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Il governo inasprisce
la sua “guerra” ai migranti.
Il respingimento in
Libia di 227 persone nel canale di Sicilia
segna l’ulteriore
imbarbarimento delle politiche verso l’immigrazione
Dichiarazione di Filippo
Miraglia, responsabile immigrazione Arci
E’ una
vera e propria guerra quella che il governo ha dichiarato ai migranti. E il
respingimento in Libia dei 227 stranieri soccorsi in acque internazionali ne
segna l’ulteriore inasprimento.
Si è
trattato infatti di un rinvio collettivo, avvenuto senza consentire a chi ne
aveva diritto (e le statistiche ci dicono che circa il 75% di chi arriva via
mare in Italia fa richiesta di protezione
internazionale) di essere informato e di accedere alle procedure per richiesta
di asilo, diritto sancito dalla Convenzione di Ginevra e recepito dalla nostra
legislazione.
I
migranti sono stati mandati in un paese, la Libia, che non ha aderito
alla Convenzione sui rifugiati, è stata più volte denunciata per il mancato
rispetto dei diritti umani, tratta gli irregolari in maniera disumana,
detenendoli in veri e propri lager, oppure abbandonandoli nel deserto o
ancora rispedendoli nei paesi d'origine, anche nel caso di aree in cui
sono in corso guerre e persecuzioni (è il caso dell'Eritrea, verso la quale la
Libia ha già fatto molti respingimenti).
Abbiamo
più volte denunciato, raccogliendo testimonianze dirette, che la gran parte
delle donne che transitano dalla Libia vengono violentate, anche da agenti di
polizia. Rimandandole indietro (sono 40 le donne presenti nel gruppo) non si fa
altro che riconsegnarle ai loro aguzzini.
Inoltre,
il fatto che per la prima volta questo respingimento sia avvenuto direttamente
in acque internazionali, senza alcun rispetto delle leggi sui salvataggi in
mare, rappresenta un grave precedente che indigna e preoccupa non solo noi.
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha lanciato un accorato
appello al governo italiano e a quello maltese perché venga garantito l’accesso
al territorio e alle procedure d’asilo per chi ne fa richiesta e ha dichiarato
che il principio internazionale di non respingimento deve essere assolutamente
rispettato. Un monito duro e importante, che dovrebbe far riflettere il governo
e l’opinione pubblica.
Questo
nuovo episodio di razzismo di stato, che colloca l’Italia fuori del consesso
degli stati civili che si riconoscono nelle regole del diritto
internazionale, va contrastato con tutti i mezzi. E’ necessaria la più ampia
mobilitazione sociale, il ricorso agli strumenti del diritto europeo (la Corte
di Strasburgo, che già nel 2005 ha condannato il nostro paese per procedure di
rimpatrio forzato) e nazionale.
Stiamo
lavorando per organizzare un’azione straordinaria di disobbedienza civile
collettiva, che blocchi la macchina del razzismo istituzionale.
Siamo
ad un passaggio epocale. La gravità di quanto avviene va denunciata con forza,
per determinare consapevolezza tra i cittadini e rompere il velo
dell’ipocrisia e della disinformazione. In gioco ci sono la democrazia e
la convivenza civile
Per
difenderle, dobbiamo far ricorso a tutti gli strumenti che la Costituzione
prevede.
L’opposizione
chieda al ministro Maroni di chiarire in Parlamento le modalità del
respingimento, sulla base di quali accordi, e se e come siano stati rispettati
il diritto d’asilo e le Convenzioni internazionali. Se le nostre
motovedette sono state usate per rimandare in Libia persone già
sottoposte a violenze e torture, senza nessuna garanzia sul trattamento che in
quel paese gli verrà riservato, il governo dovrà darne conto agli
italiani, alla UE e all’intera comunità internazionale.
Roma,
7 maggio 2009