natura corrente) inferiore all'aumento netto delle entrate.

Dal lato delle entrate, infatti, il testo in esame evidenzia un aumento netto decrescente tra il 2009 e il 2011. Le maggiori entrate derivano principalmente dalla rivalutazione dei valori contabili, complesso di misure che viene stimato comportare maggiori entrate significative nel primo anno di applicazione, nonché minori entrate per gli esercizi 2010 e 2011, dalle misure antievasione e per il recupero crediti delle amministrazioni pubbliche, dall'addizionale sul materiale pornografico e dall'aumento dell'IVA sui servizi televisivi.

Relativamente alle minori entrate, è da segnalare l'introduzione della deducibilità dell'IRAP, le già citate misure di rivalutazione dei valori contabili, la detassazione dei premi di produttività e la previsione del pagamento dell'IVA alla riscossione del corrispettivo.

Dal lato della spesa, invece, gli effetti netti del testo evidenziano un aumento netto delle spese, anch'esso decrescente nel triennio.

Le minori spese derivano da diverse poste, mentre le maggiori spese sono invece riconducibili al bonus per le famiglie (2.400 milioni di euro per il 2009), alle risorse a favore del trasporto ferroviario (480 milioni per ciascun esercizio del triennio di parte corrente, nonché 240 e 720 milioni per il 2010 e 2011 per gli interventi di parte capitale), all'integrazione del fondo occupazione (destinato a finanziare gli ammortizzatori sociali) e della legge obiettivo.

In particolare, le misure contenute mirano, anzitutto, a contrastare le difficoltà economiche che, soprattutto, le famiglie e le imprese italiane incontrano in questa fase di acuta crisi economica, che, se di sicuro non ne pregiudica le prospettive di mantenimento, a medio termine, del benessere economico e sociale ad oggi raggiunto, le pone di fronte alle antiche e nuove carenze rispetto al modello di una moderna economia competitiva.

In relazione al primo tipo di misure indicate in precedenza, va anzitutto segnalato il bonus famiglie, per cui si prevede che i cittadini residenti che compongono un nucleo familiare a basso reddito da lavoro dipendente o pensione o redditi assimilati riceveranno un bonus straordinario tra i 200 e i 1.000 euro, parametrato al numero dei componenti del nucleo familiare e a seconda che in famiglia vi siano portatori di handicap.

Inoltre, va segnalato il blocco delle tariffe per tutte le forniture abituali (fuorché l'acqua) fino al 31 dicembre 2009; per cui, a decorrere dal 1° gennaio 2009, le famiglie economicamente svantaggiate che hanno diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica avranno anche diritto alla compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale.

Di analogo tenore le misure volte al blocco dei pedaggi in aiuto ai lavoratori pendolari (sono bloccati i pedaggi autostradali e le tariffe ferroviarie sulle tratte regionali), nonché la concessione di un prestito (a tasso particolarmente agevolato) per le famiglie nel cui ambito avvengano nuove nascite, al fine di supportare le spese connesse alle esigenze dei primi anni di vita del nascituro.

D'altro canto, nella linea delle azioni tese invece a rafforzare la tenuta patrimoniale dei nuclei familiari, va annoverata la previsione di un tetto agli oneri dei mutui per l'acquisto della prima casa, che non potranno superare il 4 per cento, e, per i mutui già stipulati, la previsione che lo Stato si accollerà l'eventuale parte eccedente.

Sul versante delle imprese e dell'apparato produttivo in genere, vanno anzitutto considerate le riduzioni di tre punti percentuali dell'imposta sul reddito delle società (IRES) e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), nonché la completa detassazione degli straordinari, con innalzamento da 30.000 a 35.000 euro del reddito massimo per beneficiare dell'aliquota agevolata e con innalzamento da 3.000 a 6.000 euro del salario di produttività agevolato fiscalmente.

Inoltre, viene introdotto il sostegno in deroga al reddito di coloro che perdono il lavoro (cassa integrazione), le cui risorse saranno garantite dal nuovo Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, nel quale confluisce anche il Fondo di occupazione per gli ammortizzatori in deroga, finanziato per 1.026 milioni di euro.

Vi è poi la previsione per cui l'IVA verrà pagata d'ora innanzi dalle imprese al momento dell'effettiva riscossione dei corrispettivi. Vengono inoltre ridotti i costi amministrativi sostenuti dalle imprese e viene prevista la revisione degli studi di settore, soprattutto in talune aree del Paese, per rimodulare gli indicatori di reddito agli effetti della congiuntura. Al fine di incentivare il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero, viene previsto che siano fiscalmente imponibili solo per il 10 per cento.

Ulteriori interventi sono infine previsti a sostegno dei trasporti pubblici locali e delle ferrovie, insieme ad ulteriori misure di lotta e contrasto all'evasione fiscale che completano la manovra di sostegno all'economia.

La strategia adottata dal Governo è stata, pertanto, quella di operare su due linee di intervento, dedicate, principalmente, a famiglie ed imprese, ma optando, nella selezione degli interventi prescelti, ad un approccio articolato in due fasi, affiancando, cioè, ad azioni aventi un impatto immediato (social card, bonus fiscale), interventi, invece, più generalmente rivolti al sostegno degli investimenti pubblici e privati nell'economia (cassa depositi e prestiti, sostegno ai mutui immobiliari) e all'innalzamento della produttività dei fattori.

In tal modo, con il decreto in esame, si intende fornire un sostegno immediato alla domanda dell'economia, tramite, in particolare, le misure in favore delle famiglie, non tralasciando però azioni tese a potenziare e irrobustire i fattori da cui dipendono la tenuta ed il superamento della fase di crisi in atto: la competitività nei costi delle imprese e la produttività del lavoro.

Nel suo complesso, sotto il profilo dell'impatto delle misure in termini di politica economica, lungi dall'esaurire l'ambito degli interventi in teoria necessari a fronte della gravità della crisi, la manovra lascia aperto il problema della quantità delle risorse che sarebbero indispensabili, innanzi tutto in termini di restituzione fiscale strutturale ai lavoratori ed ai pensionati, per un rilancio dell'economia sul versante di una vigorosa ripresa dei consumi. A tale proposito rammento che è già in corso una consultazione con le parti sociali sulle ulteriori misure da intraprendere nell'immediato futuro.

È da segnalare, non di meno, che la manovra appare indubbiamente positiva come un primo intervento anticrisi a favore delle famiglie di pensionati e di lavoratori, soprattutto monoreddito e numerose, in maggiore difficoltà, per il miglioramento del salario dei lavoratori (anche quelli pubblici del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, con la detassazione consistente della parte collegata alla produttività), per la estensione degli ammortizzatori sociali a categorie che ne sono prive (compresi gli atipici) e, in ogni caso, per l'incremento dei relativi stanziamenti e per il sostegno delle imprese.

Tutto ciò viene fatto preservando i saldi di finanza pubblica ed in attesa comunque di concordare eventuali ulteriori azioni in sede comunitaria, atteso che la congiuntura, come le più recenti previsioni confermano, avrà sensibili ripercussioni anche sul rispetto degli obiettivi programmati per il 2009. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE: Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Conti.

CONTI, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, di cui oggi inizia in Aula la discussione per la conversione in legge, interviene sulla situazione di particolare crisi economica e finanziaria internazionale che ha colpito inevitabilmente anche il nostro Paese. È uno dei numerosi interventi in materia di risanamento della finanza pubblica, di agevolazione alla competitività delle imprese e di aiuto alle famiglie, che in questa legislatura hanno avuto avvio con l'approvazione del decreto-legge n. 112 del 2008, la cosiddetta manovra estiva, che pianificava in tre anni interventi per 36 miliardi di euro, per arrivare all'ottenimento del pareggio di bilancio entro il 2011, cioè entro il corso di questa legislatura, con la previsione, quindi, che già nel corso di essa il saldo primario di bilancio dello Stato possa consentire un'inversione di tendenza nella continua crescita del debito pubblico.

Tali interventi sono poi proseguiti con l'approvazione della legge finanziaria e dei collegati che, voglio ricordare, hanno riguardato l'energia nucleare, il processo civile, la sburocratizzazione dello macchina dello Stato, gli interventi a garanzia della capacità di sostenere il credito da parte del sistema bancario.

Questo è, viceversa, un intervento che riteniamo aggiuntivo a fronte di una manifestata capacità del Governo nazionale di anticipare molte delle risposte che la crisi internazionale richiedeva e che probabilmente in altri Paesi comunitari sono state assunte in ritardo rispetto alla formulazione tanto del decreto-legge n. 112 del 2008 quanto della manovra finanziaria dello Stato, il cui obiettivo di mettere in sicurezza la stabilità dei conti pubblici, per le dimensioni dell'indebitamento dello Stato italiano, assume carattere di evidente priorità.

Onorevole Presidente, a beneficio dei colleghi e dell'efficacia del dibattito, preferisco consegnare agli atti una relazione che illustra nel dettaglio il provvedimento la cui discussione in quest'Aula inizia oggi. Desidero, infatti, cogliere questa occasione per svolgere alcune pur sintetiche considerazioni che, in qualche misura, diano conto del lavoro compiuto o, meglio, degli schemi di ragionamento che si sono snodati congiuntamente nelle Commissioni bilancio e finanze in queste settimane e delle riflessioni che, pare a me, ad essi possano conseguire.

Desidero dare atto, innanzitutto, all'intera opposizione, che in Commissione ha cercato di andare al di là di una sterile contrapposizione.

All'ordine del giorno abbiamo la conversione legge di un decreto che reca la data 29 novembre 2008. Va dato atto al Governo di aver previsto in tempo ciò che stava accadendo nei mercati internazionali. Le misure, il cui esame inizia oggi, vanno nella giusta direzione e credo sarebbe un errore pensare di poterle snaturare.

Signor Presidente, colleghi, in questa Aula è avvenuto pochi giorni fa un fatto di straordinaria importanza: una riforma fondamentale, quella del federalismo fiscale, è stata approvata con pochissimi voti contrari. Per una volta maggioranza e opposizione non si sono prestate al gioco delle divisioni spesso artificiose. Bene, credo che quello spirito non vada disperso e che, anzi, a maggior ragione sia necessario oggi che iniziamo a discutere del sostegno che possiamo offrire alle famiglie e alle imprese del nostro Paese. Se riteniamo che questo provvedimento è - come è - un provvedimento giusto, non possiamo però negare a noi stessi che porta come data di origine il 2008. Sono passati solo due mesi, è vero, ma è come se fosse trascorsa un'eternità. La crisi infatti avanza e non aspetta i tempi del Parlamento. Convertire rapidamente questo decreto-legge e approfittare di questo dibattito per immaginare i prossimi passi è - credo - nell'interesse generale.

Onorevoli colleghi, non possiamo ignorare che in queste ore si sta giustamente discutendo, nel Governo e nel Paese, delle nuove misure da intraprendere. Le imprese, ed alcuni settori in modo particolare, reclamano a gran voce un sostegno pubblico. Altri attori sociali chiedono di intervenire sul fronte dei consumi. Il Governo deve, a sua volta, garantire l'equilibrio dei conti pubblici. A nessuno può sfuggire che il nostro debito pubblico ci tiene con le mani legate. Certamente si potrebbe e si dovrebbe sfidare il tabù della spesa pubblica improduttiva e trovare lì le risorse che servono. Siamo in grado di violare interessi e incrostazioni consolidati? E ancora, ai colleghi dell'opposizione, che invocano un piano più massiccio di interventi pubblici, mi permetto di dire: troviamo insieme le coperture, mettendo al bando demagogia e populismo.

Il presidente americano Barack Obama, così amato da tutti, ama ripetere che questa è l'era della responsabilità. È vero e tanto più lo è da noi. Responsabilità vuol dire che ci si muove in un sentiero stretto e che non disporremo di un'infinita quantità di denaro pubblico. Quindi, dovremo spendere al meglio quanto Governo e Parlamento riusciranno a mettere in campo. Dobbiamo essere attenti a non sprecare neanche un euro. Dobbiamo legiferare senza troppo forzare la mano invisibile del mercato ed avendo allo stesso tempo la piena consapevolezza che l'intervento pubblico serve solo se ha effetti moltiplicatori.

Da questo punto di vista, dobbiamo sapere che la strada è obbligata ed è quella che ci consiglia di investire massicciamente in infrastrutture e in energia, in quella green economy che non corrisponde al vetero-ambientalismo andato di moda negli ultimi anni in Italia e in Europa. Mi riferisco alla possibilità di fare investimenti che offrano dividendi ambientali, ma anche economici. Affermare che il futuro è oggi non è uno slogan, ma una realtà che faremmo bene a cogliere anche noi che abbiamo lavorare in questa prestigiosa Aula.

Signor Presidente, abbiamo parlato di responsabilità, della nostra responsabilità, di quella del Governo, delle istituzioni pubbliche. La responsabilità però non può fermarsi qui: deve coinvolgere le parti sociali e gli enti locali, e non solo. Cassa depositi e prestiti, fondazioni bancarie, importanti realtà private: costoro hanno oggi nella loro disponibilità somme rilevantissime. È questo il momento in cui anche tali soggetti sblocchino gli investimenti in infrastrutture ed energia. Non finanziamenti a pioggia o ai soliti noti; tutti dobbiamo essere guidati dalla priorità dell'interesse nazionale e questo oggi significa spendere, e spendere bene i soldi che ci sono. Responsabilità è condividere, pubblico e privato, nazionale e locale, una comune strategia di crescita e di sviluppo.

Non abbiamo molto tempo: la crisi galoppa e nei prossimi mesi assumerà dimensioni davvero preoccupanti. Il Parlamento deve fare la sua parte e dare il buon esempio. Per questo mi rivolgo in modo non formale all'opposizione. L'invito che provo a rivolgere è a non alimentare una contrapposizione di maniera sul provvedimento in esame e ad approfittare invece di questa discussione per condividere una strategia di più largo respiro. In Commissione ciò è accaduto e mi auguro davvero che prosegua anche in questa Aula. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Senatore Conti, la Presidenza l'autorizza ad allegare agli atti la sua relazione.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Legnini. Ne ha facoltà.

LEGNINI (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, il nostro giudizio su questa manovra cosiddetta anticrisi è di assoluta insufficienza ed inefficacia. Tale giudizio è andato vieppiù consolidandosi man mano che la crisi andava dispiegando tutti i suoi effetti negativi sull'andamento del prodotto interno lordo, sull'occupazione, sul reddito delle famiglie e sulla finanza pubblica. I fatti, ampiamente prevedibili anche alla data di emanazione del decreto-legge in discussione, ci stanno dando purtroppo ragione e la politica del Governo si manifesta sempre più inadeguata e miope di fronte a ciò che sta accadendo, ossia la più grave e prolungata crisi economica dal dopoguerra ad oggi.

Spesso è accaduto in questa legislatura che il titolo, la denominazione del provvedimento fosse enfatica rispetto al contenuto effettivo delle disposizioni. In questo caso il divario tra gli obiettivi indicati e l'effettività delle misure appare ancora più enorme. Si tratta di un decreto anticrisi che non inciderà in alcun modo sull'andamento della recessione in atto, ahinoi, destinata nel corso di quest'anno a subire un'ulteriore accelerazione.

«La recessione è più dura del previsto. La produzione industriale scende del 13 per cento, il PIL del 2 per cento»; «stimiamo che ci saranno, nei prossimi mesi, 600.000 disoccupati in più»; «il quadro è drammaticamente cambiato»; «la politica economica è in mezzo al guado»: chi dice queste cose, onorevoli colleghi, non è l'opposizione, non sono i sindacati, non sono gli avversari di questo Governo, bensì la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, in un'intervista al quotidiano «Il Sole 24 Ore» del 22 gennaio scorso.

Presidenza della vice presidente MAURO (ore 16,05)

 

(Segue LEGNINI). Altri autorevoli commentatori utilizzano argomenti del tutto simili sottolineando la totale inefficacia della politica economica del Governo. L'Europa, la Banca d'Italia, gli istituti di ricerca concordano nelle previsioni più pessimistiche, il che, in assenza di interventi idonei a invertire la tendenza, genera ulteriore sfiducia negli operatori e nelle famiglie, alimentando la spirale recessiva e il calo dei consumi soltanto attenuato dalla riduzione dell'inflazione.

A fronte di tale quadro, autorevolmente certificato, come dicevo prima, sia dall'Unione europea che dalla Banca d'Italia, il Ministro dell'economia si è limitato a dire, com'è noto, che il 2 per cento in meno di PIL non è il ritorno al medioevo. Un'affermazione grave e una colpevole sottovalutazione. Non è, com'è noto, la media del calo del PIL, pur grave, che rileva, ma i fenomeni reali sottostanti. Moltissime aziende non subiscono quella riduzione media, ma una riduzione ben più consistente degli ordinativi e dell'occupazione che sta mettendo a serio rischio pezzi interi del nostro sistema produttivo e milioni di famiglie.

A fronte di questa crisi, gli altri Paesi, com'è noto, stanno producendo sforzi qualitativamente e quantitativamente ben più consistenti: 73 miliardi di euro la Germania, 41 la Spagna, 26 la Francia, 24 il Regno Unito, 825 miliardi di dollari gli Stati Uniti di Barack Obama. Un intervento shock per quella economia, basato sull'ambiente, sulla sanità, sull'istruzione e sulle infrastrutture: quattro pilastri su cui poggia un piano energico di stimolo economico che genererà, secondo le previsioni, fino a quattro milioni di nuovi posti di lavoro.

Ha dichiarato il presidente Obama: raddoppieremo la nostra capacità produttiva di energia alternativa nei prossimi tre anni (per raggiungere il livello attuale ci erano voluti 30 anni) e costruiremo una rete elettrica di quasi 5.000 chilometri, che sarà alimentata da queste nuove fonti e attraverserà tutto il Paese. Risparmieremo 2 miliardi all'anno rendendo il 75 per cento degli edifici federali più efficienti dal punto di vista energetico e le famiglie pagheranno bollette più leggere risparmiando in media 350 dollari all'anno. Questo è lo sforzo che si sta producendo nel mondo.

Per quanto ci riguarda, approviamo un provvedimento come quello che stiamo discutendo, che per onestà intellettuale gli stessi relatori hanno definito superato dagli eventi e insufficiente, che reca un misero impegno finanziario di 5 miliardi di euro. Gli effetti stimati sul PIL di questo provvedimento sono di un decimo di punto e a ciò deve aggiungersi - ahinoi - il carattere fortemente restrittivo della manovra triennale di luglio (31 miliardi di euro di risorse in meno), che contribuisce ulteriormente a deprimere la nostra domanda interna, compresa quella per gli investimenti.

Non solo. La manovra appare inefficace a mutare l'andamento macroeconomico perché non è tale da non mutare gli eventi e, per certi versi, prevede l'esatto contrario di ciò che nelle economie più colpite dalla crisi e più affini alle nostre si sta facendo. Basti pensare alla misura sull'efficienza energetica degli edifici, con il previsto rallentamento dei benefici dopo lo svarione iniziale e quindi degli investimenti - il contrario di ciò che si sta facendo, ad esempio, negli Stati Uniti e negli altri Paesi - oppure ai tagli alla scuola e alla sanità. Il tetto del 4 per cento sulle rate dei mutui è una misura propagandistica in una fase di forte riduzione dei tassi di interesse. La misura del bonus è di bassissima entità, temporanea, una tantum e quindi non tale da poter generare una inversione nelle aspettative delle famiglie italiane, quanto meno relativamente al soddisfacimento dei bisogni primari.

Certo, alcune delle misure contenute nel decreto appaiono di per sé condivisibili, ma ciò non muta la nostra valutazione sull'impatto complessivo dell'intervento, che - come ho detto - non è destinato a cambiare, né ad incidere significativamente sul costo della crisi in atto e in fase di accelerazione.

Abbiamo formulato le nostre proposte alternative, come abbiamo fatto già numerose altre volte, ad esempio in occasione del decreto ICI, della manovra di luglio o della stessa legge finanziaria: le riproponiamo qui oggi. Abbiamo presentato un emendamento che riteniamo fondamentale - lo illustreremo poi in maniera ampia unitamente agli altri emendamenti a nostra firma - e che configura una proposta radicalmente alternativa. Essa è nota ed è così sinteticamente riassumibile: ciò che serve al nostro Paese è la riduzione della pressione fiscale sui redditi medio-bassi, quindi più reddito per le famiglie che non ce la fanno, dando in tal modo un impulso ai consumi, e dunque alla ripresa della nostra economia; utilizzo di un punto di PIL, con contestuale individuazione delle misure di riduzione della spesa corrente, per rientrare dallo sforamento consentito dai criteri di flessibilità previsti nel Patto di stabilità europeo a partire dal 2010.

Voi insisterete ovviamente sulle vostre posizioni, asserendo la necessità primaria della stabilizzazione dei conti, che noi abbiamo sempre condiviso e che condividiamo, ma che non è antitetica alle necessità cui mi riferivo. Il rischio è che avremo ugualmente (come sta già accadendo) più deficit e più debito, senza aver contribuito a stimolare l'economia, e quindi con più recessione, più disoccupazione, meno reddito per le famiglie ed ulteriore peggioramento dei conti pubblici.

Noi insisteremo e voi continuerete a non dare ascolto né a noi, né a quanti in numero crescente ritengono che l'intera politica economico-finanziaria del Governo sia avviata e prosegua su un binario sbagliato. Tale deficit di ascolto, signora Presidente, si aggiunge al fatto che il Parlamento italiano, ed in particolare questo ramo del Parlamento, non è stato messo in condizione di discutere approfonditamente cause, rimedi ed entità delle risorse finanziarie per fronteggiare la crisi, né il complesso dei provvedimenti economici e di bilancio.

Dall'inizio della legislatura numerosi sono stati i provvedimenti economico-finanziari, ma la possibilità di intervento di questo ramo del Parlamento è stata pressoché inesistente. Ci si sta avviando verso una vera e propria patologia nel rapporto tra il Governo ed il Senato della Repubblica. Si tratta di una situazione intollerabile, a fronte della quale mi auguro che la Presidenza del Senato voglia intervenire per modificare questo stato di cose.

Continueremo nella nostra battaglia di opposizione propositiva, convinti che prima o poi non voi, ma il Paese riconoscerà la fondatezza delle nostre analisi, delle nostre gravi preoccupazioni, delle nostre proposte. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Baldassarri. Ne ha facoltà.

BALDASSARRI (PdL). Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, è evidente che stiamo discutendo in tempi stretti la conversione in legge di questo decreto, perché sappiamo tutti che scade il prossimo 28 gennaio. Va allora subito sgombrato il campo da ogni equivoco: sarebbe enormemente peggio per il nostro Paese, per le fasce più deboli, se questo decreto, così com'è, non fosse convertito.

Sgombrato il campo da tale equivoco, possiamo andare a valutare in quale momento questa decisione è stata assunta e a fronte di quali problematiche e prospettive.

Nel periodo ottobre-novembre - si tratta di un argomento che abbiamo già affrontato nelle Commissioni riunite 5a e 6a - le previsioni sull'economia internazionale, europea ed italiana erano certamente non rosee. Ricordo però che, fino ad ottobre-novembre, tutti i centri internazionali, in particolare quelli europei, nonché la stessa Commissione europea e la stessa Banca centrale europea davano una crescita negativa per i vari Paesi europei attorno allo 0,3-0,4 per cento nel 2008 ed attorno allo 0,4-0,6 per cento nel 2009.

Pertanto, questo decreto anticrisi aveva di fronte quel tipo di scenario economico, più o meno condiviso soprattutto dalle istituzioni più importanti; d'altro canto, quel decreto aveva ed ha un altro vincolo, cioè quello di determinare, (nei limiti del possibile, al massimo possibile) un sostegno all'economia senza creare un euro in più di deficit pubblico.

Allora, signor Presidente, cari colleghi, è evidente che - purtroppo - da ottobre-novembre a gennaio questo quadro di riferimento è mutato anche dal punto di vista delle convinzioni delle maggiori istituzioni europee che, peraltro, sono largamente responsabili di questo stesso quadro economico certamente non positivo. La Commissione europea per il 2009 ha previsto una crescita negativa pari a meno 2 per cento, otto settimane dopo aver indicato quella dello 0,5; non è stata però sottolineata l'altra previsione della stessa Commissione europea, altrettanto ufficiale, in relazione al tasso d'inflazione stimato all'1 per cento.

Ciò dimostra le colpe della politica economica europea, che denuncio da tempo, ma non per il gusto di accusare gli altri, perché alla fine di questo intervento assumerò le responsabilità della politica italiana, dati quei condizionamenti. Tuttavia, la politica di bilancio assunta testardamente dalla Commissione europea, vestale del tre per cento nel rapporto tra deficit e PIL, senza distinguere tra spesa corrente e spesa per investimenti, chiaramente determina la totale impotenza di fronte ad una frenata dell'economia che porta tutti i Paesi europei a sfondare il tre per cento, senza che la Commissione europea possa alzare mezzo dito. Per fortuna, il Governo italiano aveva in parte anticipato a luglio la manovra, non perché mal comune sia mezzo gaudio, ma perché la verità dei dati economici deve essere la base fondamentale di qualunque serio confronto fra maggioranza e opposizione in questo Paese, ma anche tra l'Italia e le istituzioni europee. Inoltre, la Banca centrale europea ritiene che l'euro sia debole e paradossalmente, proprio nelle ultime settimane, non c'è mattina che ogni giornale radio e ogni giornale non dica che l'euro è debole perché è sceso a 1,30 sul dollaro, dopo essere salito a 1,60.

I due numeri che citavo prima, (meno due per cento di crescita, previsione di un tasso d'inflazione all'1 per cento) indicano che c'è stata un'overdose di masochismo nelle politiche economiche europee e dimostrano ciò che sostengo da tempo, ciò che il mio piccolo centro studi economia reale si era permesso di indicare con analisi mai contestate da nessuno (e sarei felice se lo fossero state). Mi riferisco cioè al fatto che quella linea masochistica di politica economica europea avviene con un chiaro trade off di cui dobbiamo avere consapevolezza, ma che le due autorità, Banca centrale europea e Commissione europea, avrebbero dovuto comunicare con chiarezza e trasparenza ai Governi e ai cittadini europei, cioè che per ogni punto percentuale d'inflazione contenuta l'Europa deve sopportare il costo di un calo del due per cento della crescita economica, se l'inflazione da costi viene battuta, o si tenta di batterla, attraverso una politica di tassi d'interesse che segue tardi e male la Federal reserve e accetta l'effetto collaterale del cosiddetto supereuro.

Ciò detto, non ho sentito mezza parola, né in Commissione né in quest'Aula, da parte di autorevoli membri dell'opposizione - che, a mio parere, conoscono queste cose - per illustrare il quadro di riferimento nel quale il Governo italiano si trova ad operare - come altri Governi italiani - in una condizione che francamente non mi sarei aspettato. Mi riferisco cioè al deficit pubblico che nel 2009 è stimato al 3,8 per cento: per noi è una soglia solida, alla quale però bisogna stare attenti, perché abbiamo il debito al 109-110 per cento, anche se paradossalmente l'Italia appare come il Paese con il minore rapporto deficit/PIL: la Francia è al 5 per cento, l'Irlanda all'11 e non aggiungo gli altri.

Vengo, allora, signor Presidente, a due ultime considerazioni: anche qui, sgombriamo il campo dagli equivoci. Questo decreto, con le misure che contiene, è in grado - quantitativamente e qualitativamente - di fronteggiare la prospettiva per il 2009 di una crescita negativa del 2 per cento, a parità di condizioni di equilibrio di finanza pubblica? La risposta, collega Legnini, è banalmente «no», ma, se non passasse questo decreto, avremmo costi enormemente superiori; una maggioranza, però, deve essere consapevole dei passi che deve compiere, via via che si inoltra nella strada. Il ministro Tremonti ha correttamente detto più volte che sono necessarie ulteriori valutazioni, in quanto le condizioni della crisi economica (internazionale ed europea) e finanziaria (che si sta tramutando in quella dell'economia reale) non ce le ha in tasca nessuno: abbiamo solo quadri di riferimento.

Quindi, la risposta è «no», ma la responsabilità politica di quest'Aula è fare in modo che questo decreto venga approvato il più presto possibile, per poi aprire un confronto serio su cosa è necessario fare dopo. Al più presto, mi auguro, ma ad una condizione molto netta e chiara: una manovra quantitativamente forte e sufficiente a compensare in larga misura quel meno 2 per cento, magari andando a zero, che non è un obiettivo di grande crescita ma è sempre meglio di meno 2. La differenza, cari colleghi, è che con il meno 2 vi è un milione e mezzo di disoccupati in più, mentre con zero sarebbero 100.000. E allora, i sacrosanti ammortizzatori sociali, da approntare per 100.000 persone, possono essere quantitativamente molto più importanti che non se dovessimo approntarne per un milione e mezzo di persone.

Questa è la responsabilità politica di maggioranza e opposizione al confronto e questa manovra, quantitativamente più consistente, che deve avere carattere strutturale e permanente, presenta una condizione sulla quale dobbiamo fare chiarezza: deve essere fatta senza un euro in più di deficit: questo è il paletto forte, come ho già detto in Commissione, ma lo ripeto qui in Aula.

Ho analizzato attentamente - come mi sforzo di fare spesso, non dico sempre - la proposta contenuta nel maxiemendamento del Partito Democratico, presentato in due versioni, quella del senatore Morando (ripetuta oggi in Aula dal senatore Legnini) e quella del senatore Giaretta. Qual è la sintesi di questa proposta? Sul piano delle quantità, si propone una manovra da 16 miliardi, pari all'1 per cento di PIL. Mi permetto di dire che non basta neanche quello, sul piano delle quantità, perché ne occorre una seria, di due punti di PIL: 30-35 miliardi è il numero che ripeto da parecchi mesi.

Sono convinto delle mie opinioni, ma si può anche aprire un confronto serio su questo aspetto. Il trucco della proposta sta nel sostenere una manovra triennale di 16 miliardi, che nel 2009 diventano un punto in più di PIL, di deficit. Cari colleghi, vi rendete conto cosa significa annunciare che invece del 3,8 per cento l'Italia quest'anno fa il 4,8 per cento, sfiora il 5 per centodi deficit? Vi rendete conto che negli ultimi tre mesi il differenziale dei tassi di interesse tra i nostri titoli di Stato e quelli dello Stato tedesco, che un anno fa era di 0,20 per cento, è salito a 1,50 per cento nelle ultime settimane, toccando anche 1,70 per cento? Si dice però - ed è la tesi dei colleghi del Partito Democratico - che basta annunciare sin da oggi che nel 2009 il deficit pubblico aumenta dell'1 per cento, in quanto facciamo queste operazioni di minori tasse e aumenti di spesa senza dare la copertura, ma che la copertura la mettiamo nel 2010 e nel 2011, con mezzo punto nel 2010 e un punto e mezzo nel 2011.

Francamente, se non vogliamo prenderci in giro, non si può proporre un giochetto del genere perché sarebbe pericolosissimo, non tanto per le procedure della Commissione europea per un deficit al 5 per cento in presenza di un debito al 110 per cento, ma soprattutto per la fragilità dei mercati finanziari, che fanno l'esame ogni giorno, non ogni semestre, come la Commissione. Nella versione del senatore Giaretta questo elemento è stato parzialmente corretto dicendo che si predispongono aumenti di tasse per cui l'effetto sul deficit sarebbe solo 0,4-0,5 per cento. Allora di cosa stiamo parlando? Da un lato si dà un sostegno, dall'altro lato si aumentano le tasse e si aumenta la spesa pubblica.

Il tema dei prossimi giorni, delle prossime settimane, mi sono permesso di inserirlo nell'emendamento 6.0.13, non tanto perché - come ho già detto - propongo di modificare il decreto-legge in esame con il rischio della scadenza - sia chiaro - ma per aprire un serio confronto. Se la manovra deve essere forte a fronte dell'andamento del quadro di previsioni su cui concordiamo, deve essere di 30-35 miliardi e coperta, quindi senza un euro di deficit. Mi sono permesso di indicare le coperture, vale a dire l'azzeramento dei fondiperduti sostituito con fisco zero fino alla concorrenza dell'ammontare del fondo perduto; un forte limite a tutti gli sperperi delle spese per acquisti delle pubbliche amministrazioni (mi rimetto alla bontà dei colleghi se vorranno leggere analiticamente l'impalcatura di questa manovra), per destinare le seguenti risorse: alla famiglia fino a un tetto di 15 miliardi di euro, introducendo una deduzione per carichi familiari di 5.000 euro per ogni componente del nucleo; alle piccole e medie imprese, sottraendo dalla base imponibile IRAP il monte salari, con un tetto di 12 miliardi di euro. Attenzione, se non si sostiene il tessuto delle piccole e medie imprese, rischia di saltare anche qualche grande impresa, perché la posizione è al rovescio: se famiglie e piccole imprese hanno la possibilità di operare, ecco che si mantiene positivo anche il mercato - tanto per parlarci chiaramente - dell'automobile.

PRESIDENTE. Senatore Baldassarri, la invito a concludere.

 

(Segue BALDASSARRI). Infine, cito i 5 miliardi da destinare alle infrastrutture, dal momento che ci sono opere pronte e cantieri che possono essere aperti rapidamente. Il totale è di 32-34 miliardi provvisti di coperture. Concludo con questo argomento, signora Presidente. È un'ipotesi, è un'indicazione, ma riguardo agli 800 miliardi di spesa pubblica corrente l'opposizione se la sente politicamente di indicare cosa tagliare, prima di dire cosa dare?

Collega Legnini, è inutile allora esaltare le più grandi e consistenti manovre in deficit annunciate dall'Amministrazione americana, dal Governo tedesco o da altri Governi. L'Italia non si può permettere le manovre in deficit, ma il coraggio politico, se volete anche comune, nel ragionamento tra maggioranza e opposizione consiste nell'indicare, prima, in tutti i capitoli di spesa (che ammontano ad un totale di 800 miliardi) quali sono le voci per 30-35 miliardi da tagliare e, dopo, quali sono gli strumenti per sostenere famiglie, imprese ed il rilancio delle infrastrutture.

Io ci ho provato avanzando una proposta provocatoria, anche nei confronti della mia stessa maggioranza. Se sarà consentito, potrei anche ritirare l'emendamento 6.0.13 e trasformarlo in un ordine del giorno, per poi valutare cosa fare nelle prossime settimane. (Applausi dal Gruppo PdL e del senatore Massimo Garavaglia).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.

BONINO (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi, ci accingiamo oggi ad un esercizio di per sé formalmente inutile. E lo è non perché ci sia un qualunque rischio di sforamento dei tempi per colpa o per attività dell'opposizione, dal momento che i tempi sono contingentati e, quindi, è matematico che si voti mercoledì.

In realtà, il Governo oggi valuta la possibilità di porre la questione di fiducia per un problema più semplice che attiene alla tenuta della maggioranza. Quello che il Governo non può permettersi è uno slabbramento della maggioranza, che magari si slabbra su questo o quell'emendamento, facendo in questo modo decadere il decreto. Ho voluto fare questa precisazione giusto perché sia chiaro il motivo per cui si pone la questione di fiducia, atto che non ha nulla a che vedere con le intemperanze dell'opposizione, bensì con un dato che ritengo ormai patologico e che dovrebbe preoccupare noi quanto i colleghi della maggioranza. Ricordo, infatti, che è la decima volta che ricorre il combinato disposto decreto-legge e fiducia, pure in una condizione che vede una maggioranza più che confortevole, e ciò finisce per diventare davvero un calpestamento totale delle prerogative parlamentari. Ed è proprio per tenervi compatti fino a mercoledì che oggi il Governo pone la questione di fiducia.

Non procederemo ad analisi o riflessioni sugli emendamenti, né su quelli da noi presentati né su quello presentato dal futuro o presente ministro Baldassarri, il quale ci ha spiegato un'intera manovra che non so quanto sarà coincidente con quella che prossimamente ci presenterà il ministro Tremonti. È però di tutta evidenza che ci sono i ministri e i facenti funzione. Proprio perché l'esercizio è questo, forse è possibile svolgere qualche ragionamento più di fondo non sulla crisi ma sulla gestione della crisi e su quello che d'ora in poi si può fare.

In modo molto netto intendo sgombrare il campo da equivoci. Diversamente da altri non appartengo per cultura ad una forza politica che abbia mai fatto né della paura né del panico un modo per fare campagna elettorale né tanto meno per svolgere funzioni di governo. Non appartengo per cultura a chi pensa o pratica il «tanto peggio, tanto meglio». Penso, anzi, che di fronte a crisi di questo tipo un Paese debba essere capace di fare fronte comune. Lo dico con grande nettezza. Non c'è alcuna resistenza - e non parlo solo a nome della delegazione radicale, ma certamente parlo per essa - a sederci intorno ad un tavolo, a decidere e a valutare l'assetto complessivo, dall'evasione fiscale, alle pensioni, ai tagli. Tuttavia, ciò non ci esime, cari colleghi, dal puntualizzare alcune differenze di fondo; io dirò le mie.

Innanzitutto, non condivido, non ho condiviso, l'analisi della crisi mondiale anticipata nell'osannatissimo libro del ministro Tremonti «La paura e la speranza». Per mesi ci è stato detto che il pericolo arrivava dalla Cina, dall'invasione cinese, dall'errore di aver fatto entrare la Cina nell'Organizzazione mondiale del commercio, attribuendolo peraltro ad una volontà della Commissione europea guidata dal presidente Prodi, all'epoca in cui il ministro Tremonti era ministro del Governo italiano (che sicuramente non ho visto sulle barricate). Certo, una distrazione geografica notevole. Non solo la crisi non è arrivata dalla Cina, ma oggi dobbiamo sperare e pregare che la Cina resista per mille ragioni che non voglio qui elaborare, ma che mi paiono evidenti. La crisi è arrivata da altra parte: è arrivata da Ovest e non per eccessivo mercatismo. Anche in questo caso è arrivata per intervento di mala politica, a partire dai fondi Fannie Mae e Freddie Mac; non per eccessivo mercatismo, dunque, ma esattamente perché mala politica ha consentito, promesso e protetto un'esposizione finanziaria dei fondi Fannie e Freddie al di là di quanto fosse concepibile.

Come ci dice il signor ministro Baldassarri, la crisi finanziaria si è poi tradotta in crisi economica, ha inciso sull'economia reale. Ma badate che la Commissione europea, le istituzioni internazionali non hanno aspettato il 28 novembre - data di questo decreto - per annunciare che la crisi economica avrebbe morso in maniera profonda. Lo hanno detto prima, appunto in ottobre. Ma questo decreto, per la precisione il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione, e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale ha un titolo mal posto e quanto mai altisonante. Ed anche nella gestione della crisi, di cui le istituzioni europee ci hanno avvertito in tempo - certamente non a ridosso del 29 novembre - ha prodotto uno strumento non prudente, ma inadeguato e insufficiente, tant'è vero che siamo qui a discutere, giusto per occupare il tempo fino a mercoledì, augurandoci di discutere più utilmente sul prossimo decreto, sulla prossima misura che si spera sia effettivamente anticrisi.

Tanto per essere chiari, poi, le scelte economiche le avevate già effettuate senza aprire tavoli, scatole, librerie e quant'altro. Se consideriamo ciò che è successo a luglio, la tanto decantata manovra dei nove minuti, io penso che piuttosto che decidere in nove minuti delle sciocchezze, forse sarebbe meglio riflettere 90 minuti e fare un po' meglio. Non è vero che il tempo è sempre di per sé un grande viatico. Ma a luglio cosa si è deciso? Si è deciso di spendere, sostanzialmente in termini di minore entrata, 4 miliardi di ICI. Misura strabiliante da parte della vostra maggioranza sostenitrice del federalismo: come lei giustamente ricordava, signor relatore, se c'è un'imposta, una tassa locale che a quello serve è l'ICI. Avete abolito l'ICI per tutti, visto che per le famiglie a reddito basso lo avevamo già fatto precedentemente. Colleghi, vi chiedo: ritenete seriamente che persone come noi, con redditi medio-alti come noi, non devono pagare l'ICI? Siamo davvero sicuri che chi non paga l'ICI aumenta i consumi? Ma per favore, non è così! Voglio ricordare che si è trattato di 4 miliardi.

E nel frattempo cosa avete fatto? Avete portato avanti l'operazione Alitalia: altri 4 miliardi. Non voglio tornare sulla questione se non per dire che mi preoccupa un Paese in cui il Presidente del Consiglio ha la possibilità di affermare pubblicamente, che chiunque sostenga che con la proposta di marzo i debiti Alitalia li avrebbe assunti Air France dice una bestemmia; il Presidente del Consiglio sa che sta mentendo perché l'accordo con Air France è un accordo pubblico, dunque scritto, distribuito ed analizzato da tutti. Credo che Spinetta stia andando ogni giorno a Lourdes ad accendere ceri alla Madonna, perché gli esuberi sono molti di più, e ce li accolliamo noi, e per i debiti accade altrettanto; inoltre, con 310 milioni si è portato a casa il 25 per cento dell'Alitalia e, se il traffico aereo globale andrà bene, fra tre anni semplicemente la comprerà. Ragazzi, cari colleghi, è veramente un successone! Nel frattempo, chiunque abbia la ventura di dover viaggiare con la CAI, o come si chiama, non è esattamente ben messo.

Allora, per intenderci, questa non è una manovra economica, è un modo altisonante per definire un pannicello caldo. La prossima deve arrivare. Ci chiedete di aprire un tavolo? Certo, però non possiamo non proporre un'analisi differente di cosa sta succedendo al mondo. Non risolviamo certo i problemi con i localismi e misure ispirate a Dio, patria e famiglia e quant'altro: a crisi globali si risponde con misure globali e non con misure protezioniste, nazionaliste o localiste. Inoltre, è vero che azioni già prese senza consultare nessuno portano sicuramente oggi il nostro Paese, che con il deficit che si ritrova già in difficoltà, in una posizione diversa.

Ciò nonostante, apriamo pure un tavolo, siamo ampiamente disponibili. Non so se la tesi del futuro ministro Baldassarri sarà uguale a quella proposta da Tremonti, che non sa più a chi rivolgersi e quindi da Manzoni alla Bibbia cerca altri conforti.

Tuttavia, colleghi, quello che è sicuro è che una maggiore serietà aiuterebbe. Non fa bene chi dice che, anche se la crescita subirà un calo di due punti percentuali non è un dramma; non fa bene chiamare un Paese a raccolta se l'idea è quella di predicare un falso ottimismo, di operare una sottovalutazione di ciò che ci aspetta, facendo promesse esilaranti o stimolando i consumi con gli acquisti presso la gioielleria di via dei Coronari. Forse non è questa la preoccupazione dei cittadini italiani. (Applausi dai Gruppi PD e IdV. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Ubaldo. Ne ha facoltà.

D'UBALDO (PD). Signora Presidente, sarà perché il collega Ichino siede in questa fila di banchi, sarà perché un po' tutti i senatori che oggi sono in quest'Aula hanno attraversato la stagione triste, buia degli anni di piombo, ma desidero iniziare il mio intervento esprimendo la mia solidarietà - e credo che sia comune a tutti - nei confronti di un rappresentante delle istituzioni, un intellettuale che subisce un attacco come quello verificatosi l'altro giorno. (Applausi). Ciò sta a significare che il fenomeno del terrorismo non è cancellato, vi sono ancora questioni molto serie sulle quali riflettere politicamente.

Venendo al merito del provvedimento in esame, condivido l'impianto critico della collega Bonino. Prima ancora di addentrarci in alcune questioni tecniche, dobbiamo rilevare che ci troviamo di fronte in realtà ad un'impostazione che non fa chiarezza sui capisaldi della strategia di politica economica. Capisco l'attacco del senatore Baldassarri, la sua critica alla politica economica della Unione europea; però dobbiamo anche riconoscere che i vincoli e le rigidità introdotte dai Trattati di Maastricht hanno garantito al nostro continente, e quindi anche all'Italia, una condizione che risulta oggi favorevole, di vantaggio, rispetto ad altri contesti, dove invece si è accumulato un eccessivo ricorso al debito privato, a causa del quale ci troviamo di fronte ad una crisi ingovernabile.

Negli anni passati molti degli osservatori registravano che gli Stati Uniti viaggiavano comunque ad un tasso di crescita annuo del 3, 4 o 5 per cento, mentre l'Europa stentava ad arrivare al 2 o 3 per cento e l'Italia - peggio ancora - era ferma all'1 o all'1, 5 per cento. Ebbene, abbiamo visto - per farla breve - che la crescita americana è stata drogata; quando vi è un eccesso di droga, i prezzi devono pur essere pagati da qualcuno: li stiamo appunto pagando tutti noi come sistema economico globalizzato. Quindi oggi stiamo cercando di ritrovare il bandolo della matassa.

Anche noi italiani abbiamo coltivato l'idea che quel liberismo enunciato adesso dalla collega Bonino, non certo quello puro e duro, fosse la soluzione la più favorevole; qualcosa che ammantato di liberismo, era comunque governato dalla politica. Anche in America è successo lo stesso, in realtà. L'eccesso di credito è stato governato dalla politica. Quindi, in nome di una spontaneità del mercato, la politica ha convinto i consumatori americani a procedere in quella direzione.

In parte ciò è successo anche da noi e ne spiego il perché. Mi soffermo e mi concentro in questi pochi minuti che mi rimangono sulla questione cruciale della Cassa depositi e prestiti. Quanto alle misure e alle strategie, il provvedimento che riguarda la Cassa depositi e prestiti è un articoletto inserito senza grandi spiegazioni. In realtà si tratta di un'ulteriore liberalizzazione; ulteriore perché, già con la riforma del 2003 (ma ancor prima con i provvedimenti approvati nel 1992, che cancellavano il contributo a carico dello Stato per sostenere gli investimenti degli enti locali), quindi una manovra che in sostanza stabiliva che da quel momento in poi gli investimenti anche degli enti locali erano finanziati con il ricorso al credito ordinario, la Cassa depositi e prestiti non aveva più quel ruolo centrale e fondamentale, se non esclusivo come per tanto tempo è stato nel corso degli anni.

Nel 2003, la Cassa depositi e prestiti aprendosi ai privati - privati sui generis perché le fondazioni sono quegli strani animali che conosciamo - si è ritirata da questo compito essenziale e sono subentrati gli istituti di credito per scoprire oggi - il caso di Milano è solo uno ed è forse la punta dell'iceberg - che gli accordi sui derivati fatti dagli enti locali nascondono l'incrocio tra la capacità di persuasione delle banche - che andrebbe ben indagata (forse proprio la Commissione finanze e tesoro dovrebbe aprire un'inchiesta su quanto avvenuto in tal senso) e l'incapacità degli enti locali a capire tutte le clausole, gli ammennicoli della contrattazione che si andava sviluppando su questo terreno specifico. Oggi ci accorgiamo che nessuno è in grado di stabilire la massa di queste operazioni finanziarie, forse con qualche problema di corruzione incluso.

Si può immaginare, onorevoli colleghi e rappresentanti del Governo, che si possa cambiare la governance della Cassa depositi e prestiti, nominare un amministratore delegato, cambiando quindi il sistema vigente fino a poche settimane fa, e oggi cambiare le sue finalità dicendo che essa può utilizzare i depositi bancari di tante famiglie italiane e che tutto questo sia avvolto in una nube di indistinzione e di scarsa chiarezza?

Essendo questo davvero uno dei possibili fulcri di una grande manovra finanziaria, il Parlamento deve affrontarlo con organicità e con serietà e non in questa maniera. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. La Presidenza si associa alla solidarietà da lei espressa nei confronti del senatore Ichino.

È iscritto a parlare il senatore Lannutti. Ne ha facoltà.

LANNUTTI (IdV). Signora Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, vorrei riportare quanto scritto da alcuni giornali per indicare la gravità della crisi. Credito al consumo: c'è stato un calo del 4 per cento nel 2008, dell'11 per cento a Natale. Debito pubblico: il differenziale del rendimento sulle scadenze decennali di riferimento ha toccato il massimo dall'introduzione dell'euro, a 157 punti base (con punte di 170). Libertà economica: Italia a picco nella classifica del «Wall Street Journal», siamo al 76° posto, peggio del Kirghizistan; in un anno abbiamo perso dodici posizioni. Disoccupazione: le organizzazioni degli imprenditori stimano la perdita di 600.000 posti di lavoro; le organizzazioni sindacali arrivano a stimarne più di 1.000.000; imprese storiche chiuderanno i battenti. Consumatori: scende a picco la fiducia del consumatori che vedono nero nel loro futuro.

In merito alle banche, mentre il Governo afferma che le banche italiane stanno meglio delle altre, vi leggo semplicemente le cifre relative alla capitalizzazione delle sei banche italiane: Intesa San Paolo: 30.970 milioni di euro; Unicredit: 22.330 milioni di euro; Monte dei Paschi di Siena: 8.660 milioni di euro; UBI Banca: 6.550 milioni di euro; Banco Popolare: 3.100 milioni di euro; Banca popolare di Milano: 1.700 milioni di euro. Le prime sei banche italiane, che amministrano qualcosa come l'80 per cento del credito, valgono circa 72 miliardi di euro; solo Unicredit, un anno fa, valeva 104 miliardi di euro, quindi il 30 per cento in più.

E mentre il pianeta va incontro ad una delle più gravi crisi economiche, ben superiore a quella del 1929 per gli effetti della globalizzazione (una crisi provocata dalla creazione del denaro dal nulla, dall'avidità dei banchieri che il Governo salva, dalla collusione delle agenzie di rating e dalla complicità delle banche centrali); mentre inascoltate Cassandre denunciavano gli effetti di una gravissima crisi finanziaria, che sta mangiando l'economia reale con la perdita dei posti di lavoro, soprattutto nell'Italia dei cartelli, dei monopoli e delle corporazioni (coadiuvate dal Governo che ha rimandato alle calende greche la class action); mentre i Paesi importanti, a cominciare da Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Spagna e Cina, varano misure anticicliche ed assumono impegni seri per nuovi investimenti pubblici, pari a circa 7 punti del PIL, la strategia dell'Italia per fronteggiare la crisi non arriva neppure allo 0,3 per cento del PIL.

Allora, o il Governo, nella famigerata manovra di giugno approvata nel Consiglio dei ministri in meno di nove minuti, non aveva intuito la gravità della crisi, oppure, se aveva letto nella palla di vetro del futuro, non doveva approvare un vero e proprio sperpero di pubblico denaro, quantificato in ben 7 miliardi di euro (tra i 4 miliardi accollati alla fiscalità generale per Alitalia e l'abolizione dell'ICI, non nei confronti delle prime case, ma di chi non ne aveva bisogno).

Ho già avuto occasione di soffermarmi in Commissione sul fatto che il Governo non ha ancora oggi la diretta percezione di una crisi che viene da lontano; ha paragonato questa manovrina anticrisi alle stregua del gioco delle tre carte di collaudati prestigiatori, una manovra piena di illusioni e priva di effetti reali sulle famiglie e sulle imprese. Ci sono somme che vengono e vanno: sono spostate con la stessa rapidità del mago Silvan da una posta all'altra del bilancio dello Stato.

Voglio ricordare che il 16 novembre scorso a Washington, il ministro Tremonti, forse contagiato da Barack Obama, annunciò un piano roboante da 80 miliardi di euro. Dopo soli tre giorni quei miliardi diventarono 12,7, per scendere poi a 7, a 6,5 ed infine, il 29 novembre, a 3,7 miliardi. Oggi ci ritroviamo ad avere un intervento a saldo zero; più precisamente, il decreto anticrisi ha un saldo netto in positivo, tra variazioni nette nelle entrate e nelle uscite, di 390 milioni di euro. Non solo non c'è una riduzione della pressione fiscale, ma vi è un incremento netto delle entrate, in gran parte tributarie, di 3 miliardi e mezzo che serve più che a compensare l'aumento netto delle spese.

L'aggressione al potere d'acquisto di lavoratori e pensionati viene da lontano: dalla gestione del changeover, che ha scientemente permesso alla speculazione sui prezzi al consumo di galoppare a briglia sciolta, mentre l'erogazione di salari e pensioni è avvenuta con rigorosa corrispondenza rispetto alle vecchie lire.

Tale aggressione si è avvalsa anche della politica fiscale, che, mentre favoriva ricchi ed evasori (ricordiamo ancora lo scudo fiscale del ministro Tremonti), colpiva i redditi medio-bassi con la mancata restituzione del fiscal drag.

In terzo luogo, si è avvalsa della consapevole manipolazione dei criteri di determinazione delle retribuzioni, attuata attraverso la fissazione di tassi di inflazione programmata sistematicamente ed ampiamente inferiori all'inflazione reale.

Abbiamo anche apprezzato la pacatezza dei relatori Saia e Conti, però tale pacatezza non corrisponde alla coscienza di questa crisi perché questo decreto anticrisi ha un saldo netto in positivo di 390 milioni e, quindi, le misure di spesa appaiono sottofinanziate. Per esempio, la social card - la "umilia card", com'è stata ribattezzata - costerà più di quanto è stato appostato nel bilancio. Il deficit lasciato dal precedente Governo era al di sotto del 2 per cento. A metà novembre, cioè prima della manovra approvata venerdì scorso ma dopo la finanziaria 2009, il deficit viaggiava attorno al 3 per cento. Scontava, infatti, come ho detto: i 3 miliardi dovuti all'abolizione dell'ICI; i 3 miliardi versati ai "capitani coraggiosi" per l'Alitalia; l'aumento del fabbisogno derivante dai minori incassi tributari.

L'insieme di queste misure ha peggiorato i nostri conti pubblici. Per questo abbiamo parlato di vero e proprio sperpero di risorse: quei 7 miliardi avrebbero fatto molto comodo oggi. Mi dispiace che il presidente Baldassarri non abbia ascoltato le proposte che noi abbiamo fatto in Commissione. Lo invito ad andare a rileggere i resoconti perché con la manovra proposta dall'Italia dei Valori avremmo avuto oggi un punto di PIL, cioè 15 miliardi, da spendere per rivitalizzare i consumi e un altro mezzo punto di sforamento consentito da Bruxelles per chi ha i conti in sicurezza: in totale, 22 miliardi. Se aggiungiamo la nostra proposta di tagliare il 2 per cento della spesa pubblica, pari ad 800 miliardi, con un risparmio di 16 miliardi (che poteva non essere solo per un anno, ma triennale), si poteva arrivare a mettere in campo 38 miliardi per attenuare - non dico per risolvere - gli effetti gravi della crisi.

L'altro collega che mi ha preceduto ha già parlato della Cassa depositi e prestiti, cioè del risparmio postale di 100 miliardi delle famiglie e dei pensionati in cui per la prima volta si mettono le mani. Anche sul punto abbiamo assunto una posizione molto critica.

Noi avevamo proposto di tagliare gli sprechi e devolverli al sostegno duraturo dei salari, cioè ad una vera e propria redistribuzione del reddito; di tassare i redditi miliardari, le innumerevoli rendite esistenti, i redditi sommersi; di puntare sulla crescita e sulle nuove risorse tributarie che essa determinerebbe.

Abbiamo visto il bonus per le famiglie e l'intervento sui mutui. Abbiamo visto questo intervento che è davvero particolare... (Richiami del Presidente). Mi avvio alla conclusione, signora Presidente, perché noi siamo rigorosi anche nei tempi; non sforiamo neanche nei tempi. Questo dovrebbe valere per tutti; noi però ci atteniamo.

L'intervento sui mutui (sulla commissione sul massimo scoperto stendo un velo pietoso) è il riconoscimento del fallimento, anche questo ampiamente previsto, del protocollo tra Ministero dell'economia e delle finanze ed ABI del luglio scorso: il Governo accoglie la proposta dell'opposizione e dispone che le banche offrano contratti di mutuo a tasso variabile indicizzato al tasso di rifinanziamento principale della BCE in alternativa all'Euribor, (che oggi ha raggiunto il minimo storico del 2,15 per cento).

Il ritardo del Governo implica un costo di diverse centinaia di euro per le famiglie con mutui a tasso variabile. In ogni caso, va sottolineato che gli oneri per i minori interessi pagati dalle famiglie saranno a carico del bilancio dello Stato. Ancora una volta, nessun sostegno per i mutuatari a tassi fissi, nessun impulso alla competizione tra aziende di credito e nessun sostegno al meccanismo della portabilità dei mutui.

Signora Presidente, onorevoli colleghi, si tratta di un bel lavoro da gattopardo. Si finanziano le banche, non si va a vedere che i soldi li dovrebbero dare alle piccole e medie imprese, e si salvano i bancarottieri. È una cosa per noi scandalosa. (Applausi dal Gruppo IdV e delle senatrici Biondelli e Soliani).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pegorer. Ne ha facoltà.

PEGORER (PD). Signora Presidente, la crisi sta dimostrando giorno dopo giorno di affondare le sue radici nell'economia reale. Ciò porta gli analisti e i centri di ricerca, soprattutto quelli che godono di maggiore fiducia nel panorama internazionale, a non prevederne tempi e confini. È certo oramai che la recessione in corso presenti aspetti molto forti e consistenti, tali da evidenziare il sicuro rischio di preoccupanti effetti negativi sul reddito e sull'occupazione.

Tutto ciò richiederebbe una discussione ampia e partecipata, in grado di mettere al centro, a mio avviso, politiche e misure volte a determinare la ripresa della crescita e il superamento di vecchie e nuove sperequazioni che gravano pesantemente sul nostro sistema Paese. Queste ultime sono situazioni che, se non affrontate con lungimiranza proprio in questa fase così difficile, possono determinare ulteriori gravi diseguaglianze e ritardi nell'ammodernamento del Paese.

Da questo punto di vista, non si tratta di scegliere tra ottimismo e pessimismo, ma piuttosto di considerare in modo serio e preciso gli effetti che già ora la recessione manifesta in termini di tenuta economica e sociale del Paese, prevedendo al contempo la messa in campo di risposte in grado di offrire a tutti i soggetti economici e sociali una possibile via d'uscita, in un quadro di maggiore efficienza del sistema e di migliori condizioni di coesione sociale.

Su questo versante si muove, a mio avviso, la proposta avanzata dal Gruppo PD, prima nella discussione sulla finanziaria e oggi sul decreto anticrisi. Attenzione particolare viene data e, in via prioritaria, agli effetti della recessione sul fronte dell'occupazione, del lavoro. Già oggi i dati ci dicono che circa 500.000 lavoratori sono posti in cassa integrazione, e che per un milione di precari esiste il rischio del mancato rinnovo. È una grande questione sociale, che deve spronare la politica, direi tutta la collettività nazionale, a riaffermare dentro la crisi nuove frontiere di solidarietà.

Su questo crinale si colloca la consapevolezza che garantire il reddito dei nuovi disoccupati, soprattutto per chi non è coperto da alcuna protezione, può certo servire a sostenere i consumi, ma soprattutto mira a dare un segno di solidarietà a chi viene colpito dalla crisi. In tal modo, inoltre, si può salvaguardare un capitale umano e sociale di straordinarie dimensioni, un capitale che, rimanendo inalterato, può offrire il giusto contributo allo sviluppo del Paese.

Nella crisi del 1992-1994 andarono perduti circa 1.400.000 posti di lavori. Ora deve sorgere in noi la consapevolezza che, diversamente da allora, la quota di nuovi disoccupati garantiti da strumenti di sostegno, in particolare i prepensionamenti, sarà molto più bassa, perché l'attuale mercato del lavoro è composto da ampie fasce di lavoratori non protetti, soprattutto giovani e perciò non prepensionabili. È necessario, quindi, un nuovo quadro di ammortizzatori sociali a carattere universalistico proprio a partire dall'introduzione di misure di sostegno al reddito di quei disoccupati sprovvisti di copertura assicurativa, associando tutto ciò all'attività di formazione e programmi di reinserimento lavorativo. Va data quindi grande attenzione alla condizione dei lavoratori, a partire dai giovani, dai precari.

In questo quadro si inserisce, in modo magari non diretto, ma in ogni caso meritevole di attenzione, un punto del provvedimento in esame che riguarda le condizioni di precarietà di molti nostri connazionali giovani in servizio nelle Forze armate. Infatti, anche a seguito delle giuste proteste dei lavoratori del comparto difesa e sicurezza per i tagli indiscriminati apportati a quel settore, la maggioranza ha previsto in via sperimentale che al personale del comparto titolare di reddito complessivo di lavoro dipendente non superiore nell'anno 2008 a 35.000 euro venga riconosciuta una defiscalizzazione sul trattamento economico.

È una misura molto limitata: si tratta di circa 150 euro pro capite. Tale misura, però, non sarà applicabile a circa 32.000 militari, oggi volontari in ferma annuale e in ferma breve, perché percettori non di uno stipendio ma di una paga giornaliera. Questi "precari" delle Forze armate sono i più giovani in servizio e sono il serbatoio che alimenta, in termini di personale, le missioni internazionali all'estero e quei compiti di ordine pubblico, affidati alle Forze armate, in ragione anche delle ultime decisioni assunte dal Governo. Ci attenderemmo, quindi, una maggiore attenzione da parte della maggioranza per quei lavoratori precari alle dirette dipendenze dello Stato, impiegati, oltre tutto, in particolari e delicatissimi scenari operativi.

Quest'ultima considerazione, signora Presidente, mi permette infine, rimanendo nel comparto difesa e sicurezza, di affermare che i necessari interventi di razionalizzazione e riqualificazione della spesa pubblica in questo settore trovano questa parte politica assolutamente disponibile al confronto di merito. È certo, però, che di questo si dovrà trattare. Non mi pare, invece, che così si muovano il Governo e la maggioranza: prima operano tagli indiscriminati nel settore della difesa senza un quadro strategico di riferimento e poi, invece, intendono realizzare consistenti spese per sostenere interventi quali quelli annunciati in queste ore, che risultano, oltre che discutibili nel merito, anche particolarmente costosi.

In questo frangente, sarebbe meglio agire con decisione sul fronte dell'assegnazione di adeguate risorse al settore dell'ordine pubblico, operando al contempo, come detto, una meticolosa e seria razionalizzazione della spesa di tutto il comparto difesa e sicurezza.

È solo questione di volontà politica e noi siamo pronti a perseguirla, anche perché sappiamo che da questo quadro e da questo processo di razionalizzazione possono scaturire quei miglioramenti allo stato generale della spesa pubblica capaci di coprire, nei prossimi anni, la manovra espansiva di cui oggi il Paese necessita. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Spadoni Urbani. Ne ha facoltà.

SPADONI URBANI (PdL). Signora Presidente, colleghi senatori, onorevoli rappresentanti del Governo, la crisi finanziaria, iniziata nell'agosto 2007 negli USA, è dilagata velocemente, diventando inevitabilmente crisi sistemica e planetaria. Essa porta con sé la fine di un certo modello di economia che ha stravolto i ruoli degli attori economici: banche e società finanziarie in primo luogo, ma anche imprese, Governi e risparmiatori.

I dati ISTAT relativi al settore industriale italiano dicono che, rispetto ad un anno fa, il fatturato è diminuito del 13,9 per cento, mentre il calo degli ordinativi ha toccato il 26,2 per cento: un crollo della domanda interna e degli investimenti che minaccia, nel medio periodo, i livelli occupazionali.

La crisi non ha esaurito il proprio potenziale distruttivo di ricchezza, e gli analisti, pur con previsioni discordi, ritengono che durerà ancora. Diamo dunque atto al Governo italiano di essere stato, già dal mese di luglio, forse il primo - anzi, in Europa sicuramente il primo - a mettere in campo misure importanti a sostegno sia delle famiglie che delle imprese. Ciò, nel rispetto di un obiettivo vitale: garantire che entro il 2011 il debito pubblico scenda sotto il 100 per cento del PIL. Un traguardo necessario per consolidare la fiducia degli investitori nei confronti dell'Italia e per sanare la grave situazione dei nostri conti pubblici, dei quali non dobbiamo mai dimenticare l'importanza.

L'azione italiana è stata poi seguita, più tardi, dal piano dell'Unione europea per l'uscita dalla crisi: i 27 Paesi dell'Unione si sono accordati su una manovra congiunturale a sostegno dell'economia reale che prevede un incentivo finanziario coordinato pari a circa 200 miliardi di euro (1,5 per cento del PIL), a livello nazionale, e circa 30 miliardi di euro (0,3 per cento del PIL), a livello comunitario.

L'atto in discussione oggi, però, non è il solo «decreto anticrisi» con cui si affronterà la congiuntura e non è solamente relativo a questo momento congiunturale: non si deve dimenticare che esiste anche questa azione europea, imponente, alla quale si affiancano, nel nostro Paese, altre misure sociali ed assistenziali già varate per la ripresa economica.

Mi riferisco, per esempio (e ritengo questo aspetto molto importante, provenendo dalla Commissione lavoro), agli 8 miliardi di euro stanziati per gli ammortizzatori sociali e l'ampliamento della platea degli aventi diritto che oggi ricomprende i lavoratori che non hanno un lavoro stabile e le aziende più piccole: sono dunque ammortizzatori sociali speciali. Penso anche all'abrogazione dell'ICI, che l'opposizione non ha amato, senza capire invece che la casa è la cosa più importante per la famiglia, e che quella misura si va ad inserire all'interno di una più ampia politica per la famiglia.

Sarebbe riduttivo e mistificante non considerare parte di un disegno di lotta alla crisi tutte le misure prese dal Governo in sede europea o a livello nazionale. Il decreto che stiamo esaminando è dunque parte di un'azione più vasta e complessa, che rappresenta il massimo di quanto ci è consentito con le risorse a disposizione e con il debito - tema sul quale ritorno - che ha il nostro Paese.

Nel merito, con il provvedimento in esame si impegneranno per il 2009 circa 5 miliardi di euro: poco, ho sentito dire, ma gli interventi - come si legge nel decreto - sono flessibili, come i costi per la loro realizzazione, che pertanto, alla bisogna, potranno aumentare.

Il provvedimento poggia su due pilastri: il sostegno alle famiglie, con il conseguente rilancio della domanda interna, e il sostegno alle attività produttive, per offrire possibilità di crescita economica.

II sostegno alle famiglie si basa soprattutto sul bonus, che da solo vale 2,4 miliardi di euro, e sulla detassazione dei premi di produttività per i lavoratori, per un impegno di ulteriori 400 milioni di euro. Per le imprese è prevista la deducibilità del 10 per cento dell'IRAP su IRPEF ed IRES, per sgravi complessivi di circa 1,2 miliardi di euro. Non dimentichiamo poi l'IVA differita all'incasso, che ritengo una misura molto importante per sostenere la tenuta delle nostre imprese. L'80 per cento delle risorse previste nel decreto anticrisi è concentrato su queste due azioni, in modo da rendere più incisivi gli effetti sul sistema economico.

Non manca tuttavia una serie di provvedimenti che non sono arrivati alle cronache dei giornali, ma che sono importanti. Mi riferisco all'accollo del costo dei mutui, qualora superassero la soglia del 4 per cento (sto parlando naturalmente delle famiglie); all'ampia manovra sulle tariffe elettriche, del gas, autostradali e regionali, che vengono congelate per un anno o per le quali si prevede un ampliamento delle fasce sociali.

Discorso a parte merita il fondo per gli investimenti del Gruppo Ferrovie dello Stato (che mi sta particolarmente a cuore, esposto com'è ai lai che i pendolari quotidiani fanno, ormai da anni in questo periodo, perché temono che le loro corse vengano tagliate), istituito con una dotazione di 960 milioni di euro per il 2009. Il potenziamento del trasporto su rotaia, poi, con una mole di investimenti notevole, può essere un volano importante per lo sviluppo. Completa tale strategia l'autorizzazione ad una spesa di 480 milioni di euro all'anno, per tre anni, per assicurare l'espletamento dei servizi di trasporto pubblico ferroviario, che formano oggetto dei contratti di servizio stipulati da Stato, Regioni e Trenitalia spa (e ciò coinvolge i nostri pendolari).

L'erogazione delle somme è condizionata anche al fatto che, per il 2009, non siano disposti aumenti delle tariffe dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale, come accennavo anche prima. Questa è indubbiamente una buona notizia, tuttavia chiedo - si tratta di una proposta, contenuta peraltro anche in un ordine del giorno che ho trasmesso ai relatori, affinché lo presentino - che il Ministero tenga conto, nell'emanazione del decreto con cui saranno erogate le somme sulla base dei contratti stipulati dalle Regioni con Trenitalia spa, anche dei diritti dei cittadini che vivono nelle zone meno servite dal gruppo Ferrovie dello Stato. Sarebbe davvero inconcepibile che, volendo dare slancio alla mobilità su rotaia, si permettesse una gestione residuale di questi utenti, che rischiano di essere tagliati fuori dal trasporto veloce, in generale, e dagli Eurostar, in particolare. Ho visto che si punta molto e si scommette sull'Alta velocità, ma l'Italia è lunga e ha bisogno di linee di trasporto.

Il decreto in esame contiene alcune altre norme che, appunto, non sono salite alla ribalta dei mass media, come, ad esempio, la possibilità per il contribuente di usufruire dell'istituto dell'accertamento con adesione per la lotta all'evasione fiscale: l'adesione all'invito a comparire innesca un meccanismo premiale, riducendo le sanzioni applicabili. Si esce dunque dall'ottica dello Stato che sa solo punire e secondo le previsioni questo dovrebbe far salire le entrate di quasi 145 milioni di euro (e speriamo che questo accada veramente).

Degna di nota è la lotta all'evasione, attuata con il maggiore controllo fiscale per le imprese di più rilevante dimensione, quelle cioè che conseguono un volume di affari e ricavi non inferiore a 300 milioni di euro. Tale importo verrà gradatamente diminuito fino a 100 milioni di euro entro il 31 dicembre 2011. Inoltre, per queste aziende i controlli sostanziali saranno continui.

Piacerà a molti, penso, anche lo sgravio di 3 milioni di euro alle ONLUS per alcuni costi, come quelli dell'imposta catastale.

Tra i 97 provvedimenti contenuti nel decreto-legge n. 185 ve ne sono altri importanti: la revisione degli studi di settore; la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili; le agevolazioni per favorire il rientro in Italia di docenti e ricercatori che operano all'estero; il finanziamento del Fondo per la tutela della sicurezza e del soccorso pubblico; il sostegno all'occupazione e all'imprenditoria giovanile attraverso l'innalzamento dell'età con cui si potrà avere accesso ai contributi. I dati di dicembre sugli acquisti hanno detto che il temuto crollo non c'è stato. Ciò non significa che non si doveva intervenire, come si è giustamente fatto e si sta facendo ancora con determinazione, soprattutto a sostegno delle realtà più deboli ed esposte.

Concludo il mio intervento dicendo che abbiamo potuto fare tutto questo perché a capo del nostro Governo, con tanti abilissimi Ministri, c'è un Presidente che sa cosa significa intraprendere, creare e dare lavoro: è forse grazie a questa sua capacità, che non è solo politica ma si tocca con mano, che possiamo affrontare i tanti problemi che assalgono adesso il Paese.

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Leddi. Ne ha facoltà.

LEDDI (PD). Signora Presidente, colleghi, signor Sottosegretario, oggi apriamo e chiudiamo in poche ore la discussione sul decreto-legge n. 185, che ridisegna in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale; oggi insomma stiamo discutendo la strategia del Governo della Repubblica per fronteggiare la crisi del secolo.

Al di là della comunicazione, che tende in chiave ottimistica a mandare messaggi tranquillizzanti e, per certi versi, anche comprensibili in ordine alla crisi, occorre dire che questa è oggettivamente una crisi pesantissima. Non saprei come definire altrimenti una situazione in cui le principali banche hanno avuto una diminuzione del 60 per cento della loro capitalizzazione e la crescita mondiale ha avuto un calo del 60 per cento; una situazione in cui in poco più di undici mesi sono stati spazzati 25.000 miliardi di dollari dai listini delle borse mondiali e in un solo giorno, il 6 ottobre, abbiamo visto bruciare in borsa 2.200 miliardi di dollari.

La situazione è senza precedenti, ormai è uscita dall'alveo della crisi finanziaria e sta arrivando, anzi è arrivata, all'economia reale; questo è il documento che noi discutiamo in queste poche ore - e tra pochi - in risposta alla crisi del secolo.

È un dato che mi lascia veramente perplessa, perché considero che in quest'Aula abbiamo dedicato più tempo, in proporzione, a discutere delle corse dei cavalli, dei giochi e dei finanziamenti a questo settore che non alla discussione di un documento in cui oggettivamente si sarebbero potute confrontare tesi diverse, per trovare - anche su posizioni contrapposte - analisi condivisibili sulla genesi della crisi e sugli strumenti per rispondervi. In verità, a tutto questo non si è arrivati e vi è stata una dispersione di potenzialità del Senato della Repubblica che credo non torni a nostro vantaggio.

Del resto, mi chiedo anche cosa penserà qualche studente, quando, tra non molti anni, rileggerà la crisi del secolo e, andando a cercare quali sono stati gli atti con cui il Parlamento della Repubblica vi ha risposto, troverà questo come decreto anticrisi - testualmente - «per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale». E dovendo cercare gli elementi messi in campo per rispondere alla crisi, troverà articoli sulle addizionali sulla produzione e vendita di materiale pornografico, sull'IVA dei documenti di viaggio nei trasporti pubblici urbani e anche qualcosa sui parcheggi veicolari. In questo, che difficilmente riesco ad immaginare come strumento strategico per combattere la crisi, dovrà trovare la nostra politica per combattere la crisi del secolo, che pure c'è, è cattiva, brutale e, sicuramente, lunga.

È cattiva perché la sua genesi è del tutto particolare, rispetto a quelle che l'hanno preceduta, ed è difficile da codificare. È brutale, perché negli Stati Uniti si sono già persi 1,7 milioni di posti di lavoro e da noi sta arrivando quest'onda, che purtroppo porterà ad altre situazioni di questo genere. È lunga, poi, perché ridisegnerà la geografia politica ed economica degli Stati. Sarà quindi importante che ogni Stato sappia come giungere alla fine della crisi (che certamente finirà) in condizioni tali da agganciare la ripresa.

Venendo, quindi, nel merito, credo che all'interno di questo documento non vi siano gli elementi che consentano di fare questo, ossia essere pronti, alla chiusura della crisi, ad agganciare la ripresa, che senz'altro ci sarà.

Se non si è accettato di discutere la proposta organica che è venuta dal Gruppo del PD né quella del professor Baldassarri, presidente della Commissione finanze, che pure rilanciava addirittura sul piano strategico proposto dal PD, credo che, almeno su alcuni aspetti, con questo strumento si sarebbe forse potuto dare qualche segnale più forte. Penso, per esempio, alle piccole e medie imprese: se c'è un terreno su cui siamo tutti d'accordo è che l'elemento strategico per consentire al nostro Paese di uscire in termini positivi da questa crisi è quello di rafforzare le azioni a sostegno delle piccole e medie imprese. Sei milioni di queste si trovano in questo momento a secco di liquidità, non soltanto per un problema di credit crunch, ma anche perché lo Stato - che dovrebbe essere il primo soggetto a dare il buon esempio - è invece in forte ritardo nei pagamenti. Tale ritardo crea quindi un infarto nel sistema dei pagamenti, che poi ovviamente si ripercuote anche nei rapporti tra privato e privato.

Ebbene, questa poteva essere l'occasione per dare un segnale non di fumo, ma concreto, che consentisse di raccogliere i tanti rivoli, in cui comunque molta spesa è stata diluita, concentrarli in una sola operazione e, a questo riguardo, compierne una decisa, rispetto a questo solo, singolo punto nei confronti delle piccole e medie imprese, chiudendo questa pagina indecente dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione. Si sarebbe potuto fare, raccogliendo evidentemente risorse diversamente utilizzate in piccoli rivoli, che non producono la massa critica necessaria per risolvere problemi strutturali a questo che è un settore strategico. (Richiami del Presidente).

Concludo, come lei mi invita a fare, signora Presidente, dicendo solo un'ultima cosa: è comprensibile che, da parte del Governo, in una situazione di tale criticità, vi sia la necessità e la forte tentazione di gestire la paura della crisi. La paura è una forte componente della crisi, ma non si può pensare che basti un provvedimento come questo (che è di gestione della paura della crisi), tardando ad affrontare il vero problema, che è la crisi, non la paura della crisi. Come ha ricordato la senatrice Bonino, discuteremo del documento che affronta la crisi e speriamo che non tardi ad arrivare. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Sangalli. Ne ha facoltà.

SANGALLI (PD). Signora Presidente, colleghi senatori, consegnerò il testo integrale del mio intervento e in questi pochissimi minuti mi limiterò a fare alcune ma severe considerazioni rispetto al progetto di conversione del decreto-legge che porta un titolo molto importante: «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale». Mi chiedo in quali parti di questo provvedimento vi sia una qualunque lontanissima coerenza con il titolo e con le aspirazioni a cui esso vuole tendere.

Come tutti abbiamo avuto modo di ricordare, stiamo attraversando una crisi non soltanto molto grave, la più grave che certamente dal dopoguerra il mondo occidentale - e adesso tutto il mondo - sta vivendo, ma stiamo anche attraversando una crisi il cui portato, la cui dimensione, le cui ragioni non sono in fondo ancora del tutto bene esplicitate e ancora del tutto chiarite. È una crisi che nasce per un dissesto in una parte specifica del mondo delle transazioni finanziarie, che si è già ampiamente trasferita - non che si trasferirà - sull'economia reale, che fa sentire il proprio peso in termini di recessione economica, quella prevista, quella che purtroppo osservatori più pessimisti ma di rango internazionale, come il Fondo monetario internazionale oppure l'OCSE, prevedono ancora di dimensione maggiore per l'Europa e soprattutto per un Paese come l'Italia.

Siamo in una situazione in cui molti paventano che la prossima estate avremo contemporaneamente alla recessione una situazione di deflazione, che è una delle patologie più gravi da curare. Ben si ricordano di questo gli economisti che si trovarono ad affrontarla nel periodo post 1929, in una situazione non globalizzata ma ancora molto circoscritta. Le condizioni che si determinarono dopo la crisi del 1929 penso di non doverle richiamare, sono note a tutti. Quella crisi ha avuto degli esiti nefasti perché le politiche che sono state messe in campo per affrontarla o erano inadeguate o erano insufficienti o erano sbagliate.

Questa volta non ce lo possiamo permettere. Abbiamo bisogno di esaminare, anche come Parlamento della Repubblica, una proposta finalmente realistica, organica, un'idea non catatonica della crisi, come sta dimostrando il Governo, ma un'idea complessiva su come affrontare, come Paese a forte indebitamente pubblico ma con prerogative molto positive come quelle di avere un tessuto diffuso di impresa che continua ad alimentare e a costruire ricchezza per il Paese, i nodi di questa crisi, come si può affrontare la recessione.

Noi abbiamo fatto una proposta, che però non va bene per il Governo, perché è una proposta esagerata e non ha le coperture; non va bene per il presidente Baldassarri, perché invece è una proposta timida e dovrebbe essere raddoppiata. Per l'amor di Dio, si può dire qualunque cosa, ma qualche proposta il Governo ha il dovere di farla; qualche proposta su come si fa una politica anticiclica e antirecessiva, agendo sul mercato interno, è necessario metterla in campo.

In secondo luogo, siamo di fronte ad una recessione, cioè ad un calo della domanda, che è internazionale ma è anche interna, e le imprese, quelle piccole e piccolissime imprese che peraltro vengono solo tangenzialmente toccate da qualche marginale provvedimento (ricordo, per esempio, che il calo fiscale che viene previsto dal provvedimento in esame esclude tutte le imprese che non sono imprese di capitale, quindi esclude 3 milioni e 500.000 imprese italiane dall'abbassamento dell'IRES o dell'IRAP), si trovano oggi non in una situazione semplicemente conseguente al credit crunch, ma a dover fare da banca tre volte: fanno da banca verso la propria banca, perché viene richiesto a tutte le piccole imprese italiane il ritorno dagli extrafidi; fanno da banca verso i propri committenti, perché stanno gestendo il magazzino e avranno pagamenti a 180 giorni o a 240 giorni dai propri committenti ed è prendere o lasciare; stanno facendo da banca allo Stato, il quale si guarda bene dal pagare i propri debiti e dal fare una delle poche cose che si potrebbero fare rapidamente senza alterare i soldi pubblici, cioè semplicemente pagare i propri fornitori nei tempi in cui dovrebbero essere pagati.

Sono manovre antirecessive. Richiederebbero altro, ma credo che in una fase come questa la cosa migliore e più necessaria da fare è sapere che alla recessione, che noi vediamo esplicarsi con numeri freddi, si accompagnano la crisi di centinaia di migliaia di famiglie ed uno stato dell'occupazione che sarà drammatico, dal momento che si suppone che il tasso di disoccupazione passerà dal 6 all'8-8,5 per cento.

Pertanto, la prima cosa che va messa in campo con molta energia e determinazione, prima ancora del sostegno alla domanda, è il sostegno a coloro che perdono il lavoro, attuando dispositivi, ammortizzatori sociali, meccanismi, anche con rapidi finanziamenti e rapide riforme, che consentano a coloro che stanno per perdere il lavoro o che sono nella condizione di perderlo, siano essi lavoratori dipendenti o lavoratori autonomi, di avere, in una fase come questa che speriamo non sia troppo lunga, un minimo di sostegno al reddito. Tutto questo si dovrebbe muovere nell'ambito di un adeguamento del quadro strategico nazionale.

Vorrei dare semplicemente qualche rapido consiglio per affrontare una situazione che anche in Commissione ci ha visti interagire tutti, comunemente. Innanzitutto, se si rielabora il quadro strategico nazionale, facciamo in modo di non perdere in tale revisione le opportunità dei finanziamenti europei, perché altrimenti andremo ad arrampicarci su qualche nuova complicazione che saremo in grado di creare. Inoltre, facciamo in modo di rendere efficienti alcuni settori del nostro mercato come, ad esempio, quello dell'energia. L'Italia paga per l'energia il prezzo più alto rispetto a quello sostenuto da tutti i nostri concorrenti europei, perché abbiamo poco mercato, poca concorrenza, poca europeizzazione di tali settori.

Ci sono operazioni che si possono effettuare rispettando il mercato e, contemporaneamente, mettendo in campo energie nuove che possono vedere un Paese più coeso nel compiere scelte che si rendono necessarie, a vantaggio della povera gente che perde il lavoro, verso le piccole imprese che vanno sostenute, verso i mercati che debbono essere aperti, in modo che dalla concorrenza anche noi possiamo trarre qualche vantaggio che, invece, nel corso di questi anni non si è riusciti ad ottenere.

Per fare questo occorrerebbe una soluzione di emergenza, un confronto politico di emergenza. Non occorrono né le filosofie del ministro Tremonti e neanche l'ottimismo di maniera del Presidente del Consiglio. Occorre non il dialogo, termine che piace poco anche a me, ma il confronto, il confronto delle idee fra le parti sociali, il Parlamento, il Governo, i media e l'opinione pubblica. Solo in questo modo una grande democrazia moderna può salvaguardare la propria essenza, che è essenza di informazione, di mercato che funziona, di protezione sociale e, contemporaneamente, di concorrenza.

Sarebbe utile che il Governo se ne occupasse adesso, dopo il titolo ridondante riportato in questo quasi inutile fascicolo, mettendo in campo una manovra effettivamente per l'emergenza, per la crisi e cercando di trovare un vero consenso nazionale. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza a consegnare il testo integrale del suo intervento, che verrà allegato al Resoconto della seduta odierna.

È iscritto a parlare il senatore Pichetto Fratin. Ne ha facoltà.

PICHETTO FRATIN (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, giunge all'esame dell'Aula del Senato, dopo il voto della Camera e l'approfondimento in sede di Commissioni, il decreto-legge che il Governo ha varato a fine novembre scorso con un pacchetto di misure definite anticrisi di immediata applicazione, con iniziative ed attività di sostegno alle famiglie, all'occupazione ed alle imprese. Tale provvedimento si colloca nel quadro delle misure già varate dall'Esecutivo, a cominciare dal decreto-legge n. 93 dello scorso anno in cui si anticipavano numerose misure tradizionalmente affidate alla legge finanziaria per giungere poi nell'autunno ai provvedimenti legati alla sessione di bilancio.

Si tratta, dunque, di un complesso organico di politiche che hanno dato via via risposte concrete ai bisogni ed alle necessità espresse dai cittadini e dalle imprese per far fronte ad un evento eccezionale, di eccezionale gravità e profondità, come si è rivelata essere la crisi inizialmente solo finanziaria - si riteneva - che ha colpito l'economia a livello internazionale.

In tale quadro, il decreto-legge n. 185, esaminato in prima lettura dalla Camera dei deputati, è uno strumento utile sia per dare una risposta immediata, ad esempio con l'istituzione del bonus per le famiglie a basso reddito di pronta realizzazione, sia per raccogliere le indicazioni, i suggerimenti, le proposte avanzate da più parti e inserite nel corso dell'iter parlamentare a Montecitorio come elemento di rafforzamento delle misure, anche adeguandole alla continua evoluzione della congiuntura socio-economica.

L'estensione e l'eccezionalità della crisi in atto richiede, infatti, di poter disporre di strumenti flessibili in grado di essere via via modulati sulla base dei cambiamenti originati dall'evolversi della crisi e dalle risposte che vengono dagli altri Paesi europei e non, cercando di inquadrare le iniziative intraprese a livello nazionale con quelle che giungono dall'esterno.

Il decreto-legge in esame presenta sostanzialmente due tipologie di misure. La prima è volta a dare risposte immediate per fronteggiare le difficoltà che colpiscono soprattutto le fasce sociali più deboli in modo da assicurare che le famiglie a rischio non vengano sospinte oltre la fascia della povertà con il rischio di provocare ulteriori problemi di natura sociale che potrebbero ripercuotersi sulla coesione dell'intera comunità nazionale. La seconda è costituita da iniziative che guardano più direttamente al mondo del lavoro e dell'impresa con l'obiettivo di trarre dalle sfide della crisi quelle opportunità, altrimenti difficili da conseguire, che consentano di preparare l'economia italiana a una più pronta ripresa quando la fase più acuta sarà finalmente superata e il clima internazionale consentirà finalmente di riprendere il cammino di sviluppo.

Non voglio soffermarmi sul complesso di misure contenute nel decreto ed arricchite nel corso dell'esame alla Camera se non per richiamare brevemente alcuni aspetti che giudico particolarmente significativi. In primo luogo, è stata resa strutturale la decisione, in attesa del via libera delle autorità europee, dell'applicazione per il triennio 2009-2011 del regime IVA a esigibilità differita, ovvero con il criterio di pagamento per cassa anziché per competenza. Si tratta di una misura di particolare significato contenuta nel programma elettorale della coalizione che sostiene il Governo Berlusconi ed importante soprattutto per il settore delle piccole e medie imprese della subfornitura.

È dunque un'iniziativa che oltre ad avere benefici immediati, nell'attuale situazione di restrizione del credito e crisi di liquidità che colpisce il mondo produttivo, trasferirà i suoi benefici effetti anche nel futuro, auspicando che quanto prima l'Unione europea conceda l'autorizzazione ad applicare questo nuovo criterio.

Un secondo intervento che desidero ricordare, anche come esemplificazione di un impegno del Governo in questa direzione, è la modifica ai criteri di utilizzo del Fondo di sostegno per l'occupazione e l'imprenditoria giovanile con l'innalzamento dell'età limite per accedere ai finanziamenti agevolati a 35 anni, l'istituzione di un fondo unico (anziché i tre attuali) e l'eliminazione di specifiche categorie di beneficiari, finalità e tipologie d'interventi, con la conseguente maggior snellezza e semplificazione.

Da ultimo, nel non esaustivo richiamo alle misure più rilevanti, desidero citare la soppressione della Commissione bancaria di massimo scoperto, se il saldo a debito per il cliente si protrae non oltre i 30 giorni, o in caso di utilizzi in assenza di fido. Si pone così termine ad una pratica anacronistica e forse anche vessatoria degli istituti di credito verso la clientela, peraltro oggetto di molti interventi già nei provvedimenti di luglio.

Ho voluto citare questi esempi anche perché comportano poca o nessuna spesa per le casse pubbliche determinando, al contrario, un beneficio immediato e rilevante per i cittadini, le imprese, gli operatori economici, ciò in linea con l'impostazione del Governo di non mettere a repentaglio i conti dello Stato, pur considerando la necessità di intervenire a sostegno dell'economia in questo delicato frangente. Infatti, la solidità e la stabilizzazione dei saldi di bilancio, la rigorosa attenzione alla gestione della finanza pubblica indubbiamente rappresentano un prerequisito su cui si basa la solidità dell'intero sistema nazionale. Pregiudicando il primo per venire in soccorso all'economia con manovre massicce che comportano un alto esborso di risorse pubbliche, si minerebbe irrimediabilmente tale presupposto.

Reputo dunque più che giustificato e importante che il Governo abbia mantenuto questa linea prudenziale, resistendo alle pulsioni demagogiche e alla richiesta di talune forze politiche d'opposizione, che chiedevano forme di intervento molto più onerose.

La situazione del debito pubblico italiano, appare quasi superfluo ricordarlo, non è tale da consentire al nostro Paese di affrontare iniziative che comportino un ulteriore massiccio indebitamento, pena la perdita di fiducia e di credibilità nei confronti degli investitori e dei mercati finanziari internazionali. Ciò restringe indubbiamente i margini operativi entro cui il Governo è chiamato a muoversi e rende necessario calibrare con accortezza ogni iniziativa di politica economica, valutando non solo il rapporto costi-benefici, ma anche l'impatto sul debito pubblico, con le ricadute sul rating del Paese.

Pur nei limiti dei paletti che il Ministro dell'economia ha voluto giustamente mantenere rigidi, le misure contenute nel decreto-legge n. 185, come negli altri atti emanati dal Governo e sanzionati dal Parlamento, hanno la caratteristica di essere iniziative puntuali, specifiche e, dalle prime valutazioni, efficaci.

Un aumento non calibrato della spesa pubblica, oltre alle controindicazioni sul debito, non avrebbe del resto avuto alcuna garanzia di produrre di per sé un aumento della spesa delle famiglie, essendo legato anche al grado di fiducia esposto dai cittadini. Attualmente, tale livello di fiducia, non solo in Italia, è a livelli minimi, per la preoccupazione nei confronti degli effetti della crisi. Un aumento eccessivo delle risorse destinate a finalità sociali avrebbe potuto produrre effetti di tesaurizzazione, senza alcun beneficio per i consumi. Senza contare che, per il grado di apertura della nostra economia, una quota rilevante degli acquisti avrebbe inciso sui beni di importazione, senza benefici per le aziende nazionali.

Questa è una considerazione che dovrà essere fatta anche in merito al tavolo che si aprirà nei prossimi giorni sulla crisi del settore automobilistico, nell'ambito del quale l'industria italiana ha un peso pari al 30 per cento rispetto al totale del mercato. Peraltro, quasi la metà della produzione di questo 30 per cento si svolge in Paesi esteri.

Si deve inoltre rilevare come la situazione italiana sia significativamente meno debole di quella di altre economie, a cominciare dal minore coinvolgimento dei nostri istituti bancari nei fenomeni speculativi, nella gestione dei derivati e di tutti gli strumenti finanziari oggi sotto accusa per la loro rischiosità e spregiudicatezza. Quello che era apparso - e in effetti è, in periodi normali - un segnale di debolezza del sistema bancario italiano, ovvero l'esclusione dal circuito della grande finanza internazionale, con poche eccezioni, è diventato, in un periodo di difficoltà, una forma di riparo contro le più esasperate speculazioni finanziarie.

In Italia, a differenza che in altri Paesi, come ad esempio in Spagna, a fronte del pesante stock di debito pubblico, esiste un buon livello di patrimonializzazione delle famiglie, alimentata dalla elevata propensione al risparmio e consolidata dalla circostanza che vede le famiglie italiane in larga parte proprietarie della propria abitazione. Ciò fornisce elementi di equilibrio anche al comparto immobiliare, che in altri Paesi ha subito crolli pesanti, come non è avvenuto in Italia.

In conclusione, signora Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che le misure contenute nel decreto-legge n. 185, con le integrazioni che la Camera di deputati ha saputo e potuto introdurre, siano adeguate a sostenere il potere d'acquisto delle famiglie italiane e a dare supporto alle fasce deboli a rischio povertà, a stimolare l'attività produttiva, a contenere i rischi di disoccupazione, in una parola a sostenere lo sforzo dell'intero Paese in questo pur difficile frangente, costruendo le condizioni per una prossima ripresa, in attesa che l'economa internazionale possa riconquistare il segno positivo. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Nerozzi. Ne ha facoltà.

NEROZZI (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, è una manovra sbagliata, in ritardo, incerta. Basterebbe questo per definire la manovra che stiamo discutendo. È sbagliata perché, a fronte della crisi finanziaria ed economica che il nostro Paese ed il mondo intero stanno attraversando, di ben altro si avrebbe bisogno.

Mentre il Presidente degli Stati Uniti d'America, appena insediato, mette in campo una manovra anticiclica di oltre 800 miliardi di dollari, e su questa linea si muovono i principali leader europei, da Sarkozy alla Merkel, da noi l'Esecutivo sembra l'ultimo paladino del contenimento della spesa ed evita di dare risposte convincenti a livello della crisi. Anzi, le iniziative assunte vanno nella direzione opposta: come l'abolizione dell'ICI per i redditi più alti, le regalie per la vicenda Alitalia, i tagli indiscriminati a carattere lineare e l'abbandono della lotta all'evasione e all'elusione fiscale, che registrano anzi, stando ai dati ultimamente diffusi, un considerevole incremento. D'altronde, i dati sulla crisi, purtroppo, ogni giorno che passa, diventano sempre più allarmanti.

L'ultimo bollettino economico della Banca d'Italia, confermando di fatto le analisi diffuse da Confindustria, dal Consiglio europeo e dalle organizzazioni sindacali, evidenzia che nel terzo trimestre 2008 il PIL è diminuito del 2 per cento, in conseguenza della stagnazione dei consumi, del calo delle esportazioni e delle importazioni, dei mancati investimenti delle aziende. I dati più recenti sulla disoccupazione ci riportano indietro di più di vent'anni. Recentemente la Confindustria ha elaborato degli studi che configurano gli anni 2008 e 2009 come due anni di recessione, ipotizzando una perdita di 600.000 posti di lavoro, con un tasso di disoccupazione che salirà all'8,4 per cento.

Siamo in presenza di un incremento vertiginoso delle richieste per cassa integrazione sia ordinaria quanto straordinaria e con l'espulsione dal mondo del lavoro di centinaia di migliaia di precari, le prime vittime di questa crisi che affrontano questa tragedia in totale assenza di qualunque tipo di rete sociale.

Sembra francamente paradossale ricordare che solamente fino a pochi mesi fa l'Esecutivo era impegnato a reperire risorse per la detassazione degli straordinari. Sarebbe bene che ammetteste di aver sbagliato ogni tipo di previsione. Fate marcia indietro, cambiate strada, mettete in campo misure reali per dare risposte convincenti alla famiglie, ai lavoratori, ai pensionati e a partire dai lavoratori precari. L'una tantum del 10 per cento sul reddito dell'anno precedente per i precari è una misura tanto inadeguata se commisurata al reddito di questi lavoratori, in media 8.000 euro annui. Il bonus quindi destinerà in media a questi lavoratori 800 euro per sopravvivere alla crisi. In particolare, per questi ultimi, l'intervento obbligatorio degli enti bilaterali, così come previsto dal testo, rischia di restringere la platea dei beneficiari.

Ancora misure del tutto inadeguate, come la tanto reclamizzata social card che doveva interessare 1.300.000 anziani, e che tra imbarazzi e umiliazioni ad oggi è stata utilizzata da soli 420.000 cittadini italiani a fronte delle 580.000 richieste. Una misura spot del Governo che ha operato in maniera sistematica per restringere al minimo la platea dei beneficiari, introducendo per molti un vero e proprio percorso ad ostacoli. Sulla beffa della carta acquisti come Gruppo abbiamo depositato una interpellanza e speriamo che il Governo voglia rispondere in tempi brevi.

Come dicevo all'inizio, una misura inadeguata. Il nostro Gruppo già nel dibattito alla Camera, e ancora nelle Commissioni competenti, ha chiesto misure straordinarie all'altezza della straordinarietà della situazione. Una manovra dì un punto di PIL: 16 miliardi di euro per cercare di invertire la rotta, per un piano straordinario e universalistico per gli ammortizzatori sociali, per il sostegno al reddito dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.

Una misura in ritardo. Solo nei prossimi giorni si aprirà a Palazzo Chigi un tavolo di confronto sul settore dell'auto. Siamo già in ritardo, negli Stati Uniti e nei maggiori Paesi europei hanno già adottato o stanno in via di definizione pacchetti di misure consistenti per sostenere questo settore, settore che è la principale vittima della crisi internazionale e che è già sostanzialmente fermo da almeno un mese. Settore strategico per l'industria del nostro Paese che coinvolge, oltre ai propri addetti, centinaia di migliaia di lavoratori dell'indotto. E siamo ancora in attesa dell'apertura del tavolo di confronto, cosa aspettate? Cosa altro deve succedere?

Il Mezzogiorno è sostanzialmente abbandonato a se stesso e vede decurtati gli stanziamenti per gli investimernti, così come gli enti locali che rischiano di essere soffocati da patti di stabilità interni che impediscono di programmare investimenti diretti e capaci di promuovere misure emergenziali di carattere sociale e per spese in conto capitale.

Una manovra incerta: dagli inviti all'ottimismo del Premier alla cupezza del Ministro dell'economia e delle finanze, non vi è traccia di un'idea di come il nostro Paese possa uscire da questa situazione. Non c'è traccia di un'idea di politica industriale, e non me ne voglia il ministro Sacconi, ma io sono tra quelli che pensa che in questo momento ce ne sia un gran bisogno, anche a rischio di essere etichettato come esponente di una sinistra vecchia e radicale. Non c'è un'idea unificante del Paese. Non si cerca il confronto con le forze d'opposizione, ma anzi, si lavora per dividere, a partire dalla frattura tra le parti sociali.

Di ben altro si avrebbe bisogno: dovremmo ripartire dallo spirito del 1993. Il nostro Paese ha fortunatamente in sé una grande forza, quella che ci portò a superare la crisi finanziaria ed a portare il Paese nell'euro. L'ex presidente Ciampi, in una recente intervista, ha avuto modo di ripercorrere le vicende relative all'accordo del 1993, quando ha ricordato, che anche se in una fase diversa, un'intesa senza il maggiore sindacato, la CGIL, sarebbe stata semplicemente impensabile: «Ai miei tempi io» - questo ha avuto modo di dire l'ex Presidente - «senza una componente della trattativa non sarei andato avanti».

Lo spirito doveva essere quello di una concertazione tra tutte le parti sociali, non tra alcune sì ed altre no, a meno che non si voglia una rivincita sulla CGIL, una rivincita sul 2002, una rivincita sulla lotta per l'articolo 18. Ma di questo il Paese non ne ha bisogno. Temo che, a causa vostra, il Paese pagherà per questa crisi. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Garavaglia Massimo. Ne ha facoltà.

GARAVAGLIA Massimo (LNP). Signora Presidente, interveniamo in discussione generale su questo decreto anticrisi pur sapendo che ci sarà poco da modificare in questa sede; sappiamo però che nel corso dell'anno ci saranno altre occasioni importanti di intervento di politica economica. La situazione è abbastanza chiara sotto questo aspetto. La crisi evolve e, come si evolve la crisi, si evolvono le risposte dei differenti Governi. In estrema sintesi, che cosa andremo a sottolineare? Da un lato, quanto già va bene in questo decreto, dall'altro, quanto avremmo voluto inserire in più e di nuovo e, infine, una considerazione di carattere generale sulla situazione economica e sugli sviluppi che dovrà avere l'intervento di politica economica, che ci auguriamo ci coinvolga tutti in un confronto sereno e costruttivo.

Di buono c'è parecchio in questo decreto. Partiamo dai pacchetti relativi alle imprese. Vi è anzitutto la revisione congiunturale degli studi di settore, aspetto fondamentale voluto dalla Lega Nord, che però vogliamo si sostanzi in tempi rapidi in risposte concrete agli imprenditori che stanno aspettando per capire cosa accadrà davvero agli studi di settori. Poi c'è il fondamentale emendamento - voluto dalla Lega alla Camera - salva Malpensa sulla liberalizzazione delle rotte, che conosciamo benissimo. Vi è quindi la questione dei rimborsi (finalmente un po' di rimborsi IVA, in particolare per le auto aziendali); c'è l'IVA per cassa per le aziende più piccole, la detassazione dei contratti di produttività, innovazione, efficienza organizzativa; la deduzione fino al 10 per cento di una quota dell'IRAP dall'IRES; il potenziamento finanziario dei confidi per 450.000.000 di euro. In merito a quest'ultimo aspetto, vorremmo che tale cifra fosse intesa non come un tetto del 30 per cento, ma come termine di partenza: almeno il 30 per cento. Invito il sottosegretario Casera a prendere nota di questa interpretazione autentica da dare all'articolo 30, in modo che sia chiaro che questo non è un termine «fino a», ma il termine di partenza per l'intervento sui confidi.

Vi è inoltre l'eliminazione della commissione di massimo scoperto ed il pacchetto relativo alle famiglie in difficoltà, con il bonus in loro favore, e, visto che l'intervento sui mutui, di fatto, non si esplicherà in questo anno perché i tassi sono scesi, vi sono 350 milioni di euro da destinare agli assegni familiari.

Ecco, questo è quanto c'è di buono. Cosa avremmo chiesto di più in questo decreto? Di intervenire primariamente sul Patto di stabilità degli enti locali, con una richiesta molto semplice: consentire gli investimenti ai Comuni virtuosi. E al riguardo avevamo previsto anche tre paletti per identificare tali Comuni: quelli che negli ultimi tre anni hanno rispettato il Patto di stabilità; quelli che non hanno l'addizionale IRPEF a livello massimo (altrimenti sono capaci tutti, perché basta aumentare le tasse) e, infine, quelli che hanno una media di personale inferiore alla media nazionale per fascia dimensionale. Se, invece, c'è un eccesso di spesa corrente alla voce personale vuol dire che l'ente locale può recuperare risorse lì dove c'è grasso che cola.

Questo è un intervento; avremmo chiesto poi tutto un insieme di misure a favore delle imprese. In queste Aule abbiamo sentito per anni che lo studio di settore è una semplice statistica e non è una minimum tax; allora, è bene che sia una presunzione semplice, altrimenti è una presa in giro. Inoltre, avremmo chiesto di rimettere gli ammortamenti anticipati e la deducibilità degli interessi passivi perché noi ci ricordiamo il male che ha fatto ai bilanci delle piccole e medie imprese quell'intervento a gamba tesa di Visco e Padoa-Schioppa. Questi sono due interventi molto importanti che danno davvero fiato alle imprese e, in particolare, a quelle che investono e si danno da fare.

Dei confidi e del fatto che il 30 per cento sia solo la base di partenza abbiamo già detto. Vi erano poi altri piccoli interventi, anche in campo di efficienza energetica; mi riferisco alla famosa detrazione del 55 per cento. In quel caso, purtroppo, abbiamo perso tutti un'occasione. Si sapeva che non funzionava più un intervento senza un tetto. Ebbene, anziché mettere un tetto e limitare, si poteva agire molto meglio sulla base dei criteri tecnici, dando, dunque, dei criteri più restrittivi su taluni interventi. Pensiamo, ad esempio, al rifacimento di un tetto che costa un sacco di soldi e che, quindi, da solo esaurisce buona parte di quel fondo. Bisognava, dunque, andare a finalizzare gli interventi di efficienza energetica, anche considerando il rapporto tra costo e beneficio; quindi, per fare un esmpio, incentivare soprattutto il cambio delle caldaie con quelle ad alta efficienza.

Ecco, queste sono alcune richieste concrete che avremmo voluto veder inserite in questo decreto anticrisi.

Passiamo - e mi accingo a concludere - a considerazioni di carattere più generale: dove si inserisce questo decreto cosiddetto anticrisi? Innanzitutto é stato giustamente rilevato dal relatore che fortunatamente nel nostro Paese il vero intervento anticrisi lo abbiamo fatto per tempo con il decreto-legge n. 112 del 2008. Il fatto di aver anticipato a prima di luglio una manovra che ha messo a posto i saldi di bilancio per tre anni fa sì che oggi non abbiamo un rating declassato. Questo dobbiamo ricordarlo, altrimenti continuiamo a parlarci addosso dimenticando quello che di più importante abbiamo fatto: anticipare i saldi finanziari a luglio e, quindi, stabilizzare l'economia del Paese per i tre anni futuri. Questo è quello che consente ed ha consentito al nostro Paese di affrontare serenamente questa crisi che è montata nel tempo. Va quindi benissimo la massima prudenza finora tenuta che ha impedito il declassamento del nostro debito.

Ricordiamo che il nostro Paese, purtroppo, secondo certi economisti anglosassoni con la puzza sotto il naso, rientra tra i pigs che in inglese vuol dire maiali, ma che è anche l'acronimo di Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. Ebbene, gli altri Paesi pigs hanno avuto il declassamento del rating con pesantissimi effetti sul costo del servizio del debito. Fortunatamente, grazie alla prudente azione in politica economica mantenuta finora, noi non abbiamo avuto questo effetto. Purtroppo, pur a parità di rating, abbiamo uno spread che, come diceva giustamente il professor Baldassarri in precedenza, si mantiene eccessivamente elevato. Su ciò dobbiamo ancora agire per dare un segnale di chiarezza ai mercati.

Se vogliamo dirla tutta, però, c'è anche una piccola rivincita del modello nostrano (padano in particolare, ma non solo) di piccole e medie imprese, di banche popolari e cooperative che qualche mese fa qualcuno voleva far fuori per farle entrare nel sistema della grande finanza e delle grandi compagnie come Unicredit, di cui conosciamo i disastri. Questo sistema, che è molto legato al territorio, tiene e sta tenendo. Il fatto che abbiamo un rapporto deficit-PIL solo del 3,8 per cento, nonostante una diminuzione prevista del PIL del 2 per cento, ci fa ben sperare per il futuro, però dobbiamo dare fiato al sistema delle piccole e medie imprese. Non dobbiamo pensare che esse siano sempre e solo la vacca da mungere.

Ecco, quindi una piccola rivincita del nostro modello, legato al sistema di piccole e medie imprese, al sistema di credito popolare cooperativo che sta dietro, al fatto che fortunatamente i nostri vecchi ci hanno insegnato anche a mettere da parte un po' di quattrini. Abbiamo dunque una propensione al risparmio tipicamente più elevata, che però, purtroppo in dieci anni si è ridotta di dieci punti. Quindi, qui dobbiamo intervenire, perché a furia di incentivare sempre un certo particolare mondo di grandi banche con un eccessivo accesso al credito al consumo, abbiamo messo sul lastrico parecchie famiglie. A volte, come si dice dalle mie parti, è meglio diventare rossi prima, che bianchi dopo. Se le banche, a suo tempo, avessero fatto un buon lavoro, affidando solamente chi ne aveva la possibilità (invece purtroppo si è lasciato un po' troppo correre), sarebbe stato meglio.

Signora Presidente, concludo il mio intervento accennando a ciò che dovremo ancora fare in futuro, anche se domani avremo modo di esplicitarlo meglio. Abbiamo un'enorme opportunità; paradossalmente il fatto di avere una spesa pubblica così grande e fuori controllo ci dà un'enorme possibilità. Infatti, 780 miliardi di spesa pubblica sono una follia: è più del 50 per cento del PIL e del fatturato Italia. Solo il 5 per cento di taglio di una così enorme spesa pubblica fuori controllo ci dà 40 miliardi di euro all'anno, ossia quattro volte una finanziaria. Quindi, diamoci da fare tutti per trovare dove tagliare. Noi l'abbiamo indicato anche con il federalismo fiscale, mettendo regole certe per tutti e responsabilizzando gli amministratori locali. (Applausi del senatore Saia).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Barbolini. Ne ha facoltà.

BARBOLINI (PD). Signora Presidente, come hanno rilevato molti colleghi, stiamo discutendo di un provvedimento che si colloca in un quadro congiunturale significativamente peggiorato rispetto al momento in cui il Governo lo adottò il 29 novembre scorso. Già questo ci indica la sostanziale irrilevanza delle misure previste dal decreto-legge in discussione e richiede di porsi nell'ottica di ripensare complessivamente la strategia degli interventi necessari a fronteggiare la pesante tendenza recessiva in atto.

Nonostante le sollecitazioni e le proposte che abbiamo inutilmente avanzato da luglio, il Governo non ha sin qui messo in atto alcuna misura per una politica fiscale espansiva. Addirittura il cosiddetto decreto anticrisi di cui ci occupiamo attua una contrazione fiscale. Emblematiche sono, al riguardo, la rinuncia al meccanismo automatico per le norme sulle detrazioni a favore del risparmio energetico o per il sostegno alla ricerca, insieme con la limitata implementazione dei fondi ai consorzi fidi per le piccole e medie imprese. Allo stesso tempo, non si può però affermare che in Italia vi sia stata una politica fiscale davvero rigorosa. Sono state introdotte una serie di nuove imposte, come la cosiddetta Robin tax, che hanno un gettito molto aleatorio.

Dopo la discutibile e poco rilevante operazione della social card, sono stati varati, con tale decreto-legge, un'infinità di microprovvedimenti (dal bonus famiglia all'intervento sui mutui, dalla detassazione dei premi di produttività alla deduzione dall'IRES di una quota IRAP e alla detassazione dei microprogetti di arredo urbano) di scarsa o modesta efficacia pratica, anziché concentrare gli interventi su alcune misure davvero prioritarie, nel senso ad esempio indicato dalle nostre proposte per una manovra aggiuntiva.

Per altro verso, i meccanismi principali della spesa non sono stati riformati e dunque sarà molto difficile monitorare l'andamento della spesa e tenerla sotto controllo. A tal proposito, anche se non è presente il senatore Baldassarri, vorrei far presente che si ripropone il rischio di vecchi vizi, ossia quelli che abbiamo già conosciuto e visto praticati tra il 2001 e il 2006 nel controllo e nel contenimento della spesa.

Galleggiare così nei marosi della crisi, senza decidere come impegnare le poche risorse disponibili, non serve a migliorare i conti pubblici e neanche a migliorare l'economia durante e, soprattutto, dopo la crisi. Dopo l'anticipo nella definizione dei cardini della manovra di politica economica dell'estate scorsa, il Governo si è ingessato; pur a fronte degli sconvolgimenti intervenuti, persiste in una colpevole inerzia. Nel frattempo, Germania, Regno Unito, Spagna e Francia hanno già adottato vari e consistenti pacchetti di misure, comprensive di rilevanti azioni di stimolo fiscale: siamo così l'unico grande Paese europeo a rimanere fermo di fronte a una grande recessione. È un atteggiamento che rischia di lasciarci più esposti e indeboliti, e per un tempo molto lungo, anche quando la tempesta si sarà calmata.

In questo dibattito noi ribadiamo con forza che non c'è davvero più tempo da perdere: per aiutare imprese, lavoratori e famiglie in difficoltà, ma anche per rassicurare i mercati occorrono trasparenza e chiare scelte di politica economica contro la recessione. Rimanere in mezzo al guado, attestati sulla sponda di un rigorismo tignoso, come quello del Ministro dell'economia, in un singolare isolamento rispetto alle scelte di tutti gli altri Paesi europei, pur consapevoli dei margini ristretti entro i quali possiamo operare, è la peggiore soluzione possibile perché i conti si deteriorano senza migliorare le prospettive dell'economia.

I dati sono lì a confermarlo: nel 2009 le previsioni europee stimano per l'Italia un PIL a meno 2 per cento, con una crescita del rapporto debito-PIL oltre il 109 per cento, e un rapporto indebitamento netto - PIL al 3,8 per cento. Va sottolineato che in queste stime si prescinde da ulteriori effetti peggiorativi dipendenti dall'indebolimento delle misure antievasione, già adottate con il decreto di luglio e a seguito dell'applicazione delle disposizioni previste anche in questo decreto anticrisi.

Del resto, ed eravamo stati facili profeti, la lotta all'evasione fiscale, che pure a parole è un obiettivo dichiarato dal Governo, sta andando chiaramente male. Nel complesso, e dovendo scontare il fatto che il Governo non ha presentato al Parlamento il report sulla lotta alla evasione ed elusione previsto dalla finanziaria 2007 a cui da settembre scorso era tenuto, a causa del peggioramento della tax compliance e dell'aumento dell'evasione fiscale, si può stimare che nel 2008 siano stati persi circa 6-8 miliardi di euro di entrate rispetto a quelle prima recuperate al fisco. La cosa non deve stupire: si raccoglie quanto seminato. È dal primo decreto di finanza pubblica di maggio a questo di cui discutiamo che denunciamo, inascoltati e mal sopportati, nella generale disattenzione degli organi di informazione, che in soli sei mesi sono state smantellate le principali misure antievasione approvate precedentemente dal Parlamento e che si è ridotto drasticamente il sistema sanzionatorio.

Questo è avvenuto già con l'introduzione dell'adesione alle verifiche fiscali con sconto delle sanzioni, disposte dal decreto n. 112: la misura estremamente bassa della sanzione è un premio, e incentiva di fatto i comportamenti scorretti, oltre a risultare paradossalmente più conveniente di quella dovuta dal contribuente che, mediante ravvedimento operoso, cioè spontaneamente e senza intervento dell'amministrazione finanziaria, corregga la propria dichiarazione fiscale.

In questo decreto sono stati introdotti ulteriori interventi, che in parte correggono quella distorsione per fortuna, ma soprattutto configurano nuove opportunità a favore dei contribuenti scorretti.

Anche queste norme sono un'evidente conferma del lassismo fiscale che caratterizza l'azione del Governo. L'obiettivo potrebbe sembrare quello di accelerare la riscossione delle imposte accertate. In realtà, anche a voler ammettere che queste norme possano determinare qualche incremento di gettito nelle riscossioni da accertamento (il che è tutto da dimostrare), è certo che esse determineranno maggiore evasione in termini di adempimento spontaneo, sul quale si regge, come è noto, la gran parte del gettito tributario. D'altra parte, è dimostrato che, ferma restando la numerosità dei controlli che l'amministrazione è in grado di effettuare, l'evasione tende ad essere più elevata quanto più basse sono le sanzioni. Dunque è un modo veramente strano di condurre la lotta all'evasione. Così si rinuncia ad incidere sull'unico terreno che potrebbe recuperare risorse ingenti, introdurre fattori di trasparenza, innovazione e competitività nell'economia, tenere insieme e far interagire modernità e civismo.

In realtà, si fa tutto il contrario di ciò che sarebbe davvero necessario, perché il rapporto fisco-contribuente in Italia soffre di insostenibile sperequazione: enorme evasione fiscale, peso eccessivo delle imposte, pessima e iniqua distribuzione del carico fiscale. È su questo che bisognerebbe agire, non con ammiccamenti e compiacenze ma con scelte rigorose, norme trasparenti, meccanismi premianti la lealtà fiscale.

Valga per tutti l'esempio delle disposizioni sugli studi di settore contenute nel provvedimento. Si prevede che, per tenere conto della crisi economica, con riguardo a particolari settori dell'economia, questi possano essere rivisitati con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, anche dopo la data del 31 marzo. Insomma, lo dico al senatore Garavaglia che ne ha parlato, dopo tante promesse e retorica, la montagna ha partorito un topolino: parole, un lenimento quasi fosse la coperta di Linus. Occorre invece prendere atto che la crisi colpisce tutti i settori dell'economia e che per l'anno 2008 i rischi di una eventuale non congruità per i contribuenti con partita IVA sono elevati.

Dunque, almeno sugli studi di settore per l'anno 2008, dovrebbe essere invertito l'onere della prova, come prevede peraltro la mozione approvata dal Senato nel luglio 2007, e come aveva disposto l'Agenzia delle entrate, con propria circolare rispettosa degli indirizzi del Parlamento. Ma l'ineffabile ministro Tremonti ha detto di no, perché un conto sono le parole di propaganda, ben altra cosa è quando si prendono le decisioni vere.

Anche in questo caso, un'ulteriore significativa dimostrazione della distanza abissale tra enunciazioni e comportamenti, in cui si distingue questo Governo, e la conferma che bisogna la più presto cambiare stile, comportamenti e, soprattutto, le scelte. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Andria. Ne ha facoltà.

ANDRIA (PD). Signora Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, rassegnerò agli atti copia integrale di questo mio intervento, del quale provo a fare una sintesi.

 

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.

 

ANDRIA (PD). Un decreto-legge che si proponga di affrontare con determinazione i riflessi sull'Italia della crisi economica internazionale e che individui azioni volte a sostenere il rilancio produttivo non può prescindere da uno sguardo attento al settore primario, che rappresenta una delle vocazioni più radicate nel Paese. Da un complesso di provvedimenti che dovrebbe incentivare il lavoro, l'occupazione, l'impresa e - dico testualmente - «ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale», sarebbe legittimo, oltre che verosimile, attendersi anche misure finalizzate al sostegno ed al rilancio dell'agricoltura; invece non è così.

Con i colleghi del Gruppo del Partito Democratico, impegnati nella 9a Commissione di questa Camera, a nome di quali intervengo, abbiamo rilevato l'assenza letterale della parola "agricoltura" dal testo del decreto oggi in esame. Eppure il Gruppo del Partito Democratico, anche attraverso il Governo ombra, all'interno del quale sono incaricato di seguire questi temi, aveva segnalato da subito, e cioè sin dall'inizio della legislatura, la sofferenza del comparto, mentre ai suoi danni, con altrettanta tempestività, il Governo operava vistosi tagli.

Presidenza della vice presidente BONINO (ore 18,10)

 

(Segue ANDRIA). Successivamente, quando è esplosa la crisi economica, abbiamo ribadito la necessità di interventi a favore dell'agricoltura mediante i provvedimenti che via via si susseguivano.

Sostanzialmente abbiamo sempre registrato una sorta di refrattarietà da parte del Governo, quasi a voler negare l'evidenza della criticità che interessava ed interessa il settore. L'unica eccezione in questo primo scorcio di legislatura si è verificata in occasione della conversione in legge del decreto-legge sulla competitività nel settore agroalimentare: non ripeterò quanto già detto in altre circostanze. Mi limito semplicemente a ricordare che in prima lettura, al Senato, il Gruppo del Partito Democratico presentò significativi emendamenti che la Commissione agricoltura licenziò all'unanimità, salvo poi la bocciatura in Aula da parte della maggioranza. Una parte considerevole di quegli emendamenti fu poi ripresentata alla Camera dai deputati e finalmente incontrò l'assenso del Governo; tornando poi al Senato, il decreto ricevette il definitivo via libera. Solo così potemmo marcare alcuni risultati a vantaggio dell'agroalimentare e della pesca.

Non è dato rilevare in che modo il Governo intenda assumere su di sé la responsabilità di rivitalizzare e rilanciare questi comparti. Non è dato ricordare, ad oggi, interventi più razionali ed organici, più definiti e decisi, che diano il senso di una vera politica italiana per l'agricoltura e di un'effettiva volontà di rilancio competitivo del settore, valorizzando le tante eccellenze del made in Italy e favorendo una più adeguata attività di promozione.

Anzi, c'è di più: quando, come purtroppo molto raramente accade, si riesce ad ottenere una qualche modesta attenzione - come quella che ho appena citato a proposito del decreto sulla competitività nel settore agroalimentare - capita che, alla prima occasione successiva, il risultato conseguito venga ridimensionato, quasi sempre a causa della riduzione dell'originario affidamento finanziario.

Qui siamo davvero all'inverosimile: la Gazzetta Ufficiale, il 30 dicembre 2008, ha pubblicato la legge di conversione del decreto sulla competitività nel settore agroalimentare, cioè quanto i due rami del Parlamento avevano approvato poche settimane prima. Il 31 dicembre (cioè il giorno dopo!), con il decreto milleproroghe, il Ministro dell'economia vi ha apportato modifiche che colpiscono, naturalmente, l'agricoltura e la pesca.

Mi riferisco alla copertura finanziaria - già per la verità non molto significativa rispetto al reale fabbisogno - del credito d'imposta per l'internazionalizzazione delle imprese agricole, alla questione relativa al canone ricognitorio per le cooperative ittiche ed ancora all'interpretazione autentica del contenzioso INPS, negando, così, i benefici alle piccole cooperative agricole.

Sono perciò fondate e forti la delusione e la preoccupazione degli imprenditori del settore, molti dei quali vedono a rischio la tenuta delle proprie aziende e il mantenimento dei livelli occupazionali.

Il dato di fronte al quale ci troviamo non è certo incoraggiante: nel terzo trimestre del 2008 si è verificato, rispetto al precedente, un calo del 3 per cento del valore aggiunto in agricoltura, anche se il dato tendenziale (più 4,5 per cento) resta positivo. L'indagine appena completata a cura dell'ISMEA (Istituto di ricerca sui mercati agricoli), su un panel di circa 1.200 operatori dell'industria di trasformazione alimentare, ha evidenziato un diffuso pessimismo.

Il decreto anticrisi interviene su una sola questione che ha afferenza con le competenze del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e dunque delle Commissioni corrispondenti del Senato e della Camera dei deputati: le disposizioni relative alla determinazione del prelievo erariale unico (cosiddetto PREU), sulle somme giocate con apparecchi per il gioco lecito collegati alla rete telematica dei Monopoli di Stato e al finanziamento dell'UNIRE (Unione nazionale per l'incremento delle razze equine) e del CONI (Comitato olimpico nazionale italiano).

Per gli anni 2009 e 2010 la quota da assegnare al CONI è fissata in 470 milioni, mentre quella per l'UNIRE è determinata in 150 milioni. Una quota delle maggiori entrate determinate dall'aumento del PREU verrà destinata in parte all'UNIRE, allo scopo di incrementare il montepremi e le provvidenze per l'allevamento dei cavalli, e in parte al CONI e allo stesso UNIRE in funzione del loro risanamento finanziario e del riassetto dei relativi settori. Vengono escluse le ordinarie esigenze di funzionamento della medesima UNIRE.

Concludendo, naturalmente il Gruppo del PD riproporrà gli emendamenti relativi al Piano irriguo nazionale, all'estensione del credito di imposta nel settore agroalimentare, al Fondo di solidarietà nazionale, alle incentivazioni per l'imprenditorialità femminile e giovanile, al fondo per il made in Italy.

II Gruppo del PD, inoltre, esprime preoccupazione per la superficialità con cui il Governo tratta un tema così centrale nell'economia nazionale come l'agricoltura e francamente - spiace dirlo - rileva quanto sia marginale il ruolo del Ministero competente, che non riesce ad affermare il proprio peso all'interno dell'Esecutivo, a reclamare il rispetto dei diritti del settore primario e ad ottenere riconoscimenti dignitosi anche sotto il profilo dello stanziamento di adeguate risorse. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Granaiola. Ne ha facoltà.

GRANAIOLA (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi, fin dai primi atti di questo Governo ci siamo dovuti abituare a provvedimenti onnicomprensivi che trattano di tutto, dove le singole questioni sono prese e riprese più volte, in testi diversi ed in occasioni diverse. Tutta la manovra finanziaria è stata realizzata così, e così si presenta anche questo decreto-legge. Non sottolineo quest'aspetto per un astratto bisogno di metodologie normative catalogatorie, ma per sottolineare un metodo di lavoro confuso, tutt'altro che trasparente e spesso poco chiaro.

Allora è inutile decantare il fatto che si siano eliminate, per semplificare, 3.000 leggi e poi tutto in realtà, giorno dopo giorno, provvedimento dopo provvedimento, risulti più arzigogolato e confuso di prima. Soprattutto è difficile scorgere con chiarezza quali sono le priorità e se esiste una linea unificante di iniziative a contrasto della crisi, intorno alle quali potersi confrontare utilmente e quindi mobilitare tutte le risorse di questo Paese.

Invece, l'Italia è stata lasciata sola di fronte ad una crisi tra le più gravi che si siano affrontate nella storia moderna. I pensionati, i giovani, i lavoratori, gli imprenditori, i professionisti, le famiglie dovranno contare solo sulle proprie forze con il rischio di rimanere chiusi nei propri interessi e nei bisogni più prossimi. Gli eventi degli ultimi mesi, i dibattiti, le scelte che altri Paesi stanno facendo in questi giorni ci dicono che senza un impegno corale e condiviso sarà impossibile uscire da questa crisi più forti, più civili e più competitivi.

Nell'articolo 2-ter, dove si tratta dell'utilizzo del risparmio degli enti locali, si scorge un approccio metodologico interessante sulla questione del vincolo di stabilità che, se approfondito adeguatamente, avrebbe permesso forse di individuare e sperimentare, nello specifico della crisi, percorsi virtuosi d'intervento collocabili oltre l'astratta, rigida difesa della tutela del Patto di stabilità e senza sollecitare eccessi opposti. Ma la strada scelta dal Governo non è stata questa e il decreto in esame, per il suo carattere di sostanziale neutralità rispetto ai saldi di finanza pubblica per il prossimo triennio, si muove in direzione opposta agli interventi che si stanno realizzando negli altri Paesi europei.

Ci avviamo dunque a discutere di un decreto che contiene per la gran parte interventi a costo zero, mentre la crisi dilaga e tocca ormai la maggioranza della società italiana, dai piccoli e medi imprenditori ai lavoratori licenziati o in cassa integrazione, ai precari (che sono i primi a perdere il posto di lavoro), alle famiglie e ai pensionati.

30 decreti-legge e 10 voti di fiducia (che spero non diventino undici domani) non sono stati sufficienti a comporre una vera manovra di bilancio, in grado di spostare risorse reali verso l'economia, il lavoro e le famiglie. La denuncia dell'opposizione riguarda anche il rischio concreto che la manovra economica, permanentemente in corso da otto mesi, non sia ancora finita e che ulteriori provvedimenti dovranno essere emanati per finanziare gli ammortizzatori sociali ed altre emergenze.

La maggioranza ha sostenuto alla Camera che l'opposizione fa del pericoloso pessimismo, ma i dati dicono che la produzione industriale a novembre è calata del 12,7 per cento; le piccole e medie imprese faticano ad avere linee di credito; migliaia di esercizi commerciali hanno chiuso; crescono in modo esponenziale le ore di cassa integrazione; i consumi si riducono. Il Governo obietta che la crisi non si può attribuire alla sua responsabilità, ma alla responsabilità del Governo è da attribuire l'assoluta mancanza di un'idea per trascinare il Paese fuori dalla crisi.

Signora Presidente, consegnerò il testo integrale del mio intervento, ma una cosa mi consenta di dirla ancora. In questo decreto non si parla di turismo. Per questo settore, che è uno dei pochi che hanno la possibilità di tenere, non c'è assolutamente nulla se si esclude la riedizione di una norma introdotta dal centrosinistra, che proroga a tutto il 2009 i trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità ai dipendenti delle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici. Da qui si evince la mancanza di cura e di attenzione verso le imprese, verso gli imprenditori turistici e le loro famiglie, verso i loro dipendenti.

Oggi ci mancano quei 7 miliardi di euro tra l'operazione di abolizione dell'ICI e la vicenda Alitalia che si sarebbero potuti utilizzare in questo provvedimento. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Senatrice Granaiola, la Presidenza l'autorizza a consegnare il testo integrale del suo intervento, che sarà allegato al Resoconto della seduta odierna.

È iscritto a parlare il senatore Paravia. Ne ha facoltà.

*PARAVIA (PdL). Signora Presidente, mi permetta una considerazione un po' fuori dalle righe.

Domani assisteremo probabilmente alla richiesta del Governo di porre il voto di fiducia. Anzi, forse è già arrivata.

 

PRESIDENTE. Non ancora, senatore Paravia.

 

PARAVIA (PdL). Non ancora, ma forse arriverà fra stasera e domani mattina. E domani ascolteremo quindi le solite grida sulla mortificazione del Parlamento e su questa presunta arroganza del Governo. Mi permetto di rivolgerle un invito: domani cerchi di intervenire anche lei su questo argomento, rammentando a noi tutti parlamentari di essere per primi più ossequiosi del Parlamento, perché in tutte le discussioni generali sui provvedimenti vedono presente meno di una trentina di parlamentari. Questo è segno di poca dignità per il Parlamento italiano, soprattutto per alcuni parlamentari - e mi riferisco, ad esempio, al Vice presidente del Gruppo del PD, senatore Zanda, che spesso fa interventi molto interessanti, ma, a mio avviso, troppo pregni di ipocrisia ed enfasi - diversamente potrebbero guadagnare sul campo maggiore rispetto da parte del Governo.

È venuta quindi l'ora di mettere mano anche ai Regolamenti parlamentari, altrimenti in futuro - nel corso di questa legislatura, che tutti vogliamo anche costituente - assisteremo a confronti stanchi e disattenti, senza quindi nessuna di quelle caratteristiche che invece, quando c'è il voto di fiducia del Governo, siamo pronti a pretendere comunque.

Venendo all'argomento, signor Sottosegretario, il titolo del provvedimento in esame parla di ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale; è forse leggermente pomposo. Il decreto-legge nasce da una crisi mondiale e certamente non sarà la soluzione di tale crisi. Però il Governo è stato obbligato ad approvare questo provvedimento e il Parlamento è stato obbligato ad integrarlo, per quanto ha potuto, alla Camera dei deputati, e noi al Senato abbiamo ovviamente una funzione meramente notarile dato che dopodomani il decreto, se non fosse approvato, andrebbe a scadere.

Vorrei richiamare la sua attenzione su un qualcosa che non è stato fatto e che poteva essere fatto e mi riferisco al discorso della micro e piccola industria, signor Sottosegretario. Lei sa benissimo che i limiti del capitalismo italiano sono proprio il nanismo delle imprese e la loro modesta patrimonializzazione. Ebbene, c'erano due provvedimenti che potevano essere assunti e che non si sono concretizzati; per uno, in verità, parzialmente si è fatto qualcosa, ma avremo modo di vedere in futuro che è del tutto insufficiente.

Il primo si riferisce alla rivalutazione dei cespiti immobiliari, che è stata prevista all'articolo 15, comma 20, del provvedimento, ma nella misura di una tassazione del 7 per cento che di sicuro non attrarrà l'interesse di alcuna azienda. Pertanto, le anticipo che, ad una interpellanza già presentata, su cui attendo ancora risposta su di un altro argomento che di qui a poco le richiamerò all'attenzione, aggiungerò a fine anno un'interpellanza al Governo, al Ministro dell'economia, per chiedere quanti si sono avvalsi di detta misura, perché credo non se ne avvarrà alcuno. Con questa percentuale del 7 per cento è del tutto impossibile che in un momento di tale crisi, soprattutto di liquidità, le imprese possano usufruire di questa attenzione del Governo.

L'altra misura che non è stata proprio affrontata è quella che prevede di facilitare gli accorpamenti delle micro e piccole imprese. A suo tempo, per il mondo bancario furono predisposte delle agevolazioni; in questo provvedimento non c'è nulla per favorire la crescita delle piccole imprese italiane. Quando ricordavo il titolo pomposo del disegno di legge che nasce da una crisi mondiale, facevo riferimento al fatto che credo che il Governo dovrà farsi carico di altri provvedimenti nel corso dell'anno e noi avremo modo di discuterli in Parlamento e di integrarli. Quindi, richiamo alla sua attenzione l'importanza di questo aspetto. Il 90 per cento delle imprese italiane è rappresentato da micro e piccole imprese. Abbiamo affrontato un problema Alitalia, oggi si parla di interventi per il mondo automobilistico. Sarebbe il caso di capire che c'è un tessuto produttivo del Paese che non riesce ad avere alcuna attenzione.

Signor Sottosegretario, parlo da imprenditore: abbiamo ascoltato in Commissione industria il presidente della piccola industria, il quale ha fatto riferimento (lo ricordo ai commissari, il collega Sangalli è presente) a questi due interventi, uno disatteso, l'altro solo parzialmente affrontato, ma in modo del tutto insufficiente. Credo che bisognerà tornare su questo, anche perché la crisi di cui tanto si parla e che in Italia subiamo ha delle origini lontane per la piccola impresa, che è stata - diciamo pure - truffata dal precedente Governo attraverso quei commi della legge finanziaria per il 2008, che hanno portato la perenzione amministrativa da sette a tre anni, facendo sparire 27 miliardi di debiti dello Stato.

A questo si aggiunge ciò che accade in qualche regione. Mi riferisco in particolare alla mia, la Campania, perché non so se è noto a tutti i colleghi presenti che quel "figuro" del governatore Bassolino ha avuto il coraggio di inserire nella finanziaria approvata un comma 2 all'articolo 25 dichiarando impignorabili tutti i beni della regione, delle ASL in particolare, in modo tale da non consentire più i pagamenti alle imprese che soffrono e che, dopo lunghe azioni legali che si sono protratte da anni, arrivano al momento di incassare le somme e si ritrovano di fronte la regione Campania che le "truffa". Hanno iniziato Prodi e Padoa-Schioppa, completa il quadro Bassolino.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Roilo. Ne ha facoltà.

ROILO (PD). Signora Presidente, la discussione del disegno di legge n. 1315, di conversione del decreto-legge n. 185, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa, non può non considerare la gravità della crisi economica in atto.

Come è stato ricordato nel corso di questo dibattito, si tratta di una crisi finanziaria internazionale che riguarda sempre più l'economia reale, come testimoniano i dati diffusi dagli uffici studi di Confindustria e Banca d'Italia e come confermano le considerazioni rese note nei giorni scorsi dal Consiglio europeo di Bruxelles, il quale Consiglio prevede per il 2009 per tutti i Paesi dell'Unione europea una recessione profonda e prolungata, con un aumento della disoccupazione di circa tre milioni e mezzo di unità. Per l'Italia si prevede una riduzione del prodotto interno lordo del 2 per cento e un aumento, secondo i dati di Confindustria, della disoccupazione di almeno 600.000 unità. Dovremo quindi affrontare una recessione profonda, che è già in atto e che si riflette con un forte calo degli investimenti, delle esportazioni e dei consumi, calo che ha moltiplicato in questi ultimi mesi il ricorso alla cassa integrazione.

Di fronte a un quadro economico di tale natura e gravità, il Governo in carica, dopo le misure depressive varate nei mesi scorsi con la manovra triennale e confermate nell'ultima legge finanziaria, oggi propone, con il disegno di legge in discussione, interventi una tantum e misure insufficienti e inaccettabili. Misure una tantum, per di più concesse con modalità inadeguate, che non hanno carattere universale, come quelle previste nel Titolo I del decreto-legge, che contiene disposizioni a sostegno delle famiglie. Misure insufficienti, come gli interventi previsti dall'articolo 19 del decreto in materia di tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione. Misure inaccettabili, come quella indicata sempre nell'articolo 19 e relativa all'intervento obbligatorio degli enti bilaterali nella misura del 20 per cento dell'erogazione prevista per i lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali.

In definitiva, siamo in presenza di un provvedimento che sottovaluta la gravità della crisi economica ed industriale, come peraltro hanno sostenuto nei giorni scorsi sia il Presidente del Consiglio che il Ministro dell'economia.

È stato ricordato nel corso del dibattito che, mentre altri Paesi europei, come la Germania, la Francia, la Gran Bretagna, la Spagna, stanziano risorse ingenti per cercare di contenere questa drammatica emergenza, il Governo italiano minimizza e fa delle battute. Noi del Partito Democratico pensiamo invece che per fronteggiare questa drammatica situazione sia indispensabile prevedere una manovra aggiuntiva pari almeno ad un punto di PIL - si è parlato di 16 miliardi - per affrontare soprattutto due emergenze: la necessità di attuare al più presto una riforma organica degli ammortizzatori sociali e un innalzamento delle detrazioni sui redditi da lavoro dipendente, autonomo e da pensione. Se vogliamo davvero perseguire tutto questo, si richiedono un confronto franco e aperto con l'opposizione ed una forte coesione sociale.

Il Governo invece, ancora una volta, ha scelto la strada del voto di fiducia, che probabilmente verrà annunciato - come accennava anche il senatore Paravia poc'anzi - nelle prossime ore e, ancora una volta, la strada degli accordi separati, escludendo il sindacato più rappresentativo, cioè la CGIL.

È del tutto evidente che così facendo - il Governo deve esserne consapevole - si alimenteranno ulteriori tensioni e lacerazioni con conseguenze dannose per il Paese. Anche per questa ragione il nostro voto sarà, dunque, contrario. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Biondelli. Ne ha facoltà.

BIONDELLI (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, signor rappresentante del Governo, esprimo un giudizio fortemente critico sul complesso del provvedimento in esame, palesemente carente nel fronteggiare la grave crisi economica internazionale che ha investito anche il nostro Paese in maniera preoccupante. Le ricette economiche sinora proposte dal Governo non sono state né immediate, né adeguate ad affrontare alcun aspetto strutturale dell'attuale crisi per difendere i salari, i posti di lavoro e per rilanciare i consumi.

L'ammontare degli interventi contenuti nel decreto anticrisi ha un valore di 4,9 miliardi di euro, una cifra modesta anche rispetto agli interventi messi in atto da altri Paesi europei che hanno stanziato ingenti risorse a sostegno dei settori strategici per il loro sviluppo economico ed ambientale, prevedendo una riduzione della pressione fiscale a vantaggio delle imprese, dei lavoratori e delle famiglie. Una cifra modesta anche rispetto ai provvedimenti attuati dalle Regioni in favore delle famiglie e delle imprese per un valore complessivo superiore ai 2,5 miliardi d'euro, a cui si aggiungono i Fondi europei e quelli destinati a confluire negli armonizzatori sociali a declinazione territoriale.

Si deve dare atto che, mentre le Regioni sono intervenute sul terreno più importante su cui si gioca la partita anticrisi, cioè il sostegno alle imprese che da solo assorbe il 60-65 per cento dell'impegno finanziario finora messo a bilancio dalle medesime, lo Stato, pur avendo maggiori risorse, non è intervenuto con mezzi e strumenti consistenti.

Non possiamo non rilevare poi come il Governo abbia ancora una volta sottovalutato la crisi finanziaria e non considerato immediatamente che la stessa avrebbe travolto l'economia con conseguenze e danni gravissimi per la produzione.

In merito al provvedimento in esame desidero evidenziare alcune problematiche.

L'articolo 9 prevede, solo per l'anno 2009 e nei termini ivi normati, tempi di pagamento ridotti da parte della pubblica amministrazione. Ritengo che la certezza e il rispetto dei tempi di pagamento fissati siano irrinunciabili per la sopravvivenza delle aziende che operano con l'amministrazione pubblica e devono sussistere sempre senza alcuna condizione e/o limitazione.

Le risorse destinate poi al bonus straordinario, una tantum, previste dall'articolo 1 per famiglie, lavoratori, pensionati e la non autosufficienza sono largamente insufficienti e non spettano indistintamente a tutte le persone che si trovano in una determinata condizione, ma sono attribuite unicamente rispettando l'ordine cronologico della presentazione delle domande, con la grave conseguenza di escludere una considerevole quantità di persone. I criteri previsti per usufruire dei benefici sono molto restrittivi e i requisiti richiesti si presentano contradditori: le famiglie titolari di redditi per immobili in affitto o titolari di piccoli terreni con redditi di modestissima entità, per esempio, vengono escluse.

Non sarebbe stato meglio attuare, come più volte sollecitato dalle parti sociali e dal Partito Democratico, interventi a sostegno di salari e pensioni, evitando misure inadeguate che ricordano l'assistenzialismo e non incidono sulla qualità della vita delle persone? Al riguardo voglio citare la social card che, con grande dispiacere, ho appreso da parecchi pensionati non conterrebbe neppure un euro; di ciò mi dispiaccio e spero si provveda al più presto.

Negli articoli 18 e 19 sono previsti interventi sugli armonizzatori sociali e i fondi stanziati per finanziare gli strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione risultano essere inadeguati e insufficienti rispetto alla platea di persone alle quali si riferiscono i benefici. Forse sarebbe stato meglio adottare una riforma più organica. Basti pensare che in questi giorni nella mia piccola realtà altre due fabbriche con oltre 200 dipendenti chiuderanno i battenti.

La garanzia e la certezza del reddito di lavoro sono troppo importanti per qualsiasi famiglia. Su questo punto il Governo deve immediatamente recuperare maggiori risorse per fronteggiare questo delicato momento e per evitare che accadano drammi familiari con gravi ripercussioni nella normale vita di una comunità. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Filippi Marco. Ne ha facoltà.

FILIPPI Marco (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, questo provvedimento probabilmente più di altri costituisce la rappresentazione quasi plastica della inconsistenza di questo Governo. Un Governo mediatico, la cui azione è prevalentemente, se non esclusivamente, improntata alla sola efficacia mediatica. Un Governo quindi molto abile ad occupare tutti gli spazi televisivi possibili e a veicolare messaggi spot ad effetto, ma che dietro la propria apparenza dimostra davvero poco o niente.

Non credo che si possano occultare alla lunga gli effetti di questa crisi, pensando di ammorbare o narcotizzare l'opinione pubblica. Ci troviamo oggi probabilmente solo all'inizio di una crisi che, per quanto sia ancora non definibile con certezza nelle dimensioni e nella durata, avvertiamo comunque essere significativa ed intensa. Una crisi che chiama direttamente in causa l'intervento e l'azione pubblica dei Governi nazionali, con uno stock di misure importanti sia qualitativamente che quantitativamente: dalla predisposizione di ammortizzatori sociali - come è stato ricordato - soprattutto a chi non ne dispone ad interventi di sostegno e ricapitalizzazione a significativi comparti della produzione e del credito.

A fronte di questa crisi, i Governi dei principali Paesi europei seguono l'imponente sforzo statunitense, assecondandolo con interventi straordinari quantificabili da tre a cinque punti percentuali del proprio prodotto interno lordo. Il nostro Paese, invece, mobilita a più non posso, Regioni ed enti locali, che, per quello che possono, predispongono interventi e rafforzano gli ormeggi dei propri sistemi di welfare, mentre il Governo, davvero in maniera sorprendente, resta immobile, quasi ne aspettasse la deflagrazione.

Mi è capitato già di dire in 8a Commissione al presidente Grillo, durante l'esame specifico delle misure sul pacchetto anticrisi relative alle infrastrutture e ai trasporti, che probabilmente qualcuno glielo deve dire al manovratore che non vuole essere disturbato che la crisi è reale, che non è una crisi virtuale, che occorre una manovra aggiuntiva, da noi quantificata - come i colleghi hanno ricordato - in almeno un punto percentuale del nostro prodotto interno lordo, cioè 15-16 miliardi di risorse vere e subito.

Voglio evidenziare che il problema da oggi non è probabilmente solo di segno, cioè vi è la necessità non solo di una manovra moderatamente di intonazione espansiva, ma anche, probabilmente da domani, di un coordinamento con le politiche economiche comunitarie. Non credo che possa risultare agevole né a Berlusconi né tanto meno a Tremonti cavarsela in quella sede con un piatto di ottimismo, reclamato da noi, nel nostro Paese, nei confronti dell'opinione pubblica e con risorse effettivamente stanziate pari a zero.

In sostanza, i 4-5 miliardi di euro che vengono quantificati nel decreto al nostro esame, contenente le misure anticrisi, che oggi approda in quest'Aula con una probabile conclusione blindata, in realtà sono per 3 miliardi il rifinanziamento in ben 15 anni della legge obiettivo e per un miliardo e mezzo le risorse assegnate a Ferrovie dello Stato sul fondo investimenti e per la stipula dei contratti regionali che il Governo aveva dimenticato di inserire in finanziaria. Tali risorse sono esattamente in linea con gli stanziamenti storici del settore, pari cioè a quelli che nei precedenti anni aveva stanziato il Governo Prodi.

Per il resto, se si eccettua il rifinanziamento dell'IMA, cioè dell'indennità mancato avviamento per i lavoratori portuali, pari a 12 milioni (è una piccola cifra, che però risolve un problema importante), sono soltanto norme, forse utili, ma solo se a queste seguiranno le risorse.

Guardate - mi rivolgo ai pochi colleghi della maggioranza ancora presenti - che presto o tardi questo atteggiamento, che giudico spavaldo e noncurante dei problemi reali, rischierà di trasformarsi in un boomerang nei cittadini temo davvero in grado di travolgere tutto. Vi potrà sembrare paradossale, ma siamo preoccupati anche dall'opposizione per la tenuta delle istituzioni democratiche.

Noi riteniamo che le crisi costituiscano, invece, anche una inevitabile occasione di trasformazione e che, per quanto dolorose (e questa indubbiamente già lo è), possano rappresentare un'opportunità per rafforzare e consolidare gli asset positivi di un sistema. Sicuramente questa sarà una crisi che non ci vedrà uscire nello stesso modo in cui ci siamo entrati. È una crisi economica che ha prodotto implicazioni finanziarie inedite, ma non dimentichiamo che, in primo luogo, è una crisi etica, fatta di comportamenti, scelte e azioni conseguenti, individuali e collettive, assolutamente intollerabili.

Il capitalismo è ben lungi dalla sua fine, ma la necessità di una sua profonda rivisitazione nelle regole mi sembra davvero ormai questione all'ordine del giorno. L'assenza e la distanza da queste riflessioni dell'attuale Governo lo connota più come un Governo balneare anziché di salute pubblica, di cui vi sarebbe la necessità per i problemi davvero enormi che sono in gioco. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonfrisco. Ne ha facoltà.

BONFRISCO (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, quest'Aula si appresta ad esprimere il proprio voto su un provvedimento definito in maniera sostanziale dall'altro ramo del Parlamento, che al testo originariamente proposto dal Governo ha apportato significativi miglioramenti. Vorrei brevemente citare, ad esempio, il ripristino di quel famoso ecobonus, che dall'opposizione ci viene contestato e che invece abbiamo salvaguardato, oppure l'introduzione di modifiche agli ammortizzatori sociali (che noi consideriamo importantissimi), o le misure in materia di accertamento fiscale.

Il Senato negli ultimi mesi è stato molto impegnato su diversi fronti, alcuni molto importanti, direi importantissimi, come ha ricordato in precedenza il relatore Conti (solo la settimana scorsa è stato licenziato il notevole testo sul federalismo fiscale) e questa densa attività ha costretto questa Camera ad una ridotta seppur approfondita analisi in sede di Commissioni riunite del decreto in esame.

Spero che quest'Aula voglia esprimere il proprio assenso ad un provvedimento importante - non a caso è stato dichiarato collegato alla legge finanziaria approvata nel dicembre scorso - sia nella struttura e nel contenuto che nelle finalità più generali. Un provvedimento che rientra nel quadro più ampio della politica economica che il Governo ha messo in atto dall'inizio del suo mandato e che deve tener conto della peculiare struttura della finanza pubblica italiana. Guai se ci dimenticassimo di questo! Un intervento di oltre 6 miliardi di euro, che si inserisce nel contesto di interventi comunitari volti a fronteggiare la pesante crisi internazionale: il piano di ripresa economica deliberato in sede di Unione europea per 200 miliardi, di cui 170 derivanti dai bilanci nazionali e 30 dalle risorse della Unione europea e della Banca europea per gli investimenti, che prevedeva interventi tempestivi e temporanei, combinazioni di strumenti di reddito e di spesa.

Il provvedimento in esame è, a nostro avviso, una risposta adeguata all'attuale momento, articolandosi su due grossi filoni di intervento: da un lato, l'azione su chi sta meno bene e chi è più sfortunato e quindi più esposto a questa fase economica, sulle fasce di reddito più deboli quindi, e, dall'altro, la stabilizzazione del sistema finanziario, la cui crisi - non lo dobbiamo dimenticare - ha travolto altri Paesi, mentre invece, in virtù dell'intervento del Governo italiano e di una storia e di una struttura diverse dalle banche italiane, è per noi motivo di maggiore e cauto ottimismo rispetto alla crisi che avanza.

Il decreto, infatti, contiene misure che qualcuno legittimamente potrebbe giudicare insufficienti, ma che in realtà, non appaiono affatto tali. Basti pensare, per esempio, al bonus per le famiglie (che ammonta solo per il 2009 a circa 2,5 miliardi di euro), all'integrazione del Fondo per l'occupazione (che assomma nel triennio risorse per oltre 800 milioni di euro), al contributo in conto interessi per i mutui (verso cui sono stati stanziati 300 milioni di euro per il 2009 e 20 milioni per sostenere l'accesso alle case in locazione).

Tra l'altro, con riferimento ai bonus per le famiglie, da parte dei detrattori di questo decreto-legge non andrebbe sottovalutato il fatto che i riferimenti alla dimensione e alla composizione delle famiglie utilizzati nell'articolo 1 del provvedimento aprono in qualche modo un spiraglio verso la possibile costruzione di una fiscalità orientata al nucleo familiare: quel famoso coefficiente familiare che in altri Paesi è già applicato ed ha dato ottimi risultati. Se è vero che il problema principale in questo momento è sostenere la domanda, in specie quella per i consumi, le misure contenute nel decreto-legge anticrisi, a nostro modo di vedere, esplicheranno un effetto immediato ed espansivo.

Così come non può essere sottovalutata l'azione concretamente intrapresa verso le imprese in materia di deducibilità dell'IRAP, ai fini dell'IRES e dell'IRPEF, con oltre 2,3 miliardi di euro nel triennio; misure che si accompagnano a quelle finalizzate al finanziamento, mediante il potenziamento della garanzia statale per i confidi, ovvero la sottoscrizione pubblica di obbligazioni, intervento quest'ultimo che appare garantire anche la necessaria stabilizzazione e l'adeguato rafforzamento dell'assetto patrimoniale delle nostre aziende di credito.

Inoltre, non credo sia generosa la critica avanzata da alcuni colleghi dell'opposizione circa il presunto allentamento dei controlli sul rispetto dell'obbligazione tributaria e sulla lotta all'evasione. Vorrei invece ricordare che il provvedimento reca misure specifiche in materia di accertamenti e riscossioni per importi assai rilevanti.

Sul tema dell'evasione fiscale - lo voglio ricordare al senatore Barbolini - non accettiamo lezioni e non ci stancheremo mai di ricordare cosa sono stati due anni del Governo Prodi in termini di aumento della pressione fiscale. Il Governo Berlusconi lasciò la pressione fiscale al 41 per cento e questa fu aumentata dopo pochi mesi di Governo Prodi, dal primo decreto Visco-Bersani; all'inizio di questa legislatura l'abbiamo trovata aumentata di quasi tre punti. Aumentava la pressione fiscale quando avanzavano i tesoretti, se ce lo vogliamo ricordare, ed oggi ci si chiede di diminuire la pressione fiscale in un momento di crisi difficilissima. Noi di certo lo faremo e continueremo a farlo (lo ha ricordato meglio di noi il presidente della Commissione finanze Baldassarri), ma ricordiamo soprattutto a questa opposizione che quando lo si poteva fare non lo si è voluto fare, nonostante le nostre richieste e la preghiera che saliva dal Paese. Strozzate le aziende da una pressione fiscale così forte oggi pretendiamo che queste affrontino la crisi, soprattutto dal punto di vista finanziario, senza che ci si ricordi che innanzi tutto il primo aiuto è quello volto a restituire alle loro tasche, alle tasche delle imprese e delle famiglie italiane, le entrate prodotte da tasse ingiustamente aumentate.

Accennavo all'inizio dell'intervento che il provvedimento in esame è stato emanato con una particolare attenzione alla situazione della finanza pubblica, perché il tema della finanza pubblica è strettamente correlato con quello delle tasse, come dimostra la nostra storia. Il provvedimento presenta un limitato impatto correttivo - in senso migliorativo - sui saldi di riferimento (saldo netto da finanziare, indebitamento e fabbisogno) e non poteva essere diversamente. Il nostro Paese, infatti, soffre del peso che comporta il terzo debito pubblico del mondo e i margini di intervento sono estremamente ridotti. Il Governo, quindi, ha giustamente ritenuto di non definire misure di politica economica in deficit, sebbene anche in Europa ci sia una generale propensione a giustificare l'attenuazione dei vincoli del Patto di stabilità; altro è però attenuare i vincoli in presenza di un rapporto deficit-PIL del 60 per cento, altro è farlo, come nel caso nostro, in presenza di un rapporto deficit-PIL del 110 per cento.

In una situazione come la nostra un peggioramento dei saldi di finanza pubblica sarebbe insostenibile, come ha ricordato il presidente Baldassarri nel corso della discussione nelle Commissioni riunite in sede referente. Appare, quindi, quanto mai necessario rispettare la decisione di mettere in sicurezza i conti pubblici e mantenere questa linea, attuata inizialmente con la manovra estiva e consolidata con la più recente legge finanziaria. Se non lo avessimo fatto nella manovra estiva, oggi il nostro Paese non avrebbe potuto guardare a questa crisi con la cauta serenità che invece può permettersi e avrebbe dovuto fare i conti con una situazione di finanza pubblica devastante, generata e iniziata dal Governo Prodi e che noi siamo riusciti a fermare. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Marinaro. Ne ha facoltà.

MARINARO (PD). Signora Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, l'Unione europea potrebbe piombare in una recessione profonda e duratura, registrando un'ulteriore contrazione dell'economia e della disoccupazione. Questa affermazione scaturisce da un'analisi che non è frutto del catastrofismo dell'opposizione, ma è la disamina puntuale della situazione basata sulle previsioni fatte dalla Commissione e dalla Banca centrale europea.

Questa analisi ha portato il presidente della Commissione Barroso e il presidente della Banca centrale europea Trichet a lanciare, ancora in questi giorni, un grido di allarme ai Governi nazionali perché si muovano tempestivamente, energicamente ed in modo coordinato nella definizione di interventi produttivi e strutturali, che affrontino l'emergenza ma costruiscano il futuro. È evidente che prendere atto della situazione e chiedere un'azione rapida e decisa per bloccare questa spirale negativa non è ritenuto da Barroso e da Trichet irresponsabile catastrofismo ma, viceversa, un obbligatorio segno di responsabilità e coraggio.

Sappiamo che la situazione dell'Italia non è tra le migliori dell'Unione europea, tant'è che a fronte della previsione di crescita zero di molti Paesi la nostra sarà negativa; ma evidentemente questo Governo pensa che dichiarazioni ottimistiche, incitamenti alla fiducia e un lungo elenco di misurine da «Monopoli», siano sufficienti per un Paese che non ha un sistema di ammortizzatori sociali sufficiente né un dignitoso piano di rilancio dell'economia che, per esempio, preveda, a fronte di dati più negativi rispetto agli altri Paesi, un forte e deciso rilancio dell'occupazione femminile, valutato dalla Strategia di Lisbona come uno degli assi portanti della crescita economica.

Brilla in questa situazione la pigrizia di questo Governo, che ritarda nel recepimento della direttiva di parità tra uomini e donne nel mercato del lavoro e si limita ad annunci allarmistici sull'innalzamento dell'età pensionabile delle donne senza prevedere un quadro di intervento sistemico che includa una normativa del lavoro delle donne, la parità salariale, incentivazioni fiscali, sostegno alla carriera professionale e alla conciliazione familiare e asili nido. A ben vedere, un dibattito serio sulla direttiva parità e sulla sentenza della Corte di giustizia europea in materia di pensioni delle donne nel pubblico impiego ci offrirebbe la possibilità di confermare che non si tratta tanto di innalzare l'età pensionabile delle donne, ma di mettere tutti, uomini e donne, sullo stesso piano in un quadro di flessibilità e con azioni positive per recuperare lo svantaggio delle donne. Questo chiede la sentenza, questo chiede l'ordinamento europeo. Per questo siamo pronte a dare il nostro sostegno in questa Aula.

Stupiscono pertanto le intenzioni di quanti pensano di poter far cassa sulle spalle delle donne. Quello che non finisce di stupire è che i tre Fondi di sostegno all'occupazione femminile e giovanile varati dal precedente Governo sono stati asciugati dall'attuale Governo e convogliati in uno solo, che prevede 150 milioni di euro per il solo 2008, senza che peraltro sia mai stato fatto il decreto attuativo. Al danno si aggiunge la beffa! Stesso discorso vale per il finanziamento degli ammortizzatori sociali, che il Governo vuole effettuare senza oneri per il bilancio nonostante l'Europa sia disponibile a flessibilizzare il Patto di stabilità.

Dopo la scelta di togliere l'ICI anche ai più ricchi, dopo la vicenda Alitalia-Air France, si procede sulla strada dei tagli al cofinanziamento nazionale al Fondo sociale europeo erogato alle Regioni per far fronte alla formazione dei lavoratori. Si tratta di un'altra scelta non allineata alle misure di sostegno del reddito e di preparazione professionale che l'Unione europea prevede. Errare è umano, ma perseverare è diabolico. Adesso ampiezza e profondità della crisi sono note e quindi stupisce come i partiti a forte connotazione popolare che stanno nella maggioranza possano continuare a guardare ad altro.

La crisi è europea e globale; davvero pensate di uscirne da soli? Credo che questo sia un interrogativo importante a cui non si dovrebbe negare una risposta. Tale risposta infatti, anche se più o meno fastidiosa, ingombrante o problematica, ruota attorno al concetto di europeizzazione. Parlando perciò di politiche anticrisi non ci si può non riferire in primo luogo al programma di lavoro della Commissione per il 2009, dove sono individuate dettagliatamente le azioni da compiere nei quattro settori prioritari della Strategia di Lisbona. In questo senso la Commissione ha presentato relazioni individuali sui singoli Stati membri, comprendenti proposte di raccomandazioni, che vanno dall'occupazione alle tutele sociali, al sistema delle imprese, alle infrastrutture ed energia, alla ricerca ed innovazione.

In altri Paesi tale quadro di riferimento ha determinato la nascita di un forte partenariato tra il pubblico ed il privato, come ad esempio nel settore automobilistico, a fronte però di innovazioni radicali, auto verdi, fabbriche del futuro, trasporto pubblico pulito. L'Europa mette quindi in campo tutti gli strumenti di cui dispone, invitando gli Stati membri a collaborare e coordinarsi con l'Unione per contribuire a una più vasta risposta globale. Tocca adesso agli Stati membri avvalersi dei punti di forza dell'Unione, nonché dei vantaggi di scala offerti dall'euro e dal più grande mercato unico del mondo.

A tale proposito è bene ricordare che la maggior parte degli strumenti di politica economica, quelli necessari ad incentivare la domanda dei consumatori a breve termine, è in mano agli Stati membri; è bene altresì ricordare che interventi nazionali adeguatamente coordinati possono perseguire parallelamente scopi diversi ed attenuare le conseguenze della crisi, ma devono promuovere anche riforme rispondenti ai bisogni di lungo periodo per uscire più forti dalla crisi, definendo il giusto mix di misure tra consolidamento, incentivi e sgravi.

Credo che in un simile contesto, soprattutto in un periodo di recessione, speculare sulle divisioni sindacali sia un grave errore sotto il profilo sociale e sia sbagliato sotto il profilo dell'interesse generale. In generale, soprattutto in tempi di emergenza economica, il ruolo dell'opposizione e delle forze sociali è più che mai indispensabile. Colleghi, il confronto è utile, ma lo è prima, non dopo l'approvazione di un decreto-legge imposto con il voto di fiducia per problemi interni alla maggioranza, alla sua coesione e compattezza.

Ad ogni modo, noi rimaniamo aperti al confronto nell'interesse dell'Italia, aperti soprattutto nel discutere una manovra aggiuntiva di cui c'è urgente bisogno nel nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Stradiotto. Ne ha facoltà.

STRADIOTTO (PD). Signora Presidente, rappresentante del Governo, signori relatori, oggi stiamo discutendo del cosiddetto decreto anticrisi, ossia il decreto-legge n. 185 del 2008, in tempi ristretti e con un testo non modificabile; abbiamo già sentito da alcuni rappresentanti della maggioranza che sarà posta la fiducia. Vorrei soffermarmi su alcuni aspetti specifici, perché chi mi ha preceduto ha avuto modo di fare un inquadramento generale della situazione economica: mi riferisco agli interventi dei colleghi Legnini, Bonino, Leddi, Sangalli, Nerozzi e Barbolini.

Vorrei però rispondere anche alla collega che mi ha preceduto, la senatrice Bonfrisco. Mi piacerebbe infatti che in questa situazione di crisi la smettessimo di agitare le bandierine dei meriti o dei demeriti; credo che il nostro Paese abbia bisogno di un senso di grande responsabilità da parte di ognuno di noi. Pertanto eviterei di parlare di Prodi; anzi, è grazie a Prodi se oggi abbiamo i conti messi meglio di come la precedente maggioranza li lasciò nel 2006; è sempre grazie a Prodi e a Ciampi se abbiamo l'euro. Ricordiamoci quanti rappresentanti centrodestra, che oggi sono al Governo, hanno criticato quel tipo di scelta. Oggi ci sono Paesi, decantati fino a pochi mesi fa, che vorrebbero entrare nell'euro perché sono nel mezzo di una tempesta economico-finanziaria di non indifferenti dimensioni.

Allora, credo che invece di guardarci alle spalle dovremmo guardare in avanti, capire quali sono i problemi e amo tentare di trovare delle soluzioni per ogni settore.

Io muovo una critica a questo decreto, rispetto a com'era partito inizialmente. Mi riferisco alla modifica delle norme relative alla detrazione del 55 per cento per i cittadini che investivano in impianti o nella ristrutturazione per il risparmio energetico. Erano due anni che quella norma esisteva e iniziava ad avere un buon effetto, nel senso che i cittadini la richiedevano e le aziende stavano utilizzando questa opportunità, soprattutto quelle del comparto edilizio che è in grande crisi. Solo il fatto di instillare il dubbio su quella norma - che poi la Camera ha invece migliorato - ha creato il panico e la paura che, come sempre, lo Stato potesse "fregare" il cittadino. Questo è il concetto che è passato, il che è devastante pensando che quella misura era stata decisa per attivare un traino all'economia in un momento in cui l'edilizia era ferma.

Volevo soffermarmi, comunque, su una questione particolare che è quella del patto di stabilità. In questo provvedimento esiste una norma clientelare, fatta per uno solo fra gli 8.200 Comuni italiani, cioè il Comune di Roma: è stata data la possibilità al Comune di Roma di derogare rispetto al patto di stabilità. Il patto di stabilità è un oggetto misterioso, conosciuto da noi addetti ai lavori, che spesso e volentieri dai cittadini comuni è visto come un alibi, visto che gli enti locali spiegano l'impossibilità di fare determinate opere con l'esigenza di rientrare nel Patto di stabilità.

Ebbene, questo marchingegno che è stato inventato e utilizzato anche dai Governi di centrosinistra, è sempre stato applicato in modo stupido, lo ha detto lo stesso presidente Prodi, e nel nostro Paese in modo ancora più stupido rispetto alla possibilità di tentare di premiare realmente gli enti virtuosi rispetto agli spreconi. In questa situazione, con la vostra scelta per Roma, intanto avete fatto diventare famoso questo termine e diventa per noi molto più semplice spiegarlo ai cittadini.

È incomprensibile immaginare un Paese dove, per rispettare il patto di stabilità, gli Enti locali e le pubbliche amministrazioni non pagano i fornitori. La collega Leddi e anche altri colleghi facevano riferimento al ritardo nei pagamenti. Ebbene, la pubblica amministrazione è in una situazione di difficoltà economica da anni - non sto parlando di questi ultimi mesi - e paga in ritardo. Voi pensate che si riesca ad abbattere la spesa pubblica se le forniture vengono pagate magari dopo un anno? È chiaro che quel fornitore, quando farà il preventivo per un determinata merce, la farà pagare ovviamente più del valore di mercato. Se volete tagliare la spesa pubblica bisogna pagare i fornitori, bisogna pensare ad un patto di stabilità che dia questo tipo di risposta.

Alcune proposte emendative sono state fatte. So perfettamente che non verranno accolte. So anche, però, che ci sono altri provvedimenti che arriveranno dopo questo decreto e penso che quella sarà l'occasione perché, in modo serio e concreto, si riesca ad affrontare la questione facendo un patto di stabilità che penalizzi gli enti che hanno tanto debito, tanta spesa pubblica e troppo personale e che, viceversa, premi gli enti che sono stati virtuosi, che hanno risparmiato e che sono riusciti in questi anni a fare buona amministrazione. Infatti, per assurdo, in questi anni, i meccanismi messi in atto sono stati tali per cui gli enti che sono stati più rispettosi delle regole si sono trovati in maggiori difficoltà. È come se ad un ragazzo che ha buoni voti il padre dicesse che avrà la paghetta solo se continua a migliorare, ma se il ragazzo è arrivato a dieci e lode può migliorare ancora? Magari poi succede che lui non ha più la paghetta mentre il fratello, che dall'insufficienza è passato alla sufficienza, la ha ancora.

Ho fatto questo esempio perché bisogna che, rispetto a questo meccanismo perverso che è il patto di stabilità, si trovino delle misure concrete che premino i Comuni più virtuosi, pur garantendo i parametri di Maastricht. Tra l'altro, ho iniziato il mio discorso parlando di Maastricht e della possibilità di raggiungere quei parametri e quindi di entrare nell'euro, che è stato la nostra difesa in questa situazione difficile.

La situazione economica è assolutamente difficile ed io spero che nonostante siano vicine diverse scadenze elettorali, non si facciano giochi di bandierina su di essa.

Voglio dire soltanto che se oggi disponessimo delle misure previste dalle cosiddette lenzuolate di Bersani, arrivate alla fine, se avessimo cioè quelle liberalizzazioni, forse affronteremmo con maggior forza questa difficile situazione economica. Ebbene, in quell'occasione voi eravate di traverso.

Da parte nostra, speriamo veramente che questa situazione di crisi venga affrontata con l'idea di cambiare questo Paese: se è così, noi ci siamo. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Della Seta. Ne ha facoltà.

DELLA SETA (PD). Signora Presidente, colleghi, signori rappresentanti del Governo, come ha ricordato nel suo intervento la senatrice Bonfrisco, nel testo originario del decreto anticrisi presentato dal Governo erano stati azzerati i cosiddetti ecoincentivi, cioè gli incentivi alle ristrutturazioni edilizie che comportano vantaggi dal punto di vista dell'efficienza energetica. Come si sa, alla Camera gli ecoincentivi sono stati reintrodotti, più o meno nella forma originaria. Il Partito Democratico si è battuto con forza per questo risultato, insieme alle principali forze sociali e produttive e a moltissimi cittadini che, in questi mesi, hanno utilizzato questo strumento, o che avevano in animo di farlo. Approfitto di questo mio intervento, tra l'altro, per dar atto volentieri per il lavoro svolto anche alla ministra dell'ambiente Prestigiacomo, che per questa correzione si è spesa.

Gli ecoincentivi sono tornati, ma credo che questa vicenda resti sintomatica del modo arretrato ed anacronistico con il quale questo Governo e questa maggioranza guardano al rapporto tra economia ed ambiente, nonché al ruolo delle politiche ambientali in una congiuntura economica difficilissima come quella attuale. Nel corso del 2008 molti italiani hanno utilizzato gli ecoincentivi, facendo un favore a se stessi e un favore al Paese. Peraltro, anche l'argomento per cui i costi delle detrazioni sarebbero un aggravio troppo pesante per le finanze pubbliche, è parzialmente infondato: dei 1.800 milioni di euro portati in detrazione dagli italiani per spese sostenute fra il 2007 e il 2008 - dunque utilizzando gli ecoincentivi introdotti dal Governo Prodi - molti non sono stati sottratti alle entrate dello Stato, per la semplice ragione che senza ecoincentivi una buona fetta di quegli importi non sarebbe stata spesa o sarebbe stata spesa in nero.

L'efficienza energetica è uno dei terreni su cui l'Italia ha camminato più lentamente nel confronto con il resto dell'Europa. Eravamo un Paese virtuoso; oggi siamo sotto la media dell'Europa a 15, vale a dire sotto la media dei Paesi più avanzati dell'Unione europea. Favorire il miglioramento dell'efficienza energetica vuol dire ridurre i costi energetici a carico delle famiglie, ridurre il fabbisogno energetico, migliorare la competitività delle imprese: vuol dire dunque lavorare, al tempo stesso, per migliorare l'ambiente e per rafforzare e modernizzare l'economia. In tutto il mondo occidentale, da Obama - lo abbiamo sentito e letto - a Sarkozy, l'azione di contrasto degli effetti della crisi economica vede proprio l'impegno sul fronte dell'efficienza energetica come uno dei più rilevanti, secondo una ricetta che mescola Keynes con la sostenibilità.

In Italia finora non è stato così. Prima col tentativo fortunatamente sventato di boicottare il pacchetto clima, poi con quest'altro infortunio - anch'esso rientrato - che ha visto il tentativo di azzeramento degli ecoincentivi, il Governo ha mostrato una preoccupante e ricorrente abitudine a considerare l'ambiente nemico dell'economia, specie in una congiuntura difficilissima come quella attuale. A chi richiama l'esempio dei piani anticrisi ben altrimenti incisivi e ben diversamente orientati, varati in queste settimane nei principali Paesi industrializzati, dal Governo e dalla maggioranza si risponde, in genere, che l'Italia ha un deficit e un debito pubblico tali da impedire analoghi impegni di risorse.

Questo è certamente vero, ma proprio la maggiore fragilità dei nostri conti pubblici dovrebbe suggerire - come ripetutamente ha sollecitato il Partito Democratico, anche con molte proposte specifiche e puntuali - di evitare esborsi impropri o tutt'altro che urgenti (penso ad esempio alla cancellazione dell'ICI sulla prima casa per i redditi medio-alti, o alla vicenda Alitalia), e concentrare invece le risorse disponibili nei settori veramente strategici, dove l'effetto anticongiunturale si accompagna ad un effetto di modernizzazione di più lungo respiro. Si tratta dei settori collegati all'ambiente, all'istruzione e alla formazione, alla scienza e alla ricerca, cioè quei settori, disgraziatamente, più penalizzati o più trascurati in questi nove mesi di Governo della destra.

La nostra speranza e il nostro appello è che la maggioranza sappia rapidamente correggere questo errore, che forse è mentale prima che politico, e che comporta un grande rischio, cioè che quando la crisi sarà finita - tra 12, 16 o 18 mesi - e riprenderà a camminare il treno dell'economia mondiale, l'Italia si ritrovi sempre più tra i vagoni di coda. In conclusione, Presidente, dalla crisi si esce prima e meglio se lo sforzo straordinario, necessario a sorreggere i consumi, la domanda, le imprese, è finalizzato a rendere più efficiente e moderno il nostro Paese. E l'ambiente, e quello che da più parti viene invocato come un New Deal ecologico, sono a nostro avviso assi irrinunciabili di questo impegno. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Grillo. Ne ha facoltà.

GRILLO (PdL). Signora Presidente, limiterò il mio intervento ad un ambito specifico del settore di cui mi occupo da qualche anno, quello delle infrastrutture. Dal momento che molti colleghi hanno rivendicato in modo critico una incoerenza da parte del Governo sul versante della politica economica, formulerò solo alcuni rilievi per ricondurre invece quanto sto dicendo ad un elemento di coerenza che parte addirittura dal 2001.

In questa legislatura, dovendo affrontare la crisi, a mio parere il Governo ha saggiamente preso delle decisioni quest'estate, ad esempio anticipando la manovra finanziaria che, per la verità, era molto semplificata, dandole un carattere triennale in modo da mettere al riparo i conti dello Stato; tutto questo è positivo. Successivamente, ha presentato il decreto-legge al nostro esame che, specie sul versante del rilancio delle infrastrutture, presenta misure molto importanti che, però, vanno lette conoscendo una determinata premessa. Infatti, discutendo della necessità di rilanciare le opere pubbliche nel nostro Paese, occorre rispondere al quesito se è utile e funzionale per il sistema Paese puntare molto sulle opere pubbliche in funzione antirecessiva. Tutti gli economisti rispondono affermativamente, sostenendo che il mattone, i lavori pubblici rappresentano un volano per la ripresa economica a tutti gli effetti.

A questo punto occorre chiedersi cosa deve fare un Paese privo di risorse pubbliche per recuperare il gap infrastrutturale e far ripartire le opere pubbliche necessarie perché costituiscono un volano straordinariamente importante per contrastare gli effetti recessivi di questa crisi economica. È molto semplice, deve attuare una rivoluzione culturale. Infatti, dal 2001 stiamo faticosamente cercando di affermare il senso di una rivoluzione culturale, un cambiamento di sistema, di cultura, di approccio attorno a queste problematiche.

Nel 2001, signora Presidente, quando si insediò quel Governo, una delle prime iniziative intraprese fu l'istituzione di una commissione per capire se la paralisi del sistema infrastrutturale che c'era stata in Italia dal 1993 al 2001 era dovuta alla falsa rivoluzione di Tangentopoli, che aveva creato un clima di terrore nel Paese, alla mancanza di risorse pubbliche o alla macchinosità delle leggi. La commissione, formata da tecnici, rispose che in Italia dal 1993 al 2001 (mentre negli anni precedenti erano stati fatti moltissimi lavori) le opere pubbliche non erano state realizzate per la macchinosità delle leggi.

A questo proposito, io che sono un veterano del Parlamento, ricordo che nel 1993 si approvò la legge Merloni, che fu votata all'unanimità perché la procura di Milano aveva fatto sapere che aveva la pistola puntata e stava bene attenta a cosa faceva il Parlamento in quel passaggio importante. Proprio la legge Merloni è all'origine della crisi del sistema infrastrutturale italiano e ha generato la paralisi delle opere pubbliche nel nostro Paese. Dal 2001 al 2006 faticosamente abbiamo cercato di smontare questa legge.

Quando si parla di legge obiettivo si fa sempre una semplificazione, perché in realtà il Parlamento in quei cinque anni approvò tre leggi in questo settore: la legge obiettivo, che è una legge delega, il decreto delegato della legge obiettivo e la riforma della legge Merloni, che introdusse per la prima volta un elemento di grande qualificazione, cioè la eventualità, attraverso la riforma del project financing, di consentire ai privati di progettare, costruire e gestire le opere pubbliche, sapendo che avrebbero realizzato il guadagno soprattutto attraverso la gestione delle stesse.

Ebbene, in questo Paese è successo qualcosa di cui i giornali non parlano, perché si guardano bene dal sottolineare le possibilità che si verificano, e cioè dal 2003 al 2006 in Italia si sono costruite opere pubbliche con l'approvazione di 2.372 progetti, che hanno dato vita a investimenti di risorse private per 25 miliardi di euro e che sono serviti a costruire parcheggi, cimiteri, piscine, porticcioli, pezzi di autostrada e termovalorizzatori; il tutto con l'iniziativa dei privati.

Successivamente, abbiamo avuto due anni di pausa, anzi più propriamente, parlando in termini politici, sono stati anni di paralisi dovuti al protagonismo del ministro Di Pietro, che ha cominciato a cancellare i contratti delle concessionarie autostradali (contratti liberamente sottoscritti dalle parti), compiendo atti illeciti che l'Unione europea ha censurato fin dall'inizio, e comunque pretendendo di comandare il mercato italiano attraverso decreti che intendevano demolire quanto avevamo fatto in precedenza.

Dopo la parentesi Di Pietro-Prodi, siamo tornati a conquistare la maggioranza: cosa abbiamo fatto prima di questo decreto? E cosa c'è d'importante in questo decreto, che il dibattito finora non ha evidenziato? Il 1° agosto 2008, abbiamo fatto una cosa importante, signor Presidente, ossia il project di seconda generazione, il che significa che il Governo e il Parlamento fanno un'ulteriore scommessa nei confronti dell'operatività dei privati. Questi, infatti, con il project di seconda generazione inserito nel codice degli appalti, possono proporre agli enti pubblici (e allo Stato nelle sue articolazioni: Comune, Provincia, Regione, ANAS o Ferrovie) opere che neanche sono nel piano programmatico deliberatamente da loro sottoscritto o proposto. Possono quindi fare i proponenti, segnalando allo Stato, alla Regione, alla Provincia o al Comune, che hanno dimenticato che forse serve loro una strada, un parcheggio, una piscina o un'infrastruttura: possono dirglielo i privati, presentando uno studio di fattibilità, al quale poi gli enti locali sono obbligati a rispondere per dire che hanno interesse a che i privati realizzino un'opera pubblica.

Il project di seconda generazione, quindi, approvato dal Governo, che ha recepito un input dell'8ª Commissione del Senato (e siamo ben orgogliosi che il Governo abbia raccolto questo nostro suggerimento), porta l'Italia ad avere una legge che è all'avanguardia in Europa. Signora Presidente, lei è stata tanti anni in Europa, quindi forse saprà che siamo l'unico Paese in Europa che dispone di un codice dei lavori pubblici, dei servizi e delle forniture, frutto dell'azzeramento di ben 65 leggi preesistenti, che si sommavano proprio nel settore dei lavori pubblici, delle infrastrutture, dei servizi e delle forniture. Quindi, abbiamo fatto chiarezza normativa, semplificando le norme, e ci accingiamo a vedere i risultati. I contenuti di questo decreto, a mio avviso, vanno nella direzione giusta, perlomeno in quattro punti.

Il primo punto è l'articolo 3, dove si prevede, per un verso, il blocco delle tariffe ma per altro verso vi è l'impegno del Governo a predisporre entro il 28 febbraio una norma che demolisca il famigerato articolo 12 della finanziaria 2006, voluto dal ministro Di Pietro. Con tale articolo, in maniera assolutamente illecita ed illegale, il Ministro della compagine Prodi aveva azzerato tutte le convenzioni in essere nel nostro Paese, liberamente sottoscritte dallo Stato e dalle società concessionarie.

Vi è poi la questione del piano casa, signor Presidente: all'articolo 18 abbiamo inserito un codicillo che farà partire questa che, secondo me, è una novità clamorosa, con un potenziale inaudito, non campata per aria. La sua realizzazione sarà resa possibile - anche qui - semplicemente attraverso il coinvolgimento dei privati e delle fondazioni bancarie che si sono impegnate a creare il fondo nazionale e, regione per regione, un fondo regionale in cui affluiranno risorse delle banche, delle fondazioni, dei privati che metteranno i terreni e dei costruttori, con la disponibilità degli enti locali.

Benissimo: nel nostro Paese vi sono poche risorse pubbliche ed un mare di risorse private, ma siccome tutte le volte che accenno a questo fatto trovo colleghi che non mi credono, allora aggiungerò una serie di dati per dimostrarlo. Siamo un Paese che ha un enorme debito pubblico, che è frutto di un'eredità che ci appartiene, perché la responsabilità di averlo creato appartiene a tutti noi, (destra, centro, sinistra, sindacati, mondo delle imprese), siamo ancora, però, il Paese che ha la maggior capacità di risparmio al mondo. E allora, se mettiamo assieme quest'elemento e facciamo la somma algebrica, scopriamo che stiamo meglio di molti altri Paesi che hanno un debito pubblico molto più contenuto di noi.

Inoltre, signor Presidente, siccome mi piace parlare bene del nel mio Paese, prima di avviarmi a concludere, vorrei ricordare anche che siamo quarti nel mondo quanto a riserve auree: dopo gli Stati Uniti, la Francia e la Germania, il nostro Paese è quello più ricco; abbiamo poi lo stock patrimoniale più forte dei Paesi d'Europa: quello italiano è più forte di quello francese, spagnolo o inglese. Bene, in queste condizioni, abbiamo allora pensato che per facilitare le decisioni si possa mettere in norma la nomina di commissari in grado di sveltire le decisioni (in questo decreto, troverete quindi il fatto che il Parlamento ed il Governo possono nominare commissari per sveltire le decisioni).

Vorrei fare due ultime osservazioni. Ci sono delle risorse fresche, perché i due limiti di impegni che consentiranno di avere a disposizione 3,5 miliardi e che il CIPE ha già ripartito sono risorse fresche.

Infine, per quanto riguarda la riforma della Cassa depositi e prestiti, dietro le righe di questo articolo c'è una cosa straordinaria e ormai, visto che domani diventerà legge, possiamo ben dirlo: c'è la possibilità di utilizzare un potenziale enorme, perché il patrimonio della Cassa depositi e prestiti ammonta a 100 miliardi, anche a fini privatistici, nel senso che i privati possono attingere da questo istituto purché si rispetti lo statuto. Sono rimasto impressionato da un aspetto, signora Presidente, di cui parlo ora in modo che rimanga agli atti: in una recente audizione, in un convegno in Senato (tanto per parlare bene del mio Paese che è un Paese forte), abbiamo chiesto al direttore generale della Cassa depositi e prestiti quanti sono in Italia i risparmi che affluiscono negli uffici postali, per avere un senso di questo patrimonio. Sapete cosa ha risposto il direttore generale? Sapete quanti sono i libretti a risparmio che affluiscono alla Cassa depositi e prestiti? Signora Presidente, in Italia ci sono 29 milioni di risparmiatori che hanno portato i loro risparmi agli uffici delle Poste (Commenti del senatore Barbolini), che sono stati intelligentemente gestiti e saranno gestiti molto bene anche nel futuro, creando che cosa? Creando la BEI italiana.

Se faremo le cose ben fatte, avremo a disposizione un istituto di credito che ha il potenziale della BEI; quindi non dovremo più andare a Bruxelles, perché la stiamo facendo in casa. In funzione di cosa? Al fine di creare le condizioni per lo sviluppo economico mirato soprattutto a recuperare questo maledetto gap infrastrutturale che abbiamo, che ci siamo creati perché non abbiamo saputo decidere, perché abbiamo premiato la trasparenza sull'efficienza e perché non abbiamo preso nei momenti giusti le necessarie decisioni. Con il decreto-legge in esame, a parer mio, facciamo un altro passo nella giusta direzione. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mascitelli. Ne ha facoltà.

MASCITELLI (IdV). Signora Presidente, piaccia o non piaccia, è già tutto scritto sul risultato finale in Aula del provvedimento in esame. Già sette giorni fa un autorevole quotidiano titolava: «Corsa contro il tempo». Il testo anticrisi appare blindato anche a causa degli strettissimi tempi a disposizione, ma con tutta probabilità il Governo, per risolvere la questione degli errori nel testo licenziato - perché ci sono anche questi - ricorrerà ad un provvedimento apposito o ad emendamenti al decreto mille proroghe.

Questa è la fotografia del testo di legge oggi in Aula. Così la manovra finanziaria che è stata messa in campo l'estate scorsa e presentata come un'innovazione della sessione di bilancio in termini di anticipazione e di programmazione triennale dimostra oggi tutti i suoi limiti, perché delle due cose l'una: o il Governo a giugno non aveva intuito la gravità della crisi economica di cui pure si intravedevano le forti avvisaglie e non si era preparato a parlarne i colpi, il che di per sé sarebbe già grave; oppure lo sperpero di denaro pubblico che ha segnato le prime scelte di questo Governo appare ancora più irresponsabile.

Signora Presidente, siamo passati dalle leggi finanziarie onnicomprensive del passato ad una manovra economica inconcludente, che continua e si trascina da nove mesi: decreto-legge n. 93, decreto-legge n. 118, legge finanziaria, decreto antibanche. È un fatto certamente grave non solo per la trasparenza e l'approfondimento del processo di formazione del bilancio dello Stato, ma è un fatto ancora più grave, anzi gravissimo, perché in un momento di crisi drammatica il Governo rinuncia ad avere oggi, e a proporre fin da oggi, uno straccio di politica economica capace non dico di risolvere, ma almeno di affrontare una disparità vergognosa che si sta sempre più determinando nelle condizioni sociali ed economiche della nostra gente e del nostro Paese. Al di là dei libretti di risparmio, una famiglia su cinque non può permettersi di acquistare medicine, una su due non riesce a sostenere una spesa imprevista di 700 euro e sette su cento hanno difficoltà a comprare da mangiare. Sono dati ufficiali dell'ISTAT e nei prossimi mesi non è difficile prevedere un quadro ancora più devastante. La recessione è più dura del previsto, il PIL va giù del due per cento, la produzione industriale scende del 13 per cento, le imprese chiudono, la gente perde il lavoro. Sono queste stime della Confindustria, stime che parlano di almeno 600.000 disoccupati in più a breve periodo.

E qual è la risposta del Governo? Un ottimismo di facciata, di maniera, incapace di fornire una prospettiva coerente di medio termine. La crisi c'è ma non riguarda solo noi, ci ha ricordato il presidente Berlusconi. Bene, vogliamo guardare agli altri? Berlino ha già varato misure per 32 miliardi, Parigi un piano da 20 miliardi, Londra ha imboccato una strada ancora più impegnativa annunciando il taglio dell'IVA dal 17,5 al 15 per cento. Con il decreto-legge oggi in esame, a mio giudizio, c'è un passaggio preoccupante e discriminante rispetto ai provvedimenti dei mesi scorsi. Abbiamo superato la fase della propaganda, che andava alla ricerca dei sondaggi, dei colpi di scena, del facile consenso ottenuto con i metodi di marketing dei precedenti decreti. L'avere eliminato l'imposta comunale sugli immobili per la fascia medio-alta di reddito e di patrimonio è costato allo Stato oltre tre miliardi ed i Comuni vanno ancora alla ricerca delle risorse perdute.

Con il decreto-legge n. 93 dello scorso anno abbiamo detassato straordinari inesistenti. Quante sono le ore di straordinario che hanno potuto usufruire della detassazione? Sono tendenti allo zero. Ricordiamo poi la beffa della social card che ha costretto migliaia di cittadini a mettersi in fila per un atto di elemosina di 40 euro. Dai primi dati risulterebbe che al 31 dicembre sono state consegnate soltanto 520.000 social card sul 1.400.000 previsto e annunciato.

Ricordiamo ancora lo spot della Robin tax, con il rischio concreto che venga scaricata sui consumatori; non è una mia valutazione, non è un mio giudizio, ma è quanto è contenuto nella relazione annuale della Corte dei conti sulle spese dello Stato. Si paventa il pericolo di alimentare nuove frodi per l'abbandono di ottime regole di contrasto, dalla limitazione nell'uso di assegni e contanti, alla tracciabilità dei pagamenti legati agli elenchi clienti e fornitori. Questo era quello che era stato fatto nei mesi scorsi.

Il decreto-legge n. 185 in esame contiene un passaggio preoccupante e discriminante. Prima si toglieva ai poveri per dare ai ricchi; ora si fa finta di dare qualcosa e non si dà nulla. Nel gergo tecnico-commerciale si parla di pubblicità ingannevole. Sul problema della riduzione del potere d'acquisto delle famiglie arriva un bonus da 200 a 1.000 euro a circa sette milioni e mezzo di famiglie; così è stato annunciato. Ma poiché il bonus è una misura straordinaria e quindi verrà erogato una volta sola ed è previsto un solo bonus per nucleo familiare a seconda dei redditi dell'intero nucleo e della composizione dello stesso, l'associazione delle famiglie - non noi dell'Italia dei Valori - ha calcolato che l'82 per cento dei 2,4 miliardi del bonus finirà nella quota minima (solo in questa) a pensionati single e a famiglie senza figli, e meno del dieci per cento riceverà i 1.000 euro.

Quella sui mutui per la prima casa è un'altra misura che non rappresenta alcun concreto vantaggio per il cittadino perché il tasso variabile è sceso al di sotto del quattro per cento; quindi, di fatto nessuno potrà usufruire di tale misura. Per contro, non ci si occupa dei mutui a tasso fisso che, al contrario, sono gli unici ad essere in questo momento abbondantemente al di sopra del quattro per cento.

Ricordo ancora l'IVA per cassa. Sono stati riempiti i giornali con i riferimenti a questa grande possibilità. Un decreto del ministro Tremonti stabilirà, solo dopo il via libera di Bruxelles, il volume d'affari del contribuente nei cui confronti è applicabile la disposizione e ferma restando la relazione tecnica che prevede che bisognerà stimare gli effetti finanziari. Per cui, ad oggi si ipotizza che si debba fissare la soglia ad un importo pari a 200.000 euro: un'industria piccola o una media impresa che fattura 200.000 euro per quanto piccola, non è certo un'industria. Mancano, quindi, politiche industriali.

Non è stata fornita alcuna seria risposta ai lavoratori autonomi che sono stati esclusi dal sostegno fiscale alle famiglie contenuto nell'articolo 1. Perdono quindi la consistente fetta di attività produttiva sostenuta dagli incentivi fiscali (articolo 29), ma in cambio gli studi di settore diventano una sorta di ultra minimum tax facoltativa; viene completato lo smantellamento delle misure antievasione e viene introdotta una sorta di condono personalizzato permanente. In poche parole, eliminazione dal sostegno pubblico e, forse, legittimazione dell'evasione.

Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, per intenderci, i contratti a termine a fortissimo rischio di non essere rinnovati oscillano tra i 700.000 e il milione, mentre le persone in cassa integrazione straordinaria, ordinaria e in cassa integrazione in deroga a 500.000. C'è ben poco, dunque, nel decreto anticrisi.

Né ci sono gli 8 miliardi di cui ha parlato il ministro Tremonti. Si tratta infatti di risorse destinate dal Fondo sociale europeo alle Regioni per il periodo 2007-2013 già in parte impegnate che, comunque, non potranno essere spese tutte subito, né potranno costituire reddito per i disoccupati se non nell'ambito dei corsi di formazione: ce lo impone l'Europa e i corsi di formazione non sono a costo zero. Le somme effettivamente disponibili, quindi, non dovrebbero superare i 2-3 miliardi di euro.

Che dire poi del fatto che, dopo che il Ministro dell'economia aveva fatto quasi una bandiera della sua decisione di evitare per la prima volta al Parlamento italiano il classico assalto alla diligenza sulla legge finanziaria, nella stessa sono stati assegnati fondi alla fondazione Bietti di oftalmologia di Roma, poco più di 13 milioni di euro per gli eventi sportivi dell'Expo 2015 ed alcuni finanziamenti a pioggia al CONI, all'UNIRE, ai giornalisti in pensione anticipata, agli autoparcheggi, al pubblico registro automobilistico. Così uno dei testi che doveva essere tra i più seri tra quelli portati in Parlamento in Italia, come in altri Paesi, ha individuato un ulteriore trucco per risolvere i problemi di bilancio del Comune di Roma, in modo da far valere una deroga abbondante al Patto di stabilità interno. Questo è il quadro desolante.

Signora Presidente, il compito di assumere l'iniziativa spetta al Governo e noi rispettiamo questa sua prerogativa, ma deve fare però prima i conti con sé stesso iniziando da una seria riflessione sui risultati finora prodotti da questa linea di autosufficienza e di autoreferenzialità.

A noi spetterà il compito di preparare un'alternativa e di dare nuova fiducia agli italiani che la stanno perdendo. (Applausi dal Gruppo IdV. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Vaccari. Ne ha facoltà.

VACCARI (LNP). Signora Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, recupererò molti dei temi correttamente trattati dal collega Massimo Garavaglia che mi ha preceduto sintetizzandoli. Voglio ancora sottolinearli poiché l'opposizione ha tentato di disinformare i cittadini disconoscendo le prerogative e le positività contenute nel provvedimento al nostro esame che è, invece, giusto i cittadini conoscano.

Come è giusto che conoscano le motivazioni con le quali l'opposizione ritiene di negare il voto a questo provvedimento, anche se capisco che il gioco delle parti politiche in questo caso fa prevalere un atteggiamento aprioristico di rifiuto.

Sappiamo bene che la crisi è importante, delicata e globale e che quindi sono necessari ulteriori interventi. Ma altri ne sono stati realizzati precedentemente, come è stato ricordato, da parte del Governo e del Parlamento tesi a creare un argine preventivo allo tsunami finanziario di fine estate. Pertanto, possiamo ora intervenire con questo che è un provvedimento ponte, in attesa di interventi successivi che saranno molto importanti per la ripresa economica.

Come abbiamo detto in campagna elettorale ai cittadini, e come la Lega sostiene anche in Parlamento, è importante creare uno sviluppo economico, benefici per le famiglie, posti di lavoro. Siamo sinceramente preoccupati e guardiamo con attenzione alle chiusure e contrazioni dell'economia reale, che si stanno verificando in tutte le parti del Paese e anche nel Nord, dove la situazione è doppiamente pericolosa, perché se l'economia del Nord si ferma, si corre il rischio di mandare in crisi un sistema molto più ampio: si troverà un equilibrio nel federalismo fiscale, ma attualmente la locomotiva del Nord deve ancora trascinare molti vagoni.

Vediamo ora quali sono le misure contenute nel decreto e che in un certo senso l'opposizione nega. È un provvedimento che fissa minori costi sui mutui per la prima casa e sui conti correnti bancari, ripristina - senza il vincolo dell'autorizzazione da parte dell'Agenzia delle entrate - il bonus del 55 per cento di detrazione sulle spese per la riqualificazione energetica degli edifici ed estende l'indennità di disoccupazione ordinaria. La misura dello sconto fiscale del 55 per cento inizialmente recava una piccola imprecisione, che però poi è stata corretta. Mi sembra strano che ora non si voglia riconoscere l'importante sforzo che viene compiuto.

Un altro fatto importante, che apporterà grande novità e aggiornamento nel Paese e che in prospettiva consentirà anche un'economia di costi, è l'accelerazione sul versante della smaterializzazione dei processi di gestione documentale e dell'utilizzo della telematica nelle comunicazioni tra cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni. Si tratta di provvedimenti che avranno benefici non solo a medio e lungo termine, ma anche attuali.

Ho sentito più volte parlare della pressione fiscale. Non voglio tornare sulla querelle, sulla diatriba delle percentuali che salgono e che scendono, a seconda del susseguirsi dei Governi. Del resto, i dati che abbiamo lasciato e quelli che abbiamo trovato all'inizio di questa nuova legislatura sono incontrovertibili. Preferisco invece parlare di tutti gli interventi previsti: il bonus famiglia; il risparmio energetico; la detrazione dall'IRPEF del 19 per cento delle spese sostenute per la retta degli asili nido; il riporto delle perdite nel reddito di impresa; la riduzione per gli enti non commerciali dell'IRES dal 33 al 27,5 per cento; la possibilità di portare in deduzione le spese di rappresentanza, a causa della mancanza di ricavi, nel periodo di imposta in cui saranno conseguiti i primi ricavi e in quello successivo; la rivalutazione degli immobili; l'affrancamento del saldo attivo di rivalutazione e le misure contenute all'articolo 15 del decreto, nei commi da 16 a 23.

Tutte queste iniziative comportano di fatto un primo abbassamento della pressione fiscale, perché aiutano il cittadino a sostenere le proprie spese e intervengono anche sul reddito, sulle dichiarazioni fiscali. Ripeto, è un primo segnale importante di abbassamento della pressione fiscale.

Ovviamente bisognerà adottare interventi più forti, più strutturali: ci stiamo impegnando su di essi e presto saranno discussi in Parlamento.

Segnalo inoltre all'attenzione dei colleghi e dei cittadini, che rappresentiamo in questa sede e per i quali lavoriamo con impegno e con sforzo sincero e profondo, che questo provvedimento contiene anche interventi che guardano al futuro, che pianificano la ripresa e danno le prime prospettive di un'economia che deve certamente recuperare ma anche rilanciare affinché si vada in controtendenza, come dicevo prima, rispetto alle perdite di posti di lavoro e ad una cassa integrazione, una mobilità che è purtroppo sempre più ricorrente.

Sotto questo punto di vista, valutiamo con estrema preoccupazione il fatto che un sindacato non abbia voluto aderire alla concertazione per la riforma contrattuale. Era un segnale importante, ma credo che a questo punto si debba andare avanti in questo Paese non più all'unanimità, ma con i sindacati e con le associazioni che vogliono attuare un cambiamento, una vera riforma. Non è più possibile attendere l'unanimità. Bisogna muoversi con chi ha coraggio e crede nel cambiamento e nel rinnovamento.

Vediamo anche come questo provvedimento contiene norme importanti sul rilancio dell'economia. L'articolo 17, ad esempio, prevede la possibilità del rientro in Italia di ricercatori e docenti con specifici provvedimenti ed aiuti; l'articolo 18, che prevede importanti interventi per l'edilizia scolastica, se nasce a garanzia della sicurezza dei nostri ragazzi, fa ripartire anche l'economia reale; l'articolo 19-bis concerne l'imprenditoria giovanile: è anch'esso un segnale forte di fiducia che dimostrano il Governo e il Parlamento nei confronti dei giovani e va in direzione di un recupero dell'economia.

Altro esempio che vorrei fare è l'articolo 23, una vera rivoluzione nel rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini ed imprese: la detassazione, cioè, di microprogetti di interesse pubblico. Viene quindi messo in atto in maniera forte un provvedimento che spinge sulla sussidiarietà di tipo orizzontale. Sappiamo che sono concetti nuovi. Partiamo dal federalismo che vuole portare vicino ai cittadini i centri di governo e di controllo; ma sappiamo anche che, oltre ad una sussidiarietà di tipo verticale che guarda verso il basso con il centro di potere e di controllo, dobbiamo operare con una sussidiarietà di tipo orizzontale. Questo articolo introduce, sotto questo punto di vista, una novità di assoluto rilievo ed interesse.

Ci sono anche dei provvedimenti sul Patto di stabilità che interessano, ad esempio, l'utilizzo dei risparmi per gli enti locali (articolo 2-ter).

Vi è poi una parte che riguarda il Patto di stabilità speciale con una deroga molto particolare per il Comune di Roma, che ovviamente non va nel senso che vogliamo. Questo sicuramente dovrà essere rivisto e corretto per un equilibrio ed equità rispetto a tutti gli enti locali. Abbiamo già provveduto a depositare uno specifico emendamento al riguardo.

Ricordo, infine, che sta aprendo il World Economic Forum, il cui tema è importante: ridisegnare il mondo del dopo-crisi. Su questo penso che veramente si stanno muovendo Parlamento e Governo. Con questi provvedimenti abbiamo affrontato la crisi e, come ho detto, anticipato le problematiche che stavano arrivando. Dal Word Economic Forum e da ciò che stanno predisponendo anche Parlamento e Governo partiranno provvedimenti per il dopo-crisi. Ci stiamo muovendo con senso di responsabilità e i cittadini stanno vedendo e apprezzando il lavoro del Governo e del Parlamento.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mercatali. Ne ha facoltà.

MERCATALI (PD). Signora Presidente, vedo che è presente in Aula il ministro Vito, il che mi dice che molto probabilmente questa sera sarà posta la fiducia. Quindi la nostra discussione probabilmente finisce questa sera stessa. Ne approfitto solo per dire che molto probabilmente anche in questo caso si sta perdendo un'occasione per un confronto serio e approfondito sulla situazione del Paese.

Se diffido degli entusiasti, diffido anche dei catastrofisti allo stesso modo: non mi iscrivo a nessuno dei due partiti. Cercherò però di proporre due o tre ragionamenti, perché mi interessa che il nostro Paese esca dalla crisi: sta a cuore a tutti, nessuno di noi vuole vedere le cose andare male. Quindi, se ognuno di noi può dare un contributo per andare nella direzione giusta, siamo qui, cerchiamo di darlo, cerchiamo di fare la nostra parte e di dare anche dei suggerimenti utili a superare questa situazione di difficoltà.

Poiché non sono né un catastrofista né un entusiasta, so benissimo che una crisi come quella che abbiamo dinanzi non si risolve solo in Italia e solo con i provvedimenti che può porre in essere il Governo italiano: è una crisi globale, mondiale, quindi molte delle soluzioni dei nostri problemi verranno anche dalla risoluzione che ad essi daranno altri Paesi, come la Cina e gli Stati Uniti d'America. La Cina calerà la produzione, avrà una decrescita del PIL di 2 punti; saranno centinaia di milioni di disoccupati: che impatto avrà questa scelta sull'economia degli altri Paesi? Lo valuteremo strada facendo, ma questo è quanto avverrà nell'anno in corso, quindi, meglio ci attrezziamo, meglio ci strutturiamo, e meglio sarà per tutti.

Pongo allora alcune domande facendo degli esempi concreti. Tutti gli altri Paesi stanno affrontando la crisi con misure straordinarie. Molte delle misure contenute in questa manovrina da 5 milardi sono anche giuste e corrette; con il sottosegretario Casero ne abbiamo parlato e discusso. Ci sono anche misure giuste e corrette (io non sono uno di quelli a cui non va bene niente), ma secondo voi questo provvedimento è adatto ad affrontare una crisi che prevede per il 2009 un calo della produzione industriale del 16 per cento? Un calo di due punti del prodotto interno lordo lo affrontiamo con i provvedimenti contenuti in questa manovra? Non lo so, me lo auguro, magari fosse così. Gli entusiasti dipingono un Paese delle meraviglie. In questo Paese si è cercato di accreditare un dinamismo incredibile dei consumi, ma stanno calando i consumi alimentari e, inoltre, importanti associazioni di categoria del commercio stanno chiedendo la cassa integrazione per i propri dipendenti e non credo che le due situazioni siano molto compatibili fra loro.

Torno però alle domande per sapere se almeno condividiamo alcuni punti fermi. Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, sono in scadenza da 700.000 a 1.000.000 contratti: sono tutti ragazzi che avevano contratti precari a vario titolo. Sono 500.000 (e stanno crescendo del 56 per cento) le richieste di cassa integrazione (cresce più quella ordinaria di quella straordinaria). Siamo in un Paese dove, a fronte di queste situazioni e a crisi industriali come quelle di cui parlavo prima, un lavoratore su due non può usufruire degli ammortizzatori sociali. Siamo disposti ad affrontare il tema e una riforma vera e seria degli ammortizzatori sociali? Costa 4-5 miliardi, però in una situazione come questa ci vuole senso di responsabilità, se non vogliamo dividere il Paese e lo vogliamo tenere unito. Perché per affrontare una crisi così occorre tenere unito il Paese: guai se si dividesse il Paese di fronte ad un crisi del genere. E per tenerlo unito bisogna dare una risposta adeguata a coloro che perderanno il posto di lavoro, a coloro che andranno in cassa integrazione e a tutte quelle famiglie che si troveranno in difficoltà. Vogliamo ragionare assieme un attimo su come affrontare questa situazione? Credo che sarebbe molto utile.

Prima di affrontare la questione delle imprese, passo a quella dei redditi. Si dice che bisogna diminuire le tasse e che si sta procedendo in tal senso; cominciamo a diminuire le tasse ai ceti più deboli, cioè al lavoro dipendente, al lavoro precario; facciamo un'operazione di riduzione delle tasse sui salari. Servono 4-5 miliardi per fare questa operazione. I soldi per gli ammortizzatori sociali e per la riduzione delle tasse sui salari si devono trovare; se un Paese vuole stare unito in una situazione di crisi come questa i soldi per queste cose li deve trovare. Dopo verrò alla proposta conclusiva sul come e dove trovarli.

Qualcuno ha detto che la manovra aggiuntiva di un punto di PIL da noi proposta è poco perché bisogna farla di due punti di PIL; tutti i presenti hanno applaudito quando il professor Baldassarri ha fatto questa proposta: evidentemente sono d'accordo con lui. Noi più modestamente diciamo che basta una manovra di un punto di PIL.

Dicevo degli sgravi ai redditi più bassi, alle famiglie e ai redditi che hanno bisogno di avere uno sgravio fiscale per poter alimentare anche i consumi e per poter fare una vita dignitosa in una situazione di crisi come quella che abbiamo davanti. Servono 4-5 miliardi.

Passando al tema delle imprese, mi rifaccio ad una cosa la cui citazione in questo momento fa discutere in positivo e in negativo e rischia di dividere il Paese. La crisi dell'auto sta arrivando o, meglio, è in corso. La crisi non è solo di questa, ma di tutta la componentistica. Tutti viviamo in questo Paese e sappiamo che c'è una situazione molto grave e difficile: le piccole e medie imprese legate alla meccanica stanno vivendo un momento difficilissimo. In Europa è già iniziata la discussione su come affrontare la crisi dell'auto e si stanno discutendo le varie soluzioni dei vari Paesi. Cosa va a proporre l'Italia? Noi saremmo curiosi di saperlo. Quali sono le proposte che l'Italia mette sul piatto della bilancia dell'Europa per dire che noi siamo pronti per affrontare la crisi dell'auto in un certo modo? Si tratta di incentivi per le auto di nuova generazione o altre cose? Noi non possiamo pensare di andare in Europa a mani vuote o, perlomeno, saremmo contenti di poter contribuire a questa discussione, che è importante. Sarebbe utile, quindi, che attorno a uno dei settori più importanti dell'industria del nostro Paese ci fosse un confronto e un dibattito.

A proposito dei pagamenti della pubblica amministrazione, qualcuno diceva di accelerarli; sarebbe una cosa importantissima. Ieri sera, parlavo con un imprenditore che mi ha detto: sapete qual è problema delle piccole e medie imprese? Che le banche non danno loro i soldi. Diceva che nel settore tessile e nel segmento medio della produzione ha un'azienda in Italia e una in Cina: per fortuna che con quella in Cina tiene in piedi la sua attività. Se non si colloca nel segmento medio-alto della produzione non riesce più a starci. Le banche non gli danno i soldi. Sono questi i problemi concreti del Paese. Vogliamo mettere un po' di risorse fresche perché le piccole e medie imprese possano fare quel salto di qualità che serve per stare nel mercato e in una competitività mondiale globale?

Avrei tanti altri esempi da fare, ma concludo con le proposte su dove trovare le risorse. Mi riferisco ai risparmi, all'evasione fiscale, alla gestione del patrimonio, alle pensioni: elenco tutte le cose come ha fatto la collega Bonino. Noi siamo pronti a discutere perché una manovra di un punto di PIL serve e bisogna andare a trovare le risorse per quell'elenco di questioni che ho citato. Non voglio fare esempi su dove voi sprecate i soldi, su dove noi abbiamo fatto meglio e dare avvio ad una polemica infinita: noi siamo pronti a discutere, dai risparmi alle pensioni; però attraverso un confronto serio, poiché in questo modo faremo molto probabilmente l'interesse del Paese. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Germontani. Ne ha facoltà.

GERMONTANI (PdL). Signora Presidente, vorrei precisare subito un aspetto: credo che dobbiamo votare, e velocemente, il provvedimento in discussione. Questo voto sarà infatti la dimostrazione di un'assunzione di responsabilità, da parte di quest'Aula e da parte del Parlamento, dopo il voto della Camera, davanti a una crisi rispetto alla quale l'intera classe politica deve agire.

Il provvedimento in esame intende contrastare una difficile situazione economico-finanziaria agendo su due lati, quello del consumatore e quello delle imprese, tramite una serie di misure che vogliono infondere fiducia ai due comparti più importanti dell'economia nazionale, aiutando sia chi produce sia le famiglie.

Si tratta di misure in linea con quanto stiamo facendo e con quanto si è fatto da luglio ad oggi. Con l'anticipo della manovra finanziaria a luglio è stata compiuta una scelta da parte del Governo; è stato introdotto un nuovo modo di concepire i conti dello Stato nella congiuntura che stiamo vivendo, introducendo una manovra di bilancio che non si esaurisce nel giro di pochi mesi, ma una finanziaria permanente che si sviluppa nell'arco di un triennio. Questo è un atteggiamento responsabile ed attento verso gli sviluppi, anche quelli imprevedibili, che possono verificarsi nei prossimi mesi.

Il Governo ha compiuto una scelta chiara e, di volta in volta, davanti ai successivi provvedimenti all'esame di quest'Aula, ci troviamo regolarmente a spiegare quale è la filosofia alla base di questa manovra, mentre da parte dell'opposizione ci sentiamo dire che non c'è un quadro generale. Allora ritengo opportuno sottolineare che, se non ci fosse stata la suddetta anticipazione (è stato detto da tutti i miei colleghi prima di me), il 15 settembre ci saremmo trovati di fronte a una crisi economica internazionale con i conti aperti. Il Governo ha dunque adottato una strategia preventiva, che si è rivelata di assoluta importanza rispetto a una crisi internazionale che è venuta dopo, in termini cronologici.

Nella strategia tracciata dall'Esecutivo si inserisce questo provvedimento anticrisi, che ha un duplice obiettivo: sostenere la domanda e favorire lo sviluppo economico attraverso una scelta di equilibrio e di buona finanza. È chiaro che con tale provvedimento non ci si ripromette di risolvere la crisi che stiamo vivendo, ma ci sono tanti punti importanti su cui si interviene, che sono stati elencati negli interventi che mi hanno preceduto.

Presidenza del presidente SCHIFANI (ore 20,03)

 

(Segue GERMONTANI). Con il decreto-legge in esame sono stati ridotti i costi amministrativi sostenuti dalle imprese oltre ad operare la revisione degli studi di settore. Tale revisione costituisce un'anticipazione di quel federalismo fiscale che ha iniziato il suo iter in quest'Aula la settimana scorsa, perché gli indici di normalità economica vengono stabiliti tenendo conto del territorio, regionalmente; è infatti evidente che essi non possono essere stabiliti su scala nazionale.

Inoltre, è previsto il potenziamento finanziario dei confidi, altra misura importante auspicata in questi mesi nel corso dei dibattiti in Commissione, sia dalla maggioranza che dall'opposizione, nei molti interventi nelle Commissioni finanze, bilancio e non solo. Si tratta di un'importante misura, visto che il credito rappresenta oggi per tutte le associazioni e per tutti gli imprenditori un tema di vitale importanza.

Infine, vorrei menzionare l'IVA per cassa, che non mi sembra una misura da considerare con leggerezza. L'IVA per cassa diventa strumentale, cancellando la sperimentazione dal 2009 al 2011 e consentendo il pagamento della fattura al momento dell'effettiva riscossione dei corrispettivi. Questa è una norma che, in sostanza, rappresenta una rivoluzione nel sistema fiscale italiano, anche perché recupera un rinnovato rapporto di leale collaborazione tra contribuenti e pubblico erario.

Non va dimenticata la dichiarata disponibilità del Governo, e del ministro Tremonti in particolare, a sostegno delle piccole e medie imprese, che - lo sappiamo bene tutti in quest'Aula - rappresentano l'ossatura produttiva del nostro Paese. Non sono dimenticate: ci sarà un provvedimento fatto proprio per le piccole e medie imprese; ma esse non sono dimenticate neanche quando, per esempio, tra le varie misure di questo provvedimento, si prevede l'abolizione della commissione di massimo scoperto sui conti correnti bancari (intervento tante volte auspicato), purché il "rosso", certo, non duri più di trenta giorni perché ci sono dei limiti, evidentemente, in questo momento. Sono nulle anche numerose clausole sfavorevoli ai clienti delle banche, come quella che prevede una remunerazione alla banca per la messa a disposizione di fondi a prescindere dall'effettivo prelevamento dei fondi o quella che prevede una remunerazione alla banca indipendentemente dalla durata dell'uso dei fondi da parte del cliente, salvo che non ci siano corrispettivi predeterminati con patti scritti non rinnovabili. Queste sono misure evidentemente importanti per il settore delle piccole e medie imprese.

Inoltre si è parlato dello sconto del 55 per cento sulle spese di riqualificazione energetica degli edifici, che sono state corrette. E poi c'è tutto il capitolo delle disposizioni dedicate al welfare, che sono state elencate da chi mi ha preceduto.

Un discorso importante è quello - ripeto - degli studi di settore, l'attenta revisione che valorizza il fattore della territorialità.

Vi è poi il potenziamento finanziario dei confidi. Per i confidi è stato potenziato il fondo di garanzia con un importo massimo di 450 milioni di euro, mentre la garanzia è stata estesa anche alle imprese artigiane. Si tratta di una norma importante: attraverso il sostegno all'attività di questi organismi si vuole raggiungere l'obiettivo di facilitare e rendere meno oneroso, proprio per le piccole e medie imprese, l'accesso ai finanziamenti bancari.

Non dimentichiamo, poi, l'incentivo per il rientro in Italia dei ricercatori che risiedono all'estero: viene previsto che i loro redditi siano fiscalmente imponibili solo per il 10 per cento perché la nostra Nazione deve diventare un paradiso per i giovani che sono andati all'estero e che, ritornando, trovano queste facilitazioni.

Importantissima per le piccole e medie imprese è anche l'introduzione delle facilitazioni per i crediti vantati verso le pubbliche amministrazioni. Se ne è parlato, ha sollevato l'argomento il senatore Stradiotto. Non dimenticate che è prevista la cessione pro soluto dei crediti verso la pubblica amministrazione, cioè i crediti potranno essere venduti e le aziende potranno immediatamente avere a disposizione la liquidità che deriva dalla cessione.

Non sono state dimenticate neppure le grandi imprese, perché si parla delle modifiche al testo unico della finanza per rendere applicabili le regole relative alla difesa delle società oggetto di OPA soltanto qualora previste dagli statuti delle società. Anche questo è importante, il Governo ha deciso, attraverso questa misura, di difendere anche le grandi aziende italiane, il cui valore è fortemente sceso a causa della crisi in atto, rendendole quindi appetibili ed esposte seriamente agli attacchi ostili dei fondi sovrani internazionali.

Inoltre, ci sono le modifiche alla disciplina della Cassa depositi e prestiti, intervento che era già stato anticipato nella manovra di luglio. Il senatore Grillo ci ha detto qual è l'entità dei fondi provenienti dalla raccolta del risparmio postale, che ora possono essere utilizzati anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della Cassa depositi e prestiti nei confronti di Stato, Regioni, enti locali e quant'altro.

Infine, altre importanti misure sono quelle che introducono nuove disposizioni fiscali in materia di giochi, intervento che mira a ridare fiato ad un settore e ad imprese che devono stare anch'esse sul mercato.

Intendo dire che questo provvedimento è ampio; ci sono disposizioni e interventi in tutti i settori.

Certo, non possiamo risolvere la crisi internazionale in atto con questo decreto; ma dal decreto si ricava una strategia ispirata ai criteri di equilibrio e buona finanza, assolutamente indispensabili per superare questa crisi.

Sono personalmente d'accordo con quanto detto dalla senatrice Bonfrisco nel suo intervento: abbiamo un deficit pubblico che è il terzo al mondo, ma non siamo la terza potenza economica al mondo e non possiamo quindi assolutamente essere aperti - e mi ricollego anche alle proposte del senatore Mercatali - ad interventi che aumentino il deficit pubblico. Su questo è chiaro che non potremo mai dialogare.

Tuttavia, se ci saranno in futuro proposte volte alla riduzione della spesa e a rendere il nostro Paese competitivo, in quel caso ci sarà sicuramente la responsabilità della convergenza tra maggioranza ed opposizione. In futuro, dunque, potremo eventualmente ragionare sul piano della riduzione della spesa, e discutere delle possibile conseguenze a quel tavolo di cui ha parlato la senatrice Bonino, che si è detta disposta al confronto in tal senso, così come anche il senatore Stradiotto.

Su questo possiamo ragionare; ma adesso dobbiamo votare questo provvedimento responsabilmente e velocemente. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Saia.

SAIA, relatore. Signor Presidente, rinuncio alla replica.

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Conti.

CONTI, relatore. Signor Presidente, apprezzata la situazione, rinuncio al mio intervento.

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

VITO, ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il Governo ha ascoltato con molta attenzione l'ampio e approfondito dibattito che si è svolto nella giornata odierna al Senato. Ringrazia tutti gli onorevoli senatori intervenuti, i relatori, Saia e Conti e il sottosegretario Casero per l'impegno profuso nel corso di tutto l'esame del provvedimento, sia alla Camera che in Commissione al Senato.

Com'è noto, Presidente, il provvedimento contiene importanti norme a sostegno delle famiglie e delle imprese per uscire dalla crisi economica internazionale che ha investito anche il nostro Paese.

Il decreto però è praticamente alla vigilia dei termini costituzionali di scadenza per la sua conversione in legge che, com'è noto, cadono il prossimo 28 gennaio. Al Senato sono stati presentati diversi emendamenti - alcune centinaia - e l'approvazione anche di uno solo di essi determinerebbe di fatto la decadenza del decreto ed avrebbe effetti molto dannosi e gravi rispetto ai provvedimenti assunti dal Governo, e già votati nell'altro ramo del Parlamento, a sostegno delle famiglie e delle imprese.

Per queste ragioni, Presidente, a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei ministri, per evitare una possibile decadenza del decreto, al quale il Governo attribuisce una straordinaria importanza, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Atto Senato n. 1315), nel testo identico a quello approvato dalla Camera dei deputati.

 

ASTORE (IdV). (Applaudendo). È la decima volta!

PRESIDENTE. A questo punto, sospendo la seduta e convoco immediatamente la Conferenza dei Capigruppo.

 

(La seduta, sospesa alle ore 20,13, è ripresa alle ore 20,29).

 

Presidenza della vice presidente BONINO

 

Sui lavori del Senato
Organizzazione della discussione sulla questione di fiducia

PRESIDENTE. Colleghi, la Conferenza dei Capigruppo ha proceduto all'organizzazione della discussione sulla questione di fiducia posta dal Governo sul decreto-legge recante norme in funzione anticrisi, nel testo approvato dalla Camera dei deputati.

La discussione generale sulla fiducia si svolgerà tra domani mattina e domani pomeriggio per complessive 3 ore e mezza. Le dichiarazioni di voto di voto avranno luogo nella seduta pomeridiana di domani, a partire dalle ore 18. Seguirà la votazione per appello nominale intorno alle ore 19.

In apertura della seduta antimeridiana di domani, che avrà inizio alle ore 10,30, la Presidenza ricorderà il «Giorno della Memoria». Successivamente, potranno intervenire i rappresentanti dei Gruppi per dieci minuti ciascuno.

Nella seduta antimeridiana di mercoledì 28 gennaio, con inizio alle ore 10, sarà discusso il disegno di legge di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sulle persone con disabilità. Pertanto, il termine per la presentazione degli emendamenti su tale provvedimento è anticipato alle ore 13 di domani.

Per il resto, il calendario rimane invariato, salvo l'inserimento nella seduta antimeridiana di giovedì 29 del Documento 6-ter, n. 5, in materia di insindacabilità, che sarà esaminato a conclusione della discussione della relazione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, sull'elezione contestata nella circoscrizione Estero.

 

Calendario dei lavori dell'Assemblea, variazioni

 

Martedì

27

gennaio

ant.

h. 1030-13

- Seguito disegno di legge n. 1315 - Decreto-legge n. 185, recante misure urgenti in funzione anticrisi (Approvato dalla Camera dei deputati -scade il 28 gennaio) (martedì 27)

 

- Disegno di legge n. 12795 - ratifica convenzione ONU sulla disabilità (mercoledì 28, ant.)

 

- Relazione del Ministro della giustizia sullo stato della giustizia (mercoledì 28, pom.)

 

- Doc. III, n. 2 - Elezione contestata nella circoscrizione Estero (giovedì 29, ant.)

 

- Doc. IV, n. 5 - Insindacabilità

"

"

"

pom.

h. 16,30

Mercoledì

28

"

ant.

h. 10

"

"

"

pom.

h. 16,30

Giovedì

29

"

ant.

h. 9,30-14

 

Giovedì

29

gennaio

pom.

h. 16

- Interpellanze e interrogazioni

 

Gli emendamenti al disegno di legge n. 1279 (Ratifica convenzione ONU su disabilità) dovranno essere presentati entro le ore 13 di martedì 27 gennaio.

Gli emendamenti al disegno di legge n. 1333 (Ratifica Libia) dovranno essere presentati entro le ore 13 di giovedì 29 gennaio.

Gli emendamenti ai disegni di legge nn. 1305 (decreto-legge proroga termini) e 1306 (decreto-legge risorse idriche e protezione ambientale) dovranno essere presentati entro le ore 19 di giovedì 29 gennaio.

Martedì

3

febbraio

ant.

h. 11-13,30

- Disegno di legge n. 1333 - Ratifica trattato di amicizia Italia-Libia (Approvato dalla Camera dei deputati)

 

- Seguito disegno di legge n. 733 - Disposizioni in materia di sicurezza pubblica

 

- Disegno di legge n. 1305 - Decreto-legge n. 207, recante proroga termini legislativi e disposizioni finanziarie urgenti (Presentato al Senato - scade il 1° marzo)

 

- Disegno di legge n. 1306 - Decreto-legge n. 208, in materia di risorse idriche e protezione ambientale (Presentato al Senato - scade il 1° marzo)

 

"

"

"

pom.

h. 16,30-20,30

Mercoledì

4

"

ant.

h. 9,30-13,30

"

"

"

pom.

h. 16,30-20,30

Giovedì

5

"

ant.

h. 9,30-14

 

Giovedì

5

febbraio

pom.

h. 16

- Interpellanze e interrogazioni

 

Il calendario sarà integrato con la deliberazione dell'Assemblea per la costituzione in giudizio del Senato in un conflitto di attribuzioni.

Martedì

10

febbraio

pom.

h. 16,30-20,30

- Seguito decreti-legge non conclusi

 

- Documenti definiti dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari

Mercoledì

11

"

ant.

h. 9,30-13,30

"

"

"

pom.

h. 16,30-20,30

Giovedì

12

"

ant.

h. 9,30-14

 

Giovedì

12

febbraio

pom.

h. 16

- Interrogazioni a risposta immediata ex articolo 151-bis, del Regolamento

 

 

Organizzazione della discussione sulla questione di fiducia
sul disegno di legge n. 1315
(Decreto-legge n. 185, recante misure urgenti in funzione anticrisi)
(3 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

PdL

1 h.

05'

PD

 

56'

LNP

 

26'

IdV

 

22'

UDC-SVP-Aut

 

21'

Misto

 

20'

Dissenzienti

 

5'

 

 

Relazione del Ministro della giustizia sullo stato della giustizia
(3 ore e 40 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Governo

 

40'

Gruppi 3 ore, di cui:

 

 

PdL

 

56'

PD

 

48'

LNP

 

22'

IdV

 

19'

UDC-SVP-Aut

 

18'

Misto

 

17'

Dissenzienti

 

5'

 

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 1333
(Ratifica trattato di amicizia Italia-Libia)
(4 ore e 10 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Relatore

 

20'

Governo

 

20'

Votazioni

1 h.

 

Gruppi 2 ore e 30 minuti, di cui:

 

 

PdL

 

46'

PD

 

40'

LNP

 

19'

IdV

 

16'

UDC-SVP-Aut

 

15'

Misto

 

14'

Dissenzienti

 

5'

 

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 1305
(Decreto-legge recante proroga di termini legislativi)
(9 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Relatore

 

45'

Governo

 

45'

Votazioni

2 h.

 

Gruppi 6 ore, di cui:

 

 

PdL

1 h.

52'

PD

1 h.

36'

LNP

 

45'

IdV

 

38'

UDC-SVP-Aut

 

36'

Misto

 

34'

Dissenzienti

 

5'

 

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 1306
(Decreto-legge risorse idriche e protezione ambiente)
(7 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Relatore

 

30'

Governo

 

30'

Votazioni

1 h.

30'

Gruppi 5 ore, di cui:

 

 

PdL

1 h.

33'

PD

1 h.

20'

LNP

 

37'

IdV

 

31'

UDC-SVP-Aut

 

30'

Misto

 

28'

Dissenzienti

 

5'

 

La ripartizione dei tempi su base proporzionale sui diversi argomenti previsti dal calendario potrà subire variazioni attraverso cessioni tra i Gruppi.

 

Sulla discussione del disegno di legge di ratifica
del Trattato di amicizia Italia-Libia

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PERDUCA (PD). Signora Presidente, inizio il mio intervento dando una buona notizia al Parlamento. Non sempre ne ho l'occasione. A seguito delle varie interrogazioni parlamentari, mozioni, conferenze stampa, manifestazioni pubbliche che sono state sostenute dalla stragrande maggioranza dei parlamentari italiani, finalmente l'organizzazione dei mujaheddin del popolo iraniano è stata tolta dalla lista delle organizzazioni terroristiche dell'Unione europea. Credo che questo vada ascritto anche al ruolo che i parlamentari italiani di tutti gli schieramenti hanno avuto e giocato negli ultimi quattro mesi, anche attraverso una delegazione, che mi ha visto presente in prima persona, che si è recata in Iraq al campo di Ashraf.

La seconda questione riguarda i nostri lavori della settimana prossima. Capisco che quanto ci è stato comunicato stamani relativamente al disegno di legge di ratifica del Trattato di amicizia Italia-Libia viene confermato, e cioè che verrà discusso martedì prossimo. Visto e considerato che non ci è stata data la possibilità di discutere in merito al decreto anticrisi e più volte è stata evocata la cifra di quattro o cinque miliardi di euro che avrebbero potuto fare la differenza, questa è, per l'appunto, la stessa cifra che l'Italia ha deciso di conferire al regime dittatoriale di Gheddafi per costruire una serie di infrastrutture in quel Paese.

Spero - e più volte l'ho già chiesto - che in occasione del dibattito che si svolgerà in merito alla ratifica di quel Trattato si possa dare quanta più possibilità agli italiani di conoscere ciò che il Governo, in un momento di enorme crisi, ha deciso di fare. Ci viene raccontato che la crisi è iniziata durante l'estate; il Trattato è stato firmato il 30 agosto. Quindi, già si sapeva che le casse dello Stato sarebbero state vuote. Pertanto, far sapere come vengono utilizzati questi soldi, che ammontano a 250 milioni di dollari l'anno per i prossimi venti anni, credo sia di fondamentale importanza per gli italiani.

PRESIDENTE. Senatore Perduca, lei ha già sollecitato la Presidenza in questo senso. La risposta a quanto da lei richiesto sarà data dalla Conferenza dei Capigruppo la settimana prossima.

 

Per lo svolgimento e la risposta scritta ad interrogazioni

NEGRI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

NEGRI (PD). Signora Presidente, in stretta continuità con gli argomenti oggi sviluppati solo fino a un certo punto, fin quando cioè è pervenuto l'annuncio dell'apposizione della questione di fiducia sul disegno di legge n. 1315, vorrei sollecitare la risposta a due interrogazioni parlamentari che fanno riferimento alla crisi di alcuni settori industriali e, specificamente, la loro ricaduta sulla situazione piemontese e torinese in particolare.

L'interrogazione 3-00026, pubblicata il 27 maggio 2008, incentra la sua attenzione sulla politica del gruppo Michelin in Piemonte e sul rispetto dell'accordo siglato nel 2007, in considerazione del fatto che la tenuta dello stabilimento di Stura è a rischio.

L'interrogazione 4-00937, invece, pubblicata il 17 dicembre 2008, ha per oggetto gli effetti del piano industriale 2009-2011 di Telecom Italia, presentato il 4 dicembre 2008, tenendo in considerazione lo sviluppo della presenza Telecom in Italia, in particolar modo in Piemonte.

Non voglio illustrare in questa sede le interrogazioni in questione. È ovvio che si tratta di due aspetti delicati che in qualche modo hanno preparato ciò che avviene oggi, cioè il dilagare della crisi industriale e occupazionale a Torino e in Piemonte dovuto specialmente alle questioni che riguardano un altro settore, quello metalmeccanico.

Segnalo, dunque, due punti di crisi che si sono precocemente collegati in un mare dilagante di difficoltà. Gradirei sapere se è possibile avere risposta a queste due interrogazioni.

PRESIDENTE. La Presidenza ha già sollecitato il Governo in merito agli strumenti ispettivi da lei richiamati e si farà carico di sollecitarlo ulteriormente.

 

Interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE.Comunico che sono pervenute alla Presidenza interrogazioni, pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Ordine del giorno
per le sedute di martedì 27 gennaio 2009

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi domani, in due sedute pubbliche, la prima alle ore 10,30 e la seconda alle ore 16,30, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

 

La seduta è tolta (ore 20,35).

 

Allegato B

 

Integrazione alla relazione orale del senatore Conti sul disegno di legge n. 1315

Il disegno di legge n. 1315, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati, contiene numerose disposizioni di carattere tributario e finanziario, di cui si dà succintamente conto nelle pagine che seguono.

 

Il bonus famiglia

 

L'articolo 1 assegna, per il solo anno 2009, un beneficio economico (bonus) straordinario ai soggetti residenti, componenti di un nucleo familiare a basso reddito, attraverso l'attribuzione di una somma determinata in base al numero dei componenti della famiglia e all'ammontare del reddito complessivo. Il beneficio è concesso nei casi di reddito di lavoro dipendente, reddito di pensione e redditi assimilati.

L'ammontare del bonus (da 200 a 1.000 euro) è determinato in base al numero di componenti del nucleo familiare, agli eventuali componenti portatori di handicap e al reddito complessivo familiare riferiti al periodo d'imposta 2007 o, in alternativa, al periodo d'imposta 2008.

Il beneficio è erogato dai sostituti d'imposta presso i quali i soggetti beneficiari del bonus prestano l'attività lavorativa ovvero sono titolari di trattamento pensionistico, previa richiesta autocertificata dei richiedenti. Il bonus viene erogato dal sostituto d'imposta e dagli enti pensionistici a seconda della tipologia dei richiedenti nei mesi da febbraio a maggio 2009.

 

Mutui prima casa e assegni per il nucleo familiare

 

L'articolo 2 reca norme (commi 1, 2 e 3) in materia di determinazione dei tassi di interesse sui contratti di mutuo bancario per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione dell'abitazione principale. In particolare, la norma dispone che l'importo delle rate a carico del mutuatario dei mutui a tasso non fisso da corrispondere nel corso del 2009 non possa essere superiore, complessivamente, ad un importo calcolato al tasso del 4 per cento ovvero, se maggiore, ad un importo calcolato secondo il tasso indicato nel contratto di mutuo alla data di stipula dello stesso. La differenza tra gli importi delle rate che restano a carico del mutuatario e quelli derivanti dall'applicazione delle condizioni originarie del contratto di mutuo viene corrisposta dallo Stato.

Viene inoltre disposto (comma 5) che, a decorrere dal 1° gennaio 2009, le banche e gli altri intermediari finanziari che offrono alla clientela mutui ipotecari per l'acquisto dell'abitazione principale hanno l'obbligo di assicurare ai medesimi clienti la possibilità di stipulare tali contratti a tasso variabile indicizzato al tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale della Banca centrale europea, dovendo risultare il tasso complessivo applicato a tali contratti in linea con quello praticato per le altre forme di indicizzazione offerte.

Il comma 1-bis, introdotto durante l'esame del provvedimento presso la Camera, dispone la non applicazione degli onorari notarili, bensì del solo rimborso delle spese, all'autenticazione degli atti di consenso alle surrogazioni relative ai mutui accesi per acquisto, ristrutturazione e costruzione dell'abitazione principale entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento.

Il comma 5-bis, inserito dalla Camera dei deputati, prevede che le eventuali minori spese a carico dello Stato per l'anno 2009 - rispetto al già previsto importo di 350 milioni relativi all'assunzione da parte dello Stato di una quota delle rate dei mutui a tasso non fisso - siano destinate all'ulteriore finanziamento degli assegni familiari.

Si demanda ad apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali la destinazione di tali somme, la ridefinizione dei livelli di reddito e degli assegni dei nuclei familiari, al fine di tutelare determinati soggetti svantaggiati (famiglie numerose o con componenti portatori di handicap), nonché nell'ottica di assimilare le posizioni dei titolari di redditi di lavoro dipendente a quelle dei titolari di reddito di lavoro autonomo che si siano adeguati agli studi di settore.

Il comma 5-ter, aggiunto durante l'esame presso la Camera dei deputati, prevede l'incremento della dotazione del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione di 20 milioni di euro per l'anno 2009.

I commi da 5-quater a 5-sexies (introdotti dalla Camera) estendono, a partire dal 1° gennaio 2009, l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall'articolo 144, comma 4, del Testo unico bancario anche alle ipotesi di inosservanza delle disposizioni sulla portabilità dei mutui recate dal decreto-legge n. 7 del 2007 (cosiddetto decreto Bersani bis), come modificato della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007).

L'ammontare di tali sanzioni è destinato a incrementare il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, istituito dalla legge finanziaria per il 2008.

 

Ulteriori disposizioni in materia di contratti bancari

 

L'articolo 2-bis, introdotto durante l'esame presso la Camera dei deputati, reca la disciplina di alcune clausole relative a contratti bancari. Tra i vari profili, viene comminata la sanzione della nullità delle clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto, ove il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero in caso di utilizzi in assenza di fido.

 

Imposta provinciale di trascrizione per l'iscrizione e la cancellazione di ipoteche sugli autoveicoli

 

Al fine di agevolare il credito automobilistico, il comma 13-bis dell'articolo 3, inserito dalla Camera, riduce a 50 euro, dall'originaria misura di 150,80 euro, l'imposta provinciale di trascrizione (IPT) per l'iscrizione al pubblico registro automobilistico di ipoteche convenzionali o per il residuo prezzo sui veicoli.

 

Fondo per il credito per i nuovi nati

 

L'articolo 4, comma 1, è volto ad agevolare l'accesso al credito per le famiglie con un figlio nato o adottato nel periodo 2009-2011. A tal fine, si dispone l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di un apposito fondo rotativo denominato «Fondo di credito per i nuovi nati», finalizzato al rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche ed agli intermediari finanziari.

 

Riduzione del carico fiscale gravante sul trattamento accessorio di produttività per il personale del comparto sicurezza, difesa, soccorso pubblico

 

L'articolo 4, comma 3 - modificato dalla Camera - riconosce al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, in ragione della specificità dei compiti e delle condizioni di stato e dell'impiego, titolare di un reddito di lavoro dipendente non superiore, nell'anno 2008, a 35.000 euro, una riduzione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali sul trattamento economico accessorio, nel limite complessivo di spesa di 60 milioni di euro.

Tale riduzione, nonché le modalità applicative della stessa, verranno disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri interessati, di concerto con il Ministro della pubblica amministrazione e dell'innovazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Il termine per l'emanazione del decreto è stato fissato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 

Applicazione di un'imposta sostitutiva sui contratti di produttività

 

L'articolo 5 proroga all'anno 2009 il regime di agevolazione fiscale per i lavoratori dipendenti del settore privato limitatamente alle remunerazioni corrisposte in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa. Si tratta, in sostanza, della quota di retribuzione caratteristica del secondo livello di contrattazione collettiva legata alla produttività aziendale.

Tale regime è stato introdotto, in via temporanea, dall'articolo 2 del decreto-legge n. 93 del 2008 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie).

Sono beneficiari della misura i lavoratori dipendenti del settore privato che, nel 2008, hanno realizzato un reddito di lavoro subordinato non superiore a 35.000 euro. L'ammontare massimo di remunerazione agevolabile è fissato in misura pari a 6.000 euro.

 

Deduzione dall'IRES e dall'IRPEF della quota di IRAP relativa al costo del lavoro e agli interessi

 

L'articolo 6, commi 1-4, dispone la deducibilità ai fini IRES e IRPEF, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2008, del 10 per cento dell'imposta regionale sulle attività produttive, in deroga al principio generale dell'indeducibilità dell'IRAP stabilito dalla legislazione vigente. La deducibilità è calcolata forfetariamente sull'IRAP riferita esclusivamente alla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati, al netto degli interessi attivi e proventi assimilati, ovvero sulla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti.

 

Disposizioni concernenti territori colpiti da eventi sismici

 

L'articolo 6, commi 4-bis e 4-ter, inseriti dalla Camera, estende l'applicazione delle norme contenute nell'articolo 3 del decreto-legge n. 162 del 2008 e concernenti i territori dell'Umbria e delle Marche colpiti da calamità naturali nel corso del 1997, anche alle zone delle province di Campobasso e Foggia maggiormente colpite dagli eventi sismici del 31 ottobre 2002.

In particolare, si estende ai citati territori la decurtazione degli importi da pagare al 40 per cento dell'ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo sospeso, nonché la dilazione del pagamento in 120 rate mensili e l'ambito soggettivo di applicazione di tali benefici.

 

Proroga di detrazioni fiscali per carichi di famiglia

 

I commi 4-quater e 4-quinquies dell'articolo 6, introdotti dalla Camera, prorogano all'anno 2010 la detrazione fiscale per carichi di famiglia in favore dei soggetti non residenti introdotta, in via temporanea per gli anni 2007, 2008 e 2009, dall'articolo 1, comma 1324, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007).

 

IVA per cassa

 

L'articolo 7 - modificato dalla Camera dei deputati - introduce a regime la facoltà di effettuare la liquidazione IVA in base al criterio di esigibilità differita, ai sensi del quale l'IVA sulle cessioni diviene esigibile al momento dell'incasso della fattura.

Si rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze il compito di determinare l'ammontare del volume d'affari oltre il quale non è applicabile la disciplina in commento.

Il differimento dell'esigibilità dell'IVA è ammesso per un periodo massimo di un anno dal momento di effettuazione dell'operazione di cessione, trascorso il quale l'imposta diviene esigibile anche in caso di mancato incasso della stessa. Tale termine annuale non si applica se l'acquirente è assoggettato a procedure concorsuali o esecutive.

L'efficacia della disposizione è subordinata alla preventiva autorizzazione comunitaria prevista dalla direttiva 2006/112/CE. La definizione delle modalità attuative è rinviata ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che dovrà tenere conto delle risorse disponibili.

 

Revisione congiunturale degli studi di settore

 

L'articolo 8 prevede che, anche successivamente ai termini stabiliti dalla normativa vigente per la pubblicazione degli studi di settore, gli studi medesimi possano essere integrati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, al fine di tener conto degli effetti della crisi economica e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali.

 

Certificazione dell'esigibilità di crediti vantati da privati nei confronti di regioni ed enti locali

 

L'articolo 9, al comma 3-bis, inserito dalla Camera dei deputati, prevede la possibilità, da parte di regioni ed enti locali, nel rispetto delle norme del patto di stabilità interno, di certificare, ai creditori che ne facciano istanza, l'esigibilità di crediti relativi a somme dovute per somministrazioni, forniture ed appalti. Tale certificazione, che deve essere emanata entro il termine di venti giorni dalla data di ricevimento dell'istanza del creditore, è finalizzata a consentire che il credito dichiarato certo, liquido ed esigibile possa essere ceduto pro soluto a favore di banche o di intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente.

 

Riduzione dell'acconto IRES e IRAP per l'anno 2008

 

L'articolo 10 prevede la riduzione di tre punti percentuali della misura dell'acconto per l'anno 2008 ai fini dell'imposta sul reddito delle società (IRES) e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) gravante sui soggetti IRES (società di capitali, enti pubblici e privati diversi dalle società che esercitano attività commerciali, altri soggetti assimilati).

Per effetto della norma in commento, pertanto, l'acconto IRES e quello IRAP passano dal 100 per cento al 97 per cento.

Per i contribuenti che - alla data di entrata in vigore del decreto in esame (ossia alla data del 29 novembre 2008) - abbiano già pagato interamente l'acconto, compete un credito d'imposta corrispondente al maggiore importo versato, da utilizzare in compensazione sulle imposte altrimenti dovute.

Si rimette ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione delle modalità e dei termini per il versamento dell'importo di acconto non corrisposto per effetto della riduzione di cui sopra. Il versamento si sarebbe dovuto effettuare entro l'anno 2008, tenendo conto degli andamenti della finanza pubblica; nel frattempo, è tuttavia intervenuto l'articolo 42, sesto comma, del decreto-legge n. 207 del 2008 (cosiddetto decreto milleproroghe) - attualmente all'esame del Senato per la conversione in legge (A.S. n. 1305) - con cui si è disposta la proroga al 31 marzo 2009 del termine per l'emanazione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Sottoscrizione pubblica di obbligazioni bancarie speciali

 

L'articolo 12 - modificato dalla Camera dei deputati - autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze, fino al 31 dicembre 2009, a sottoscrivere, su specifica richiesta delle banche interessate, strumenti finanziari privi dei diritti di voto, computabili nel patrimonio di vigilanza ed emessi da banche italiane le cui azioni sono negoziate su mercati regolamentati o da società capogruppo di gruppi bancari italiani le azioni delle quali sono negoziate su mercati regolamentati, convertibili in azioni ordinarie su richiesta dell'emittente.

Nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, si è specificato che, in ogni caso, il programma di intervento oggetto dell'articolo in esame abbia l'obiettivo di terminare entro dieci anni dalla data di entrata in vigore delle legge di conversione del decreto-legge.

Il Ministero dell'economia e delle finanze può sottoscrivere gli strumenti finanziari, a condizione che l'operazione risulti economica nel suo complesso, tenga conto delle condizioni di mercato e sia funzionale al perseguimento delle finalità indicate dalla legge, essendo la sottoscrizione inoltre condizionata all'assunzione, da parte dell'emittente, degli impegni definiti in un apposito protocollo con il Ministero dell'economia e delle finanze, in ordine al livello e alle condizioni del credito da assicurare alle piccole e medie imprese e alle famiglie, nonché in ordine alle modalità con le quali garantire adeguati livelli di liquidità ai creditori delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, anche attraverso lo sconto di crediti certi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Modifiche alla disciplina in materia di offerta pubblica di acquisto (OPA)

 

L'articolo 13 modifica gli articoli 104, 104-bis e 104-ter del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), rendendo applicabili le regole in essi contenute relative alle difese delle società oggetto di offerta pubblica di acquisto soltanto qualora previste dagli statuti delle società.

 

Attuazione della direttiva europea sulla partecipazione dell'industria nelle banche

 

L'articolo 14, comma 1, abrogando alcune norme del testo unico bancario (TUB), provvede a definire una nuova disciplina riguardante le partecipazioni detenute nel capitale sociale delle banche da parte di soggetti che, anche attraverso società controllate, svolgano in misura rilevante attività d'impresa in settori non bancari né finanziari.

 

Disposizioni in materia di custodia, amministrazione e gestione delle risorse economiche oggetto di congelamento

 

L'articolo 14, commi da 2 a 4, modifica la disciplina che affida all'Agenzia del demanio la custodia, l'amministrazione e la gestione delle risorse economiche oggetto di congelamento nell'ambito decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109, recante misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE.

 

Fondi comuni di investimento speculativi (cosiddetti hedge fund)

 

L'articolo 14, commi da 6 a 9, stabilisce che, fino al 31 dicembre 2009, il regolamento dei fondi comuni di investimento speculativi può prevedere che, nel caso di richieste di rimborso complessivamente superiori, in un dato giorno o periodo, al 15 per cento del valore complessivo netto del fondo, la società di gestione del risparmio (SGR) può sospendere il rimborso delle quote eccedenti tale ammontare e può inoltre prevedere che, nei casi eccezionali in cui la cessione di attività illiquide del fondo, necessaria per far fronte alle richieste di rimborso, possa recare pregiudizio all'interesse dei partecipanti, la SGR possa deliberare la scissione parziale del fondo, trasferendo le attività illiquide in un nuovo fondo di tipo chiuso.

 

Riallineamento e rivalutazione volontari di valori contabili

 

L'articolo 15, commi da 1 a 9, introduce la facoltà, per le società che applicano i principi contabili internazionali (IAS/IFRS), di optare per il riallineamento dei valori contabili, con riferimento alle divergenze determinate dall'applicazione di diversi criteri fiscali.

I commi da 10 a 12 intervengono in materia di riallineamento delle divergenze che emergono a seguito di aggregazioni aziendali (fusione, scissione e conferimento) relativamente agli avviamenti, ai marchi d'impresa e alle altre attività immateriali, nonché ad altri cespiti per i quali è previsto un assoggettamento dei maggiori valori ad aliquota ordinaria

Nel corso dell'esame del provvedimento presso la Camera dei deputati, è stato approvato un emendamento che ha inserito nell'articolo in esame il comma 12-bis. Tale comma prevede la facoltà di applicare la disciplina della rivalutazione agevolata - prevista dall'articolo 1, comma 48, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) - ai fini del riallineamento delle differenze emerse in sede di prima applicazione degli IAS, purché indicati nel quadro EC (deduzioni extra-contabili) della dichiarazione dei redditi.

I commi da 13 a 15 introducono una deroga ai criteri di valutazione dei titoli iscritti in bilancio che non costituiscono investimenti durevoli, consentendo l'indicazione del valore risultante dall'ultimo bilancio approvato ovvero, se disponibile, dall'ultima relazione semestrale.

I commi da 16 a 23 introducono la facoltà, per le società di capitali e le società di persone che non adottino i principi contabili internazionali, di rivalutare gli immobili iscritti nel bilancio societario relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2007. Sono esclusi dall'ambito di applicazione dei predetti commi le aree fabbricabili e gli immobili alla cui produzione e al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa (cosiddetti beni merce).

 

Soppressione di adempimenti tributari a carico delle imprese

 

L'articolo 16, commi da 1 a 5, reca l'abrogazione di disposizioni concernenti adempimenti tributari, quali la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei corrispettivi giornalieri da parte delle imprese esercenti il commercio, le compensazioni effettuate dai titolari di partita IVA, la memorizzazione su supporto elettronico delle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi tramite distributori automatici. Si dispone, inoltre, una riduzione, in caso di ravvedimento del contribuente, delle sanzioni amministrative irrogate per le violazioni di norme tributarie.

Il comma 5-bis, introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, interviene sulla disciplina dei depositi fiscali ai fini IVA, stabilendo che il momento di «uscita» dal deposito fiscale del servizio offerto, ossia il momento in cui una prestazione di servizio diviene imponibile ai fini IVA, è determinato in base all'immissione nel mercato del bene sul quale il servizio è stato operato.

 

Incentivi per il rientro in Italia di docenti e di ricercatori scientifici residenti all'estero; credito di imposta per attività di ricerca in caso di incarico da parte di committente estero

 

L'articolo 17, comma 1, introduce una misura agevolativa diretta a favorire il rientro in Italia di docenti e ricercatori che operano all'estero, stabilendo che i redditi di lavoro dipendente o autonomo dei medesimi ricercatori sono imponibili per il 10 per cento del loro ammontare, ai fini delle imposte dirette, e non concorrono alla formazione del valore della produzione netta, ai fini dell'IRAP.

Tale agevolazione si applica - a decorrere dal 1° gennaio 2009 - nel periodo di imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei due periodi di imposta successivi, sempre che permanga la residenza fiscale in Italia.

L'articolo 17, comma 2 (modificato dalla Camera), reca una norma di interpretazione autentica in tema di credito d'imposta per gli investimenti ed i costi sostenuti dalle imprese per la ricerca e l'innovazione, specificando che esso spetta anche alle ricerche effettuate in Italia in caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate all'estero.

 

Estensione delle competenze della Cassa depositi e prestiti Spa

 

L'articolo 22 novella l'articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003, introducendo modifiche alla disciplina della «Cassa depositi e prestiti Spa» volte ad estenderne le competenze.

In particolare, si prevede che i fondi provenienti dalla raccolta del risparmio postale possano essere utilizzati anche per il compimento di ogni operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della Cassa depositi e prestiti Spa, nei confronti dei soggetti istituzionali - Stato, regioni, enti locali, enti pubblici ed organismi di diritto pubblico - o promossa dai medesimi soggetti, tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione.

 

Detassazione dei microprogetti di arredo urbano o di interesse locale operati dalla società civile nello spirito della sussidiarietà

 

L'articolo 23 - modificato nel corso dell'esame presso la Camera - autorizza (comma 1) gruppi di cittadini organizzati a formulare all'ente locale territoriale competente proposte operative di pronta realizzabilità per l'esecuzione di opere di interesse locale, nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti o delle clausole di salvaguardia degli strumenti urbanistici adottati.

Decorsi due mesi dalla presentazione della proposta, questa si intende respinta.

È riconosciuta una detrazione d'imposta per le spese sostenute per la formulazione delle proposte e la realizzazione delle opere. Il beneficio è fissato in misura pari al 36 per cento del costo.

Successivamente all'attuazione del federalismo fiscale, la detrazione d'imposta opererà nei confronti dei tributi propri dell'ente competente.

 

Attuazione di decisione europea in materia di recupero di aiuti illegittimi

 

L'articolo 24 modifica le procedure per il recupero degli aiuti di Stato di cui alla decisione 2003/193/CE della Commissione europea, limitatamente agli aiuti consistenti nell'esenzione dall'imposta sul reddito in favore delle società cosiddette ex municipalizzate. Le modifiche sono dirette a dare maggiore efficacia all'azione di recupero, consentendo all'Agenzia delle entrate di esercitare, ai fini del recupero degli aiuti, poteri di accertamento analoghi a quelli che le sono riconosciuti in materia tributaria. In particolare, si prevede che i relativi avvisi di accertamento dovranno essere notificati entro il 29 marzo 2009.

 

Accertamenti fiscali

 

L'articolo 27 - modificato durante l'esame presso la Camera dei deputati - amplia (commi da 1 a 3) la possibilità per il contribuente di usufruire dell'istituto dell'accertamento con adesione; alla luce delle norme introdotte, infatti, il soggetto passivo dell'obbligazione tributaria può prestare adesione anche ai contenuti dell'invito a comparire innanzi al competente ufficio dell'amministrazione finanziaria. Tale istituto si applica agli inviti emessi dagli uffici dell'Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° gennaio 2009.

Ove il contribuente aderisca all'invito a comparire, le sanzioni sono ridotte a un ottavo del minimo.

Il comma 1-bis, introdotto durante l'esame presso la Camera dei deputati, estende ulteriormente l'ambito operativo dell'adesione ai contenuti dell'invito a comparire, consentendo al contribuente di usufruire di tale modalità di definizione anche per quanto riguarda le altre imposte indirette, diverse dall'IVA.

Il comma 3-bis, anch'esso inserito durante l'esame presso la Camera, sancisce che le norme introdotte in materia di definizione agevolata relative alle altre imposte indirette diverse dall'IVA si applicano dal momento dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento.

Il comma 4 pone dei limiti all'attività di accertamento presuntivo nei confronti dei contribuenti che aderiscono agli inviti a comparire emessi in relazione agli studi di settore, per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi.

Il comma 4-bis, introdotto durante l'esame presso la Camera, modifica le disposizioni in tema di competenza degli uffici dell'amministrazione finanziaria per la definizione degli accertamenti relativi alle imposte sui redditi e all'imposta sul valore aggiunto.

I commi da 5 a 7 estendono l'applicazione delle misure cautelari dell'iscrizione di ipoteca e del sequestro conservativo anche ai tributi e relativi interessi vantati dagli uffici e dagli enti in base ai processi verbali di constatazione, oltre che ai soli crediti derivanti dalle sanzioni amministrative tributarie.

Il comma 8 consente all'ufficio dell'Agenzia delle entrate di avvalersi del potere di richiedere agli operatori finanziari dati e documenti relativi a rapporti e operazioni finanziarie onde poter comunicare, fino al discarico, l'esistenza di nuovi beni da sottoporre ad esecuzione, di segnalare azioni cautelari, esecutive, conservative ed ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore, da intraprendere al fine di riscuotere le somme iscritte a ruolo.

I commi da 9 a 15 dell'articolo in esame recano specifiche misure di controllo fiscali sostanziali sulle imprese di grandi dimensioni.

I commi da 16 a 20 recano disposizioni in tema di recupero dei crediti inesistenti indebitamente utilizzati in compensazione.

Il comma 21-bis, introdotto durante l'esame presso la Camera, prevede che l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato possa avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, del personale del Ministero dell'economia e delle finanze attualmente in servizio presso le direzioni territoriali del medesimo Ministero, al fine di potenziare le capacità di accertamento dell'amministrazione finanziaria.

 

Meccanismi di controllo per assicurare la trasparenza e l'effettiva copertura delle agevolazioni fiscali

 

L'articolo 29 reca disposizioni in materia di monitoraggio nell'utilizzo dei crediti di imposta e di altre agevolazioni fiscali.

Le disposizioni contenute nel testo originario sono state emendate dalla Camera, soprattutto per quanto riguarda la fruizione della detrazione IRPEF del 55 per cento connessa alla spesa per interventi di riqualificazione energetica degli edifici.

Con riguardo a quest'ultimo aspetto, rispetto alla versione iniziale del decreto, è stato soppresso l'assoggettamento dei contribuenti alla procedure di comunicazione anche per gli interventi effettuati nel 2008 (e quindi con effetto retroattivo), facendo decorrere la nuova disciplina per i periodi imposta successivi a quello in corso alla data del 31 dicembre 2008.

Per le spese sostenute a decorrere dal 1° gennaio 2009 per la riqualificazione energetica degli edifici, la detrazione dall'imposta lorda deve essere ripartita in cinque rate annuali di pari importo (anziché in tre o dieci anni come previsto attualmente).

Mentre il testo originario indicava i limiti di spesa per tale agevolazione, che, sottoposta al sistema di monitoraggio e verifica dell'utilizzo, avrebbe determinato il blocco della fruibilità dell'agevolazione stessa una volta che le risorse disponibili fossero state «prenotate» e «assentite» (e quindi esaurite) da parte dell'Agenzia delle entrate, la nuova formulazione non prevede alcun tetto di spesa, disponendo che i contribuenti interessati siano tenuti ad inviare all'Agenzia delle entrate apposita comunicazione, secondo i termini e le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

La Camera ha, inoltre, introdotto un nuovo comma 7, disponendo che - nell'ambito delle attività di monitoraggio circa l'effettivo utilizzo dei crediti di imposta per nuove assunzioni e per nuovi investimenti - l'Agenzia delle entrate effettui nel 2009 una ricognizione delle risorse formalmente impegnate, ma non utilizzate o non utilizzabili.

 

Controlli sui circoli privati

 

L'articolo 30, comma 1, modificato nel corso dell'esame presso la Camera, subordina l'applicabilità del regime fiscale agevolato - consistente nella non imponibilità di corrispettivi, quote e contributi associativi - in favore degli enti di tipo associativo in possesso dei requisiti previsti dalla legge, alla trasmissione all'Agenzia delle entrate, per via telematica, da parte dei suddetti enti, di dati e notizie rilevanti a fini fiscali.

Sempre durante l'esame presso la Camera, sono state escluse dall'applicazione della norma sopra illustrata le organizzazioni di volontariato disciplinate dalla legge 11 agosto 1991, n. 266 (cosiddetta legge-quadro sul volontariato), ove possiedano i requisiti necessari per essere qualificate come organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell'esame presso la Camera, esclude dall'applicazione delle suddette norme:

- le associazioni pro loco optanti per il regime fiscale di cui alla legge n. 398 del 1991, consistente in un trattamento agevolato per l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e dellimposta locale sui redditi;

- gli enti associativi dilettantistici iscritti all'apposito registro del CONI, ove non svolgano attività commerciali.

I commi da 5-bis a 5-quater, introdotti nel corso dell'esame presso la Camera, recano agevolazioni fiscali in favore delle ONLUS relativamente alle imposte catastali, con efficacia temporalmente limitata al 2009.

 

Disposizioni fiscali in materia di giochi

 

Nel corso dell'esame presso la Camera, è stato introdotto l'articolo 30-bis, recante disposizioni relative alla determinazione del prelievo erariale unico (PREU) sulle somme giocate con apparecchi per il gioco lecito collegati alla rete telematica dei Monopoli di Stato e al finanziamento del CONI e dell'UNIRE.

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame determina l'ammontare del PREU relativamente ai singoli soggetti passivi d'imposta, applicando differenti aliquote (dal 12,6 per cento all'8 per cento) per scaglioni di raccolta delle somme giocate rispetto alla raccolta effettuata nel 2008.

 

IVA sui servizi televisivi

 

L'articolo 31, commi 1 e 2, dispone, con decorrenza dal 1° gennaio 2009, l'applicazione dell'aliquota ordinaria IVA (20 per cento), in luogo dell'aliquota ridotta (10 per cento), sui canoni di abbonamento alle radiodiffusioni circolari trasmesse in forma codificata, nonché alla diffusione radiotelevisiva con accesso condizionato effettuata in forma digitale a mezzo di reti via cavo o via satellite, ivi comprese le trasmissioni televisive punto-punto.

Altresì, si dispone la proroga dal 31 dicembre 2008 al 31 dicembre 2009 del regime transitorio IVA in materia di determinazione del luogo delle prestazioni relativo a servizi di radiodiffusione e di televisione, nonché a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici.

 

Addizionale sulla produzione e vendita di materiale pornografico

 

L'articolo 31, comma 3, modificato nel corso dell'esame presso la Camera, interviene sulla disciplina relativa all'addizionale alle imposte sul reddito dovute sui ricavi o compensi derivanti dalla produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico e di incitamento alla violenza di cui all'articolo 1, comma 466, della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006); in particolare, se ne dispone l'applicazione al reddito proporzionalmente corrispondente alla quota di ricavi derivanti dalla trasmissione di programmi televisivi del medesimo contenuto.

A seguito delle modifiche apportate dalla Camera, l'ambito di applicazione dell'addizionale in esame è esteso ai soggetti che utilizzano trasmissioni televisive volte a sollecitare la credulità popolare e che si rivolgono al pubblico attraverso numeri telefonici a pagamento.

 

Regime IVA della vendita di documenti di viaggio relativi ai trasporti pubblici urbani di persone o di documenti di sosta relativi a parcheggi veicolari

 

L'articolo 31-bis, introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, interviene sulla disciplina IVA delle attività di vendita di documenti di viaggio per trasporto di persone, nonché di autoparcheggio.

Tra l'altro, si prevede l'inclusione nell'ambito di applicazione IVA dei documenti di sosta relativi ai parcheggi dei veicoli.

 

Riscossione

 

L'articolo 32 - modificato in più punti dalla Camera dei deputati - reca disposizioni eterogenee in tema di riscossione dei tributi.

Si segnala il comma 1, che modifica le norme in tema di remunerazione dell'attività di riscossione, in particolare incidendo sulle modalità di determinazione dell'aggio spettante agli agenti della riscossione e rendendo uniforme la disciplina delle procedure di remunerazione. In particolare, si dispone che la remunerazione degli agenti della riscossione continui ad avvenire tramite un aggio; esso è determinato in misura non più variabile, ma in una percentuale fissa pari al 9 per cento delle somme iscritte a ruolo e dei relativi interessi di mora.

Altresì, i commi 5 e 6 recano disposizioni in materia di transazione fiscale effettuata in sede di concordato preventivo.

Il comma 7 contiene disposizioni che derogano alla disciplina ordinaria della riscossione tramite ruolo, al fine di facilitare il recupero delle somme dovute dai soggetti che hanno usufruito delle definizioni agevolate disposte dalla legge finanziaria per il 2003 e che, tuttavia, hanno omesso di effettuare i relativi versamenti.

Il comma 7-bis, introdotto durante l'esame del provvedimento da parte della Camera, fissa in dieci milioni di euro la misura minima di capitale interamente versato richiesto ai fini dell'iscrizione nell'albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali.

 

Semplificazione delle modalità di riscossione coattiva

 

L'articolo 32-bis, introdotto durante l'esame del decreto-legge presso la Camera, reca norme volte a semplificare le procedure di riscossione coattiva.

Si prevede, fra l'altro, che gli importi determinati a seguito delle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento siano direttamente iscritti a ruolo, ove si tratti di somme dovute a titolo di contributi e premi, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento.

 

Versamento dei tributi e contributi dovuti dalle pubbliche amministrazioni

 

L'articolo 32-ter, introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, reca disposizioni in materia di versamento dei tributi e contributi dovuti dalle pubbliche amministrazioni.

In particolare, il comma 1 estende l'utilizzo del modello «F24 enti pubblici» - già previsto per il pagamento dell'IRAP, delle ritenute operate alla fonte, nonché delle addizionali - ai pagamenti di tutti i tributi erariali, dei contributi e dei premi dovuti dagli enti e dagli organismi pubblici ai diversi enti previdenziali e assicurativi.

Testo integrale dell'intervento del senatore Sangalli nella discussione generale del disegno di legge n. 1315

Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli senatori, l'Italia vive la più grave crisi dal dopoguerra e, forse, per la dimensione globale delle turbolenze che hanno attaccato i mercati e le economie mondiali e le pesanti conseguenze sul sistema produttivo e sugli assetti sociali, la più grave crisi dopo la grande recessione del 1929.

Giova ricordare che a quella crisi conseguirono scenari disastrosi causati soprattutto da una tragica conseguenzialità di decisioni politiche sbagliate.

Tutti i principali parametri economici oggi disegnano l'orizzonte di una crisi che si presenta lunga e difficile.

Contrariamente a quanto assicurato dal Governo nei mesi scorsi, l'economia reale è in pesante sofferenza, lo scenario di recessione appare destinato a prolungarsi oltre il prossimo anno, la condizione delle imprese e delle famiglie è sempre più difficile.

Sinceramente sembra stucchevole e ozioso soffermarsi a sostenere una presunta miglior tenuta del nostro sistema finanziario rispetto a quello di altri Paesi. Se ciò è vero (e lo è solo molto parzialmente), è dovuto principalmente alla struttura economica peculiare che le banche hanno a riferimento, fatta di imprese, di famiglie, di territori, la cui diffusione, oltre a creare più coesione e più redistribuzione, ha indotto comportamenti sociali, oltre che economici, da cui deriva una migliore flessibilità ed adattabilità agli shock come quelli che viviamo in questi giorni. A condizione che famiglie, imprese, territori non vengano lasciati soli a districarsi tra crollo degli ordinativi, tempi di pagamento lunghissimi, carenze di finanziamenti, in un ginepraio di messaggi incoerenti che ondeggiano tra il vacuo ottimismo del Presidente del Consiglio ed il manierismo estetico catatonico del Ministro dell'economia.

In realtà è prevalente tra gli operatori economici il senso di inutilità delle politiche fin qui annunciate. Gli strumenti legislativi messi in campo si sono dimostrati limitati ed inadeguati.

Le misure a sostegno e garanzia del credito non hanno prodotto gli effetti necessari per il sistema produttivo, mentre per le piccole e medie imprese cresce la difficoltà di accesso al credito, indispensabile per resistere sul mercato.

Aumenta il tasso di disoccupazione; quote sempre più ampie di popolazione sono a rischio di povertà.

Crescono diseguaglianze che colpiscono soprattutto i giovani, i precari, le Regioni svantaggiate ed in particolare quelle del Sud.

A metà di quest'anno avremo cali consistenti nel numero delle imprese così come non avveniva da vent'anni.

Per contro, e lo dico con grande preoccupazione, non si sta facendo molto di veramente significativo per porre un argine alla frana: né interventi di politica economica o industriale, né significativi cambiamenti adesso necessari.

I provvedimenti come il bonus sociale hanno effetti trascurabili sui consumi, gli sconti fiscali (su IRES e IRAP) escludono le imprese non di capitale (3,3 milioni) e ciò accade mentre le piccole e medie imprese soffrono per il crollo dei consumi e la carenza di liquidità.

È necessario uscire da questa fase di catalessi della politica economica e, per farlo, ci vuole coraggio, spirito civico, coinvolgimento, ascolto reciproco, unità del Paese.

Sono stati compiuti errori gravi come la storia dell'ICI e lo sperpero del cosiddetto salvataggio dell'italianità di Alitalia. Errori che oggi ci privano di risorse che sarebbero oro in un serio programma di rilancio dell'economia.

Le misure in questione non danno impulsi anticiclici, mentre è necessario invertire la grave tendenza in atto attraverso un consistente decremento della pressione fiscale sui redditi da lavoro e su quote di salario derivate da contrattazione di secondo livello - altro che detassazione degli straordinari che adesso non si fanno - e cioè attraverso una politica espansiva. Il conseguente peggioramento dei conti pubblici va recuperato nel 2010-2011 con riduzioni significative di spesa corrente.

Bisogna fare presto una riforma degli ammortizzatori sociali, con la consapevolezza che almeno i due terzi dei lavoratori coinvolti dalla crisi, siano essi dipendenti o autonomi, non hanno forme di sostegno al reddito.

Soprattutto, servono più risorse per garantire il credito alle imprese: non solo le attuali non sono sufficienti, ma il credit crunch si è aggravato ed è necessario sostenere le piccole e medie imprese stimolando la rivalutazione dei cespiti immobiliari produttivi con un'aliquota agevolata del 2 per cento per favorire la patrimonializzazione delle aziende e, contemporaneamente, incentivare le aggregazioni di imprese.

Bisogna sostenere le banche, ma a condizione che si impegnino significativamente verso le imprese: ora dosano il credito e chiedono un generalizzato rientro degli extrafidi.

Bisogna incidere in modo determinato sui termini di pagamento delle pubbliche amministrazioni, ma non solo. Ormai le piccole e medie imprese coinvolte in reti di fornitura sono diventate banca e magazzino dei committenti.

Bisogna sostenere i crediti di imposta su ricerca e innovazione.

Bisogna prevedere che le variazioni del quadro strategico nazionale non determinino rischiosi ritardi che impediscano il disimpegno automatico dei fondi comunitari.

Sul versante energia, bisogna passare con la necessaria gradualità dal vecchio al nuovo sistema implementando trasparenza e pubblicità delle contrattazioni, potenziando i mercati dell'energia ed integrandoci sempre di più nel mercato europeo, dove c'è più concorrenza, minori anomalie di quelle costose che subisce il consumatore italiano.

Testo integrale dell'intervento del senatore Andria nella discussione generale del disegno di legge n. 1315

Signora Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, un decreto-legge che si proponga di affrontare con determinazione i riflessi sull'Italia della crisi economica internazionale e che individui azioni volte a sostenere il rilancio produttivo non può prescindere da uno sguardo attento al settore primario che rappresenta una delle vocazioni più radicate nel Paese.

Da un complesso di provvedimenti che dovrebbe incentivare il lavoro, l'occupazione e l'impresa e - dico testualmente - «ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale», sarebbe legittimo oltre che verosimile attendersi anche misure finalizzate al sostegno e al rilancio dell'agricoltura. E invece no. Con i colleghi del Gruppo PD impegnati nella Commissione agricoltura di questa Camera, a nome dei quali prendo la parola, abbiamo rilevato l'assenza letterale della parola «agricoltura» dal testo del decreto oggi in esame.

Eppure il PD, anche attraverso il Governo ombra all'interno del quale sono incaricato di seguire questi temi, aveva segnalato da subito, e cioè sin dall'inizio della legislatura, la sofferenza del comparto, mentre ai suoi danni, con altrettanta tempestività, il Governo operava vistosi tagli. Successivamente, quando è esplosa la crisi economica, abbiamo ribadito la necessità di interventi a favore dell'agricoltura mediante i provvedimenti che via via si susseguivano.

Sostanzialmente abbiamo sempre registrato una sorta di refrattarietà da parte del Governo, quasi a voler negare l'evidenza della criticità che interessava e interessa il settore. L'unica eccezione in questo primo scorcio di legislatura si è verificata in occasione della conversione in legge del decreto-legge sulla competitività nel settore agroalimentare: non ripeterò quanto già detto in altre circostanze. Mi limito in sintesi a ricordare che in prima lettura al Senato il Gruppo PD presentò significativi emendamenti che la Commissione agricoltura licenziò all'unanimità, anche se poi dovemmo dolorosamente prendere atto del voto contrario sui medesimi, espresso in Aula dai colleghi della maggioranza. Una parte considerevole di quegli emendamenti fu poi ripresentata alla Camera dei deputati dal PD, finalmente incontrando l'assenso del Governo. E dunque, tornando al Senato, il decreto ricevette il definitivo via libera. Solo così potemmo marcare alcuni risultati a vantaggio dell'agroalimentare e della pesca: il seppur lieve incremento agli stanziamenti relativi al credito d'imposta per gli imprenditori agricoli nel 2009 e al Fondo di solidarietà nel 2008, il sostegno accordato alla filiera ittica e al settore olivicolo, il recepimento delle indicazioni per l'avvio a soluzione dei contenziosi INPS, solo per citare le questioni di maggior rilievo sulle quali Governo e maggioranza hanno accolto i nostri emendamenti. Così il Partito Democratico ha operato a tutela dell'agricoltura italiana.

Non è dato rilevare in che modo il Governo intenda assumere su di sé la responsabilità di rivitalizzare e rilanciare questi comparti. Non è dato ricordare, ad oggi, interventi più razionali ed organici, più definiti e decisi, che diano il senso di una vera politica italiana per l'agricoltura e di una effettiva volontà di rilancio competitivo del settore, valorizzando le tante eccellenze del made in Italy e favorendo una più adeguata attività di promozione. Anzi, c'è di più: quando, come purtroppo raramente accade, si riesce ad ottenere una qualche modesta attenzione, capita che alla prima occasione successiva il risultato conseguito venga ridimensionato, quasi sempre a causa della riduzione dell'originario affidamento finanziario.

Qui siamo all'inverosimile: la Gazzetta Ufficiale, il 30 dicembre 2008, ha pubblicato la conversione in legge del decreto sulla competitività nel settore agroalimentare: cioè quanto i due rami del Parlamento aveva pochi giorni prima approvato. Il 31 dicembre (il giorno dopo!) con il cosiddetto decreto milleproroghe il Ministro dell'economia vi ha apportato modifiche che colpiscono naturalmente l'agricoltura e la pesca. Mi riferisco alla copertura finanziaria - già non molto significativa rispetto al reale fabbisogno - del credito d'imposta per l'internazionalizzazione delle imprese agricole, alla questione relativa al canone ricognitorio per le cooperative ittiche, ed ancora all'interpretazione autentica del contenzioso INPS, negando, così, i benefici alle piccole cooperative agricole. Sono perciò fondate e forti la delusione e la preoccupazione degli imprenditori del settore, molti dei quali vedono a rischio la tenuta delle proprie aziende e il mantenimento dei livelli occupazionali.

Il dato di fronte al quale ci troviamo non è certo incoraggiante: nel terzo trimestre del 2008 si è verificato rispetto al precedente un calo del 3 per cento del valore aggiunto in agricoltura, anche se il dato tendenziale (più 4,5 per cento) resta positivo. L'indagine appena completata a cura dell'ISMEA (Istituto di ricerca sui mercati agricoli), su un panel di circa 1.200 operatori dell'industria di trasformazione alimentare, ha evidenziato un diffuso pessimismo: basti sapere che, sul campione intervistato, il sentimento di fiducia nel terzo trimestre 2008 quantificato nello 0,7 nel quarto è sceso a meno 13,6 (la motivazione è ascrivibile all'incremento delle giacenze dei prodotti finiti, al rallentamento degli ordini e dei fatturati nonché alla previsione di un deterioramento del quadro congiunturale nel primo trimestre 2009); per quanto attiene la grande distribuzione (ipermercati, supermercati e minimarket) tra le 200 imprese del settore su cui l'analisi è stata condotta, la fiducia dal più 12,2 nel terzo trimestre 2008 si è attestata a meno 16,2. A me pare che questi dati siano sufficientemente eloquenti e confermino quanto realistico fosse il nostro allarme.

Il decreto anticrisi interviene su una sola questione che ha afferenza con le competenze del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e dunque delle Commissioni corrispondenti del Senato e della Camera: le disposizioni relative alla determinazione del prelievo erariale unico (cosiddetto PREU) sulle somme giocate con apparecchi per il gioco lecito collegati alla rete telematica dei Monopoli di Stato e al finanziamento dell'UNIRE e del CONI. Per gli anni 2009 e 2010 la quota da assegnare al CONI è fissata in 470 milioni, mentre quella per l'UNIRE è determinata in 150 milioni. Una quota delle maggiori entrate determinate dall'aumento del PREU verrà destinata in parte all'UNIRE, allo scopo di incrementare il montepremi e le provvidenze per l'allevamento dei cavalli, e in parte al CONI e allo stesso UNIRE in funzione del loro risanamento finanziario e del riassetto dei relativi settori. Vengono escluse le ordinarie esigenze di funzionamento della medesima UNIRE.

Naturalmente, come Gruppo PD riproporremo gli emendamenti relativi all'avvio e al completamento delle opere previste dal Piano irriguo nazionale (100 milioni all'anno per il triennio 2009-2011); all'incremento del Fondo di solidarietà nazionale (200 milioni all'anno per il triennio 2009-2011); all'estensione del credito di imposta nel settore agroalimentare a tutto il territorio nazionale (era previsto dalla finanziaria 2007 alle sole aree svantaggiate); alle incentivazioni per l'imprenditorialità femminile e giovanile; agli sgravi contributivi per le aziende agricole nei territori svantaggiati e nelle aree montane (2009-2011); al Fondo per il made in Italy (20 milioni per il 2009, 25 per il 2010 e 25 per il 2011).

Il Gruppo del PD esprime preoccupazione per la superficialità con cui il Governo tratta un tema così centrale nell'economia nazionale come l'agricoltura e francamente - spiace dirlo - rileva quanto sia marginale il ruolo del Ministero competente che non riesce ad affermare il proprio peso all'interno dell'Esecutivo, a reclamare il rispetto dei diritti del settore primario e ad ottenere riconoscimenti dignitosi anche sotto il profilo dello stanziamento di adeguate risorse.

Testo integrale dell'intervento della senatrice Granaiola nella discussione generale del disegno di legge n. 1315

Fin dai primi atti di questo Governo ci siamo dovuti abituare a provvedimenti onnicomprensivi che trattano di tutto, dove le singole questioni sono prese e riprese più volte, in testi diversi ed in occasioni diverse. Tutta la manovra finanziaria è stata realizzata così, e così si presenta anche questo decreto-legge. Non sottolineo quest'aspetto per un astratto bisogno di metodologie normative catalogatorie, ma per sottolineare un metodo di lavoro confuso, tutt'altro che trasparente e spesso poco chiaro. Allora è inutile decantare il fatto che si siano eliminate, per semplificare, 3.000 leggi e poi tutto in realtà, giorno dopo giorno, provvedimento dopo provvedimento, risulti più arzigogolato e confuso di prima.

Ma soprattutto è difficile scorgere con chiarezza quali sono le priorità e se esiste una linea unificante di iniziative a contrasto della crisi, intorno alle quali potersi confrontare utilmente e quindi mobilitare tutte le risorse di questo Paese.

Invece il Paese è stato lasciato solo di fronte ad una delle crisi più gravi che si siano affrontate nella storia moderna. I pensionati, i giovani, i lavoratori, gli imprenditori, i professionisti, le famiglie dovranno contare solo sulle proprie forze con il rischio di rimanere chiusi nei propri interessi e nei bisogni più prossimi. Gli eventi degli ultimi mesi, i dibattiti, le scelte che altri Paesi stanno facendo in questi giorni ci dicono che senza un impegno corale e condiviso sarà impossibile uscire da questa crisi più forti, più civili e più competitivi.

La Germania ha investito 50 miliardi per i prossimi due anni, 31 li aveva già investiti alla fine del 2008, creando un fondo di 100 miliardi per le imprese. La Francia ha investito 24 miliardi di euro, la Gran Bretagna 20 miliardi. La cifra che il Governo italiano mette a disposizione delle imprese e dei cittadini è irrisoria, si aggira intorno ai 3 miliardi di euro.

Nell'articolo 2-ter, dove si tratta dell'utilizzo del risparmio degli enti locali, si scorge un approccio metodologico interessante sulla questione del vincolo di stabilità che, se approfondito adeguatamente, avrebbe permesso forse di individuare e sperimentare, nello specifico della crisi, percorsi virtuosi d'intervento collocabili oltre l'astratta, rigida difesa della tutela del Patto di stabilità e senza sollecitare eccessi opposti; ma la strada scelta dal Governo non è stata questa e il decreto in esame, per il suo carattere di sostanziale neutralità rispetto ai saldi di finanza pubblica per il prossimo triennio, si muove in direzione opposta agli interventi che si stanno realizzando negli altri Paesi europei.

Ci avviamo dunque a discutere di un decreto che contiene per la gran parte interventi a costo zero, mentre la crisi dilaga e tocca ormai la maggioranza della società italiana dai piccoli e medi imprenditori, ai lavoratori licenziati e in cassa integrazione, ai precari che sono i primi a perdere il posto di lavoro, alle famiglie, ai pensionati.

Trenta decreti-legge e dieci voti di fiducia non sono stati sufficienti a comporre una vera manovra di bilancio in grado di spostare risorse reali verso l'economia, il lavoro, le famiglie. La denuncia dell'opposizione riguarda anche il rischio concreto che la manovra economica, permanentemente in corso da otto mesi, non sia ancora finita e che altri provvedimenti dovranno essere emanati, per finanziare gli ammortizzatori sociali ed altre emergenze. La maggioranza ha sostenuto alla Camera che l'opposizione fa del pericoloso pessimismo ma i dati dicono che la produzione industriale a novembre è calata del 12,7 per cento, le piccole e medie imprese faticano ad avere linee di credito, migliaia di esercizi commerciali hanno chiuso, crescono in modo esponenziale le ore di cassa integrazione, i consumi si riducono. Il Governo obietta che la crisi non si può attribuire alla sua responsabilità, ma alla responsabilità del Governo è da attribuire l'assoluta mancanza di un'idea per trascinare il Paese fuori dalla crisi. Per quanto riguarda le imprese, alla Camera sono stati respinti emendamenti importanti per dare sollievo alle piccole e medie imprese come quello che intendeva migliorare la norma relativa al pagamento dei debiti arretrati da parte della pubblica amministrazione risolvendo il problema di liquidità dei fornitori.

In questo provvedimento non ci sono interventi robusti e significativi né per le imprese, né per le piccole attività commerciali e artigianali. È vero che all'ultimo momento si è aggiunto un articolo che novella una norma introdotta dal centrosinistra e che riguarda i piccoli commercianti che lasciano la propria impresa e che a determinate condizioni possono accedere a un indennizzo che consente loro di arrivare fino alla pensione di vecchiaia. Ma per il futuro dei piccoli commercianti che non intendono chiudere non ci sono interventi.

Non si parli poi del turismo; per questo settore che è uno dei pochi che ha la possibilità di tenere, non c'è assolutamente nulla se si esclude la riedizione di una norma introdotta dal centrosinistra che proroga a tutto il 2009 i trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità ai dipendenti delle imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici. Di qui si evince la mancanza di cura e di attenzione verso le imprese, verso gli imprenditori turistici e le loro famiglie, verso i loro dipendenti.

Oggi ci mancano quei 7 miliardi di euro tra l'operazione di abolizione dell'ICI e la vicenda dell'Alitalia, che si sarebbero potuti utilizzare in questo provvedimento.

Con riferimento alle misure a sostegno delle piccole e medie imprese gli impegni assunti dal Governo appaiano sostanzialmente generici. Dopo tanto parlare di revisione degli studi di settore, alla fine, come ha detto il senatore Barbolini, la montagna ha partorito il topolino di una norma che si limita esclusivamente a rinviare ad un successivo decreto ministeriale questa problematica.

Quanto alla possibilità di versare l'IVA al momento dell'effettiva riscossione del corrispettivo previsto in fattura, tale possibilità è già consentita dalla disciplina comunitaria, e dunque è possibile applicare fin da ora la misura.

Da considerarsi del tutto trascurabile poi l'effetto della riduzione degli acconti IRES ed IRAP in considerazione del fatto che tale misura non riguarda la maggior parte delle imprese italiane, le quali, avendo natura di impresa individuale, sono soggette all'IRPEF. Inoltre a fronte delle gravissime difficoltà nelle quali versa una percentuale sempre più vasta di imprese, che stanno determinando un rilevantissimo incremento del ricorso alla cassa integrazione guadagni, tale misura risulta del tutto inefficace, in quanto molti imprenditori hanno deciso addirittura di non procedere al versamento dell'acconto.

Il potenziamento finanziario dei consorzi di garanzia collettiva fidi deve essere realizzato garantendo a tali soggetti risorse certe, che non devono essere condizionate a decisioni discrezionali del Governo. In materia di potenziamento finanziario dei Confidi sarebbe stato preferibile prevedere l'istituzione di un Fondo interbancario con garanzia dello Stato, ciò che l'opposizione ha proposto alla Camera con propri emendamenti.

Infine il piano degli interventi a sostegno della domanda interna e a tutela del reddito, in particolare per quanto riguarda i salari che sono fra i più bassi registrati in Europa, non è assolutamente sufficiente a sostenere il rilancio del sistema produttivo.

Questo decreto non interviene su due questioni fondamentali, vale a dire sull'aumento delle disuguaglianze nella distribuzione del reddito e sull'assetto dei consumi. La prima questione non si risolve certo con contributi occasionali ai più bisognosi o con la tessera di povertà e la seconda con la pressante esortazione al sostegno dei consumi che peraltro ci pone seri interrogativi sulla sostenibilità e sull'insensatezza che tale esortazione può assumere per chi soffre la fame, o è vittima di un reddito troppo basso o addirittura assente.

Di fronte ad una crisi certa e pesante come questa le misure assunte dal Governo, oltre ad essere insufficienti, lasciano seri dubbi sulla loro attuazione in tempi brevi.

Ci auguriamo che la maggioranza ascolti le nostre proposte e sappia ritrovare quel senso di responsabilità, quello spirito solidale, che ci può aiutare a trovare le risposte giuste per rilanciare lo sviluppo e ridare alle imprese e alle famiglie fiducia e certezze per il futuro.

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Alberti Casellati, Benedetti Valentini, Caliendo, Cantoni, Carrara, Castelli, Ciampi, Ciarrapico, Colli, Comincioli, Davico, Dell'Utri, Divina, Alberto Filippi, Firrarello, Paolo Franco, Ghigo, Giovanardi, Mantica, Mantovani, Martinat, Massidda, Mura, Orsi, Palma, Palmizio, Pera, Pisanu, Poli Bortone, Rizzotti, Sanciu, Sciascia, Giancarlo Serafini, Speziali e Viespoli.

 

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Chiti, Boldi, Crisafulli, Giaretta, Marcenaro, Nessa, Russo, Santini e Saro, per attività dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa; Cabras, per attività dell'Assemblea parlamentare NATO; Cursi e D'Alì, per partecipare ad una riunione internazionale.

Commissioni permanenti, presentazione di relazioni

In data 22 gennaio 2009, a nome della 14a Commissione permanente la senatrice Licastro Scardino ha presentato la relazione concernente la «Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2007» (Doc. LXXXVII, n. 1-A).

Insindacabilità, presentazione di relazioni su richieste di deliberazione

In data 23 gennaio 2009, a nome della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, il senatore Mazzatorta ha presentato la relazione sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale (n. 194/07 RGNR - n. 2307/08 RG GIP) pendente presso il Tribunale di Monza - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari nei confronti del senatore Raffaele Iannuzzi (Doc. IV-ter, n. 7-A).

  

In data 23 gennaio 2009, a nome della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, il senatore Mazzatorta ha presentato la relazione sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale (n. 19392/06 RGNR - n. 17632/08 RG Gip) pendente presso il Tribunale Ordinario di Firenze - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari nei confronti del senatore Giorgio Stracquadanio (Doc. IV-ter, n. 12-A).

Governo, trasmissione di documenti

Il Ministro degli affari esteri, con lettera in data 16 gennaio 2009, ha inviato, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera g), della legge 22 dicembre 1990, n. 401, la relazione sull'attività svolta nell'anno 2007 per la riforma degli Istituti italiani di cultura e gli interventi per la promozione della cultura e della lingua italiane all'estero.

 

Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 3a e alla 7a Commissione permanente (Doc. LXXX, n. 1).

Governo, progetti di atti comunitari e dell'Unione europea

Il Ministro per le politiche europee, con lettere in data 23 dicembre 2008, 9, 13, 16, 20 e 23 gennaio 2009, ha trasmesso - ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 - progetti di atti comunitari e dell'Unione europea.

 

I predetti atti si intendono trasmessi alle Commissioni, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento.

 

Il testo degli atti medesimi è disponibile presso il Servizio affari internazionali - Ufficio dei rapporti con le istituzioni dell'Unione europea.

Commissione europea, trasmissione di atti e documenti

Nel periodo dal 23 dicembre 2008 al 22 gennaio 2009 la Commissione europea ha inviato atti e documenti di interesse comunitario.

I predetti atti e documenti si intendono trasmessi alle Commissioni, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento.

Il testo degli atti e documenti medesimi è disponibile presso il Servizio affari internazionali - Ufficio dei rapporti con le istituzioni dell'Unione europea.

 

Interrogazioni, apposizione di nuove firme

I senatori Molinari e Soliani hanno aggiunto la propria firma all'interrogazione 3-00478 del senatore Peterlini;

 

la senatrice Soliani ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-00992 del senatore Peterlini.

  

Interrogazioni

CHITI, ROILO, ADAMO, PASSONI, VIMERCATI - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

nell'atto di sindacato ispettivo 3-00049, presentato dagli interroganti il 5 giugno 2008, a proposito della chiusura di alcune sedi di Eutelia spa - società, quotata in borsa, operante dal 1998 nei settori telecomunicazioni e informatica con circa 2.500 addetti, 2.000 dei quali impegnati proprio nei settore IT - che a maggio 2008 aveva annunciato un drastico processo di ristrutturazione con chiusure di sedi, trasferimenti e l'apertura della procedura di Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per crisi per 772 unità, si chiedeva al Governo quali iniziative intendesse adottare al fine di favorire lo sviluppo dei settori dell'alta tecnologia e se non ritenesse opportuno convocare al più presto un tavolo tra i Ministeri e le istituzioni interessate, l'azienda e le parti sociali, per valutare il piano industriale che doveva essere presentato dalla società per affrontare la crisi;

nell'incontro svoltosi l'8 gennaio 2009 con le organizzazioni sindacali, Eutelia ha comunicato ufficialmente la deliberazione del Consiglio di amministrazione di dismissione di tutte le attività legate al settore di Information technology (IT), cioè dell'industria tecnologica che comprende molti settori (dall'informatica alla gestione degli applicativi, dalla progettazione del software a quello dell'hardware) e di sviluppo di un piano industriale legato alle sole attività di telecomunicazioni;

l'azienda non ha fornito alcuna motivazione sui motivi di carattere economico ed industriale legati alla scelta della dismissione;

se da un lato la decisione di vendere i servizi IT ha provocato il rialzo del titolo Eutelia, tanto che lo stesso è stato sospeso per eccesso di rialzo, dall'altro si profila una situazione disastrosa sul fronte occupazionale;

a seguito di questa decisione i lavoratori del settore IT, tutti in possesso di un'elevata professionalità, rischiano di perdere definitivamente il posto di lavoro senza avere nessuna alternativa;

in particolare, rischiano nell'immediato di perdere il posto di lavoro i circa 500 lavoratori (su 550) che, nell'ambito dell'unità produttiva di Pregnana Milanese, operano nell'area IT;

per far fronte a questa situazione nel giugno 2008 sono stati definiti presso il Ministero dello sviluppo economico accordi sui contratti di solidarietà che prevedono la cassa integrazione a rotazione;

la società Eutelia non ha ancora fornito informazioni di dettaglio sulla sua strategia: a tutt'oggi non sono note le sedi ed i reparti per i quali si annuncia la dismissione, né per quali sedi, né per quanti addetti;

le organizzazioni sindacali nazionali ed il coordinamento delle rappresentanze sindacali unitarie del settore metalmeccanico e telecomunicazioni di Eutelia, il 12 gennaio 2009, si sono incontrati con l'azienda presso il Ministero dello sviluppo economico;

le organizzazioni sindacali hanno ricordato la sottoscrizione dei contratti di solidarietà ed hanno manifestato la propria preoccupazione e sconcerto di fronte alla scelta della società Eutelia di disconoscere completamente i suddetti accordi;

questo atteggiamento della società Eutelia conferma l'inadeguatezza della proprietà e del management, sotto il profilo sia della gestione industriale, economica e finanziaria, sia della correttezza delle relazioni industriali e delle relazioni con le istituzioni;

dinanzi a questa prospettiva, è già stato unitariamente deciso dai sindacati uno sciopero nazionale di tutto il gruppo con una manifestazione programmata per il 23 gennaio ad Arezzo,

si chiede di sapere:

se il Governo non ritenga opportuno e doveroso chiarire i motivi che hanno portato la società Eutelia a disattendere gli accordi definiti con il Ministero dello sviluppo economico;

quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di garantire, con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali, delle professionalità dell'azienda e del patrimonio produttivo della società Eutelia.

(3-00491)

MARITATI, DELLA MONICA, D'AMBROSIO - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'interno - Premesso che:

il Ministro dell'interno, con proprio decreto del 14 gennaio 2009, ha disposto di procedere con immediatezza al trasferimento di operatività della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato di Trapani sull'isola di Lampedusa;

il centro di Lampedusa è un Centro di prima accoglienza e soccorso (CPAeS), cioè un centro in cui, secondo le previsioni normative, il trattenimento non dovrebbe superare le 48 ore, tempo stimato come sufficiente e necessario per il primo soccorso delle persone reduci dei viaggi in mare e per organizzare il loro trasferimento negli altri centri CIE (Centri di identificazione ed espulsione) o CARA (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) presenti sul territorio nazionale;

il trasferimento della Commissione di Trapani sull'isola trasforma di fatto il CPAeS di Lampedusa in un CARA, senza però che abbia gli stessi servizi e lo stesso regime previsti dalle norme. Infatti i richiedenti asilo trattenuti nei CARA hanno diritto ad uscire dal centro ed hanno diritto a un servizio di orientamento legale: spiegazione cioè delle procedure e degli strumenti di difesa;

vengono di conseguenza vanificati completamente i diritti tipici della persona richiedente asilo, riconosciuti e tutelati dalle leggi italiane. In particolare:

a) il diritto ad essere orientato e informato sulla legge italiana riguardo al diritto d'asilo;

b) il diritto, in sede di audizione in Commissione, ad esser assistito da un avvocato e, verosimilmente, a Lampedusa è improbabile che ci siano avvocati/e privati o di enti di tutela in grado di garantire l'attuale diritto a tutti i migranti che presentano domanda d'asilo sull'isola;

c) il diritto al ricorso avverso il diniego della protezione internazionale. La normativa italiana vigente prevede (decreto legislativo n. 25 del 2008, art. 35) che entro 15 giorni (o, in altri casi, entro 30 giorni) dalla notifica del provvedimento con il quale la Commissione territoriale rigetta l'istanza di asilo, l'interessato, a pena di decadenza dall'azione, debba presentare ricorso presso il Tribunale ordinario in composizione monocratica del capoluogo di distretto di Corte d'appello in cui ha sede la Commissione territoriale. Nel caso di esame della domanda direttamente a Lampedusa permane la competenza del Tribunale di Palermo, dal momento che la Commissione territoriale di Trapani si trova ad operare a Lampedusa solo in via provvisoria. Appare inverosimile e bizzarro ipotizzare che decine o centinaia di richiedenti asilo, totalmente privi di mezzi, ma liberi di circolare sull'isola di Lampedusa, possano, nel brevissimo lasso di tempo a loro disposizione, materialmente adire alla giurisdizione contattando legali disponibili, privatamente o per il tramite di enti di tutela, a tutelare le singole posizioni individuali e depositare in tempo utile i ricorsi presso il Tribunale di Palermo, città situata a diverse centinaia di chilometri di distanza, raggiungibile solo dopo un lungo viaggio in nave ed un successivo viaggio via terra;

inoltre, l'assunzione di provvedimenti da assumersi con immediatezza pone rilevanti interrogativi sulle procedure di identificazione dei migranti e sulla certezza delle attribuzioni delle rispettive identità e nazionalità, soprattutto in virtù del fatto che la maggior parte di loro, soprattutto nel caso di persone in fuga e in cerca di protezione internazionale, non ha con sé documenti;

le incertezze sono particolarmente problematiche e gravi quando si tratta di minori stranieri non accompagnati e minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo;

le eventuali misure di allontanamento forzato, se disposte direttamente a Lampedusa, non tutelano il diritto di impugnazione e il conseguente accesso ai diversi gradi della giurisdizione. Le persone entrate o soggiornanti irregolarmente, e tra queste anche i migranti giunti irregolarmente a Lampedusa, qualunque sia la loro età, a partire dal momento del loro ingresso in Italia, devono avere possibilità adeguate di presentare un ricorso avverso il provvedimento di rimpatrio davanti ad un'autorità giudiziaria,

si chiede di sapere:

che cosa intenda fare il Governo per evitare che le recenti decisioni del Ministro dell'interno danneggino gravemente la tutela dei richiedenti protezione internazionale e incidano profondamente sul rispetto dei diritti umani delle persone che fuggono da situazioni di miseria, persecuzione, violenza;

se il Governo sia in grado di assicurare che non verranno adottate in nessun modo e sotto nessuna forma misure di rimpatrio collettivo fortemente vietate dall'articolo 4 del Protocollo addizionale n. 4 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; forme che, in base alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, si verificano tutte le volte in cui non viene presa in considerazione la situazione individuale della persona sottoposta alla misura di allontanamento forzato, e in tutti i casi nei quali non si provveda ad un'identificazione certa.

(3-00492)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

GASBARRI - Al Ministro dell'interno - Premesso che:

il 26 maggio 2008 è stato presentato presso la Scuola superiore di Polizia il programma "Tessera del tifoso" che ha introdotto in Italia la figura del "tifoso ufficiale";

si tratta di un'iniziativa dell'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, istituito presso il Ministero dell'interno, grazie alla quale i tifosi in possesso della suddetta tessera avranno una serie di facilitazioni, privilegi e/o benefici sia nell'acquisto dei tagliandi che nell'accesso a tutti i servizi che si connettono ad un evento calcistico;

il progetto mira, dunque, a creare la categoria dei tifosi cosiddetti "ufficiali", ai quali i club potranno rivolgersi quali clienti fidelizzati;

con l'inizio della stagione calcistica è partito il percorso sperimentale del programma che entrerà a regime dall'anno prossimo;

il fine della tessera sarebbe quello di accrescere gli standard di sicurezza delle manifestazioni sportive, incentivando la formazione di comunità privilegiate di sostenitori, anche attraverso un controllo più efficace e tempestivo finalizzato ad escludere dagli impianti i soggetti già colpiti da specifici provvedimenti interdettivi;

al di là dei propositi, ampiamente condivisibili, si rileva che le cosiddette linee guida lasciano margini troppo ampi nella progettazione del documento stesso, per quanto attiene sia gli elementi di sicurezza grafici che a quelli contenuti nei supporti di memorizzazione digitale. Tale approccio, oltre a non offrire adeguate garanzie dalla contraffazione e dalla falsificazione, non fornisce adeguate indicazioni in merito agli aspetti più strettamente correlati all'interoperabilità della tessera, non assicurandone omogenea lettura ed interpretazione su tutto il territorio nazionale;

non definire i modelli di interoperabilità significa non assicurare la corretta ispezione dei documenti dei tifosi delle squadre ospiti e, di conseguenza, non consentire sostanziali soluzioni alla situazione attuale;

inoltre dalle linee guida non emerge nulla, in maniera chiara ed univoca, in merito alle funzionalità identificative, sia tradizionali che elettroniche;

premesso inoltre che:

perplessità suscita l'istituzione della tessera del tifoso considerato che i documenti di identità elettronici quali la carta di identità, il permesso di soggiorno ed il passaporto elettronici negli ultimi anni in Italia stanno subendo significativi rallentamenti;

da oltre otto anni in Italia si cerca di far decollare il progetto del documento di identificazione principale, la carta d'identità elettronica. Dopo un iniziale periodo di sperimentazione, che ha consentito di verificare le eventuali modifiche migliorative, in tutti questi anni, non è stato apportato alcun elemento di innovazione nei modelli organizzativi;

un altro progetto che non procede secondo tempistiche e modalità auspicate è quello relativo ai permessi di soggiorno elettronici. Dopo un iniziale periodo di difficoltà, ormai viene "spersonalizzato" dal Poligrafico in migliaia di unità al giorno, rischiando di essere revisionato proprio in quegli elementi di sicurezza che, consentendone la verifica di autenticità anche in assenza di strumenti elettronici, garantiscono puntuali e capillari controlli sul territorio;

per il passaporto elettronico non risulta ancora avviata la seconda fase di realizzazione, che prevede la memorizzazione delle impronte digitali, necessarie per rendere maggiormente selettivi i controlli, soprattutto quelli automatici;

mentre in molti Paesi si cerca di garantire livelli di sicurezza sempre più elevati per i cittadini, grazie all'introduzione di documenti sempre più innovativi ed efficaci, in Italia si progetta la tessera del tifoso che, anziché contribuire ad una migliore identificazione dei sostenitori delle varie società, è finalizzata a migliorare i ricavi dei singoli club;

il programma "tessera del tifoso" infatti prevede una serie di agevolazioni per gli iscritti che potranno concretizzarsi in vari benefit tra i quali, ad esempio, biglietti premio, varchi di ingresso privilegiati agli stadi, diritti di prelazione nell'acquisto di tagliandi per le partite "di cartello" e, non ultimo, l'esclusione da molte limitazioni che oggi riguardano in maniera indifferenziata le tifoserie;

considerato che:

non si può far a meno di chiedersi quale sia il reale vantaggio di questa tessera sul piano della sicurezza, considerato che molte delle misure prese in passato - con diversi decreti-legge - per contrastare il fenomeno della violenza negli stadi, come i biglietti nominali ed i tornelli, in realtà non trovano applicazione;

oltre ai biglietti nominali che contengono nome, cognome e data di nascita occorrerebbe esibire anche la carta d'identità per entrare allo stadio. Purtroppo queste misure vengono spesso disattese,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno valutare la reale necessità della funzione della tessera del tifoso, in modo che quest'ultima non si configuri solo come un mezzo per ottenere dei benefit dalle società di calcio, nonché la necessità di applicare le misure, già vigenti da tempo, predisposte contro la violenza negli stadi;

quali iniziative intenda adottare per implementare non solo la diffusione dei documenti elettronici, ma anche lo stato di avanzamento del progetto dei documenti stessi, nonché per garantire l'operatività di disposizioni già vigenti, elevando così i livelli di sicurezza.

(4-01034)

DE ANGELIS - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

a seguito delle recenti mareggiate i porti situati nel Lazio - quali Fiumicino (porto canale), Anzio e Terracina - sono stati interessati da vistosi fenomeni di insabbiamento;

a loro volta, questi hanno determinato una situazione di pericolo tale da poter comportare anche la chiusura dei canali navigabili di accesso;

per mettere in sicurezza i porti del Lazio sarebbe necessario un intervento risolutivo al fine di garantire tutti coloro che operano nel comparto marittimo;

considerato che:

l'insabbiamento dell'imboccatura del porto di Anzio ha superato i livelli di guardia;

tale stato di cose mette quotidianamente a repentaglio la sicurezza degli equipaggi dei pescherecci e di ogni natante in entrata o in uscita dal bacino portuale;

storicamente la città di Anzio ha sempre avuto nell'economia portuale una grande risorsa economica, sociale ed occupazionale, sia nel settore della pesca che in quello turistico e commerciale;

la chiusura del porto di Anzio avrebbe conseguenze disastrose per tutta l'economia cittadina, già duramente provata dalla crisi in atto a livello internazionale;

problemi analoghi a quelli che interessano il porto di Anzio riguardano anche il porto di Terracina e l'imboccatura del porto canale di Fiumicino;

detti porti, in particolare, rappresentano le infrastrutture più vitali nell'economica del settore pesca nel Lazio;

rilevato che:

il decreto legislativo n. 112 del 1998 e successive modificazioni, all'articolo 106, comma 2, ha previsto la cessazione del servizio di escavazione porti (SEP) ed il trasferimento del relativo personale alle Regioni interessate;

in data 2 luglio 2001 è stato firmato un protocollo d'intesa sulla ricollocazione del personale ex SEP tra la Regione Lazio, i Comuni interessati e le organizzazioni sindacali confederali,

l'interrogante chiede di sapere:

se il Presidente del Consiglio e il Ministro in indirizzo, ciascuno per quanto di competenza, siano a conoscenza di tutto quanto sopra esposto;

quali siano le specifiche competenze spettanti alla Regione Lazio per la manutenzione dei canali d'accesso ai porti;

quali siano le iniziative da intraprendere con urgenza per la risoluzione dei problemi citati al fine di scongiurare la chiusura dei porti stessi e le conseguenti gravissime ripercussioni economiche e sociali, con particolare riferimento al porto di Anzio, di Terracina e a quello di Fiumicino;

se si intenda intervenire per accertare se gli insabbiamenti citati si siano verificati anche a seguito di eventuali inadempienze e, in caso affermativo, se e con quali modi intenda intervenire al fine di individuare eventuali responsabilità.

(4-01035)

CASSON - Al Ministro della giustizia -

(4-01036)

(Già 3-00423)

Interrogazioni, già assegnate a Commisssioni permanenti, da svolgere in Assemblea

  

L'interrogazione 3-00197, della senatrice Vicari, precedentemente assegnata per lo svolgimento alla 7aCommissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport), sarà svolta in Assemblea, in accoglimento della richiesta formulata in tal senso dall'interrogante.

 

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:

  

2a Commissione permanente (Giustizia):

 

3-00492, dei senatori Maritati ed altri, sul trasferimento della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato da Trapani a Lampedusa;

 

10a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo):

 

3-00491, dei senatori Chiti ed altri, sul piano di ristrutturazione di una società operante nel settore dell'informatica e delle telecomunicazioni.