Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del 10 giugno 2009)

 

L'immigrazione ha fatto crollare i partiti socialdemocratici in Europa?

 

   

Sommario

o       Dipartimento Politiche migratorie, appuntamenti                                                                              pag. 2

o       Editoriale – L’immigrazione ha fatto crollare la sinistra in Europa. Di Tito Boeri                                              pag. 2

o       Politica – Csm: il ddl sicurezza paralizza la giustizia                                                                                     pag. 3

o       Pag. 4 – Il caso: Daria, clandestina e cittadina modello                                                                                  pag. 4

o       Società –  Eurispes, più immigrati di quanti appaiono ufficialmente                                                     pag. 5

o       Sindacato – Allarme Uil, 142 mila a rischio occupazionale                                                                   pag. 7

o       Politica - Maroni chiede a UE di ripartire il carico immigrazione                                                         pag. 7

o       Politica - Effetto ddl sicurezza, studenti e malati in fuga                                                                   pag. 8

o       Dai territori                                                                                                                                                pag.  9

o       Prensa Extranjera  -  El Pais: “atrapadon en los paises de transito”;                                                     pag. 10

o       Prensa Extranjera  - El Pais: “empresarios que contraten a “sin papeles” deberan pagar para el regrezo”   pag.11

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

 

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it    

                                                                                             n. 245



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


Giovedì 11 Giugno 2009 ore 15.00, Salone Matteotti, UIL Campania

Seminario OIL: “la valorizzazione delle rimesse degli immigrati come leva per lo sviluppo”

(Angela Scalzo)

Martedì 16 giugno 2009, ore 15, Hotel FiuggiTerme

Seminario nazionale UILA, Progetto: “la parola agli immigrati”- Tavola rotonda: ’impegno delle strutture UIL per gli immigrati”

(Giuseppe Casucci)

Seminario nazionale UILA, Progetto: “la parola agli immigrati” – Conclusioni di Guglielmo Loy, Segretario Confederale UIL.


Editoriale

 


L'immigrazione ha fatto crollare i partiti socialdemocratici in Europa

di Tito Boeri (tratto da www.lavoce.info)


immagine d'aperturaRoma, 10 giugno 2009 -  Perché i partiti socialdemocratici crollano in tutta Europa proprio in un periodo di recessione? La risposta è nei 26 milioni di immigrati nell'Unione Europea negli ultimi anni. I cittadini sono preoccupati per la sostenibilità del welfare state europeo. E se la soluzione sembra essere in più rigide politiche sull'immigrazione e nelle limitazioni all'accesso allo stato sociale, le coalizioni di destra sono decisamente più credibili. Ma sono politiche inattuabili nel lungo periodo. Esistono alternative ben più efficaci. Senza rinunciare alla redistribuzione. 

Le recessioni di norma favoriscono i partiti di sinistra. Il loro appoggio a politiche redistributive è percepito dagli elettori come una forma di assicurazione: durante la crisi si perde il lavoro o si diventa più poveri, ci sarà qualcuno “lassù, al governo” che si preoccuperà di garantire una forma di aiuto di carattere sociale. “Nessuno sarà lasciato indietro” è il motto dei socialdemocratici e il contenuto dell’universalismo nelle prestazioni sociali da loro sostenute. L’età dell’oro dei socialdemocratici nel Parlamento europeo è stata a metà anni Novanta, quando l’Unione Europea aveva tassi di disoccupazione a due cifre e usciva da una pesante recessione. La supremazia del gruppo socialista a Strasburgo è finita quando la disoccupazione ha iniziato a convergere verso i livelli degli Stati Uniti e il tasso di occupazione ad avvicinarsi agli obiettivi di Lisbona. E invece, questa recessione, la più grave del Dopoguerra, è andata di pari passo con l’affermazione elettorale di movimenti di destra e xenofobi in tutto il Vecchio Continente e con la disfatta proprio di quei partiti che storicamente hanno contribuito di più alla costruzione del welfare state europeo.

Un'arma di esclusione sociale di massa - Com’è potuto accadere? La risposta è l’immigrazione. Negli ultimi venti anni più di 26 milioni di persone sono arrivate nell’Unione Europea a 15 contro i poco più di 20 milioni di emigrati negli Stati Uniti, di 1,6 milioni in Australia e meno di un milione in Giappone. Dal 2000, paesi come l’Irlanda e la Spagna, ora particolarmente colpiti dalla crisi, hanno visto raddoppiare il rapporto tra popolazione straniera e indigena. Certo questi flussi sono precedenti alla recessione e, anzi, durante la crisi l’immigrazione tende a diminuire: approssimativamente del 2 per cento per ogni punto percentuale di caduta del prodotto nel paese di destinazione. Ma a preoccupare gli europei è la combinazione di una forte e recente immigrazione, della recessione e del welfare state. I dati dell’European Social Survey rivelano un marcato deterioramento della percezione dei migranti da parte degli europei a partire dal 2002. Questo deterioramento è dovuto alla preoccupazione che gli immigrati siano un peso fiscale in quanto beneficiari dei generosi trasferimenti di carattere sociale garantiti dall’Europa, “la terra della redistribuzione”. Paradossalmente, le politiche redistributive introdotte con l’obiettivo di favorire l’inclusione sociale sono diventate un’arma di esclusione sociale di massa. Ora che i deficit pubblici salgono alle stelle e la disoccupazione torna su livelli a due cifre, gli autoctoni hanno la legittima preoccupazione che anche i più strenui difensori delle politiche redistributive saranno costretti a tagliare le prestazioni sociali, a meno che non riescano a limitare l’immigrazione o almeno l’accesso degli immigrati al welfare. Ma per motivi ideologici, i partiti di sinistra non possono perseguire politiche che introducono barriere o un accesso asimmetrico al welfare per gli immigrati. Le coalizioni di destra e i movimenti xenofobi sono più credibili dei socialdemocratici nel perseguire politiche di questo tipo. L’Italia di destra e la Spagna di sinistra ne sono un buon esempio. In Italia, dai trasferimenti sociali ai poveri sono esclusi a priori coloro che non hanno un passaporto italiano, indipendentemente dal fatto che siano immigrati legali o clandestini e che abbiano pagato le tasse. Intanto, le barche dei disperati vengono respinte verso la Libia e nessuno sa dove saranno portate queste persone. In Spagna i trasferimenti sociali sono estesi ai cittadini stranieri e di recente il governo ha pubblicato un rapporto che documenta il contributo decisivo dato dall’immigrazione nel boom economico degli ultimi dieci anni. Il Ministero del Lavoro è stato ribattezzato Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione. Non è il Ministero degli Interni, come da noi, ad avere la titolarità di queste politiche.

Le alternative possibili - La faccia rassicurante dei socialdemocratici si sta trasformando in un incubo proprio per quei cittadini europei che rappresentano il loro elettorato tradizionale: operai, persone con reddito basso o che vanno avanti grazie ai sussidi del welfare. Devono quindi i socialdemocratici rinunciare ai loro ideali oppure rassegnarsi a scomparire? Non necessariamente. In primo luogo, non è affatto detto che le misure volte a rendere più rigide le politiche sull’immigrazione e a limitare l’accesso al welfare per gli immigrati rappresentino la risposta migliore alle preoccupazioni dell’opinione pubblica al di là del brevissimo periodo. La recessione è destinata a durare a lungo, e non è semplice mettere in pratica le restrizioni all’immigrazione, come dimostra l’alto numero di immigrati illegali che vivono nell’Unione Europea. E’ difficile anche limitare l’accesso al welfare da parte degli immigrati: l’esperienza degli Stati Uniti ci dice che queste restrizioni possono essere ribaltate dai pronunciamenti dei tribunali, in particolare in quei paesi dove l’immigrazione è già forte e consolidata. Così anche le politiche oggi premiate dagli elettori possono non dare quei risultati rassicuranti che promettono. Invece di imitare i loro avversari, i socialdemocratici dovrebbero cercare di riformare i loro programmi di welfare rendendoli maggiormente proattivi e rafforzandone le basi assicurative. Questo significa che la possibilità di ricevere i sussidi deve essere subordinata al pagamento dei contributi (gli immigrati sono ovunque contribuenti netti) e che gli abusi debbono essere sanzionati sia sotto il profilo sociale che amministrativo. La Danimarca e la Svezia sono i paesi che hanno fatto i passi più importanti nella riforma delle politiche sociali in questa direzione: è solo un caso che i partiti di centrosinistra di questi due paesi siano le uniche formazioni politiche pro-welfare a non essere state sconfitte in queste elezioni europee?


 

Politica

 


Csm: il ddl sicurezza paralizza la giustizia

Parere della VI Commissione: il reato di clandestinità avrà pesanti ripercussioni sull'attività dei magistrati

 


Roma, 10 giugno 2009 - Lesione dei diritti e rischio paralisi per la giustizia. Il Consiglio superiore della magistratura, per bocca della Sesta Commissione, mette nero su bianco la propria opinione sul pacchetto sicurezza del governo. Il documento, approvato all'unanimità, viene discusso oggi dal plenum di Palazzo dei Marescialli. In particolare il Csm punta l'indice contro la norma secondo cui per la dichiarazione di nascita è necessaria l'esibizione del permesso di soggiorno da parte del genitore. «È in contrasto con il diritto della persona minore di età alla propria identità personale e alla cittadinanza - si legge - da riconoscersi immediatamente al momento della sua nascita», sancito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo ratificata dall'Italia. Si determina così «una iniqua condizione» del figlio di stranieri irregolari, che verrebbe non solo «privato della propria identità» ma che «potrebbe essere più facilmente esposto» ad adozioni illegali attraverso «falsi riconoscimenti da parte di terzi, per fini illeciti e in violazione della legge».

OBBLIGO DI DENUNCIA - Quanto ai clandestini adulti, i consiglieri mettono in evidenza la lesione del diritto alla salute, e di altri beni fondamentali tutelati dalla Costituzione. Ci sarà «un'inevitabile incidenza negativa del nuovo reato di clandestinità» sull'«accesso a servizi pubblici essenziali» che riguardano beni fondamentali come il diritto alla salute da parte degli immigrati non dotati di valido titolo di soggiorno. È questo perché proprio in forza del codice di procedura penale «tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di denuncia in relazione alla cognizione funzionale di un reato procedibile d'ufficio». Senza deroghe a questo obbligo «il rischio concreto è che si possano creare circuiti illegali alternativi che offrano prestazioni non più ottenibili dalle strutture pubbliche».

PARALISI DELLA GIUSTIZIA - Inoltre, avverte il Csm, l'introduzione del reato di clandestinità comporterà la «totale paralisi di molti uffici giudiziari». Oltretutto, sottolineano i consiglieri, la nuova norma «non appare idonea a conseguire l'intento di evitare nel nostro Paese la circolazione di stranieri entrati irregolarmente». Le conseguenze peggiori saranno per i giudici di pace: saranno «gravati da centinaia di migliaia di nuovi processi, tali da determinare la paralisi di molti uffici». Ma problemi si avranno anche per gli «uffici giudiziari ordinari impegnati nel processo in primo grado e nelle fasi di impugnazione successive». I consiglieri dubitano inoltre dell'«effetto deterrente» della norma: «Una contravvenzione punita con pena pecuniaria non appare prevedibilmente efficace per chi è spinto a emigrare da condizioni disperate; senza dire che già la normativa vigente consente alle autorità amministrative competenti di disporre l'immediata espulsione dei clandestini»; uno strumento su cui pesano «non già carenze normative ma difficoltà di carattere amministrativo e organizzativo». Ma non sarà solo il reato di clandestinità a pesare sugli uffici giudiziari: anche le diverse norme del pacchetto che prevedono inasprimenti sanzionatori o nuovi reati e su cui il giudizio di merito «è positivo», avranno l'effetto di produrre «un ulteriore carico per il sistema penale, già particolarmente gravato e in evidente crisi di effettività» e per le carceri, «ormai allo stremo, avendo superato le 62mila presenze giornaliere».


Il caso

 


La storia a lieto fine

Daria, clandestina e cittadina modello

Di Sergio Talamo, Il Messaggero del 10 giugno 2009


DARIA ha vent’anni e gli occhi verdi, conosce sei lingue ed è la prima della classe. Pulisce le scale e le case, fa la baby sitter e la badante. C’è qualcosa di più trasparente, di più solare di una vita così? Eppure Daria è una donna in nero. E’ ucraina e clandestina. I suoi lavori non sono regolari, i suoi genitori (mamma colf e papà operaio) neppure. Non ha documenti né codice fiscale e quindi, fino a pochi giorni fa, sembrava non potesse fare l’esame di maturità nella sua scuola del centro di Napoli. Il quotidiano "Il Mattino" ha lanciato questa storia così singolare, e di colpo il tappo è saltato. Si sono mobilitati tutti: preside, professori, compagni di classe. Per sancire il lieto fine, è dovuto intervenire il ministro dell’Istruzione in persona. Ora la madre piange di gioia, mentre lei promette: “Studierò come una pazza”. Ma nel punto in cui finisce l’agonia di Daria, inizia il paradosso dell’Italia: il paese dove si può essere per anni “clandestini” e nel frattempo studiare, lavorare, pagare le tasse, amare, soffrire, sognare. Tutto questo al buio, come fantasmi, senza che nessuno ammetta ufficialmente che in realtà tu esisti. Esci per strada, saluti il giornalaio, mangi un panino con i colleghi ma niente: sei sempre e solo l’uomo invisibile. Daria, ad esempio, non ha mai fatto una gita scolastica. Non può. La scoprirebbero! (lei che tutti conoscono e che conosce tutti…). Eh già. Ogni giorno può avere la sua pena: “Ho paura di finire in carcere - dice - lo stesso timore che ho da cinque anni ogni volta che vedo un poliziotto”.
Se ha paura Daria, ventenne finita sui giornali per i suoi occhi verdi e le sue sei lingue, figuriamoci i tanti signor nessuno che fanno funzionare fabbriche e botteghe, gli oscuri artefici di vite orgogliose da “nuovi italiani” senza carta di identità. Da categoria esistenziale, il “clandestino” dovrebbe finalmente diventare un problema della politica. Ma non nel modo affrettato e vagamente isterico cui siamo abituati, per cui chi non ha il permesso di soggiorno, a giorni alterni, diventa un’emergenza nazionale. Né si può accettare l’atteggiamento opposto per cui essere o non essere in regola - quindi violare o non violare la legge - è la stessa cosa.Dietro questi sbandamenti concettuali, c’è soprattutto l’equazione fra clandestino e criminale. Eppure il crimine degli stranieri in Italia non ha molta attinenza con il possesso di quel documento. Ci sono fior di delinquenti che sono in regola con la burocrazia o addirittura cittadini comunitari a tutti gli effetti.
E’ la politica dei “decreti flussi” ad avere da tempo il fiato corto. Numeri di anno in anno tirati a sorte, corse contro il tempo per entrare in graduatorie sempre più strette, vigorose proteste delle aziende del Nord e delle famiglie in cerca di badanti o di colf… Una reiterata finzione. Occhi che si chiudono sulla realtà, fatta di richiedenti che sono in Italia già da tempo e molto spesso lavorano, hanno casa, famiglia, relazioni sociali. L’unico modo per chiudere le frontiere è… aprirle davvero a quelli come Daria. Fare lo sforzo di conoscerli uno ad uno, questi nuovi italiani che oggi sono costretti a star nascosti dietro la loro condizione di irregolari. Sarà un po’ stancante, ma sempre meglio che convivere con i fantasmi...
Dice Daria: “Ho studiato in lingua originale i discorsi di Martin Luther King e mi hanno affascinato. Il più bello? I have a dream”. Io ho un sogno. E sapete qual è? Un regno e un principe? Gioielli e ricchezze da sogno? Macché. Che un poliziotto la veda e la saluti.


foto4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Società


·                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     Eurispes: immigrati più numerosi di quanto dicono i dati ufficiali

Lo evidenziano i dati relativi alle rimesse nei paesi d'origine


·                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     ROMA, 4 giugno 2009 - Il numero degli stranieri residenti in Italia è superiore a quello dei dati ufficiali. Lo evidenziano i dati relativi alle rimesse, il denaro che gli stranieri residenti in Italia inviano alle proprie famiglie nei Paesi di origine. Nel corso degli ultimi anni - evidenzia l'Osservatorio Lookout immigrazione dell'Eurispes - si è registrata una crescita sostenuta del valore delle rimesse, ovvero della quantità di denaro che gli stranieri residenti in Italia inviano alle proprie famiglie nei Paesi di origine. In particolare, nel 2007 i canali ufficiali di intermediazione monetaria hanno visto transitare oltre 6 miliardi di euro dall'Italia verso i Paesi Esteri, pari al 33,4% in più rispetto allo stesso dato del 2006 e di poco superiore a 4,5 miliardi di euro. Il primato per valore delle rimesse spetta al Lazio (1,5 miliardi di euro, +36,1% rispetto al 2006), alla Lombardia (1,2 miliardi di euro, +27,9% rispetto al 2006) e alla Toscana (867 milioni di euro, +120% rispetto al 2006), mentre in tutte le altre Regioni il valore delle rimesse e' inferiore a 500 milioni di euro, con valori compresi tra 400 milioni di euro del Veneto (+30,7% rispetto al 2006) e 7,3 milioni di euro della Valle d'Aosta (+5,8% rispetto al 2006). Secondo le statistiche ufficiali, nello stesso periodo di riferimento, la popolazione straniera residente in Italia è cresciuta del 16,8%, passando da 2,9 milioni di abitanti (2006) a 3,4 milioni di abitanti (2007). La Regione con la maggiore presenza di stranieri è la Lombardia (815.000 residenti, +11,9% rispetto al 2006), seguita dal Veneto (403.000 residenti, +15,4% rispetto al 2006), dal Lazio (390.000 residenti, e'18,4% rispetto al 2006) e dall'Emilia Romagna (365.000 residenti, +15% rispetto al 2006). In queste prime quattro Regioni si concentra il 60% circa della popolazione straniera, contro il 40% circa di tutte le altre Regioni, con valori compresi tra i 310.000 stranieri residenti in Piemonte (+23,1% rispetto al 2006) e i 6.200 stranieri residenti in Molise (+29,7% rispetto al 2006). L'importo medio delle rimesse che ciascun straniero invia dall'Italia al proprio Paese di origine tramite i canali ufficiali di intermediazione monetaria (ottenuto rapportando il valore complessivo delle rimesse alla popolazione straniera residente) è cresciuto del 14,3% tra il 2006 e il 2007, passando da 1.541 a 1.761 euro. Lo stesso valore pro-capite delle rimesse, calcolato a livello di singola Regione, evidenzia: importi medi superiori al dato nazionale nel Lazio (4.024 euro nel 2007, +14,9% rispetto al 2006), in Toscana (3.154 euro nel 2007, +87,4% rispetto al 2006), in Campania (2.446 euro nel 2007, +6% rispetto al 2006) e in Sardegna (2.226 euro nel 2007, -5,8% rispetto al 2006); importi compresi tra i 1.000 e i 2.000 euro in 12 Regioni, localizzate prevalentemente nel Sud (Calabria, Puglia, Basilicata, Molise) e Nord-Ovest (Liguria, Lombardia, Valle d'Aosta); importi medi pari o inferiori a 1.000 euro in Umbria, Piemonte, Marche, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. E' legittimo ipotizzare - afferma l'Osservatorio - che il valore pro-capite delle rimesse piuttosto basso (140 euro circa al mese), le notevoli differenze riscontrate a livello Regionale (con importi medi delle rimesse pro-capite comprese tra 650 e 4.000 euro) e le forti oscillazioni registrate in un solo anno (+87,4% in Toscana, -29,8% in Calabria) siano attribuibili sia all'uso di canali di intermediazione informali per il trasferimento di somme dall'Italia ai Paesi di origine sia alla presenza sul territorio di un numero di stranieri superiore rispetto al dato ufficiale relativo ai soli residenti.
Ad avvalorare tale ipotesi, afferma ancora l'Osservatorio dell'Eurispes, è il dato relativo all'importo medio delle rimesse per Paese di origine, che mostra, tra il 2006 e il 2007, oscillazioni difficilmente attribuibili alla sola crescita, per altro contenuta, del numero ufficiale di residenti stranieri. Il valore delle rimesse destinate alla Cina è stato nel 2007 di 1,6 miliardi di euro (+140% rispetto allo stesso dato del 2006) che, a fronte di una popolazione residente di 156.500 cinesi (+8% rispetto allo stesso dato del 2006), equivale a un valore della rimesse pro-capite di oltre 10.000 euro l'anno (+123% rispetto allo stesso dato del 2006 che era di 4.800 euro). Valori di rimesse pro-capite superiori rispetto alla media si riscontrano anche per gli stranieri con cittadinanza nelle Filippine (6.800 euro, +34,4% rispetto al 2006), in Colombia (5.183 euro, -3,4% rispetto al 2006), in Brasile (4.000 euro circa, -8,2% rispetto al 2006), in Senegal (4.000 euro circa, +16% rispetto al 2006), nella Repubblica Domenicana, nel Bangladesh e in Peru'. Nel 2007 i Paesi di origine con valori di rimesse pro-capite piu' bassi sono la Polonia (820 euro, -17,5% rispetto al 2006), la Moldavia (796 euro, -17,7% rispetto al 2006), l'Ucraina (769 euro, +2,5% rispetto al 2006) e l'Albania (357 euro, -3% rispetto al 2006), per i quali, data la vicinanza relativa all'Italia, è ipotizzabile un utilizzo piu' frequente dei canali informali di trasferimento di denaro o il trasferimento diretto in occasione dei periodici rientri in patria. Un secondo indicatore che mette in discussione il dato relativo alla presenza di stranieri in Italia è dato dalla differenza riscontrata nel tasso di imprenditorialità di italiani e stranieri, inteso come rapporto tra popolazione residente e imprese registrate. Secondo le ultime stime, la popolazione residente in Italia e' pari a circa 60 milioni di abitanti, dei quali 56 milioni di italiani e 4 milioni di stranieri, mentre il numero di imprese registrate (oltre 6 milioni tra imprese individuali, societa' di capitali, societa' di persone e altre forme giuridiche) e' suddiviso in 5,5 milioni di imprese con titolare italiano e 575.000 imprese con titolare straniero. Rapportando la popolazione residente alle imprese registrate, si nota come il tasso di imprenditorialita' per gli italiani e' di una impresa ogni 10 abitanti, notevolmente inferiore quindi rispetto a quello relativo ai soli stranieri, che e' di una impresa ogni 7 abitanti. Ancora piu' interessante e' il dato relativo alla popolazione cinese e alle imprese registrate in Italia con titolare cinese: a fronte di un numero ufficiale di 174.000 residenti con cittadinanza in Cina e 46.237 imprese registrate con titolare cinese, il tasso di imprenditorialita' risulta essere di una impresa ogni 4 abitanti: vale a dire quasi una impresa per famiglia residente
.

·

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sindacato

 


Allarme Uil sui lavoratori stranieri

“A fine anno 142mila disoccupati”

(Vittorio Longhi)  


Sylvester EkhosuehiRoma, 1 giugno 2009 - Tanti quanti gli abitanti della città di Bruxelles o dell'intera provincia di Gorizia. Sono 142mila i lavoratori immigrati presenti in Italia che rischiano di ritrovarsi senza lavoro nel 2009, a causa della crisi economica. Le stime le ha fatte la Uil, in base alle previsioni di nuove assunzioni per quest'anno, elaborate da Unioncamere e dal Ministero del Welfare, e in base alla diminuzione dell'occupazione complessiva in Italia, secondo i dati Eurostat. La cifra dei potenziali senza lavoro è ricavata dalla sottrazione tra il numero dei disoccupati stranieri al primo gennaio, quasi 162mila, e il numero dei nuovi contratti previsti per immigrati, quasi 58mila (contro i 220mila del 2008). A questi 104mila che resteranno fuori dal mercato del lavoro si devono poi aggiungere i 38mila già assunti che potrebbero perdere il posto proprio a causa della recessione. I settori più colpiti, è noto, saranno quello edile e quello industriale, concentrati nell'area Centro-Nord, con lavoratori provenienti soprattutto dall'Europa dell'Est e dal Nord e Centro Africa. Secondo i dati del 2008, in Italia risultano occupati 1.751 milioni di lavoratrici (40%) e lavoratori immigrati, con un aumento del 16,4% rispetto al 2007 (più femminile che maschile), a fronte di una crescita dell'occupazione totale in Italia di appena lo 0,8%. "L'attuale momento di crisi rischia di cambiare profondamente il nostro mercato del lavoro -- commenta Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil -- , e servono misure eccezionali per tutelare i livelli occupazionali". Se per un lavoratore italiano la perdita del posto è un dramma, fa notare Loy, per un immigrato e la sua famiglia significa il rischio di perdere il diritto a rimanere nel nostro paese. Pertanto, il sindacato propone un uso più efficace degli ammortizzatori sociali anche per gli immigrati, con la possibilità che il periodo di ricerca di un nuovo lavoro, e quindi il rinnovo del permesso di soggiorno, inizi solo al termine della durata dell'indennità di disoccupazione. "C'è da chiedersi se sia funzionale lasciare sei mesi di tempo a un lavoratore immigrato per la ricerca di un nuovo posto, pena il venir meno del diritto al soggiorno in Italia -- dice anche Franco Pittau, curatore del dossier sull'immigrazione Caritas-Migrantes -- . Non sarebbe più giusto neutralizzare il periodo della crisi e sospendere il termine, tanto più che molti perdono il lavoro formale e sono costretti a continuare in nero?". Le prime risposte positive a questi interrogativi arrivano proprio dai territori che più usufruiscono di manodopera straniera. A Treviso, dopo le sollecitazioni e le manifestazioni dei sindacati, il questore Carmine Damiano ha deciso di allungare i tempi della ricerca legale del lavoro, garantendo che il permesso per l'attesa di occupazione non scadrà dopo solo sei mesi, ma potrà essere prorogato per un anno. Una misura che allontana, o meglio ritarda il rischio a cui sono esposti sempre più stranieri senza lavoro, costretti a scegliere tra il ritorno in patria e il reato di clandestinità.


 


Immigrazione, Maroni chiede a Ue di ripartire carico tra Stati

di David Brunnstrom


Las puertas de EuropaLUSSEMBURGO (Reuters) - L'Italia, che è stata pesantemente criticata per il respingimento di migranti che cercavano asilo, ha detto oggi che l'Unione europea deve dotarsi di un sistema che obblighi gli Stati membri a farsi carico del problema accogliendo ognuno un certo numero di immigrati. Gli stati nordici della Ue sono riluttanti ad rispondere a simili richieste da parte di paesi meridionali come l'Italia e Malta, dove la maggior parte dei richiedenti asilo arrivano dall'Africa, affermando di fare già ampiamente la loro parte. Prima dell'inizio del vertice Ue a Lussemburgo, il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha detto che la recente proposta della Commissione europea sull'asilo è "interessante... ma non sufficiente". "Abbiamo chiesto una ripartizione obbligatoria del carico, la proposta prevede un sistema volontario: così chi non vuole non deve accogliere alcun rifugiato", ha detto il capo del Viminale ai giornalisti. In un'intervista al "Financial Times" pubblicata oggi, il primo ministro maltese Lawrence Gonzi ha definito la proposta di Bruxelles un passo avanti, ma ha espresso delusione sul fatto che gli stati Ue non abbiamo trovato un accordo sulla ripartizione dei richiedenti asilo. Maroni ha detto che la Libia, paese verso cui l'Italia ha respinto alcune centinaia di migranti intercettati nel Mediterraneo, gli ha comunicato richieste concrete di aiuto da parte dell'Europa per combattere l'immigrazione irregolare e che trasmetterà tali richieste al commissario europeo alla Giustizia Jacques Barrot. Barrot ha criticato la recente decisione dell'Italia di attuare i respingimenti in Libia , affermando che in questo modo non si distingue tra immigrati irregolari e richiedenti asilo. Il commissario europeo ha proposto che la Ue lavori con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) per istituire centri per i richiedenti asilo direttamente in Africa e impedire che finiscano nelle mani dei trafficanti di esseri umani.  Barrot ha anche invitato l'Acnur a collaborare con la Libia per stabilire uno schema che consenta di accogliere e proteggere i richiedenti asilo secondo gli standard internazionali. Maroni ha affermato che la politica italiana funziona e che l'arrivo di barche di migranti dal Nord Africa è praticamente interrotto, ma continuano le critiche da parte delle organizzazioni non governative che si occupano del problema dei rifugiati. Ieri, il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esiliati, una rete di 69 organizzazioni che assistono profughi in 30 paesi, ha detto che l'Italia dovrebbe essere sottoposta alle sanzioni Ue per "flagrante violazione" dei principi sui diritti umani.

Almeno il 70% delle 31.200 richieste d' asilo in Italia nel 2008 provenivano da migranti giunti dalle coste meridionali del Paese, secondo i dati dell'Acnur.


 

 

 

 

 

 

 

 

 


Studenti schedati e malati in fuga

L’effetto anticipato del ddl sicurezza


Il ddl sicurezza non è ancora legge ma ha già cambiato la vita quotidiana degli immigrati. Il testo, ora all'esame delle Commissioni del Senato, secondo le intenzioni del governo entrerà in vigore prima dell'estate. Ma fa già sentire i suoi effetti per migliaia di badanti irregolari (200mila secondo le ultime stime dell'Irs), che ora sono sotto la minaccia del reato di clandestinità. E che, strette fra le lungaggini burocratiche di una domanda dei flussi e le paure delle famiglie che le hanno assunte, rischiano di perdere il posto. Poi ci sono i lavoratori senza permesso. Possono curarsi, la legge lo garantisce, ma il can can sulla possibilità di essere segnalati alla polizia li ha allontanati a migliaia dagli ambulatori; i casi, sia pure isolati, di medici o poliziotti "zelanti" sono serviti di esempio per tutti. Non c'è solo la mamma di Napoli che ha fatto scalpore per il fax dell'ospedale che segnalava il suo parto "clandestino". A Prato, un cinese è stato arrestato per essere andato a farsi togliere i punti; a Brescia, un senegalese è stato espulso dopo le cure per il mal di denti; la stessa sorte è toccata a Conegliano a una nigeriana di appena vent'anni. La norma sulla segnalazione dei malati è scomparsa dal testo del ddl, mentre l'articolo che esonera i medici dall'obbligo di segnalazione resta pienamente in vigore. Ma secondo molti giuristi non basta: con l'introduzione del reato di clandestinità, chi si imbatte in uno straniero irregolare avrà comunque il dovere di avvisare la polizia. Un possibile futuro che molte realtà locali già anticipano. Come la Asl 6 di Pordenone, che ha preannunciato la chiusura dell'ambulatorio per stranieri con tesserino Stp. O come le scuole che hanno cominciato a chiedere il permesso di soggiorno agli studenti che si preparano alla maturità. Anche su questo punto, in realtà, la normativa è chiara: i minori stranieri "hanno diritto all'istruzione indipendentemente dalla regolarità della loro posizione". E il fatto che l'iscrizione avvenga con riserva "non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi delle scuole di ogni ordine e grado". Insomma: per dare l'esame il permesso non serve. Eppure a Genova i ragazzi stranieri prossimi ai 18 anni si sono ritrovati il nome scritto alla lavagna; a Padova, su una circolare diramata in tutte le classi. Due iniziative rientrate in pochi giorni tra le proteste, ma indicative di un clima già cambiato. Confermano la tensione le polemiche sull'ultima novità annunciata dal ministero dell'Istruzione: quest'anno i risultati della maturità saranno monitorati identificando ogni alunno grazie al codice fiscale. Mariangela Bastico, responsabile scuola del Pd, ne ha fatto materia di un'interrogazione al ministro Gelmini: la novità, si chiede, è "un modo indiretto per verificare il possesso del permesso di soggiorno e discriminare gli studenti figli di irregolari?". Anche altri scenari possibili in gran parte d'Italia sono già realtà. Servirà il permesso per sposarsi: ma molti Comuni già lo chiedono, o mandano a casa dei promessi sposi direttamente la polizia. Servirà anche per qualsiasi atto pubblico, a cominciare dalla registrazione di un figlio, come pure per inviare i risparmi in patria. Mentre l'associazione di consumatori Aduc mette in preallarme migliaia di studenti e turisti: siano statunitensi, svizzeri o australiani, se non fanno la dichiarazione di presenza entro 8 giorni dall'ingresso rischieranno sanzioni fino a 10mila euro perché a tutti gli effetti "clandestini". (31 maggio 2009)


 

Dai territori


 http://www.ilgiornaledivicenza.it/

In 2 mila in sala d'attesa per diventare italiani

Immigrati. Procedure sempre complesse, molte richieste da parte di orientali che aspettano anche 3 o 4 anni. (di Chiara Roverotto)


Save_the_children-Progetto_civico_0_03__roma_19-02-2009Vicenza, 5 giugno 2009 -  Il sogno di diventare cittadini italiani sta diventando sempre più ricorrente tra gli stranieri che vivono nella nostra Provincia. Fino a qualche anno fa a bussare alle porte della prefettura per chiedere di far parte della nostra nazione c'erano essenzialmente marocchini e albanesi, attirati non solo da un lavoro stabile e sicuro, ma anche da quanto il nostro paese poteva offrire in termini culturali e sociali. Ora l'ago della bilancia si sta spostando e di fatto segue alla lettera tutti i fenomeni migratori che hanno coinvolto il Vicentino in questi ultimi tempi. «Quindi da un paio d'anni a questa parte - dicono negli uffici di contrà Gazzolle - le più numerose sono le richieste che provengono da romeni, indiani, bangladesi e pakistani». Non c'è da meravigliarsi: sono stati loro che, nell'ultimo decennio, hanno cambiato i volti dell'immigrazione cittadina trasformando, con comunità sempre più numerose e variopinte, i volti di contrade e paesi sparsi nella provincia, soprattutto nell'Alto Vicentino dove ci sono i gruppi più numerosi e inseriti nel tessuto urbano.
Ma cominciamo dai dati. Lo scorso anno la prefettura ha raccolto oltre 2 mila richieste di cittadinanza, decisamente meno di quanto accadeva precedentemente e la tendenza è in continuo aumento, al punto che le previsioni per quest'anno si chiuderanno a quota 2.300-2.400.
Una mole di lavoro non indifferente per la prefettura che deve provvedere all'istruttoria della domanda inviandola al Ministero dell'Interno e al Ministro degli Esteri, entro 30 giorni dal ricevimento, corredata dal rapporto informativo della questura. Poi il ministero procede a richiedere il parere al Consiglio di Stato. Quando è favorevole quest'ultimo provvede ad emanare un Dpr di concessione, che deve essere firmato dal presidente della Repubblica. I tempi? Si sono abbassati notevolmente - a detta dei dipendenti del palazzo del Governo, che seguono l'iter di queste pratiche - anche perché a Roma pare abbiamo potenziato gli uffici per visionare richieste sempre più numerose. Risultati? Se uno straniero o una straniera sposa un italiano o un'italiana attende in media più di 700 giorni, per cui quasi due anni. Il discorso è diverso quando si tratta di domande che partono dalla residenza (10 anni per i cittadini che non appartengono alla Comunità europea e 4 per quelli targati Ue): in questo caso i tempi si dilatano fino a raggiungere tre o quattro anni dalla data di consegna di tutta la documentazione. «Questo non dipende da noi - rispondono in prefettura - bensì dai controlli che devono essere eseguiti. Non si tratta di pratiche normali, dietro ci stanno tutta una serie di procedimenti, processi e iter che richiedono tempo, attenzione e impegni particolari».
Intanto, solo nel Comune di Vicenza, le cittadinanze concesse nel 2008 sono state 151: 84 per matrimonio, 61 per residenza e 6 per discendenza. L'anno prima furono 142, nel 2006 solo 88. Ma, sulla base di quanto sostengono gli addetti all'anagrafe, solamente fino al mese scorso erano già state accolte circa 200 domande. Provenienti per la maggior parte da marocchini, albanesi, bosniaci. Le etnie più rappresentate anche all'interno del Comune, dove gli stranieri rappresentano il 10,7 per cento della popolazione residente. In pratica sono 16.766 su 115 mila vicentini. Se il sogno di diventare italiani rischia di trasformarsi in un'odissea, ora Itaca sembra più vicina, almeno rispetto ai primi anni, quando accettare l'immigrazione era difficile, mentre ora già si parla di integrazione.
Quindi possedere un documento che permetta ad uno straniero-italiano di partecipare alla vita sociale, politica del paese dove vive e lavora è sicuramente un passo avanti verso quell'integrazione di cui tutti parlano.


 

Prensa Extranjera


Atrapados en los países "de tránsito" de camino a Europa

Los inmigrantes africanos quedan, de media, tres años "atascados" en naciones donde se vulneran sus derechos humanos, denuncia el Servicio Jesuita a Migrantes

CRISTINA CASTRO - Madrid - 06/05/2009


Superviviente de la patera que ha naufragado cerca de TarifaJugarse la vida intentando cruzar el Estrecho o saltando la valla fronteriza de Ceuta y Melilla es tan sólo el último de los riesgos que muchos inmigrantes subsaharianos corren en el camino a Europa. Marruecos, Libia o Mauritania se han convertido en países "de tránsito" en los que los inmigrantes se quedan atascados y normalmente faltos de toda garantía jurídica. Joseph Buades, coordinador del Servicio Jesuitas a Migrantes de España (SJM-E), ha afirmado este miércoles que los inmigrantes permanecen en estos países una media de tres años antes de acceder a Europa, donde algunos son automáticamente deportados después de años de viaje. Control democrático para la gestión de la frontera sur es el resultado de un estudio elaborado por el SJM-E, que cuenta con la colaboración de la Universidad Pontificia de Comillas y que se ha realizado ante las próximas elecciones europeas, en junio. El texto reivindica la falta de garantías democráticas para los inmigrantes por el "desplazamiento cada vez más al sur" de las fronteras con África. Lo corroboran las historias de Adama o Fasco, que escaparon de la República Democrática del Congo por la guerra de su país y tardaron aproximadamente cinco años en llegar a la península. "Traté de saltar la valla cuatro veces", relata Fasco, "y cuando conseguí llegar a Ceuta me comunicaron que me habían concedido el asilo político y una semana después estaba denegado". Las historias personales son muchas. El grupo calcula (aunque "no se pueden hacer estimaciones ajustadas") que puede haber entre 6.000 y 8.000 personas atrapadas en estos países. El estudio realizado por el SJM-E concluye que la inmigración africana está "mal entendida". "Tenemos una imagen de avalancha de cayucos, de invasión, cuando en la península apenas representan un 6% donde más hay, y su peso respecto a la población inmigrante ha bajado cinco puntos desde 1996", ha señalado Cristina Manzanedo, coordinadora del estudio. Por esta fallida interpretación del fenómeno creen que se está produciendo un endurecimiento de las políticas encaminadas a controlar las fronteras sin tener en cuenta otros aspectos. "Desde 2005 la Unión Europea viene proclamando un enfoque global de la inmigración, que combine aspectos de control de inmigración ilegal con integración y medidas para atacar las causas de la inmigración en su origen, pero en la práctica las últimas acciones sólo se dirigen a controlar los flujos migratorios y difuminan los demás aspectos", ha manifestado Manzanedo. "La cooperación internacional está vinculándose a acuerdos comerciales o de control de migraciones", ha alertado Buades. "Europa se define como un espacio de libertad y justicia pero, en nuestra opinión, los países de tránsito no lo son". Según el estudio, los pactos realizados con terceros países para controlar la inmigración (financiándoles para que sean ellos quien ejerzan los controles) no están siendo sino una estrategia del tipo "ojos que no ven, corazón que no siente". Manzanedo agrega: "Nos preocupa la política de externalización de fronteras, porque se trata de una operación invisible para la sociedad española y de la que los políticos no se hacen responsables. Todo ello está provocando una vulneración de los derechos humanos". El documento será enviado a los diferentes grupos políticos de la Eurocámara con unas peticiones claras: comprobar que se están respetando los derechos humanos en los controles de la frontera sur. Además, el SJM-E quiere que los políticos se embarquen con las patrullas marítimas conjuntas, visiten centros de internamiento de extranjeros y los dedicados a la gestión de la inmigración.


 


Los empresarios que contraten a 'sin papeles' deberán pagar la repatriación

Una directiva de la UE endurece el castigo contra la explotación de inmigrantes

TOMÁS BÁRBULO - Madrid - 23/05/2009


  La Unión Europea aprobará el lunes en Consejo de Ministros una directiva, inspirada por el Gobierno español, que endurece las sanciones a los empresarios que contraten a inmigrantes en situación irregular. Además de establecer una batería de multas y penas mínimas, el texto obliga a los patronos explotadores a pagar el viaje de retorno de sus empleados sin papeles que sean repatriados. Hasta ahora, ese gasto recaía sobre los contribuyentes, a través de los Presupuestos Generales del Estado.La directiva, que viene siendo negociada desde hace más de dos años, establece unas normas mínimas, por lo que los Estados quedan en libertad para adoptar medidas aún más estrictas contra los explotadores. Además de obligarles a pagar la repatriación de sus empleados en situación irregular, algo que ya aparece recogido en varios artículos del anteproyecto español de reforma de la Ley de Extranjería, les exige que abonen a los inmigrantes el dinero pendiente por el trabajo que hayan realizado y que paguen los correspondientes impuestos y cotizaciones sociales. En caso de que sea imposible establecer la remuneración de los extranjeros, "se debe presumir que es al menos el salario previsto en la legislación aplicable sobre el salario mínimo, los convenios colectivos o la práctica establecida del sector de actividad de que se trate". Si el inmigrante ha retornado o ha sido repatriado a su país, los empresarios deberán abonar los costes del envío de la remuneración que tuvieran pendiente con él. El texto anima a los Estados a incrementar las inspecciones laborales y les obliga a establecer sanciones penales en los que denomina "casos graves"; a este respecto, ofrece varios ejemplos: las infracciones reiteradas, el empleo ilegal de un número considerable de inmigrantes, las condiciones laborales especialmente abusivas, el empleo de menores y el conocimiento por parte del empresario de que el trabajador es víctima de la trata de seres humanos. La directiva también obliga a los empleadores, antes de contratar a un extranjero extracomunitario, a solicitar su permiso de residencia y a conservar una copia del mismo al menos durante el periodo en que trabaje para él. Y aún va más allá: establece la responsabilidad del contratista principal en el caso de que sea un subcontratista quien emplee al extranjero en situación irregular. De esta forma, las empresas que utilicen subcontratas (algo muy común) podrán ser obligadas como responsables solidarios o subsidiarios a pagar las multas y salarios pendientes en lugar de los subcontratistas que hayan contratado a los sin papeles.