PROCURA DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA

ESPOSTO-DENUNZIA

 

I sottoscritti

 

Roberto Lamacchia, nato a Torino il 13/08/1947, domiciliato in Torino, C.so Vittorio Emanuele II n. 82, nella sua qualit di Presidente Associazione Nazionale Giuristi Democratici (G.D.)

Filippo Miraglia, nato a Serradifalco (CL) il 27/07/1964, domiciliato in Roma presso ARCI, Via dei Monti di Pietralata n. 16, nella sua qualit di Responsabile Immigrazione dell Associazione Ricreativa Culturale Italiana (ARCI)

Pietro Soldini nato a Civita Castellana (VT) il 02/02/1956 domiciliato in Roma presso CGIL, Corso dItalia n. 25, nella sua qualit di Responsabile Immigrazione della Confederazione Generale Italiana Lavoratori (CGIL)

Lorenzo Trucco nato a Novi Ligure il 7/02/1948, domiciliato in Torino, C.so Vittorio Emanuele II n. 82, nella sua qualit di Presidente Associazione Studi Giuridici sullImmigrazione (ASGI)

Angelelli Mario nato a Tricase il 14/01/1964, domiciliato in Roma Viale Carso n. 23, nella sua qualit di Presidente dellAssociazione Progetto Diritti

 

si rivolgono alla S.V. Ill.ma ed espongono quanto segue:

1. Le operazioni di respingimento in Libia di imbarcazioni di profughi intercettati nel canale di Sicilia.

 

Il giorno 7 maggio 2009, 227 persone (40 donne di cui 3 incinte) a bordo di 3 barconi sono state soccorse in zona SAR maltese da motovedette italiane, a 35 miglia marittime dallisola di Lampedusa. Per quanto dato sapere, a seguito di accordi con la Libia, i comandanti di alcune navi militari italiane hanno accolto a bordo tutti i migranti per poi riportarli immediatamente in Libia, ove sono stati consegnati alle autorit libiche.

L'8 maggio avvenuto un secondo respingimento dopo che un rimorchiatore italiano in servizio su una piattaforma dell'ENI ha intercettato un barcone con 77 persone e lo ha riportato in Libia.

Analoghe operazioni sono state compiute anche nei giorni successivi, come affermato agli organi di stampa dal Ministro dellinterno italiano, il quale, al 10 maggio, indica in circa 500 i migranti riconsegnati alla Libia, qualificando gli episodi come risultato storico.

 

Nessuna delle persone trasportate in Libia stata ufficialmente identificata, n stata rilevata la nazionalit, la minore et, lo stato di gravidanza delle donne, le condizioni di salute dei migranti, n verificate eventuali richieste di protezione internazionale.

Operatori umanitari e giornalisti hanno raccolto numerose testimonianze su tali episodi consultabili sui siti di Migreurop (Parigi), di Picum ( Bruxelles), di Borderline Europe (Berlino) e di Fortress Europe (Roma); testimonianze confermate anche da rapporti di agenzie internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch (HRW).

Tali operazioni sono state accompagnate da un commento esultante del Ministro dellInterno, on. Maroni, il quale, secondo notizie di stampa, ha dichiarato che quello che sta succedendo in queste ore con la Libia "pu rappresentare una svolta nel contrasto all'immigrazione clandestina. Un risultato storico" (.) "Se l'operazione fatta oggi continuer il problema del contrasto tra Italia e Malta sull'accoglimento dei clandestini sar risolto perch in qualunque acqua si trovino i barconi saranno rispediti in Libia da dove sono partiti". Quello che si prospetta quindi, ha aggiunto Maroni, "un nuovo modello di contrasto in mare di chi cerca di arrivare illegalmente" che "non ha a che fare con chi chiede asilo: i clandestini non arrivano sul territorio nazionale ma vengono respinti alla frontiera, valutare le richieste di asilo non quindi compito del governo italiano".[1]

 

E ragionevole e verosimile ritenere che tra i migranti riportati in Libia vi fossero anche rifugiati che avrebbero avuto il diritto – inviolabile - di accedere alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale in Italia.

Basti pensare che nel comunicato dell8 maggio 2009 lUNHCR afferma che Sebbene non siano disponibili informazioni sulle nazionalit di origine dei migranti, si ritiene probabile che fra le persone respinte ci siano individui bisognosi di protezione internazionale. Nel 2008 circa il 75% di coloro giunti in Italia via mare ha fatto richiesta di asilo e al 50% di questi stata concessa una forma di protezione internazionale.

LUNHCR ha ripetutamente espresso forte preoccupazione al Governo italiano per gli avvenimenti sopra riportati, ritenendo che le operazioni messe in atto dal Governo italiano siano in contrasto con il principio del non respingimento sancito dalla  Convenzione di Ginevra del 1951, che trova applicazione anche in acque  internazionali. Questo fondamentale principio, che non conosce limitazione geografica, contenuto anche nella normativa europea e nellordinamento giuridico italiano. Confermando che fra coloro che sono stati rinviati in Libia vi sono persone bisognose di protezione, lUNHCR ha reiterato la richiesta al governo affinch riammetta queste persone sul proprio territorio sottolineando che, dal punto di vista del diritto internazionale, l'Italia responsabile per le conseguenze del respingimento (UNHCR – comunicato stampa 15 maggio 09)

 

2. Peculiari profili di illegalit di tali operazioni.

 

Secondo linterpretazione autentica di tali operazioni fornita dal Ministro responsabile della loro attuazione, si tratterebbe di un nuovo modello di contrasto in mare, che comporterebbe un respingimento dei clandestini (id est dei profughi), alla frontiera, senza che possano trovare applicazione le normative sul diritto dasilo, in quanto i clandestini non arrivano sul territorio nazionale.

E di solare evidenza che i profughi, prima soccorsi in mare e trasbordati sulla navi militari italiane, sono stati assoggettati ad un provvedimento amministrativo, non individuale, in virt del quale sono stati coattivamente consegnati alle autorit libiche.

Ed di altrettanto solare evidenza che gli stessi, sebbene non sbarcati sul territorio geografico italiano, sono stati assoggettati ad un atto di sovranit delle autorit politiche italiane, attuato mediante lutilizzo di navi e personale militare italiano.

Del resto lart. 4 del codice penale, precisa che le navi e gli aeromobili italiani sono considerate territorio dello Stato, ovunque si trovino.

Pertanto i profughi soccorsi in mare sono giuridicamente entrati nel territorio dello Stato per il solo fatto di essere stati trasbordati sulle navi italiane e, proprio per questo, essendo soggetti alla sovranit italiana, stato possibile sottoporli ad un provvedimento amministrativo di respingimento- consegna coatta alle autorit libiche.

Orbene tale provvedimento in palese e radicale ed insanabile contrasto con la normativa legalmente vigente in Italia che regola la disciplina dellimmigrazione e le norme sulla condizione dello straniero, nonch con le norme in materia di asilo politico e con le Convenzioni Internazionali stipulate dallItalia e con la disciplina di origine comunitaria nel settore specifico.

Innanzitutto con le disposizioni che riguardano il controllo delle frontiere, respingimento ed espulsione (capo II del T.U. d.lvo n.286/1998).

 

2.1) Il respingimento

Lart. 10 T.U. disciplina il primo istituto preordinato alla repressione dellimmigrazione illegale, ossia il respingimento. Ai sensi del primo comma, la polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal presente testo unico per lingresso nel territorio dello Stato; il secondo comma disciplina invece i casi di respingimento cd. differito: il respingimento con accompagnamento alla frontiera altres disposto dal questore nei confronti degli stranieri: a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati allingresso o subito dopo; b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessit di pubblico soccorso.

I dubbi sorti inizialmente sulla possibile configurazione del respingimento (attivit materiale delle forze di polizia o atto amministrativo e sulla relativa tutela, sono stati superati dallart. 3, comma 3 D.P.R. 394/1999, ai sensi del quale il provvedimento che dispone il respingimento, il decreto di espulsione, il provvedimento di revoca o di rifiuto del permesso di soggiorno, quello di rifiuto della conversione del titolo di soggiorno, la revoca od il rifiuto della carta di soggiorno, sono comunicati allo straniero mediante consegna a mani proprie o notificazione del provvedimento scritto e motivato, contenente lindicazione delle eventuali modalit di impugnazione, effettuata con modalit tali da assicurare la riservatezza del contenuto dellatto

Orbene lo stesso art. 10, al comma 4, prevede che la procedura di respingimento (sia il respingimento immediato che quello differito) non si applica: nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano lasilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero ladozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari

 

2.2. Divieti di respingimento e di espulsione

Lart. 19 T.U. prevede una serie di divieti di espulsione e di respingimento dello straniero irregolare, ai quali la giurisprudenza ha aggiunto altri casi basati sulla necessit di evitare che lespulsione vada in pregiudizio dei diritti fondamentali della persona: si tratta di veri e propri divieti di adottare il provvedimento espulsivo o di eseguirlo se gi adottato al sorgere delle relative fattispecie. Altre limitazioni derivano da norme internazionali, come il divieto di espulsioni collettive previsto dallart. 4 del protocollo n. 4 addizionale della Convenzione europea dei diritti delluomo (D.P.R. n. 217/1982)

 

2.3 Divieto di espulsione degli stranieri che possano essere oggetto di persecuzione (art. 19 co. 1).

Ai sensi dellart. 19, comma 1 in nessun caso pu disporsi lespulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.

Il divieto si riferisce alla semplice possibilit che lo straniero sia perseguitato; di conseguenza, agli stranieri inespellibili ai sensi di tale norma deve essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari, previo parere delle Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero acquisizione dallinteressato di idonea documentazione (art. 11, comma 1, lettera c-ter reg. att.).

 

2.4 Divieto di espulsione degli stranieri minori di anni 18, salvo il diritto a seguire il genitore o laffidatario espulsi (art. 19.2, lett. a).

Il divieto di espulsione si riferisce sia ai minori stranieri figli di almeno un genitore regolarmente soggiornante in Italia, sia a quelli legalmente affidati a cittadino italiano o straniero regolare, sia ai minori non accompagnati.

Per quanto riguarda i minori figli di stranieri irregolari, la legge prevede espressamente il diritto del minore a seguire i familiari espulsi;

Per quanto riguarda i minori non accompagnati, va ricordato che previsto per loro, invece della ordinaria espulsione, il rimpatrio assistito disposto a cura del Comitato per i minori stranieri, che pu essere legittimamente adottato facendo constare la previa valutazione delle condizioni del minore e della effettiva possibilit di proficuo reinserimento nella societ di provenienza.

Nel caso in cui comunque debba essere disposta lespulsione di un minorenne straniero, il provvedimento deve essere adottato, su richiesta del questore, dal Tribunale per i minorenni, e si ritiene che ci avvenga anche nel caso di espulsione per motivi di ordine pubblico o di sicurezza.

2.5 .Divieto di espulsione degli stranieri titolari di carta di soggiorno (art. 19.2, lettera b)

2.6 Divieto di espulsione degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalit italiana (art. 19.2, lettera c).

2.7. Divieto di espulsione delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono (art. 19.2, lettera d).

 

3. Lo status di rifugiato.

Un limite sostanziale alla possibilit di eseguire tanto lespulsione dello straniero, quanto il c.d. respingimento differito rappresentato dagli obblighi internazionali assunti dallItalia in tema di protezione dei rifugiati. A livello internazionale stata adottata, nellambito delle Nazioni Unite, la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, la cui ratifica stata autorizzata in Italia con la legge 24 luglio 1954, n. 722. La stessa Convenzione stata attuata nel nostro ordinamento con lart. 1 della legge 39/1990, successivamente modificato dagli artt. 31 e 32 della legge 189/2002,

e ha trovato piena applicazione con il Dlgs. n.251/2007 di attuazione della Direttiva 2004/83/CE recante norme minime sullattribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale.

Occorre evidenziare che la definizione del termine rifugiato, rimane sempre quella indicata dalla Convenzione di Ginevra. Secondo tale norma rifugiato colui che fugge dal proprio Paese o che non vuole rientrarvi in quanto teme a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, cittadinanza, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche. Occorre pertanto un timore fondato di subire una persecuzione e non necessario che la persecuzione sia gi avvenuta.

Si sottolinea peraltro come il Dlgs. n.251/2007 di attuazione della direttiva 2004/83/CE introduca una nuovo istituto, la protezione sussidiaria, che, basandosi sul presupposto del danno grave che pu subire il soggetto, ulteriormente allarga le forme di protezione internazionale.

Per il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra, nonch della protezione sussidiaria la procedura regolata dal D.Lvo 28 gennaio 2008 n. 25, emanato in attuazione della Direttiva 2005/85/CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. In base a tale normativa non pu essere impedito a nessuno di presentare domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato.

 

3.1. I limiti allespulsione del rifugiato o del titolare del diritto di asilo. Secondo la Convenzione di Ginevra, gli Stati contraenti non possono espellere un rifugiato che si trovi regolarmente nel loro territorio se non per ragioni di sicurezza nazionale o di ordine pubblico (art. 32 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati). La tutela della vita del rifugiato, infatti, preclude il suo allontanamento o rinvio verso le frontiere dei territori in cui la sua vita o la sua libert sarebbe minacciata a causa della sua razza, religione, nazionalit, appartenenza ad un certo gruppo sociale o delle sue opinioni politiche. Tale limite vale anche per il respingimento avendo il rifugiato diritto di ingresso almeno al fine di presentare domanda di rifugio. Onde garantire effettivamente il diritto di richiedere rifugio ai sensi della Convenzione, il rifugiato non pu essere perseguitato penalmente a motivo del proprio ingresso e/o soggiorno irregolare (art. 31 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati), salvo che abbia commesso reati particolarmente gravi o comunque rappresenti un pericolo per la sicurezza del Paese in cui si trova. Egli dovr, per, salvo inderogabili ragioni di sicurezza nazionale, essere ammesso a fornire delle prove che possano discolparlo, presentare un ricorso e farsi rappresentare a questo scopo davanti a unautorit competente o davanti a una o pi persone designate appositamente da tale autorit. Inoltre gli Stati devono accordargli un lasso di tempo ragionevole per permettergli di cercare di farsi ammettere regolarmente in un altro Paese. In ogni caso, nessuno Stato pu espellere o respingere un rifugiato verso le frontiere dei luoghi ove la sua vita e la sua libert sarebbero minacciate a causa della sua razza, della sua religione, della sua nazionalit, della sua appartenenza ad una determinata categoria sociale o delle sue opinioni politiche (art. 33- principio del ne refoulement):tale norma ha carattere assoluto ed inderogabile e deve essere applicata sia sul territorio dello Stato, che in ambito extraterritoriale.

 

4. Limiti allespulsione ed il respingimento derivante dalla Convenzione Europea dei Diritti delluomo.

Lart. 3 della Convenzione europea dei diritti umani (C.E.D.U.) sancisce il diritto a non subire torture o maltrattamenti disumani o degradanti. Si tratta di un diritto che deve essere garantito dagli Stati membri attraverso tutti i propri organi e, in particolare, attraverso la giurisdizione. Larticolo 3 stato ampiamente interpretato dalla Corte europea dei diritti umani come limite allespulsione degli stranieri ogni qual volta lallontanamento dello straniero dal territorio dello Stato ospite possa esporlo al rischio grave di subire un tale trattamento o tortura (Cruz Varas and Others, 20 marzo 1991, ricorso n. 15576/89). Si tratta quindi di una fattispecie diversa da quella contemplata dalla Convenzione di Ginevra o dalla Costituzione, volta a comprendere ipotesi non rientranti n nelluna n nellaltra e tuttavia tale da impedire, lallontanamento di uno straniero che incorra in un tale rischio.

Si consideri che le norme della Convenzione sono direttamente applicabili nellordinamento giuridico italiano. Infatti assolutamente pacifico, per giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite e delle altre Sezioni della Cassazione, che le norme della C.E.D.U. sono direttamente applicabili nellordinamento interno e per questo sono fonte di diritti soggettivi, invocabili dinanzi al giudice italiano.

 

5. Il Protocollo n. 4 alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Lart. 4 del Protocollo n. 4 alla C.E.D.U. vieta le espulsioni collettive di stranieri.

Nel caso qui in esame tale divieto stato palesemente violato, nonostante lassenza di formali provvedimenti amministrativi (non) adottati dallItalia ai sensi dellart. 10 e dellart. 13 del D.Lgs. 286/98 come successivamente si evidenzier. Anche il comportamento materiale dello Stato, infatti, va ritenuto rientrante nellambito di applicazione dellart. 4 del Protocollo n. 4, avendo come effetto concreto il rinvio in massa degli stranieri (secondo il Ministro dellinterno varie centinaia) verso un Paese asserito come di provenienza.

 

Va ricordato che secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani sono espulsioni collettive tutte quelle misure che obbligano gli stranieri in quanto gruppo a lasciare un Paese.

Se il divieto vale per le espulsioni disposte con formale provvedimento amministrativo, non pu non valere parimenti quando leffetto sia raggiunto attraverso un mero comportamento di fatto attuato dalle autorit pubbliche.

 

6. Le condizioni inumane e degradanti cui sono sottoposti i profughi forzatamente ricondotti in Libia

 

ComՏ noto, la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati e, pur avendo ratificato la Convenzione contro la tortura e gli altri trattamenti o pene crudeli, inumane e degradanti il 16 maggio 1989, non ha riconosciuto la competenza del Comitato da essa istituito a ricevere ed esaminare ricorsi individuali ai sensi dellart. 22 della Convenzione. Negli ultimi tempi, anche per effetto del riavvicinamento politico-diplomatico con lEuropa, la Libia ha avviato una strategia di contenimento dei flussi di profughi estremamente rigorosa che viene attuata nel pi completo dispregio di ogni elementare garanzia dei diritti fondamentali della persona e soprattutto che non tiene conto minimamente dei pericoli cui i singoli profughi possono essere esposti nei Paesi dove vengono rinviati.

 

Dalle informazioni raccolte anche grazie al contributo di organizzazioni non governative operanti in territorio libico e dalle stesse rivelazioni delle autorit libiche, emerge una situazione davvero catastrofica in cui il rispetto dei diritti umani fondamentali non soltanto a rischio, ma oggetto di una flagrante e massiccia negazione.

 

Infatti la maggior parte dei profughi rimpatriati in Libia, per quanto risulta dagli organi di stampa, vengono trattenuti dalle autorit di quel Paese nel campo di detenzione di Al Gatrun, situato in pieno deserto, e poi rispedite nei relativi Paesi di origine non gi in aereo, ma con mezzi di fortuna che attraversano il deserto libico fino al confine nigeriano. Una traversata infernale senza soste ed in condizioni estreme, tra dune, montagne, violenze e dolore; una traversata che ha gi provocato centinaia di morti.

 

7. Specifici profili di illegalit delle recenti operazioni di respingimento- deportazione forzata dei profughi in Libia.

 

In definitiva, i provvedimenti amministrativi che hanno dato luogo al trasferimento forzato in Libia dei profughi soccorsi in mare appaiono palesemente illegali ed arbitrari per le seguenti ragioni:

a)     si trattata di una misura di carattere collettivo, in violazione delle Convenzioni internazionali e di un consolidato principio del diritto internazionale generale (oltre che comunitario) che vieta le espulsioni collettive degli stranieri. Anche la deportazione di chi stato raccolto in mare aperto rientra nel divieto delle espulsioni collettive che – naturalmente - ricomprende anche il divieto delle deportazioni collettive;

b)    proprio in ragione del carattere collettivo della misura, stata violata la normativa del diritto interno che disciplina listituto del respingimento e le relative procedure;

c)     sono stati violati i divieti di respingimento e di espulsione stabiliti dalla normativa interna, anche in esecuzione di obblighi internazionali e comunitari dellItalia, dal momento che la misura ha avuto per oggetto anche minori, persino neonati e donne incinte;

d)    stata violata la normativa nazionale, stabilita in attuazione delle Convenzioni internazionali, sulla protezione dei rifugiati e richiedenti asilo, impedendo – manu militari – che i soggetti interessati potessero proporre la domanda di asilo;

e)     stato violato il principio, vincolante in base alle norme interne, derivante dagli obblighi internazionali dellItalia del ne refoulement, in quanto la consegna dei profughi alla Libia, non garantisce che gli stessi non siano reinviati verso un altro Stato nel quale non siano protetti da persecuzione.

f)     stato violato lart. 13 della Costituzione in quanto ai profughi, sebbene sottoposti ad una misura che incide pesantemente sulla loro libert personale, stata sottratta la possibilit di uno scrutinio da parte dellautorit giudiziaria, pur previsto dal comma 5 bis dellart. 13 del T.U. (introdotto con il D.L. 241/2004).

 

Lordine amministrativo, ovvero la direttiva con la quale sono state prescritte le operazioni di espulsione-deportazione in questione, non sono semplicemente dei provvedimenti abnormi, che contraddicono principi fondanti dellordinamento giuridico, sono anche atti di violazione di legge, tali da recare un danno ingiusto alle persone oggetto di tali provvedimenti, ai quali stato negato laccesso a diritti e facolt previsti dalle leggi nazionali e dalle convenzioni internazionali, con la conseguenza di esporli a rischi gravissimi per la loro stessa incolumit personale.

 

Per quanto sopra esposto, i sottoscritti

 

CHIEDONO

 

Che la S.V. voglia compiere le opportune indagini preliminari per accertare se dai fatti denunziati emergano ipotesi di reato. In particolare chiedono che la S.V.:

a)    provveda ad identificare tutte le persone oggetto della riferita procedura di riammissione in Libia, accertando se a ciascuno di loro sia stato notificato un provvedimento motivato di respingimento, ovvero se sia stato oggetto di respingimenti collettivi, verificando se siano stati violati i divieti di respingimento e/o espulsione previsti dalle normative vigenti;

b)    provveda a verificare se ciascuno di essi sia ancora in vita e se sia stato regolarmente rimpatriato nel Paese dorigine, senza subire vessazioni o trattamenti disumani o degradanti.

c)     valuti se sussistano ipotesi di reato, nel caso vengano accertati eventi di morte o di sparizione o altri gravi eventi di danno causalmente collegati al respingimento dei profughi in Libia;

d)    valuti, in ogni caso, se le operazioni di trasferimento forzato dei profughi in Libia, compiute con le modalit di cui sopra, integrino ipotesi di reato;

e)     voglia eventualmente trasmettere –qualora ne ricorressero i presupposti - il presente esposto, con le pertinenti richieste, al Collegio di cui allart. 7 della L. cost. 16 gennaio 1989 n. 1, affinch effettui le dovute indagini preliminari per un pi compiuto accertamento dei fatti sopra descritti, al fine di verificare la sussistenza di eventuali ipotesi di reati commessi, nellesercizio delle funzioni ministeriali, dal Ministro dellInterno, dal Presidente del Consiglio o da altri esponenti del Governo, attivando la procedura di cui allart. 96 della Costituzione.

 

Nominano quale difensore l'Avv. Arturo Salerni presso il cui studio in Roma, Viale Carso n. 23 eleggono domicilio ai fini del presente atto, delegandolo, altres, al deposito del presente atto, personalmente o attraverso persona da lui delegata, chiedendo di essere informati della eventuale richiesta di archiviazione degli atti, a norma dellart. 408 c.p.p.

Roma, l 17 giugno 2009

 

In fede

 

Roberto Lamacchia

 

Filippo Miraglia

 

Pietro Soldini

 

Lorenzo Trucco

 

Mario Angelelli

 

 



[1] Cfr La Repubblica del 7 maggio 2009