Le novit in tema di immigrazione della legge 15
luglio 2009 n. 94.
Riflessi su tratta di persone, traffico di
migranti e tutela dei diritti.
1. Migrazioni e sicurezza: un binomio equivocato
I fenomeni migratori sono una delle manifestazioni
pi visibili della globalizzazione ed anche una delle pi controverse. Le
implicazioni di carattere economico, sociale, politico sono molteplici,
cosicch altamente probabile che le problematiche che direttamente attengono
al fenomeno vengano trattate in modo superficiale, se non addirittura
strumentale o di propaganda da parte delle diverse parti politiche. In
sostanza, piuttosto che affrontare le reali cause e le pi dirette
manifestazioni del fenomeno migratorio, possibile che ci si soffermi su
aspetti secondari o solo apparentemente riguardanti lĠimmigrazione, sulla
spinta di sentimenti popolari di insicurezza o per motivazioni di altra natura.
In molti Stati cresciuta ed poi diventata
particolarmente radicata la convinzione che lĠimmigrato sia una minaccia alla
sicurezza interna (visione alimentata in molti Paesi europei dal dibattito
politico e mediatico inducendo effetti di generalizzata insicurezza e allarme
sociale) e non invece una risorsa, sia sul piano economico che su quello
culturale. Non sembra essere presente una riflessione accurata su quanto questo
diffuso senso di insicurezza dipenda dalla protratta crisi economica globale,
da profonde difficolt sociali, piuttosto che dalla presenza sempre crescente
di immigrati. Non sempre stata operata la necessaria distinzione tra
immigrazione e criminalit, generando cos una grave confusione tra le due
tematiche (di particolare attualit in Italia)[1],
confusione che si in realt verificata in ogni epoca storica, ogni volta che
le ondate migratorie sono state pi intense della norma e che hanno coinciso
con significative incertezze sociali ed economiche. Senza entrare nel merito
delle politiche migratorie adottate dai singoli Paesi, certo che le scelte di
contenimento o di forte penalizzazione hanno contribuito a far s che la
criminalit organizzata decidesse di investire risorse sempre pi ingenti nella
gestione illegale dei flussi migratori[2].
Al divieto di ingresso regolare oltre un determinato numero prefissato di
stranieri, subito seguita lĠattivazione di strategie da parte di singoli e di
organizzazioni criminali su come superare lĠostacolo frapposto da tale genere
di disposizioni normative. La criminalit organizzata a livello transnazionale
si strutturata come una societ di servizi in grado, in cambio di unĠadeguata
retribuzione, di garantire il viaggio per lĠItalia o per un altro Paese di
destinazione.. Si proposta non solo di offrire un servizio, ma ha assunto il
ruolo paradossale di dispensatrice di speranze, perch diventata lo strumento
principale, indispensabile, per realizzare un sogno, quello di raggiungere un
paese che, agli occhi del migrante, rappresenta un investimento di vita per il
futuro. EĠ altamente prevedibile che ulteriori irrigidimenti delle politiche
sulla immigrazione determineranno lĠampliamento della domanda nei confronti
delle organizzazioni criminali.
Chi offriva (ed offre) questo servizio illegale
acquisisce meriti e crea consenso, rafforzando la propria organizzazione
criminale. Inevitabilmente, in virt di questa scelta strategica la criminalit
organizzata ha subito una profonda trasformazione assumendo sempre pi i
caratteri di organizzazione criminale transnazionale dal momento che, in
ragione del servizio offerto, obbligata a valicare i confini nazionali per
attraversare clandestinamente e illegalmente i confini di uno o pi Stati[3].
Il traffico dei migranti (smuggling of migrants secondo il relativo protocollo addizionale
alla Convenzione ONU del 12-15 dicembre 2000 di Palermo) risponde in modo
illecito ad un bisogno elementare di masse enormi di persone: quello di
emigrare, di cercare di migliorare la propria esistenza andando a lavorare
lontano dal proprio Paese, lasciandosi alle spalle situazioni di sofferenza
estrema. Quindi, la motivazione principale la domanda di emigrazione avanzata
da chi vuole emigrare e che soddisfatta, dietro compenso, da soggetti
criminali organizzati su base transnazionale che garantiscono al richiedente un
ingresso per vie illegali in Italia o nel Paese di destinazione prescelto dal
migrante. Nel particolare comparto del traffico dei migranti, il soggetto
criminale svolge una funzione assimilabile a quella di una buona agenzia di
viaggi, di un efficiente tour operator, che assicura lĠarrivo nel posto pattuito
disinteressandosi completamente del futuro della persona trasportata (a
differenza della tratta di persone che presuppone, invece, una duratura
relazione di sfruttamento tra lĠorganizzazione e la vittima)[4].
Si tratta fondamentalmente di un rapporto tra il
migrante che chiede un servizio di natura illegale e il criminale che lo offre
in cambio di un oneroso compenso.
La risposta punitiva dellĠordinamento italiano si
evoluta con gli anni. Il legislatore italiano ha inteso prevedere il reato di
favoreggiamento dellĠimmigrazione clandestina sin dal 1986, quando cominciavano
a percepirsi i segnali delle imminenti ondate migratorie, al primo scricchiolio
delle divisioni tra Est e Ovest del mondo, soprattutto derivante dalle
mutazioni geopolitiche in atto nellĠallora ancora esistente Unione Sovietica.
Proprio per gli aggiustamenti di tiro a cui stato
costretto il legislatore, sia per il rapido mutare degli eventi (si pensi al
veloce precipitare della crisi balcanica), sia in ossequio alle sollecitazioni
sovranazionali, la normativa italiana sul tema in oggetto ha visto, dal 1986 ad
oggi, una costante evoluzione, con particolare riferimento alle disposizioni
sanzionatorie.
Con esclusivo riferimento alle condotte penalmente
rilevanti riconducibili al fenomeno dello smuggling, possibile elencare lĠart. 12 legge 30 dicembre
1986, n. 943 (abrogato dallĠart. 47 del d.lgs. 286/1998); lĠart. 3 d.l. 30
dicembre 1989, n. 416, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 39 (poi
sostituito dallĠart. 10 della legge 6 marzo 1998, n. 40, e poi dallĠart. 12 del
d.lgs. 286/1998); lĠart. 12 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, modificato dallĠart.
2 comma 1, d.lgs. 13 aprile 1999, n. 113, che ha sostituito il comma 4
dellĠart. 12 del d.lgs. 286/1998, rendendo obbligatorio lĠarresto in flagranza
per le ipotesi previste dai comma 1 e 3 dellĠart. 12; lĠart. 12 d.lgs. 286/1998
come modificato dallĠart. 11 della legge 30 luglio 2002, n. 189, con un
costante andamento di progressivo aggravamento delle pene e con lĠintroduzione
di nuove ipotesi criminose o di circostanze aggravanti. Infine, la legge 12
novembre 2004, n. 271, che ha convertito il decreto legge 14 settembre 2004, n.
241, e che ha introdotto rilevanti modifiche al citato art. 12 d.lgs. 286/1998[5].
Nella precedente legislatura il governo, nella persona
del ministro della giustizia, aveva presentato un disegno di legge sulla scia
emotiva della necessit di contrastare lo smuggling nella particolare forma, pi clamorosa ma
numericamente meno significativa, dei barconi salpati dalle coste libiche e approdati
a Lampedusa. Il disegno di legge n. 1857 si proponeva di modificare lĠart. 12
del dlgs 286/1998 in chiave ulteriormente repressiva, ma non ebbe un esito
positivo per la fine anticipata della legislatura.
Ora, la legge n. 15 luglio
2009, 94, approvata al termine di un percorso irto di polemiche ed aspri
confronti e pubblicata sulla gazzetta ufficiale del 24 luglio 2009, si
caratterizza per inserirsi appieno nella scia del binomio discutibile tra
migrazioni e sicurezza e per operare un intervento particolarmente restrittivo
ed anche repressivo nei confronti dell'immigrazione, soprattutto irregolare,
nell'intento di migliorare gli standard di sicurezza pubblica.
In realt, la legge in
questione contiene numerose e varie disposizioni di legge su tematiche
disparate quali, il codice penale e di procedura penale, il codice della
strada, le misure di prevenzione, ma su alcuni aspetti legati alla disciplina
dei fenomeni migratori che interessa in questa sede concentrare l'attenzione.
2. Il restyling interno
dello smuggling of migrants. Le modifiche allĠart. 12 del decreto
legislativo 286/1998
Con la legge 94 del 2009
allĠart. 2, comma 26, vengono introdotte rilevanti modifiche allĠart. 12 del
dlgs 286/1998 che costituisce la norma italiana che punisce il fenomeno
conosciuto a livello transnazionale come smuggling of migrants.
Originariamente, il primo comma riguardava unĠipotesi
residuale di favoreggiamento dellĠimmigrazione clandestina, mentre il vero smuggling era previsto al terzo comma, con la qualificazione
del fine di profitto anche indiretto, quale dolo specifico. Con la modifica si
stravolge questa impostazione. Scompare il fine di profitto e dunque il livello
di dolo scema dal livello specifico a quello generico, ma si prevedono alcune
condizioni, che dunque integrano il fatto tipico costituente reato. Al primo
comma si prevede ora lĠipotesi base secondo cui, salvo che il fatto costituisca
pi grave reato, la condotta punita quella di chiunque, in violazione delle
disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o
effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie
altri atti diretti a procurarne illegalmente lĠingresso nel territorio dello
Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non cittadina o non ha
titolo di residenza permanente. La sanzione penale quelle della reclusione da
uno a cinque anni e della multa di 15.000 euro per ogni persona. Si amplia il
novero delle condotte costituenti reato, in quanto si specificano le azioni di
promozione, direzione, organizzazione, finanziamento, di trasporto e si innalza
il livello sanzionatorio. In realt non si avvertiva la necessit di
specificare in questo modo alcune condotte poich nel concetto di Òatti diretti
a procurare lĠingressoÓ tali azioni sono pacificamente ricomprese.
Il terzo comma viene modificato radicalmente nel modo sopra
accennato. La condotta base del primo comma viene qualificata da alcune
condizioni alternative che qualificano il reato e ne giustificano la maggiore
gravit sanzionatoria. Queste condizioni qualificanti sussistono se:
a) il fatto riguarda lĠingresso o la permanenza
illegale nel territorio dello Stato di cinque o pi persone;
b) la persona trasportata stata esposta a pericolo
per la sua vita o per la sua incolumit per procurarne lĠingresso o la
permanenza illegale;
c) la persona trasportata stata sottoposta a
trattamento inumano o degradante per procurarne lĠingresso o la permanenza
illegale;
d) il fatto commesso da tre o pi persone in
concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero
documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;
e) gli autori del fatto hanno la disponibilit di armi
o materie esplodenti.
Questa modifica dellĠart. 12 comma 3 non convince appieno,
perch, di fatto, rischia di attenuare notevolmente la risposta sanzionatoria
in alcuni casi. Consideriamo il caso del procurato ingresso di meno di cinque
persone che costituisce ipotesi molto frequente. Se viene procurato lĠingresso
di meno di cinque persone e non figura alcuna delle condizioni di cui alle
lettere b) c) d) e), questa ipotesi prima rientrante nellĠart. 12 comma 3 ora
viene punita in modo molto pi blando con la previsione del comma 1. EĠ noto che
la stragrande maggioranza degli ingressi irregolari non avviene, al contrario
di quel che un'informazione superficiale potrebbe fare ritenere, via mare[6]
(questa semmai la forma pi clamorosa e drammatica) bens attraverso normali
vettori di trasporto su strada, su rotaia o per via aerea. Molto spesso avviene
senza utilizzare documenti contraffatti, ma semmai attraverso un uso
strumentale e fraudolento dei diversi visti di ingresso, di cui agli art. 27 e
seguenti del dlgs 286/1998, come, ad esempio, nel caso dell'utilizzo
strumentale dei flussi dei lavoratori stagionali, lavoratori per cui
lĠirregolarit dellĠingresso si evince solo ex post, una volta che costoro sono
entrati in Italia – o pi semplicemente nell'area Schengen – senza
formalizzare alcun contratto di lavoro. In questo senso ipotizzabile (e
auspicabile) che lĠinterpretazione si orienti nel senso di ricomprendere queste
condotte nella nuova formulazione del comma 3, in virt della lettera d),
laddove si fa riferimento allĠutilizzo di Òservizi internazionali di
trasportoÓ oppure a Òdocumenti
É illegalmente ottenutiÓ.
Il comma 3bis continua ad essere una circostanza aggravante ma, siccome le circostanze
della versione precedentemente vigente sono divenute, nella nuova struttura del
reato, elementi del fatto tipico descritto al comma 3, viene modificato nel
senso che se i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o pi delle
ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del
medesimo comma, la pena aumentata.
Il comma 3ter viene modificato nel senso che la
circostanza aggravante ad effetto speciale sussiste se i fatti di cui ai commi
1 e 3:
a) sono commessi al fine di reclutare persone da
destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo
ovvero riguardano lĠingresso di minori da impiegare in attivit illecite al
fine di favorirne lo sfruttamento;
b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche
indiretto. Attraverso questa formulazione, il dolo specifico che caratterizzava
l'elemento psicologico del reato nella versione precedente del comma 3,
attualmente diviene circostanza aggravante ad effetto speciale applicabile alla
previsione incriminatrice dei nuovi commi 1 e 3.
EĠ molto opportuno il riferimento allo sfruttamento
lavorativo della lettera a) ma, tuttavia, mentre chiaro cosa sia lo
sfruttamento sessuale, non vi sono tuttora nel nostro ordinamento definizioni
di Òsfruttamento lavorativo, pertanto lĠesatta delineazione dei confini
distintivi tra sfruttamento lavorativo penalmente rilevante e ÒfisiologicheÓ
alterazioni dei rapporti di lavoro potrebbe essere demandata al ruolo
dellĠinterprete che in questo
settore appare particolarmente arduo[7].
Peraltro, la diversit dei fenomeni di
sfruttamento del lavoro (tratta a scopo di sfruttamento lavorativo / riduzione
in schiavit / grave sfruttamento lavorativo / utilizzo di lavoro irregolare)
si riflette anche sul piano normativo, dove si registrano lacune e difficolt
interpretative.
Vi una profonda frattura tra il concetto
di tratta a scopo di sfruttamento lavorativo (sanzionato quale grave reato
contro i diritti fondamentali) e tutti gli altri casi di lavoro forzato o
sfruttamento lavorativo non assimilabili al precedente.
Talvolta, come nel nostro attuale
ordinamento, i secondi appaiono relegati in un limbo bagatellare, malgrado
anchĠessi costituiscano gravi violazioni dei diritti delle persone, in quanto
lavoratori.
In sostanza, esiste una notevole area
grigia che si colloca tra le previsioni incriminatici con sanzioni penali gravi
riguardanti casi di sfruttamento lavorativo che si manifestino con gli elementi
della tratta, di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale e, su di un
livello di gravit e deterrenza infinitamente pi blando, le norme che
attualmente puniscono lĠutilizzo di lavoro irregolare o lo sfruttamento di
lavoratori (articoli 12 comma 5 e 22 comma 12, del dlgs. 286/1998, art. 18 dlgs
276/2003 oppure le diverse contravvenzioni in tema di: lavoro notturno; tutela
della maternit e paternit; tutela del lavoro dei fanciulli e adolescenti;
lavoro a domicilio, che pure rappresentano casi di abuso del lavoro di soggetti
deboli).
Con riferimento alle molteplici
situazioni di grave sfruttamento lavorativo (che si volevano disciplinare con
progetti di legge ancora non approvati) finora le pi ricorrenti norme di
tutela penale sono state rinvenute nella prassi, a volte con elevati sforzi
interpretativi, in diverse norme del codice penale, tra cui gli articoli 629,
572, 582, 610 del codice penale[8].
In tutte le ipotesi di reato dellĠart. 12 si stabilisce
lĠobbligatoriet dellĠarresto in flagranza. Inoltre, mutuando la disciplina
dellĠart. 275 comma 3 c.p.p., tipica dei reati di cui all'art. 51 co 3bis
c.p.p., si stabilisce che quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in
ordine ai reati previsti dal comma 3, applicata la custodia cautelare in
carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non
sussistono esigenze cautelari[9].
Inoltre, si stabilisce lĠautomatica ed obbligatoria
conseguenza, in caso di condanna, anche per applicazione della pena su
richiesta delle parti, della
confisca del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato.
Si prevede, poi, modificando lĠarticolo 407, comma 2,
lettera a), numero 7bis) c.p.p. lĠopportuno aumento del termine massimo di
durata delle indagini preliminari, anche se per la sola ipotesi del comma 3.
Infine, una modifica
rilevante contenuta nel'articolo 1, comma 5, che modifica l'art. 416, comma 6
del codice penale con la seguente previsione: allĠarticolo 416, sesto comma,
del codice penale, le parole: Ç600, 601 e 602È sono sostituite dalle seguenti:
Ç600, 601 e 602, nonch allĠarticolo 12, comma 3-bis, del testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dellĠimmigrazione e norme sulla
condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286. Questa innovazione determina prima di tutto uno spostamento di
competenza dalle procure ordinarie alla direzioni distrettuali antimafia nei
casi di associazioni criminali finalizzate al compimento di reati di
favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, sempre che siano realizzate le
condotte di cui alla circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all'art.
12 comma 3ter del dlgs 286/1998, vale a dire nel caso in cui le condotte base di
cui ai commi 1 e 3 dell'art. 12 siano realizzate ccon finalit di sfruttamento
ovvero al fine di trarre profitto anche indiretto.
Tale modifica potrebbe avere
un impatto notevole nella pratica. Da alcuni si sosteneva da tempo la necessit
di determinare questo spostamento di competenza in capo alle direzioni
distrettuali antimafia, in ragione delle peculiarit transnazionali dei
fenomeni criminali di smuggling. Tuttavia, altri rilevavano con fondatezza che
solitamente, cos come avviene per i reati di criminalit mafiosa, le indagini
in materia di organizzazioni criminali transnazionali che gestiscono i flussi
di migranti irregolari, come d'altronde quelle riguardanti le organizzazioni
che si occupano della tratta di persone, nascono sempre da accurate indagini
sui c.d. Òreati spiaÓ che vengono condotte con particolare perizia dalle
procure ordinarie, alle quali, in virt della modifica dell'art. 416, comma 6,
del codice penale, richiamato dall'art. 51 comma 3bis del codice di
procedura penale, viene sottratto questo settore di intervento, che non detto
che venga adeguatamente sostituito dagli uffici distrettuali per il solo fatto
dell'avvenuto spostamento di competenza.
Peraltro, si registra un dato davvero anomalo, vale a dire lo
spostamento di competenza da procure ordinarie a direzioni distrettuali
antimafia sulla base dell'esistenza di una circostanza aggravante, quale quella dell'art. 12, comma 3ter.
In
sostanza, solo le associazioni finalizzate al compimento di reati di smuggling aggravati ai sensi della richiamata
norma divengono di competenza distrettuale, mentre gli altri casi, seppure in
forma associata, resterebbero nella competenza ordinaria. In realt, al di l
della tecnica legislativa alquanto singolare, la residualit dovrebbe restare sulla
carta, poich appare davvero difficile configurare associazioni criminali di
tal tipo che non siano caratterizzate dalla finalit di profitto, anche
indiretto, richiesto dall'art. 12, comma 3ter.
3. LĠintroduzione
nell'ordinamento italiano del reato di ingresso e soggiorno illegale nel
territorio dello Stato.
LĠart. 1, comma 16,
della legge 94 del 2009 prevede la
nascita di una nuova fattispecie incriminatrice penale: il reato di ingresso e
soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Viene cos aggiunto un articolo
10bis al testo unico che punisce con la pena dellĠammenda da 5.000 a 10.000
euro, salvo che il fatto costituisca pi grave reato, lo straniero che fa
ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle
disposizioni del presente testo unico nonch di quelle di cui allĠarticolo 1
della legge 28 maggio 2007, n. 68, che riguarda i soggiorni di breve durata per
visite, affari, turismo e studio. Dunque, la condotta che viene sanzionata si
riferisce allĠingresso o al trattenimento illegale nel territorio italiano.
Questa previsione ha dato
luogo ad un dibattito molto acceso e si presta ad una variet di considerazioni
e di critiche. In questa sede interessa valutarne solo alcune. In estrema
sintesi si pu rilevare che se le cause delle migrazioni sono plurime ma tutte
coinvolgenti pulsioni estreme e speranze profonde che spingono i migranti ad
abbandonare situazioni di vita di inimmaginabile degrado; allora, detto ci,
non si vede come una sanzione di tal genere (una pena pecuniaria applicata a
chi non ha assolutamente nulla da perdere) possa avere efficacia
generalpreventiva, cio possa fungere da deterrente per scoraggiare i migranti
dallĠentrare o soggiornare illegalmente in Italia. Potrebbe apparire poco
credibile immaginare gruppi di migranti in posti diseredati del pianeta
rinunciare al loro viaggio per il tramite di strutturate organizzazioni
criminali poich intimoriti dalla pena pecuniaria dell'ammenda da 5.000 a
10.000 euro.
Sembrerebbe trattarsi pi che
altro di una previsione simbolica tesa a soddisfare l'istinto (pi che la
ragione, considerato che non si pronosticano risultati concreti) pezzi
consistenti di opinione pubblica e di elettori. Tuttavia, si tratta di una
scelta che graver pesantemente (e senza alcun risultato pratico) in capo alle
forze dellĠordine, che dovranno fermare e denunciare migliaia di
extracomunitari irregolari, ed in capo allĠamministrazione della giustizia, che
si trover a intraprendere ed a tentare di celebrare processi per reati contravvenzionali
nei confronti di extracomunitari gi espulsi o semplicemente muniti di ordine
del questore e quindi ancora girovaghi irregolari sul territorio italiano.
Si potrebbe commentare a
lungo lĠeffetto perverso che avr lĠenorme mole di procedimenti penali che si
accumuleranno negli uffici giudiziari in virt di questa nuova disposizione
incriminatrice. Si tratter per lo pi di processi in contumacia, fatti a
soggetti irreperibili (per cui l'Italia ha collezionato un'interminabile serie
di condanne da parte della Corte dei europea diritti dell'uomo per violazione
della Convenzione) per arrivare a conclusioni sterili o addirittura a nessuna
conclusione.
Tuttavia, a prescindere da un
esame analitico della nuova fattispecie, gli aspetti che pi si impongono in
un'ottica globale e transnazionale di contrasto al crimine organizzato, che
lucra sui flussi migratori, sono essenzialmente due. La prima considerazione
che questa disposizione sembrerebbe in contrasto con il diritto internazionale
pattizio[10], dal che
potrebbero derivare conseguenze di illegittimit costituzionale, come si far
cenno pi avanti. In particolare, il riferimento di contrasto al protocollo addizionale ONU sullo smuggling. LĠarticolo 5
sancisce senza mezzi termini che i migranti non devono essere sottoposti a
procedimento penale per il fatto di essere stati lĠoggetto di condotte
riconducibili allĠarticolo 6 del medesimo protocollo. LĠarticolo 6 enuclea le
diverse modalit delle condotte di favoreggiamento dellĠimmigrazione irregolare
(smuggling) che devono essere previste come reato dagli Stati[11].
E' evidente che l'esclusione
di criminalizzazione del migrante irregolare per i fatti descritti
dall'articolo 6 del medesimo protocollo significa che, secondo il protocollo
addizionale, il migrante non pu essere criminalizzato per il suo ingresso
irregolare (o clandestino) in uno Stato, restando salve tutte le altre ipotesi
di incriminazione per fatti diversi (ad esempio, per possesso di documenti
falsi, per il compimento di altre attivit illecite, etc.) ad eccezione dei
casi in cui sussistano specifiche scriminanti o cause di non punibilit.
Ora, salvo voler ignorare
considerazioni elementari e condivise, davvero raro che i migranti irregolari
(quindi gli extracomunitari, tenendo presente lĠallargamento geografico
dellĠUnione europea) arrivino in Italia con propri mezzi e senza utilizzare il
contributo materiale e finanziario di reti e organizzazioni di favoreggiamento
dellĠimmigrazione irregolare[12].
Ed proprio questo il senso della norma internazionale: non giusto e
(soprattutto) utile punire penalmente il migrante irregolare, bens occorre
perseguire lĠorganizzazione ed i soggetti che dai bisogni e dalle speranze di
quei migranti traggono profitti enormi. In sostanza, lĠarticolo 5 del protocollo
nega la possibilit per gli Stati di prevedere norme penali quando i migranti
irregolari siano stati ÒbeneficiariÓ dei servizi di trasporto delle
organizzazioni criminali, che devono costituire il vero obiettivo della
risposta repressiva. EĠ evidente la contraddizione di fondo che ci introduce al
secondo aspetto di preoccupazione. Il migrante irregolare intrinsecamente un
soggetto poco visibile per il timore di essere controllato e rimpatriato.
Questa condizione sommersa da un lato rende difficile monitorare ed evidenziare
lĠesistenza di organizzazioni criminali di smuggling, dallĠaltro alimenta
variegate forme di sfruttamento che vanno dal lavoro nero e sottopagato alle
condotte di tratta di persone e riduzione in schiavit per sfruttamento sessuale,
lavorativo o per altre finalit di profitto. Uno dei principali problemi nel
contrasto ai fenomeni che traggono profitti enormi dalla tratta di persone
(come dallo smuggling) sottolineato da tutti gli operatori nazionali ed internazionali,
dato dalla difficile identificazione delle vittime[13].
Se restano invisibili le vittime, restano sommersi i fenomeni criminali. Con
lĠintroduzione del reato di immigrazione illegale si rende molto pi difficile
il gi arduo compito di identificazione delle vittime di tratta e di altre
forme di grave sfruttamento, poich alle riserve, paure, intimidazioni si
aggiunge il rischio di criminalizzazione.
Il favoreggiamento
dell'immigrazione irregolare oltre ad essere di per se' un grave reato, pu
manifestarsi anche come Òreato spiaÓ[14],
come indicatore, del pi grave reato di riduzione in schiavit e tratta di
persone, puniti rispettivamente agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale.
Il discorso sarebbe lungo,
poich coinvolgerebbe la tutela dei diritti umani delle vittime di gravissimi
reati, la loro vittimizzazione secondaria, oltre che lĠefficacia del contrasto
alle organizzazioni criminali transnazionali.
Evidentemente, le nuove
previsioni normative non escludono affatto che le vittime di reati di
sfruttamento possano usufruire degli adeguati trattamenti umanitari, ma il
problema di fondo dato dal fatto che trattandosi di fenomeni criminali
estremamente sommersi, la criminalizzazione del migrante irregolare e la sua
successiva immediata espulsione impediscono l'attivarsi dei meccanismi virtuosi
di emersione e di identificazione della condizione di vittima o quanto meno li
compromettono seriamente.
Gli strumenti giuridici
attualmente preordinati allĠidentificazione, assistenza e protezione sociale
delle vittime (in primis, lĠart. 18 del dlgs 286/1998[15]
che costituisce attualmente un vanto della legislazione italiana in termini di
efficacia nell'identificazione, assistenza e protezione sociale delle vittime
di tratta e di altre gravi forme di violenza e sfruttamento) rischiano di
essere totalmente vanificati. E ci non soltanto per l'introduzione del reato
di immigrazione illegale, ma soprattutto per la previsione contenuta allĠart.
10bis che, al comma 4, recita: Òai fini dellĠesecuzione
dellĠespulsione dello straniero denunciato ai sensi del comma 1 non richiesto
il rilascio del nulla osta di cui allĠarticolo 13, comma 3, da parte
dellĠautorit giudiziaria competente allĠaccertamento del medesimo reato. Il
questore comunica lĠavvenuta esecuzione dellĠespulsione ovvero del
respingimento di cui allĠarticolo 10, comma 2, allĠautorit giudiziaria
competente allĠaccertamento del reatoÓ.
Lo strumento del nulla osta
dellĠAutorit giudiziaria essenziale per impedire che soggetti coinvolti, sia
come vittime che come autori, nei c.d. Òreati spiaÓ (il novero ampio e aperto
di reati meno gravi dietro ai
quali si celano violazioni pi gravi quali la tratta di persone o la riduzione
in schiavit) vengano espulsi senza che sia stato compiuto alcun
approfondimento investigativo e giudiziario (e senza tutela dei loro diritti
fondamentali). Ma lĠintroduzione della novella secondo cui il migrante illegale
possa essere espulso senza richiedere il nulla osta del Pubblico Ministero pu
significare sottrarre al medesimo (e alla polizia giudiziaria che compie le
indagini) la possibilit di identificare le vittime e di attivare quei percorsi
investigativi e di tutela. Questa innovazione rischia di infliggere un
durissimo colpo alle strategie di contrasto alle nuove mafie transnazionali che
dal mercato dei nuovi schiavi traggono profitti enormi.
Tale modifica non ha tenuto
in alcun conto gli sforzi delle istituzioni nazionali e internazionali in
termini di pianificazione e attuazione di meccanismi di identificazione delle
vittime di tratta e di collaborazione investigativa secondo criteri innovativi
multiagenzia, fondati sul lavoro di reti integrate, che pongono in primo piano
i diritti umani delle vittime (che prima di essere identificate come tali erano
semplici migranti irregolari) ed il contrasto alla criminalit organizzata
transnazionale[16]. Si deve
sottolineare che attualmente le strategie internazionalmente riconosciute di
contrasto alle forme di sfruttamento della persona impongono la collaborazione
tra gli operatori del law enforcement, della magistratura e del settore
sociale, secondo percorsi operativi ispirati alle buone pratiche[17].
In questo contesto, del
tutto inutile la disposizione citata secondo la quale il questore fornisce
notizia allĠAutorit giudiziaria del fatto compiuto, cio dellĠavvenuta
espulsione, come prevede il secondo periodo della novella norma.
E' evidente che se si vuole conservare a detta disposizione una base di ragionevolezza, essa debba essere interpretata nel senso che deve essere fornita adeguata dimostrazione di avere compiuto tutte le procedure in tema di identificazione di possibili vittime di violenza o sfruttamento con riferimento al cittadino extracomunitario espulso. In questo nuovo contesto divengono indispensabili ed obbligatorie le procedure frutto di protocolli o di buone prassi di identificazione delle potenziali vittime di tratta e di altre forme di violenza o sfruttamento, che prrima erano solo consigliate, poich ÒcoperteÓ (non sempre in modo costante) dal nulla osta demandato all'autorit giudiziaria.
L'art. 1 comma 17 della legge in esame affida al giudice di pace la competenza a giudicare nella materia del reato di immigrazione clandestina. A prescindere da ogni valutazione in merito, che porterebbe molto lontano, il nuovo art. 20bis del decreto legislativo 28 agosto 2000 dice che, salvo casi particolari, in caso di flagranza di reato ovvero quando la prova evidente, la polizia giudiziaria chiede al pubblico ministero lĠautorizzazione a presentare immediatamente lĠimputato a giudizio dinanzi al giudice di pace. Salvo che ritenga di richiedere lĠarchiviazione, il pubblico ministero autorizza la presentazione immediata nei quindici giorni successivi. Se non ritiene sussistere i presupposti per la presentazione immediata o se ritiene la richiesta manifestamente infondata, il pubblico ministero provvede ai sensi dellĠarticolo 25, comma 2. In quest'ultimo caso, se ritiene l'azione inammissibile o manifestamente infondata, il pubblico ministero esprime parere contrario alla citazione.
La considerazione interrogativa che consegue la seguente. E' possibile per il pubblico ministero ritenere la prova evidente o la notizia non manifestamente infondata allorch la polizia giudiziaria, riscontrata la violazione dell'art. 10bis del decreto legislativo 286/98, non effettui alcun accertamento nelle dovute forme e secondo le linee guida operative in materia per verificare se il migrante irregolare che si vuole espellere (o che, paradossalmente, si gi espulso) sia vittima di reati o quanto meno ÒoggettoÓ di organizzazioni criminali allo smuggling o al trafficking? E' possibile ritenere ci senza che la polizia giudiziaria abbia verificato se vi sono le condizioni per l'applicazione di una norma fondamentale del testo unico, quale l'articolo 18, che non ha alcuna funzione premiale, ma si pone come strumento di tutela dei diritti umani?
A sommesso avviso dello scrivente la risposta tendenzialmente negativa, perch ove si sia agito seguendo uno schema di meccanica verifica circa la presenza di un titolo di soggiorno, senza ulteriori accertamenti si totalmente pretermesso di valutare l'esistenza di circostanze favorevoli al presunto reo, che informano non solo l'attivit del pubblico ministero, ex art. 358 c.p.p., ma anche quella della polizia giudiziaria.
Ovviamente, senza considerare che siffatto modo di agire precluderebbe in radice l'accertamento di ogni condotta illecita di cui quel migrante irregolare dovesse essere vittima.
Qualora, invece, la polizia giudiziaria desse prova di aver agito seguendo le buone prassi in tema di identificazione di potenziali vittime e mettesse in condizione il pubblico ministero di valutare l'evidenza della prova e la fondatezza dell'illecita condotta, si potrebbe dare corso al la richiesta di procedimento ÒrapidoÓ dinanzi al giudice di pace. Da qui deriverebbero altri problemi circa la totale ineffettivit di un siffatto impianto normativo, ma questo un altro discorso.
Orbene, pure se questa interpretazione, allo stato delle norme introdotte, potrebbe destare qualche critica, pare a chi scrive che si tratti dell'unica interpretazione costituzionalmente orientata per diverse ragioni.
4.
Brevi cenni sulla legittimit costituzionale del reato di Òimmigrazione
illegaleÓ.
Si accennato in precedenza alla
possibile contrariet del reato introdotto con il nuovo articolo 10bis del
testo unico, rispetto alla carta costituzionale. Su questo tema si propongono
alcune considerazioni che dovrebbero essere ulteriormente approfondite e che riguardano un aspetto
specifico, direttamente connesso con le indicazioni fornite dal diritto
internazionale patrizio in tema di contrasto al crimine organizzato
transnazionale. In realt, i profili di perplessit costituzionale potrebbero
essere molteplici, cos come autorevolmente rilevato dal Presidente della
Repubblica in una lettera inviata alla Presidenza del Consiglio ed ai
Presidenti delle Camere dopo aver
promulgato la legge[18],
sicch in queste brevi note non vi alcun carattere di completezza, anzi, si
tratta di una riflessione assolutamente parziale.
In generale, la giurisprudenza della Corte costituzionale, nell'interpretare le disposizioni della Costituzione che fanno riferimento a norme e ad obblighi internazionali – per quanto qui pu interessare, gli artt. 10 ed 11 Cost. – ha costantemente affermato che l'art. 10, primo comma, Cost., il quale sancisce l'adeguamento automatico dell'ordinamento interno alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, concerne esclusivamente i princpi generali e le norme di carattere consuetudinario (per tutte, si pensi alle sentenze n. 73 del 2001, n. 15 del 1996, n. 168 del 1994), mentre non ricomprende le norme contenute in accordi internazionali che non riproducano princpi o norme consuetudinarie del diritto internazionale. Di contro, l'art. 10, secondo comma, fa riferimento a ben precisi accordi, concernenti la condizione giuridica dello straniero.
L'art. 11 Cost., il quale stabilisce, tra l'altro, che l'Italia consente, in condizioni di parit con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranit necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, invece la disposizione che ha permesso di riconoscere alle norme comunitarie efficacia obbligatoria nel nostro ordinamento (sul punto si pensi alle sentenze n. 284 del 2007 e n. 170 del 1984).
Alla luce della complessiva disciplina stabilita dalla Costituzione, quale risulta anche dagli orientamenti della Corte costituzionale[19], salito alla ribalta e va preso in considerazione e sistematicamente interpretato l'art. 117, comma 1, Cost., cos come emergente dalla modifica costituzionale avvenuta con l'art. 2 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). La conformit delle leggi ordinarie alle norme di diritto internazionale convenzionale era prima suscettibile di controllo da parte della Corte solo entro i limiti e nei casi sopra indicati, con la conseguenza che la violazione di obblighi internazionali derivanti da norme di natura pattizia non contemplate dall'art. 10 e dall'art. 11 Cost. da parte di leggi interne comportava l'incostituzionalit delle medesime solo con riferimento alla violazione diretta di norme costituzionali. Peraltro, ci avveniva in opposizione ad uno degli elementi caratterizzanti dell'ordinamento giuridico interno, rinvenibile nella forte apertura al rispetto del diritto internazionale e pi in generale delle fonti giuridiche esterne, comprese quelle richiamate dalle norme di diritto internazionale privato. Inoltre, questa violazione di obblighi internazionali non poteva essere evitata adeguatamente dal solo strumento interpretativo.
Secondo l'orientamento della corte costituzionale, pertanto, il nuovo testo dell'art. 117, comma 1, Cost., ha colmato una lacuna e cos come in altre Costituzioni di diversi Paesi europei, si collega al quadro dei princpi che espressamente gi garantivano a livello primario l'osservanza di determinati obblighi internazionali assunti dallo Stato.
Evidentemente, ci non vuol dire che ora sia possibile attribuire rango costituzionale alle norme contenute in accordi internazionali, oggetto di una legge ordinaria di adattamento. Il parametro costituzionale in esame comporta, infatti, l'obbligo del legislatore ordinario di rispettare tali norme, con la conseguenza che la norma nazionale incompatibile con la norma contenuta negli obblighi internazionali di cui all'art. 117, comma 1 Cost., si pone in violazione con tale parametro costituzionale. In sostanza, secondo la Corte costituzionale, con l'art. 117, comma 1 Cost., si realizzato, in definitiva, una sorta di Òrinvio mobileÓ alla norma convenzionale di volta in volta conferente, la quale fornisce forza e contenuto a quegli obblighi internazionali genericamente evocati e, con essi, al parametro, tanto da essere comunemente qualificata Ònorma interpostaÓ; e che soggetta a sua volta ad una verifica di compatibilit con le norme della Costituzione.
Ne consegue che al giudice comune spetta interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali ci sia permesso dai testi delle norme. Qualora ci non sia possibile, ovvero dubiti della compatibilit della norma interna con la disposizione convenzionale 'interposta', egli deve investire la corte costituzionale della relativa questione di legittimit costituzionale rispetto al parametro dell'art. 117, comma 1 Cost..
Nel caso di specie, si pone la questione degli articoli 5 e 6 del Protocollo addizionale ONU sul traffico di migranti, allegato alla citata Convenzione di Palermo, espressamente eseguito nel nostro ordinamento in virt della legge 146 del 2006. A parere di chi scrive, per quanto opinabile, le norme interposte del protocollo addizionale sono del tutto contrastanti con il nuovo art. 10bis del testo unico sull'immigrazione, ponendosi in aperta antitesi, sia con riferimento alla ratio ed ai principi ispiratori delle norme, sia con riguardo alle concrete conseguenze giuridiche in termini di contrasto al crimine organizzato.
Peraltro, non sembra che alla luce delle norme in esame sia possibile un'interpretazione della norma interna compatibile con quelle internazionali. L'unica clausola di salvezza potrebbe residuare nell'interpretazione che valorizzi il compito di accertamento della polizia giudiziaria finalizzato alla compiuta identificazione delle potenziali vittime di reati di violenza e/o sfruttamento, al fine di valutare l'applicazione di altre norme del testo unico (art. 18), l'esistenza di cause di giustificazione o di non punibilit e conseguentemente, il rispetto delle previsioni contenute negli articoli 5 e 6 del Protocollo addizionale.
Un aiuto in questo senso potrebbe pervenire dal ministero dell'interno, sempre attento a valorizzare l'esatta portata dell'articolo 18 in tema di tutela dei diritti umani mediante la continua emanazione di circolari interpretative ed esplicative. La valorizzazione preventiva di adeguate procedure condivise di identificazione di potenziali vittime di gravi reati, attraverso metodi integrati multiagenzia fondati sulla cooperazione dei diversi soggetti giuridici, psicosociali e di polizia pu essere un modo di rispondere in senso positivo alle sollecitazioni ed alle perplessit rappresentate dal Capo dello Stato in merito alla costituzionalit del provvedimento.
Modifiche
di interesse penale ed altre innovazioni. Esigenza di sicurezza o conseguenze
discriminatorie?
LĠart. 1 comma 22 della legge in esame prevede diverse modifiche al decreto legislativo 286/98. Con particolare riguardo alle disposizioni penali, le modifiche pi rilevanti riguardano:
-
lĠampliamento della fattispecie dellĠarticolo 5, comma 8bis, con lĠinserimento dellĠutilizzazione di uno dei documenti
contraffatti o alterati come condotta sanzionata;
-
la sostituzione
dellĠart. 6 comma 3 con una nuova formulazione, forte della sentenza delle
sezioni unite della Corte di cassazione [20].
Si prevede che Òlo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di
pubblica sicurezza, non ottempera, senza giustificato motivo, allĠordine di
esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del
permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel
territorio dello Stato punito con lĠarresto fino ad un anno e con lĠammenda
fino ad euro 2.000Ó;
-
la sostituzione
dellĠarticolo 14, commi 5bis, 5ter, 5quater e 5quinquies
con le nuove formulazioni seguenti:
-
in relazione al comma
5bis si afferma che quando non
sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di identificazione
ed espulsione, ovvero la permanenza in tale struttura non abbia consentito
lĠesecuzione con lĠaccompagnamento alla frontiera dellĠespulsione o del
respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio
dello Stato entro il termine di cinque giorni. LĠordine dato con provvedimento
scritto, recante lĠindicazione delle conseguenze sanzionatorie della permanenza
illegale, anche reiterata, nel territorio dello Stato. LĠordine del questore
pu essere accompagnato dalla consegna allĠinteressato della documentazione
necessaria per raggiungere gli uffici della rappresentanza diplomatica del suo
Paese in Italia, anche se onoraria, nonch per rientrare nello Stato di
appartenenza ovvero, quando ci non sia possibile, nello Stato di provenienza.
-
In relazione al comma
5ter, lo straniero che senza
giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato, in
violazione dellĠordine impartito dal questore ai sensi del comma 5bis, punito con la reclusione da uno a quattro anni
se lĠespulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale
nel territorio nazionale ai sensi dellĠarticolo 13, comma 2, lettere a) e c),
ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la
propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza
di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o
annullato. Si applica la pena della reclusione da sei mesi ad un anno se
lĠespulsione stata disposta perch il permesso di soggiorno scaduto da pi
di sessanta giorni e non ne stato richiesto il rinnovo, ovvero se la
richiesta del titolo di soggiorno stata rifiutata, ovvero se lo straniero si
trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dellĠarticolo 1, comma 3,
della legge 28 maggio 2007, n. 68. In ogni caso, salvo che lo straniero si
trovi in stato di detenzione in carcere, si procede allĠadozione di un nuovo
provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della
forza pubblica per violazione allĠordine di allontanamento adottato dal
questore ai sensi del comma 5bis.
Qualora non sia possibile procedere allĠaccompagnamento alla frontiera, si
applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 5bis del presente articolo nonch, ricorrendone i presupposti,
quelle di cui allĠarticolo 13, comma 3.
-
in relazione al comma
5quater, lo straniero
destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5ter e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al
comma 5bis, che continua a
permanere illegalmente nel territorio dello Stato, punito con la reclusione
da uno a cinque anni. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui al
comma 5ter, terzo e ultimo
periodo.
-
In relazione al comma
5quinquies, per i reati
previsti ai commi 5ter, primo
periodo, e 5quater si procede
con rito direttissimo ed obbligatorio lĠarresto dellĠautore del fattoÓ;
Al di l delle riflessioni legate alla esasperata proliferazione di
fattispecie penali, alla praticabilit del sistema, alla funzionalit della
risposta sanzionatoria penale a fronte di un fenomeno di dimensioni planetarie,
vi sono diverse modifiche di rilievo che, per, presentano difficolt
applicative ed interpretative. Ad esempio, il comma 5ter rileva che il reato sussiste anche quando lo straniero cui il Questore
ha ordinato di lasciare il territorio dello Stato ai sensi del comma 5bis, sia stato destinatario di un provvedimento di respingimento o di
espulsione, nonch quando tali misure sono state adottate, oltre che nei casi
gi configurati dal testo previgente della norma incriminatrice, anche quando
lo straniero non abbia dichiarato la propria presenza nel territorio dello
Stato nel termine prescritto. QuestĠultima disposizione, seppure avente una
chiara finalit deterrente, potrebbe presentare profili di indeterminatezza,
poich non chiaro quale sia la dichiarazione di presenza a cui la legge si
riferisca. Potrebbe trattarsi di quella dovuta al Questore entro sessanta
giorni dallĠingresso in Italia dallo straniero cui stato rilasciato un
premesso di soggiorno in un altro paese dellĠUnione Europea ai sensi dellĠart.
5, comma 7 del dlgs 286 del 1998 ovvero di quella che la legge richiede in
sostituzione del nulla osta al lavoro da parte degli stranieri extracomunitari dipendenti
di un datore di lavoro con sede nellĠUnione Europea ai sensi dellĠart. 27,
comma 1bis, del decreto legislativo.
Per altri versi, altra modifica di rilievo che testimonia lĠintento di aggravare la risposta punitiva il radicale cambiamento del reato di cui al comma 5quater con il quale, sanzionando in modo specifico la reiterazione dellĠinosservanza del provvedimento di espulsione e di un nuovo ordine del questore, si viene a configurare un singolare modo di punire autonomamente come reato una condotta evidentemente recidivante.
LĠart. 2 comma 56 prevede, inoltre, una specifica circostanza attenuante ad effetto speciale nei confronti dellĠimputato che si adopera per evitare che lĠattivit delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori aiutando concretamente lĠautorit di polizia o lĠautorit giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per lĠindividuazione e la cattura di uno o pi autori dei reati ovvero per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti. Questo uno strumento di collaborazione sicuramente utile per lĠattivit di contrasto alle organizzazioni criminali, mutuato dalle esperienze gi maturate in altri ambiti del diritto penale. Per realizzare ci il legislatore, allĠarticolo 600-sexies del codice penale, dopo il comma 4 ha inserito la previsione secondo cui nei casi previsti dagli articoli 600, 600bis, 600ter, 600quater, 600quinquies, 600sexies, 600septies, 600octies, 601, 602 e 416, comma 6 c.p., le pene sono diminuite fino alla met in presenza della collaborazione attiva sopra richiamata.
Ulteriore novit legislativa di interesse per quanto riguarda l'ambito che qui interessa contenuta nell'art. 2 comma 19. E' evidente che, in linea con i principi ispiratori dell'intervento legislativo in esame, la materia dell'immigrazione valutata come strettamente pertinente al tema della sicurezza pubblica, mentre altre norme che riguardano le azioni di contrasto alle organizzazioni criminali che sfruttano soggetti vulnerabili sono collocate in altro contesto del provvedimento legislativo. E' il caso della introduzione dell' art. 600octies concernente l'impiego di minori nell'accattonaggio, fenomeno preoccupante che costituisce anche una possibile finalit di sfruttamento nell'ambito di condotte di riduzione in schiavit o di tratta. La nuova disposizione si riferisce al caso in cui, salvo che il fatto costituisca pi grave reato, chiunque si avvalga per mendicare di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permetta che tale persona, ove sottoposta alla sua autorit o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, punito con la reclusione fino a tre anni. Tale innovazione si accompagna con l'abrogazione dellĠarticolo 671 del codice penale.
Questa norma ha un suo rilievo di interesse. Infatti, malgrado la persistente moderazione della risposta punitiva, tende a sanzionare quelle condotte di utilizzazione e sfruttamento di minori nell'accattonaggio che non siano configurabili all'interno delle ipotesi di tratta a scopo di sfruttamento mediante l'accattonaggio, che, invece, costituiscono la vetta in termini di gravit e di risposta sanzionatoria.
Infine, al di fuori dall'introduzione di nuove fattispecie penali, ma in ambiti di estrema rilevanza anche sotto il profilo dell'auspicabile emersione di soggetti vulnerabili, il legislatore sembrerebbe aver abbandonato l'idea di rendere obbligatoria l'esibizione del permesso di soggiorno da parte del migranti agli esercenti le professioni sanitarie, avendo modificato con l'articolo 1, comma 22, lett g) della legge in esame, lĠarticolo 6, comma 2, del dlgs 286/1998, sostituendo la frase Çe per quelli inerenti agli atti di stato civile o allĠaccesso a pubblici serviziÈ con Ç per quelli inerenti allĠaccesso alle prestazioni sanitarie di cui allĠarticolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorieÈ; la conseguenza dovrebbe essere da un lato migliorativa e dall'altro peggiorativa. Dovrebbe essere in parte scongiurato il rischio paventato dagli esercenti le professioni sanitarie, almeno dal punto di vista formale e per solo parzialmente, atteso che i medici del servizio sanitario nazionale sarebbero comunque obbligati alla denuncia ex art. 361 c.p.p., nel caso in cui rilevassero l'irregolarit dello straniero, visto che questa una condizione che, oggi, costituisce reato.
Inoltre, l'esclusione dell'esibizione del titolo di soggiorno per usufruire delle sole Òprestazioni scolastiche obbligatorieÓ determiner gravi problemi per la fruizione dei servizi di asilo nido e di scuola dell'infanzia (anche per bambini che sono nati in Italia) con la possibile conseguenza di gravi discriminazioni, anche costituzionalmente censurabili..
Inoltre, si richiede l'esibizione del permesso di soggiorno per il compimento di atti dello stato civile tra cui il riconoscimento dei figli, nati in Italia, da genitori irregolarmente soggiornanti, il che dal punto di vista della compatibilit giuridico costituzionale lascia alquanto perplessi.
Altro aspetto fortemente criticabile ed anch'esso di dubbia
costituzionalit (ad esempio con riferimento alla nuova formulazione dell'art.
117, comma 1 Cost. ed all'art. 12 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo, che si riferisce proprio al diritto al matrimonio) costituito
dalla modifica allĠarticolo 116, primo comma, del codice civile, a cui sono
aggiunte, alla fine, le seguenti parole: Ç... nonch un documento attestante la
regolarit del soggiorno nel territorio italianoÈ. Ne consegue che lo straniero
che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all'ufficiale dello
stato civile, oltre ad una dichiarazione dell'autorit competente del proprio
paese, dalla quale risulti che, in forza delle leggi
a cui sottoposto, nulla osta al matrimonio, anche il permesso di soggiorno o
altro documento equipollente, in difetto del quale non potr contrarre il
matrimonio desiderato, salve eventuali interpretazioni estensive,
costituzionalmente orientate, degli altri provvedimenti nell'interesse dello
straniero che non richiedono l'esibizione di titoli di soggiorno.
David
Mancini
[1]
Del tutto errata lĠequazione
superficiale tra immigrazione e criminalit. Non sembra potersi dubitare di
quanto stato recentemente ribadito dal rapporto del CNEL sugli indici di
integrazione degli immigrati in Italia, presentato il 20 febbraio 2009. Rileva
il CNEL senza mezzi termini che : Òlo stesso dibattito politico nazionale
sullĠimmigrazione acuisce queste difficolt. Alimenta un clima di diffidenza e
paura reciproca tra italiani e immigrati ed anche tra gli stessi immigrati.
Enfatizza unĠemergenza invasione inesistente e mistifica lĠequazione tra
immigrazione e criminalit. Esso condizionato da iniziative identitarie sul
piano elettorale contro diritti sociali e civili fondamentali riconosciuti agli
immigrati dal nostro ordinamento, la cui negazione segna un arretramento di
civilt del nostro Paese. Tutto questo non ha alcuna incidenza sulla lotta alla
clandestinit, che un problema reale e su cui i cittadini giustamente
chiedono risultati tangibili. La persecuzione del clandestino gi presente nel
nostro Paese, fuggito dalla fame, dalla guerra, dalla persecuzione, serve solo
a suscitare gli istinti di una
subcultura xenofoba, che mette a rischio una ordinata convivenza
civileÓ. Il rapporto
disponibile su http://www.portalecnel.it/portale/HomePageSezioniWeb.nsf/vwhp/HP.
[2] Sugli effetti controproducenti nel contrasto alla tratta di persone e al traffico di migranti cagionati dalle normative restrittive dei flussi migratori in entrata, si vedano anche le considerazioni contenute in: Commissione europea, Tratta degli esseri umani. Rapporto del Gruppo di esperti nominato dalla Commissione europea, Il Centro Stampa, Roma, 2006, disponibile sul sito www.ontheroadonlus.it\pubblicazioni.html
[3]
Sulla consapevolezza anche istituzionale delle dimensioni del fenomeno
recente la relazione del Comitato Parlamentare per la sicurezza della
Repubblica sul tema : la tratta
di esseri umani e le sue implicazioni per la sicurezza della Repubblica, approvata nella seduta del 29 aprile 2009.
[4] Con conseguenze spesso drammatiche come testimoniano le eclatanti notizie che riguardano i naufragi dei barconi in partenza dalla Libia.
[5]
Per una disamina delle
disposizioni previgenti sia consentito rinviare a d. mancini, Traffico di migranti e tratta di persone,
tutela dei diritti umani e azioni di contrasto, Francoangeli, Milano,
2008.
[6] Il primo rapporto sugli immigrati in Italia, curato dal ministero dell'interno nel dicembre 2007, riferisce di una percentuale estremamente minoritaria di ingressi via mare, di gran lunga inferiore al 10% del numero complessivo.
[7] La difficolt di inquadramento dello sfruttamento lavorativo nelle diverse esperienze nazionali emerge con chiarezza nel recente studio dell'Organizzazione internazionale del lavoro, Forced Labour and Human Trafficking; Casebook of Court Decisions, Ginevra, 2009.
[8]
In materia interessante l'elaborazione curata dal comitato di coordinamento
delle azioni di governo contro la tratta
costituito nel Dipartimento
per le pari opportunit presso la Presidenza del consiglio dei ministri : Verso
la costruzione di un piano nazionale anti-tratta,
Roma, marzo 2008.
[9] Si tratta di disposizione applicabile ai procedimenti in corso, secondo la regola tempus regit actum, che governa la successione delle leggi processuali in base all'art. 11 delle cd. preleggi (cfr., per tutte, Cass. Sez. Un. 1 ottobre 1991, Alleruzzo,).
[10] La Convenzione ONU di Palermo, con i suoi protocolli addizionali allegati, stata pienamente attuata nell'ordinamento interno con la legge 16 marzo 2006 n. 146.
[11] Di
seguito si riportano gli articoli 5 e 6 del citato Protocollo ONU.
Articolo 5 - Responsabilit penale
dei migranti
I
migranti non diventano assoggettati all'azione penale fondata sul presente
Protocollo per il fatto di essere stati oggetto delle condotte di cui all'art.
6.
Articolo
6 - Penalizzazione
1.
Ogni Stato Parte adotta misure legislative e di altro tipo necessarie per
conferire il carattere di reato ai sensi del suo diritto interno, quando l'atto
commesso intenzionalmente e al fine di ottenere, direttamente o
indirettamente, un vantaggio finanziario o altro vantaggio materiale:
(a)
Al traffico di migranti;
(b)
Quando l'atto commesso al fine di permettere il traffico di migranti:
(I)
alla fabbricazione di un documento di viaggio o di identit fraudolento;
(II)
al fatto di procurarsi, fornire o possedere tale documento;
(c)
Al fatto di permettere ad una persona che non cittadina o residente
permanente di rimanere nello Stato interessato senza soddisfare i requisiti
necessari per permanere legalmente nello Stato tramite i mezzi di cui alla
lettera b del presente paragrafo o tramite qualsiasi altro mezzo illegale.
2.
Ogni Stato Parte adotta misure legislative e di altro tipo necessarie per
conferire il carattere di reato:
(a)
Fatti salvi i concetti fondamentali del suo ordinamento giuridico, al tentativo
di commettere un reato determinato ai sensi del paragrafo 1 del presente
articolo;
(b)
Alla partecipazione, in qualit di complice, ad un reato determinato ai sensi
del paragrafo 1(a), (b) (I) o (c) del presente articolo e, fatti salvi i
concetti fondamentali del suo ordinamento giuridico, alla partecipazione, in
qualit di complice, ad un reato determinato ai sensi del paragrafo 1 (b) (II)
del presente articolo;
(c)
All'organizzare o dirigere altre persone nella commissione di un reato
determinato ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo.
3.
Ogni Stato Parte adotta misure legislative e di altro tipo, necessarie per
conferire il carattere di circostanza aggravante dei reati di cui al paragrafo
1 (a), (b) (I) e (c) del presente articolo e, fatti salvi i concetti
fondamentali del suo ordinamento giuridico, dei reati di cui al paragrafo 2 (b)
e (c) del presente articolo:
(a)
Al fatto di mettere in pericolo, o di rischiare di mettere in pericolo, la vita
e l'incolumit dei migranti coinvolti; o
(b)
Ai trattamenti inumani o degradanti, incluso lo sfruttamento, di tali migranti.
4.
Nessuna disposizione del presente Protocollo impedisce ad uno Stato Parte di
prendere misure nei confronti di una persona la cui condotta costituisce reato
ai sensi del suo diritto interno.
[12]
Si pensi add extracomunitari di nazionalit cinese, nigeriana, pakistana,
indiana, cingalese, nordafricana, tanto per citare solo alcune tra le
nazionalit pi ricorrenti.
[13]
Tra le tante opinioni cfr. unodc, Toolkit
to Combat Trafficking in Persons, p. 251 e ss.,
Vienna, 2008.
[14]
a. cisterna, L'entit del
fenomeno e la rilevazione dello stesso attraverso i c.d. "reati
spia", relazione all'incontro di studi La
tratta degli esseri umani, tenutosi presso il
Consiglio superiore della Magistratura dal 26 al 28 gennaio 2009.
[15]
L'articolo 18 un esempio internazionale di metodo di identificazione,
assistenza e protezione delle vittime di gravi reati, che ha ispirato lo
strumento convenzionale pi avanzato in tema di tutela dei diritti umani delle
persone vittime di tratta, oggi rappresentato dalla Convenzione del Consiglio
di Europa, siglata a Varsavia il 29 maggio 2005.
[16]
Tra i tanti riferimenti disponibili cfr. le indicazioni dell'OCSE, From
policy to practice: combating trafficking in human beings in the Osce region, Vienna, 2007.
[17] E' il caso di alcuni protocolli di intesa multiagenzia stipulati tra Procure della Repubblica, forze dell'ordine e soggetti del pubblico e del privato sociale accreditato, illustrati in sedi istituzionali italiane ed estere, ed oggi espressamente consigliati a tutti gli uffici giudiziari dal Procuratore Nazionale Antimafia in una recente direttiva del novembre 2008 inviata a tutte le Procure Generali della Repubblica.
[18] Il Capo dello Stato critica la circostanza che la nuova ipotesi di trattenimento indebito non preveda la esimente della permanenza determinata da giustificato motivo (che ben potrebbe consistere nell'essere vittima di tratta e/o oggetto del traffico di migranti). Inoltre, rileva che "le modifiche apportate dall'art. 1 comma 22 lett. m) in materia di espulsione del cittadino extracomunitario irregolare, determinano - a ragione di un difettoso coordinamento normativo - il contraddittorio e paradossale effetto di non rendere pi punibile (o al pi punibile solo con una ammenda) la condotta del cittadino extracomunitario che fa rientro in Italia pur dopo essere stato materialmente espulso. La condotta era precedentemente punita con la reclusione da 1 a 5 anni". Dunque una norma profondamente incoerente con tutte le altre disposizioni in materia.
Peraltro, i rilievi si spingono anche alle sanzioni previste e alle loro modalit di applicazione. Dice il Capo dello Stato: "l'attribuzione della contravvenzione di immigrazione clandestina alla commissione del giudice di pace non mi pare poi in linea con la natura conciliativa di questi e disegna nel contempo, per il reato in questione, un "sottosistema" sanzionatorio non coerente con i principi generali dell'ordinamento e meno garantistica di quello previsto per delitto di trattenimento abusivo sottoposti alla cognizione del Tribunale. Per il nuovo reato la pena inflitta non pu essere condizionalmente sospesa o "patteggiata", mentre la eventuale condanna non pu essere appellata.
[19]
Sono assolutamente fondamentali in
questo senso le sentenze della Corte costituzionale n. 348 e 349 del 22 ottobre 2007, da cui sono tratte le
argomentazioni sopra sinteticamente esposte.
[20] Cass. Sez. Un., 27 novembre 2003 n. 45801.