di Corrado Giustiniani ROMA (6 luglio) - Carlo Giovanardi si è tardivamente accorto di un dettaglio che doveva essere sfuggito al governo e ai partiti della maggioranza che il 2 luglio, al Senato, hanno approvato in via definitiva il pacchetto sicurezza.
La prevista ammenda da 5 a 10 mila euro con relativa espulsione dal territorio nazionale, si applica a tutti coloro che già oggi soggiornano senza permesso nel nostro paese. Circostanza negata ieri da Paolo Bonaiuti e il 3 luglio dal ministro dell’Interno Roberto Maroni. Quanti sono? Secondo le Acli, soltanto l’esercito delle colf e badanti irregolari conta 500 mila unità. Franco Pittau, coordinatore del Dossier statistico immigrazione della Caritas giudica questa stima «accettabile», tenendo conto delle domande presentate al decreto flussi del 2007, dell’arretrato in parte smaltito con le domande del 2008, e supponendo che anche nell’ultimo anno e mezzo altre donne immigrate si siano inserite nelle famiglie, mentre altre ancora, già in regola, potrebbero aver perso il permesso.
«Certamente - conclude Pittau - se si ipotizza circa mezzo milione di persone da regolarizzare nel settore domestico, altrettante ve ne possono essere in tutti gli altri comparti insieme». Ma come si fa, ragionevolmente, ad espellere un milione di persone, che per giunta hanno un impiego? Come si fa a inseguire ciascuno con una multa da 5 mila a 10 mila euro? Sembra una battaglia persa in partenza, che oltretutto distoglierebbe le nostre forze dell’ordine dalla vera lotta alla malavita comune e organizzata.
Così Giovanardi, che è sottosegretario con delega alla famiglia, ha proposto un decreto di regolarizzazione per colf e badanti subito stoppato da Sacconi, Calderoli e Gasparri, mentre Bonaiuti ha obiettato che le norme non sono retroattive. «Ma la legge è chiarissima - spiega Sergio Briguglio, uno dei maggiori esperti di immigrazione, creatore della più ampia banca dati in materia - Viene colpito non solo chi entra, ma anche chi si trattiene illegalmente nel territorio nazionale.
L’unica cosa che si potrebbe fare è tardarne l’entrata in vigore, in modo da dare il tempo di uscire agli attuali irregolari. Sinceramente, non so cos’altro ci si potrebbe inventare». Il problema, dunque, esiste. Ma non si può strizzare l’occhio della sanatoria soltanto a chi fa compagnia ai nostri anziani e ai nostri bambini, o tiene in ordine le nostre case: secondo un recentissimo studio del Censis sono già 2 milioni e mezzo le famiglie che vi fanno ricorso e, fra italiani e stranieri, questi lavoratori e soprattutto lavoratrici erano nel 2008 1 milione e 484 mila, il 37 per cento in più del 2001.
Vero, come sostiene Giovanardi, che il governo nel 2002 varò una regolarizzazione solo per loro, ma in un secondo tempo la estese a operai, muratori, camerieri e a tutti gli altri lavoratori. Ne venne fuori la grande regolarizzazione della Bossi-Fini. Secondo il padre della legge, attuale presidente della Camera, sarebbe il caso di ripeterla oggi, consentendo a chi già lavora di farlo alla luce del sole. Nella giovane storia di immigrazione nel nostro paese ve ne sono state già cinque, a distanza di circa cinque anni l’una dall’altra. Dall’ultima, però, ne sono passati sette.
Il vero problema è che, per colpire efficacemente l’immigrazione clandestina, bisogna stabilire prima come si fa a entrare e a soggiornare nel nostro paese in modo regolare. La Bossi-Fini, similmente alla Turco-Napolitano, la legge approvata nel 1998 dal centro-sinistra, prevede improbabili assunzioni a distanza: quella signora ucraina che vedo su Internet ha un sorriso che mi piace, la prendo come badante di papà. E quest’altro pare un bravo ragazzo, sarà un ottimo cameriere. Non può funzionare, così, soprattutto in un paese di piccole e medie aziende, dove un lavativo può incidere pesantemente sul gruppo.
E allora, in almeno due casi su tre, lo straniero arriva con un permesso turistico ed entra così regolarmente, cerca un impiego, si fa vedere all’opera. Ma intanto i tre mesi sono passati e diventa irregolare. Spera allora che il suo datore di lavoro lo inserisca nella lotteria delle quote e fintamente lo richieda all’estero, mentre lui è già qui. Altrettanto di soppiatto il lavoratore se ne torna nel paese d’origine a prendere il suo bravo nullaosta per tornare così in Italia una seconda volta, ma finalmente da regolare. Ben più raro è invece l’ingresso clandestino.
Almeno il 70 per cento degli attuali immigrati con permesso di soggiorno ha un passato da irregolare. Il Regno Unito lo scorso anno ha introdotto un “sistema a punti” per poter entrare a lavorare nel paese: ce la fa chi ha un livello di studi e di attestati lavorativi particolarmente elevato. Noi, invece, siamo rimasti con le quote, l’assunzione a distanza, la regolarizzazione di fatto “ex post”. Un “sistema a punti”, per la verità, è stato introdotto dal “pacchetto sicurezza” ma non serve a entrare nel paese. Viene preso di mira chi già fatto la trafila del permesso di soggiorno, o gli è scaduto e lo deve rinnovare. Si prevede un sistema di crediti, svaniti i quali il permesso va perduto. Una commissione di tre ministeri, più la Presidenza del Consiglio, avrà 180 giorni di tempo per stabilire quali e quanti sono i crediti e come si possono perdere. Buona fortuna.
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