I
LIMITI ALLA TUTELA DELLE MINORANZE LINGUISTICHE
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CORTE
COSTITUZIONALE - sentenza 22 maggio 2009 n. 159 - Pres. Amirante, Red. Napolitano -
(giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 25 febbraio 2008, depositato in cancelleria il 28 febbraio 2008
ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi 2008.
1. Regioni -
Tutela delle minoranze linguistiche - Ex art. 6 Cost. -
Costituisce principio fondamentale della nostra Costituzione.
2. Regioni -
Tutela delle minoranze linguistiche - Ex art. 6 Cost. -
Disciplina in materia - Spetta in via principale allo Stato - Disciplina da
parte delle Regioni - E consentita solo nei limiti in cui prevista dalla
legislazione statale.
3. Regioni -
Tutela delle minoranze linguistiche - Ex art. 6 Cost. -
Previsione dellart. 1, comma 1, della legge n. 482 del 1999 - Secondo cui la
lingua italiana la lingua ufficiale della Repubblica - Funge da criterio
interpretativo generale delle diverse disposizioni che prevedono luso delle
lingue minoritarie - Possibilit che queste ultime spossano essere alternative
alla lingua italiana - Non sussiste.
4. Regioni -
Tutela delle minoranze linguistiche - Artt. 6 comma 2, e 8, commi 1 e 3, della
L. Regione Friuli-Venezia Giulia n. 29 del 2007 - Obbligo per gli uffici
dell'intera regione di rispondere in friulano alla generalit dei cittadini,
nonch di effettuare in tale lingua la comunicazione istituzionale e la
pubblicit - Illegittimit costituzionale.
5. Regioni -
Tutela delle minoranze linguistiche - Art. 9, comma 3, della L. Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 29 del 2007 - Atti adottati dai Consigli comunali e
dagli altri organi collegiali dei Comuni - Cittadini che non comprendono la
lingua friulana - Possibilit che sia prevista la ripetizione degli interventi
in lingua italiana ovvero il deposito contestuale dei testi tradotti in forma
scritta - Illegittimit costituzionale.
6. Regioni -
Tutela delle minoranze linguistiche - Art. 11, comma 5, della L. Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 29 del 2007 - Possibilit per gli enti locali di
adottare l'uso di toponimi anche nella sola lingua friulana con valore di
denominazione ufficiale a tutti gli effetti - Illegittimit costituzionale.
7. Regioni -
Tutela delle minoranze linguistiche - Art. 12, comma 3, della L. Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 29 del 2007 - Apprendimento scolastico della lingua
minoritaria - Necessit di una dichiarazione espressa della volont di non
volersi avvalere dell'insegnamento di tale lingua - Imposizione alle
istituzioni scolastiche dell'obbligo di impartire l'insegnamento -
Illegittimit costituzionale.
8. Regioni -
Tutela delle minoranze linguistiche - Art. 14, commi 2 e 3, della L. Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 29 del 2007 - Garanzia dell'insegnamento della lingua
friulana per almeno un'ora alla settimana per la durata dell'anno scolastico e
previsione di modalit didattiche che assumono come modello di riferimento il
metodo basato sull'apprendimento veicolare integrato delle lingue -
Illegittimit costituzionale.
9. Regioni -
Tutela delle minoranze linguistiche - Art. 18, comma 4, della L. Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 29 del 2007 - Previsione che la Regione possa
sostenere l'insegnamento della lingua friulana anche nelle istituzioni
scolastiche situate nelle aree escluse dal territorio di insediamento della
minoranza friulana - Questione di legittimit costituzionale - Infondatezza.
1. La
tutela delle minoranze linguistiche costituisce uno dei principi fondamentali
della nostra Costituzione, dal momento che non soltanto ad essa dedicato
lart. 6, ma questa speciale tutela concretizza il principio pluralistico ed il
principio di eguaglianza, essendo la lingua un elemento di identit individuale
e collettiva di importanza basilare (1).
2. Per
quanto riguarda la titolarit del potere normativo in materia di tutela delle
minoranze linguistiche, attribuito testualmente dallart. 6 Cost. alla
Repubblica, si sviluppato per lungo tempo un contenzioso tra Stato e Regioni,
risolto in un primo momento nel senso che fosse solo il legislatore statale
abilitato a dettare norme sulla tutela delle minoranze etnico-linguistiche;
successivamente stato ritenuto che anche le legislazioni regionali e
provinciali potessero disciplinare il fenomeno delle lingue minoritarie anche
al di l degli specifici casi espressamente indicati dallo statuto regionale,
ma sempre nel pieno rispetto di quanto determinato in materia dal legislatore
statale (2).
3. La
consacrazione, nellart. 1, comma 1, della legge
15 dicembre 1999 n. 482, della lingua italiana quale lingua ufficiale
della Repubblica non ha solo una funzione formale, ma funge da criterio
interpretativo generale delle diverse disposizioni che prevedono luso delle
lingue minoritarie, evitando che esse possano essere intese come alternative
alla lingua italiana o comunque tali da porre in posizione marginale la lingua
ufficiale della Repubblica; e ci anche al di l delle pur numerose
disposizioni specifiche che affermano espressamente nei singoli settori il
primato della lingua italiana (art. 4, comma 1; art. 7, commi 3 e 4; art. 8.
confronta, inoltre, lart. 6, comma 4, del regolamento di attuazione della
legge n. 482 del 1999, emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 2
maggio 2001, n. 345).
4. Va
dichiarata lillegittimit costituzionale degli artt. 6, comma 2, e 8, commi 1
e 3, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 dicembre 2007, n. 29
(Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana), i
quali, nel prevedere un obbligo generale per gli uffici dellintera Regione
– operante anche nelle aree escluse dal territorio di insediamento del
gruppo linguistico friulano (delimitato ai sensi dellart. 3 della stessa
legge) – di rispondere in friulano alla generalit dei cittadini che si
avvalgano del diritto di usare tale lingua e di redigere anche in friulano gli
atti comunicati alla generalit dei cittadini, nonch di effettuare in tale
lingua la comunicazione istituzionale e la pubblicit, contrastano con lart.
9, comma 1, della legge
n. 482 del 1999, che circoscrive luso della lingua minoritaria nei soli
Comuni di insediamento del relativo gruppo linguistico.
5. Va
dichiarata lillegittimit costituzionale dellart. 9, comma 3, della legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 dicembre 2007, n. 29, il quale, nel
prevedere, in ordine allattivit svolta in seno agli organi collegiali, di cui
ai precedenti commi 1 e 2, una mera facolt della ripetizione degli interventi
in lingua italiana ovvero del deposito contestuale dei testi tradotti in
forma scritta, viola lart. 7 della legge
n. 482 del 1999, il quale, ai commi 3 e 4, statuisce che qualora uno o pi
componenti degli organi collegiali di cui ai commi 1 e 2 dichiarino di non
conoscere la lingua ammessa a tutela, deve essere garantita una immediata
traduzione in lingua italiana e qualora gli atti destinati ad uso pubblico
siano redatti nelle due lingue, producono effetti giuridici solo gli atti e le
deliberazioni redatti in lingua italiana.
6. Va
dichiarata lillegittimit costituzionale dellart. 11, comma 5, della legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 dicembre 2007, n. 29, il quale, nel
prevedere, la facolt per i Comuni di adottare toponimi anche nella sola lingua
friulana, incompatibile con la previsione dettata dal legislatore statale che
legittima luso dei toponimi nella lingua minoritaria solo in aggiunta ai
toponimi ufficiali.
7. Va
dichiarata lillegittimit costituzionale dellart. 12, comma 3, della legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 dicembre 2007, n. 29, il quale prevede
che, qualora i genitori non vogliano che ai figli sia impartito linsegnamento
della lingua friulana, sono tenuti a comunicarlo al momento delliscrizione,
previa adeguata informazione, su richiesta scritta dellistituzione scolastica.
Il silenzio serbato sul punto dai genitori equivale ad un vero e proprio
assenso, fatta salva la possibilit di modificare tale decisione in occasione
dellapertura del nuovo anno scolastico. Tale disposizione contrasta
palesemente con quanto previsto dal legislatore statale nellart. 4, commi 2 e
5, della legge
n. 482 del 1999, che stabilisce, invece, che al momento della
preiscrizione i genitori comunicano alla istituzione scolastica interessata se
intendono avvalersi per i propri figli dellinsegnamento della lingua della
minoranza.
8. Va
dichiarata lillegittimit costituzionale dellart. 14, commi 2 e 3, della
legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 dicembre 2007, n. 29, i quali
prevedono linsegnamento della lingua friulana per almeno unora alla settimana
(art. 14, comma 2, ultimo periodo) e luso della lingua friulana come lingua
veicolare, e contrastano con lart. 4, comma 2, della legge
n. 482 del 1999, che attribuisce allautonomia didattica delle scuole la
deliberazione dei tempi di insegnamento della lingua friulana.
9. Non
fondata la questione di costituzionalit relativa allart. 18, comma 4, della
legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 dicembre 2007, n. 29, il quale
consente alla Regione di sostenere linsegnamento della lingua friulana anche
nelle istituzioni scolastiche situate nelle aree escluse dal territorio di
insediamento della minoranza friulana; tale disposizione non vola lart. 4
della legge
n. 482 del 1999, dal momento che il legislatore regionale si limitato a
prevedere una mera possibilit di sostegno economico da parte della stessa
Regione alle istituzioni scolastiche (di qualsiasi grado) che, nella loro
autonomia, ritengano utile sviluppare, anche in aree esterne alla zonizzazione
territoriale, linsegnamento della lingua friulana.
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(1) Cfr. Corte
cost., sentenza n. 15 del 1996; confronta pure le sentenze n. 261 del 1995 e n.
768 del 1988.
(2) Cfr. Corte
cost., sentenze n. 261 del 1995, n. 289 del 1987 e n. 312 del 1983.
SENTENZA N.
159
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai
signori:
- Francesco
AMIRANTE Presidente
- Ugo DE
SIERVO Giudice
- Paolo
MADDALENA "
- Alfio
FINOCCHIARO "
- Alfonso
QUARANTA "
- Franco GALLO
"
- Luigi
MAZZELLA "
- Gaetano
SILVESTRI "
- Sabino
CASSESE "
- Maria Rita
SAULLE "
- Giuseppe
TESAURO "
- Paolo Maria
NAPOLITANO "
- Giuseppe
FRIGO "
- Alessandro
CRISCUOLO "
ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nel giudizio
di legittimit costituzionale degli artt. 6, comma 2, 8, commi 1 e 3, 9, comma
3, 11, comma 5, 12, comma 3, 14, commi 2 e 3, e 18, comma 4, della legge della
Regione Friuli-Venezia Giulia 18 dicembre 2007, n. 29 (Norme per la tutela,
valorizzazione e promozione della lingua friulana), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 25 febbraio 2008, depositato
in cancelleria il 28 febbraio 2008 ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi
2008.
Visto latto di
costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
udito nelludienza
pubblica del 10 febbraio 2009 il Giudice relatore Ugo De Siervo, sostituito per
la redazione della sentenza dal Giudice Paolo Maria Napolitano;
uditi lavvocato
dello Stato Filippo Capece Minutolo per il Presidente del Consiglio dei
ministri e lavvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.
Ritenuto in fatto
1. – Con
ricorso notificato il 25 febbraio 2008 e depositato il successivo 28 febbraio,
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura
generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimit costituzionale
degli artt. 6, comma 2, 8, commi 1 e 3, 9, comma 3, 11, comma 5, 12, comma 3,
14, commi 2 e 3, e 18, comma 4, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia
18 dicembre 2007, n. 29 (Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della
lingua friulana), pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 52 del 27 dicembre 2007, in riferimento agli articoli
3, 6, 117, terzo comma, della Costituzione, dellart. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), e degli articoli 3 e 6, n. 1), della legge costituzionale
31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
Per il
ricorrente la legge regionale n. 29 del 2007 eccede, sotto diversi profili, la
competenza legislativa attribuita alla Regione Friuli-Venezia Giulia dallart.
3 dello statuto speciale, che contempla la tutela delle minoranze linguistiche
presenti nella Regione, e dal decreto legislativo 12 settembre 2002, n. 223
(Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia
per il trasferimento di funzioni in materia di tutela della lingua e della
cultura delle minoranze linguistiche storiche nella regione), il quale demanda
alla legislazione regionale lattuazione delle disposizioni della legge 15
dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche
storiche): una legge quadro, questultima, dettata, come ripetutamente
sottolineato nel ricorso, in attuazione dellart. 6 della Costituzione.
1.1. –
Il ricorrente ritiene, in particolare, che gli artt. 6, comma 2, e 8, commi 1 e
3, della legge regionale n. 29 del 2007, nel prevedere un obbligo generale per
gli uffici dellintera Regione – operante anche nelle aree escluse dal
territorio di insediamento del gruppo linguistico friulano (delimitato ai sensi
dellart. 3 della stessa legge) – di rispondere in friulano alla
generalit dei cittadini che si avvalgano del diritto di usare tale lingua e
di redigere anche in friulano gli atti comunicati alla generalit dei
cittadini, nonch di effettuare in tale lingua la comunicazione istituzionale
e la pubblicit, contrasterebbero con lart. 9, comma 1, della legge n. 482 del
1999, che circoscrive luso della lingua minoritaria nei soli Comuni di
insediamento del relativo gruppo linguistico.
1.2. –
La seconda censura proposta riguarda lart. 9, comma 3, della legge regionale
n. 29 del 2007 che, testualmente, dispone: le modalit per garantire la
traduzione a coloro che non comprendono la lingua friulana sono disciplinate
dagli enti di cui ai commi 1 e 2 con disposizioni dei piani di politica
linguistica di cui allart. 27, nel cui ambito pu essere prevista la ripetizione
degli interventi in lingua italiana ovvero il deposito contestuale dei testi
tradotti in forma scritta. Per la parte ricorrente, limpugnata disposizione,
nel prevedere una mera facolt quanto alla ripetizione degli interventi in
lingua italiana, violerebbe lart. 6 Cost. e lart. 7 della legge n. 482 del
1999, il quale, ai commi 3 e 4, statuisce che qualora uno o pi componenti
degli organi collegiali di cui ai commi 1 e 2 dichiarino di non conoscere la
lingua ammessa a tutela, deve essere garantita una immediata traduzione in
lingua italiana e qualora gli atti destinati ad uso pubblico siano redatti
nelle due lingue, producono effetti giuridici solo gli atti e le deliberazioni
redatti in lingua italiana. Risulterebbe violato anche lart. 8 della legge n.
482 del 1999, il quale, con riferimento alla possibilit per il Consiglio
comunale di pubblicare atti nella lingua ammessa a tutela, fa tuttavia salvo
il valore esclusivo degli atti nel testo redatto in lingua italiana.
1.3. –
Il ricorrente impugna anche lart. 11, comma 5, della legge regionale n. 29 del
2007, che prevede che gli enti locali possono stabilire di adottare luso dei
toponimi bilingui o di toponimi nella sola lingua friulana e che la
denominazione prescelta diviene la denominazione ufficiale a tutti gli effetti.
La disposizione citata violerebbe gli artt. 1, comma 1, e 10 della legge n. 482
del 1999, che rispettivamente dispongono, il primo, che la lingua ufficiale
della Repubblica litaliano, e, il secondo, che nei Comuni di insediamento
della minoranza linguistica i consigli comunali possono deliberare ladozione
di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi solo in aggiunta ai toponimi
ufficiali. La contestata disposizione risulterebbe altres incompatibile con
lart. 3, secondo comma, Cost. per evidente violazione del principio del
rispetto della eguaglianza dei cittadini del nostro Paese.
1.4. –
Tra le norme oggetto di impugnazione figura anche lart. 12, comma 3,
riguardante lapprendimento scolastico della lingua minoritaria, che, a parere
del Presidente del Consiglio, prevede un meccanismo simile al cosiddetto
silenzio-assenso laddove dispone che al momento delliscrizione i genitori o
chi ne fa le veci, previa adeguata informazione, su richiesta scritta dellistituzione
scolastica, comunicano alla stessa la propria volont di non avvalersi
dellinsegnamento della lingua friulana. In tal modo si determinerebbe
unimposizione alle istituzioni scolastiche di impartire tale insegnamento,
violando i principi dellautonomia organizzativa e didattica delle istituzioni
scolastiche di cui allart. 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59
(Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed
enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa); in secondo luogo, la censurata disposizione
violerebbe lart. 4 della legge n. 482 del 1999, che, nel prevedere
linsegnamento della lingua minoritaria nei Comuni di insediamento della
minoranza, ne demanda allautonomia scolastica i tempi e le metodologie di
svolgimento e che, al comma 5, prevede che la manifestazione di volont da
parte dei genitori consista nellassenso alla frequenza dellinsegnamento. La
disposizione impugnata, nel porre a carico dei genitori lonere di comunicare
la volont di non avvalersi dellinsegnamento della lingua minoritaria
violerebbe altres lart. 3 Cost., configurando un regime di obbligatoriet che
pu interrompersi solo con la richiesta di esonero.
1.5. –
La parte ricorrente impugna anche lart. 14, commi 2 e 3, della legge regionale
n. 29 del 2007, nelle parti in cui dispone che linsegnamento della lingua
friulana sia garantito per almeno unora alla settimana per la durata dellanno
scolastico (comma 2) e che nella programmazione dellinsegnamento della lingua
friulana siano comprese le modalit didattiche che assumono come modello di
riferimento il metodo basato sullapprendimento veicolare integrato delle
lingue (comma 3), in quanto, contrastando con i principi dellautonomia
scolastica, violerebbe lart. 117, terzo comma, Cost., che esclude dalla
competenza concorrente regionale lautonomia delle istituzioni scolastiche.
Violazione che, a giudizio del Presidente del Consiglio, si verifica anche se,
rispetto a quanto prevede lart. 6, n. 1, dello statuto della Regione
Friuli-Venezia Giulia, che attribuisce solo una competenza integrativa in
materia di istruzione, si applica il disposto dellart. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001, a favore delle Regioni a statuto speciale e delle
Province autonome, per le parti in cui la revisione del titolo V della parte
seconda della Costituzione prevede forme pi ampie di autonomia.
La norma
citata, infatti, imporrebbe alle istituzioni scolastiche tempi e modi di
insegnamento, ponendosi in tal modo in contrasto con i principi dellautonomia
organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche di cui allart. 21,
commi 8 e 9, della legge n. 59 del 1997 e con quanto disposto dallart. 4 della
legge n. 482 del 1999, che, nel prevedere linsegnamento della lingua
minoritaria nei Comuni di insediamento della minoranza, rinvia a tali principi
circa i tempi e le metodologie di svolgimento dellinsegnamento. In particolare
– aggiunge la difesa erariale – il comma 3 dellart. 14 presenterebbe
evidenti criticit, posto che la sua finalit consiste nel voler imprimere
alla lingua friulana il carattere di "lingua veicolare".
1.6. –
Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che lart. 18, comma
4, della legge regionale n. 29 del 2007, nella parte in cui dispone che la
Regione pu sostenere linsegnamento della lingua friulana anche nelle
istituzioni scolastiche presenti nei territori esclusi dalla delimitazione di
cui allart. 3, comma 1, legittimando la Regione a sostenere linsegnamento
della lingua friulana anche nelle istituzioni scolastiche situate nelle aree
escluse dal territorio di insediamento della minoranza friulana, contrasterebbe
con lart. 4, commi 1 e 2, della legge n. 482 del 1999, che circoscrive linsegnamento
della lingua minoritaria alle scuole situate nellambito territoriale di
insediamento della minoranza. A parere del ricorrente, in tal modo si
realizzerebbe una violazione del principio della tutela linguistica nellambito
territoriale di insediamento, tanto che si porrebbe una esigenza pressante di
declaratoria di illegittimit costituzionale al fine di evitare che una sua
anche parziale attuazione possa determinare pesanti rischi di discriminazione a
carico dei docenti e degli studenti della scuola pubblica, nonch analoghi
rischi per i cittadini nel loro rapporto con le pubbliche amministrazioni
locali.
2. – Con
atto depositato il 21 marzo 2008 si costituita nel presente giudizio la
Regione Friuli-Venezia Giulia, chiedendo il rigetto delle questioni sollevate
dal Presidente del Consiglio dei ministri.
La difesa
regionale ritiene necessario delineare il quadro normativo entro il quale si
colloca la legge regionale n. 29 del 2007.
Premette la
resistente che lart. 6 Cost., quanto alla tutela delle minoranze linguistiche,
non configura una vera materia bens un compito che spetta a tutte le
componenti della Repubblica, nellesercizio delle competenze loro spettanti.
Questo compito spetta a maggior ragione alla Regione Friuli-Venezia Giulia, il cui
statuto speciale, invero, stabilisce che nella Regione riconosciuta parit
di diritti e di trattamento a tutti i cittadini, qualunque sia il gruppo
linguistico al quale appartengono, con la salvaguardia delle rispettive
caratteristiche etniche e culturali (art. 3).
La Regione
Friuli-Venezia Giulia, nellambito delle competenze ad essa spettanti in questa
materia, ha adottato una propria disciplina sin dalla legge regionale 22 marzo
1996, n. 15 (Norme per la tutela e la promozione della lingua e della cultura
friulane e istituzione del servizio per le lingue regionali e minoritarie).
Lo stesso
legislatore statale ha inserito la lingua friulana tra quelle protette; in
particolare la legge statale n. 482 del 1999, emanata in attuazione dellart. 6
Cost., ha demandato alla Repubblica il compito di tutelare la lingua e la
cultura delle popolazioni parlanti (tra le altre lingue) il friulano (art.
2).
Di recente,
prosegue la difesa regionale, in relazione anche allattribuzione alle Regioni
speciali di competenza legislativa concorrente in materia di istruzione (art.
117, terzo comma, Cost., in combinato disposto con lart. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001), stato emanato il d.lgs. n. 223 del 2002, il
cui art. 1, comma 2, dispone che la Regione detti norme legislative al fine di
coordinare i compiti attribuiti alle istituzioni scolastiche autonome in
attuazione della disciplina prevista dallart. 4 della legge n. 482 del 1999.
Al riguardo,
la Regione resistente sostiene che il d.lgs. n. 223 del 2002 non demanda alla
legislazione regionale lattuazione delle disposizioni della legge n. 482 del
1999, come affermato nel ricorso, ma provvede essa stessa a dettare le regole
per lattuazione di questa legge in Friuli-Venezia Giulia, riconoscendo alla
Regione il potere legislativo, al fine di coordinare i compiti attribuiti alle
scuole. Sicch la legge n. 482 del 1999 non pu essere considerata, in questo
ambito territoriale, alla stregua di una legge-quadro in una materia di
competenza concorrente.
Pi in
generale, la difesa della Regione, pur ammettendo che nel suo complesso la
legge n. 482 del 1999 possa considerarsi attuativa dellart. 6 Cost., nondimeno
esclude che essa ne rappresenti la sola legittima attuazione, tanto che la
stessa legge regionale n. 29 del 2007 si dichiara attuativa del succitato art.
6 Cost.
Tutto ci
premesso, la resistente sviluppa le proprie difese in relazione ai singoli vizi
dincostituzionalit contestati dal ricorrente.
2.1. –
Per quanto attiene alle censure mosse nei confronti degli artt. 6, comma 2, e
8, commi 1 e 3, della legge regionale n. 29 del 2007, la difesa regionale
ritiene che tali disposizioni, stabilendo che Ǐ consentito, negli uffici delle
amministrazioni pubbliche, luso orale e scritto della lingua ammessa a
tutela, si limitano a prevedere un diritto delle persone interessate alluso
della lingua, definendone lambito di applicazione, in una materia quale quella
dellorganizzazione amministrativa regionale e dellorganizzazione degli enti
locali di sua competenza legislativa esclusiva (art. 4, n. 1 e n. 1-bis dello
statuto).
La Regione
Friuli-Venezia Giulia, prosegue la difesa della resistente, si sarebbe ispirata
al criterio della personalit del diritto alluso della lingua minoritaria, e
non a quello della territorialit, la cui inderogabilit non si potrebbe
comunque far discendere dallart. 6 Cost.
In tal senso
la difesa regionale richiama le affermazioni di questa Corte secondo le quali
nel dare attuazione allart. 6 Cost. il legislatore dispone [] di un ambito
di apprezzamento che la Costituzione non pregiudica (sentenza n. 406 del 1999)
e il criterio di personalit nella protezione dei diritti linguistici delle
minoranze rientra in tale ambito, cosicch possibile chesso sia talora
utilizzato, sulla base di apprezzamenti legislativi. Nel compiere le proprie
scelte, il legislatore dovr necessariamente tener conto delle conseguenze
che, per i diritti degli altri soggetti non appartenenti alla minoranza
linguistica protetta e sul piano organizzativo dei pubblici poteri – sul
piano quindi della stessa operativit concreta della protezione –
derivano dalla disciplina speciale dettata in attuazione dellart. 6 della
Costituzione (cos sempre la sentenza n. 406 del 1999).
Pertanto, a
parere della difesa regionale, le impugnate disposizioni non avrebbero leso i
diritti dei soggetti non appartenenti alla minoranza linguistica (dato che
restano fermi luso ed il valore della lingua italiana) e non avrebbero imposto
oneri organizzativi irragionevoli. Infatti, lart. 6, comma 2, riguarderebbe
solo la Regione (e gli enti pararegionali), che Ǐ perfettamente libera di
organizzarsi in modo da poter assicurare luso del friulano a coloro che lo
richiedano, cos come lart. 8, nei commi 1 e 3, riguarderebbe solo la Regione
e gli enti locali, e non tutti gli uffici pubblici, e non potrebbe ritenersi
irragionevole, n lesivo dei diritti di chicchessia, che gli atti generali
– che necessariamente interessano anche le zone friulanofone –
abbiano una versione in lingua friulana.
2.2. –
In merito allart. 9, comma 3, della legge regionale n. 29 del 2007, la parte
resistente sostiene che la norma si limita ad indicare due possibili modalit
per garantire la traduzione a coloro che non comprendono la lingua friulana,
dettando regole applicative per raggiungere lobiettivo fissato dallo stesso
art. 7, comma 3, della legge n. 482 del 1999, in base al quale deve essere
garantita una immediata traduzione in lingua italiana.
La
disposizione sottoposta a scrutinio, poi, non interferirebbe in alcun modo con
la disciplina degli effetti giuridici e del valore legale degli atti, oggetti
in relazione ai quali essa non stabilisce alcunch.
2.3. –
La Regione – a sostegno dellinfondatezza della censura concernente
lart. 11, comma 5, della legge regionale n. 29 del 2007 che prevede la
possibilit di adottare luso dei toponimi bilingui o di toponimi nella sola
lingua friulana – osserva che, per definizione, la legge regionale non
pu violare il principio di uguaglianza fra cittadini di diverse Regioni, in
quanto, potendo disporre solo per il proprio ambito territoriale, essa finisce
necessariamente col differenziare le proprie discipline da quelle operanti
negli altri contesti territoriali.
Inoltre, al
fine di confutare laffermazione della parte ricorrente secondo la quale per i
Comuni interessati luso della sola denominazione friulana costituirebbe una
eccezione priva di riscontro nellordinamento di altre Regioni, la resistente
obietta che, sin dal 1976, la Regione Valle dAosta ha definito la
toponomastica dei propri Comuni con denominazioni ufficiali monolingui
francofoni (si veda la legge regionale n. 61 del 1976, da ultimo modificata con
la legge regionale n. 18 del 2006). Analogamente, ci sarebbe riscontrabile in
altre Regioni, quali il Piemonte, la Sardegna o la Calabria.
Ad avviso
della resistente, dunque, la censurata disposizione non contrasterebbe con
lart. 1, comma 1, della legge n. 482 del 1999 in quanto la statuizione
dellitaliano come lingua ufficiale della Repubblica non si riferisce affatto
alla struttura linguistica dei nomi propri, ma alla lingua intesa come insieme
di parole significanti e di regole sintattiche e grammaticali. Luso della
lingua italiana, nel senso indicato, come lingua ufficiale non affatto posto
in dubbio dalluso di nomi propri di paese nella versione corrispondente
alluso locale.
Del resto lo
stesso art. 10 della legge n. 482 del 1999, che consente ai Comuni di
insediamento delle minoranze di deliberare in aggiunta ai toponimi ufficiali,
ladozione di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali non
proibirebbe affatto allente competente (e la Regione Friuli-Venezia Giulia
competente in materia di toponomastica ai sensi dellart. 5, n. 19, dello
statuto) di provvedere a disciplinare la definizione del toponimo ufficiale,
consentendone la modifica al Consiglio comunale.
2.4. –
Con riferimento allimpugnazione dellart. 12, comma 3, della legge regionale
n. 29 del 2007, a parere della resistente, lobbligo di fornire linsegnamento
in lingua friulana deriverebbe dallart. 4, comma 5, della legge n. 482 del
1999, senza che nulla vi aggiunga la disposizione qui in discussione.
Quanto, poi,
alla posizione dei genitori, la disposizione impugnata non prevederebbe affatto
un regime di obbligatoriet, ma si limiterebbe ad introdurre una modesta
variante alla disciplina di cui al succitato art. 4, comma 5, in relazione
alla modalit procedurale di scelta dellinsegnamento del friulano. La ragione
della modifica sarebbe da individuare nellesigenza di "esonerare" da
ogni adempimento la maggioranza dei genitori partendo dalla premessa che,
verosimilmente, nelle zone di insediamento linguistico la maggior parte di essi
vorr scegliere linsegnamento opzionale, lasciando a coloro che non lo
desiderino lonere di segnalare la circostanza.
La nuova
disposizione sarebbe pienamente legittimata dalla potest concorrente regionale
in materia di istruzione e pi specificamente anche dallart. 1, comma 2, del
d.lgs. n. 223 del 2002, a mente del quale la Regione provvede con proprie
disposizioni legislative allesercizio di funzioni di coordinamento dei compiti
attribuiti alle istituzioni scolastiche autonome in attuazione della disciplina
prevista dallart. 4 della legge, in materia di uso della lingua della
minoranza nella scuola materna e in materia di insegnamento della lingua della
minoranza nelle scuole elementari e secondarie di primo grado.
Pertanto il
richiamo ai principi dellautonomia scolastica e di eguaglianza non sarebbe
pertinente, cos come non lo sarebbe linvocato art. 4, comma 2, della legge n.
482 del 1999, che si occupa delle modalit di insegnamento e non di quelle
afferenti alla scelta rimessa ai genitori.
2.5. –
In ordine alla doglianza relativa allart. 14, commi 2 e 3, della legge
regionale n. 29 del 2007, la Regione Friuli-Venezia Giulia reputa opportuno
chiarire che lespressione apprendimento veicolare integrato delle lingue
riflette lobiettivo di insegnare la lingua non "in astratto" e come
vuota struttura linguistica, ma in concreto, "veicolando" con essa
determinati contenuti. In questo senso, dunque, la lingua friulana dovrebbe
essere insegnata "veicolando" al tempo stesso altri contenuti
didattici, in modo tale che lo studente apprenda contemporaneamente la lingua e
la materia insegnata con la lingua stessa.
Questa
opzione, per la difesa regionale, non rappresenta n una stravaganza del
legislatore regionale n una sua scelta autonoma, trovando il suo fondamento
gi nella legge statale. Lart. 4, comma 1, della legge n. 482 del 1999
stabilisce, infatti, che nelle scuole materne dei Comuni di cui allart. 3,
leducazione linguistica prevede, accanto alluso della lingua italiana, anche
luso della lingua della minoranza per lo svolgimento delle attivit educative,
e che nelle scuole elementari e nelle scuole secondarie di primo grado
previsto luso anche della lingua della minoranza come strumento di
insegnamento. Dunque, non vi sarebbe alcuna compressione dellautonomia
scolastica limitandosi, la disposizione in esame, ad indicare un modello di
riferimento identico a quello della legge statale. Peraltro, lindicazione di
un modello di riferimento sarebbe legittimata sia dalla potest legislativa
concorrente in materia di istruzione che dal gi citato art. 1, comma 2, del
d.lgs. n. 223 del 2002, restando, invece, ferma lautonomia delle scuole per la
scelta del metodo didattico.
Quanto al
comma 2 dellart. 14, esso si limiterebbe a fissare una durata minima per
linsegnamento del friulano, restando alle scuole la possibilit di definire in
dettaglio i tempi e le metodologie dellinsegnamento, come risulta dallart.
4 della legge n. 482 del 1999.
2.6. –
La censura avente per oggetto lart. 18, comma 4, sarebbe, ad avviso della
resistente, infondata per le ragioni gi esposte in relazione agli articoli 6,
comma 2, e 8, commi 1 e 3. In primo luogo, lart. 4 della legge n. 482 del 1999
tutelerebbe un diritto con riferimento ad un certo ambito, senza tuttavia
esprimere una portata limitativa della possibilit che la legge regionale possa
assicurare una maggiore tutela, oltre quellambito territoriale, sin dove non
comprima gli altrui diritti. Inoltre, lo stesso art. 4 non pu considerarsi
specificazione dellart. 6 Cost., dal quale non risulta affatto un principio
inderogabile di territorialit nella tutela delle minoranze linguistiche (nel
senso di obbligatoriamente limitarla alla zona di insediamento). Ci a
maggiore ragione – conclude la difesa regionale – in quanto la
contestata disposizione prevede un mero supporto regionale (verosimilmente,
finanziario) ad unattivit di insegnamento opzionale decisa autonomamente
dalle scuole, in relazione alle richieste dei genitori, in perfetta coerenza
con lautonomia scolastica.
3. – In
prossimit delludienza pubblica, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha
depositato una memoria integrando le considerazioni gi svolte nellatto di
costituzione con esclusivo riferimento alla censura relativa allart. 11, comma
5, in tema di toponomastica.
Al fine di
dimostrare linfondatezza della doglianza, la difesa regionale richiama lart.
19 della legge della Provincia autonoma di Trento 19 giugno 2008, n. 6 (Norme
di tutela e promozione delle minoranze linguistiche locali), il quale, al comma
3, prevede che il repertorio dei toponimi [] comprende per le singole
localit la denominazione in lingua minoritaria e la corrispondente
denominazione in lingua diversa da quella di minoranza della quale si renda
opportuno il mantenimento in quanto diffusamente conosciuta a livello nazionale
o internazionale. Il successivo comma 5 – prosegue la resistente –
dispone che gli enti di cui al comma 1, adeguano la toponomastica di loro
competenza ai contenuti del relativo repertorio. Il comma 6, dal canto suo,
stabilisce che fatte salve le denominazioni dei Comuni, le indicazioni e le
segnalazioni relative a localit e toponimi di minoranza sono di regola
espresse nella sola denominazione ladina, mchena o cimbra. Possono essere
redatte anche nel corrispondente nome italiano, se questo registrato nel
rispettivo repertorio dei toponimi, con pari dignit grafica.
Le discipline
adottate nella Provincia autonoma di Bolzano, nella Regione Valle dAosta e nel
comprensorio ladino della Val di Fassa nella Provincia autonoma di Trento
dimostrerebbero – conclude la resistente – che, in materia di
toponomastica, sia possibile seguire indifferentemente il criterio del
bilinguismo ovvero del monolinguismo.
Considerato in diritto
1. – Il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura
generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimit costituzionale
degli articoli 6, comma 2, 8, commi 1 e 3, 9, comma 3, 11, comma 5, 12, comma
3, 14, commi 2 e 3, e 18, comma 4, della legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia 18 dicembre 2007 n. 29 (Norme per la tutela, valorizzazione e promozione
della lingua friulana), in riferimento agli articoli 3, 6, 117, terzo comma,
della Costituzione, allart. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.
3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ed agli
articoli 3 e 6, n. 1), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1
(Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
Per il
ricorrente la legge regionale n. 29 del 2007 eccede, sotto diversi profili, la
competenza legislativa attribuita alla Regione Friuli-Venezia Giulia dallart.
3 dello statuto speciale, che contempla la tutela delle minoranze linguistiche
presenti nella Regione, e dal decreto legislativo 12 settembre 2002, n. 223
(Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia
per il trasferimento di funzioni in materia di tutela della lingua e della
cultura delle minoranze linguistiche storiche nella regione), il quale demanda
alla legislazione regionale lattuazione delle disposizioni della legge 15
dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche
storiche). Per molteplici motivi le disposizioni censurate si porrebbero in
contrasto con quelle contenute in tale ultima legge, assunte come parametri
interposti.
In
particolare, lart. 6, comma 2, e lart. 8, commi 1 e 3, nel prevedere un
obbligo generale per gli uffici dellintero sistema regionale, esteso anche
alle aree escluse dal territorio di insediamento del gruppo linguistico
friulano, di rispondere in friulano alla generalit dei cittadini che si
avvalgono del diritto di usare tale lingua e di redigere anche in friulano gli
atti comunicati alla generalit dei cittadini, nonch di effettuare in tale
lingua la comunicazione istituzionale e la pubblicit, contrasterebbero con
lart. 9, comma 1, della legge n. 482 del 1999, che circoscrive luso della
lingua minoritaria nei soli Comuni di insediamento del relativo gruppo
linguistico.
Lart. 9,
comma 3, nel prevedere, in ordine allattivit svolta in seno agli organi
collegiali, di cui ai precedenti commi 1 e 2, una mera facolt della
ripetizione degli interventi in lingua italiana ovvero del deposito
contestuale dei testi tradotti in forma scritta, violerebbe lart. 7 della
legge n. 482 del 1999, il quale, ai commi 3 e 4, statuisce che qualora uno o
pi componenti degli organi collegiali di cui ai commi 1 e 2 dichiarino di non
conoscere la lingua ammessa a tutela, deve essere garantita una immediata
traduzione in lingua italiana e qualora gli atti destinati ad uso pubblico
siano redatti nelle due lingue, producono effetti giuridici solo gli atti e le
deliberazioni redatti in lingua italiana. La censurata previsione
contrasterebbe, inoltre, con lart. 8 della legge n. 482 del 1999, il quale,
prevedendo la possibilit per il Consiglio comunale di pubblicare atti nella
lingua ammessa a tutela, fa tuttavia salvo il valore esclusivo degli atti nel
testo redatto in lingua italiana.
Lart. 11,
comma 5, contemplando anche lutilizzazione di toponimi nella sola lingua
friulana, violerebbe lart. 1, comma 1, della legge n. 482 del 1999, per il
quale la lingua ufficiale della Repubblica litaliano, nonch lart. 10
della stessa legge, il quale dispone che nei Comuni di insediamento della minoranza
linguistica i consigli comunali possono deliberare ladozione di toponimi
conformi alle tradizioni e agli usi, ma solo in aggiunta ai toponimi
ufficiali. La contestata disposizione risulterebbe altres incompatibile con
lart. 3, secondo comma, della Costituzione.
Lart. 12,
comma 3, stabilendo che al momento delliscrizione scolastica i genitori o chi
ne fa le veci, previa adeguata informazione, su richiesta scritta
dellistituzione scolastica, comunicano alla stessa la propria volont di non
avvalersi dellinsegnamento della lingua friulana, determinerebbe innanzitutto
unimposizione alle istituzioni scolastiche di impartire tale insegnamento,
violando in tal modo i principi dellautonomia organizzativa e didattica delle
istituzioni scolastiche e cos ponendosi in contrasto con lart. 117, terzo
comma, Cost. e con lart. 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59
(Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed
enti locali, per la riforma della Pubblica amministrazione e per la
semplificazione amministrativa). In secondo luogo, la censurata disposizione
violerebbe lart. 4 della legge n. 482 del 1999, che demanda allautonomia
scolastica i tempi e le metodologie di svolgimento delle attivit didattiche e
che, al comma 5, prevede che la manifestazione di volont da parte dei genitori
consista nellassenso alla frequenza dellinsegnamento. La medesima
disposizione legislativa regionale, configurando un regime di obbligatoriet
che pu interrompersi solo con la richiesta di esonero, contrasterebbe altres
con lart. 3 Cost.
Lart. 14, ai
commi 2 e 3, stabilendo che linsegnamento della lingua friulana sia garantito
per almeno unora alla settimana per la durata dellanno scolastico e che nella
programmazione dellinsegnamento della lingua friulana siano comprese modalit
didattiche che assumano come modello di riferimento il metodo basato
sullapprendimento veicolare integrato delle lingue, pretenderebbe di imporre
alle istituzioni scolastiche tempi e modi di insegnamento, ponendosi in tal
modo in contrasto con i principi dellautonomia organizzativa e didattica delle
istituzioni scolastiche e con quanto disposto dallart. 4 della legge n. 482
del 1999, che, nel prevedere linsegnamento della lingua minoritaria nei Comuni
di insediamento della minoranza, rinvia a tali principi circa i tempi e le
metodologie di svolgimento dellinsegnamento. In particolare la disposizione
regionale contrasterebbe con lart. 117, terzo comma, Cost., che esclude dalla
competenza concorrente regionale lautonomia delle istituzioni scolastiche:
ci in virt della clausola di equiparazione di cui allart. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001 (da applicarsi alla Regione Friuli-Venezia Giulia
che, ai sensi dellart. 6, numero 1, dello statuto speciale ha, in materia di
istruzione, competenza integrativa).
Lart. 18,
comma 4, che legittima la Regione a sostenere linsegnamento della lingua
friulana anche nelle istituzioni scolastiche situate nelle aree escluse dal
territorio di insediamento della minoranza friulana, contrasterebbe con lart.
4, commi 1 e 2, della legge n. 482 del 1999, che circoscrive linsegnamento
della lingua minoritaria alle scuole situate nellambito territoriale di
insediamento della minoranza.
2. – Lo
scrutinio delle diverse censure prospettate nel ricorso presuppone una
ricostruzione del quadro costituzionale e legislativo entro cui si colloca la
legge regionale n. 29 del 2007.
2.1. –
Questa Corte ha pi volte affermato che la tutela delle minoranze linguistiche costituisce
principio fondamentale dellordinamento costituzionale (sentenze n. 15 del
1996, n. 261 del 1995 e n. 768 del 1988). Pi precisamente, tale principio,
che rappresenta un superamento delle concezioni dello Stato nazionale chiuso
dellottocento e un rovesciamento di grande portata politica e culturale,
rispetto allatteggiamento nazionalistico manifestato dal fascismo, stato
numerose volte valorizzato dalla giurisprudenza di questa Corte, anche perch
esso si situa al punto di incontro con altri principi, talora definiti
"supremi", che qualificano indefettibilmente e necessariamente
lordinamento vigente (sentenze n. 62 del 1992, n. 768 del 1988, n. 289 del
1987 e n. 312 del 1983): il principio pluralistico riconosciuto dallart. 2 –
essendo la lingua un elemento di identit individuale e collettiva di
importanza basilare – e il principio di eguaglianza riconosciuto
dallart. 3 della Costituzione, il quale, nel primo comma, stabilisce la pari
dignit sociale e leguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini,
senza distinzione di lingua e, nel secondo comma, prescrive ladozione di norme
che valgano anche positivamente per rimuovere le situazioni di fatto da cui
possano derivare conseguenze discriminatorie (sentenza n. 15 del 1996).
Oltre a
questo, alcuni statuti speciali dettano esplicite disposizioni
di tutela delle minoranze linguistiche. Le discipline contenute negli statuti
della Regione Valle dAosta/Valle dAoste (legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 4) e del Trentino-Alto Adige/Sdtirol (decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1972, n. 670) recano numerose previsioni, configurando due
differenziati modelli di tutela delle minoranze linguistiche principali
(bilinguismo assoluto o totale nella Regione Valle dAosta; separatismo
linguistico nella Regione Trentino-Alto Adige), in aggiunta ad alcune speciali
disposizioni poste a presidio di altri gruppi linguistici minoritari ivi
presenti. In questambito, in entrambi i suddetti statuti vi anche
laffermazione che la lingua italiana la lingua ufficiale della Repubblica
(rispettivamente art. 38 e art. 99).
Dal canto suo,
lart. 3 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia dispone che Ǐ
riconosciuta parit di diritti e di trattamento a tutti i cittadini, qualunque
sia il gruppo linguistico al quale appartengono, con la salvaguardia delle
rispettive caratteristiche etniche e culturali.
2.2. – A
questo significativo quadro di principi e di disposizioni di rango
costituzionale corrisponde una normativa internazionale che si sviluppata ed
articolata nel tempo.
Se nei testi
pi risalenti, come la Dichiarazione universale dei diritti delluomo adottata
dallAssemblea generale delle Nazioni unite il 10 dicembre 1948 (artt. 2, 7,
26) e la Convenzione per la salvaguardia per i diritti delluomo e delle
libert fondamentali, ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848 (artt. 6 e
14), si affermavano principi di eguaglianza e non discriminazione per motivi
attinenti alla lingua utilizzata dalle persone, soprattutto negli atti internazionali
adottati dagli anni novanta emerge anche il problema del trattamento delle
cosiddette "minoranze nazionali": un problema, questo, affrontato
andando oltre la mera non discriminazione, per cercare di garantire la
effettiva partecipazione degli appartenenti a tali minoranze alla vita
collettiva del loro paese attraverso il diritto alluso della lingua nelle
relazioni istituzionali, il diritto allistruzione anche nella lingua
minoritaria, il sostegno alla cultura della minoranza.
Di questa fase
innovativa sono significativi esempi la risoluzione dellAssemblea generale
delle Nazioni Unite del 18 dicembre 1992 (Dichiarazione sui diritti delle
persone appartenenti alle minoranze nazionali o etniche, religiose e
linguistiche) ed in particolare la Carta europea delle lingue regionali o
minoritarie adottata dal Consiglio dEuropa il 5 novembre 1992. Questultimo
testo, in particolare, prevede una tutela particolarmente accentuata delle
lingue regionali o minoritarie, tra laltro attraverso prescrizioni molto
analitiche sullinsegnamento delle medesime ad ogni livello scolastico, sulla
possibilit di usare queste lingue in sede giudiziaria e legale, nonch nei
rapporti con le pubbliche amministrazioni, sulla previsione di forme di
bilinguismo nelle aree in cui sono presenti le lingue minoritarie, sulla
garanzia della presenza di queste lingue nel settore dei mezzi di comunicazione
e nellambito culturale.
Lo Stato
italiano non ha, ad oggi, provveduto a ratificare la Carta europea delle lingue
regionali o minoritarie del 1992, diversamente da quanto avvenuto con la
Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali – alla
quale fa riferimento la legge 28 agosto 1997, n. 302 (Ratifica ed esecuzione
della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a
Strasburgo il 1 febbraio 1995) – e con la Convenzione sulla protezione e
la promozione delle diversit delle espressioni culturali – alla quale fa
riferimento la legge 19 febbraio 2007, n. 19 (Ratifica ed esecuzione della
Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversit delle espressioni
culturali, fatta a Parigi il 20 ottobre 2005).
Particolarmente
significativa si rivela laffermazione contenuta nellart. 1 della
Sezione I della suddetta Convenzione-quadro, a mente della quale la protezione
delle minoranze nazionali e dei diritti e delle libert delle persone
appartenenti a queste minoranze parte integrante della protezione
internazionale dei diritti delluomo e in quanto tale rientra nella portata
della cooperazione internazionale. La stessa non solo impegna le Parti
contraenti a garantire pienamente lesercizio delle libert civili agli
appartenenti alle minoranze nazionali, ma contiene – tra laltro –
disposizioni sulla libera utilizzazione della lingua minoritaria in privato ed
in pubblico, sul suo uso in caso di procedure penali, sulla sua utilizzazione
per i nomi personali e le insegne private, sul suo insegnamento nel sistema
della pubblica istruzione.
Essa prevede,
altres, nella Sezione II, che nelle zone geografiche dove persone
appartenenti a minoranze nazionali sono insediate per tradizione o in numero
sostanziale, qualora tali persone ne facciano richiesta e sempre [che] la
richiesta corrisponda ad una effettiva esigenza, le Parti faranno in modo di
realizzare per quanto possibile le condizioni che consentano di utilizzare la
lingua minoritaria nelle relazioni tra queste persone e le autorit
amministrative (art. 10, comma 2) e che, sempre in tali zone, le Parti
contraenti nellambito del loro sistema legislativo [] in considerazione
delle loro specifiche condizioni, faranno ogni sforzo per affiggere anche nella
lingua minoritaria le denominazioni tradizionali locali, i nomi delle strade e
le altre indicazioni topografiche destinate al pubblico qualora vi sia una
domanda sufficiente per tali indicazioni (art. 11, comma 3).
2.3. –
Come ricordato in precedenza, la giurisprudenza di questa Corte, se da tempo ha
affermato che la Costituzione conferma per implicito che il nostro sistema
riconosce litaliano come unica lingua ufficiale (sentenza n. 28 del 1982), ha
pi volte ritenuto che la tutela delle minoranze linguistiche costituisce uno
dei principi fondamentali della nostra Costituzione, dal momento che non
soltanto ad essa dedicato lart. 6, ma questa speciale tutela concretizza il
principio pluralistico ed il principio di eguaglianza, essendo la lingua un
elemento di identit individuale e collettiva di importanza basilare (sentenza
n. 15 del 1996; confronta pure le sentenze n. 261 del 1995 e n. 768 del 1988).
Pur garantendo
comunque una tutela minima, immediatamente operativa, sottratta
alla vicenda politica e direttamente determinabile attraverso la
interpretazione costituzionale dellordinamento, il principio consacrato
nellart. 6 Cost. richiede lapprestamento sia di norme ulteriori di
svolgimento, sia di strutture o istituzioni finalizzate alla loro concreta
operativit, in quanto la misura concreta di effettivit di tali principi di
tutela delle minoranze [] condizionata allesistenza di leggi e misure
amministrative (sentenze n. 15 del 1996, n. 62 del 1992 e n. 28 del 1982).
Intorno alla
titolarit di questo potere normativo, attribuito testualmente dallart. 6
Cost. alla Repubblica, si sviluppato per lungo tempo un contenzioso tra
Stato e Regioni, risolto dalla giurisprudenza di questa Corte in un primo
momento nel senso che fosse solo il legislatore statale abilitato a dettare
norme sulla tutela delle minoranze etnico-linguistiche (sentenze n. 14 del
1965, n. 128 del 1963, n. 46 e n. 1 del 1961, n. 38 del 1960).
Proprio con
riferimento ad una asserita ingiustificata disparit di trattamento tra la
minoranza di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia e gli appartenenti alla
minoranza alloglotta del Trentino-Alto Adige e della Valle dAosta con riguardo
alluso della lingua anche nel processo penale (previsto solo per i secondi
dallallora primo e terzo comma dellart. 137 cod. proc. pen.), questa Corte,
con la sentenza n. 28 del 1982, ha affermato che restava rimesso al
legislatore italiano, nella propria discrezionalit, di scegliere i modi e le
forme della tutela da garantire alla minoranza linguistica slovena.
Successivamente,
questa Corte ha altres ritenuto che anche le legislazioni regionali e
provinciali potessero disciplinare il fenomeno delle lingue minoritarie anche
al di l degli specifici casi espressamente indicati dallo statuto regionale,
ma sempre nel pieno rispetto di quanto determinato in materia dal legislatore
statale (sentenze n. 261 del 1995, n. 289 del 1987 e n. 312 del 1983).
In effetti, a
seguito di questi mutamenti giurisprudenziali, non poche Regioni
speciali ed ordinarie hanno approvato discipline in tema di tutela delle
minoranze linguistiche.
Dalla
richiamata giurisprudenza costituzionale si ricava che lattuazione in via di
legislazione ordinaria dellart. 6 Cost. in tema di tutela delle minoranze
linguistiche genera un modello di riparto delle competenze fra Stato e Regioni
che non corrisponde alle ben note categorie previste per tutte le altre materie
nel Titolo V della seconda parte della Costituzione, sia prima che dopo la
riforma costituzionale del 2001. Infatti, il legislatore statale appare
titolare di un proprio potere di individuazione delle lingue minoritarie
protette, delle modalit di determinazione degli elementi identificativi di una
minoranza linguistica da tutelare, nonch degli istituti che caratterizzano
questa tutela, frutto di un indefettibile bilanciamento con gli
altri legittimi interessi coinvolti ed almeno potenzialmente confliggenti (si
pensi a coloro che non parlano o non comprendono la lingua protetta o a
coloro che devono subire gli oneri organizzativi conseguenti alle speciali
tutele). E ci al di l della ineludibile tutela della lingua italiana.
A tale
proposito, questa Corte ha avuto occasione di affermare che il legislatore
statale dispone in realt di un proprio potere di doveroso apprezzamento in
materia, dovendosi necessariamente tener conto delle conseguenze che, per i
diritti degli altri soggetti non appartenenti alla minoranza linguistica
protetta e sul piano organizzativo dei pubblici poteri – sul piano quindi
della stessa operativit concreta della protezione – derivano dalla
disciplina speciale dettata in attuazione dellart. 6 della Costituzione (sentenza
n. 406 del 1999). Si tratta, inoltre, di un potere legislativo che pu
applicarsi alle pi diverse materie legislative, in tutto od in parte spettanti
alle Regioni. Peraltro, malgrado tutte queste caratteristiche, ci si trova
dinanzi ad una potest legislativa non solo limitata dal suo specifico oggetto,
ma non esclusiva (nel senso di cui al secondo comma dellart. 117 Cost.), dal
momento che alle leggi regionali spetta lulteriore attuazione della legge
statale che si renda necessaria.
Di particolare
rilievo , poi, a questo riguardo, per le Regioni a statuto speciale e per le
Province autonome, la funzione della normativa dattuazione, vale a dire di
quel particolare procedimento che previsto dai suddetti statuti speciali e
che rinvia la specificazione delle implicazioni legislative derivanti dalle
disposizioni statutarie alla decretazione legislativa successiva alla
deliberazione di commissioni pariteticamente composte da rappresentanti dello
Stato e della Regione interessata. infatti evidente che questo tipo di
produzione normativa, che deve comunque necessariamente – dato che
fuoriesce dagli abituali modelli procedurali previsti per il percorso
legislativo – trovare il suo fondamento in disposizioni statutarie, si
pone come norma interposta (e, quindi, sovraordinata) per ci che riguarda sia
la legge statale che quella regionale che vengono a disciplinare corrispondenti
ambiti legislativi.
2.4. –
La legge n. 482 del 1999 si autoqualifica come legislazione di attuazione
dellart. 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti
dagli organismi europei e internazionali.
Fra i suoi
molteplici contenuti, di particolare rilevanza , innanzitutto, la
individuazione dei soggetti che possono attivare la procedura mediante la quale
si procede alla delimitazione dellambito territoriale in cui si applicano
le disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche storiche. La procedura
pu iniziare su istanza di appena il quindici per cento dei cittadini di un
Comune oppure di un terzo dei consiglieri comunali, e il Comune pu esprimere
solo un parere alla Provincia, cui attribuito il potere di delimitare il
territorio di insediamento della minoranza. In sostanza, questa legge, pur
prevedendo misure di tutela per minoranze di limitata consistenza numerica,
tiene in ogni caso fermo il criterio della tutela esclusivamente territoriale
delle comunit interessate. Il fatto che le speciali tutele delle lingue
minoritarie siano applicabili in aree territoriali nelle quali esistono anche
piccole minoranze linguistiche poi confermato dallart. 7, comma 2, della
legge n. 482 del 1999, che prevede lestensione del diritto di esprimersi nella
lingua minoritaria dei componenti degli organi collegiali di Comunit montane,
Province e Regioni alla condizione che queste ricomprendano Comuni nei quali
riconosciuta la lingua ammessa a tutela, che complessivamente costituiscano
almeno il 15 per cento della popolazione interessata.
La
consacrazione, nellart. 1, comma 1, della legge n. 482 del 1999, della lingua
italiana quale lingua ufficiale della Repubblica non ha evidentemente
solo una funzione formale, ma funge da criterio interpretativo generale delle
diverse disposizioni che prevedono luso delle lingue minoritarie, evitando che
esse possano essere intese come alternative alla lingua italiana o comunque
tali da porre in posizione marginale la lingua ufficiale della Repubblica; e
ci anche al di l delle pur numerose disposizioni specifiche che affermano
espressamente nei singoli settori il primato della lingua italiana (art. 4,
comma 1; art. 7, commi 3 e 4; art. 8. confronta, inoltre,
lart. 6, comma 4, del regolamento di attuazione della legge n. 482 del 1999,
emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 2 maggio 2001, n. 345).
Nel dettaglio,
specifiche garanzie sono dettate dalla legge n. 482 del 1999 per le scuole
materne, elementari e medie inferiori (artt. 4 e 5), per le universit operanti
nelle Regioni interessate (art. 6), per gli organi a struttura collegiale di
Comuni, Comunit montane, Province e Regioni (art. 7), per le pubblicazioni dei
Comuni (art. 8), per le pubbliche amministrazioni operanti localmente e per i
giudici di pace (art. 9), per i Comuni che esercitano competenze in tema di
toponomastica (art. 10), per gli organi competenti in materia di ripristino del
nome originario (art. 11), per il servizio pubblico radiotelevisivo (art. 12).
Questa legge
si autoqualifica come non modificabile da parte delle Regioni ad autonomia
ordinaria, dal momento che lascia ai rispettivi legislatori il solo potere di
adeguare la propria normativa, nelle materie ad essi devolute, ai principi
della legge statale (art. 13).
Per le Regioni
a statuto speciale, escluso che la legge possa innovare le speciali norme
statutarie esistenti, si prescrive che lapplicazione delle disposizioni pi
favorevoli previste dalla presente legge disciplinata con norme di attuazione
dei rispettivi statuti (art. 18).
2.5. –
Per ci che riguarda lo statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, oltre alla
ricordata affermazione contenuta nellart. 3, non prevista una specifica
disposizione attributiva di competenze in questa materia. E per previsto
(art. 65) che con decreti legislativi, sentita una Commissione paritetica di
sei membri, nominati tre dal Governo della Repubblica e tre dal Consiglio
regionale, saranno stabilite le norme di attuazione del presente statuto e
quelle relative al trasferimento allAmministrazione regionale degli uffici
statali che nel Friuli-Venezia Giulia adempiono a funzioni attribuite alla
Regione.
quindi
questo lo strumento cui la Regione poteva ricorrere per introdurre eventuali
normative volte alla salvaguarda delle [] caratteristiche etniche e
culturali dei suoi cittadini qualunque [fosse] il gruppo linguistico di appartenenza,
che fossero derogatorie rispetto al contenuto della legge n. 482 del 1999.
A tale
procedura – conformemente, del resto, a quanto previsto dal gi citato
art. 18 della legge n. 482 del 1999 – si fatto ricorso per procedere
alla approvazione del d.lgs. 12 settembre 2002, n. 223, recante Norme di
attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia per il
trasferimento di funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura
delle minoranze linguistiche storiche nella regione.
Non si
rinvengono, invece, in alcuna parte del suddetto decreto legislativo di
attuazione disposizioni che introducano direttamente, o che autorizzino il
legislatore regionale ad introdurre normative derogatorie al contenuto della
legge n. 482 del 1999. , tra laltro, significativo che lo stesso decreto
definisca la legge n. 482 del 1999 (che reca il titolo di Norme in materia di
tutela delle minoranze linguistiche storiche) come "legge" per la
tutela della lingua e della cultura delle popolazioni che parlano il friulano e
di quelle appartenenti alla minoranza slovena e germanofona, usando, quindi,
una formulazione che direttamente riferisce il contenuto della legge alle
minoranze linguistiche della Regione.
In ogni caso,
sia che da ci si desuma che la normativa di attuazione abbia recepito, al di
l degli adattamenti previsti nei commi dellart. 1 successivi al primo, il
contenuto della legislazione statale (con la conseguente maggiore forza che
lordinamento attribuisce alle norme di attuazione degli statuti speciali
rispetto alla legislazione ordinaria sia dello Stato che delle Regioni, vedere
sentenze n. 132 del 2009, n. 341 del 2001, n. 212 del 1994 e n. 20 del 1956),
sia che si evinca che la normativa di attuazione si sia limitata a non introdurre
norme derogatorie alla suddetta legislazione statale, il risultato che la
legge regionale non pu divergere da questultima.
Le
considerazioni innanzi formulate costituiscono, quindi, il quadro di
riferimento utile per lanalisi delle censure che il Presidente del Consiglio
muove alla legge regionale.
2.6. –
La legge regionale n. 29 del 2007, dopo essersi qualificata come attuativa
dellart. 6 della Costituzione e dellart. 3 dello statuto regionale, indica,
allart. 2, come proprie fonti legittimanti sia lesercizio delle competenze
legislative della Regione di concorrere allattuazione dei principi espressi a
livello internazionale da tutta una serie di atti internazionali (di diversa
natura ed efficacia) a tutela del pluralismo linguistico, sia quelle relative
allattuazione dei principi della legislazione statale in materia, e in
particolare della legge 15 dicembre 1999, n. 482 [], e del decreto legislativo
12 settembre 2002, n. 223 [], tenuto conto dei principi e delle disposizioni
della legge regionale 22 marzo 1996, n. 15 (Norme per la tutela e la promozione
della lingua e della cultura friulane e istituzione del servizio per le lingue
regionali e minoritarie).
Al di l del
fine generale di tutelare, valorizzare e promuovere luso della lingua
friulana, considerata parte del patrimonio storico, culturale e umano della
Comunit regionale, questa legge afferma esplicitamente di essere finalizzata
ad ampliare luso della lingua friulana nel territorio di riferimento, seppure
nel rispetto della libera scelta di ciascun cittadino.
In realt
questa legge, che raccoglie e ridisciplina quanto contenuto in altre precedenti
leggi regionali (che, infatti, vengono in parte abrogate), contiene una ricca
variet di disposizioni solo in parte direttamente od indirettamente attuative
della legge n. 482 del 1999.
3. –
Sulla base di quanto in precedenza evidenziato vanno scrutinate nel merito le
suesposte censure e le argomentazioni utilizzate dal ricorrente per motivare la
violazione dellart. 6 Cost. tramite lasserito contrasto con differenziate
disposizioni della legge n. 482 del 1999.
3.1. –
Le questioni relative allart. 6, comma 2, e allart. 8, commi 1 e 3, della
legge regionale in oggetto sono fondate.
Dette
disposizioni sono censurate in quanto contrastano con lart. 9, comma 1, della
legge n. 482 del 1999 (attuativa dellart. 6 Cost.), che circoscrive luso
della lingua minoritaria nei soli Comuni di insediamento del relativo gruppo
linguistico.
3.1.1. –
Il Presidente del Consiglio censura le suddette disposizioni ritenendo che
esse, prevedendo un obbligo generale per gli uffici dellintera regione,
operante anche nelle aree escluse dal territorio di insediamento del gruppo
linguistico friulano (delimitato ai sensi dellart. 3 della stessa legge), di
rispondere in friulano "alla generalit dei cittadini" che si
avvalgono del diritto di usare tale lingua e di redigere anche in friulano gli
atti comunicati "alla generalit dei cittadini", nonch di effettuare
in tale lingua la comunicazione istituzionale e la pubblicit, contrast[i]no
con lart. 9, comma 1, della legge n. 482/99 (attuativa dellart. 6 Cost.), che
circoscrive luso della lingua minoritaria nei soli Comuni di insediamento del
relativo gruppo linguistico.
Si gi
accennato, nel descrivere in via generale il contenuto della legge n. 482 del
1999, che essa prevede un ben preciso sistema di tutela delle minoranze
linguistiche presenti in Italia, incentrato sul principio della delimitazione
del territorio in cui si applicano le specifiche disposizioni di salvaguardia.
Il primo comma dellart. 3 della legge prevede, infatti, che la delimitazione
dellambito territoriale e sub-comunale in cui si applicano le disposizioni di
tutela delle minoranze linguistiche storiche previste dalla presente legge
adottata dal consiglio provinciale, sentiti i Comuni interessati, su richiesta
di almeno il quindici per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali e
residenti nei Comuni stessi, ovvero di un terzo dei consiglieri comunali dei
medesimi Comuni. Nei due successivi commi del suddetto articolo si individuano
altre forme di attivazione del procedimento volto a definire gli ambiti
territoriali di tutela e a costituire organismi di coordinamento e nei
successivi articoli si definisce il contenuto delle misure di tutela, sempre
per con riferimento ai suddetti ambiti.
Si pu,
quindi, affermare che il principio cui si ispira la legge n. 482 del 1999
quello territoriale: la normativa di salvaguardia delle lingue minoritarie
riconosciute si applica cio nei territori in cui vi una sufficiente presenza
di cittadini appartenenti alla minoranza stessa.
Questa Corte
ha gi avuto modo di pronunciarsi sulla legittimit costituzionale di
disposizioni che prevedano la tutela su base territoriale della lingua
minoritaria, sospettate di illegittimit costituzionale per contrasto col
diverso principio della tutela personale delle suddette lingue alla luce, in
particolare, dellart. 6 Cost. o delle specifiche normative poste, in alcuni
statuti speciali, a tutela delluso della lingua minoritaria.
Nella sentenza
n. 213 del 1998 si precisato che quanto alla pretesa violazione delle norme
costituzionali e statutarie in tema di protezione della minoranza italiana di
lingua tedesca (artt. 6 e 116 della Costituzione e 100 dello statuto speciale),
si deve innanzitutto rilevare che tale protezione basata non sul principio di
personalit ma su quello di territorialit.
Parimenti,
nella sentenza n. 406 del 1999, questa Corte, nel giudicare circa la
compatibilit costituzionale di una norma del codice di procedura penale
(lart. 109, comma 2) che, a giudizio del rimettente, non avrebbe tutelato
lappartenente alla minoranza quando, in caso di spostamento della competenza
territoriale, si fosse trovato ad essere processato fuori del luogo di
residenza, ha affermato che i diritti di uso della lingua riconosciuti agli
appartenenti a Comunit linguistiche di minoranza valgono s come diritti
personali ma soltanto nei rapporti con le istituzioni aventi competenza sul territorio
di insediamento delle Comunit medesime. La questione di costituzionalit
sollevata mira invece a ottenere una pronuncia di questa Corte attraverso la
quale si affermi, sia pure soltanto in relazione al caso dei giudizi che
formano oggetto della disciplina dell'art. 11 cod. proc. pen., una protezione
dei diritti linguistici delle minoranze riconosciute che si proietti al di l
dei limiti territoriali di insediamento, una proiezione che tenderebbe a
connotare costituzionalmente la disciplina dei diritti linguistici in termini
non pi territoriali ma personali. [] Ma, per quanto i principi costituzionali
richiedano di essere valorizzati nella loro funzione conformatrice della legislazione
ordinaria, non possibile, da una proclamazione come quella contenuta
nell'art. 6 della Costituzione ("La Repubblica tutela con apposite norme
le minoranze linguistiche"), inferire lesistenza di un vincolo del
legislatore alladozione del criterio personale, in luogo di quello
territoriale, nella disciplina dei diritti linguistici delle minoranze; tanto
pi, si pu aggiungere, che tale criterio non nemmeno adottato dagli statuti
delle regioni ad autonomia differenziata, la cui speciale ragion dessere
deriva per lappunto anche dallesistenza di minoranze linguistiche e
dallesigenza di una loro particolarmente forte protezione.
Vi , altres,
da considerare che la giurisprudenza di questa Corte ha, fin dalle sue pi
risalenti sentenze, messo in luce il delicato rapporto tra la specifica tutela
prevista dallart. 6 Cost. e il generale principio di uguaglianza posto
dallart. 3 della medesima.
Gi nella
sentenza n. 46 del 1961 si afferma che le competenze normative attribuite alle
Regioni o Provincie autonome sono da contenere entro i limiti risultanti dalla
specificazione delle singole materie elencate negli Statuti, secondo il
contenuto delle medesime da determinare in base a criteri obiettivi, e non se
ne pu consentire l'estensione a rapporti non rientranti nelle medesime, in
base alla mera considerazione dei fini che ne hanno inspirato il conferimento
[ dato che deve essere effettuato il] coordinamento fra lesigenza della
protezione delle caratteristiche etniche e dello sviluppo culturale di quel
gruppo alloglotto e l'altra della parit del trattamento con gli altri gruppi.
Tale concetto
ribadito nella sentenza n. 128 del 1963 ed in quella n. 14 del 1965 nella
quale questa Corte, con riferimento specifico alla statuto della Regione
Friuli-Venezia Giulia, ribadisce che lo statuto afferma (art. 3) il principio
generale della parit di diritti e di trattamento di tutti i cittadini,
qualunque sia il gruppo linguistico al quale essi appartengono.
Si tratta di
un percorso argomentativo che stato seguito anche negli ultimi anni. Nella
sentenza n. 213 del 1998 si afferma nuovamente, infatti, che lart. 6 Cost.
non contiene in s una forza espansiva, al di l di quanto espressamente
stabilito nelle norme degli statuti regionali speciali e che le norme di
tutela delle minoranze rappresentano sempre punti di equilibrio e
contemperamenti tra le garanzie particolari e l'ordinamento generale.
L'estensione delle prime non pu non comportare ripercussioni sul secondo.
Non
contrastando n con lart. 6 Cost., n con specifiche norme statutarie, la
disposizione che fissa nella legge n. 482 del 1999 il principio della tutela
territoriale della lingua minoritaria non pu, per i motivi evidenziati al
punto 2.5., essere contraddetta dal legislatore regionale.
Passando
allesame delle singole censure, questa Corte sottolinea che il comma 2
dellart. 6 della legge impugnata, riconoscendo in modo espresso il diritto di
usare la lingua friulana [] a prescindere dal territorio in cui i relativi
uffici sono insediati, viene a violare in modo palese quanto previsto dalla
legge n. 482, dato che attribuisce il diverso e non riconosciuto diritto ad un
uso personale della lingua minoritaria.
Ad analoga
conclusione si deve pervenire anche con riferimento alle censure mosse ai commi
1 e 3 dellart. 8 della legge regionale.
Infatti, la pi
volte citata legge statale limita, al comma 1 dellart. 9, luso della lingua
minoritaria ai Comuni di cui allart. 3 (cio a quelli nei quali si applicano
le norme di tutela), mentre il comma 1 dellart. 8 della legge regionale
prevede la redazione in friulano degli atti comunicati alla generalit dei
cittadini anche al di fuori dellambito dei suddetti Comuni e il comma 3
garantisce la presenza della lingua friulana [] anche nella comunicazione
istituzionale e nella pubblicit degli atti destinati allintera Regione.
evidente il contrasto, dato che le censurate disposizioni sanciscono il dovere,
da parte della Regione e degli enti locali in cui si applicano le norme di
tutela (nonch dei relativi "enti strumentali"), di usare la lingua
friulana anche per le comunicazioni che fuoriescano dai suddetti ambiti
territoriali.
Lart. 6,
comma 2, e lart. 8, commi 1 e 3, della legge regionale n. 29 del 2007 sono,
pertanto, illegittimi per violazione dellart. 9, comma 1, della legge n. 482
del 1999.
3.2 – La
questione relativa allart. 9, comma 3, della legge regionale fondata.
La censurata
disposizione contempla una mera facolt della ripetizione degli interventi in
lingua italiana, ovvero del deposito contestuale dei testi tradotti in forma
scritta nei dibattiti dei Consigli comunali in cui si pu utilizzare la lingua
friulana. Dal canto suo, la norma invocata a parametro interposto, vale a dire
lart. 7 della legge n. 482 del 1999, prescrive la immediata traduzione di
tali interventi.
Il terzo comma
dellart. 7 della legge n. 482 del 1999, nel riconoscere agli
appartenenti alla minoranza linguistica protetta facenti parte degli organi
collegiali degli enti locali e regionali il diritto di utilizzare la diversa
lingua, lo bilancia con la previsione di una immediata traduzione in
lingua italiana a garanzia sia degli altri componenti che dichiarino di non
conoscere la lingua ammessa a tutela sia della stessa complessiva funzionalit
degli organi pubblici interessati. Rinviare tutto ci ai piani di politica
linguistica e, soprattutto, ipotizzare forme diverse dalla immediata
traduzione pone evidenti dubbi sulla pienezza ed immediatezza del confronto
dialettico negli organi collegiali.
La puntuale e
sollecita comprensione degli interventi svolti in seno ad un organo collegiale
fondamentale ai fini del suo corretto funzionamento. Ove si tratti, in
particolare, di un organo elettivo di un ente pubblico, la comunicazione
secondo modalit linguistiche immediatamente accessibili il presupposto per
un appropriato confronto dialettico. A sua volta, detto confronto una delle
modalit di estrinsecazione del principio democratico. Sicch, la garanzia
della contestuale conoscenza, nella lingua ufficiale della Repubblica, da
parte di tutti i componenti lorgano collegiale del contenuto degli atti e
degli interventi posti in essere in quella sede condizione essenziale perch
il confronto democratico possa aver luogo.
Non esatto
pertanto obiettare, come fa la difesa regionale, che si tratterebbe solo
dellindividuazione di due diverse modalit per garantire la traduzione, dato
che le modalit della traduzione vengono addirittura rinviate ad una futura
procedura, mentre la traduzione (che, tra laltro, sarebbe verso la lingua
ufficiale) deve essere necessariamente contestuale, cos come anche ribadito
nellart. 4, comma 2, del d.P.R. n. 345 del 2001.
Lart. 9,
comma 3, della legge regionale n. 29 del 2007 , pertanto, illegittimo per
violazione dellart. 7, comma 3, della legge n. 482 del 1999.
Restano
assorbite le residue censure.
3.3. –
La questione relativa allart. 11, comma 5, della legge regionale fondata.
La facolt per
i Comuni di adottare toponimi anche nella sola lingua friulana incompatibile
con la previsione dettata dal legislatore statale che legittima luso dei
toponimi nella lingua minoritaria solo in aggiunta ai toponimi ufficiali.
Lart. 10
della legge n. 482 del 1999 costruisce un equilibrato procedimento per
affiancare eventualmente, nelle aree con presenza di lingue minoritarie,
accanto alla denominazione ufficiale dei Comuni e dei luoghi, altri toponimi
conformi alle tradizioni ed agli usi locali.
La previsione
che gli enti locali dellarea in cui accertata la presenza della minoranza
linguistica friulana possano escludere la denominazione ufficiale, optando per
toponimi solo in friulano, che divengono le denominazioni ufficiali di Comuni e
localit, evidentemente altera il disegno generale della legge n. 482 del 1999,
fondato non solo sulla valorizzazione delle lingue e delle culture minoritarie,
ma anche sulla preservazione del patrimonio linguistico e culturale
della lingua italiana.
Al riguardo,
si rivela infondata lobiezione della difesa regionale
secondo la quale, essendo la Regione Friuli-Venezia Giulia competente in
materia di toponomastica, essa potrebbe disciplinare la definizione del
toponimo ufficiale, consentendone la modifica al Consiglio comunale: la
potest legislativa di questa Regione non pu, infatti, espandersi sino al
punto di contraddire la chiara portata normativa del principio espresso
dallart. 10 della legge n. 482 del 1989.
N appare
conferente lesemplificazione che viene effettuata dalla difesa regionale
quando fa riferimento ad un limitato numero di Comuni della Valle dAosta o
della Sardegna che hanno toponimi espressi con lettere o gruppi di lettere
estranei alla lingua italiana, dato che finalit espressa della disposizione
censurata di permettere che il toponimo nella lingua friulana divenga, al
posto di quello esistente in lingua italiana, lunico atto a definire il
nominativo del Comune o quello ufficiale a tutti gli effetti.
Lart. 11,
comma 5, della legge regionale n. 29 del 2007 , pertanto, illegittimo per
violazione dellart. 10 della legge n. 482 del 1999.
Restano
assorbite le residue censure.
3.4. –
La questione relativa allart. 12, comma 3, della legge regionale fondata.
Il meccanismo
di scelta, configurato dalla censurata disposizione, si sostanzia in una sorta
di opzione negativa. Qualora i genitori non vogliano che ai figli sia impartito
linsegnamento della lingua friulana, sono tenuti a comunicarlo al momento
delliscrizione, previa adeguata informazione, su richiesta scritta
dellistituzione scolastica. Il silenzio serbato sul punto dai genitori
equivale ad un vero e proprio assenso, fatta salva la possibilit di modificare
tale decisione in occasione dellapertura del nuovo anno scolastico.
La censurata
disposizione contrasta palesemente con quanto previsto dal legislatore statale
nellart. 4, commi 2 e 5, della legge n. 482 del 1999, che stabilisce, invece,
che al momento della preiscrizione i genitori comunicano alla istituzione
scolastica interessata se intendono avvalersi per i propri figli
dellinsegnamento della lingua della minoranza.
Le previsioni
della legge n. 482 del 1999, in evidente consonanza con la libert di scelta
educativa da parte delle famiglie di cui allart. 21, comma 9, della legge n.
59 del 1997 e agli artt. 7, comma 2, e 10, comma 2, del decreto legislativo 19
febbraio 2004, n. 59 (Definizione delle norme generali relative alla scuola
dellinfanzia e al primo ciclo dellistruzione, a norma dellart. 1 della legge
28 marzo 2003, n. 53), presidiano la piena libert educativa della
famiglia, che non deve (in un ambito nel quale potrebbero, almeno in ipotesi,
prodursi pressioni di vario genere) doversi distinguere in negativo per
esprimere la propria mancanza di volont di far seguire ai propri figli le
lezioni di lingua friulana. Non pu quindi parlarsi della disposizione
censurata come di una mera variante procedurale per permettere lespressione
del consenso, dal momento che la legge n. 482 del 1999 ha inteso garantire la
piena libert di coloro che sono chiamati a compiere una scelta di rilevante
valore civile e culturale.
Daltra parte,
la stessa legge regionale n. 29 del 2007 afferma al comma 3 dellart. 1 di
essere finalizzata ad ampliare luso della lingua friulana nel territorio di
riferimento nel rispetto della libera scelta di ciascun cittadino.
Lart. 12,
comma 3, della legge regionale n. 29 del 2007 , pertanto, illegittimo per
violazione dellart. 4 della legge n. 482 del 1999.
Restano
assorbite le residue censure.
3.5. –
La questione relativa allart. 14, commi 2 e 3, della legge regionale
fondata.
Di questa
disposizione censurata, per un verso, la previsione dellinsegnamento della
lingua friulana per almeno unora alla settimana (art. 14, comma 2, ultimo
periodo). Per altro verso, oggetto di doglianza pure la previsione delluso
della lingua friulana come lingua veicolare, vale a dire che la lingua
minoritaria viene indicata come modalit sussidiaria e strumentale di
comunicazione per linsegnamento di altre discipline (art. 14, comma 3).
Lultimo
periodo del comma 2 dellart. 14 contrasta con lart. 4, comma 2, della legge
n. 482 del 1999, che attribuisce allautonomia didattica delle scuole la
deliberazione dei tempi di insegnamento della lingua friulana.
ben vero
che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, lautonomia delle istituzioni
scolastiche non pu risolversi nella incondizionata libert di
autodeterminazione, ma altrettanto innegabile che a tali istituzioni
[debbono essere] lasciati adeguati spazi di autonomia che le leggi statali e
quelle regionali, nellesercizio della potest legislativa concorrente, non
possono pregiudicare (sentenza n. 13 del 2004). Lart. 4, comma 2, della legge
n. 482 del 1999 contempera le ragioni sottese alla tutela e valorizzazione
della lingua friulana in ambito didattico, e lautonoma determinazione dei
percorsi formativi tracciati dalle istituzioni scolastiche. La previsione di
una fascia temporale minima, comunque obbligatoria, di
insegnamento della lingua friulana, altera detto equilibrio. Daltra parte, la
programmazione dellofferta didattica dipende anche dal numero delle richieste
di insegnamento della lingua friulana che potranno pervenire dalle famiglie.
Per le
medesime ragioni, il comma 3 dellart. 14 confligge con lart.
4, comma 2, della legge n. 482 del 1999, che attribuisce allautonomia delle
scuole la deliberazione delle metodologie didattiche da utilizzare, mentre la
previsione, da parte della norma censurata, che si debba adottare il metodo
basato sullapprendimento veicolare integrato della lingua friulana limita
drasticamente le scelte didattiche operabili dalla scuola.
Inoltre,
lapprendimento veicolare integrato delle lingue dovrebbe presupporre un
consenso generalizzato alla frequenza dei corsi di insegnamento della lingua
friulana, poich altrimenti coloro che non frequentano questi corsi sarebbero
privati dellinsegnamento delle materie veicolate dal friulano o alcuni
insegnamenti dovrebbero essere effettuati due volte.
Sul punto da
rigettare la tesi della difesa regionale secondo cui quanto
determinato dalla norma censurata sarebbe gi previsto nellart. 4, comma 1,
della legge n. 482 del 1999, poich la disposizione statale non fa altro che
enunciare che anche la lingua friulana rientrer, per le scuole materne, fra le
attivit educative e, per le scuole elementari e quelle secondarie di primo
grado, fra le materie di insegnamento. Infatti, il successivo comma 2 del
medesimo art. 4 afferma esplicitamente che sono le istituzioni scolastiche
elementari e secondarie di primo grado, nellambito della loro autonomia
organizzativa e didattica, a deliberare anche, sulla base delle richieste dei
genitori degli alunni, le modalit di svolgimento delle attivit di
insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali delle Comunit locali,
stabilendone i tempi e le metodologie.
Gli articoli
14, comma 2, limitatamente allultimo periodo, e comma 3, della legge regionale
n. 29 del 2007 sono, pertanto, illegittimi per violazione dellart. 4 della
legge n. 482 del 1999.
Restano
assorbite le residue censure.
3.6. –
La questione relativa allart. 18, comma 4, della legge regionale non
fondata.
La censurata
disposizione, nel legittimare la Regione a sostenere linsegnamento della
lingua friulana anche nelle istituzioni scolastiche situate nelle aree escluse
dal territorio di insediamento della minoranza friulana, non vola lart. 4
della legge n. 482 del 1999, dal momento che il legislatore regionale si
limitato a prevedere una mera possibilit di sostegno economico da
parte della stessa Regione alle istituzioni scolastiche (di qualsiasi grado)
che, nella loro autonomia, ritengano utile sviluppare, anche in aree esterne
alla zonizzazione territoriale, linsegnamento della lingua friulana.
Non solo
disposizioni del genere erano gi contenute nella legge regionale
n. 15 del 1996 (artt. 19 e 27), ma gli artt. 12, comma 2, 14 e 16 della stessa
legge n. 482 del 1999 prevedono la possibilit per le Regioni di sostenere,
mediante le loro finanze, iniziative culturali od informative connesse alle
lingue minoritarie senza incontrare limiti territoriali.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
lillegittimit costituzionale degli articoli 6, comma 2, 8, commi 1 e 3, 9,
comma 3, 11, comma 5, 12, comma 3, e 14, commi 2, ultimo periodo, e 3, della
legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 dicembre 2007, n. 29 (Norme per la
tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana);
dichiara non fondata
la questione di legittimit costituzionale dellart. 18, comma 4, della legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 29 del 2007, sollevata dal Presidente
del Consiglio dei ministri, in riferimento allart. 6 della Costituzione, in
relazione allart. 4, commi 1 e 2, della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme
in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), con il ricorso
indicato in epigrafe.
Cos deciso in
Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18
maggio 2009.
F.to:
Francesco
AMIRANTE, Presidente
Paolo Maria
NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI
PAOLA, Cancelliere
Depositata in
Cancelleria il 22 maggio 2009.