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Sulla mina immigrati troppi slogan e poche idee

di Alberto Alesina

13 giugno 2009

In un periodo di forte recessione con disoccupazione in aumento, ci si poteva aspettare una vittoria della sinistra, teoricamente più attenta alle esigenze dei più poveri e dei disoccupati. Invece le elezioni europee di domenica scorsa le hanno vinte le destre, in qualche caso xenofobe. In Italia ha vinto più la Lega che il Popolo della libertà, per non parlare del Partito democratico. L'interpretazione è chiara: gli europei si sentono abbastanza tranquilli per quanto riguarda la crisi perché protetti da un welfare state già generoso (altrove meglio che in Italia) mentre ciò di cui sono veramente preoccupati è l'immigrazione. Finché il centrosinistra europeo non dimostrerà di avere qualche idea concreta su come affrontare questo problema, o almeno di riconoscerlo come tale, è destinato a un continuo declino.

Ma non è solo per il futuro della sinistra che non si può più aspettare a comprendere e affrontare il fenomeno immigrazione e il fatto che l'Europa, Italia compresa, sta diventando sempre più multietnica. Non possiamo lasciare che il problema sia trattato a slogan: da una parte rozze chiusure, dall'altra una Chiesa cattolica che aprirebbe le porte a tutti. Anche se comprensibile da un punto di vista morale, ciò è impossibile in pratica, dato che vi sono 700 milioni di africani potenziali migranti a poche miglia dalle nostre coste.
Bisogna partire dai dati e raccoglierne altri. Gli immigrati legali in Italia producono la loro fetta di reddito nazionale in misura più che proporzionale al loro numero. Molti di loro sono al Nord, e nonostante le grida della Lega aiutano l'economia del Centro Nord che da anni è vicina alla piena occupazione, e in cui molti lavori non sarebbero svolti comunque dagli italiani. Fra l'altro, in anni recenti i salari degli immigrati sono scesi molto di più della media. È inutile che ci si illuda, come fa la sinistra, che solo per il fatto che una persona diventi italiana, francese o olandese si assimili immediatamente e che l'idea di "stato-nazione" prevalga come per magia. Difficoltà di rapporti tra gruppi etnici continueranno a lungo, come dimostra la storia degli Stati Uniti, dove tutti si sentono americani ma anche, almeno in parte, italiani, irlandesi, latinoamericani, cinesi, neri. I paesi europei sono storicamente lontani dal melting pot, ma saranno sempre più multietnici e in parte già lo sono.

Qualche tempo fa la Lega propose classi differenziate per immigrati, per facilitarne l'apprendimento dell'italiano. È una buona idea? Non lo so, ma so che la risposta dovrebbe venire da studi e da esperimenti in cui alcuni bambini vengano messi in classi differenziate e altri no, per poi valutare i risultati. Così si studia un problema sociale e così si trovano politiche adeguate. Invece il dibattito procede a colpi di slogan. Da una parte (sinistra e Chiesa) un'alzata di scudi preconcetta come se questa fosse una proposta necessariamente discriminatoria. Dall'altra posizioni rozze che finiscono con l'alimentare i sospetti.
Spesso l'immigrazione clandestina e quella legale sono mescolate in un unico discorso, come si trattasse in fondo dello stesso fenomeno. Non lo sono. Politiche, anche vigorose, di eliminazione dell'immigrazione illegale sono perfettamente compatibili con politiche di apertura all'immigrazione legale in funzione delle necessità del mercato del lavoro, in un paese, fra l'altro dall'andamento demografico assai avverso. Sappiamo quale tipo e quanti immigranti il nostro mercato del lavoro può assorbire? Studiamolo.
Le elezioni europee confermano ciò che da tempo si sospettava. Il problema dell'immigrazione in Europa rischia di esplodere se le forze più ragionevoli di centrodestra e centrosinistra non lo portano al centro delle loro analisi e di proposte concrete e realistiche.

13 giugno 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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