Legislatura 16º - 3ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 31 del 26/01/2009


AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE (3ª)

 

LUNEDÌ 26 GENNAIO 2009

31ª Seduta

 

Presidenza del Presidente

DINI

 

            Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Scotti.

 

La seduta inizia alle ore 14,05.

  IN SEDE REFERENTE

 

(1333) Ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008, approvato dalla Camera dei deputati

(Esame e rinvio)

 

Il presidente relatore DINI (PdL) illustra il provvedimento in titolo. Sottolinea in premessa che il Trattato in esame, firmato a Bengasi il 30 agosto scorso, tra Italia e Libia, segna la fine di un lungo contenzioso derivante dal periodo coloniale e pone le basi per un rinnovato sistema di relazioni bilaterali.

Le premesse del rinnovato stato delle relazioni bilaterali risalgono ai contatti avviati negli anni ‘90 e che hanno condotto al Comunicato Congiunto italo libico del 4 luglio 1998. All’epoca la Libia era un paese isolato e l’Italia, con un’azione diplomatica attiva, sentì la responsabilità di ricostruire i rapporti tra la Libia e la Comunità internazionale. Grazie in particolare agli sforzi diplomatici italiani la Libia uscì da quell’isolamento, rispondendo alle richieste che provenivano dalle Nazioni Unite, il che portò al superamento delle sanzioni e avviò una normalizzazione dei rapporti diplomatici tra la Libia e i paesi della Comunità internazionale.

Con il Comunicato Congiunto del 1998 l’Italia espresse per la prima volta il rammarico per le sofferenze arrecate al popolo libico a seguito della colonizzazione italiana e, al contempo, l’intenzione di trovare la soluzione di tutti i contenziosi bilaterali, costruire un rapporto di rispetto reciproco e collaborazione paritaria. La portata del Comunicato è stata storica e ha messo in rilevo la maturità della democrazia italiana nel riconoscere il proprio passato in una prospettiva realistica.

Il Trattato in esame costituisce il punto di arrivo di lunghe trattative e negoziati che hanno creato le condizioni per il passaggio da quella prima intesa del 1998 a un vero e proprio Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione. Esso stabilisce che il 30 agosto, anniversario della firma, sia proclamato "Giornata dell'Amicizia Italo- Libica".

Il Trattato corrisponde agli interessi dell’Italia, ove si consideri la rilevanza della Libia quale partner commerciale e interlocutore imprescindibile nel campo della politica energetica, ma anche nella disciplina dei flussi migratori in seno al Mediterraneo.

Al momento attuale la Libia rappresenta un’entità a pieno titolo inserita e operante sullo scenario europeo e internazionale. Rispetto all’Italia, vi sono relazioni privilegiate; del resto, il Mediterraneo e i paesi della sponda Sud che vi si affacciano sono sempre stati una costante priorità della politica estera dei Governi italiani da oltre venti anni.

Quanto ai contenuti del Trattato, esso si articola in tre Capi. Il primo stabilisce i princìpi generali alla base dell'intesa. Si conferma l'impegno delle Parti al rispetto della legalità internazionale nel quadro della comune visione di centralità della Carta delle Nazioni Unite, cui il Trattato fa continuo riferimento. Vengono poi affermati i princìpi del rispetto dell'uguaglianza sovrana degli Stati, del non ricorso alla minaccia o all'impiego della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza dell'altra Parte, della non ingerenza negli affari interni anche impegnandosi, nel rispetto della legalità internazionale, a non usare il proprio territorio in attività ostili verso l'altra parte. Tale impegno era del resto già contenuto nel Comunicato Congiunto del 1998. Non c'è nessuna incompatibilità con il Trattato Nato qualora la Libia agisca nel quadro della legalità internazionale. È altresì ribadito l'impegno alla soluzione pacifica delle eventuali controversie e al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Al riguardo l'Italia potrà sempre richiamare la Libia al  rispetto della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e della Carta delle Nazioni Unite senza violare il principio della non ingerenza negli affari interni. Italia e Libia si impegnano inoltre ad adottare iniziative atte alla creazione di uno spazio culturale comune all'interno del quale si possa sviluppare il dialogo tra le due culture.

Il Capo II (articoli da 8 a 13) reca norme sulla "chiusura del capitolo del passato" e i contenziosi ancora in atto. In particolare, l'articolo 8 impegna l'Italia a realizzare in Libia progetti infrastrutturali di base individuati sulla base di intese bilaterali. Il relativo tetto massimo di spesa complessiva è di 5 miliardi di dollari, distribuiti in venti anni, cioè un importo annuale di 250 milioni di dollari. La Libia renderà disponibili i terreni e agevolerà le imprese esecutrici dei lavori. La realizzazione dei progetti sarà affidata a imprese italiane, i fondi finanziari saranno gestiti dall'Italia e non ci sarà quindi nessun trasferimento dei fondi alla Libia. L'articolo 9 istituisce una Commissione mista paritetica, costituita da componenti designati dai rispettivi Stati, con il compito di individuare le caratteristiche tecniche dei progetti infrastrutturali di base e stabilire la tempistica dei lavori.

Tra le iniziative speciali dell’Italia a favore del popolo libico, di cui all'articolo 10, figurano oltre a quelle già contenute nel Comunicato Congiunto - quali l'assegnazione di borse di studio universitarie e post-universitarie a studenti libici, la cura di persone colpite dallo scoppio di mine in Libia presso istituti italiani e la restituzione di manoscritti e di reperti archeologici trasferiti in Italia in epoca coloniale -  il ripristino del pagamento delle pensioni di guerra ai titolari libici e la costruzione in Libia di 200 unità abitative. Per contro, la Libia, confermando il Comunicato Congiunto, si impegna a concedere i visti di ingresso anche ai cittadini italiani espulsi in passato dal proprio territorio che desiderino entrare nel Paese per motivi di turismo, lavoro, o per altre finalità. Inoltre è previsto che, dopo lo scioglimento della Azienda libico-italiana (ALI), il fondo speciale da essa costituito sia gestito da un comitato misto paritetico e sia destinato alla realizzazione di iniziative speciali, come previsto dal Comunicato Congiunto (articolo 12).

Ai sensi dell’articolo 13, la Libia e l’Italia si impegnano a raggiungere con uno scambio di lettere una soluzione della questione dei crediti vantati dalle aziende italiane nei confronti di amministrazioni ed enti libici, sulla base del negoziato finora condotto nell'ambito dell'apposito Comitato misto sui crediti. Nel medesimo scambio di lettere sarà anche definita la questione dei debiti di natura fiscale e/o amministrativa di aziende italiane nei confronti di enti libici.

Il Capo III (articoli da 14 a 23), disciplina il nuovo partenariato bilaterale. Per rinsaldare le relazioni bilaterali, già presenti in numerosi settori, le Parti costituiscono un Partenariato bilaterale che si esprimerà attraverso consultazioni politiche su temi bilaterali, regionali e internazionali di reciproco interesse. Il Partenariato prevede, tra l'altro, una riunione annuale del Comitato di partenariato, formato dal Presidente del Consiglio dei ministri italiano e dal Segretario del Comitato Popolare Generale, che si svolgerà alternativamente nei due Paesi. Il Comitato di partenariato adotta i provvedimenti necessari all'attuazione degli impegni previsti dal Trattato (articolo 14).

L'articolo 15 prevede un rafforzamento della cooperazione negli ambiti scientifici e della tecnologia, mentre l'articolo 16 è volto ad approfondire la cooperazione culturale e i legami di amicizia tra i due Paesi. L'articolo 17 prevede la collaborazione economica e industriale, e l’articolo 18 promuove la cooperazione in materia energetica che le Parti si impegnano a favorirne il rafforzamento.

L'articolo 19 è volto a rafforzare la collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all'immigrazione clandestina. Per contrastare l'immigrazione clandestina, in base al Protocollo di cooperazione firmato a Tripoli il 27 dicembre 2007, è previsto il pattugliamento congiunto in mare con equipaggi misti e con motovedette messe a disposizione dall'Italia. E' inoltre prevista la creazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, da affidare a società italiane specializzate. Il costo dell'operazione sarà per metà a carico dell'Italia e per l'altra metà verrà chiesto il contributo dell'Unione europea, sulla base di precedenti intese tra quest'ultima e la Libia.

Il Trattato prevede altresì collaborazione nel settore della difesa tra le rispettive forze armate e tra le industrie militari, al sostegno alle vittime dello scoppio di mine e alla riabilitazione dei territori libici danneggiati. Con l'articolo 21 le Parti si impegnano a collaborare nel settore del disarmo e della non proliferazione delle armi di distruzione di massa e di adoperarsi per fare della Regione del Mediterraneo una zona libera da tali armi. Il Partenariato, infine, è esteso allo sviluppo dei rapporti tra i Parlamenti e gli enti locali delle due Parti, con l'intendimento di approfondire la conoscenza reciproca (articolo 22). L'articolo 23 reca le disposizioni finali relative all'entrata in vigore del Trattato e le modalità per le sue eventuali modifiche.

Per quanto attiene al disegno di legge di ratifica, accanto alle consuete disposizioni recanti l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione del Trattato, esso reca, all'articolo 3, alcune disposizioni a carattere generale dirette a introdurre, fino al 2028, un'addizionale all'imposta sul reddito delle società (IRES) per le imprese residenti in Italia e operanti nel settore della ricerca e della coltivazione di idrocarburi. Il comma 1 definisce quali soggetti passivi le società ed enti commerciali residenti in Italia con partecipazioni di controllo e di collegamento e con immobilizzazioni materiali e immateriali nette dedicate a tali attività con valore di libro superiore al 33 per cento della corrispondente voce di bilancio; le emittenti azioni o titoli equivalenti ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato a società ed enti con una capitalizzazione superiore a 20 miliardi di euro. L'aliquota ordinaria dell'imposta, ai sensi del comma 2, è pari al 4 per cento dell'utile prima delle imposte risultante dal conto economico qualora dallo stesso risulti un'incidenza fiscale inferiore al 19 per cento.   L'imposta non è dovuta nelle ipotesi di esercizi in perdita mentre specifiche disposizioni sono dirette a individuare un importo massimo del tributo dovuto.  Ai sensi del comma 3 vengono dettati i criteri per determinare l'incidenza fiscale del tributo, mentre ulteriori precisazioni in merito all'onere netto per l'IRES sono contenute nel successivo comma 4.

Nel corso dell’esame del provvedimento da parte della Camera dei deputati è stato approvato un nuovo articolo 4 che reca il riconoscimento di un ulteriore indennizzo a soggetti titolari di beni, diritti e interessi sottoposti in Libia a misure limitative. Esso dispone, in particolare, l’integrazione delle anticipazioni già percepite da cittadini italiani ovvero da società italiane operanti in Libia a seguito di provvedimenti emanati dalle autorità libiche, ai sensi della legge n. 1066 del 1971. A tal fine il comma 5 dell'articolo 4 istituisce un apposito fondo con una dotazione di 50 milioni di euro annui dal 2009 al 2011. La Commissione interministeriale per gli indennizzi potrà riesaminare le domande respinte in precedenza per carenza di documentazione.

L'articolo 5 infine reca la copertura finanziaria del provvedimento.

Il Trattato è stato oggetto di un lungo e in alcuni momenti anche teso confronto presso la Camera dei deputati, che tuttavia ha concluso i suoi lavori con un voto che ha visto la convergenza della maggioranza e di gran parte dei parlamentari dell’opposizione. Pur comprendendo come siano emersi rilievi su alcuni aspetti di questo Trattato, frutto di una negoziazione lunga e complessa, il presidente relatore ritiene tuttavia che oggi occorra valutare, al di là delle questioni di dettaglio, il significato politico di questo Trattato. Su di esso si deve esprimere un giudizio; un giudizio, a suo avviso, largamente positivo. L’Italia è il primo paese ex-coloniale che riconosce con chiarezza le responsabilità derivanti dal passato. Questo riconoscimento permette di guardare al futuro e di porre così basi solide per un rapporto forte tra le due sponde del Mediterraneo che deve divenire sempre di più non una barriera ma un ponte di pace fra culture diverse nella prospettiva di un progresso comune.

 

Il senatore PERDUCA (PD)  condivide il rilevante significato politico del Trattato in esame. Osserva in premessa come, tuttavia, esso sia frutto di un accordo tra Governi senza il coinvolgimento, se non nell’attuale stato di ratifica, dei Parlamenti nazionali, i quali rimarranno altresì estranei all’applicazione dello stesso.

Dopo aver richiamato l’articolo 22 dell’Accordo, volto a favorire lo sviluppo dei rapporti tra i Parlamenti e tra gli enti locali, nella consapevolezza della loro importanza per una più intensa e approfondita conoscenza reciproca, fa presente come il proprio partito non sia pregiudizialmente contrario ad un dialogo con la Libia, ma dissente fortemente dalle modalità definite nel Trattato in titolo. Tale considerazione è alla base della presentazione, nel corso dell’esame in prima lettura da parte della Camera dei deputati, di un elevato numero di proposte emendative, le quali, preannuncia, saranno altresì riproposte innanzi alla Commissione. L’Accordo, pur frutto di trattative lunghe e complesse, reca disposizioni non chiare prevedendo interventi indefiniti e sostanzialmente rimessi, per rilevanti profili, a comitati da costituirsi successivamente e a scambi di lettere. Mancano poi criteri orientativi per risolvere eventuali future interpretazioni contrastanti, il che potrebbe essere foriero di difficoltà applicative e di controversie.

Sottolinea come la genericità delle espressioni utilizzate nell’Accordo ponga a rischio l’effettivo rispetto delle pattuizioni, tanto più avendo quale controparte lo Stato libico. Le posizioni pubbliche assunte dal Governo della Libia nel contesto internazionale e le misure di nazionalizzazione preannunciate per far fronte al calo del prezzo del petrolio inducono a nutrire preoccupazioni e a proporre incertezze su come il Trattato verrà applicato, soprattutto considerando la ingente consistenza degli stanziamenti di denaro pubblico ad esso destinati da parte italiana.

Fa notare come, rispetto all’intento di porre rimedio alle sofferenze arrecate al popolo libico nel periodo coloniale, gli investimenti infrastrutturali che l’Italia si propone di effettuare in Libia non abbiano immediate e certe ricadute rispetto alla popolazione locale e, anzi, possano avere un elevato impatto dal punto di vista ambientale e dell’assetto territoriale, senza che il Trattato nulla disponga in merito.

Un’ulteriore problematica che ritiene degna di considerazione è costituita dall’esigenza di assicurare un’interlocuzione che ponga quale premessa imprescindibile il rispetto dei diritti umani delle popolazioni interessate. A tale proposito, richiama il pericolo che in Libia non vengano adeguatamente tutelati i diritti dei dissidenti e delle minoranze etniche e religiose, oltre al preoccupante fenomeno dell’emigrazione illegale, che avviene secondo modalità in totale violazione dei principi umanitari.

Osserva peraltro come i meccanismi di contrasto ai fenomeni migratori clandestini sia affidato nel Trattato ad un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche che giudica inadeguato alla luce delle dimensioni di tale confine e dei sistemi individuati.

Evidenzia che tutte le considerazioni appena svolte sono finalizzate a sollecitare un attento approfondimento dei contenuti del Trattato,  ferma restando la disponibilità al dialogo e al confronto della propria parte politica.

Rispetto, poi, al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, fa presente che la principale destinataria delle misure fiscali ivi contenute sarà l’ENI, la quale dovrebbe anche essere la principale fruitrice anche delle nuove opportunità commerciali derivanti dal Trattato. In proposito, ritiene che la finalità di sostenere un aumento dell’interscambio commerciale con la Libia avrebbe potuto essere perseguita efficacemente anche senza la sottoscrizione di un Trattato come quello in esame che, peraltro, non individua adeguati criteri per la selezione delle imprese che effettueranno investimenti e non definisce procedure e caratteristiche degli affidamenti degli appalti.

Sottolinea come il Trattato sottoscritto dall’Italia difficilmente possa essere considerato quale riferimento in ambito internazionale di soluzione delle controversie originate nel periodo coloniale. Peraltro, la tradizione e l’autorevolezza italiana nello scenario internazionale, che si sono andate consolidando grazie al ruolo svolto in sede di istituzione della Corte penale internazionale e di sostegno all’adozione della risoluzione delle Nazioni unite sulla sospensione della pena di morte, non possono essere a suo avviso vanificate dalla sottoscrizione di un Accordo con uno Stato, quale la Libia, che tarda nell’avviarsi con decisione sul sentiero di una riforma in senso democratico delle sue istituzioni. Sotto questo profilo lamenta che in tale Accordo non siano state inserite, diversamente dalla prassi seguita dall’Unione europea nella stipulazione dei Trattati internazionali, disposizioni relative alla predisposizione di meccanismi di verifica rispetto alla tutela dei diritti umani e civili in sede applicativa.

Evidenzia quindi come un ulteriore elemento da tenere in considerazione sia costituito dai riferimenti contenuti nell’Accordo al rispetto della legalità internazionale, soprattutto in relazione alla partecipazione italiana ad eventuali future iniziative definite dalla NATO che dovessero prevedere l’utilizzo di basi sul territorio italiano e che coinvolgessero anche la Libia. Giudica grave il ricorso nell’Accordo a nozioni di incerta interpretazione che potrebbero tradursi, in concreto, in limitazioni per l’Italia nelle posizioni da assumere in seno alla comunità internazionale. Analoghe considerazioni valgono relativamente al principio di non ingerenza negli affari interni.

In conclusione, ribadisce come la posizione della propria parte politica rispetto al disegno di legge in esame, che condurrà alla presentazione di numerose proposte emendative,  non sia motivata da una pregiudiziale chiusura rispetto all’instaurazione di rapporti politici e commerciali con la Libia, bensì da un fermo disaccordo sui contenuti del Trattato di amicizia.

 

Il presidente relatore DINI (PdL)  prende atto delle considerazioni svolte dal senatore Perduca e si riserva di fornire chiarimenti in sede di replica.

 

Dopo un intervento della senatrice MARINARO (PD), e aver informato che il provvedimento è stato inserito nel calendario dei lavori dell’Assemblea per la prossima settimana, propone di fissare alle ore 11 di domani, martedì 27 gennaio 2009, il termine per la presentazione di emendamenti al disegno di legge in titolo.

 

La Commissione conviene.

 

Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

 

La seduta termina alle ore 15,05.