ECONOMIA

Il premier aveva invitato il superministro a resistere il più possibile
alle richieste del Colle. Napolitano gli ha chiesto "modifiche sostanziali"

Tremonti sale al Quirinale
altolà su Corte dei conti e badanti

di LIANA MILELLA

Tremonti sale al Quirinale altolà su Corte dei conti e badanti

Napolitano


ROMA - E tre. Tre alto là tutti in un mese. Su tre provvedimenti di punta per il governo. Le intercettazioni. La sicurezza (promossa ma con forte biasimo). Adesso le misure economiche. Tre ministri "rimandati a settembre", Alfano, Maroni, ora perfino Tremonti. La moral suasion del Quirinale si fa sempre più pressante, costringe Berlusconi alla formula pasticciata del decreto che corregge il decreto. Con una sequela di correzioni a catena che metteranno a dura prova i cittadini, come su colf e badanti: il decreto anticrisi doveva sanare gli sbagli e le carenze del ddl sicurezza, ma sarà necessario un terzo provvedimento visto che il Quirinale contesta la sperequazione tra badanti, colf e tutti gli altri immigrati.

Ma la via del decreto legge correttivo è obbligata se il capo dello Stato convoca al Colle il ministro dell'Economia (ma lui fa sapere che lo avevano deciso assieme già da due giorni), lo tiene con sé per quasi due ore di lungo colloquio, gli fa le pulci al testo appena approvato dalla Camera e in procinto di passare al Senato, ne blocca l'iter naturale, gli dice chiaro e tondo: "Se resta così io non posso firmarlo".

Gli chiede, sulla Corte dei conti, "modifiche non formali ma sostanziali". Perché alla magistratura contabile non si possono, d'emblée, tagliare le unghie. Non si può scrivere che "prima" devono avere una "specifica e precisa notizia di danno" e sapere pure se c'è "dolo o colpa grave" perché significa bloccare tutte le indagini.

Era tentato, il presidente, di pretendere uno stralcio sic et simpliciter di tutte le norme sulla Corte, poi ha ripiegato sulle "correzioni sostanziali". Tremonti recalcitra, forse pensa ai 400 avvisi a dedurre inviati dalla procura del Lazio che incombono sulla testa dei suoi funzionari, alla fine piega la testa. Sulla Corte Napolitano ha voluto essere aggiornato di prima mattina, ha letto con preoccupazione i rilievi di incostituzionalità messi in evidenza dal sindacato delle toghe contabili, poi la nota di Luca Palamara che, da presidente dei giudici penali, ha riunito ad horas il comitato di coordinamento tra le magistrature e ha messo su carta un timore pesante: "C'è un progetto complessivo per ridimensionare le funzioni giurisdizionali e assoggettare tutti all'esecutivo".

Napolitano ha detto a Tremonti: "Molti chiarimenti sono auspicabili, molti correttivi sono possibili". La sanatoria per le badanti (su cui il presidente, da ex ministro dell'Interno e primo firmatario di una legge sull'immigrazione, la Turco-Napolitano per l'appunto, gioca in casa), i "poteri" sull'energia per la Prestigiacomo, la tassa sulle plusvalenze sull'oro di Bankitalia.

La moral suasion, anche stavolta, è una precisa richiesta di modifiche che Tremonti annota e che venerdì diventeranno un decreto correttivo. Il ministro dell'Economia però evita lo scontro. Ha parlato con Berlusconi solo poche ore prima, davanti a tutti, alla buvette di Montecitorio. Gli ha detto il premier: "Cerca di resistere il più possibile, ma evitiamo proprio la rottura, correggiamo il testo e incassiamo il decreto".

Il presidente del Consiglio sa che tra molti dei suoi serpeggia il malumore. Ne condivide lo spirito. "Adesso basta - diceva ieri un pidiellino - quella di Napolitano non è più una moral suasion, sono diktat belli e buoni. Al Quirinale cambiano le regole e qui stiamo andando verso una repubblica presidenziale". Il decreto legge bloccato su Eluana Englaro, poi intercettazioni e sicurezza, ora il dl anticrisi.

Ma sul Colle non si scompongono. Napolitano ha illustri predecessori nella formula della moral suasion interventista: si comportava così Luigi Einaudi, seguiva lo stesso metodo Carlo Azeglio Ciampi. E alla fin fine meglio una correzione in corso d'opera, affidata ai rapporti che corrono tra i tecnici dei vari palazzi, che una tuonante bocciatura del capo dello Stato.

Gli errori, del resto, sono errori. Come quelli di cui si è parlato durante il colloquio: che dire di una sanatoria in cui manca un regime transitorio? E come giudicare una norma, quella che impedisce alla Corte dei conti di contestare un danno all'immagine dello Stato se prima non c'è una sentenza penale di condanna, che fa a pugni con la lentezza dei processi e asseconda la prescrizione? È solo un modo per assicurare un colpo di spugna. Su cui il Quirinale punta i piedi. Tremonti risponde: "Correggo". Seguono due ore di tensione perché la navetta, ormai obbligatoria, rischia l'impatto con una Camera svuotata dalle vacanze. Non resta che la via del decreto. Che Fini fa diventare pubblica.
(29 luglio 2009)
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