1. Bruno Segre: Lettera al Presidente
della Repubblica
2. Appello degli intellettuali contro il
ritorno delle leggi razziali in Italia
3. Appello dei giuristi contro
l'introduzione dei reati di ingresso e soggiorno illegale dei migranti
1. BRUNO SEGRE: LETTERA AL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA
Milano, 7 luglio 2009
Caro Presidente Napolitano,
sono un vecchio italiano ebreo, figlio di
antifascisti, nato 79 anni fa nell'Italia fascista, bandito nel 1938 in quanto
ebreo da tutte le scuole del Regno d'Italia. Sull'atto integrale di nascita a
me intestato, che si conserva negli archivi dell'anagrafe di Milano, sta ancora
oggi scritto a chiare lettere "di razza ebraica": una dicitura che mi
porter appresso sino alla morte.
Memore del fascismo e delle sue aberrazioni
razziste, mi permetto di rivolgermi a Lei per chiederLe di non ratificare il
cosiddetto "pacchetto sicurezza" approvato in via definitiva dal
Senato il 2 luglio scorso, dopo ben tre voti di fiducia imposti dal governo.
Si tratta di un provvedimento che, in palese
violazione dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica
Italiana, introduce nei confronti dei gruppi sociali pi deboli misure
persecutorie e discriminatorie che, per la loro gravit, superano persino le
mostruosit previste dalle leggi razziali del 1938. Si pensi, per citare un
unico esempio, al divieto imposto alle madri immigrate irregolari di fare
dichiarazioni di stato civile: un divieto che, inibendo alle genitrici il
riconoscimento della prole, far s che i figli, sottratti alle madri che li
hanno generati, vengano confiscati dallo Stato che li dar successivamente in
adozione.
Per buona sorte, le garanzie previste dai
Costituenti Le consentono, caro Presidente, di correggere questo e altri simili
abusi.
Anche in omaggio alla memoria delle migliaia
di vittime italiane del razzismo nazifascista Le chiedo di non promulgare un
provvedimento che, ispirato nel suo insieme a una percezione dello straniero,
del "diverso", come nemico, mina alla radice la convivenza civile,
pacifica e reciprocamente proficua tra italiani e stranieri, rischiando di
alterare in modo irreversibile la natura stessa della nostra Repubblica.
2. APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CONTRO IL RITORNO DELLE LEGGI RAZZIALI IN ITALIA
Le cose accadute in Italia hanno sempre
avuto, nel bene e nel male, una straordinaria influenza sulla intera societ
europea, dal Rinascimento italiano al fascismo.
Non sempre sono state per conosciute in
tempo.
In questo momento c' una grande attenzione
sui giornali europei per alcuni aspetti della crisi che sta investendo il
nostro paese, riteniamo, per, un dovere di quanti viviamo in Italia richiamare
l'attenzione dell'opinione pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si
tratta di alcuni passaggi della politica e della legislazione italiana che, se
non si riuscir ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell'Europa e di
far arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.
Il governo Berlusconi, agitando il pretesto
della sicurezza, ha imposto al Parlamento, di cui ha il pieno controllo,
l'adozione di norme discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in
Europa non si vedevano dai tempi delle leggi razziali.
E' stato sostituito il soggetto passivo
della discriminazione, non pi gli ebrei bens la popolazione degli immigrati
"irregolari", che conta centinaia di migliaia di persone; ma non sono
stati cambiati gli istituti previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei
matrimoni misti.
Con tale divieto si impedisce, in ragione
della nazionalit, l'esercizio di un diritto fondamentale quale quello di
contrarre matrimonio senza vincoli di etnia o di religione; diritto
fondamentale che in tal modo viene sottratto non solo agli stranieri ma agli
stessi italiani.
Con una norma ancora pi lesiva della
dignit e della stessa qualit umana, stato inoltre introdotto il divieto per
le donne straniere, in condizioni di irregolarit amministrativa, di
riconoscere i figli da loro stesse generati. Pertanto in forza di una tale
decisione politica di una maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri
straniere "irregolari" diverranno per tutta la vita figli di nessuno,
saranno sottratti alle madri e messi nelle mani dello Stato.
Neanche il fascismo si era spinto fino a
questo punto. Infatti le leggi razziali introdotte da quel regime nel 1938 non
privavano le madri ebree dei loro figli, n le costringevano all'aborto per
evitare la confisca dei loro bambini da parte dello Stato.
Non ci rivolgeremmo all'opinione pubblica
europea se la gravit di queste misure non fosse tale da superare ogni confine
nazionale e non richiedesse una reazione responsabile di tutte le persone che
credono a una comune umanit. L'Europa non pu ammettere che uno dei suoi Paesi
fondatori regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi
internazionali e i principi garantisti e di civilt giuridica su cui si basa la
stessa costruzione politica europea.
E' interesse e onore di tutti noi europei
che ci non accada.
La cultura democratica europea deve prendere
coscienza della patologia che viene dall'Italia e mobilitarsi per impedire che
possa dilagare in Europa.
A ciascuno la scelta delle forme opportune
per manifestare e far valere la propria opposizione.
Roma, 29 giugno 2009
Andrea Camilleri,
Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia, Maurizio
Scaparro, Gianni Amelio
3. APPELLO DEI GIURISTI
CONTRO L'INTRODUZIONE DEI REATI DI INGRESSO E SOGGIORNO ILLEGALE DEI MIGRANTI
Il disegno di legge n. 733-B attualmente
all'esame del Senato prevede varie innovazioni che suscitano rilievi critici.
In particolare, riteniamo necessario
richiamare l'attenzione della discussione pubblica sulla norma che punisce a
titolo di reato l'ingresso e il soggiorno illegale dello straniero nel
territorio dello Stato, una norma che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la
preoccupante tendenza all'uso simbolico della sanzione penale, criminalizza
mere condizioni personali e presenta molteplici profili di illegittimit
costituzionale.
La norma , anzitutto, priva di fondamento
giustificativo, poich la sua sfera applicativa destinata a sovrapporsi
integralmente a quella dell'espulsione quale misura amministrativa, il che
mette in luce l'assoluta irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre,
il ruolo di extrema ratio che deve rivestire la
sanzione penale impone che essa sia utilizzata, nel rispetto del principio di
proporzionalit, solo in mancanza di altri strumenti idonei al raggiungimento
dello scopo.
N un fondamento giustificativo del nuovo
reato pu essere individuato sulla base di una presunta pericolosit sociale
della condizione del migrante irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del
2007) ha infatti gi escluso che la condizione di mera irregolarit dello
straniero sia sintomatica di una pericolosit sociale dello stesso, sicch la
criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si rivela
anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo.
L'ingresso o la presenza illegale del
singolo straniero dunque non rappresentano, di per s, fatti lesivi di beni
meritevoli di tutela penale, ma sono l'espressione di una condizione
individuale, la condizione di migrante: la relativa incriminazione, pertanto,
assume un connotato discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di eguaglianza, ma con la
fondamentale garanzia costituzionale in materia penale, in base alla quale si
pu essere puniti solo per fatti materiali.
L'introduzione del reato in esame, inoltre,
produrrebbe una crescita abnorme di ineffettivit del sistema penale, gravato
di centinaia di migliaia di ulteriori processi privi di reale utilit sociale e
condannato per ci alla paralisi. N questo effetto sarebbe scongiurato dalla
attribuzione della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione
degli attuali criteri di ripartizione della competenza tra magistratura
professionale e magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di
quest'ultima): da un lato perch la paralisi non meno grave se investe il
settore di giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul
sistema complessivo delle impugnazioni, gi in grave sofferenza.
Rientra certo tra i compiti delle
istituzioni pubbliche "regolare la materia dell'immigrazione, in
correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa coinvolti ed ai gravi
problemi connessi a flussi migratori incontrollati" (Corte Cost., sent. n.
5 del 2004), ma nell'adempimento di tali compiti il legislatore deve attenersi
alla rigorosa osservanza dei principi fondamentali del sistema penale e, ferma
restando la sfera di discrezionalit che gli compete, deve orientare la sua
azione a canoni di razionalit finalistica.
"Gli squilibri e le forti tensioni che
caratterizzano le societ pi avanzate producono condizioni di estrema emarginazione,
s che (...) non si pu non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare
di tendenze, o anche soltanto tentazioni, volte a 'nascondere' la miseria e a
considerare le persone in condizioni di povert come pericolose e
colpevoli". Le parole con le quali la Corte Costituzionale dichiar
l'illegittimit del reato di "mendicit" di cui all'art. 670, comma
1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995) offrono ancora oggi una guida per
affrontare questioni come quella dell'immigrazione con strumenti adeguati allo
loro straordinaria complessit e rispettosi delle garanzie fondamentali
riconosciute dalla Costituzione a tutte le persone.
25 giugno 2009
Angelo Caputo, Domenico
Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano Eusebi, Giovanni Fiandaca,
Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia, Sandro Margara, Guido Neppi
Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio Onida, Elena Paciotti, Giovanni
Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi, Stefano Rodot, Arturo Salerni,
Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo Zagrebelsky
* * *