ACCORDI BILATERALI E TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DEI MIGRANTI: IL CASO ITALIA-LIBIA.

 

 

 

 

 

1. Il Programma dellAja del 2004 afferma solennemente che occorre migliorare la capacit, dellUnione Europea  e dei suoi Stati membri, di garantire i diritti fondamentali, le garanzie procedurali minime e laccesso alla giustizia per fornire protezione alle persone che ne hanno bisogno ai sensi della Convenzione di Ginevra sui rifugiati e di altri trattati internazionali. Lo stesso programma dellAja ribadisce che devono essere pienamente rispettati i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea.

 

Nellambito  del Programma dellAja, alcuni studi degli organismi comunitari, anche in collaborazione con lACNUR, tentavano di verificare il merito, lopportunit e la fattibilit del trattamento comune delle domande di asilo allesterno del territorio dellUE, che dovrebbe integrare lauspicato, e non ancora realizzato, regime europeo comune in materia di asilo. La nuova dimensione esterna  dellasilo e della immigrazione assume intanto risvolti che preoccupano fortemente per le violazioni dei diritti fondamentali delle persone nei paesi di transito, come confermato, oltre che da Human Rights Watch, e da Amnesty, da documentati siti internet ( come www.fortresseurope.blogspot.com), da una relazione tecnica della Commissione Europea del 2005, dopo una visita effettuata in Libia alla fine del 2004, e da un Rapporto dellAgenzia europea Frontex nel 2007.

Nel settore della migrazione, l'UE e la Libia cooperano gi dal 2004, ma solo su progetti assai limitati, dopo che lItalia, e in particolare Prodi alla presidenza dellUnione Europea, hanno avuto un ruolo fondamentale nel rimuovere lembargo nei confronti della Libia stabilito dopo gli attentati terroristici di Lockerbie ed in Germania, nei quali risultava il coinvolgimento di agenti libici. Nel quadro del programma comunitario "Migrazione e asilo" sono gi stati finanziati due progetti: uno relativo al controllo delle frontiere meridionali con il Niger e un altro relativo all'assistenza al rientro volontario di migranti, in collaborazione con lOIM. Un terzo progetto, sempre relativo al controllo delle frontiere, dovrebbe partire all'inizio del 2009.

La Relazione della Missione tecnica della Commissione nel 2005, confermata dal successivo rapporto Frontex del 2007, osservava peraltro la difficolt del controllo delle frontiere libiche, alla luce della situazione geopolitica, dei mezzi e delle dotazioni di personale addetto ai controlli. Fino al 2004, in pratica, la Libia non aveva forze navali specificamente destinate per il controllo delle frontiere marittime, ed i controlli alle frontiere terrestri, linee di demarcazione spesso invisibili nelle distese desertiche, si limitavano alle postazioni fisse ubicate sulle principali vie di transito battute da secoli dai carovanieri.

 

 Border management was the subject of particular attention during the mission, considering its key importance in the field of illegal immigration. Border control is significantly affected by the length of the borders ( 4,400 km of permeable  borders with six countries, and 1,770 km of coastline), the geographical situation of border areas (desert in most cases) and the absence of demarcation in many locations. The Libyan authorities seem to have understood the serious problems faced as regards the management of Libyas external borders, the need to dramatically increase the number of staff involved, to improve their training, to provide them with proper equipment, to develop international cooperation as well as to improve inter-service cooperation.

 

La visita della delegazione della commissione Europea, alla fine del 2004, tracciava le possibili linee di sviluppo di una collaborazione tra la Libia e lUnione Europea.

Concrete orientations for co-operation are summarised as follows:

 

 

Dopo quella visita le proposte della Missione tecnica della Commissione non sono state seguite dai fatti, anche perch i paesi europei, dopo lallargamento ad oriente, risultavano sempre meno propensi ad investire risorse ingenti come quelle necessarie per realizzare i programmi di assistenza tecnica e di controllo alle frontiere meridionali, ed ancora pi a sud , addirittura alle frontiere meridionali dei paesi di transito. E stata lItalia, semmai, che con i programmi ARGO e ACROSS SAHARA ha dato un impulso alla formazione ed alla organizzazione della polizia di frontiera libica, attingendo a fondi comunitari, ma i pattugliamenti congiunti e le operazioni aero-navali di contrasto dellimmigrazione clandestina in acque libiche, malgrado lo sporadico impegno di Frontex, non sono mai andate a regime, traducendosi piuttosto in eventi occasionali a scopo propagandistico.

 

Le possibilit di controllo e di contrasto dellimmigrazione irregolare (in e) dalla Libia apparivano peraltro particolarmente ridotte sia per la  tradizionale collusione tra le forze di polizia di frontiera e le organizzazioni criminali che gestivano il traffico del migranti, sia per laumento esponenziale dei migranti in fuga dagli stati del corno dAfrica e dellAfrica sub-sahariana. In pochi anni la condizione di quei migranti irregolari in Libia, attirati in quel paese prima della fine dellembargo, diventava sempre pi critica e per molti, che gi erano stati costretti a fuggire dal paese di origine, dal Corno dAfrica o dallAfrica sub-sahariana, lunica prospettiva di salvezza restava il tentativo di traversata verso lItalia, in particolare Lampedusa, o verso Malta.

 

Piuttosto che impegnarsi attivamente per impedire abusi ai danni dei migranti, con una politica di persuasione dei governi attraverso strumenti di cooperazione e di sanzione economica, con la formazione congiunta delle forze di polizia e con facilitazioni procedurali per il riconoscimento dei diritti dei potenziali richiedenti asilo, lUnione Europea sembra invece rivolta a stabilire,anche con i paesi dove tali abusi si continuano a verificare, una politica europea di vicinato (PEV) e nuovi partenariati di mobilit, attenta pi ad esigenze economiche che al rispetto dei diritti della persona. In particolare si tende ad inserire gli accordi sul controllo dellimmigrazione nellambito delle intese a carattere commerciale e politico con leclissi sostanziale delle possibilit di riconoscere diritti fondamentali non solo ai potenziali richiedenti asilo, ma a tutti i migranti in quanto persone.

 

Sulla base di quanto gi sperimentato da diversi accordi bilaterali, come gli accordi tra Spagna e Marocco, e, da ultimo, laccordo Italia- Egitto del 2007,  anche a livello europeo nelle ipotesi di accordo multilaterale si prevede: l'offerta  di quote di ingressi per motivi di studio e di lavoro da parte degli Stati membri dell'Unione; in cambio di azioni congiunte sull'immigrazione clandestina, ivi compreso l'impegno alla riammissione, da parte degli Stati terzi di transito, oltre che di origine; assistenza tecnica e formazione; protezione e promozione del rispetto dei diritti umani; reintegrazione dei migranti nei Paesi di origine in un contesto di migrazione circolare. Snodo essenziale delle politiche di "lotta all'immigrazione clandestina", se non di vero e proprio blocco dei movimenti migratori, costituito dagli accordi di pattugliamento congiunto e dalle attivit dell'agenzia FRONTEX istituita nel 2004 dall'Unione Europea per il controllo delle frontiere esterne ed il contrasto dell'immigrazione clandestina.

 

A differenza di quanto verificatosi, per il diverso contesto geo-politico nei rapporti tra Spagna, Marocco e Mauritania, il controllo dellimmigrazione affidato ad accordi multilaterali tra lUnione Europea e la Libia ( che non un paese di emigrazione) ha avuto esiti fallimentari ed a farne le spese sono stati i migranti in transito da quel paese, con migliaia di vittime sia nei deserti africani che nel canale di Sicilia. Della gestione dei movimenti migratori da parte della Libia hanno pure risentito i paesi comunitari pi esposti, come Italia e Malta. Malgrado fosse noto il trattamento riservato dalla Libia ai migranti irregolari, questi paesi, piuttosto che attendere o promuovere un atteggiamento comune dellEuropa, ormai allargata a 27 paesi, hanno ripreso a spingere nella direzione delle intese bilaterali, chiedendo per allUnione Europea il cofinanziamento di accordi bilaterali sempre pi onerosi, come anche adesso sta facendo lItalia dopo laccordo concluso a Bengasi nel mese di agosto dello scorso anno. Daltra parte le iniziative assunte dalle diverse istituzioni dellUnione Europea, nella direzione di un accordo multilaterale con la Libia, restavano senza esito concreto malgrado le tante dichiarazioni promettenti della Commissaria alle relazioni esterne Ferrero-Waldner.

 

Nonostante il richiamo formale al rispetto dei diritti umani ed allesigenza di un buon governo delle migrazioni nei paesi di transito, contenuto nei documenti comunitari e nei cd. piani di azione, la politica europea di vicinato (PEV), estesa a partire dal 2004 anche alla Libia, non ha migliorato la condizione dei migranti irregolari in Libia e negli altri stati nordafricani, e potrebbe consentire anzi per il futuro, soprattutto dopo lapprovazione della direttiva sui rimpatri n.115 del 2008, il trasferimento di ingenti risorse comunitarie per finanziare accordi a livello bilaterale tra gli stati pi esposti ai flussi migratori ( in particolare Spagna, Italia e Grecia) ed i paesi del Nord-africa che hanno accettato di contrastare con (maggiore?) energia limmigrazione clandestina e le organizzazioni criminali che su questa prosperano, spesso in collegamento con gli apparati di polizia.

 

Entro il 2010 dovr essere realizzato un regime europeo comune in materia di asilo e immigrazione, ma  lattenzione dominante dellUnione Europea rimane rivolta al contrasto dellimmigrazione illegale ed alla esternalizzazione delle procedure di rimpatrio e di detenzione amministrativa, in qualche caso con il tentativo di coinvolgimento di agenzie umanitarie. Il nuovo programma  dell'Unione europea in questo settore strategico dispone, per il periodo 2007-2013, di 384 milioni di euro per l'assistenza ai Paesi terzi. E tra breve queste risorse potranno essere utilizzate con la finalit di  esternalizzare i controlli di frontiera e i campi di detenzione amministrativa dei migranti irregolari nei paesi di transito.

 

Il Patto europeo sullimmigrazione e lasilo, firmato a Bruxelles il 16 ottobre del 2008, conferma laspetto pi preoccupante delle politiche comunitarie in materia di immigrazione ed asilo costituito dalla stipula di accordi multilaterali di cooperazione nella "lotta" all'immigrazione clandestina, da ultimo con paesi di transito come la Mauritania ed il Ghana. L'approccio sempre quello della "condizionalit migratoria", prospettiva adottata anche dai diversi governi italiani che si sono succeduti nel tempo: in cambio di aiuti economici e di limitate possibilit di ingresso legale per i cittadini di quei paesi, si cerca di ottenere un maggiore impegno nei controlli di frontiera, nell'arresto e nella successiva espulsione, o nel respingimento verso altri paesi dei migranti in transito, molti dei quali provenienti da regioni in guerra o afflitte da gravi conflitti etnici , spesso potenziali richiedenti asilo.

 

Dopo la firma del  Patto, lAlto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr/Acnur) –  ha dichiarato che  accoglie  con favore limpegno solenne del Consiglio europeo di assicurare che le politiche europee in materia di immigrazione e asilo rispettino il diritto internazionale dei rifugiati e i diritti umani – ma ha invitato anche ad assicurare coerenza tra immigrazione e diritto allasilo, chiedendo allUE di sviluppare misure concrete per assicurare che tale principio venga rispettato. Non potremo mai avere unEuropa dellasilo se non viene garantito laccesso nellUE a chi in cerca di protezione. Secondo Bjarte Vandvik, segretario generale del Consiglio europeo per i rifugiati e gli esiliati, invece, si pu ritenere che il Patto sposti ulteriormente la bilancia verso il fronte della sicurezza – che finora non ha fornito alcuna soluzione alle sfide europee in tema di migrazione – e lontano dalle azioni necessarie per salvaguardare i diritti umani.

 

In questo quadro decisioni importanti del Parlamento europeo come la Risoluzione di condanna dellItalia nel 2005 dopo le espulsioni collettive verso la Libia o la pi recente Risoluzione sulla violazione dei diritti fondamentali nellUnione Europea, con particolare riferimento ai migranti ed ai richiedenti asilo, rischiano di rimanere lettera morta.

 

 

2. Nel periodo di elaborazione del Patto europeo sullimmigrazione e lasilo, mentre procedevano a fatica i tentativi delle istituzioni comunitarie orientati alla stipula di accordi multilaterali tra lUnione europea e i paesi di transito e di origine, alcuni stati europei, tra i quali lItalia, la Spagna e la Francia, hanno continuato a perseguire con alterna fortuna la politica degli accordi bilaterali finalizzati prevalentemente alla cooperazione di polizia ed alla fornitura di risorse ed attrezzature tecniche per la lotta allimmigrazione clandestina.

Al di la delle intese informali maturate nel 2005 tra la Libia e la Commissione Europea a seguito della visita della Commissione Europea documentata nella Relazione tecnica, la Grande Jamahiria non ha ancora un accordo politico vincolante con lUnione Europea, e le trattative ancora in corso sembrano seguire il passo del gambero, piuttosto che procedere in una direzione univoca, anche per gli ostacoli frapposti nel tempo dalla vicenda delle infermiere bulgare, e poi dallarresto di un figlio di Gheddafi in Svizzera, per le percosse inflitte ad un domestico.

 

Il Consiglio dellUnione Europea riunito a Lussemburgo nel giugno del 2005 condivideva la posizione della Commissione secondo la quale era necessario definire un approccio globale e integrato nella gestione dellimmigrazione nella regione mediterranea, aggiungendo che  la  cooperazione ed i paesi terzi,  nel quadro della dimensione esterna dellasilo e dellimmigrazione, deve rispettare i diritti delluomo, i principi democratici dello stato di diritto e le obbligazioni che loro incombono in virt della Convenzione di Ginevra relativa allo statuto dei rifugiati e le altre convenzioni internazionali in materia. In quella occasione il Consiglio dellUnione Europea domandava alle autorit libiche di fornire la prova di essere determinate a rispettare gli obblighi derivanti dalla Convenzione dell Unione Africana (OUA) nelle parti che riguardano il problema dei rifugiati in Africa, nellambito della quale la Convenzione di Ginevra relativa allo statuto dei rifugiati considerata come lo strumento di base universale.  Il Consiglio sollecitava pure la Libia ad assicurare una cooperazione efficace con lUNHCR ed a rispettare il principio di non refoulement, invitando la Commissione ad un impegno per aiutare le autorit libiche a rispettare le loro obbligazioni. Il Consiglio sottolineava la necessit di realizzare un partenariato tra lUnione Europea ed i paesi di origine e di transito, in conformit al programma dellAja del 2004,  e che occorreva intensificare la cooperazione con i paesi situati alle frontiere meridionali dellUE al fine di gestire meglio limmigrazione e di offrire protezione ai rifugiati.

 

Con un voto del 14 febbraio del 2006 il Parlamento europeo si dichiarava formalmente non pi disposto a dare il proprio parere conforme a nuovi accordi internazionali che non contenessero una clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia.

Il 22 novembre del 2006 si svolgeva a Tripoli 22 novembre 2006 un Vertice tra lUnione europea e lUnione africana in materia di immigrazione

Durante il vertice emergevano le divisioni tra i paesi del Sud dellEuropa (Italia, Grecia, Spagna, Malta, Cipro, Portogallo), che vorrebbero coinvolgere lintera Unione soprattutto sul piano finanziario, e gli altri, meno colpiti dal problema e di conseguenza meno orientati a devolvere risorse a quello scopo. Nellambito del vertice si tracciavano le basi per accordi particolari con la Libia, per importi peraltro assai modesti, circa quattro milioni di euro. Ad uno di questi progetti, finanziato con un milione e mezzo di euro, volto a controllare la frontiera meridionale con il Niger, avrebbe dovuto partecipare anche lItalia.

La Commissione, il 26 aprile 2006, aveva istituito un fondo comune per il ritorno in patria dei clandestini, la Return preparatory action. Lo stanziamento, tuttavia, era piuttosto esiguo: 14 milioni di euro da dividere in 20 progetti. Tra questi ne venivano scelti anche alcuni italiani: in particolare quello presentato dal Ministero dellInterno per i voli congiunti di rimpatrio, i voli di ritorno, per i quali si assegnava la somma 675.893 euro. Dal 2008 queste Return preparatory action avrebbero dovuto essere sostituite da un pi organico European Return Fund, che includerebbe un fondo per i rifugiati, uno per lintegrazione e uno per le frontiere esterne, ma il ritardo nellapprovazione della direttiva sui rimpatri ha comportato anche il rinvio di questo piano finanziario. Emergeva comunque gi allora la scarsit delle risorse che lUnione Europea era disposta ad accordare  per affrontare un problema di cos vaste proporzioni come il controllo delle frontiere terrestri della Libia.

 

La Missione tecnica Frontex in visita in Libia dal 28 maggio al 5 giugno 2007, mirata ad individuare nuove forme di collaborazione tra lUnione Europea e quell paese nel controllo delle frontiere meridionali, the principal aim of which would be to consult the Libyan authorities on how best the EU could assist Libya with improved management of its southern borders, osservava che the land borders in the south of Libya do not equate to the EU green borders. Given the lack of clear demarcations and the size of the terrain, fixed border crossing points will play a limited role in controlling illegal immigration. This should not preclude however the need for a change in border management strategy and investment in premises and overall infrastructure including road access to border crossing points.

Tra le raccomandazione finali della Missione tecnica Frontex la sollecitazione rivolta allUnione Europea per aumentare le forme di assistenza tecnica ed operativa alla Libia nella gestione dei controlli di frontiera, con particolare riferimento alle zone di confine desertico, e la corrispondente sollecitazione rivolta alla Libia per combattere la corruzione della polizia di frontiera :

12.2 In the short term, it is also important to re-examine the possibilities of the EU offering

further effective practical assistance to Libya, whether this take the form of providing

equipment, training or expertise.

12.3 Libya should be invited to re-examine its strategy on border control at the southern

borders allowing for a monitored and lawful option to enter the country through designated

suited border check points, on the understanding that this may lead to a decrease in the pressure

on illegal trespassing. Libya should be invited also to revise its structures of three-tier desert

points, look to more airborne surveillance and land mobile reaction to detections and improve

coordination between authorities dealing with border control and between ministries.

12.4 Libya should be encouraged to improve exploitation of intelligence as well as

intelligence development and exchange to tackle more effectively the criminal networks behind

the illegal migration flows. Libya should also consider the benefits of the establishment at the

national level of a standardised statistical methodology and collection plan that could be

replicated at the regional level.

12.5 Libya should also be requested to set up a structured response to corruption and offered

expertise on how to effectively tackle corruption of border officials, for example by looking at

its policy on recruitment of its staff.

12.6 Against the background of the improved operational cooperation amongst EU Member

States in the Mediterranean area it could be considered to take next steps to strengthen the

operational maritime cooperation in the entire Mediterranean region by extending the

operational network to the third countries in the region by developing a structured

Mediterranean Sea Border Control Cooperation framework. Here Libya could be invited to

take a leading role.

12.7 There is a need for the EU to work on improved information and media campaigns with

source countries advising potential illegal migrants of the dangers of exploitation by desert

smugglers.

..

La Missione tecnica Frontex avvertiva dunque il pericolo che i potenziali migranti illegali subissero abusi da parte dei trafficanti nelle zone desertiche ai confini meridionali della Libia, ma solo per auspicare campagne di informazione che, proprio sulla base di tali rischi, dissuadessero i candidati allemigrazione irregolare dal fare ingresso in territorio libico.

Neanche una parola, in tutta la relazione, sulla situazione del diritto di asilo in Libia e sugli abusi subiti dai migranti pi vulnerabili in quel paese da parte delle forze di polizia, talora in collegamento con le stesse organizzazioni dei trafficanti. Nessuna iniziativa concreta per rendere pi sicura la condizione dei migranti in transito in Libia, tra i quali sempre pi spesso donne e minori non accompagnati.

Nel mese di ottobre del 2007 Amnesty International aveva peraltro avvertito il rischio che gli accordi con la Libia potessero legittimare la violazione dei diritti fondamentali dei migranti irregolari in transito in quel paese. In una lettera inviata ai ministri degli Esteri dell'Unione europea (Ue), Amnesty International ha affermato che le relazioni con la Libia devono tener conto delle gravi e perduranti preoccupazioni per lo stato dei diritti umani in questo paese.

I ministri degli esteri dellUnione Europea stavano infatti per conferire alla Commissione europea il mandato per intensificare le relazioni con la Libia. La Sezione Italiana di Amnesty International faceva pervenire allora una copia della sua nota al Ministero degli esteri e alla Presidenza del Consiglio. Gi a luglio del 2007, Amnesty International aveva fatto notare come il Memorandum d'intesa tra Ue e Libia, siglato all'indomani del rilascio delle infermiere bulgare e del medico palestinese che rischiavano l'esecuzione, non contenesse alcun riferimento ai principi internazionali in materia di diritti umani.

"L'Ue deve resistere alla tentazione di abbassare i propri standard e le proprie richieste per il fatto che la vicenda dei sei operatori sanitari terminata bene. Se c' una lezione da apprendere da quel caso, proprio che i diritti umani devono essere alla base di ogni accordo con la Libia" - ha dichiarato Dick Oosting, direttore dell'ufficio di Amnesty International presso l'Ue.  La situazione dei diritti umani in Libia rimane grave. Ogni mese, Amnesty International riceve informazioni su nuovi casi di giornalisti e dissidenti cui, in assenza di attenzione mediatica e pressioni politiche internazionali, viene negato il diritto a una procedura giudiziaria equa.
A preoccupare fortemente Amnesty International la cooperazione tra Ue e Libia nel contesto della "immigrazione irregolare". La Libia, ricorda ancora una volta l'organizzazione per i diritti umani, non Stato parte della Convenzione sui rifugiati del 1951 e l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati non pu operare liberamente nel paese.
La legge libica non contiene alcuna norma che consenta ai richiedenti asilo politico di sottoporre alle autorit il proprio caso; le condizioni di detenzione dei "migranti irregolari" sono ritenute deplorevoli e si registrano regolarmente espulsioni di massa di migranti e richiedenti asilo, senza la minima attenzione alla protezione di cui hanno bisogno.
"Le violazioni che si verificano in Libia sono cos clamorose che dovrebbero spingere l'Ue a modificare l'approccio mostrato nel Memorandum, che ignora di fatto la grave situazione dei diritti umani nel paese" - ha aggiunto Oosting.
Amnesty International pertanto chiede ai ministri degli Affari esteri di garantire che ogni futuro accordo con la Libia faccia esplicito riferimento alle garanzie sul rispetto dei diritti umani e li invita a non affidare alla Commissione europea il mandato di negoziare con la Libia, se la previsione di tali garanzie non verr tenuta in debita considerazione.

Al successivo vertice euro-africano di Lisbona nel dicembre del 2007, prima del suo trionfale viaggio a Parigi, Gheddafi si presentava con una folta delegazione e, per bloccare limmigrazione clandestina verso lEuropa, chiedeva almeno un miliardo di euro, anche a titolo di risarcimento per la occupazione coloniale dellItalia. Anche in questo caso alle solenni dichiarazione di collaborazione non seguivano impegni concreti e risorse economiche adeguate a garantire quanto richiesto dai libici.

Nel febbraio del 2008, malgrado la situazione del rispetto dei diritti umani e del diritto di asilo in Libia non fosse ancora mutata, come dimostrato dai pi recenti rapporti di Human Righrs Watch e dalla Relazione Hammarberg del Consiglio dEuropa, la Commissione Europea proponeva l'apertura dei negoziati per rinforzare le relazioni tra UE e Libia con l'obiettivo ( poi fallito) di chiudere un primo accordo quadro entro lo stesso anno
. "Si tratta di una decisione storica- ha sostenuto la commissaria alle Relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner-. La Libia un attore essenziale nella regione del Mediterraneo e in Africa". Ma anche questo obiettivo non era raggiunto, e solo nel novembre del 2008 la Libia e l'UE davano avvio ai negoziati sull'accordo quadro multilaterale. La Commissaria europea per le relazioni esterne e la politica europea di vicinato, affiancata dalla presidenza dell'UE, ha avviato  ufficialmente i negoziati nel corso di un incontro con una rappresentanza libica guidata da Abdulati Elobeidi, ministro per gli affari europei, e Mohamed Tahar Siala, viceministro alla Commissione generale del popolo per i rapporti con l'estero e la cooperazione internazionale della Libia.

A margine dellincontro svoltosi a Bruxelles il 13 novembre 2008, Benita Ferrero-Waldner ha dichiarato: " da tanto che aspettiamo questo momento, sin da quando, nel 2004, l'UE ha deciso di abrogare le sanzioni nei confronti della Libia e di avviare una politica di impegno con il paese. Sono lieta di poter finalmente dare il via a questi negoziati. La Libia rimasta l'unico paese del Mediterraneo meridionale con cui l'UE non intrattiene relazioni contrattuali e l'UE desidera instaurare un quadro giuridico chiaro e duraturo che consenta di rafforzare il dialogo e la cooperazione con la Libia. La Commissione ha ricevuto dal Consiglio un mandato negoziale ampio, prova che l'UE intende concludere con la Libia un accordo tanto ambizioso quanto la Libia sar pronta a consentire, un accordo relativo ad aree quali il dialogo politico, gli scambi commerciali, l'energia, la migrazione e l'ambiente."

Come riferiscono le agenzie di stampa il mandato negoziale della Commissione stato adottato dal Consiglio il 24 luglio 2008. L'obiettivo quello di concludere con la Libia un accordo ampio che riguardi il dialogo politico e la cooperazione in materia di politica estera e di sicurezza, che crei una zona di libero scambio il pi possibile ampia e inclusiva e che serva da base ad una cooperazione in settori nevralgici di interesse comune quali l'energia, i trasporti, la migrazione, i visti, la giustizia e gli affari interni e l'ambiente nonch in altri campi quali la politica marittime e la pesca, l'istruzione e la sanit pubblica. I principi fondamentali alla base dell'accordo saranno il rispetto dei diritti umani e della democrazia, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa e l'impegno ad osservare le norme dell'economia di mercato.

Non si ha ancora notizia tuttavia degli sviluppi del negoziato globale tra la Libia e lUnione Europea, n sulla effettiva inclusione di clausole che richiamino il rispetto dei diritti umani dei migranti, tra i quali va ricompreso il diritto di asilo, e si pu ritenere che la recrudescenza del conflitto in Palestina non faciliter il raggiungimento di un intesa politica o il rilancio del processo di Barcelona, dal quale la Libia si sempre tenuta fuori, anche per la controversa questione del rispetto dei diritti umani. Se lEuropa rimasta al palo, i singoli stati europei hanno bruciato le tappe nella stipula di accordi bilaterali di cooperazione economica con la Libia e, nel caso dellItalia, il contrasto dellimmigrazione clandestina ha costituito uno dei punti nodali delle intese che si sono raggiunte nel tempo.

 

3. LItalia, che, a partire dal 1996, gi ha stipulato decine di accordi di riammissione con i paesi di origine dei migranti, dopo lultimo accordo bilaterale stipulato con lEgitto nel gennaio del 2007, ha concluso con la Libia, nel dicembre dello stesso anno, un Protocollo di cooperazione in base al quale il governo italiano si impegnava, altres, a sostenere con l'Unione europea i programmi di cooperazione a livello comunitario, con particolare riferimento ai controlli sull'immigrazione clandestina.

In precedenza, dallottobre del 2004 al febbraio del 2006 lItalia aveva finanziato il rimpatrio nei paesi di origine di oltre 5000 immigrati irregolari presenti in Libia ed arrestati dalla polizia locale. Sempre nello stesso periodo, non certo casualmente, la Libia accettava la riammissione, nelle forme di espulsioni collettive, di 1500 immigrati di diversi paesi, giunti irregolarmente a Lampedusa e da l trasferiti direttamente con voli diretti in aeroporti libici, prima, nellottobre del 2004, con aerei militari, e poi, dopo le rimostranze di Gheddafi, con aerei civili.

Quello che oggi si conclude un lungo e riservato negoziato con la Libia, affermava il 27 dicembre del 2007 lallora ministro dellinterno Amato. Sar ora possibile un pattugliamento con squadre miste a ridosso delle coste libiche, davanti ai porti e alle baie da cui escono le imbarcazione dei trafficanti di uomini. In questo modo sar possibile contrastare con molta maggiore efficacia questi traffici, salvando molte vite umane e sgominando le bande criminali che li gestiscono. E' ci che stato fatto sulle coste dell'Albania, azzerando di fatto l'afflusso dei clandestini attraverso quella rotta. Ora sar possibile farlo anche con la rotta dalla Libia.

Amato ricordava anche che L'Italia  uno dei maggiori sostenitori di Frontex, lAgenzia europea per il controllo delle frontiere esterne. Con la Francia siamo il Paese che ha fornito pi mezzi per il pattugliamento del Mediterraneo e delle coste atlantiche. Ma ho sempre sostenuto che pattugliare in alto mare pi efficace come soccorso che come deterrente. Perci questo accordo un grande passo in avanti. Siamo grati alle autorit di Tripoli per lo spirito di collaborazione dimostrato. Si confermano i buoni rapporti tra i due Paesi che hanno dato e daranno altri frutti, anche nell'ambito dei programmi dell'Unione europea che noi abbiamo contribuito e contribuiremo ulteriormente ad aprire a Tripoli.

Il Protocollo tra Italia e Libia  del dicembre 2007 prevedeva gi la fornitura (con un finanziamento Ue) di un sistema di controllo per le frontiere terrestri e marittime libiche, come era stato richiesto espressamente dalle autorit libiche ai rappresentanti dellAgenzia Frontex che aveva visitato il paese di Gheddafi nel maggio 2007. La direzione e il coordinamento delle attivit di pattugliamento – e di addestramento – si sarebbero affidate ad un Comando operativo interforze, con sede in Libia. Il responsabile di questo comando avrebbe dovuto essere libico, mentre il vice comandante si sarebbe dovuto designare  designato da parte del Governo italiano. Laccordo ribadiva formalmente le intese operative per una collaborazione con la polizia libica nel controllo delle frontiere terrestri, gi adombrato nelle precedenti intese informali, ma di fatto n il personale promesso n le attrezzature di supporto sono mai giunte in Libia. Non si ha neppure notizia dellattivazione del Comando operativo interforze. Malgrado questo dato evidente, la volont politica comune rivolta ad un maggiore controllo dei punti di passaggio e di partenza dei migranti irregolari in Libia produceva per la prima volta risultati significativi e, probabilmente per i maggiori controlli sulla terraferma, gli arrivi di immigrati irregolari provenienti dalla Libia registravano fino ai primi mesi dl 2008 un significativo calo. A partire dallestate dello stesso anno invece, proprio dopo linsediamento del nuovo governo, gli arrivi, o meglio i salvataggi in mare di migranti fatti partire dalla Libia,  aumentavano mese per mese, fino a raddoppiare complessivamente alla fine del 2008.

Nellagosto del 2008, veniva stipulato a Tripoli alla presenza di Berlusconi e Gheddafi un vero e proprio accordo bilaterale, definito come  Trattato di amicizia, di partenariato e cooperazione , che  prevede la  collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalit organizzata, al traffico di stupefacenti, all'immigrazione clandestina   Secondo quanto previsto dallaccordo, allart.19,  le due Parti intensificano la collaborazione in atto nella lotta al terrorismo, alla criminalit organizzata, al traffico di stupefacenti e all'immigrazione clandestina, in conformit a quanto previsto dall'Accordo firmato a Roma il 13/12/2000 e dalle successive intese tecniche, tra cui, in particolare, per quanto concerne la lotta all'immigrazione clandestina, i Protocolli di cooperazione firmati a Tripoli il 29 dicembre 2007 ( dal governo Prodi !).

 

Laccordo Italia - Libia del 2008 fa espresso riferimento al rispetto dei diritti umani e delle libert fondamentali, affermando allart. 6 che   Le Parti, di comune accordo, agiscono conformemente alle rispettive legislazioni, agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo , senza alcuna menzione alla Convenzione di Ginevra del 1951 a protezione dei diritti dei rifugiati, Convenzione di cui la Libia non risulta ancora firmataria, tanto che lAlto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati non ha ancora una sede operativa aperta ai potenziali richiedenti asilo, come avviene invece, seppure con gravi limitazioni, in Egitto, in Tunisia, in Algeria ed in Marocco. Negli ultimi anni si appreso soltanto dellintervento dellACNUR in alcune operazioni di resettlement di alcune decine di persone, in prevalenza donne e minori, ritenuti meritevoli di protezione internazionale, dalla Libia verso lItalia ed altri paesi europei.

 

Si prevede inoltre, sempre allart. 19 dellaccordo, concluso a Bengasi nel mese di agosto dello scorso anno, che Italia e Libia collaborino  alla definizione di iniziative, sia bilaterali, sia in ambito regionale, per prevenire il fenomeno dell'immigrazione clandestina nei Paesi di origine dei flussi migratori. che comprende la fornitura di sofisticate attrezzature elettroniche per il controllo delle frontiere terrestri della Libia.

 

Secondo lo stesso accordo, che sostituisce il Comunicato Congiunto del 4 luglio 1998 e il Processo verbale delle conclusioni operative del 28 ottobre 2002,  sempre in tema di lotta all'immigrazione clandestina, le due Part promuovono la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, da affidare a societ italiane in possesso delle necessarie competenze tecnologiche. Il Governo italiano sosterr il 50% dei costi, mentre per il restante 50% le due Parti chiederanno all'Unione Europea di farsene carico, tenuto conto delle Intese (?) a suo tempo intervenute tra la Grande Jamahiria e la Commissione Europea. Non si comprende affatto a quali Intese con la Commissione Europea faccia riferimento laccordo tra lItalia e la Libia sottoscritto da Berlusconi e da Gheddafi , dal momento che ancora nel 2008 la stipula di un accordo tra LUnione Europea e la Libia restava nellagenda delle intese non ancora concluse, ma conoscendo la attendibilit dei due personaggi politici non difficile immaginare che si tratta, al massimo, delle intese informali che avevano preceduto e seguito le Missioni tecniche della Commissione, nel dicembre del 2004, e dellagenzia Frontex nel 2007 . E la Relazione tecnica al Disegno di legge di ratifica dellaccordo attualmente allesame del parlamento italiano, come si vedr pi avanti, a chiarire quale sarebbe lintesa. Che  in realt sarebbe soltanto un Memorandum of Understanding (MoU), tra la Libia e lUnione Europea che dovrebbe costituire la cornice comunitaria nella quale si inserisce l Accordo bilaterale di amicizia e di cooperazione stipulato a Bengasi.

 

 
4.  Nella Relazione tecnica allegata al Disegno di legge n.2041, per la ratifica e lesecuzione del  Trattato si amicizia, partenariato e cooperazione firmato tra Libia ed Italia a Bengasi il 30 agosto 2008, si legge che, oltre ai Protocolli di cooperazione firmati a Tripoli il 29 dicembre 2007, dei quali ci si attende pertanto una compiuta attuazione da parte libica, le due Parti promuoveranno la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, da affidare a societ italiane in possesso delle competenze tecnologiche necessarie. LItalia si impegnata a sostenere il 50 per cento dei costi di realizzazione di tale sistema, mentre per il restante 50 per cento Italia e Libia chiederanno allUnione europea di farsene carico, tenuto conto delle intese intervenute tra Tripoli e Bruxelles, anche su questo aspetto, con la firma di un Memorandum of Understanding (MoU) nel luglio 2007.

Su un piano pi generale, le due Parti collaboreranno alla definizione di iniziative volte a prevenire il fenomeno dellimmigrazione clandestina nei Paesi di origine dei flussi migratori. Le somme necessarie da parte italiana da versare al governo libico per lattuazione degli accordi saranno ricavate dalla tassazione con una apposita Addizionale allimposta sul reddito delle societ).da applicare nei confronti delle societ e degli enti commerciali residenti nel territorio dello Stato: che operano nel settore della ricerca e della coltivazione di idrocarburi  liquidi e gassosi.

Secondo la stessa relazione tecnica, allegata al DDL 2041, infine,  si ritiene che i princpi contenuti nel Trattato siano in linea con lordinamento comunitario. Analogamente esso compatibile con gli obblighi internazionali gi assunti dal nostro Paese.

 

Se laccordo tra Italia e Libia del 30 agosto scorso presenta aspetti oscuri, non si pu dire che la relazione allegata al Disegno di legge di ratifica contribuisca a fare chiarezza sulle concrete modalit attuative degli accordi e sulle garanzie per il rispetto dei diritti fondamentali della persona migrante in Libia. Risulta assai dubbio il richiamo  al Memorandum of Understanding (MoU) nel luglio 2007, che costituirebbe unaccordo raggiunto dalla Libia, sulla base del quale adesso lUnione Europea dovrebbe versare somme consistenti per l esecuzione dellaccordo Italia-Libia, somme che probabilmente deriveranno piuttosto dallo sblocco dei fondi per i rimpatri, conseguente allapprovazione definitiva della direttiva 2008/115/CE.

 

In ogni caso il Parlamento italiano, chiamato a ratificare lintesa  di Bengasi  tra Berlusconi e Gheddafi, non stato messo nelle condizioni di conoscere la esatta portata degli accordi tra la Libia e lUnione Europea in materia di immigrazione ( ammesso che esistano), n quali siano le garanzie sostanziali per i diritti fondamentali della persona migrante in transito in quel paese, con particolare riferimento alla condizione dei potenziali richiedenti asilo in quel paese.

 

Sono dunque diversi i profili che dovrebbero consigliare la bocciatura del DDL 2041 da parte del Parlamento . Il disegno di legge di attuazione dellaccordo Italia-Libia non sembra fornito  di una copertura finanziaria certa n appresta garanzie sul pieno rispetto dei diritti umani e sulla condizione dei richiedenti asilo in Libia. Non si comprende quanto coster effettivamente il controllo delle frontiere terrestri ( tutte o solo quelle meridionali?) della Libia, se, quando e a chi lUnione Europea verser il 50% che sarebbe, secondo laccordo a suo carico. Ancora una volta il Governo esige dal Parlamento una delega in bianco.

 

Per queste ragioni il Parlamento dovrebbe fare valere in pieno le sue prerogative di controllo, esigere certezza sul piano dei mezzi necessari e degli obiettivi perseguiti, e richiedere al governo una ulteriore azione diplomatica in modo anche di sollecitare lapertura di un dossier sul rispetto dei diritti umani e del diritto di asilo in Libia, prima di dare attuazione agli accordi sulla esternalizzazione dei controlli di frontiera.

 

In ogni caso, non sembra che le somme previste dal disegno di legge di ratifica che, per finanziare limpegno finanziario di diverse centinaia di milioni di euro a carico dellItalia per anni successivi, fa riferimento ad un prelievo con laddizionale sullimposta delle societ che fanno ricerche petrolifere, possano consentire di attrezzare sistemi di controllo di una frontiera terrestre che tocca sei stati ed ha una lunghezza di 3750 chilometri. Come le sei motovedette previste dallaccordo sono nulla se si pensa ai 1400 chilometri di coste -spesso disabitate- della Libia. Anche se imbarcazioni ed equipaggi resistessero ad un impiego sulle ventiquattro ore, le possibilit di intercettare le imbarcazioni cariche di migranti subito dopo la partenza dalla costa libica resterebbero assai modeste. Come cambieranno le rotte nel deserto,  i punti di partenza si sposteranno da Zuwara verso localit situate pi ad oriente e meno controllabili, con un prevedibile aumento della durata delle traversate e del numero delle vittime. E dunque, come continueranno a partire i migranti dalla Libia, non appena le condizioni meteo miglioreranno, rischia di diventare esplosiva la situazione a Lampedusa dopo che il ministro Maroni ha deciso di bloccare i trasferimenti in altri centri degli immigrati giunti dalla Libia, giungendo allaberrante decisione di trasferire da Trapani a Lampedusa la commissione territoriale per lesame delle richieste di asilo. Una decisione, che sommata alla irrealistica politica estera seguita dallItalia nei confronti della Libia, rischia di produrre gravissime violazioni dello stato di diritto e dei principi affermati anche in sede comunitaria in materia di protezione dei richiedenti asilo e di rispetto delle garanzie di libert e di difesa.

 

Con i finanziamenti previsti dallultimo Accordo Italia-Libia,  si potranno tenere in esercizio due o tre motovedette per ciascun turno di vigilanza, troppo poco per 1400 chilometri di coste. Sul territorio libico si potranno rinforzare (forse) i controlli sulle principali vie di ingresso dal Sudan, dal Chad e dal Niger, dal momento che Algeria,Egitto e Tunisia sorvegliano piuttosto bene le oro frontiere, ma i risultati attesi, come del resto si verificato con le operazioni Frontex nel Canale di Sicilia saranno puramente propagandistici, di certo con la prosecuzione delle violazioni pi gravi dei diritti fondamentali della persona a partire dal diritto di entrare in Europa per presentare una richiesta di asilo, richiesta che ben difficilmente pu essere presentata ed esaminata in Libia.

 

5. I paesi europei che stipulano accordi di cooperazione con i paesi di transito non possono agire in violazione diretta o indiretta dei principi affermati dalle Convenzioni internazionali alle quali hanno aderito, e nel caso dellItalia, delle previsioni vincolanti contenute nella Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dellUomo e nella Convenzione di Ginevra sui rifugiati, alla quale, naturalmente, n laccordo Italia-Libia, n il Disegno di legge di ratifica fanno alcun riferimento. Eppure quelle disposizioni costituiscono ius cogens, hanno carattere imperativo ed inderogabile, sanciscono diritti fondamentali della persona con previsioni che, per quanto riguarda il riconoscimento del diritto di asilo e del correlato divieto di refoulement ( art.33 Conv. Ginevra), come nel caso del divieto di trattamenti inumani e degradante ( art. 3 CEDU), hanno valore assoluto ed inderogabile anche per lItalia nei suoi rapporti bilaterali con i paesi di transito dei migranti, come appunto la Libia. Di fronte alla violazione grave e reiterata di questi principi da parte del governo italiano non rester che appellarsi ancora una volta alle corti internazionali e, quando sar possibile, ai giudici nazionali.

 

Al riguardo nota la posizione restrittiva adottata dalla Corte Europea dei diritti dellUomo a partire dal caso Bankovic, che limita fortemente la valenza extraterritoriale della CEDU, ma non si possono trascurare le pi recenti aperture, nel caso Al Skeini-Mousa/Regno Unito, che affermano la responsabilit della Gran Bretagna per violazioni della CEDU, in particolare dellart. 3 della CEDU , che vieta trattamenti inumani o degradanti, poste in essere da agenti militari di questo paese in Irak ( il caso sanzionato riguardava un cittadino irakeno deceduto in una prigione gestita dalle forze armate inglesi). Anche nella giurisprudenza pi avanzata della Corte Europea la responsabilit dello stato, tuttavia, pu scattare solo quando la violazione dipenda dalloperato di un suo agente istituzionale in un area e su persone nelle quali questo esercita un potere di imperio, come appunto nel caso degli interventi su persone detenute dalle forze inglesi in Iraq.  Al di fuori di questa ipotesi appare ben difficile fondare una responsabilit dello Stato, ad esempio quando finanzia la installazione di sistemi di controllo alle frontiere, come adesso nel caso dellItalia che si impegnata a fornire tramite soggetti privati nazionali attrezzature di alta tecnologia per il controllo delle frontiere terrestri della Libia.  Di certo, invece, la delocalizazione a Lampedusa delle procedure per la richiesta di asilo o di protezione internazionale potr produrre gravi violazione della convenzione Europea a salvaguardia dei diritti delluomo e dei protocolli allegati, in particolare sotto il profilo della violazione del divieto di espulsione collettiva. Si potrebbe pensare che un paese che esternalizza una parte del proprio territorio, lisola di Lampedusa e vi applica procedure che si pongono in contrasto con il diritto internazionale e con le direttive comunitarie non pu provare alcun imbarazzo a concludere accordi con stati come la Libia che consentono gli abusi pi gravi ai danni dei migranti.

 

La violazione dei principi affermati dalla CEDU potrebbe per assumere rilievo  sul piano del diritto interno,  dopo la entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea.  

Occorre richiamare il nuovo art. 117, c. 1 della Costituzione., secondo cui la potest legislativa esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonch dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Secondo lorientamento della pi recente giurisprudenza, attraverso lart. 117, la CEDU ha potuto integrare il dettato costituzionale e quindi si potrebbe affermare la incostituzionalit di una legge italiana di ratifica di un accordo internazionale che possa produrre effetti in contrasto con la CEDU.

 

E opportuno ricordare, a tale riguardo, che lart. 6, par. 1, della versione consolidata del Trattato sullUnione europea (cfr. GUUE n. C 115 del 9 maggio 2008, p. 19) sancisce lo stesso valore giuridico dei trattati al testo della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea. La previsione dellart. 19 della Carta secondo cui in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione Le espulsioni collettive sono vietate  ha dunque carattere vincolante. Come ha carattere vincolante, per i paesi membri dellUnione Europea, la successiva previsione dellart. 19 comma secondo, in base al qualenessuno pu essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti. Che alle frontiere meridionali della Libia si verifichino espulsioni collettive di migranti irregolari un dato di fatto ampiamente provato da numerosi rapporti internazionali ( consultabili su www.fortresseurope.blogspot.com). Le disposizioni interne ed internazionali che vietano espulsioni collettive che non possono essere aggirate con la esternalizzazione dei controlli di frontiera, anche quando a promuovere e finanziare le politiche di contrasto dellimmigrazione irregolare siano intese bilaterali sottoscritte da un singolo paese europeo con un paese di transito.

 

Gli accordi sottoscritti a Bengasi il 30 agosto del 2008 tra la Libia e lItalia, e il relativo disegno di legge di ratifica ed applicazione, per le parti che prevedono la fornitura di attrezzature tecnologicamente avanzate alla polizia preposta al controllo delle frontiere terrestri della Libia ( sistemi radar e visori notturni, presumibilmente), come le nuove procedure che saranno applicate dalla Commissione territoriale che si dovrebbe trasferire da Trapani a Lampedusa, possono risultare oggettivamente funzionali alla violazione dei principi affermati dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati e dagli articoli 1, 3 e 5 della CEDU.  Queste scelte quanto non risolvono i problemi dei potenziali richiedenti asilo in transito dalla Libia o sbarcati a Lampedusa e e anzi possono rivelarsi funzionali alla reiterazione dei gravi abusi, come le espulsioni collettive effettuate dallItalia dal 2004 al 2005 e condannate dal Parlamento Europeo, oppure come le violenze tuttora subite dagli immigrati arrestati dalla polizia libica e detenuti a Misurata. Come si potrebbe verificare ancora il respingimento collettivo di una parte di loro, potenziali richiedenti asilo denegati o neppure ammessi alla procedura, verso i paesi di origine o verso gli stati che non applicano la Convenzione di Ginevra.   Da Lampedusa o dalla Libia, a questo punto, potrebbe anche non fare nessuna differenza.

 

 

Fulvio Vassallo Paleologo

Universit di Palermo