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Allegato A
Seduta n. 177 di giovedì 14 maggio 2009
DISEGNO DI LEGGE: S. 733 - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SICUREZZA PUBBLICA (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2180-A)
A.C. 2180-A - Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
(Non sono compresi quelli dichiarati inammissibili)
La Camera,
premesso che:
con delibera del Consiglio superiore della magistratura n. 61/VA del 4 dicembre 2008 sono state avviate le procedure per i trasferimenti dei giudici di pace in servizio e sono stati contestualmente, sollecitati i presidenti delle corti d'appello, per la definizione delle procedure concorsuali indette per la pubblicazione di nuovi bandi di concorso sino alla copertura di tutti i posti attualmente vacanti presso gli uffici dei giudici predetti;
gli effetti della suddetta delibera del Consiglio superiore della magistratura sono stati sospesi con ordinanza n. 850/09 del 17 febbraio 2009 dal Consiglio di Stato;
si rende improcrastinabile una riforma organica dell'intera magistratura onoraria, con particolare riferimento alla magistratura di pace, vista la propria autonomia ed indipendenza, al fine di razionalizzarne l'impiego, nell'organizzazione del servizio giustizia;
il disegno di legge AC 1441-bis-C ha ampliato, in campo civile, sia la competenza per valore del giudice di pace nelle controversie in materia civile, sia la competenza per materia aggiungendo la competenza a giudicare sulle cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali;
il disegno di legge in esame, ha, altresì, ampliato, in campo penale, la competenza del giudice di pace introducendo il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello stato (articolo 10-bis del testo unificato del decreto legislativo n. 286 del 1998), oltre ai reati perseguibili d'ufficio relativi all'immigrazione in casa di flagranza (articolo 20-bis);
in particolare, l'articolo 22 del disegno di legge in esame, recante modifiche al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), aggiunto nel corso dell'esame in Senato, in prima lettura, come emendamento governativo all'articolo 19 del vecchio testo, attribuisce la competenza del predetto reato di immigrazione clandestina alla competenza del giudice di pace. L'articolo perciò, introduce una serie di modifiche al decreto legislativo n. 274 del 2000, relativo alla competenza penale del giudice di pace, in particolare coordinandone il testo con l'avvenuta introduzione dell'articolo 10-bis nel testo unificato sull'immigrazione;
come prima novità, il giudice di pace attrae alla sua competenza i procedimenti relativi all'ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, ovvero il nuovo reato contravvenzionale, introdotto come articolo 10-bis nel decreto legislativo n. 286 del 1998 dall'articolo 21 del disegno di legge in esame;
la seconda novità consiste nell'introduzione di un nuovo modello di procedimento davanti al medesimo giudice di pace (in due versioni: ordinaria e abbreviata). In materia di sanzioni applicabili dal giudice di pace, si prevede che, nelle ipotesi previste dalla legge, egli applichi a titolo di sanzione sostitutiva, già estesa alla contravvenzione di immigrazione clandestina, la misura dell'espulsione di cui all'articolo 16 del testo unificato sull'immigrazione;
viene, così, estesa alla sentenza di condanna per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (di cui al nuovo articolo 10-bis del testo unificato) la facoltà di sostituire la pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni, qualora non ricorrano le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del medesimo testo unico cambiate nel senso che impediscano l'esecuzione immediata dell'espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica;
quindi sensibili e notevoli sono i cambiamenti introdotti nelle competenze del giudice di pace ed il maggiore e più delicato carico di lavoro giurisdizionale, dovrebbe coniugarsi con un'opera di continuità e di professionalità. Giova ricordare, infatti, che il giudice di pace è organo giudicante di primo grado sia in campo civile che penale e che, quale magistrato di prossimità, definisce annualmente oltre 1.300.000 cause ed elabora altri 500.000 provvedimenti, in tempi molto contenuti e con appelli irrisori, segno di una professionalità acquisita, che non può essere ragionevolmente dispersa con un turn over, che non gioverebbe al sistema giustizia e che implicherebbe anche una notevole spesa economica per la formazione iniziale,
impegna il Governo
alla luce di quanto esposto in premessa, a formulare una proposta organica, nella più ampia riforma della magistratura onoraria, della magistratura di pace, che tenga conto sia dell'autonomia ed indipendenza di quest'ultima, che le è propria, sia della salvaguardia delle esperienze e delle professionalità raggiunte da questo giudice, al fine di consentire al Parlamento di approvarla entro il 31 dicembre 2009, esaminando la necessità di prorogare per un ulteriore mandato tutti i giudici di pace in servizio a tale data, qualora non fosse ancora concluso l'iter parlamentare di approvazione della riforma, tenendo conto, altresì, che la continuità nell'incarico quadriennale è, comunque, subordinata alla valutazione del consiglio giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura.
9/2180-A/1.Pelino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene una serie articolata di riforme che, sebbene eterogenee quanto ai relativi contenuti, si caratterizzano per la comune finalità di garantire un efficace sistema di sicurezza pubblica;
il testo, così come modificato dalle Commissioni referenti, introduce disposizioni volte alla tutela della sicurezza pubblica intesa come controllo del territorio agendo in particolare sulla disciplina dell'immigrazione attraverso modifiche al testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) quali la possibilità di prorogare, a determinate condizioni, il periodo di trattenimento nei centri di identificazione e di espulsione (CIE) e l'istituzione di un Fondo rimpatri per finanziare le spese di rimpatrio degli stranieri;
si tratta di modifiche indispensabili e quanto mai urgenti considerando i dati recenti relativi agli sbarchi di immigrati clandestini che, per questi mesi del 2009, ammontano a circa 4.400, cifra destinata ad aumentare di giorno in giorno;
un numero ingente di sbarchi ha interessato e continua ad interessare la costa meridionale della Sicilia ed in particolare i comuni costieri di Pozzallo, Porto Palo e Porto Empedocle;
secondo quanto dimostrato dai dati relativi al primo trimestre del 2009, infatti, le rotte si allungano e cambiano destinazione poiché all'approdo di Lampedusa, nonostante sia il più vicino alla costa nordafricana, vengono preferiti i suddetti punti di sbarco anche in ragione delle maggiori vie di fuga per i clandestini,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di disporre nei futuri provvedimenti uno stanziamento in favore dei comuni costieri siciliani interessati da ingenti sbarchi di clandestini, come il comune di Pozzallo, al fine di garantire un efficace sistema di sicurezza pubblica nei relativi territori.
9/2180-A/2.Minardo.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene una serie articolata di riforme che, sebbene eterogenee quanto ai relativi contenuti, si caratterizzano per la comune finalità di garantire un efficace sistema di sicurezza pubblica;
il testo, così come modificato dalle Commissioni referenti, introduce disposizioni volte alla tutela della sicurezza pubblica intesa come controllo del territorio agendo in particolare sulla disciplina dell'immigrazione attraverso modifiche al testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) quali la possibilità di prorogare, a determinate condizioni, il periodo di trattenimento nei centri di identificazione e di espulsione (CIE) e l'istituzione di un Fondo rimpatri per finanziare le spese di rimpatrio degli stranieri;
si tratta di modifiche indispensabili e quanto mai urgenti considerando i dati recenti relativi agli sbarchi di immigrati clandestini che, per questi mesi del 2009, ammontano a circa 4.400, cifra destinata ad aumentare di giorno in giorno;
un numero ingente di sbarchi ha interessato e continua ad interessare la costa meridionale della Sicilia ed in particolare i comuni costieri di Pozzallo, Porto Palo e Porto Empedocle;
secondo quanto dimostrato dai dati relativi al primo trimestre del 2009, infatti, le rotte si allungano e cambiano destinazione poiché all'approdo di Lampedusa, nonostante sia il più vicino alla costa nordafricana, vengono preferiti i suddetti punti di sbarco anche in ragione delle maggiori vie di fuga per i clandestini,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di disporre nei futuri provvedimenti adeguate risorse in favore dei comuni costieri siciliani interessati da ingenti sbarchi di clandestini, come il comune di Pozzallo, al fine di mantenere un efficace sistema di sicurezza pubblica nei relativi territori.
9/2180-A/2.(Testo modificato nel corso della seduta)Minardo.
La Camera,
premesso che:
la figura del giudice di pace, istituita dalla legge 21 novembre 1991, n. 374, ha visto sempre più accresciuta la sua importanza nell'ordinamento giuridico italiano;
il giudice di pace opera nell'esercizio di una funzione giurisdizionale alquanto importante quale giudice di prossimità articolato sul territorio, vicino alle quotidiane esigenze del cittadino;
le sue competenze per materia sono oggetto di continua modifica e ampliamento, tanto nel diritto penale che civile (il provvedimento in esame ne accresce le competenze soprattutto in materia penale e anche nella lotta all'immigrazione clandestina);
il rapporto di servizio non può, dunque, essere limitato nel tempo, come oggi previsto, a quattro anni prorogabili una sola volta, in quanto ciò andrebbe contro ai principi della buona amministrazione e comporterebbe un vero e proprio spreco di risorse, avendo l'amministrazione pubblica investito nella formazione di questi professionisti che ormai hanno acquisito competenza ed esperienza;
gli stessi, peraltro, dopo otto anni, costretti ad abbandonare le loro funzioni giurisdizionali, difficilmente possono reinserirsi in diverse attività professionali,
impegna il Governo
ad adottare tempestivamente misure atte ad adeguare la posizione giuridica dei giudici di pace alle situazioni di fatto che, nel corso degli anni, si sono venute affermando e consolidando, valutando l'opportunità di abolire la durata massima di otto anni per l'esercizio della funzione di giudice di pace, sia pur subordinatamente al giudizio periodico di idoneità.
9/2180-A/3.Marinello, Gioacchino Alfano, Bernardo, Garagnani, Pelino, Romele.
La Camera,
premesso che:
la figura del giudice di pace, istituita dalla legge 21 novembre 1991, n. 374, ha visto sempre più accresciuta la sua importanza nell'ordinamento giuridico italiano;
il giudice di pace opera nell'esercizio di una funzione giurisdizionale alquanto importante quale giudice di prossimità articolato sul territorio, vicino alle quotidiane esigenze del cittadino;
le sue competenze per materia sono oggetto di continua modifica e ampliamento, tanto nel diritto penale che civile (il provvedimento in esame ne accresce le competenze soprattutto in materia penale e anche nella lotta all'immigrazione clandestina);
il rapporto di servizio non può, dunque, essere limitato nel tempo, come oggi previsto, a quattro anni prorogabili una sola volta, in quanto ciò andrebbe contro ai principi della buona amministrazione e comporterebbe un vero e proprio spreco di risorse, avendo l'amministrazione pubblica investito nella formazione di questi professionisti che ormai hanno acquisito competenza ed esperienza;
gli stessi, peraltro, dopo otto anni, costretti ad abbandonare le loro funzioni giurisdizionali, difficilmente possono reinserirsi in diverse attività professionali,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di riconsiderare la durata massima di otto anni per l'incarico di giudice di pace, sia pur subordinatamente al giudizio periodico di idoneità.
9/2180-A/3.(Testo modificato nel corso della seduta)Marinello, Gioacchino Alfano, Bernardo, Garagnani, Pelino, Romele, D'Ippolito Vitale.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica, contiene una serie articolata di riforme eterogenee, relative alla legislazione antimafia, immigrazione, sicurezza urbana, criminalità organizzata, tutela dei soggetti deboli, che si caratterizzano tuttavia per la comune finalità volta a garantire un sistema efficace di sicurezza pubblica intesa come controllo del territorio a favore dei cittadini e di coloro che si trovano sul territorio italiano;
l'obiettivo fondamentale del disegno di legge è quello di rafforzare la tutela di tutti coloro che vivono e operano legalmente nel nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza urbana, dal momento che nel corso degli ultimi anni si è registrato un preoccupante aumento di fenomeni delinquenziali e criminali in molte città;
sotto questo aspetto sono da considerarsi rilevanti le previsioni relative alla cosiddetta sicurezza partecipata, che coinvolgono i due fenomeni già particolarmente diffusi delle associazioni dei volontari della sicurezza e dei cosiddetti bodyguard delle discoteche;
in tal senso, il disegno di legge mira a regolamentare entrambi gli istituti, che, allo stato, risultano privi di qualsiasi controllo dei requisiti nonostante, per esempio, le cosiddette associazioni dei volontari siano addirittura finanziate da alcune leggi regionali e da alcune amministrazioni locali;
il fenomeno della cosiddetta sicurezza pubblica partecipata ha come ambito d'intervento anche le discoteche e gli altri luoghi pubblici di aggregazione per il divertimento, con l'obiettivo comune di garantire un contesto sociale sano e teso ad aumentare il benessere dei giovani frequentatori e la qualità del divertimento attraverso la formazione delle risorse umane, coniugando obiettivi di prevenzione e di riduzione del danno e valorizzando le professionalità presenti nel contesto dei luoghi del divertimento notturno;
a tal fine risponde la previsione dell'obbligo, per i soggetti interessati all'impiego di personale addetto ai servizi di controllo e ordine nelle attività di intrattenimento e spettacolo, di avvalersi esclusivamente degli addetti in possesso di specifici requisiti ed iscritti in apposito elenco tenuto dal prefetto,
impegna il Governo
ad intervenire sul testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, introducendo, nei confronti dei soggetti condannati almeno in primo grado per reati inerenti violenza o molestie sessuali o spaccio di sostanze stupefacenti che intendono accedere ai locali di intrattenimento e spettacolo, una misura finalizzata ad escluderne o negarne l'accesso da parte degli esercenti e ad allontanare i soggetti che hanno messo in pericolo con i loro comportamenti l'incolumità delle persone, hanno turbato il regolare svolgimento dei trattenimenti o comunque costituiscono un pericolo, anche potenziale, per la sicurezza.
9/2180-A/4.Polledri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica, contiene una serie articolata di riforme eterogenee, relative alla legislazione antimafia, immigrazione, sicurezza urbana, criminalità organizzata, tutela dei soggetti deboli, che si caratterizzano tuttavia per la comune finalità volta a garantire un sistema efficace di sicurezza pubblica intesa come controllo del territorio a favore dei cittadini e di coloro che si trovano sul territorio italiano;
l'obiettivo fondamentale del disegno di legge è quello di rafforzare la tutela di tutti coloro che vivono e operano legalmente nel nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza urbana, dal momento che nel corso degli ultimi anni si è registrato un preoccupante aumento di fenomeni delinquenziali e criminali in molte città;
sotto questo aspetto sono da considerarsi rilevanti le previsioni relative alla cosiddetta sicurezza partecipata, che coinvolgono i due fenomeni già particolarmente diffusi delle associazioni dei volontari della sicurezza e dei cosiddetti bodyguard delle discoteche;
in tal senso, il disegno di legge mira a regolamentare entrambi gli istituti, che, allo stato, risultano privi di qualsiasi controllo dei requisiti nonostante, per esempio, le cosiddette associazioni dei volontari siano addirittura finanziate da alcune leggi regionali e da alcune amministrazioni locali;
il fenomeno della cosiddetta sicurezza pubblica partecipata ha come ambito d'intervento anche le discoteche e gli altri luoghi pubblici di aggregazione per il divertimento, con l'obiettivo comune di garantire un contesto sociale sano e teso ad aumentare il benessere dei giovani frequentatori e la qualità del divertimento attraverso la formazione delle risorse umane, coniugando obiettivi di prevenzione e di riduzione del danno e valorizzando le professionalità presenti nel contesto dei luoghi del divertimento notturno;
a tal fine risponde la previsione dell'obbligo, per i soggetti interessati all'impiego di personale addetto ai servizi di controllo e ordine nelle attività di intrattenimento e spettacolo, di avvalersi esclusivamente degli addetti in possesso di specifici requisiti ed iscritti in apposito elenco tenuto dal prefetto,
impegna il Governo
ad intensificare, d'intesa con i gestori dei locali di intrattenimento e spettacolo, il lavoro per garantire la sicurezza all'interno dei locali medesimi.
9/2180-A/4.(Testo modificato nel corso della seduta)Polledri.
La Camera,
premesso che:
il legislatore si è già occupato del delicato problema del controllo e della repressione dei contenuti immessi sulla rete internet, al fine di tutelare i minori, con la legge 3 agosto 1998, n. 269, recante norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù;
il disegno in esame reca una serie di disposizioni in materia di sicurezza pubblica, tutte volte sostanzialmente ad un inasprimento del regime dei controlli e delle sanzioni proprio al fine di migliorare la sicurezza pubblica;
il Parlamento europeo, il 16 dicembre 2008, ha approvato la decisione n. 1351/2008/CE relativa a un programma comunitario pluriennale per la protezione dei bambini che usano internet e altre tecnologie di comunicazione; attraverso il programma «internet più sicuro» la Commissione vigila e controlla che gli Stati membri promuovano un uso più sicuro di internet, soprattutto attraverso l'educazione dei bambini, dei genitori, degli assistenti, degli insegnanti a lottare contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in rete, e attraverso lo sviluppo di un ambiente sicuro in linea, anche attraverso l'utilizzo da parte degli utenti finali di filtri che impediscano che l'informazione potenzialmente lesiva dell'integrità fisica, mentale o morale dei bambini affluisca attraverso le tecnologie in linea,
impegna il Governo
a seguire gli orientamenti che si stanno prefigurando a livello europeo, adottando le opportune iniziative normative volte a modificare la legge n. 269 del 1998, in materia di pedopornografia, inibendo l'accesso ai siti pornografici ai minori di diciotto anni attraverso l'obbligo per i fornitori di servizi di connettività alla rete internet di un sistema di filtraggio, da mettere a punto con un decreto ministeriale, che consenta l'identificazione all'accesso e l'accesso venga bloccato qualora si tratti di minorenni, alla violazione del quale si incorre in un sanzione amministrativa pecuniaria.
9/2180-A/5.Zeller, Brugger.
La Camera,
premesso che:
il legislatore si è già occupato del delicato problema del controllo e della repressione dei contenuti immessi sulla rete internet, al fine di tutelare i minori, con la legge 3 agosto 1998, n. 269, recante norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù;
il disegno in esame reca una serie di disposizioni in materia di sicurezza pubblica, tutte volte sostanzialmente ad un inasprimento del regime dei controlli e delle sanzioni proprio al fine di migliorare la sicurezza pubblica;
il Parlamento europeo, il 16 dicembre 2008, ha approvato la decisione n. 1351/2008/CE relativa a un programma comunitario pluriennale per la protezione dei bambini che usano internet e altre tecnologie di comunicazione; attraverso il programma «internet più sicuro» la Commissione vigila e controlla che gli Stati membri promuovano un uso più sicuro di internet, soprattutto attraverso l'educazione dei bambini, dei genitori, degli assistenti, degli insegnanti a lottare contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in rete, e attraverso lo sviluppo di un ambiente sicuro in linea, anche attraverso l'utilizzo da parte degli utenti finali di filtri che impediscano che l'informazione potenzialmente lesiva dell'integrità fisica, mentale o morale dei bambini affluisca attraverso le tecnologie in linea,
impegna il Governo
a seguire gli orientamenti che si stanno prefigurando a livello europeo, valutando la possibilità di adottare le opportune iniziative volte a contrastare il fenomeno della pedopornografia, impedendo ai minori l'accesso ai siti pornografici.
9/2180-A/5.(Testo modificato nel corso della seduta)Zeller, Brugger.
La Camera,
premesso che:
è fondamentale dare una soluzione immediata al problema della sicurezza nazionale laddove sono presenti dei vuoti legislativi;
il provvedimento in esame detta disposizioni articolate sul periodo di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione (CIE), tenendo conto dei tempi indispensabili per renderlo operativo, senza andare incontro a situazioni di pericoloso disordine come quelle che si stanno verificando negli ultimi tempi a causa della mancanza di una disciplina più dettagliata;
il provvedimento dovrebbe quindi permettere l'accesso ai suddetti centri di accoglienza soltanto per i soggetti istituzionali o forniti di un titolo che glielo permetta, proprio per evitare l'ingresso nei CIE di persone che fomentino i disordini o che mettano a repentaglio la sicurezza di tali strutture,
impegna il Governo
a prevedere un filtro relativo all'accesso nei CIE che garantisca l'ingresso e la presenza al loro interno esclusivamente di soggetti con competenza in materia giuridica o istituzionale allo scopo di evitare disordini che mettano in pericolo il personale e i soggetti ospitati nei centri di accoglienza.
9/2180-A/6.Garagnani.
La Camera,
premesso che:
è fondamentale dare una soluzione immediata al problema della sicurezza nazionale laddove sono presenti dei vuoti legislativi;
il provvedimento in esame detta disposizioni articolate sul periodo di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione (CIE), tenendo conto dei tempi indispensabili per renderlo operativo, senza andare incontro a situazioni di pericoloso disordine come quelle che si stanno verificando negli ultimi tempi a causa della mancanza di una disciplina più dettagliata;
il provvedimento dovrebbe quindi permettere l'accesso ai suddetti centri di accoglienza soltanto per i soggetti istituzionali o forniti di un titolo che glielo permetta, proprio per evitare l'ingresso nei CIE di persone che fomentino i disordini o che mettano a repentaglio la sicurezza di tali strutture,
impegna il Governo
a mantenere il pieno rispetto delle regole riguardanti l'accesso nei CIE.
9/2180-A/6.(Testo modificato nel corso della seduta)Garagnani.
La Camera,
premesso che:
dopo la modifica apportata al testo originale, l'articolo 1, comma 22, lettera f) del provvedimento stabilisce ora che non sia più necessaria la presentazione di un documento attestante la regolarità del soggiorno in Italia per l'accesso ai pubblici servizi; pertanto parrebbe esclusa la presentazione del permesso di soggiorno ai fini dell'iscrizione dei minori alla scuola pubblica;
è' necessario altresì rilevare che a causa dell'introduzione della fattispecie relativa al reato di immigrazione clandestina - di cui all'articolo 1, comma 16 del provvedimento in esame - in virtù del combinato disposto di cui all'articolo 362 del c.p., ciascun incaricato di pubblico servizio ha l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria dei reati di cui ha avuto notizia nell'esercizio a causa delle sue funzioni;
pertanto gli operatori della scuola, in quanto incaricati di pubblico servizio, rischierebbero di incorrere nelle sanzioni di cui all'articolo 362 c.p. qualora omettessero di denunciare la presenza nella scuola di minori immigrati privi di documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano;
il combinato disposto delle nuove norme introdotte dal provvedimento con le disposizioni già vigenti è fortemente lesivo dell'esercizio del diritto allo studio, costituzionalmente sancito, poiché indurrebbe gli stranieri privi di permesso di soggiorno a non iscrivere i minori - irresponsabili della propria condizione - alla scuola pubblica al fine di non correre il rischio di essere denunciati e conseguentemente rimpatriati nel proprio Paese d'origine,
impegna il Governo
a garantire effettivamente con al massima urgenza e comunque prima delle prossime iscrizioni scolastiche il diritto allo studio a tutti i minori presenti nel nostro Paese a prescindere dalla condizione giuridica dei propri genitori, e altresì a mettere gli operatori della scuola nelle condizioni di svolgere la propria missione educativa senza il rischio di incorrere in sanzioni.
9/2180-A/7.Ghizzoni, Coscia, De Pasquale, De Torre, Sarubbi, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Blasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais.
La Camera,
premesso che:
dopo la modifica apportata al testo originale, l'articolo 1, comma 22, lettera f) del provvedimento stabilisce ora che non sia più necessaria la presentazione di un documento attestante la regolarità del soggiorno in Italia per l'accesso ai pubblici servizi; pertanto parrebbe esclusa la presentazione del permesso di soggiorno ai fini dell'iscrizione dei minori alla scuola pubblica;
è necessario altresì rilevare che a causa dell'introduzione della fattispecie relativa al reato di immigrazione clandestina - di cui all'articolo 1, comma 16 del provvedimento in esame - in virtù del combinato disposto di cui all'articolo 362 del c.p., ciascun incaricato di pubblico servizio ha l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria dei reati di cui ha avuto notizia nell'esercizio a causa delle sue funzioni;
pertanto gli operatori della scuola, in quanto incaricati di pubblico servizio, rischierebbero di incorrere nelle sanzioni di cui all'articolo 362 c.p. qualora omettessero di denunciare la presenza nella scuola di minori immigrati privi di documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano;
il combinato disposto delle nuove norme introdotte dal provvedimento con le disposizioni già vigenti è fortemente lesivo dell'esercizio del diritto allo studio, costituzionalmente sancito, poiché indurrebbe gli stranieri privi di permesso di soggiorno a non iscrivere i minori - irresponsabili della propria condizione - alla scuola pubblica al fine di non correre il rischio di essere denunciati e conseguentemente rimpatriati nel proprio Paese d'origine,
impegna il Governo
a garantire effettivamente prima delle prossime iscrizioni scolastiche il diritto allo studio ai minori presenti nel nostro Paese a prescindere dalla condizione giuridica dei propri genitori.
9/2180-A/7.(Testo modificato nel corso della seduta)Ghizzoni, Coscia, De Pasquale, De Torre, Sarubbi, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Blasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais.
La Camera,
premesso che:
dopo la modifica apportata al testo originale, l'articolo 1, comma 22, lettera f) del provvedimento stabilisce ora che non sia più necessaria la presentazione di un documento attestante la regolarità del soggiorno in Italia per l'accesso ai pubblici servizi; pertanto parrebbe esclusa la presentazione del permesso di soggiorno ai fini dell'iscrizione dei minori alla scuola pubblica;
la modifica apportata, tuttavia, esclude di fatto le scuole d'infanzia e la scuola secondaria di secondo grado, in quanto non rientranti nelle prestazioni scolastiche obbligatorie;
il diritto all'istruzione, sancito dalla Carta dell'Onu del 1989 e ratificato dall'Italia nel 1991, è un diritto precedente la cittadinanza, riguarda il singolo essere umano, ovvero la persona, il soggetto e il minore in particolare,
impegna il Governo
ad adottare con la massima urgenza, e comunque prima delle prossime iscrizioni scolastiche, ulteriori iniziative normative al fine di far sì che che la norma citata in premessa includa tutti i percorsi scolastici di ogni ordine e grado.
9/2180-A/8.Coscia, Ghizzoni, De Pasquale, De Torre, Sarubbi, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Biasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais.
La Camera,
premesso che:
dopo la modifica apportata al testo originale, l'articolo 1, comma 22, lettera f) del provvedimento stabilisce ora che non sia più necessaria la presentazione di un documento attestante la regolarità del soggiorno in Italia per l'accesso ai pubblici servizi; pertanto parrebbe esclusa la presentazione del permesso di soggiorno ai fini dell'iscrizione dei minori alla scuola pubblica,
impegna il Governo
ad adottare prima delle prossime iscrizioni scolastiche, ulteriori iniziative per far sì che la norma citata in premessa includa i percorsi scolastici di ogni ordine e grado.
9/2180-A/8.(Testo modificato nel corso della seduta)Coscia, Ghizzoni, De Pasquale, De Torre, Sarubbi, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Biasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais.
La Camera,
premesso che:
la norma che subordina il rilascio del permesso di soggiorno CE al superamento di un test di conoscenza della lingua italiana, deve essere considerata, ad avviso dei presentatori, negativamente; si ritiene quantomeno opportuno fornire agli immigrati strumenti che facilitino l'apprendimento e quindi il superamento dei test,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative normative volte a reperire risorse necessarie a finanziare in tutto il territorio nazionale corsi di lingua italiana al fine di consentire agli immigrati il superamento dei test necessario al rilascio del permesso di soggiorno.
9/2180-A/9.Sarubbi, De Torre, Ghizzoni, Coscia, De Pasquale, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Biasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais.
La Camera,
premesso che:
la norma che subordina il rilascio del permesso di soggiorno CE (riguardante i soggiornanti di lungo periodo) al superamento di un test di conoscenza della lingua italiana, deve essere considerata, ad avviso dei presentatori, negativamente; si ritiene quantomeno opportuno fornire agli immigrati strumenti che facilitino l'apprendimento e quindi il superamento dei test;
impegna il Governo
a valutare le opportune iniziative volte a reperire risorse necessarie a finanziare in tutto il territorio nazionale corsi di lingua italiana al fine di consentire agli immigrati il superamento dei test necessario al rilascio del permesso di soggiorno.
9/2180-A/9.(Testo modificato nel corso della seduta)Sarubbi, De Torre, Ghizzoni, Coscia, De Pasquale, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Biasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais.
La Camera,
premesso che:
i continui e ripetuti atti e le continue manifestazioni di violenza da parte di adolescenti verso compagni più deboli, verso immigrati, verso disabili, e - in generale - verso chi esprime un'opinione diversa dalla loro, anche in presenza di futili motivi, vengono sollecitati dal clima generale di intolleranza e dai modelli negativi, non più riconosciuti come tali, proposti dai mass media e da episodi quotidiani di aggressione e prepotenza enfatizzati, a volte, in modo improprio dai mezzi di comunicazione;
quegli stessi adolescenti, nelle occasioni in cui sono provocati o in cui provocano essi stessi oppure aderiscono a comportamenti negativi di gruppo, non hanno davanti a loro alcun freno che finora derivava da valori di convivenza condivisi e dall'esempio e dalla voce della società adulta che per decenni si è adoperata - con fatica - a costruire una pacifica convivenza nel Paese che ha fermamente condannato ogni esplicito ricorso alla violenza,
impegna il Governo
ad avviare una campagna educativa mediatica capillare rivolta ai bambini e agli adolescenti che - in modo intelligente e vicino al linguaggio delle nuova generazioni - condanni ogni forma di razzismo, qualsiasi espressione di intolleranza, qualunque manifestazione di prepotenza e sopraffazione e affermi, al contrario, valori importanti quali: l'aggregazione positiva attraverso esperienze di condivisione intorno a interessi propri della loro età in formazione, la cittadinanza attiva per costruire il bene comune, l'accoglienza ai più deboli, la scelta della non violenza, valori che invertano la preoccupante tendenza ad imitare gli eroi della violenza o dei «duri intolleranti» e siano via via in grado di veicolare modelli positivi di convivenza e di pace.
9/2180-A/10.De Torre, Teresio Delfino, Capitanio Santolini, Granata, Mosella, Mazzarella, Verini, Pezzotta, Di Pietro, Centemero, Bressa, Aprea, Di Giuseppe, Fiano, Argentin, De Pasquale, Coscia.
La Camera,
premesso che:
i continui e ripetuti atti e le continue manifestazioni di violenza da parte di adolescenti verso compagni più deboli, verso immigrati, verso disabili, e - in generale - verso chi esprime un'opinione diversa dalla loro, anche in presenza di futili motivi, vengono sollecitati dal clima generale di intolleranza e dai modelli negativi, non più riconosciuti come tali, proposti dai mass media e da episodi quotidiani di aggressione e prepotenza enfatizzati, a volte, in modo improprio dai mezzi di comunicazione;
quegli stessi adolescenti, nelle occasioni in cui sono provocati o in cui provocano essi stessi oppure aderiscono a comportamenti negativi di gruppo, non hanno davanti a loro alcun freno che finora derivava da valori di convivenza condivisi e dall'esempio e dalla voce della società adulta che per decenni si è adoperata - con fatica - a costruire una pacifica convivenza nel Paese che ha fermamente condannato ogni esplicito ricorso alla violenza,
impegna il Governo
a promuovere campagne informative rivolte ai minori tese a condannare e rifuggire ogni forma di razzismo.
9/2180-A/10.(Testo modificato nel corso della seduta)De Torre, Teresio Delfino, Capitanio Santolini, Granata, Mosella, Mazzarella, Verini, Pezzotta, Di Pietro, Centemero, Bressa, Aprea, Di Giuseppe, Fiano, Argentin, De Pasquale, Coscia.
La Camera,
premesso che:
occorre considerare cosa sta accadendo nei territori, in particolare in quelli che cercano di rispondere in maniera efficace ed efficiente all'insicurezza che rappresenta da tempo un problema per le nostre città e che, a torto o a ragione, occupa i primi posti fra gli argomenti trattati dai mezzi di informazione;
questo sentimento nasce da un insieme di fattori eterogenei e complessi, che richiedono una risposta altrettanto organica e strutturata;
diventa sempre più importante la partecipazione nelle comunità locali di tutti i cittadini, elemento che si rivela di fondamentale importanza in un momento in cui la socializzazione e la convivenza presentano problematiche cariche di novità. In quest'ottica, infatti, stanno nascendo delle iniziative, basate sulla partecipazione attiva e funzionale alla crescita di un territorio nel suo complesso, non solo per la sua sicurezza, ma che conduce ad una aumentata e consapevole coesione di una comunità che abita un medesimo luogo;
in questo senso già le polizie locali svolgono da tempo un ruolo insostituibile fra gli operatori della sicurezza, soprat tutto in un quadro che rivaluta le attività preventive e la qualità della vita dei cittadini, e assegna maggiori responsabilità agli amministratori locali (sindaci e presidenti delle province). Un ruolo, peraltro, non sufficientemente supportato dall'attuale legislazione, sorpassata e lacunosa e che comunque le polizie locali già svolgono quale strumento prezioso e insostituibile per soluzioni condivise dei problemi che, in tema di sicurezza e qualità della vita, affliggono le nostre comunità; Inoltre diventa sempre più importante consentire un immediato e proficuo apprendimento della lingua italiana da parte di tutti i migranti che si vengono a stabilire nel nostro paese, anche al fine di agevolare la piena integrazione,
impegna il Governo:
a sostenere le amministrazioni locali affinché siano in grado di incentivare l'impiego della polizia locale anche in attività preventive per la sicurezza dei territori, aumentandone l'organico ed attivando momenti di formazione mirata all'acquisizione di strumenti e capacità atte a garantire funzioni di presidio dei territori stessi e di garanzia di una sicura e sempre migliore qualità della vita dei cittadini;
a favorire l'attivazione di sistemi di rete che vedano coinvolti il maggior numero di soggetti che erogano servizi sul territorio (es. vari uffici comunali che svolgono attività di back office, aziende municipalizzate, associazioni di volontariato e cittadini in genere), al fine di sviluppare un integrato sistema territoriale di prossimità;
a sostenere ed impegnare le amministrazioni locali nell'istituzione ed organizzazione di corsi gratuiti di lingua italiana per le persone migranti che giungono in Italia, anche al fine di una più veloce inclusione nel tessuto sociale e migliore conoscenza delle regole poste a garanzia del nostro vivere democratico.
9/2180-A/11.De Pasquale, De Torre.
La Camera,
premesso che:
va considerato cosa sta succedendo nei territori che cercano di rispondere in maniera efficace ed efficiente all'insicurezza che rappresenta da tempo un problema per le nostre città e che, a torto o a ragione, occupa i primi posti fra gli argomenti trattati dai mezzi di informazione e nei pensieri dei pubblici amministratori;
questo sentimento nasce da un insieme di fattori eterogenei e complessi, che richiedono una risposta altrettanto organica e strutturata;
soprattutto per quanto riguarda un'amministrazione locale, è fondamentale partire dall'attuazione di politiche preventive che comprendano gli aspetti fisici e sociali del vivere quotidiano e garantiscano risposte tempestive e mirate alle segnalazioni dei cittadini: manutenzione, illuminazione, pulizia, presenze rassicuranti, educazione alla legalità, servizi funzionanti, luoghi e momenti di socializzazione;
numerosi sono ormai, in Europa e in Italia, gli interventi che si propongono, con successo, di agire secondo quest'ottica inclusiva, coinvolgente e rassicurante;
ora accanto a questo tipo di interventi diventa sempre più importante la partecipazione nelle comunità locali di tutti i cittadini che si rivela sempre più di fondamentale importanza in un momento in cui la socializzazione e la convivenza presentano problematiche cariche di novità;
è in quest'ottica che stanno nascendo delle iniziative, che cominciano ad essere consolidate in numerosi territori del Paese, basate sull'innovazione tecnologica e sulla comunicazione e che rappresentano un esempio concreto e innovativo di quanto possa essere messo in atto a livello locale dove la buona pratica, portata a sistema, della partecipazione attiva è funzionale alla crescita di un territorio nel suo complesso, non solo per la sua sicurezza, diventa un risultato consequenziale ed aggiuntivo rispetto alla crescita globale della partecipazione ma anche della responsabilità di vera coesione di una comunità che abita un medesimo territorio;
la Regione Toscana ha già varato da tempo una legge che disciplina e sostiene azioni atte a garantire la sicurezza nei territori e una fattiva partecipazione dei cittadini al benessere di una intera comunità, anche mediante lo stanziamento di fondi destinati al sostegno di innovativi progetti indirizzati in tal senso;
nell'ambito di queste iniziative, si colloca anche quella adottata dall'amministrazione comunale della città di Sesto Fiorentino, in Toscana, che ha attivato un progetto dal nome che ne rappresenta in maniera inconfutabile il fine: «Sesto mia»;
un esempio concreto, che sta dando ottimi risultati anche sul fronte della sicurezza, di un comune grande e con la presenza di notevoli flussi migratori, che ha scelto, mediante l'introduzioni di buone pratiche e l'uso delle nuove tecnologie, di far crescere tra i cittadini la cultura della partecipazione e la dimensione dell'essere protagonisti in prima persona, del ben essere della propria comunità inserita, come sopra detto, in un comune territorio,
impegna il Governo:
a sostenere e promuovere, in modo deciso e fattivo, iniziative degli enti locali, ed in particolare delle istituzioni più prossime al territorio, quali aziende pubbliche, comuni, città metropolitane e provincie, volte a portare a sistema la partecipazione attiva e funzionale alla crescita di un territorio nel suo complesso, non solo per la sua sicurezza, di tutti i cittadini nelle comunità locali, partecipazione che si rivela sempre più di fondamentale importanza in un momento in cui la socializzazione e la convivenza presentano problematiche cariche di novità;
ad agire per far crescere la collaborazione ed il reciproco coinvolgimento fra i servizi istituzionalmente garantiti, i cittadini e gli attori sociali presenti sul territorio stesso, sostenendo la possibilità di dare vita a tavoli tecnici permanenti fra i responsabili degli uffici interessati alla gestione della comunità locale, anche tramite l'uso di tecnologie basate su sistemi informativi territoriali oltre che l'uso di apparati comunemente usati quali i telefonini palmari ed applicazioni software di rete appositamente progettate e l'attività formativa per il personale, così come brillantemente insegna e mostra la buona pratica già intrapresa a Sesto Fiorentino.
9/2180-A/12.Mattesini.
La Camera,
premesso che:
la mancanza di fondi ha finora precluso la stipula di accordi bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di provenienza dei cittadini extracomunitari immigrati in Italia;
tali accordi garantirebbero in una logica di reciprocità una necessaria ed equa tutela previdenziale dei lavoratori immigrati in Italia;
il disegno di legge in esame, nel testo risultante dall'approvazione dell'emendamento 1.1000 del Governo, prevede all'articolo 1, comma 12, che «le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza sono soggette al pagamento di un contributo di importo pari a 200 euro» e che il gettito derivante dal contributo è attribuito «allo stato di previsione del Ministero dell'interno che lo destina, per la metà, al finanziamento di progetti del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione diretti alla collaborazione internazionale e alla cooperazione ed assistenza ai Paesi terzi in materia di immigrazione anche attraverso la partecipazione a programmi finanziati dall'Unione europea e, per l'altra metà, alla copertura degli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti ai procedimenti di competenza del medesimo Dipartimento in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza»;
tali fondi avrebbero potuto essere usati per finanziare altresì gli accordi bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi extracomunitari di origine degli immigrati in Italia,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di individuare i criteri di finanziamento e conseguentemente di adottare i provvedimenti necessari volti a stipulare accordi bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di immigrazione dei cittadini extracomunitari che lavorano e versano i contributi previdenziali in Italia in modo da fornire a tali soggetti una tutela previdenziale adeguata.
9/2180-A/13.Fedi, Bucchino, Gianni Farina, Garavini, Narducci, Porta, Miotto.
La Camera,
premesso che:
la legislazione vigente, con il comma 1, lettera d), dell'articolo 19 (recante divieti di espulsione e di respingimento) del testo unico sull'immigrazione, non consente l'espulsione delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono;
la Corte costituzionale, con sentenza 27 luglio 2000, n. 376, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma su citata «nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio»,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una norma che applichi la sentenza della Corte Costituzionale n. 376 del 27 luglio 2000 e che estenda il divieto temporale di espulsione delle donne incinte portandolo dai sei mesi ai dodici mesi successivi alla nascita del figlio.
9/2180-A/14.Bucchino, Fedi, Gianni Farina, Garavini, Narducci, Porta, Miotto, Lenzi.
La Camera,
premesso che:
la crisi recessiva già in atto e le sue conseguenze in termini di tenuta occupazionale dei mercati rendono indispensabile un approfondimento sulla condizione giuridica dei lavoratori extracomunitari, cercando di evidenziare quei tratti distintivi della normativa attualmente in vigore che incidono profondamente sulla possibilità di queste persone di riuscire a rimanere all'interno di un contesto di inclusione giuridica e sociale;
da questa prospettiva, infatti, la perdita del posto di lavoro da parte dell'immigrato extracomunitario non si inserisce soltanto nel rilevante dibattito sulla necessità di estendere il regime degli ammortizzatori sociali, ma riguarda in primo luogo il rischio di far precipitare alcune decine di migliaia di lavoratori in un'inappellabile condizione di clandestinità, non consentendo loro il rinnovo del permesso di soggiorno se non riescono a trovare un'occupazione entro i sei mesi dalla perdita del precedente posto di lavoro,
impegna il Governo
in una fase di recessione economica come è quelle attuale, a individuare tutte le misure necessarie, siano esse economiche che normative, compresa quella di estendere la durata della validità del permesso di soggiorno per chi ha perso un lavoro regolare dagli attuali sei mesi a un periodo maggiore onde consentire a queste persone di trovare un'occupazione alternativa regolare e valida scongiurando così il rischio che gli immigrati regolari possano precipitare in una condizione di clandestinità e quindi di grave pregiudizio per loro, per le loro famiglie e per la collettività in cui risiedono.
9/2180-A/15.Murer, Livia Turco, Binetti, Bossa, Burtone, Calgaro, Miotto, Bucchino, Argentin, Lenzi, Mosella.
La Camera,
premesso che:
è necessario porre una maggiore attenzione al crescente fenomeno dei ragazzi figli di immigrati irregolari, nati in Italia;
molti di questi ragazzi, nonostante siano nati nel nostro Paese e abbiano frequentato le nostre scuole sono, di fatto, cresciuti in una situazione complessivamente irregolare a causa della posizione giuridica dei loro genitori. Così, al compimento del diciottesimo anno di età, si trovano a «ereditare» questa condizione di clandestinità, venendo così improvvisamente privati di ogni possibilità di lavoro regolare, come di un pieno inserimento sociale;
la maggior parte di questi ragazzi non ha mai visto il Paese dei genitori, spesso non ne conosce neppure la lingua, e nella quasi totalità dei casi non ha alcun rapporto con i parenti rimasti nel Paese di origine: il loro Paese di origine è in tutto e per tutto l'Italia,
impegna il Governo
a individuare tutte le misure necessarie affinché a questi ragazzi, una volta diventati maggiorenni, venga riconosciuto il diritto a un regolare permesso di soggiorno che consenta loro un normale inserimento sociale e lavorativo, riducendo così il rischio che possano essere coinvolti nei circuiti dell'illegalità.
9/2180-A/16.Livia Turco, Miotto, Bossa, Sbrollini, Murer, Grassi, Calgaro, Binetti, Argentin, Lenzi, Burtone, Mosella.
La Camera,
premesso che:
è necessario porre una maggiore attenzione al crescente fenomeno dei ragazzi figli di immigrati irregolari, nati in Italia;
molti di questi ragazzi, nonostante siano nati nel nostro Paese e abbiano frequentato le nostre scuole sono, di fatto, cresciuti in una situazione complessivamente irregolare a causa della posizione giuridica dei loro genitori. Così, al compimento del diciottesimo anno di età, si trovano a «ereditare» questa condizione di clandestinità, venendo così improvvisamente privati di ogni possibilità di lavoro regolare, come di un pieno inserimento sociale;
la maggior parte di questi ragazzi non ha mai visto il Paese dei genitori, spesso non ne conosce neppure la lingua, e nella quasi totalità dei casi non ha alcun rapporto con i parenti rimasti nel Paese di origine: il loro Paese di origine è in tutto e per tutto l'Italia,
impegna il Governo
a individuare le misure opportune affinché per questi ragazzi, una volta diventati maggiorenni, siano individuati percorsi di inserimento sociale e lavorativo, riducendo così il rischio che possano essere coinvolti nei circuiti dell'illegalità.
9/2180-A/16.(Testo modificato nel corso della seduta)Livia Turco, Miotto, Bossa, Sbrollini, Murer, Grassi, Calgaro, Binetti, Argentin, Lenzi, Burtone, Mosella.
La Camera,
premesso che:
nei presidi sanitari pubblici o privati accreditati, le prestazioni sanitarie ambulatoriali o ospedaliere urgenti o comunque essenziali o continuative, per malattia o infortunio, ed i programmi di medicina preventiva a soggetti privi delle risorse economiche sufficienti;
tutti i bambini da 0 a 18 anni, anche se irregolarmente presenti in Italia, hanno diritto a cure mediche di base e specialistiche e a esami clinici gratuiti presso le strutture pubbliche o convenzionate, ospedaliere o territoriali;
la Convenzione sui diritti del fanciullo redatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, sancisce: all'articolo 3 il principio che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, come considerazione preminente, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, sia sempre e comunque prima di tutto tutelato, l'interesse superiore del bambino; all'articolo 6 il principio del riconoscimento da parte degli Stati membri del diritto alla vita del bambino e l'impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la sua sopravvivenza e il suo sviluppo;
la Convenzione sui diritti dell'infanzia introduce un cambiamento radicale di prospettiva perché impegna gli Stati parti ad adoperarsi non solo per proteggere l'infanzia e rispondere ai suoi bisogni fondamentali, ma anche per promuovere i diritti dei bambini e degli adolescenti in quanto soggetti di diritti al pari degli adulti, indipendentemente dalla loro condizione giuridica rispetto al territorio in cui dimorano,
impegna il Governo:
ad adottare tutte le misure economiche e normative necessarie affinché siano sempre e comunque garantite, a tutti minori presenti nel nostro Paese, indipendentemente dalla condizione giuridica dei genitori e dei familiari, le prestazioni socio-sanitarie, in particolare le prestazioni sanitarie pediatriche, urgenti e non, in ospedale, sul territorio o nei consultori;
a garantire la continuità delle cure anche attraverso l'assistenza pediatrica di base, con l'iscrizione in deroga ai pediatri di libera scelta del Servizio sanitario nazionale a prescindere dalla condizione giuridica di regolarità o meno del soggiorno dei genitori o di chi ne fa le veci, della residenza anagrafica e dell'iscrizione al Servizio sanitario nazionale.
9/2180-A/17.Binetti, Sbrollini, Livia Turco, Burtone, Mosella, Grassi, Murer, Bossa, D'Incecco, Bucchino, Calgaro, Miotto, Argentin, Lenzi.
La Camera,
premesso che:
nei presidi sanitari pubblici o privati accreditati, le prestazioni sanitarie ambulatoriali o ospedaliere urgenti o comunque essenziali o continuative, per malattia o infortunio, ed i programmi di medicina preventiva a soggetti privi delle risorse economiche sufficienti;
tutti i bambini da 0 a 18 anni, anche se irregolarmente presenti in Italia, hanno diritto a cure mediche di base e specialistiche e a esami clinici gratuiti presso le strutture pubbliche o convenzionate, ospedaliere o territoriali;
la Convenzione sui diritti del fanciullo redatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, sancisce: all'articolo 3 il principio che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, come considerazione preminente, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, sia sempre e comunque prima di tutto tutelato, l'interesse superiore del bambino; all'articolo 6 il principio del riconoscimento da parte degli Stati membri del diritto alla vita del bambino e l'impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la sua sopravvivenza e il suo sviluppo;
la Convenzione sui diritti dell'infanzia introduce un cambiamento radicale di prospettiva perché impegna gli Stati parti ad adoperarsi non solo per proteggere l'infanzia e rispondere ai suoi bisogni fondamentali, ma anche per promuovere i diritti dei bambini e degli adolescenti in quanto soggetti di diritti al pari degli adulti, indipendentemente dalla loro condizione giuridica rispetto al territorio in cui dimorano,
impegna il Governo:
a mantenere per tutti minori presenti nel nostro Paese, indipendentemente dalla condizione giuridica dei genitori e dei familiari, le prestazioni socio-sanitarie, in particolare le prestazioni sanitarie pediatriche, urgenti e non, in ospedale, sul territorio o nei consultori;
a garantire la continuità delle cure anche attraverso l'assistenza pediatrica di base.
9/2180-A/17.(Testo modificato nel corso della seduta)Binetti, Sbrollini, Livia Turco, Burtone, Mosella, Grassi, Murer, Bossa, D'Incecco, Bucchino, Calgaro, Miotto, Argentin, Lenzi.
La Camera,
premesso che:
valori della persona umana sono uguali senza distinzioni di religione, di sesso, di razza e di cittadinanza;
le politiche dell'immigrazione risultanti da questo atto una volta approvato, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico come repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza invece prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione devono anche riguardare la solidarietà, l'accoglienza verso il più bisognoso, fiducia per chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
come ha affermato il direttore della Caritas italiana, don Vittorio Nozza, «il contenimento, la repressione, le misure penali non devono essere proposte come l'essenza della politica migratoria»;
è necessario ricostruire il tessuto sociale dell'associazionismo di quartiere, dei giovani e delle famiglie, integrando tutte le persone a prescindere dalle loro differenza di classe, di etnia e di religione o di condizione giuridica,
impegna il Governo:
ad individuare tutte le misure economiche e giuridiche necessarie affinché vi sia un sostegno concreto alle associazioni giovanili, sportive, culturali, religiose, quali elementi d'incontro e di integrazione fra le molteplici realtà del nostro Paese;
a sostenere le associazioni familiari, in particolare quelle interetniche, per una politica dell'accoglienza che sia vera integrazione fra le diverse culture;
a favorire la creazione di spazi di quartiere, aperti e controllati, in cui la vita sociale possa svolgersi con naturalezza, nonché a favorire l'impegno di cooperative sociali.
9/2180-A/18.Mosella, Binetti, Miotto, Livia Turco, Burtone, D'Incecco, Lenzi.
La Camera,
premesso che:
valori della persona umana sono uguali senza distinzioni di religione, di sesso, di razza e di cittadinanza;
le politiche dell'immigrazione risultanti da questo atto una volta approvato, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico come repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza invece prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione devono anche riguardare la solidarietà, l'accoglienza verso il più bisognoso, fiducia per chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
come ha affermato il direttore della Caritas italiana, don Vittorio Nozza, «il contenimento, la repressione, le misure penali non devono essere proposte come l'essenza della politica migratoria»;
è necessario ricostruire il tessuto sociale dell'associazionismo di quartiere, dei giovani e delle famiglie, integrando tutte le persone a prescindere dalle loro differenza di classe, di etnia e di religione o di condizione giuridica,
impegna il Governo:
a concordare con il sistema delle autonomie il sostegno per le associazioni giovanili, sportive, culturali e religiose, in favore dell'integrazione degli stranieri nel nostro paese.
9/2180-A/18.(Testo modificato nel corso della seduta)Mosella, Binetti, Miotto, Livia Turco, Burtone, D'Incecco, Lenzi, De Pasquale.
La Camera,
premesso che:
l'aumento del numero dei minori stranieri non accompagnati, affidati e accolti presso istituti e centri di accoglienza dei comuni, ha accresciuto le difficoltà di gestione da parte degli amministratori locali e rappresenta ormai un problema a cui non è più possibile prescindere;
la soluzione del rimpatrio dei minori non accompagnati, affinché sia effettivamente «assistito» e non meramente coatto, necessita di attivare un processo di identificazione del minore, di «tracing» dei familiari e di indagine sulle opportunità assistenziali, formative e lavorative offerte nel Paese di origine, e quindi di accoglienza e reinserimento nel medesimo, che veda il coinvolgimento di organismi internazionali quali possono essere la Croce Rossa, l'Unicef, l'Unhcr, i servizi sociali del Paese di origine, le ONG,
impegna il Governo
a predisporre il rimpatrio dei minori non accompagnati al loro Paese d'origine solo ed esclusivamente quando vi sia il superiore interesse del minore, così come disposto dalla raccomandazione del Comitato ONU sui diritti dell'infanzia, contenuti nel Commento generale n. 6 del 3 giugno 2005.
9/2180-A/19.Sbrollini, Lenzi, Miotto, Livia Turco, Binetti, Grassi, Calgaro, Murer, Bossa, D'Incecco, Bucchino, Mosella.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge 2180-A «disposizioni in materia di sicurezza pubblica», al comma 18 dell'emendamento del Governo 1.1000 prevede che l'iscrizione anagrafica sia subordinata alla dimostrazione della regolarità dell'immobile in cui la persona vive abitualmente dal punto di vista del possesso dei requisiti igienico-sanitari;
l'esplicito riferimento all'immobile sembra escludere la possibilità di poter ottenere l'iscrizione anagrafica se l'alloggio sia un camper o una casa mobile o un simile alloggio di fortuna;
la condizione posta, al di là dei profili di possibile incostituzionalità, innova la preesistente normativa e riguarda persone che hanno i requisiti soggettivi per ottenere la residenza in Italia e cioè cittadini italiani o persone immigrate regolari che, per ragioni economiche, non sono nelle condizioni di poter disporre di un'abitazione conforme alle condizioni fissate dal singolo comune;
in Italia, peraltro, la maggioranza delle abitazioni è priva di certificato di agibilità;
la norma introduce la facoltà per i Comuni di fissare i requisiti igienico-sanitari introducendo una sorta di «federalismo anagrafico»;
dall'iscrizione anagrafica consegue una pluralità di diritti universali costituzionalmente garantiti e, pertanto, la discrezionalità accordata ai sindaci introduce le condizioni per comportamenti discriminatori,
impegna il Governo:
ad avviare le opportune iniziative, d'intesa con le Associazioni dei comuni Italiani, al fine di assumere un orientamento uniforme, sul territorio nazionale ai fini della determinazione dei requisiti igienico-sanitari degli edifici ove chiedono l'iscrizione anagrafica le persone che vivono stabilmente e regolarmente nel Paese;
a considerare, nella determinazione dei predetti requisiti, indipendentemente dall'area geografica di riferimento del Paese, il diritto inviolabile di ogni nuovo nato a vivere ed a essere iscritto all'anagrafe ove sono iscritti e dove abitualmente vivono i suoi genitori così come dispone la normativa vigente, anche qualora il bambino nasca o debba risiedere in un'abitazione priva dei requisiti igienico-sanitari;
ad adottare tutte le misure necessarie ad assimilare all'immobile ogni altro alloggio come camper, casa mobile o simili.
9/2180-A/20.Miotto, Livia Turco, Murer, Bossa, D'Incecco, Burtone, Grassi, Sbrollini, Binetti, Bucchino, Calgaro, Mosella.
La Camera,
premesso che:
una donna che si trovi per una qualsiasi ragione priva del permesso di soggiorno potrà andare in ospedale per partorire il suo bambino, ma al momento del riconoscimento del figlio l'ufficiale di stato civile non potrà procedere all'iscrizione della nascita e del riconoscimento essendovi una causa ostativa, l'assenza di permesso di soggiorno;
trascorsi dieci giorni dalla denunzia di nascita ricevuta dal direttore sanitario, dovrà, sulla scorta dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, segnalare immediatamente al giudice tutelare ed al tribunale per i minorenni che è nato un bambino che si trova in stato di abbandono;
il tribunale per i minori in virtù dell'articolo 11 della legge n. 184 del 1983 dovrà immediatamente dichiarare con decreto lo stato di adattabilità e il genitore biologico non avrà titolo per impugnare il decreto di adottabilità, come più volte ha ribadito la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass., sez. I, 06-08-1998, n. 7698), nonostante la legge n. 176 del 1991 con cui l'Italia ha ratificato la disponga all'articolo 9 il diritto del bambino a vivere con i suoi genitori e all'articolo 11 il diritto ad essere protetto per evitare che venga allontanato dalla sua famiglia;
il comma 22, lettera f), dell'emendamento 1.1000 con un colpo solo abroga implicitamente la nostra Costituzione, la Convenzione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Onu e la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che all'articolo 12 sancisce il diritto a formare una famiglia, eliminando tutti i principi che regolano i diritti della persona nel mondo;
nulla vale la previsione dell'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione che prevede il divieto di espulsione per la madre in gravidanza, poiché esso interviene solo sugli effetti dell'irregolare soggiorno; né il suo regolamento di esecuzione che prevede solo un permesso collegato ad una condizione di salute della donna in gravidanza e solo per il tempo necessario alle cure, peraltro, condizionato a che non vi siano motivi di sicurezza od ordine pubblico che giustifichino il mancato rilascio;
si prevede, quindi, un permesso collegato ad una condizione di salute della donna in gravidanza o in puerperio, solo per il tempo necessario alle cure (sempre e comunque condizionato a che non vi siano motivi di sicurezza o ordine pubblico che giustifichino il mancato rilascio). Occorre rilevare che una donna per ottenere il permesso di soggiorno dovrebbe dichiarare al questore di essere entrata illegalmente nello Stato e quindi il questore si troverebbe davanti una situazione di flagranza di reato che potrebbe legittimare per motivi di ordine pubblico il diniego di permesso;
in ogni caso con l'introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale nello Stato per poter usufruire di questo permesso la donna in gravidanza dovrà comunque autodenunziarsi al questore che avrà l'obbligo in base al comma 17 dell'emendamento 1.100 del Governo di richiedere immediatamente al p.m. il giudizio direttissimo innanzi al giudice di pace e l'espulsione rimarrà solo sospesa per effetto del divieto dell'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione, come chiarisce la sentenza n. 376 del 2000 della Corte Costituzionale, sempre che il questore non ritenga che la flagranza di reato in cui quella donna si trovi non sia una situazione di ordine pubblico che comporti il rifiuto del permesso;
è evidente che nessuna donna esporrebbe se stessa ed il suo bambino a questo rischio e non andrà a partorire negli ospedali, ma dalle mammane e si ritroveranno quei bambini nascosti magari nei campi, se sopravvissuti a condizioni di parto inaccettabili, all'innalzamento della mortalità infantile e al conseguente rafforzamento delle organizzazioni criminali che si troverebbero a reclutare a piene mani nella clandestinità offrendo un minimo di servizi alternativi ed occulti,
impegna il Governo:
a predisporre tutte le misure necessarie affinché tutte le donne presenti sul territorio, indipendentemente dalla loro situazione giuridica, possano tranquillamente andare a partorire negli ospedali del Servizio Sanitario Nazionale senza avere timore di essere denunciate o peggio di vedersi tolte il loro bambino perché irregolari;
ad individuare tutte le misure economiche e normative necessarie a garantire a tutti i bambini nati in Italia, indipendentemente dalla condizione giuridica dei genitori l'iscrizione anagrafica e il loro riconoscimento quale diritto imprescindibile del bambino;
a rispettare in tutte le sue parti la Convenzione sui diritti del fanciullo redatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, in particolar modo l'articolo 3 che sancisce il principio che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, come considerazione preminente, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, sia sempre e comunque, prima di tutto, tutelato l'interesse superiore del bambino, in questo caso scongiurando il rischio che venga strappato ai suoi genitori perché entrati irregolarmente in Italia.
9/2180-A/21.Lenzi, Livia Turco, Binetti, Bossa, Burtone, Bucchino, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Miotto, Mosella, Murer, Sbrollini, Capano.
La Camera,
premesso che:
il comma 22, lettera h-bis), dell'emendamento 1.1000 del Governo prevede il prolungamento fino a centottanta giorni, rispetto agli attuali sessanta, di detenzione nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) per lo straniero entrato irregolarmente in Italia;
la permanenza per un periodo così lungo in questi centri non può essere in alcun modo accettata in quanto lesiva di tutti i più elementari diritti della persona;
molte organizzazioni umanitarie associazioni, enti locali denunciano le pessime condizioni di vita nei CEI, il non rispetto dei diritti umani e l'assoluta incapacità di garantire standard minimi di accoglienza,
impegna il Governo:
a garantire a tutti gli immigrati rinchiusi nei CIE, sia al momento del loro ingresso che durante la detenzione, un'assistenza sanitaria adeguata onde evitare il possibile diffondersi di malattie contagiose che metterebbero a rischio sia la loro vita che quella delle persone che vi lavorano e dei loro familiari;
ad adottare tutte le misure necessarie per apportare una verifica compiuta e puntuale delle condizioni igienico - sanitarie dei centri di identificazione ed espulsione e a riferire immediatamente e puntualmente al Parlamento circa le condizioni di vita delle persone rinchiuse in questi centri.
9/2180-A/22.Grassi, Bossa, Livia Turco, Binetti, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini.
La Camera,
premesso che:
il comma 22, lettera h bis), dell'emendamento 1.1000 del Governo prevede il prolungamento fino a centottanta giorni, rispetto agli attuali sessanta, di detenzione nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) per lo straniero entrato irregolarmente in Italia;
la permanenza per un periodo così lungo in questi centri non può essere in alcun modo accettata in quanto lesiva di tutti i più elementari diritti della persona;
molte organizzazioni umanitarie associazioni, enti locali denunciano le pessime condizioni di vita nei CEI, il non rispetto dei diritti umani e l'assoluta incapacità di garantire standard minimi di accoglienza,
impegna il Governo
ad una informativa completa sulle condizioni di vita all'interno dei CIE.
9/2180-A/22.(Testo modificato nel corso della seduta)Grassi, Bossa, Livia Turco, Binetti, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini.
La Camera,
premesso che:
la Convenzione sui diritti del fanciullo redatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, sancisce, all'articolo 3, il principio che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, come considerazione preminente, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, sia sempre e comunque prima di tutto tutelato l'interesse superiore del bambino e all'articolo 6 il principio del riconoscimento da parte degli Stati membri del diritto alla vita del bambino e l'impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la sua sopravvivenza e il suo sviluppo;
il principio fondante, quindi, della Convezione dei diritti dell'infanzia è quello che tutti i bambini e le bambine vadano tutelate a prescindere dallo status giuridico dei genitori,
impegna il Governo
ad adottare le misure necessarie affinché a tutti i bambini e a tutte le bambine presenti sul territorio, indipendentemente dalla nazionalità e dallo status giuridico dei loro genitori, sia garantito il libero accesso alla scuola pubblica di ogni ordine e grado, il diritto ad un'istruzione adeguata e compiuta nonché tutte le cure mediche e il diritto alla salute.
9/2180-A/23.Pedoto, Livia Turco, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Sbrollini.
La Camera,
premesso che:
il Consiglio di Lisbona del marzo 2000 aveva fissato l'obiettivo strategico di sviluppare con forza l'economia della conoscenza per raggiungere un alto livello di competitività e dinamicità sullo scenario mondiale, a sostegno di un modello di crescita economica sostenibile, accompagnato da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione e da una maggiore coesione sociale;
l'Italia è confrontata con una immigrazione costituita da personale non altamente qualificato mentre le sfide presenti e future della società del sapere richiedono figure professionali di alto profilo e una organizzazione sociale capace di attirare cervelli;
nelle università italiane si laureano ogni anno circa 5.000 stranieri (circa 45.000 sono gli iscritti) e di essi la maggior parte lascia l'Italia per rientrare nel loro Paese di origine,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di prolungare il permesso di soggiorno dei giovani laureati extracomunitari di almeno sei mesi al fine di consentire loro la ricerca di un lavoro adeguato alle competenze acquisite sul nostro territorio e ad agevolare, nel decreto flussi, chi ha conseguito un titolo di studio in Italia.
9/2180-A/24.Narducci, Bucchino, Gianni Farina, Fedi, Garavini, Porta.
La Camera,
premesso che:
in una società globalizzata dove convivono persone di differenti fedi religiose, origini etniche, convinzioni filosofiche, la questione dell'attenzione alla salute e l'approccio nel primo soccorso assumono un rilievo non trascurabile per motivi culturali, religiosi e sociali;
la stessa natura dell'atto medico deve tener conto di questo contesto pluralistico in cui ci troviamo a vivere e nel quale esistono differenti, e a volte anche confliggenti, nozioni di salute e malattia; in considerazione del fatto che la salute è un valore e in un contesto multiculturale sono evidenti le diversità di approccio che vi possono essere anche legate alla visione del corpo;
la concezione del corpo ha una importanza fondamentale nell'approccio al paziente che si presenta al pronto soccorso e che non ha un rapporto consolidato con il medico, concezioni spesso legate anche al genere che potrebbero portare al rifiuto della visita medica con evidenti conseguenze di carattere epidemiologico nei confronti di tutta la popolazione di un determinato territorio,
impegna il Governo
ad assicurare a medici e infermieri dei dipartimenti di emergenza e accettazione (DEA) la formazione indispensabile per affrontare correttamente le diverse concezioni del corpo, spesso non direttamente evidenti, di malati che provengono da contesti culturali o religiosi molto diversificati e poco conosciuti dal personale sanitario.
9/2180-A/25.Corsini, Narducci, D'Incecco.
La Camera,
premesso che:
la presenza della criminalità organizzata è uno dei principali ostacoli allo sviluppo del Mezzogiorno;
lo Stato sostiene e incoraggia l'attività delle associazioni antiracket, aggiungendo all'azione di tutela della sicurezza personale svolta dall'associazionismo antiracket una garanzia fondamentale per chi decida di opporsi al racket: la sicurezza economica;
il Parlamento ha adottato, nell'arco dell'ultimo decennio, una serie di norme basate sul principio di risarcire tutti coloro che abbiano subito danni a causa di attività estorsive, per aver deciso di collaborare con le istituzioni per combattere il racket o di smettere di pagare il «pizzo»;
primo strumento per l'attuazione di tale principio è l'istituzione del Fondo di solidarietà per le vittime del racket (poi unificato con quello per le vittime dell'usura), grazie al quale chi ha subito, per essersi opposto agli estorsori, danni alla persona o alla propria impresa può ricevere, a titolo di risarcimento, un'elargizione che gli consenta di riprendere l'attività;
la volontà di garantire sicurezza economica a chi denuncia il racket è all'origine di una misura di agevolazione fiscale introdotta, per prima, dalla giunta comunale di Vittoria (RG), che ha previsto agevolazioni sui tributi locali per tutti gli imprenditori, commercianti, artigiani o liberi professionisti che forniscano all'autorità giudiziaria informazioni inerenti il racket delle estorsioni o l'usura;
altri comuni stanno varando misure analoghe;
il contributo rappresenta un aiuto concreto ai cittadini vittime della criminalità organizzata;
anche la Regione Siciliana si sta orientando in tale direzione, tanto da aver emanato una legge regionale che prevede la creazione di «zone franche per la legalità» e il pagamento delle imposte sui redditi, dell'IRAP, dell'ICI e dei contributi previdenziali in favore degli imprenditori che denunciano richieste estorsive o richieste provenienti dalla criminalità organizzata, cui sia seguita una richiesta di rinvio a giudizio;
oltre alla valenza in termini di contrasto alla criminalità l'effetto di questa misura si amplifica proprio in quelle aree del Mezzogiorno assediate dal problema della povertà, della disoccupazione e della illegalità dove la mancanza di sicurezza compromette le prospettive di sviluppo,
impegna il Governo
a favorire ed incentivare gli enti locali ad adottare misure quali quelle del comune di Vittoria ponendo in essere, nell'ambito della propria iniziativa legislativa, una normativa premiante per gli enti locali che adottino tali misure.
9/2180-A/26.Causi, Fluvi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce l'obbligo per gli agenti in attività finanziaria che prestano servizi di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento di fondi (money transfer) ad acquisire e conservare per 10 anni, se il soggetto che ordina l'operazione è un cittadino extracomunitario, copia del titolo di soggiorno, in mancanza del quale gli agenti devono effettuare un'apposita segnalazione all'autorità locale di pubblica sicurezza, trasmettendo i dati identificativi del soggetto. Il mancato rispetto di tale disposizione è sanzionato con la cancellazione dall'elenco degli agenti in attività finanziaria;
si tratta di una previsione che, lungi dall'aggredire i reali problemi relativi alla necessaria regolamentazione del fenomeno, rischia anzi di aggravarli;
l'agenzia in attività finanziaria di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 25 settembre 1999, n. 374, ossia il cosiddetto «money transfer», rappresenta, infatti, una metodologia semplice e veloce per tutti quei soggetti - soprattutto extracomunitari, ma non solo - che non potendo accedere ai suddetti canali per una scarsa conoscenza delle procedure bancarie, per l'impossibilità di instaurare un rapporto clientelare con gli istituti di credito, o per la necessità di dover effettuare solo saltuarie operazioni tali da non giustificare l'insorgere di tale rapporto, necessitano di trasferire o ricevere denaro contante all'estero, in tempi rapidi;
la prova del successo che tale procedura ha raggiunto è testimoniata dalla pluralità di agenzie aperte in ogni località, attraverso le quali muovono da e per l'Italia ingenti capitali;
la proliferazione dei «money transfer», facilitata da una normativa ampiamente agevolativa e semplificata, basata per lo più su una serie di autocertificazioni, ha richiamato l'attenzione sul fenomeno, sulla cui natura e origine è opportuna una riflessione;
le problematiche riguardano la possibilità che spesso dietro queste attività si nascondano fenomeni illeciti, da quelli di assoluta pericolosità legati al finanziamento del terrorismo a quelli di minore portata, perché dietro un'operazione di trasferimento fondi si possono celare evasione fiscale, lavoro sommerso, contraffazione e altro;
in particolare, una delle problematiche emerse dall'esperienza operativa consiste nel fatto che sovente i controlli e le ispezioni effettuate presso i «money transfer» hanno consentito di accertare l'operatività degli stessi durante il periodo che intercorre tra la richiesta di iscrizione all'albo, prevista dal decreto legislativo 25 settembre 1999 n. 374, e l'operatività autorizzata del servizio;
particolarmente problematico, inoltre, è il tema della compatibilità dell' «agenzia in attività finanziaria» con altre attività. Anche in questo caso l'esperienza operativa suggerisce l'introduzione di norme più rigide in ordine alla possibilità di svolgere molteplici attività oltre a quella di «money transfer». È pressoché costante, infatti, la contiguità di quest'ultima con altre attività lavorative che sono ormai divenute tipiche: dove esercita il «money transfer», si registra sempre un'ulteriore attività di «phone center», di «internet point», ovvero di altri esercizi operanti nel settore alimentare;
un altro aspetto rilevante è riconducibile al fatto che la normativa vigente consente un facile accesso all'attività del «money transfer», attraverso l'autocertificazione di taluni requisiti che, seppur veritieri, non possono garantire una specifica qualificazione dei soggetti che, come persona fisica o giuridica, intendano intraprendere l'attività in questione. In considerazione del delicato settore nel quale l'operatore «money transfer» va a muoversi e ai rilevantissimi interessi sottostanti, sembra invece necessaria una specifica formazione professionale, che non può essere sostituita dalla formula autocertificativa che indica il soggetto essere, ad esempio, a conoscenza della normativa antiriciclaggio,
impegna il Governo
a favorire, per quanto di sua competenza, la revisione la disciplina dell'agenzia in attività finanziaria, finalizzata a stabilire l'impossibilità di operare durante il periodo intercorrente tra la richiesta di iscrizione all'albo e l'operatività autorizzata del servizio, a rendere il «money transfer» incompatibile con tutte le altre attività che esulano dallo specifico settore, nonché ad introdurre un titolo abilitativo indispensabile per l'iscrizione all'albo.
9/2180-A/27.Lulli, Fluvi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce il reato di immigrazione clandestina nei confronti di esseri umani, senza distinzione alcuna sulla condizione che li ha spinti a cercare di uscire da condizioni di vita troppo spesso inumane, degradanti, quali l'ingiustizia, l'insicurezza sociale e politica, fuggendo dal proprio Paese di origine;
senza alcuna modifica del provvedimento in esame tale situazione può generare un enorme conflitto, anche nel nostro territorio, nella gestione applicativa del provvedimento tra i cittadini italiani e, naturalmente, con gli immigrati;
i provvedimenti connessi al ruolo dei pubblici ufficiali corrono il rischio di attivare meccanismi perversi, con la conseguenza di privare le persone di diritti primari quali quello alla salute e quello allo studio;
l'associazione prodotta da questo provvedimento tra sicurezza e controllo dell'immigrazione clandestina favorisce l'insorgenza di atteggiamenti xenofobi e razzisti e alimenta paure e atteggiamenti di chiusura, senza rispondere concretamente ai problemi di sicurezza evidenziati dai cittadini,
impegna il Governo:
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare il provvedimento in esame con strategie di controllo del fenomeno migratorio che non siano preventivamente discriminatorie nei confronti delle persone costrette a lasciare le proprie terre da condizioni di insicurezza sociale, politica ed economica;
ad attivare provvedimenti specifici sull'immigrazione tesi a governare il fenomeno, attivando politiche organiche con i Paesi di provenienza e di transito verso l'Italia e soprattutto costringendo l'Europa a diventare il riferimento politico e geografico del controllo del fenomeno migratorio, rifuggendo nel contempo ad ogni collegamento (voluto o no) tra sicurezza e immigrazione.
9/2180-A/28.Viola.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce il reato di immigrazione clandestina nei confronti di esseri umani, senza distinzione alcuna sulla condizione che li ha spinti a cercare di uscire da condizioni di vita troppo spesso inumane, degradanti, quali l'ingiustizia, l'insicurezza sociale e politica, fuggendo dal proprio Paese di origine;
senza alcuna modifica del provvedimento in esame tale situazione può generare un enorme conflitto, anche nel nostro territorio, nella gestione applicativa del provvedimento tra i cittadini italiani e, naturalmente, con gli immigrati;
i provvedimenti connessi al ruolo dei pubblici ufficiali corrono il rischio di attivare meccanismi perversi, con la conseguenza di privare le persone di diritti primari quali quello alla salute e quello allo studio;
l'associazione prodotta da questo provvedimento tra sicurezza e controllo dell'immigrazione clandestina favorisce l'insorgenza di atteggiamenti xenofobi e razzisti e alimenta paure e atteggiamenti di chiusura, senza rispondere concretamente ai problemi di sicurezza evidenziati dai cittadini,
impegna il Governo
a promuovere il coinvolgimento dell'Unione europea nell'organizzazione del sistema d'asilo.
9/2180-A/28.(Testo modificato nel corso della seduta)Viola.
La Camera,
premesso che:
il respingimento in acque internazionali di mezzi carichi di immigrati può essere conforme alle norme del diritto internazionale a condizione che non siano violati i diritti dei profughi e dei richiedenti asilo previsti dalla Convenzione di Ginevra, dai trattati internazionali e dalla Costituzione italiana;
in tal senso si sono espressi gli organismi competenti dell'ONU e dell'Unione europea, e delle più alte autorità religiose;
il Trattato con la Libia, ratificato dal Parlamento italiano il 3 febbraio 2009, prevede la cooperazione tra la Libia e l'Italia in azioni comuni di pattugliamento delle coste al fine di prevenire viaggi illegali e dunque le modalità di queste azioni devono essere in tutto conformi alle norme del diritto internazionale, risultando altrimenti invalide,
impegna il Governo
a intraprendere le necessarie azioni con la Libia e ad attivarsi con l'Unione europea e nelle sedi internazionali affinché il Trattato sia interpretato dalla Libia in modo conforme al diritto internazionale, anche con l'istituzione di uffici che garantiscano i diritti dei profughi e dei richiedenti asilo.
9/2180-A/29.Mantini, Cesa.
La Camera,
premesso che:
il numero dei detenuti è giunto a 62.057 e, prevedendo una crescita della popolazione carceraria al ritmo di 800/1000 nuove unità al mese, si giungerà presto al limite massimo tollerabile di 63.702 unità;
il piano carceri presentato dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria prevede la ristrutturazione di sezioni carcerarie esistenti, la costruzione di nuovi padiglioni in quelli esistenti oltre al completamento di nove carceri, già in fase avanzata, e la realizzazione di 18 nuovi penitenziari, per un impegno finanziario pari a circa 1,5 miliardi;
si tratta di un progetto di medio-lungo periodo, mentre l'emergenza è attuale ed il disagio rischia di produrre ulteriore disagio e reazione;
al sovraffollamento si aggiungono carenze strutturali, organizzative e di personale;
le novelle al codice penale introdotte dal Governo in questi mesi e quelle previste dal provvedimento in esame rischiano solo di aumentare la popolazione carceraria,
impegna il Governo:
ad adottare misure urgenti indipendentemente dal piano organico presentato dal DAP che tamponi un'emergenza che rischia di avere gravi conseguenze, oltre a costituire una violazione dei diritti dei detenuti e della loro dignità umana;
a prevedere un maggiore ricorso alle misure alternative alla detenzione, previa una rigorosa valutazione dei presupposti, oltre a limitare l'introduzione di novelle al codice penale che finiscono per immettere indiscriminatamente nel circuito giudiziario e carcerario soggetti che potrebbero più utilmente essere destinatari di sanzioni amministrative.
9/2180-A/31.Galletti, Mantini, Tassone, Mannino, Rao, Vietti, Volontè, Compagnon, Ciccanti.
La Camera,
premesso che:
nonostante le difficoltà logistiche, la mancanza di risorse umane e i tagli di bilancio, anche in occasione del tragico evento calamitoso che ha colpito l'Abruzzo, il Corpo Nazionale dei vigili del fuoco ha svolto in maniera encomiabile il compito affidatogli, offrendo all'opinione pubblica nazionale e mondiale una immagine di efficienza e efficacia;
si deve, tuttavia, rimarcare che le migliaia di vigili del fuoco inviati in Abruzzo non percepiscono l'indennità di trasferta, mentre la stessa è regolarmente corrisposta a tutti gli altri Corpi del comparto di sicurezza, di cui fanno parte anche i Vigili del fuoco;
è necessario procedere ad eliminare le differenze esistenti fra il personale appartenente ai Vigili del fuoco e tutto il resto del personale del comparto sicurezza, che gode di un trattamento economico superiore ed avanzamenti di carriera più agevolati,
impegna il Governo
ad adottare in tempi rapidi i provvedimenti necessari a sanare ogni sperequazione vigente tra il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e gli altri Corpi dello Stato provvedendo ad inserirli nel comparto sicurezza e restituendo, in tal modo, al Corpo quella dignità per lungo tempo negata.
9/2180-A/32.Libè, Tassone, Mannino, Rao, Occhiuto, Vietti.
La Camera,
premesso che:
nonostante le difficoltà logistiche, la mancanza di risorse umane e i tagli di bilancio, anche in occasione del tragico evento calamitoso che ha colpito l'Abruzzo, il Corpo Nazionale dei vigili del fuoco ha svolto in maniera encomiabile il compito affidatogli, offrendo all'opinione pubblica nazionale e mondiale una immagine di efficienza e efficacia;
si deve, tuttavia, rimarcare che le migliaia di vigili del fuoco inviati in Abruzzo non percepiscono l'indennità di trasferta, mentre la stessa è regolarmente corrisposta a tutti gli altri Corpi del comparto di sicurezza, di cui fanno parte anche i Vigili del fuoco;
è necessario procedere ad eliminare le differenze esistenti fra il personale appartenente ai Vigili del fuoco e tutto il resto del personale del comparto sicurezza, che gode di un trattamento economico superiore ed avanzamenti di carriera più agevolati,
impegna il Governo
a perseguire ogni ulteriore iniziativa volta a ridurre progressivamente ingiuste disparità di trattamento retributivo per il personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
9/2180-A/32.(Testo modificato nel corso della seduta)Libè, Tassone, Mannino, Rao, Occhiuto, Vietti.
La Camera,
premesso che:
con la riforma della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al decreto legislativo del 3 ottobre 2008, n. 159, il trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione viene disposto non solo nei confronti del destinatario dì un provvedimento di espulsione, ma anche di un provvedimento di respingimento;
il cittadino straniero che presenta la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale successivamente ad un provvedimento di espulsione o di respingimento, non solo viene comunque trattenuto nei centri, ma non gode nemmeno del beneficio dell'effetto sospensivo di un ricorso al tribunale in caso di diniego da parte della commissione territoriale;
queste restrizioni al diritto di richiedere ed ottenere asilo, sancito dalla nostra Costituzione e dalle convenzioni internazionali, rischia di privare il cittadino straniero di un diritto elementare;
per effetto della normativa richiamata è prevedibile un aumento dei richiedenti asilo trattenuti nei C.I.E. (ex CPT),
impegna il Governo
ad adottare le opportune misure volte all'istituzione nei centri di identificazione ed espulsione di servizi indipendenti di orientamento ed assistenza legale che attualmente o non vengono forniti affatto, oppure sono erogati dallo stesso ente gestore della struttura.
9/2180-A/33.Pezzotta, Vietti, Rao, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.
La Camera,
premesso che:
le forze di polizia italiane sono le più numerose d'Europa;
ognuna svolge autonomamente ed in maniera encomiabile un compito fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata, senza però un adeguato coordinamento,
impegna il Governo
a valutare, al fine di un'ottimale impiego delle risorse, le opportune misure volte ad un razionale ed armonico coordinamento tra le Forze di polizia, attraverso una riorganizzazione degli assetti attualmente esistenti ed una puntuale definizione dei compiti della Direzione investigativa antimafia.
9/2180-A/34.Mannino, Rao, Vietti, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.
La Camera,
premesso che:
le forze di polizia italiane sono le più numerose d'Europa;
ognuna svolge autonomamente ed in maniera encomiabile un compito fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata, senza però un adeguato coordinamento,
impegna il Governo
a valutare, al fine di un'ottimale impiego delle risorse, ulteriori misure di coordinamento tra le Forze di polizia.
9/2180-A/34.(Testo modificato nel corso della seduta)Mannino, Rao, Vietti, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 6 della legge 23 aprile 2009, n. 38, al fine di attuare un apposito piano straordinario di controllo del territorio, anticipa al 31 marzo 2009 (rispetto al 30 aprile dello stesso anno) il termine per l'adozione del decreto del Presidente della Repubblica, finalizzato alla ripartizione tra le varie forze di polizia e i vigili del fuoco delle risorse destinate all'assunzione di personale;
viene inoltre disposta la riassegnazione immediata delle somme oggetto di confisca al Ministero dell'interno, nel limite di 100 milioni di euro per il 2009, per le esigenze urgenti di tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, e al Fondo nazionale contro la violenza sessuale, nel limite di 3 milioni di euro per il 2009, da destinare al sostegno dei progetti di assistenza alle vittime di violenza sessuale e di genere;
la norma in esame non attribuisce però alcuna risorsa di mezzi e di personale in più alle forze dell'ordine, anzi l'organico subirà complessivamente quest'anno un decremento di personale: le assunzioni di 2.500 unità, già previste dalla Finanziaria per il 2009, vengono semplicemente anticipate di un mese, mentre nello stesso anno andranno in pensione circa 5.000 unità, quindi il doppio dei nuovi assunti;
analogamente, i 100 milioni che vengono assegnati al Ministero dell'interno per le urgenti necessità di tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico vengono solo anticipati, in quanto già destinati al dicastero per le medesime finalità dalla stessa Finanziaria che, nel solo 2009, ha previsto riduzioni per oltre 200 milioni di euro;
la criminalità organizzata, problema gravissimo del nostro Paese, non si combatte certamente smantellando le forze dell'ordine sul territorio e finanziando le ronde,
impegna il Governo
ad adottare gli opportuni provvedimenti finalizzati allo stanziamento di maggiori risorse per le forze dell'ordine, con particolare riguardo ai fondi per la manutenzione auto e alle indennità, nonché all'assunzione di ulteriore personale.
9/2180-A/35.Vietti, Rao, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.
La Camera,
premesso che:
la manovra di bilancio, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ha fortemente penalizzato il settore della sicurezza;
sono stati infatti previsti per il triennio 2009-2011 tagli di oltre tre miliardi di euro, riduzioni di spesa e nessuna forma di investimento;
ciò impedirà l'acquisto di autovetture, mezzi, strumenti utili per svolgere il servizio, armi, divise, nonché la possibilità di avere risorse sufficienti e necessarie per le attività addestrative, per i corsi di formazione, per rinnovare le armi in dotazione, per l'acquisto di munizioni, delle divise e per la ordinaria manutenzione degli uffici e delle infrastrutture;
il decreto, che sottrae oltre un miliardo di euro alle forze di polizia, porterà ad un collasso della parte operativa del sistema sicurezza, con il dimezzamento delle volanti sul territorio e la chiusura di oltre un terzo dei commissariati, limitando sensibilmente la capacità di fronteggiare la minaccia che viene dalla criminalità diffusa e soprattutto da quella mafiosa;
dopo una campagna elettorale giocata quasi interamente sul tema della sicurezza stupiscono fortemente questi provvedimenti restrittivi, dal momento che le forze dell'ordine hanno bisogno di risorse certe, ben quantificate e di sicura copertura;
a fronte dei tagli sopra descritti, il provvedimento in esame non destina nuove risorse,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare misure normative finalizzate all'incremento delle risorse per la realizzazione degli obiettivi citati in premessa.
9/2180-A/36.Ciccanti, Rao, Vietti, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon.
La Camera,
premesso che:
la manovra di bilancio, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ha fortemente penalizzato il settore della difesa;
sono stati infatti previsti per il triennio 2009-2011 tagli di oltre tre miliardi di euro, riduzioni di spesa e nessuna forma di investimento;
ciò impedirà l'acquisto di autovetture, mezzi, strumenti utili per svolgere il servizio, armi, divise, nonché la possibilità di avere risorse sufficienti e necessarie per le attività addestrative, per i corsi di formazione, per rinnovare le armi in dotazione, per l'acquisto di munizioni, delle divise e per la ordinaria manutenzione degli uffici e delle infrastrutture, in particolare quelle di accesso al pubblico, che diventeranno sempre più fatiscenti;
dopo una campagna elettorale giocata quasi interamente sul tema della sicurezza stupiscono fortemente questi provvedimenti restrittivi, dal momento che le forze dell'ordine hanno bisogno di risorse certe, ben quantificate e di sicura copertura;
a fronte dei tagli sopra descritti, il provvedimento in esame non destina nuove risorse,
impegna il Governo
a riconoscere un trattamento economico speciale a quanti prestano servizio nelle forze dell'ordine e nelle forze armate, in considerazione dei disagi e dei rischi affrontati quotidianamente.
9/2180-A/37.Bosi, Rao, Vietti, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.
La Camera,
premesso che:
i procuratori della Repubblica presso i tribunali di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Locri, Palmi, Paola, Reggio Calabria, Rossano e Vibo Valentia, e i procuratori della Repubblica presso i tribunali per i minorenni di Catanzaro e Reggio Calabria hanno stilato un documento in cui vengono avanzate alcune richieste al Ministro della giustizia, considerate imprescindibili e specificate;
secondo i magistrati, l'amministrazione della giustizia in Calabria sarebbe prossima al collasso, a causa di un grave deficit di organico: vi sono infatti scoperture pari ad una media del 40 per cento, ma con punte del 100 per cento per la procura presso il tribunale dei minorenni di Reggio Calabria;
tale situazione è effetto della recente legge sull'ordinamento giudiziario che fa divieto di destinare agli uffici di procura i giovani magistrati vincitori di concorso;
ne consegue che l'unica fonte di approvvigionamento degli uffici giudiziari del Sud, da sempre costituita dall'invio di magistrati vincitori di concorso destinati d'ufficio, risulta, per i soli uffici di procura, del tutto inaridita;
ad eccezione della prima destinazione, i magistrati possono essere trasferiti ad altra sede soltanto a loro domanda;
le disposizioni contenute nel provvedimento rischiano di intasare ancor di più i tribunali che rischiano la paralisi per la mancanza di personale,
impegna il Governo
ad adottare tutte le necessarie iniziative di competenza in modo da consentire, nel rispetto dei principi costituzionali, una adeguata dotazione organica di magistrati presso gli uffici delle procure calabresi.
9/2180-A/38.Occhiuto, Tassone, D'Ippolito Vitale.
La Camera,
premesso che:
presso il centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d'Isonzo in provincia di Gorizia si sono verificati alcuni gravi incidenti tra gli immigrati e tra questi ultimi e le Forze di polizia;
tali incidenti hanno evidenziato palesi sofferenze sotto il profilo della sicurezza, tanto per gli operatori quanto per gli stessi immigrati;
lo stesso comitato provinciale dell'ordine e sicurezza pubblica ha chiesto formalmente agli organi competenti dell'amministrazione centrale l'autorizzazione a ripristinare le cosiddette camere di parcellizzazione e/o compensazione, al fine di dividere i trattenuti, prevenire eventuali nuovi disordini, nonché evitare che l'etnia più numerosa assumesse pericolosamente predominanza sulle altre;
è stata altresì evidenziata la necessità di avviare alcuni importanti interventi infrastrutturali, quali il ripristino del sistema antincendio e di anti-intrusione, nonché l'installazione delle telecamere; nonostante il tempo trascorso e gli impegni formali assunti dal Ministero dell'interno di realizzare i predetti interventi, tali lavori non sono mai stati avviati, nemmeno a fronte della riconversione della struttura in parola da CPA - centro di prima accoglienza a CIE - centro di identificazione ed espulsione;
lo scorso 4 marzo 2009 il questore di Gorizia ha chiesto al prefetto di disporre l'impiego del personale del settore polizia di frontiera terrestre (circa 70 unità) nei servizi connessi al CIE isontino, dal momento che gli aggregati del reparto mobile sono assegnati solo in via temporanea e vengono progressivamente sottratte delle unità,
impegna il Governo
ad adottare ogni utile iniziativa volta ad eliminare le criticità citate, accogliendo in tempi rapidi le richieste avanzate dalla questura di Gorizia.
9/2180-A/39.Compagnon.
La Camera,
premesso che:
il Corpo nazionale vigili del fuoco, sul quale si incentra e ruota l'intero sistema di soccorso tecnico urgente del Paese a garanzia di sicurezza di tutti i cittadini, versa attualmente in uno stato di profondo disagio operativo tale da pregiudicare l'efficacia e l'efficienza nello svolgimento dei compiti assegnati;
la situazione, oramai drammatica in tutto il Paese, risulta essere ancor più aggravata in presenza di emergenza quale quella che stiamo vivendo in Abruzzo;
la pianta organica attuale conta 32.000 unità; essa però è comprensiva del personale tecnico ed amministrativo che non partecipa alle operazioni di soccorso: solamente 26.000 sono, infatti, gli operatori preposti al soccorso, suddivisi in 4 turni, per coprire il servizio delle 48 ore;
se si considerano i riposi compensativi, le licenze, le malattie e soprattutto i continui infortuni (generati anche da un maggior carico di lavoro per gli operatori) ne consegue che in Italia, giornalmente, a garantire il soccorso, l'incolumità delle persone, l'integrità dei beni nonché la salvaguardia del territorio vi sono solamente 4.000 unità dislocate su tutto il territorio nazionale;
per tamponare la continua emergenza, dovuta ad un'atavica crisi di organico, che entro la fine dell'anno raggiungerà margini apicali per il previsto pensionamento del 12-15 per cento del personale operativo, i comandi provinciali, distribuiti su tutto il territorio, si avvalgono quotidianamente del ricorso straordinario ai vigili del fuoco discontinui;
sarebbe, pertanto, indispensabile operare da subito a favore del Corpo nazionale il recupero del 100 per cento del turn over maturato a partire dall'anno in corso, attraverso la progressione verticale del personale discontinuo risultato idoneo, a seguito della procedura selettiva prevista dal comma 519 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007);
con l'assorbimento del personale discontinuo si avrebbe l'opportunità di sanare, almeno in parte ed in tempi brevi, la grave emergenza organica ripristinando l'operatività minima di tutti i comandi e distaccamenti permanenti presenti sul territorio e di colmare quello sbilanciamento appena descritto,
impegna il Governo
a fronte della grave situazione denunciata in premessa e per salvaguardare un livello qualitativo adeguato del servizio dei vigili del fuoco, ad intervenire per garantire le risorse umane necessarie allo svolgimento del prezioso ed insostituibile ruolo ad essi affidato a protezione della incolumità e sicurezza dei cittadini, ristabilendo una certezza del servizio, una risposta professionale, attraverso un utilizzo razionale delle risorse, procedendo in via prioritaria alla stabilizzazione dei vigili discontinui idonei.
9/2180-A/40.Volontè, Tassone, Occhiuto, Compagnon.
La Camera,
impegna il Governo
ad ogni utile iniziativa per salvaguardare un livello qualitativo adeguato del servizio dei vigili del fuoco.
9/2180-A/40.(Testo modificato nel corso della seduta)Volontè, Tassone, Occhiuto, Compagnon.
La Camera,
premesso che:
l'utilizzo da parte di molti giovani di armi o strumenti atti ad offendere rappresenta un fenomeno estremamente grave e in allarmante espansione: spesso, infatti, nell'ambito di litigi o risse, la presenza di coltelli o altre armi improprie aggrava le conseguenze dell'evento;
vi sono casi in cui alcuni strumenti atti ad offendere, la cui detenzione/porto senza giustificato motivo al di fuori delle mura domestiche è vietata, sono venduti liberamente da commercianti ambulanti, anche nei mercati;
sono frequenti nelle scuole gli episodi di bullismo, accompagnati talvolta dall'uso di armi improprie che rappresentano un forte pericolo per i minori,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti finalizzati all'inasprimento delle sanzioni attualmente previste per il porto di armi da taglio o strumenti atti ad offendere, all'introduzione di misure preventive (rivolte soprattutto ai giovani) che disciplinino l'utilizzo delle armi improprie ed alla limitazione del porto di coltelli o di strumenti atti ad offendere da parte dei minorenni in luoghi scolastici o impianti sportivi.
9/2180-A/41.Rao, Vietti, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato;
tale fattispecie non facilita le espulsioni né incide sul problema dell'effettività delle stesse;
l'irregolare già oggi può essere fermato, identificato ed espulso: il procedimento penale costituirebbe soltanto un aggravio delle procedure ed un aumento dei costi per lo Stato;
né si può pensare che l'introduzione di tale fattispecie di reato possa costituire un valido deterrente per chi è disposto anche a rischiare la propria vita per l'opportunità di un futuro migliore; a riprova di ciò, il fatto che, nonostante la ben più pesante sanzione attualmente prevista dall'articolo 14, comma 5-ter del decreto legislativo n. 286 del 1998 (reclusione da 1 a 4 anni) per chi non ottempera all'ordine di allontanamento del questore, pochissimi adempiono volontariamente;
a fronte di inesistenti benefici, la fattispecie incriminatrice avrebbe invece conseguenze pesanti sull'attività degli uffici giudiziari e delle forze di polizia, impegnate in una gravosa attività connessa al processo, con sicuro pregiudizio per gli interessi concreti in materia di sicurezza per i cittadini;
l'unico effetto della norma appare quello, assolutamente inaccettabile, di criminalizzare l'immigrato in quanto tale, indipendentemente dalla sua dignità di persona e dalle condizioni di povertà e bisogno che lo spingono a cercare fortuna in un altro paese,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di ridurre il fenomeno dell'immigrazione clandestina attraverso una politica più realistica che aumenti e renda più efficienti i canali di ingresso regolare nel nostro Paese, specialmente per quanto riguarda l'accesso al mercato del lavoro e i ricongiungimenti familiari.
9/2180-A/42.Capitanio Santolini, Pezzotta, Vietti, Rao, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.
La Camera,
premesso che:
l'associazione Casa Africa si occupa di formare gli immigrati in tutte le arti e mestieri, al fine di creare benessere ed istruire altre persone nella terra d'origine, in maniera tale da evitare loro l'esperienza della traversata;
iniziative come questa favoriscono un miglioramento socio-economico non soltanto per gli stati africani, ma anche per l'Italia, in quanto creano le premesse per avere mercati di sbocco dei nostri prodotti in questi paesi,
impegna il Governo
a valutare, alla luce dell'esperienza sopra descritta, l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa finalizzata ad una più ampia integrazione fra le popolazioni dell'Africa e quelle europee.
9/2180-A/43.Tassone.
La Camera,
premesso che:
l'associazione Casa Africa si occupa di formare gli immigrati in tutte le arti e mestieri, al fine di creare benessere ed istruire altre persone nella terra d'origine, in maniera tale da evitare loro l'esperienza della traversata;
iniziative come questa favoriscono un miglioramento socio-economico non soltanto per gli stati africani, ma anche per l'Italia, in quanto creano le premesse per avere mercati di sbocco dei nostri prodotti in questi paesi,
impegna il Governo
a valutare positivamente le associazioni o le ONG che svolgono attività di formazione degli stranieri nei paesi d'origine, in vista del loro ingresso regolare in Italia.
9/2180-A/43.(Testo modificato nel corso della seduta)Tassone.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
all'articolo 1, ai commi 16 e 17, è introdotto il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato;
la disciplina del procedimento penale per il nuovo reato prevede la presentazione immediata dell'imputato a giudizio innanzi al giudice di pace (con l'autorizzazione del pubblico ministero e limitatamente ai reati procedibili d'ufficio e in caso di flagranza di reato ovvero quando la prova è evidente) e lo svolgimento del relativo giudizio;
l'introduzione del reato di soggiorno irregolare, amplia in modo sostanziale i possibili soggetti perseguibili, includendo anche quanti si trovano nel Paese già da molti anni;
in Italia gli irregolari, tra quelli che entrano e quelli che soggiornano illegalmente, e che quindi verserebbero in una condizione di reità, ai quali si applicherebbe questa norma, alla data del luglio 2007 erano già 760.000;
tale platea dei processandi, considerando un costo di 650 euro ciascuno per il gratuito patrocinio, porterebbe il Paese, per lo svolgimento di tali processi, ad esser gravato da un costo di 400 milioni di euro, oltre i costi per il funzionamento dei giudici di pace conseguente all'enorme mole di lavoro aggiuntiva;
detta normativa prevede che il giudice di pace possa comminare un'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, cifra impensabile da pagare per colui che fa ingresso illegalmente in Italia, sanzione quindi chiaramente inapplicabile;
dal rapporto della Commissione europea sull'efficienza della giustizia (Cepej) del Consiglio d'Europa, sulla presenza di giudici in Italia emerge che negli uffici giudiziari è presente un numero di giudici di pace e di pubblici ministeri non commisurato al carico di lavoro che grava sui tribunali civili e penali, che sarà ancor più inadeguato in conseguenza dell'applicazione della normativa in esame;
pur riconoscendo il diritto sovrano dello Stato di regolare l'ingresso e il soggiorno degli stranieri,
impegna il Governo
a valutare le ricadute dell'applicazione della normativa di cui in premessa, al fine di predisporre tutte le opportune iniziative atte a far fronte al rilevante carico di lavoro sopra ipotizzato, comprese quelle volte a garantire i mezzi materiali e l'ampliamento dell'organico degli uffici dei giudici di pace e del pubblico ministero, anche al fine di recuperare un buon livello di efficacia dell'azione della magistratura, senza la quale i cittadini perdono speranza e fiducia nella funzione del potere giudiziario e le disposizioni enunciate rimangono puro flatus voci.
9/2180-A/44.Palomba, Aniello Formisano.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
all'articolo 1, ai commi 16 e 17, è introdotto il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato;
la disciplina del procedimento penale per il nuovo reato prevede la presentazione immediata dell'imputato a giudizio innanzi al giudice di pace (con l'autorizzazione del pubblico ministero e limitatamente ai reati procedibili d'ufficio e in caso di flagranza di reato ovvero quando la prova è evidente) e lo svolgimento del relativo giudizio;
l'introduzione del reato di soggiorno irregolare, amplia in modo sostanziale i possibili soggetti perseguibili, includendo anche quanti si trovano nel Paese già da molti anni;
in Italia gli irregolari, tra quelli che entrano e quelli che soggiornano illegalmente, e che quindi verserebbero in una condizione di reità, ai quali si applicherebbe questa norma, alla data del luglio 2007 erano già 760.000;
tale platea dei processandi, considerando un costo di 650 euro ciascuno per il gratuito patrocinio, porterebbe il Paese, per lo svolgimento di tali processi, ad esser gravato da un costo di 400 milioni di euro, oltre i costi per il funzionamento dei giudici di pace conseguente all'enorme mole di lavoro aggiuntiva;
detta normativa prevede che il giudice di pace possa comminare un'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, cifra impensabile da pagare per colui che fa ingresso illegalmente in Italia, sanzione quindi chiaramente inapplicabile;
dal rapporto della Commissione europea sull'efficienza della giustizia (Cepej) del Consiglio d'Europa, sulla presenza di giudici in Italia emerge che negli uffici giudiziari è presente un numero di giudici di pace e di pubblici ministeri non commisurato al carico di lavoro che grava sui tribunali civili e penali, che sarà ancor più inadeguato in conseguenza dell'applicazione della normativa in esame;
pur riconoscendo il diritto sovrano dello Stato di regolare l'ingresso e il soggiorno degli stranieri,
impegna il Governo
a valutare iniziative atte a far fronte al rilevante carico di lavoro sopra ipotizzato, comprese quelle volte a garantire i mezzi materiali e l'ampliamento dell'organico degli uffici dei giudici di pace e del pubblico ministero.
9/2180-A/44.(Testo modificato nel corso della seduta)Palomba, Aniello Formisano.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
all'articolo 1, ai commi 16 e 17 è introdotto il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato;
per quanto riguarda la disciplina del procedimento penale per il nuovo reato, si prevede la presentazione immediata dell'imputato a giudizio innanzi al giudice di pace (con l'autorizzazione del pubblico ministero e limitatamente ai reati procedibili d'ufficio e in caso di flagranza di reato, ovvero quando la prova è evidente) e lo svolgimento del relativo giudizio;
l'introduzione del reato di soggiorno irregolare, amplia in modo sostanziale i possibili soggetti perseguibili, includendo anche quanti si trovano nel Paese già da molti anni;
lo svolgimento del giudizio a presentazione immediata fa rinvio alla disciplina dibattimentale davanti al giudice di pace, caratterizzata da particolare celerità sia nella fase testimoniale e di assunzione di ulteriori mezzi di prova che in quella di redazione del verbale d'udienza e della sentenza, rispettivamente, previsti in forma riassuntiva ed abbreviata (nella motivazione);
le ulteriori regole dibattimentali specificamente confermano la sinteticità ed immediatezza dei due riti, in materia di citazione orale della persona offesa e dei testimoni da parte dell'ufficiale giudiziario (e della polizia giudiziaria, nell'ipotesi di citazione contestuale dell'imputato) e di presentazione diretta in dibattimento di testimoni e consulenti da parte del PM, dell'imputato e della parte civile;
è prevista, inoltre, la concessione all'imputato di un termine a difesa non superiore a 7 giorni nel rito di cui all'articolo 20-bis; non superiore a 48 ore in quello di cui all'articolo 20-ter (nuovi riti introdotti al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274),
impegna il Governo
ad adottare le necessarie iniziative, affinché l'applicazione inappropriata del diritto penale a immigrati irregolari, in connessione con il diritto sull'immigrazione, non conduca a limitazioni nell'esercizio e nel godimento di diritti umani, nonché a limitazioni del diritto alla difesa, solennemente sancito dalla Costituzione.
9/2180-A/45.Evangelisti, Leoluca Orlando.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
in particolare è ampliato - mediante una novella al comma 5 dell'articolo 14 del testo unico in materia di immigrazione - il periodo di trattenimento dello straniero nelle strutture denominate centri di identificazione ed espulsione (CIE) (già centri di permanenza temporanea ed assistenza) fino ad un massimo di 180 giorni;
la disposizione sembrerebbe finalizzata a rendere più efficaci le procedure di espulsione e respingimento attraverso il prolungamento del periodo di trattenimento degli stranieri irregolari nei CIE;
si sancisce che la detenzione amministrativa possa essere prorogata anche nel caso di mancata cooperazione al rimpatrio del cittadino del paese terzo interessato o di ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione da parte dei paesi terzi;
la norma si renderebbe necessaria, perché il tempo massimo previsto dal testo unico non è sufficiente, dal momento che alcuni Paesi di origine trasmettono con ritardo i documenti necessari all'espulsione oppure non consentono il rimpatrio di loro cittadini se non per poche unità per volta;
appare profondamente iniquo e lesivo delle libertà personali, che la durata della detenzione amministrativa sia estesa a causa dell'incapacità delle autorità dello stato ospitante di eseguire e accelerare una procedura finalizzata all'espulsione efficiente e con la dovuta diligenza;
rispetto a tale impostazione l'atteggiamento degli Stati di appartenenza finisce con incidere in maniera determinate sulla libertà personale del singolo;
diversi Stati stranieri non hanno interesse alcuno a collaborare per l'identificazione dei propri cittadini, in alcuni casi non ne hanno neanche le effettive capacità (non esiste ad esempio i molti di questi paesi un sistema di anagrafe sufficientemente sviluppato);
molti Paesi stranieri utilizzano i flussi migratori come strumento di pressione diplomatica nei confronti non solo dell'Italia ma anche di molte altre nazioni europee,
impegna il Governo
a farsi promotore, nelle sedi opportune, di una fattiva collaborazione tra i diversi Stati stranieri, affinché sia rafforzata la cooperazione internazionale di polizia anche mediante l'istituzione o il consolidamento di indispensabili nuclei centrali specializzati che diano il necessario aiuto alle forze territoriali.
9/2180-A/46.Paladini, Zazzera.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
si prevede che il sindaco, previa intesa con il prefetto, possa avvalersi del concorso di associazioni volontarie di cittadini non armati nel presidio del territorio - da iscrivere in un apposito elenco - con la finalità di segnalare alle forze di polizia situazioni di disagio sociale o eventi turbativi della sicurezza urbana;
tale norma potrebbe comportare una serie di conseguenze assolutamente negative, in quanto, mescolando istituzioni, organi di governo e milizie private in una assai preoccupante confusione di ruoli, si rischia infatti di fare dell'ordine pubblico mobilitato attraverso le «ronde» il terreno prevalente della politica;
le conseguenze prodotte potrebbero quindi essere destinate a mettere in discussione proprio quella sicurezza che si vorrebbe tutelare, dal momento che non sempre sarà possibile controllare l'operato dei «volontari», fortunatamente non armati, così come la reazione dei potenziali sorvegliati,
impegna il Governo
a mettere in campo una vera politica di sostegno al sistema sicurezza, e, quindi, di sostegno alle Forze dell'ordine, attraverso un massiccio potenziamento sotto il profilo delle risorse umane, strumentali ed economiche.
9/2180-A/47.Barbato, Rota.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
si dispone che il sindaco, previa intesa con il prefetto, possa avvalersi del concorso di associazioni volontarie di cittadini non armati nel presidio del territorio - da iscrivere in un apposito elenco - con la finalità di segnalare alle forze di polizia situazioni di disagio sociale o eventi turbativi della sicurezza urbana;
la cosidetta «questione sicurezza» è stato uno dei principali motivi di confronto dell'ultima campagna elettorale;
al di là di approcci di carattere propagandistico è evidente come nel nostro Paese esista effettivamente una richiesta ed un'esigenza legittima da parte della collettività, e cioè che siano difesi e garantiti livelli adeguati di sicurezza pubblica;
il Governo è intervenuto con provvedimenti specifici in alcuni casi particolarmente pubblicizzati proprio sulla questione sicurezza, e sono state prese iniziative che hanno suscitato non poche perplessità, anche a livello europeo;
resta fondamentale garantire il potere dissuasivo della legge, mantenere la certezza comune secondo cui chi infrange la legge è destinato ad assumersene le responsabilità, per questo è fondamentale investire su quei comparti che garantiscono quotidianamente con il loro lavoro la sicurezza dei nostri concittadini, è necessario investire su quelle professionalità che a rischio spesso della propria incolumità e della propria vita si impegnano a garantire la sicurezza delle nostre città e dei nostri paesi, verso questi uomini e donne abbiamo tutti un debito di riconoscenza morale;
la polizia di stato, l'arma dei carabinieri, la guardia di finanza, e con loro tutte le forze dell'ordine, sono corpi formati da uomini e donne capaci, impegnati tutti i giorni sul territorio; a loro dobbiamo rispetto, non è accettabile mortificarli, non si può ricorrere a continui richiami retorici, servono interventi seri che dimostrino concretamente l'impegno ed il sostegno delle istituzioni nei loro confronti, servono investimenti concreti non il richiamo all'istituzione di fondi generici;
le misure economiche finora adottate dal Governo nei confronti delle forze dell'ordine e della sicurezza pubblica comportano tagli per i prossimi tre anni per quasi tre miliardi di euro, prevedendo al contempo l'istituzione di fondi di carattere troppo generico;
da una parte si varano provvedimenti specifici sulla sicurezza, dall'altra contemporaneamente si tagliano i fondi alle forze dell'ordine;
i tagli previsti porteranno alla diminuzione di 40 mila unità nell'organico complessivo di forze dell'ordine e difesa; ci saranno problemi immediati per la manutenzione dei mezzi per l'acquisto della benzina, nonché per l'acquisto delle divise ed anche dei giubbotti antiproiettile,
impegna il Governo
ad intervenire in tempi rapidi, per delineare interventi concreti ed efficaci a sostegno delle forze dell'ordine delineando un piano organico di misure volte al potenziamento di uomini e strutture, indicando in maniera chiara le risorse economiche da mettere a disposizione delle forze dell'ordine.
9/2180-A/48.Scilipoti, Palagiano.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
la disposizione normativa introduce l'obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile, tra i quali sono inclusi anche gli atti di nascita;
l'ufficiale dello stato civile non potrà dunque ricevere la dichiarazione di nascita né di riconoscimento del figlio naturale da parte di genitori stranieri privi di permesso di soggiorno;
la disposizione normativa che impedisce la registrazione della nascita si configura come una misura che nega alla radice uno dei diritti principali della persona, oltre a scoraggiare una protezione del minore e della maternità;
i minori che non saranno registrati alla nascita resteranno privi di qualsiasi documento e totalmente sconosciuti alle istituzioni: bambini invisibili, senza identità e dunque esposti ad ogni violazione di quei diritti fondamentali che ai sensi della convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza devono essere riconosciuti ad ogni minore, senza alcuna discriminazione;
l'articolo 24, comma 2, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, firmato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, espressamente prevede che ogni bambino deve essere registrato immediatamente dopo la nascita ed avere un nome,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, volte a chiarire, eventualmente con disposizioni di interpretazione autentica, la materia, specificando meglio la portata della legge anagrafica adeguandola alle disposizioni di cui in premessa allo scopo di tutelare il diritto fondamentale di ogni minore a crescere nella propria famiglia.
9/2180-A/49.Di Giuseppe, Mura.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
si prevede che l'iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica sono subordinate alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico sanitarie dell'immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza, ai sensi delle vigenti norme sanitarie;
la disposizione coinvolge una platea molto ampia di soggetti;
dalle fonti ISTAT, sul solo capitolo del sovraffollamento dell'alloggio, si rileva che più di due milioni di famiglie si trovano ad occupare un alloggio che, per motivi storici, culturali o architettonici, non dispone degli standard di futura previsione normativa;
la conoscenza della realtà e delle prassi amministrative suggerisce che la norma graverà prevalentemente su famiglie e soggetti, non solo stranieri, che appartengono agli strati più deboli della popolazione e che non possono permettersi i costosi adeguamenti dell'immobile ove abitano;
la possibile perdita della residenza tuttavia, potrebbe avere, per le ragioni addotte in precedenza, conseguenze drammatiche sull'accelerazione dei processi di impoverimento e di espulsione dal tessuto sociale delle persone più deboli;
la pubblica amministrazione non appare adeguatamente dotata di risorse umane ed economiche per far fronte all'attività ispettiva che tale norma comporterebbe,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la legge 24 dicembre 1954, n. 1228, in materia anagrafica, per adeguarne gli effetti nel senso di una maggiore solidarietà sociale al mutato contesto demografico ed economico sociale del Paese.
9/2180-A/50.Pisicchio, Di Stanislao.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene numerose disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
in particolare si vincolano una serie di atti amministrativi, rendendo obbligatoria l'esibizione del permesso di soggiorno per ottenere il rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri fondamentali atti amministrativi necessari e presupposto ineludibile per il processo di integrazione dello straniero;
in primo luogo appare dubbia la correttezza logica, rispetto al fine dichiarato, di tale disposizione che ottiene il risultato di creare e produrre clandestinità, in secondo luogo si evidenzia, nel dispositivo proposto, la mancanza di rispetto nei confronti dei più elementari diritti dell'essere umano;
si vincolano, inoltre, al possesso del permesso di soggiorno anche tutti gli adempimenti previsti in caso di morte e, dunque, si impedisce una sepoltura dignitosa ad un essere umano, in contrasto con quel principio di pietas che contraddistingue lo sviluppo delle società civili;
la disposizione rischia di creare interi cimiteri clandestini e di estendere paradossalmente in maniera grottesca lo status di clandestinità oltre i confini della vita terrena,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a chiarire il senso delle norme contenute nel provvedimento in esame, nel senso di permettere, nel pieno rispetto delle dignità umana, agli stranieri, anche privi del permesso di soggiorno, il pieno diritto ad una sepoltura dignitosa.
9/2180-A/51.Borghesi.
La Camera,
premesso che:
la provincia di Brescia è composta da 206 Comuni con, una popolazione superiore a 1.200.000 abitanti con una presenza di immigrati regolari e clandestini di gran lunga maggiore alla media lombarda;
potendo contare in media su un agente di polizia di Stato ogni 535 abitanti Brescia è al penultimo posto della classifica italiana per rapporto abitanti/operatori di Polizia;
nel biennio 2005-2006, Brescia ha registrato un incremento di tutti i reati comuni, in particolare di omicidi e furti in appartamento;
la provincia di Brescia ha il triste primato per incidenti stradali;
la Questura di Brescia ha ottenuto nuovi posti in organico in regime di aggregazione ben al dì sotto di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto ministeriale del 16 marzo 1989 per i reparti di Polizia della provincia di Brescia; l'ufficio immigrazione di Brescia negli ultimi anni ha subito un carico di lavoro crescente malgrado il tentativo di ripartizione del lavoro tra Comune e Questura; sofferenze di organico vengono lamentate anche dagli Uffici che si occupano di Polizia giudiziaria e di prevenzione di reati come la squadra mobile, la Digos e la Squadra volante e così pure la Polizia scientifica che da qualche tempo denuncia scarsezza dì personale e carichi di lavoro arretrato; la Polstrada risulta sotto organico, come anche la Polizia ferroviaria, quella Postale e delle Telecomunicazioni;
il 28 luglio 2008 il Ministro degli Interni ha siglato col sindaco di Brescia il patto per Brescia città Sicura al fine di incrementare le attività del Poliziotto, del Carabiniere di quartiere e del Vigile dì quartiere negli interventi tesi ad elevare i livelli di sicurezza e vivibilità urbana, con lo studio di nuove proposte per migliorare ulteriormente gli effetti di prevenzione nel presidio capillare dei territorio;
il diritto alla sicurezza ed alla qualità della vita urbana costituisce una priorità che richiede, a fronte di problematiche complesse, l'azione congiunta e sinergica di più livelli di Governo;
appare necessario prevenire e contrastare il senso di insicurezza dei cittadini bresciani, suscettibile di incidere in prospettiva sulle abitudini di vita e sulla vivibilità della città;
la città di Brescia, complesso urbano attrattivo per il benessere offerto, è polo dì attrazione per numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi, che si sono stabilmente insediati, anche abusivamente, nel territorio;
la sensazione di insicurezza risulta accresciuta dal radicamento di alcuni fenomeni sintomatici di un diffuso disagio sociale, come il consumo, lo spaccio di droga e la prostituzione di strada, anche minorile;
le fasce «deboli» - quali anziani, donne e minori - risultano essere quelle che maggiormente possono percepire un crescente senso dì insicurezza,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità dì adottare idonei provvedimenti al fine di incrementare le unità operative di Pubblica sicurezza operanti nella provincia di Brescia, affinché possano svolgere con maggiore incisività e produttività un adeguato controllo sul territorio.
9/2180-A/52.Caparini, Volpi, Fava.
La Camera,
premesso che:
la provincia di Brescia è composta da 206 Comuni con, una popolazione superiore a 1.200.000 abitanti con una presenza di immigrati regolari e clandestini di gran lunga maggiore alla media lombarda;
potendo contare in media su un agente di polizia di Stato ogni 535 abitanti Brescia è al penultimo posto della classifica italiana per rapporto abitanti/operatori di Polizia;
nel biennio 2005-2006, Brescia ha registrato un incremento di tutti i reati comuni, in particolare di omicidi e furti in appartamento;
la provincia di Brescia ha il triste primato per incidenti stradali;
la Questura di Brescia ha ottenuto nuovi posti in organico in regime di aggregazione ben al dì sotto di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto ministeriale del 16 marzo 1989 per i reparti di Polizia della provincia di Brescia; l'ufficio immigrazione di Brescia negli ultimi anni ha subito un carico di lavoro crescente malgrado il tentativo di ripartizione del lavoro tra Comune e Questura; sofferenze di organico vengono lamentate anche dagli Uffici che si occupano di Polizia giudiziaria e di prevenzione di reati come la squadra mobile, la Digos e la Squadra volante e così pure la Polizia scientifica che da qualche tempo denuncia scarsezza dì personale e carichi di lavoro arretrato; la Polstrada risulta sotto organico, come anche la Polizia ferroviaria, quella Postale e delle Telecomunicazioni;
il 28 luglio 2008 il Ministro degli Interni ha siglato col Sindaco di Brescia il patto per Brescia città Sicura al fine di incrementare le attività del Poliziotto, del Carabiniere di quartiere e del Vigile di quartiere negli interventi tesi ad elevare i livelli di sicurezza e vivibilità urbana, con lo studio di nuove proposte per migliorare ulteriormente gli effetti di prevenzione nel presidio capillare del territorio;
il diritto alla sicurezza ed alla qualità della vita urbana costituisce una priorità che richiede, a fronte di problematiche complesse, l'azione congiunta e sinergica di più livelli di Governo;
appare necessario prevenire e contrastare il senso di insicurezza dei cittadini bresciani, suscettibile di incidere in prospettiva sulle abitudini di vita e sulla vivibilità della città;
la città di Brescia, complesso urbano attrattivo per il benessere offerto, è polo dì attrazione per numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi, che si sono stabilmente insediati, anche abusivamente, nel territorio;
la sensazione di insicurezza risulta accresciuta dal radicamento di alcuni fenomeni sintomatici di un diffuso disagio sociale, come il consumo, lo spaccio di droga e la prostituzione di strada, anche minorile;
le fasce «deboli» - quali anziani, donne e minori - risultano essere quelle che maggiormente possono percepire un crescente senso di insicurezza,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di idonei provvedimenti al fine di incrementare le unità operative di Pubblica sicurezza operanti nella provincia di Brescia.
9/2180-A/52.(Testo modificato nel corso della seduta)Caparini, Volpi, Fava.
La Camera,
premesso che:
la Corte costituzionale sin dalle sentenze n. 120 del 1967 e n. 104 del 1969 ha affermato che, pur essendo vero che l'articolo 3 della Costituzione italiana si riferisce espressamente ai soli cittadini, è anche certo che il principio di eguaglianza vale pure per lo straniero quando trattisi di rispettare i diritti fondamentali e inviolabili della persona umana;
la Corte costituzionale nella sentenza n. 252 del 2001 - richiamando altresì le sentenze n. 267 del 1998, n. 309 del 1999 e n. 509 del 2000 - ha chiarito che in ambito sanitario esiste un nucleo irriducibile di tutela della salute quale diritto fondamentale della persona che deve essere riconosciuto anche agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l'ingresso ed il soggiorno nello Stato;
la Corte costituzionale nella sentenza n. 432 del 2005 ha esteso questo nucleo irriducibile di diritti anche all'ambito dell'assistenza sociale, dichiarando incostituzionale una legge della regione Lombardia nella parte in cui non include i cittadini stranieri residenti nella regione Lombardia tra gli aventi il diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea riconosciuto alle persone totalmente invalide per cause civili;
la Corte costituzionale nella sentenza n. 306 del 2008 ha stabilito altresì che sia manifestamente irragionevole subordinare l'attribuzione di una prestazione assistenziale quale l'indennità di accompagnamento al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno in Italia che richiede per il suo rilascio, tra l'altro, la titolarità di un reddito e che siffatta irragionevolezza incida sul diritto alla salute;
la giurisprudenza della Corte Costituzionale ivi richiamata è pertanto definibile come estensiva dei diritti fondamentali nei confronti dei cittadini stranieri avendo essa ripetutamente sostenuto che il principio costituzionale di uguaglianza non tollera discriminazioni fra la posizione del cittadino e quella dello straniero;
l'articolo 6, comma 2 del decreto legislativo n. 286 del 1998, recante il Testo Unico sull'immigrazione, attualmente in vigore, stabilisce, senza dare adito a dubbi interpretativi, che, fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi, i cittadini stranieri debbano esibire la carta o il permesso di soggiorno agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di loro interesse;
l'articolo 1, comma 22, lettera f), del disegno di legge in esame, così come modificato dall'emendamento governativo n. 1.1000, prevede una modifica al suddetto articolo 6, comma 2 del decreto legislativo n. 286 del 1998, limitando le eccezioni all'obbligo di esibizione della carta e del permesso di soggiorno e disponendo che il cittadino straniero non sia tenuto a mostrare il permesso di soggiorno solo nei casi inerenti all'accesso alle prestazioni sanitarie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo n. 286 del 1998 - ovvero quelle prestate a cittadini stranieri non iscritti al Sistema sanitario nazionale - e a quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie;
la nuova formulazione dell'articolo 6, comma 2 del decreto legislativo n. 286 del 1998 che verrebbe introdotta dall'articolo 1, comma 22, lettera f) del provvedimento in esame introdurrebbe un certo grado di equivocità e ambiguità nel Testo unico sull'immigrazione in quanto non chiarirebbe le tipologie di atti il cui rilascio verrebbe vincolato all'obbligo di esposizione del permesso di soggiorno;
tale disposizione avrebbe un effetto negativo sulle donne non titolari di permesso di soggiorno le quali, anche a fronte dell'introduzione del reato di immigrazione clandestina che il provvedimento in esame introduce all'articolo 1, comma 16, lettera a) capoverso «10-bis», avrebbero timore a recarsi per il parto presso le strutture pubbliche con conseguenze facilmente immaginabili per la loro salute e quella dei nascituri;
è ragionevole supporre che la disposizione in esame, ambiguamente formulata, potrebbe implicare come conseguenza l'impedimento della registrazione della nascita dei bambini e comunque il loro riconoscimento da parte di genitori non in possesso di carta o permesso di soggiorno;
tale disposizione potrebbe implicare la limitazione del diritto del minore di essere registrato senza alcuna discriminazione - e dunque indipendentemente dalla nazionalità e dalla regolarità del soggiorno del genitore - immediatamente al momento della sua nascita, il diritto ad avere un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi, nonché il diritto a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari così come previsto dagli articoli 7 e 8 della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 20 novembre 1989;
è ragionevole supporre che la concessione temporanea di un permesso di soggiorno per cure mediche di cui la donna in gravidanza potrebbe usufruire non elimina le forti criticità della disposizione in esame dal momento che l'ottenimento del permesso di soggiorno è comunque vincolato al possesso e all'esibizione del passaporto e la sua natura temporanea avrebbe comunque l'effetto, allo scadere dei tempi attestati dal certificato sanitario, di allontanare la madre dal figlio;
al marito della donna rimarrebbe comunque preclusa la possibilità di riconoscere il proprio bambino e questo evidentemente comporta una lesione del diritto di uno dei genitori di riconoscere i propri figli e dei minori di essere a loro volta riconosciuti e tutelati da entrambi i genitori;
la norma in esame, in combinato disposto con l'impossibilità per gli immigrati di contrarre matrimoni senza il permesso di soggiorno, implicherebbe l'impossibilità per il padre naturale di riconoscere il proprio figlio, anche in questo caso ledendo i diritti del genitore e del minore;
per le suddette ragioni la disposizione in esame si pone in netta controtendenza rispetto alla costante giurisprudenza della Corte costituzionale sopra citata, comportando una evidente riduzione del godimento di diritti fondamentali da parte dei cittadini stranieri,
impegna il Governo:
ad adottare, in sede applicativa, un'interpretazione della disposizione citata in premessa conforme ai principi della giurisprudenza costituzionale tendenti a riconoscere anche agli stranieri i diritti fondamentali della persona;
ad indicare con chiarezza e in conseguenza della suddetta impostazione giurisprudenziale, quali siano nominativamente gli atti per cui sussiste l'obbligo di esibizione del permesso di soggiorno e quali gli atti per cui tale obbligo non sussiste;
a garantire che, nonostante l'equivoca formulazione della disposizione in esame, non sia in ogni caso pregiudicata la tutela dei diritti dei minori e delle madri.
9/2180-A/53.Zaccaria, Braga.
La Camera,
in sede di esame dell'A.C. 2180-A, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica,
impegna il Governo
a rivedere le regole del patto di stabilità interno in modo da escludere le spese effettuate dai comuni per l'assunzione dei vigili urbani da quelle rilevanti ai fini dell'applicazione del patto stesso, in modo da garantire un maggiore controllo del territorio.
9/2180-A/54.Andrea Orlando, Braga.
La Camera,
premesso che:
al termine della XV legislatura la Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari aveva approvato, all'unanimità, una relazione che si concludeva con una serie di proposte di modifica, tendenti a garantire un vero riconoscimento, da parte dello Stato, del grande contributo che i testimoni di giustizia hanno dato e che continuano a dare alla lotta alla criminalità organizzata;
in questi giorni, invece, si ha notizia di testimoni di cui è stata rilevata l'identità (non sappiamo se per incapacità o altro), la località in cui vivono sotto protezione, di testimoni cui è stata tolta la scorta e di altri che vedono la loro vicenda resa pubblica negli atti dei processi. Tutto ciò non fa altro che aumentare la sfiducia nei confronti dello Stato e della lotta alle mafie e rende, ai loro occhi, la scelta di svolgere appieno il loro dovere di cittadini un errore;
in nessuno dei provvedimenti sulla sicurezza il Governo ha ritenuto di dover inserire una sola norma che riguardasse il miglioramento delle leggi attuali. Anche una proposta semplice come l'assunzione dei testimoni che ne fanno richiesta alle pubbliche amministrazioni ha trovato la totale chiusura da parte del Governo e della maggioranza; sarebbe importante varare misure per favorire il ruolo importante dei testimoni di giustizia,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative normative volte a recepire le proposte contenute nella relazione sui testimoni di giustizia approvate dalla Commissione parlamentare antimafia nella XV legislatura.
9/2180-A/55.Laganà Fortugno.
La Camera,
premesso che:
le norme incriminatrici del riciclaggio (articolo 648-bis del codice penale) e dell'impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articolo 648-ter del codice penale) escludono, tra i soggetti attivi di entrambi i delitti in questione, il concorrente nei reati presupposti, non consentendo quindi l'incriminazione del cosiddetto «autoriciclaggio» o «autoreimpiego»;
tale esclusione suscita perplessità a livello istituzionale, sia nel contesto internazionale (essendo stata censurata espressamente dal Fondo monetario internazionale nel «Detailed Assessment Report on Anti-Money Laundering and Combating the Financing of Terrorism»), sia in quello interno: il Governatore della Banca d'Italia, durante l'audizione presso il Senato della Repubblica, il 15 luglio 2008, ha auspicato una riforma della disciplina tesa a perseguire per tali delitti anche l'autore del reato presupposto (cosiddetto «autoriciclaggio»);
il procuratore nazionale antimafia, audito presso la I e II Commissione della Camera, ha sostenuto la necessità di introdurre già nell'AC 2180 le necessarie modifiche normative per punire l'autoriciclaggio,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative normative volte ad eliminare, nelle fattispecie criminose di cui agli articoli 648-bis e 648-ter, la clausola di esclusione concernente gli autori (eventualmente a titolo di concorso) nel delitto presupposto.
9/2180-A/56.(Nuova formulazione) Marchi.
La Camera,
premesso che:
è necessario e urgente poter disporre di nuovi agenti delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare;
il ricorso ad eventuali procedure concorsuali, che sono comunque riservate per legge ai volontari delle Forze armate, comporta tempi più lunghi,
impegna il Governo
al fine di garantire la massima tempestività nelle immissioni in ruolo, a trarre il contingente dei reclutandi nelle carriere iniziali delle Forze di polizia, ricorrendo prioritariamente ai volontari delle Forze Armate già risultati idonei o non vincitori per mancanza di posti, a prestare servizio nei corpi di polizia ad ordinamento civile e militare.
9/2180-A/57.Villecco Calipari, Minniti.
La Camera,
premesso che:
sempre più spesso si ha notizia di raduni musicali, i cosiddetti «rave party», organizzati senza alcuna autorizzazione, in luoghi non appositamente predisposti, e che sovente si svolgono in condizioni igienico-sanitarie precarie o carenti, senza alcuna garanzia di sicurezza per i partecipanti e che comportano pesanti disagi per la popolazione residente nei pressi dei luoghi ove tali raduni hanno luogo;
nel nostro Paese mancano specifiche disposizioni normative tendenti a regolamentare un fenomeno che sta assumendo dimensioni sempre più vaste e che dovrebbe, quindi, essere sottoposto a doverose e logiche misure limitative;
nei maggiori paesi europei i «rave party» sono soggetti a una precisa e dettagliata regolamentazione, la quale impedisce a questi raduni di danneggiare la sicurezza dei partecipanti, della cittadinanza residente e del territorio;
anche in Italia si avverte ormai la necessità di intervenire a livello normativo attraverso delle disposizioni che obblighino gli organizzatori ad adempiere ad alcune precise condizioni riguardanti: l'autorizzazione dell'ente competente o del proprietario a occupare il terreno; l'indicazione del numero dei partecipanti e dei mezzi destinati a garantire l'ordine pubblico, la sicurezza e l'incolumità dei partecipanti; la predisposizione dell'elenco di quanti prestano la loro opera lavorativa nello svolgimento della manifestazione e la presentazione delle dichiarazioni di rispetto e conformità alla legislazione vigente in materia di inquinamento acustico, di igiene pubblica e di rispetto ambientale,
impegna il Governo
a valutare, nell'ambito delle sue proprie prerogative, il modo migliore per garantire la sicurezza dei cittadini rispetto ad un fenomeno che non può più essere appaltato alla pura casualità e all'improvvisazione organizzativa e logistica, assicurando la predisposizione di tutte le misure necessarie al corretto svolgimento di tali manifestazioni.
9/2180-A/58.Lovelli.
La Camera,
impegna il Governo
ad una particolare attenzione per le esigenze di sicurezza connesse ai raduni musicali denominati rave party.
9/2180-A/58.(Testo modificato nel corso della seduta)Lovelli, Giorgio Merlo.
La Camera,
premesso che:
nell'ambito dell'esame del disegno di legge dal titolo «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», il comma 22 dell'emendamento del Governo 1.1000 reca numerose modifiche al testo unico in materia di immigrazione, con l'obiettivo di rendere maggiormente restrittive le condizioni per l'ingresso degli stranieri;
in realtà nel Paese sono presenti migliaia di cittadini stranieri che svolgono un'attività lavorativa remunerata e, nei fatti, soddisfano tutte le garanzie, sia dal punto di vista della disponibilità di mezzi di sostentamento che della idonea sistemazione alloggiativa, per poter richiedere il permesso di soggiorno e poter regolarizzare la propria presenza;
la normativa vigente, inoltre, non prevede la possibilità per il cittadino straniero di richiedere un permesso di ingresso per motivi di inserimento o di ricerca nel mercato del lavoro che possa essere rilasciato, su richiesta, al lavoratore straniero che soddisfi le condizioni per il soggiorno in Italia e che mostri la disponibilità effettiva in Italia, per l'intera durata del periodo di soggiorno, di idonea sistemazione alloggiativa o mezzi sufficienti per provvedervi, mezzi sufficienti a coprire le spese di rimpatrio, mezzi di sostentamento in misura non inferiore, per ciascun mese, all'importo mensile dell'assegno sociale, una somma necessaria al pagamento del contributo previsto per l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale ovvero una polizza assicurativa per le cure mediche urgenti o comunque essenziali anche a carattere continuativo valida per il territorio nazionale;
il permesso di soggiorno citato potrebbe essere rilasciato per la durata pari al periodo per il quale è stata dimostrata la disponibilità dei requisiti e comunque per un periodo non inferiore ad un anno;
ai requisiti sopra descritti può concorrere o sostituirsi la garanzia o la prestazione stessa da parte di cittadino italiano o di cittadino straniero titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo ovvero di carta di soggiorno per familiare di cittadino comunitario, ovvero di enti locali, regioni, province autonome o associazioni, sindacati e patronati;
nel caso in cui lo straniero non risulti svolgere attività lavorativa alla scadenza del termine e all'uscita dall'Italia, sarebbe tenuto a riconsegnare il permesso di soggiorno alle autorità competenti, pena la segnalazione al sistema d'informazione Schengen previsto dall'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, reso esecutivo dalla legge 30 settembre 1993, n. 388;
il titolare di permesso di soggiorno per motivi di inserimento o di ricerca nel mercato del lavoro deve avere la facoltà di svolgere ogni attività. Ai fini retributivi e contributivi si applicano, in caso di prestazioni occasionali, le disposizioni sulle prestazioni occasionali di lavoro accessorio, di cui all'articolo 72 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni;
il permesso di soggiorno per motivi di inserimento o di ricerca nel mercato del lavoro dovrebbe essere convertito su richiesta, in presenza dei requisiti previsti dalla normativa vigente qualunque sia la durata per la quale è stato rilasciato, in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo o di lavoro stagionale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito di un complessivo riordino della normativa in materia, la possibilità per i lavoratori stranieri di poter usufruire di un permesso di soggiorno denominato permesso di ingresso per motivi di inserimento o di ricerca nel mercato del lavoro, al fine di consentire ai cittadini stranieri, aventi i requisiti precisati in premessa, sia per quanto riguarda i mezzi di sostentamento che l'idonea sistemazione alloggiativa, di potersi dedicare alla ricerca di un'occupazione altrimenti difficile dall'estero senza che l'eventuale datore di lavoro possa avere conoscenza diretta del cittadino straniero in questione.
9/2180-A/59.Bobba, Damiano, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 22, lettera f), del disegno di legge in esame, modificando l'articolo 6 del testo unico sull'immigrazione, impedisce di compiere atti dello stato civile e di accedere ai servizi pubblici agli stranieri che non siano in possesso del titolo di soggiorno. La norma, che tra le sue conseguenze impedisce la registrazione della nascita, si configura come una misura che ostacola la protezione del minore e della maternità. Peraltro la possibilità della donna in gravidanza di ottenere un permesso per cure mediche per il tempo attestato dal certificato sanitario non riconosce espressamente il diritto al riconoscimento e si presta a dubbi interpretativi. In ogni caso, per poter ottenere il permesso, la madre dovrebbe autodenunziarsi al questore del reato di ingresso illegale nello Stato, introdotto dall'articolo 1, comma 16, del disegno di legge in esame. Inoltre, verrebbe poi privato del diritto al riconoscimento del figlio il padre naturale. Ciò nonostante la Corte Costituzionale, con sentenza n. 376 del 2000, abbia dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 17, comma 2, lettera d), della legge 6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), ora sostituito dall'articolo 19, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (recante testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio;
una simile norma comporta una palese violazione del dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (articolo 31, secondo comma, Cost.) e sfavorisce il diritto-dovere costituzionale dei genitori di mantenere i figli (articolo 30, primo comma, Cost.);
la stessa legge «Bossi-Fini» obbliga la Repubblica italiana a garantire allo straniero i diritti fondamentali della persona ed il rispetto delle Convenzioni internazionali;
la norma è invece in contrasto con la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 20 novembre 1989 che riconosce a ogni minore, senza alcuna discriminazione (dunque indipendentemente dalla nazionalità e dalla regolarità del soggiorno del genitore), il diritto di essere «registrato immediatamente al momento della sua nascita», il diritto «ad un nome, ad acquisire una cittadinanza ed a crescere nella sua famiglia e a non essere allontanato da essa, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi», nonché il diritto «a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni famigliari»;
il rischio di questa grave violazione dei diritti della persona e del minore è stata evidenziata durante le audizioni da molte associazioni e da documenti dell'associazione nazionale dei magistrati minorili e della famiglia, dall'associazione studi giuridici sull'immigrazione, da «Save the children» e da moltissime associazioni cattoliche come le Acli e la Comunità di S. Egidio, eccetera;
la norma è altresì in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo che garantisce il diritto a formare una famiglia come diritto inviolabile di ogni persona;
tale norma non trova corrispondenza in nessuna politica di altri Paesi europei impegnati nella gestione dei flussi migratori, come ad esempio Germania, Francia, Inghilterra e Spagna;
le conseguenze di tale modifica normativa potrebbero essere gravissime: i bambini non registrati alla nascita resterebbero senza identità, completamente invisibili; vi è inoltre il forte rischio che i bambini nati in ospedale non vengano dichiarati dai genitori privi di permesso di soggiorno e siano dichiarati in stato d'abbandono e così avviati alle procedure di adottabilità; per evitare questo rischio è probabile che molte donne in condizione irregolare decidano di non partorire in ospedale, con serissimi rischi per la salute della madre e del bambino, consegnando i bambini ed i loro genitori alla clandestinità, con conseguente rafforzamento delle organizzazione criminali,
impegna il Governo
ad attivarsi affinché la norma di cui all'articolo 1, comma 22, lettera f), sia interpretata nel senso indicato dal sottosegretario Mantovano il 28 aprile nel corso della seduta congiunta delle Commissioni I e II in sede referente, cioè che la «disposizione in esame ha unicamente lo scopo di evitare che gli stranieri privi del permesso di soggiorno possano ottenere licenze commerciali e atti similari, mentre tutte le altre ipotesi prospettate dall'opposizione sono al di fuori della norma.», a tal fine adottando circolari interpretative da diramare a tutti gli uffici di stato civile in cui si esonera dall'esibizione del permesso di soggiorno per tutti gli atti relativi all'iscrizione della nascita e per la dichiarazione di riconoscimento del figlio, in attuazione dei principi di cui agli articoli 2, 3, 30 e 31 della Costituzione.
9/2180-A/60.Capano, Zampa, De Biasi, Ferranti, Rossomando, Codurelli, Lenzi, Schirru, Concia.
La Camera,
impegna il Governo
ad applicare la norma di cui all'articolo 1, comma 22, lettera f), nel senso che essa non fa alcun riferimento alla dichiarazione di nascita del figlio o al riconoscimento dello stesso e ciò anche attraverso eventuali circolari interpretative.
9/2180-A/60.(Testo modificato nel corso della seduta)Capano, Zampa, De Biasi, Ferranti, Rossomando, Codurelli, Lenzi, Schirru, Concia.
La Camera,
in sede di esame del disegno di legge n. 2180, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica,
impegna il Governo:
a destinare le somme di denaro, con i relativi interessi, nonché le somme ed i proventi derivanti da titoli al portatore, da titoli emessi o garantiti dallo Stato anche se non al portatore, da valori di bollo, da libretti di deposito, polizze assicurative e da ogni altra attività finanziaria a contenuto monetario o patrimoniale, acquisiti dall'Erario dello Stato a seguito di sequestro nell'ambito del procedimento per applicazione di misure di prevenzione e/o confisca con provvedimento irrevocabile nei procedimenti penali e amministrativi aventi ad oggetto i reati di mafia, usura e per reati di estorsione ed affluite al Fondo unico Giustizia per metà al Ministero dell'interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico e per metà al Ministero della giustizia per assicurare il funzionamento e il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali;
a prevedere che i fondi siano destinati in un'ottica risarcitoria delle comunità locali e di potenziamento delle risorse destinate alla lotta contro la criminalità organizzata e quindi con un criterio di ridistribuzione su base regionale e proporzionale ai valori ivi sequestrati o confiscati;
a destinare tutti i proventi derivanti dai beni mobili e dalle somme di denaro sequestrati o confiscati, garantendo interventi di solidarietà in favore di vittime di reati di tipo mafioso e di usure e per le vittime di richieste estorsive e per il miglioramento delle condizioni di vita dei territori in cui opera la criminalità organizzata;
a destinare tali somme per l'alimentazione del Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive ed usuraie e del Fondo di rotazione per la solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso;
ad istituire un fondo di rotazione destinato ad assicurare copertura finanziaria agli enti territoriali assegnatari per gli interventi di realizzazione o la manutenzione di strutture pubbliche, puntando al risanamento dei quartieri urbani degradati per la prevenzione e il recupero di condizioni di disagio e di emarginazione.
9/2180-A/61.Antonino Russo.
La Camera,
premesso che:
l'emendamento 2.1000, comma 23, interviene sull'articolo 4 della legge n. 512 del 1999, istitutiva del fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime della mafia, per escludere gli enti dalle categorie di soggetti che possono ottenere indennizzi dal fondo;
per tali soggetti sarà possibile soltanto ottenere, a carico del fondo, un rimborso delle spese processuali;
questa norma rischia di danneggiare i piccoli comuni ad alta densità mafiosa che costituendosi parte civile offrono una testimonianza di coraggio e di rottura di qualsiasi connivenza tra pubblica amministrazione. e criminalità organizzata, diventando punto di riferimento concreto di tanti cittadini spaventati,
impegna il Governo
ad attivarsi affinché sia offerto un sostegno concreto ai Comuni che si costituiscono parte civile nei processi di mafia.
9/2180-A/62.Samperi, Ferranti, Amici.
La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà, e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la nostra Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
la limitazione al diritto a contrarre matrimonio, alla protezione dei minori e della maternità, così come la limitazione della residenza, a cui segue l'impossibilità di godere di numerosi diritti civili, nonché l'introduzione del reato di immigrazione clandestina, che prevede una sanzione penale per quello che si è e non per quello che si fa, sono evidenti e reiterate violazioni del principio di uguaglianza della nostra Carta costituzionale che vieta qualsiasi discriminazione basata su razza, lingua e religione e impegna la Repubblica rimuovere tutti gli ostacoli economico-sociali che, di fatto, impediscono il pieno sviluppo della persona umana;
il provvedimento in esame contiene norme gravemente vessatorie, oltre che palesemente inefficaci rispetto alla necessità di «governare» veramente e in modo efficace il complesso fenomeno dell'immigrazione, rispetto al quale la politica della maggioranza di Governo si è rivelata totalmente fallimentare: sbarchi raddoppiati, centri di identificazione al collasso, italiani sempre più impauriti;
rendendo ogni immigrato irregolare, ovvero un fuorilegge, la situazione, ad avviso dei presentatori, potrà solo peggiorare, verranno veramente penalizzati non i delinquenti, ma i cittadini normali, saranno le badanti, i muratori, chi lavora nelle fabbriche e per qualche ragione non riuscirà a rinnovare il permesso di soggiorno, a pagarne le conseguenze;
il Governo ha pressoché azzerato nel corso della manovra finanziaria i fondi per le politiche dell'integrazione,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative volte a ripristinare con urgenza i fondi per l'integrazione e l'inclusione sociale.
9/2180-A/63.Calvisi.
La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà, e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
l'articolo 1, comma 25, in particolare, prevede che condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno sarà la stipula contestuale da parte del richiedente di un Accordo di integrazione, articolato per crediti, con l'impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno;
in base alla medesima disposizione la perdita integrale dei crediti determinerà automaticamente la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, senza che la norma medesima chiarisca, neppure orientativamente, quali sono i criteri e le modalità che possono condurre alla perdita dei suddetti crediti, e dunque alla sanzione costituita dalla revoca immediata del permesso di soggiorno e dall'espulsione, né si comprende se il mancato raggiungimento degli obiettivi di integrazione, genericamente indicati nella norma in esame, è condizione sufficiente, ed eventualmente in quale misura, a determinare la perdita di tali crediti;
tale disposizione nella sua genericità appare inserirsi nel novero di quelle norme, ad avviso dei presentatori, inutilmente vessatorie, che, senza distinguere tra immigrati regolari e irregolari, e senza minimamente risultare efficaci sotto il profilo della sicurezza, puntano sostanzialmente a rendere la vita difficile anche ai quei migranti che, ricercati per ragioni di lavoro nel nostro paese, hanno titolo per richiedere un permesso di soggiorno;
né appare sufficiente, in tal senso, il mero rinvio operato dalla norma in esame ad un futuro regolamento governativo, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge; trattandosi, infatti, di materia sensibile che incide su diritti fondamentali della persona, e potendo la perdita di crediti determinare l'espulsione in via immediata di uno straniero già in possesso di un permesso di soggiorno, appare, anche sotto il rispetto delle garanzie costituzionali, del tutto insufficiente il generico rinvio ad una norma di rango secondario, che non verrà neppure sottoposta, in ordine a criteri e modalità, all'esame del Parlamento,
impegna il Governo
a presentare al Parlamento, entro tre mesi dall'approvazione della presente legge, una relazione dettagliata in ordine ai criteri, requisiti e modalità che potranno determinare la perdita dei crediti, e che saranno inseriti nel futuro regolamento, e a valutare l'opportunità di non prevedere, in ogni caso, fattispecie normative ulteriori, rispetto a quelle già vigenti, in ordine alla perdita del permesso di soggiorno e all'espulsione, che possano risultare solo inutilmente vessatorie.
9/2180-A/64.Fontanelli.
La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà, e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la nostra Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
le soluzioni proposte dal disegno di legge in esame appaiono inoltre del tutto inefficaci ed anzi controproducenti, rispetto alla necessità di governare il fenomeno dell'immigrazione, per sua natura estremamente complesso, poiché si tratta unicamente di misure «manifesto», di contenuto prettamente vessatorio, volte unicamente ad impedire ed ostacolare l'inclusione e l'integrazione dello straniero;
in particolare il disegno di legge introduce un'unica fattispecie di reato, comprensiva sia dell'ingresso illegale che della permanenza oltre il consentito sul territorio dello Stato, il cosiddetto «reato di clandestinità» che uniforma in un unico trattamento sanzionatorio le posizioni di chi è entrato clandestinamente e di chi, pur entrato regolarmente, si sia trattenuto in Italia più del consentito, pur senza mai aver disobbedito ad un provvedimento di espulsione;
una volta accomunate tutte le situazioni di soggiorno irregolare, diverrà giuridicamente impossibile trattare in modo differente la badante che lavora onestamente nelle nostre famiglie da coloro che costituiscono davvero un problema per la sicurezza dei cittadini;
l'introduzione del «reato di clandestinità» produrrà, al contrario, nuova insicurezza per i cittadini: inoltre, lo Stato sarà costretto a celebrare con inutile spesa decine di migliaia di processi che si concluderanno, in caso di condanna, con una sostanziosa pena pecuniaria di fatto inesigibile a carico di persone non abbienti che non di rado sono giunte nel nostro Paese sospinte da necessità gravi, spesso anche a rischio della loro stessa vita;
l'introduzione del reato di soggiorno illegale rende obbligatoria la denuncia da parte di ogni pubblico ufficiale (articolo 361 c.p.) o incaricato di pubblico servizio (articolo 362 c.p.) che venga a conoscenza del reato: avremo dunque intere categorie di «spie» loro malgrado;
l'introduzione del reato di immigrazione clandestina certifica il fallimento del Governo in materia di immigrazione: la cooperazione con i Paesi di provenienza per ridurre in loco i problemi che spingono le persone ad emigrare, una delle soluzioni serie che dovrebbe essere adottata, è resa di fatto impossibile, poiché l' l'Italia ha ridotto i fondi per questa finalità e di fatto non si adopera per la cooperazione,
impegna il Governo
a riferire al Parlamento, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge in esame, sul numero delle denunce effettuate da parte di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, con riferimento anche al personale sanitario e scolastico, in relazione all'introduzione del nuovo reato di immigrazione clandestina, nonché sull'impatto delle suddette norme sull'organizzazione giudiziaria e sull'aumento delle pendenze presso i giudici di pace.
9/2180-A/65.Rossomando, Ferranti.
La Camera,
premesso che:
dal 1996 l'isola e il mare di Pianosa sono compresi nel Parco nazionale dell'Arcipelago toscano, garanzia questa per la salvaguardia e la valorizzazione del notevole patrimonio archeologico e ambientale presente sull'isola;
nel 1998 il carcere è stato quasi definitivamente chiuso, non essendo rimaste sull'isola che poche forze dell'ordine con compiti di vigilanza e di guardia alle strutture;
nel corso di questi anni sono stati presentati progetti di riqualificazione dell'isola tesi a valorizzare lo splendido patrimonio ambientale, culturale e turistico al fine di restituirlo al «mondo libero»;
l'articolo 2, comma 25, lettera f) dell'emendamento del Governo 2.1000, prevede che «I detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari» questa norma ha suscitato nelle istituzioni, nella popolazione e nella stampa locale la preoccupazione di un ritorno nel penitenziario dell'isola dei detenuti in regime 41-bis;
il Ministro dell'ambiente, rispondendo alla interrogazione n. 5-00988, ha escluso l'isola di Pianosa dal piano straordinario di edilizia penitenziaria, con interventi finalizzati a decongestionare il sovraffollamento,
impegna il Governo
a non inserire Pianosa e, in generale, le isole il cui territorio fa parte di Parchi naturali, tra le possibili sedi degli istituti carcerari di cui all'articolo 41 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.
9/2180-A/66.Velo, Realacci.
La Camera,
premesso che:
i temi della prevenzione e della sicurezza sono prioritari anche per il territorio Lecchese, e in particolare quello della Brianza, confinante con l'area metropolitana milanese, in una zona ad elevata concentrazione abitativa, con la presenza di importanti scuole superiori e significative realtà produttive e commerciali;
La Conferenza dei sindaci del casatese, già in due occasioni (1o agosto 2007 e 23 giugno 2008), aveva ribadito la necessità di migliorare il livello di sicurezza della Brianza, attraverso l'istituzione di un nuovo presidio territoriale di Polizia e/o il potenziamento nel territorio della presenza dell'Arma dei carabinieri. L'ultima comunicazione, in tal senso, è stata inviata dai sindaci del Casatese all'attenzione del Ministro Maroni lo scorso 7 aprile, dopo le numerose promesse fatte da rappresentanti del Governo sul territorio;
Il precedente Governo aveva stanziato, attraverso la legge finanziaria per il 2008, 140 milioni di euro per il rafforzamento degli organici delle forze dell'ordine, attraverso uno sblocco del turn-over che avrebbe consentito l'inserimento di circa 4.500 nuove unità ed aveva, inoltre, recuperato 3000 unità di personale delle forze dell'ordine prelevandole da altre amministrazioni dove erano prestate per compiti amministrativi;
in sede di approvazione della legge finanziaria per il 2008 il Governo aveva accolto un ordine del giorno (n. 9/03256/047) per il potenziamento dei presidi territoriali delle forze dell'ordine ove maggiormente si avverte la pressione delle attività criminose;
i drastici tagli ai fondi per la sicurezza operati da questo esecutivo rischiano di ripercuotersi sulla sicurezza del territorio e dei cittadini e di non dare risposte positive alla richiesta dei sindaci;
anche i sindacati di polizia (Siulp, Siap-Anfp, Silp Cgil, Consap Italia Sicura, Ugl Polizia di Stato, Coisp e Uilps) in concomitanza con la discussione disegno di legge in esame alla Camera, hanno organizzato manifestazioni di protesta e assemblee tra gli operatori in tutte le questure d'Italia, per protestare contro i tagli alle Forze di polizia e in alternativa la legalizzazione delle ronde nel nostro paese,
impegna il Governo
a reperire i fondi per poter dare l'attuazione all'ordine del giorno accolto nella seduta del 15/12/2007, al fine di costituire una sezione distaccata del commissariato di polizia di Lecco da ubicare a sud della provincia, potenziando così la presenza delle Forze dell'ordine in un territorio da tempo sofferente per carenze di organico e mezzi.
9/2180-A/67.Codurelli.
La Camera,
premesso che:
uno dei comprensori maggiormente a rischio sotto il profilo dell'ordine pubblico e della sicurezza è costituito dal territorio di Isola di Capo Rizzuto, alle porte di Crotone, dove sono contestualmente ubicati il Centro di accoglienza più grande d'Europa, il CARA (Centro di accoglienza per i richiedenti asilo), e - a partire dallo scorso 23 febbraio - anche un centro di identificazione ed espulsione;
la coesistenza forzata di persone appartenenti a 61 nazionalità diverse, in sovrannumero rispetto alla capienza dei posti disponibili, che necessitano di bisogni e interventi assai diversificati, e che invece vedono collocati nello stesso luogo immigrati in attesa di identificazione ed espulsione insieme a donne, minori e richiedenti asilo, ha purtroppo dato luogo a fenomeni di razzismo, contestualmente al verificarsi di furti, gesti vandalici, atti osceni in luogo pubblico e prostituzione che hanno destato grave allarme sociale tra i residenti;
in particolare, la recente aggressione a due cittadini residenti nella frazione di Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto, da parte di un gruppo di immigrati, ha ulteriormente esasperato la già difficile convivenza tra gli immigrati presenti nei centri e i cittadini residenti, che in reazione all'episodio hanno occupato la strada statale 106, una delle più pericolose del nostro Paese a causa della mancanza di percorsi carrabili e pedonali, semafori e rallentatori di traffico nei punti di attraversamento, adeguati impianti di illuminazione;
desta inoltre particolare allarme il fenomeno sempre più diffuso di una dilagante e poverissima prostituzione, in parte correlata alla massiccia presenza di donne di origine nigeriana - pari al 70,4 per cento del totale delle donne presenti nel campo - parte delle quali si sospetta che possano essere oggetto del terribile fenomeno della tratta di persone destinate al mercato della prostituzione;
la preoccupante situazione sotto il profilo dell'ordine pubblico è aggravata dal fatto che l'attuale organico della questura di Crotone è identico a quello che era già in servizio al tempo - ormai remoto - in cui vi era il commissariato di polizia, ovvero prima che venissero istituiti il centro di accoglienza, il CARA e il CIE, senza che la questura sia stata messa in condizione di rispondere con mezzi e personale adeguati alle ulteriori sollecitazioni pervenute a seguito della massiccia presenza di immigrati, che si sono andate ad aggiungere alle funzioni di vigilanza e controllo normalmente svolte, specie presso il porto e l'aeroporto di Crotone;
infine, l'assoluta mancanza di risorse e di progetti volti a sostenere percorsi formativi, informativi e divulgativi, rivolti tanto alla popolazione locale, quanto agli stessi immigrati presenti nel campo, di corsi dedicati per mediatori culturali, nonché l'assoluta assenza di occasioni di incontro e di elaborazioni comuni tra immigrati e cittadini residenti, per la soluzione comune di problemi molto sentiti, ha finito per esasperare le difficoltà connesse ad una difficile convivenza, con caratteristiche sempre più multietniche, fuori e dentro il campo,
impegna il Governo:
a stanziare, nel più breve tempo possibile, adeguate risorse per la ristrutturazione del Centro relativamente agli interventi urgenti per rispondere alle esigenze più immediate connesse alla presenza di una così massiccia popolazione di immigrati;
a dotare la Prefettura e la Questura di Crotone di un adeguato organico di personale, di strumenti e di risorse, anche in considerazione del probabile diffondersi in questi territori del fenomeno della tratta di persone destinate al mercato della prostituzione, che vede come vittime un'alta concentrazione di donne nigeriane;
a realizzare un intervento straordinario all'esterno del Centro, prevalentemente di tipo infrastrutturale, relativamente all'illuminazione ed alla messa in sicurezza della strada statale 106 che costeggia il Campo, con percorsi carrabili e pedonali, semafori e rallentatori di traffico nei punti di attraversamento pedonale, e con la creazione di eventuali sovrapassaggi della strada suddetta, nonché relativamente all'installazione di telecamere e di bagni chimici e alla creazione di aree di sosta attrezzate con una segnaletica disponibile in più lingue;
a realizzare in tempi brevi un efficace progetto di co-integrazione, affidato alla responsabilità del Comune di Isola Capo Rizzuto, che preveda percorsi formativi, informativi e divulgativi, rivolti tanto alla popolazione locale, quanto agli stessi immigrati presenti nel campo, nonché specifici corsi per mediatori culturali, al fine di valorizzare le differenti culture dei popoli quale risorsa essenziale per il superamento dell'emergenza, il determinarsi di una pacifica convivenza e l'avviarsi di una crescita culturale, economica e sociale nel territorio interessato.
9/2180-A/68.Oliverio, Laganà Fortugno, Lo Moro, Giovanelli.
La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione, per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
particolarmente gravi, in questo senso, sono le previsioni di cui all'articolo 1, comma 22, lettera f), che impedisce il perfezionamento di atti di stato civile in assenza di permesso di soggiorno, e dell'articolo 1, comma 15, che modifica l'articolo 116 del codice civile, prevedendo che lo straniero che voglia contrarre matrimonio in Italia debba presentare all'ufficiale di stato civile, oltre alla dichiarazione di nulla osta dell'autorità competente del proprio paese, anche un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano;
l'articolo 29 della Costituzione riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, mentre secondo l'articolo 31 la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi;
le nuove disposizioni appaiono invece entrambe lesive di un diritto fondamentale della persona, e soprattutto rischiano di creare un'inammissibile discriminazione anche tra cittadini italiani che vogliano contrarre matrimonio, essendo per alcuni impedito in virtù della mera condizione di irregolarità dello straniero nubendo,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, una dettagliata relazione al Parlamento al fine di verificare, con la massima urgenza, l'impatto delle nuove disposizioni in ordine al diritto riconosciuto ai cittadini italiani di contrarre matrimonio, senza incontrare limiti od ostacoli che ne rendano impossibile l'esercizio.
9/2180-A/69. Lo Moro.
La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione, per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
le norme contenute nel provvedimento in esame, con particolare riferimento all'introduzione del reato di immigrazione clandestina, non solo sono contrarie ai principio fondanti del nostro Stato, ma si riveleranno fonte di nuova irregolarità, e renderanno, inoltre, moltissimi cittadini italiani onesti, che da tempo cercano, magari, di regolarizzare persone che lavorano da loro ma si scontrano con le mille difficoltà dovute ai farraginosi meccanismi della «Bossi-Fini», complici di un reato,
impegna il Governo:
ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a garantire in ogni caso il diritto della madre e del padre, anche privi di permesso di soggiorno, a riconoscere il proprio figlio naturale e a compiere i conseguenti atti di stato civile, assicurando il diritto del minore a crescere e formarsi all'interno della propria famiglia di origine;
a presentare al Parlamento, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame, una relazione dettagliata riguardo all'applicazione di tali norme con particolare riferimento all'impatto sul diritto alla salute delle donne e dei bambini stranieri.
9/2180-A/70. Ferranti.
La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione, per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
particolarmente gravi, in questo senso, sono le previsioni di cui all'articolo 1, comma 22, lettera f), che impedisce il perfezionamento di atti di stato civile in assenza di permesso di soggiorno, e dell'articolo 1, comma 15, che modifica l'articolo 116 del codice civile, prevedendo che lo straniero che voglia contrarre matrimonio in Italia debba presentare all'ufficiale di stato civile, oltre alla dichiarazione di nullaosta dell'autorità competente del proprio paese, anche un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano;
entrambe queste disposizioni appaiono lesive di un diritto fondamentale della persona, protetto da convenzioni internazionali, e in particolare degli articoli 12 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e degli articoli 2, comma 1, e 23, comma 2, del Patto internazionale dei diritti civili e politici, e conseguentemente dell'articolo 10, secondo comma, della Costituzione;
nel corso dell'audizione della Commissione internazionale dei giuristi, tenutasi nelle Commissioni I e II, è stato messo in rilievo, peraltro, come l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa abbia dichiarato - in una risoluzione del 2006 relativa ai diritti umani dei migranti irregolari - che questi hanno diritto al matrimonio e che non si dovrebbero porre in essere barriere insormontabili che li prevengano dall'esercitare tale diritto;
peraltro, qualora tali norme venissero applicate nei confronti di uno straniero privo di permesso di soggiorno che volesse contrarre matrimonio in Italia con un cittadino dell'Unione europea, regolarmente soggiornante in Italia, si configurerebbe una lesione del diritto di libera circolazione nell'Unione europea, anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia C-127/2008 che ha chiarito come ai fini del diritto di ingresso e di soggiorno del familiare si prescinde dalle modalità - legali o illegali - di ingresso, nonché dalla data e dal luogo ove si è costituito il legame familiare,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, una dettagliata relazione al Parlamento al fine di verificare, con la massima urgenza, che le condizioni per contrarre matrimonio in Italia non determinino un'inammissibile discriminazione tra gli stati membri dell'Unione europea, con il rischio dell'apertura di una procedura di contenzioso nei confronti dell'Italia per violazione delle norme relative alla libertà di circolazione, e a garantire in ogni caso che il diritto al matrimonio sia esercitato nel nostro Paese conformemente alle sopra citate convenzioni internazionali, così come prescritto dall'articolo 10, secondo comma, della Costituzione.
9/2180-A/71. Touadì.
La Camera,
premesso che:
il comma 22 dell'emendamento 1.1000 del Governo reca numerose modifiche al testo unico in materia di immigrazione, con l'obiettivo di rendere maggiormente restrittive le condizioni per l'ingresso degli stranieri;
in particolare la norma contenuta alla lettera h-bis, consente di trattenere lo straniero nei centri di identificazione da due mesi, attualmente previsti dalla normativa vigente, fino a sei mesi;
secondo la denuncia di numerose associazioni umanitarie tra le quali Save the children, numerosi minori stranieri, sia accompagnati dai loro genitori, sia non accompagnati sarebbero comunque presenti all'interno dei centri di identificazione in strutture non idonee;
tale prassi, che oltre a costituire una grave violazione dei diritti dei minori è in contrasto con la Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e la normativa vigente in base alla quale i minori non accompagnati non possono essere trattenuti presso i centri di identificazione o di permanenza temporanea, pone un grave problema agli enti locali ove tali centri sono ubicati, che, a fronte della scarsa disponibilità di adeguate risorse finanziarie, non riescono a fornire l'assistenza necessaria ai minori in questione, siano essi accompagnati che non accompagnati,
impegna il Governo
a prevedere, nell'ambito di un complessivo riordino della normativa in materia, risorse finanziarie specifiche al fine di permettere agli enti locali ove tali centri sono ubicati di fornire adeguata assistenza ai minori in questione al fine di garantire loro una adeguata permanenza, rispettosa dei diritti previsti dalla Convenzione Onu in materia.
9/2180-A/72. Schirru, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata.
La Camera,
considerato che:
le politiche dell'immigrazione di questo Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione, per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà, e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la nostra Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
le soluzioni proposte dal disegno di legge in materia di immigrazione clandestina appaiono inoltre del tutto inefficaci ed anzi controproducenti, rispetto alla necessità di «governare» il fenomeno dell'immigrazione, per sua natura estremamente complesso, poiché si tratta unicamente di misure «manifesto» di contenuto prettamente vessatorio, volte unicamente ad impedire ed ostacolare l'inclusione e l'integrazione dello straniero;
in particolare il disegno di legge in esame introduce un'unica fattispecie di reato, comprensiva sia dell'ingresso illegale che della permanenza oltre il consentito sul territorio dello Stato, il cosiddetto «reato di clandestinità» che uniforma in un unico trattamento sanzionatorio le posizioni di chi è entrato clandestinamente e di chi, pur entrato regolarmente, si sia trattenuto in Italia più del consentito, pur senza mai aver disobbedito ad un provvedimento di espulsione;
accomunate tutte le situazioni di soggiorno irregolare, diverrà giuridicamente impossibile trattare in modo differente la badante che lavora onestamente nelle famiglie da coloro che costituiscono davvero un problema per la sicurezza dei cittadini;
all'interno del fenomeno migratorio in Italia è infatti fondamentale prestare attenzione al mondo femminile, che ne è stata, a differenza che in altri Paesi, una parte consistente e fondamentale; sicuramente la donna immigrata appare come interprete principale di un lento e silenzioso sviluppo all'interno della società di accoglienza; nel contempo non è da trascurare il fatto che proprio il processo d'inserimento ed integrazione della donna straniera nel Paese agevola il processo di edificazione e consolidamento di una società realmente multietnica ed interculturale;
all'interno di questo grande «calderone» in cui tutto è irregolarità, anche il lavoro e la fatica dell'integrazione quotidiana di moltissime persone, i soggetti più «deboli» finiranno per essere, per l'ennesima volta, l'anello finale di una catena di esclusione e di discriminazione che necessariamente deriverà dell'applicazione di queste norme e soprattutto sarà il frutto del clima di diffidenza e intolleranza che già si è generato nel Paese,
impegna il Governo
a predisporre con urgenza una vasta campagna comunicativa e socio-culturale volta a sensibilizzare e a costruire le basi per l'affermazione della società multietnica e multiculturale, che contrasti la paura dell'altro da sé, delle differenze e del contatto con le altre culture, rivolta sia ai media che alle istituzioni scolastiche e formative, e che preveda iniziative formative e divulgative nelle scuole, nella pubblica amministrazione, nelle istituzioni, coinvolgendo la Conferenza Stato Regioni e tutti i livelli amministrativi.
9/2180-A/73. Pollastrini, Cuperlo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 della Costituzione italiana sancisce che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale;
l'articolo 3 della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia prevede che «in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente»;
la Dichiarazione dei diritti del fanciullo adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959 stabilisce che ad ogni bambino va garantito:
il diritto all'eguaglianza senza distinzione o discriminazione di razza, religione, origine o sesso (articolo 1);
il diritto ai mezzi che consentono lo sviluppo in modo sano e normale sul piano fisico, intellettuale, morale, spirituale e sociale (articolo 2);
il diritto ad un nome e ad una nazionalità (articolo 3);
il diritto ad amore, comprensione e protezione (articolo 6);
il diritto all'istruzione gratuita, attività ricreative e divertimento (articolo 7);
il diritto alla protezione contro qualsiasi forma di negligenza, crudeltà e sfruttamento (articolo 9);
il diritto alla protezione contro qualsiasi tipo di discriminazione ed il diritto ad un'istruzione in uno spirito d'amicizia fra i popoli, di pace e di fratellanza (articolo 10);
lo stato di clandestinità non consente alle istituzioni ad ogni livello di assicurare i diritti fondamentali del bambino sanciti dalla Costituzione italiana, dalla Convenzione Onu dei diritti del Fanciullo e dalla Dichiarazione adottata dalle Nazioni Unite nel 1959,
impegna il Governo
a garantire a tutti i bambini extracomunitari non in regola con il permesso di soggiorno, l'esercizio e il godimento dei diritti fondamentali riportati in premessa.
9/2180-A/74. Farina Coscioni, Bernardini, Maurizio Turco, Zamparutti, Beltrandi, Duilio.
La Camera,
premesso che:
la gestione dei centri di identificazione ed espulsione presenta indubbi rilievi sul piano sociale: nella scorsa legislatura venne istituita presso il Ministero dell'Interno una commissione di ispezione per verificare le condizioni all'interno di quelli che allora si chiamavano centri di permanenza temporanea, autorevolmente presieduta dall'ambasciatore Staffan de Mistura, che giunse alle conclusioni, dopo sei mesi di lavoro, che l'attuale sistema di gestione dell'immigrazione tramite i CIE non risponde alle complesse problematiche del fenomeno, non consente una gestione efficace dell'immigrazione irregolare, comporta disagi alle forze dell'ordine e alle persone trattenute e, infine, comporta costi elevatissimi con risultati non commisurati;
il provvedimento attualmente in discussione prevede il prolungamento del trattenimento degli immigrati irregolari all'interno di questi centri fino ad un periodo massimo di centottanta giorni (rispetto ai sessanta attualmente previsti);
i Cie attualmente operativi sono dieci, per una capienza complessiva di 1.219 posti;
negli scorsi mesi il Governo ha stanziato 30 milioni di euro per la costruzione di 10 nuovi Cie, con l'obiettivo di avere un centro in ogni regione; il costo stimato per la costruzione dei nuovi Cie e la ristrutturazione di quelli esistenti è di 223 milioni di euro dal 2008 al 2010, mentre i costi per la permanenza degli stranieri nei centri sono stimati in 300 milioni di euro dal 2008 al 2010;
si prevede che il numero dei posti disponibili nei Cie passerà dagli attuali 1.219 a 4.640, ma il limite della detenzione, come prima ricordato, salirà da 60 a 180 giorni, con il conseguente rischio che la disponibilità dei posti si esaurisca presto, dato che il 40 per cento dei migranti trattenuti nei Cie non viene rimpatriato, con un conseguente aumento dei costi di mantenimento;
all'interno dei Cie gli standard dei servizi garantiti alla persone ivi trattenute sono assolutamente insufficienti, ciò con particolare riferimento all'assistenza sanitaria e psicologica, al servizio di orientamento e assistenza legale; alla qualità ed al numero degli interpreti/mediatori;
la non adeguata qualità dei servizi erogati dipende anche dall'insufficiente standard logistico offerto; si pensi, ad esempio, alla mancanza di spazi comuni per le attività ricreative e per la fase di ascolto mirato, alle camere sovraffollate o ai bagni insufficienti;
all'interno dei Cie si registra inoltre la presenza di situazioni diversissime tra loro, sia sotto il profilo giuridico che sotto quello dell'ordine pubblico nonché della condizione umana e sociale delle persone trattenute. Tale mescolanza, esasperata dalla elevata presenza di ex detenuti, penalizza in modo particolare gli stranieri a carico dei quali sussistono solo provvedimenti di allontanamento conseguenti alla perdita di regolarità di soggiorno, nonché di persone più deboli e vulnerabili e bisognose di protezione sociale che sono esposte ad un clima di costante tensione e potenziale intimidazione interna agli stessi centri,
impegna il Governo:
ad adottare ogni utile iniziativa volta ad assicurare la qualità e l'efficacia dei servizi prestati all'interno dei centri di identificazione ed espulsione, ciò con particolare riferimento all'assistenza sanitaria e psicologica, al servizio di orientamento e assistenza legale, nonché alla qualità ed al numero degli interpreti/mediatori;
a garantire uno standard logistico omogeneo all'interno dei Cie e, quindi, l'esistenza di adeguati spazi comuni per le attività ricreative e per la fase di ascolto mirato, nonché un numero di camere e di bagni commisurato alla presenza degli extracomunitari ivi trattenuti;
ad adottare quanto prima ogni utile provvedimento atto a garantire, con riferimento alla lotta alla immigrazione clandestina, una diversificazione delle risposte per categorie di persone e, quindi, una maggiore gradualità e proporzionalità delle misure di intervento, con ciò evitando forme di detenzione amministrativa per tutte quelle categorie di persone per le quali non c'è esigenza di trattenimento, così come suggerito dalla commissione di ispezione citata in premessa.
9/2180-A/75. Bernardini, Zamparutti, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Beltrandi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 19, lettera a), del disegno di legge in esame, modificando il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, introduce al comma 1 dell'articolo 38 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture la sanzione dell'esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi nonché dell'affidamento di subappalti oltre che del divieto di stipula dei relativi contratti, nei confronti di coloro che, pur essendo stati vittime dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 620, del codice penale, aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e salvo ricorra l'esimente dello stato di necessità di cui all'articolo 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689, non risultino aver denunciato i fatti all'autorità giudiziaria;
è condivisibile il principio volto a prevedere l'introduzione di un obbligo di denuncia nei confronti dei reati più frequentemente posti in essere avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (articolo del decreto legislativo 13 maggio 1991, n. 152) e ciò anche allo scopo di aumentare il livello di risposta della società al fenomeno della delinquenza mafiosa;
la disposizione in esame prevede che la circostanza della mancata denuncia dei fatti all'autorità giudiziaria deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell'imputato nei tre anni precedenti alla pubblicazione del bando, cui è riferita l'esclusione e che la stessa deve essere comunicata all'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;
l'esclusione di chi non ha denunciato i fatti potrebbe essere rimessa, quindi, anche alle sole dichiarazioni indiziarie rese dall'imputato (dei reati di estorsione o concussione) nel procedimento a suo carico con il rischio di un utilizzo strumentale di tale sanzione soprattutto se rivolta, in aree a particolare densità mafiosa, a danneggiare imprese «non allineate» con gli interessi della criminalità organizzata;
tale sanzione potrebbe anche dipendere da un certo margine di discrezionalità o, comunque, di casualità a seconda che la circostanza venga o meno indicata nella richiesta di rinvio a giudizio depositata dal pubblico ministero procedente;
ulteriori elementi di incertezza potrebbero ravvisarsi in ordine all'efficacia della sanzione di esclusione dalle gare, a seconda che i tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando decorrano dalla sottoscrizione, da parte del pubblico ministero procedente, della richiesta di rinvio a giudizio - in cui è contenuta la circostanza dell'omessa denuncia del reato da parte della vittima - ovvero dal deposito della stessa presso il Tribunale o, ancora, dal momento della comunicazione o della pubblicazione della circostanza stessa sul sito dell'osservatorio di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
il collegamento con la richiesta di rinvio a giudizio al fine di determinare la durata dell'esclusione (tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando) la rende applicabile anche a comportamenti posti in essere in anni di gran lunga precedenti all'atto assunto dal pubblico ministero senza che alcuna valutazione possa essere svolta in ordine al tempo trascorso e quindi alla gravità del comportamento posto in atto;
la sanzione prevista comporta l'esclusione dalle procedure pubbliche di affidamento per le vittime dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 629 del codice penale purché aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203 (cioè «commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo»), nel mentre non pare applicabile al caso previsto dall'articolo 629, comma 2, cioè all'estorsione in cui la violenza o la minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis (articolo 628, comma 3, n. 3, codice penale) se per la stessa non risultano applicabili, in concreto, le aggravanti del citato articolo 7;
la sanzione dell'esclusione risulta collegata, sostanzialmente, alla semplice qualificazione giuridica dei fatti configurata, nella richiesta di rinvio a giudizio, dall'ufficio del pubblico ministero cioè in un atto che non contiene alcuna valutazione o accertamento, anche non definitivo, da parte di un giudice terzo essendo, per definizione, un atto di parte, con la possibile conseguenza che il triennio di esclusione dalle gare possa operare anche dopo che il Tribunale abbia escluso la rilevanza penale dei fatti o anche soltanto la sussistenza delle circostanze aggravanti contestate dall'accusa precedentemente;
la sanzione dell'esclusione risulterebbe applicabile anche in assenza di un procedimento che assicuri il contraddittorio con la vittima del reato, non essendo previsto alcun obbligo di contestazione o di convocazione dell'interessato, con la possibile frustrazione di ogni garanzia difensiva atteso che quest'ultimo avrebbe a disposizione soltanto il ricorso, successivo, alla magistratura competente per opporsi all'esclusione medesima;
la situazione appena descritta non è suscettibile di essere superata col pur apprezzabile richiamo all'esimente dello stato di necessità, contemplato dall'articolo 4 della legge 24 novembre 1984, n. 689, dal momento che la norma non contiene richiami al procedimento applicativo delle sanzioni amministrative né obblighi di assunzione delle dichiarazioni dell'interessato;
la situazione della vittima del reato, nei casi disciplinati dalla norma, rischia di essere più rigorosa di quanto la legge prevede per le persone nei confronti delle quali può essere applicata una misura di prevenzione di cui all'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o di una delle cause ostative previste dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, perché, in tali casi, se è vero che l'esclusione dalle procedure di gara opera fin dalla pendenza del relativo procedimento di applicazione, è anche vero che essa consente all'interessato di difendersi nell'ambito di detto procedimento con il risultato che se la proposta di applicazione della misura è respinta cessano anche gli effetti dei provvedimenti cautelari assunti cosa che, invece, non è prevista per la vittima del reato;
la situazione del soggetto escluso per l'omessa denuncia risulterebbe più rigorosa anche di chi fosse assoggettato alla medesima esclusione come conseguenza dell'applicazione della sanzione interdittiva prevista dal decreto legislativo sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reati (decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231) o da altre analoghe disposizioni atteso che in tali casi l'interessato avrebbe modo di far valere le proprie difese nell'ambito dello stesso procedimento di accertamento dell'illecito civile;
esistono disposizioni legislative, come quelle concernenti il «Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura» (legge 23 febbraio 1999, n. 44), che prevedono particolari elargizioni agli imprenditori danneggiati da tali attività criminali purché non abbiano aderito o abbiano cessato di aderire a tali richieste e, quindi, senza che abbia rilievo alcuno l'omessa denuncia del fatto con la conseguente coesistenza di due norme non proprio coerenti dal momento che mentre una di esse sanziona quest'ultima omissione con l'esclusione dalle gare, l'altra contempla il diritto all'indennizzo nei confronti del medesimo soggetto;
le condivisibili ragioni di un innalzamento della soglia di responsabilità civile nella lotta alla mafia debbano condurre ad una valutazione degli effetti delle disposizioni introdotte che prescinda da enfatizzazioni di sorta e miri a verificarne l'efficacia sotto il profilo concreto;
l'incoerenza appena descritta evidenzia quanto sia oramai necessario procedere all'adozione di un testo unico in materia di lotta alla mafia che servirà a coordinare la complessa normativa in materia,
impegna il Governo:
a monitorare, per un periodo di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'applicazione della disposizione della lettera m-ter) introdotta al comma 1 dell'articolo 38 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture al fine di valutare la congruità ed efficacia delle scelte:
a) di ancorare la sanzione ivi prevista a meri indizi risultanti da un atto di rinvio a giudizio emesso nei confronti di terzi senza prevedere un procedimento applicativo nel quale possa essere assicurato il contraddittorio del destinatario della sanzione stessa;
b) di non ricondurre tra i presupposti di tale sanzione anche il caso in cui sussista la sola aggravante di cui al secondo comma dell'articolo 629 del codice penale;
c) di non aver predisposto un intervento organico, anche attraverso un testo unico, che renda coerente l'impianto normativo in materia di lotta alla mafia.
9/2180-A/76.Contento, Angela Napoli, Consolo, Landolfi, Moffa, Patarino, Lorenzin, Lo Presti, Paniz, Lehner, Bernini Bovicelli, Sbai, Vitali, Cristaldi, D'Ippolito Vitale.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene misure relative ai Centri di identificazione ed espulsione (C.I.E.) per gli immigrati irregolari e, anche recentemente, il Ministro dell'interno ha confermato la volontà del Governo di realizzare ulteriori dieci C.I.E. in altrettante regioni;
attraverso la stampa si è appreso che, tra le aree idonee alla realizzazione dei nuovi C.I.E, è stato individuato il Centro militare veterinario di Grosseto, data la sua collocazione in area extraurbana e la vicinanza all'aeroporto militare «Baccarini»;
il contesto sociale ed economico della provincia di Grosseto e, più in generale, della Toscana, non giustifica tale localizzazione e la realizzazione del C.I.E., oltre a generare tensioni sociali, contrasterebbe con altre ipotesi di sviluppo dell'area, in particolar modo, con l'impiego ad uso civile, fortemente sostenuto dalle categorie economiche e dalle istituzioni locali, dell'aeroporto «Baccarini»,
impegna il Governo
ad escludere definitivamente il Centro militare veterinario di Grosseto, o altre aree di proprietà demaniale presenti nello stesso territorio, dai siti individuati per la realizzazione del C.I.E.
9/2180-A/77.Sani, Velo, Ceccuzzi.
La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni una quantità ingente di beni di rilevante valore appartenenti alla mafia sono stati confiscati e assegnati e solo parte di queste risorse sono state impiegate nei territori dove sono avvenuti sequestri e confische;
il provvedimento in esame attribuisce ai prefetti la titolarità dell'assegnazione dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose, realizzando un importante snellimento delle procedure rispetto ai tempi previsti dalla normativa precedente, spesso oltretutto non rispettati,
impegna il Governo
a disporre, anche in altro provvedimento, che i beni e le somme di denaro confiscate alla criminalità organizzata siano reimpiegati per il potenziamento o il pagamento di spettanze accessorie delle Forze di polizia, per le spese di giustizia o per scopi di pubblica utilità, ridistribuendole tenendo conto delle necessità dei territori dove il sequestro è avvenuto, in un'ottica risarcitoria delle comunità locali e di potenziamento nella lotta al crimine organizzato.
9/2180-A/78.Fallica, Terranova.
La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni una quantità ingente di beni di rilevante valore appartenenti alla mafia sono stati confiscati e assegnati e solo parte di queste risorse sono state impiegate nei territori dove sono avvenuti sequestri e confische;
il provvedimento in esame attribuisce ai prefetti la titolarità dell'assegnazione dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose, realizzando un importante snellimento delle procedure rispetto ai tempi previsti dalla normativa precedente, spesso oltretutto non rispettati,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità che i beni e le somme di denaro confiscate alla criminalità organizzata siano reimpiegati per il potenziamento o il pagamento di spettanze accessorie delle Forze di polizia, per le spese di giustizia o per scopi di pubblica utilità, preferendo i territori nei quali è avvenuto il sequestro.
9/2180-A/78.(Testo modificato nel corso della seduta)Fallica.
La Camera,
premesso che:
il problema della scolarizzazione dei minori stranieri in Italia è ben presente al Parlamento, che negli ultimi tempi ha varato una indagine conoscitiva sul fenomeno e ha approvato una risoluzione indicante un tetto del 30 per cento sul numero di minori stranieri per ciascuna classe;
tuttavia la cronaca riporta continue notizie non solo dell'esistenza di migliaia di minori «ombra» nel nostro Paese (7.797 nel 2008, un record europeo) che sfuggono all'obbligo scolastico, ma anche di innumerevoli casi di abbandono o mancato adempimento dell'obbligo scolastico;
una recente indagine del CENSIS, riferita all'anno 2007, ha valutato in quasi 600 mila alunni di circa 200 Paesi esteri il numero degli studenti extracomunitari, pari al 6 per cento della popolazione scolastica, per i quali non esiste una strategia comune. Tra i pochi criteri di inserimento condivisi a livello nazionale c'e l'assenza di tetti per nazionalità nell'80 per cento dei casi, l'inserimento a scuola del bambino migrante con coetanei (75 per cento) e anche in corso d'anno (73 per cento). Le altre modalità sono lasciate all'autonomia dei singoli istituti: il test d'ingresso c'è per il 39 per cento dei casi e molto bassa è la percentuale di scuole che si coordinano con altre (11 per cento). Scarso il coinvolgimento delle famiglie, che avviene solo in un caso su tre e si ferma al 30 per cento la disponibilità di fogli informativi multilingue;
Emilia Romagna e Umbria sono le regioni dove gli alunni stranieri sono più presenti nella scuola primaria (con una percentuale che si aggira intorno al 13,6 per cento). Presenza che si registra alta, intorno al 10 per cento in quasi tutto il Centro Nord, per scendere di qualche punto nelle regioni centrali e crollare nel Sud e nelle Isole, con un 1,4 per cento nelle scuole della Campania; considerata la massiccia presenza straniera anche nelle regioni meridionali c'è da temere che colà tra i minori stranieri siano decisamente prevalenti sia la dispersione che l'abbandono scolastico,
impegna il Governo:
a rafforzare la lotta alla dispersione ed all'abbandono scolastico, in particolare in favore dei minori stranieri, anche prevedendo la sottrazione del minore alle famiglie reiteratamente inadempienti;
ad individuare una serie di criteri di inserimento degli studenti stranieri nella scuola italiana elaborati in sede nazionale, con priorità assoluta per l'istituzione di corsi integrativi di lingua italiana, anche al fine di contrastare quella parte di abbandono scolastico dovuta alla scarsa comprensione della lingua.
9/2180-A/79.Mario Pepe (PdL).
La Camera,
premesso che:
il problema della scolarizzazione dei minori stranieri in Italia è ben presente al Parlamento, che negli ultimi tempi ha varato una indagine conoscitiva sul fenomeno e ha approvato una risoluzione indicante un tetto del 30 per cento sul numero di minori stranieri per ciascuna classe;
tuttavia la cronaca riporta continue notizie non solo dell'esistenza di migliaia di minori «ombra» nel nostro Paese (7.797 nel 2008, un record europeo) che sfuggono all'obbligo scolastico, ma anche di innumerevoli casi di abbandono o mancato adempimento dell'obbligo scolastico;
una recente indagine del CENSIS, riferita all'anno 2007, ha valutato in quasi 600 mila alunni di circa 200 Paesi esteri il numero degli studenti extracomunitari, pari al 6 per cento della popolazione scolastica, per i quali non esiste una strategia comune. Tra i pochi criteri di inserimento condivisi a livello nazionale c'e l'assenza di tetti per nazionalità nell'80 per cento dei casi, l'inserimento a scuola del bambino migrante con coetanei (75 per cento) e anche in corso d'anno (73 per cento). Le altre modalità sono lasciate all'autonomia dei singoli istituti: il test d'ingresso c'è per il 39 per cento dei casi e molto bassa è la percentuale di scuole che si coordinano con altre (11 per cento). Scarso il coinvolgimento delle famiglie, che avviene solo in un caso su tre e si ferma al 30 per cento la disponibilità di fogli informativi multilingue;
Emilia Romagna e Umbria sono le regioni dove gli alunni stranieri sono più presenti nella scuola primaria (con una percentuale che si aggira intorno al 13,6 per cento). Presenza che si registra alta, intorno al 10 per cento in quasi tutto il Centro Nord, per scendere di qualche punto nelle regioni centrali e crollare nel Sud e nelle Isole, con un 1,4 per cento nelle scuole della Campania; considerata la massiccia presenza straniera anche nelle regioni meridionali c'è da temere che colà tra i minori stranieri siano decisamente prevalenti sia la dispersione che l'abbandono scolastico,
impegna il Governo:
a rafforzare la lotta alla dispersione ed all'abbandono scolastico, in favore dei minori stranieri;
ad individuare una serie di criteri di inserimento degli studenti stranieri nella scuola italiana elaborati in sede nazionale, con priorità assoluta per l'istituzione di corsi integrativi di lingua italiana, anche al fine di contrastare quella parte di abbandono scolastico dovuta alla scarsa comprensione della lingua.
9/2180-A/79.(Testo modificato nel corso della seduta)Mario Pepe (PdL).
La Camera,
premesso che:
le disposizioni inserite nel provvedimento in esame provvedono, tra l'altro, ad apportare modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante norme in materia di cittadinanza;
il numero di stranieri in Italia risulta essere triplicato nell'arco di un quindicennio e, nel panorama di questa crescita della popolazione straniera, un posto di rilievo è certamente occupato da una componente ancora molto giovane, stimolata dall'incremento delle nascite in Italia da genitori stranieri, che ha generato un passaggio da circa 5 mila iscritti in anagrafe nel 1991 a circa 530 mila immigrati di «seconda generazione», attualmente residenti nel nostro Paese;
in Italia, con particolare riferimento al suo tessuto sociale, sussistono i presupposti per l'adozione del concetto giuridico dello ius soli, ai fini dell'acquisizione della cittadinanza da parte dei nati sul territorio da genitori stranieri;
un adeguamento delle disposizioni in materia di attribuzione della cittadinanza ai cittadini stranieri residenti in Italia ed alle persone nate sul loro territorio e ivi residenti regolarmente ed abitualmente, alle direttive europee ed alla normativa vigente in buona parte dei Paesi membri dell'UE, consentirebbe l'introduzione di un regime maggiormente favorevole all'integrazione dell'immigrato nel tessuto civile e sociale dello Stato;
l'introduzione delle disposizioni sopra richiamate consentirebbe la realizzazione di un processo concreto e proficuo di integrazione delle nuove generazioni di immigrati, escludendo, di fatto, il sussistere di lungaggini burocratiche e complicazioni amministrative già previste dall'ordinamento italiano, che mal conciliano con l'esigenza di snellimento amministrativo da un lato, e con quella di sostegno all'integrazione ed allo sviluppo di una società globalizzata e multietnica dall'altro,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare adeguati provvedimenti che riconoscano il principio dello ius soli come criterio complementare di acquisizione della cittadinanza italiana.
9/2180-A/80.Angeli, Di Biagio, Cazzola, Berardi, Mussolini, Proietti Cosimi.
La Camera,
premesso che:
in queste ultime settimane, tra le fila della società civile, sono andate accentuandosi forme di pregiudizio nei confronti degli stranieri, sia extracomunitari che provenienti dai paesi di nuova integrazione europea, sollecitate dall'emergenza sicurezza e dal disagio sociale che condiziona le nostre città;
i lavoratori immigrati sono spesso impiegati, senza alcun contratto e senza alcuna garanzia, soprattutto come manovalanza nel settore edile ed artigianale: a tal riguardo emergono dati agghiaccianti circa il numero di caduti sul lavoro e di incidenti gravi su tutto il territorio nazionale;
l'integrazione è l'unico presupposto per la valorizzazione dell'immigrazione e per contrastare l'immigrazione clandestina in Italia ed è la cornice ideale entro cui dare valore e riconoscimento alla stessa come valore aggiunto per l'economica, soprattutto in quei settori dove c'è bisogno di manodopera e che rappresentano il potenziale traino per la nostra economia,
impegna il Governo
a tenere in dovuta considerazione l'ipotesi di predisporre dei provvedimenti urgenti che tutelino il processo di integrazione degli immigrati nel nostro Paese, individuando delle disposizioni che ne consentano il coinvolgimento nel tessuto lavorativo, economico e sociale italiano, in una cornice legale e rispettosa dei diritti umani e delle prioritarie garanzie riconosciute ai lavoratori.
9/2180-A/81.Di Biagio, Angeli, Cazzola, Versace, Berardi, Mussolini.
La Camera,
premesso che:
l'integrazione è l'unico presupposto per la valorizzazione dell'immigrazione e per contrastare l'immigrazione clandestina in Italia ed è la cornice ideale entro cui dare valore e riconoscimento alla stessa come valore aggiunto per l'economica, soprattutto in quei settori dove c'è bisogno di manodopera e che rappresentano il potenziale traino per la nostra economia,
impegna il Governo
a valutare l'ipotesi di un'azione tesa a tutelare il processo di integrazione degli immigrati nel nostro Paese.
9/2180-A/81.(Testo modificato nel corso della seduta)Di Biagio, Angeli, Cazzola, Versace, Berardi, Mussolini.
La Camera,
premesso che:
per un'efficace lotta alla criminalità mafiosa i procedimenti finalizzati all'applicazione delle misure di prevenzione hanno bisogno di essere definiti in tempi rapidi;
in particolare, le proposte relative alle misure patrimoniali richiedono un immediato intervento del Tribunale ed una altrettanto rapida definizione per assicurare la definitiva destinazione dei beni confiscati, con conseguente vantaggio per la collettività e riduzione dei costi per l'amministrazione dei beni sequestrati;
attualmente la durata eccessiva dei procedimenti di prevenzione deriva, in gran parte, da difficoltà organizzative degli uffici giudiziari e dalla destinazione di un numero insufficiente di magistrati addetti alla trattazione della materia,
impegna il Governo
ad adottare, in tempi rapidi, le necessarie modifiche normative volte ad introdurre dei termini di durata massima del procedimento patrimoniale in fase d'appello, così come oggi previsto nella fase innanzi al tribunale ed a consentire l'adozione da parte dei dirigenti degli uffici di idonei provvedimenti organizzativi che assicurino il rispetto dei termini previsti e il raggiungimento delle finalità imposte dalla legge n. 575 del 1965.
9/2180-A/82.Bossa, Garavini.
La Camera,
premesso che:
per un'efficace lotta alla criminalità mafiosa i procedimenti finalizzati all'applicazione delle misure di prevenzione hanno bisogno di essere definiti in tempi rapidi;
in particolare, le proposte relative alle misure patrimoniali richiedono un immediato intervento del Tribunale ed una altrettanto rapida definizione per assicurare la definitiva destinazione dei beni confiscati, con conseguente vantaggio per la collettività e riduzione dei costi per l'amministrazione dei beni sequestrati;
attualmente la durata eccessiva dei procedimenti di prevenzione deriva, in gran parte, da difficoltà organizzative degli uffici giudiziari e dalla destinazione di un numero insufficiente di magistrati addetti alla trattazione della materia,
impegna il Governo
a garantire tempi rapidi di definizione dei procedimenti finalizzati ad applicare le misure di prevenzione.
9/2180-A/82.(Testo modificato nel corso della seduta)Bossa, Garavini.