QUESITO: Nel caso in cui non venisse modificato lĠattuale testo dellĠart.35, co.5 del testo unico sullĠimmigrazione, lĠeventuale introduzione della figura del Òreato di presenza irregolareÓ sarebbe da sola sufficiente a determinare la facoltˆ di denuncia allĠautoritˆ di polizia o giudiziaria degli stranieri irregolarmente soggiornanti che chiedano di essere curati presso un presidio sanitario?

 

Al riguardo ritengo debba essere data risposta negativa: lĠeventuale introduzione di questa odiosa figura di reato tra i molti suoi effetti negativi (sintetizzabili in una generica equiparazione dei cosiddetti clandestini ai latitanti) non avrebbe per˜ quello di rendere denunciabili gli stranieri richiedenti le cure per il fatto di non essere autorizzati al soggiorno.

 

 

Le ragioni di questo sono cos“ sintetizzabili:

 

LĠart.35, co.5 del testo unico sullĠimmigrazione costituisce norma dotata di valenza penale indiretta, in quanto per un verso pone un divieto di segnalazione sanzionato in via amministrativa e per altro verso rende inconfigurabile lĠillecito penale in capo al personale della struttura sanitaria che ometta di denunciare la clandestinitˆ dellĠutente.

Occorre anche considerare che la nuova figura del reato di Òpresenza non autorizzata in ItaliaÓ andrebbe ad inserirsi (con articolo numerato al 10 bis) nel testo unico sullĠimmigrazione.

Comparendo nel medesimo contenitore normativo, non vĠ dubbio che lĠart.10 bis non potrˆ essere considerato come norma successiva incompatibile con il disposto di cui allĠart.35, co.5, escludendosi cos“ in modo palese che possa avere effetti implicitamente abroganti su di esso.

Effetti abroganti comunque esclusi anche dal rapporto di specialitˆ che connetterebbe lĠeccezione di cui allĠart.35, co.5 rispetto allĠobbligo di denuncia genericamente previsto per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che vengano a conoscenza di un reato, ai sensi dellĠart.361 e art.362 cod. pen.

Tali deduzioni potrebbero essere ripetute anche riguardo allĠart.365 cod. pen. Dal quale vengono anzi ulteriormente rafforzate in termini logici. LĠart.365 cod. pen. (nel testo sempre attuale e non oggetto di riforma) disciplina lĠobbligo di referto disponendo che coloro i quali, nellĠesercizio di una professione sanitaria, hanno prestato la propria assistenza in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d'ufficio, devono riferirne senza ritardo all'autoritˆ competente. La stessa norma dispone per˜ che tale obbligo  escluso quando il referto esponga la persona assistita a procedimento penale.

Per quanto lĠart.365 c.p. abbia di mira situazioni di reato ben diverse, nelle quali di solito vi  un nesso diretto tra il tipo di cura richiesta e il reato commesso, non vĠ dubbio che esso si applicherebbe anche al clandestino bisognoso di cure. SicchŽ la nuova figura di reato di cui allĠeventuale art.10 bis del testo unico sullĠimmigrazione, oltre a non compromettere il normale divieto di segnalazione di cui allĠart.35, co.5 del medesimo testo unico, finirebbe forse per ridurre ulteriormente le ipotesi di obbligo di segnalazione derivanti a loro volta da Òobbligo di refertoÓ.

In conclusione, la lettura sistematica delle norme penali riguardanti la sottoposizione alle cure di stranieri non in regola con le norme sul soggiorno porterebbe – anche nellĠipotesi di riforma normativa ipotizzata nel quesito – al divieto per il personale della struttura sanitaria di denuncia allĠautoritˆ. Divieto non sanzionato penalmente ma in ipotesi suscettibile di essere presidiato in via disciplinare nel caso in cui tale denuncia venga ugualmente fatta dal personale sanitario in spregio alla disposizione di cui allĠart.35, co.5.