ASGI


Newsletter del  19.05.2009


IN EVIDENZA

DDL Sicurezza - Approvate dalla Camera dei deputati le norme in materia di   condizione degli stranieri

La Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge sulla sicurezza pubblica che prevede norme assai restrittive (spesso incostituzionali) sulla condizione degli stranieri. Via libera della Camera ai tre maxiemendamenti del Governo – relativi alle controverse  norme sull'immigrazione - che ha posto la fiducia sul ddl sicurezza. Il primo emendamento  stato approvato con  316 i voti a favore, 258 quelli contrari. Per il secondo dei tre maxiemendamenti dell'esecutivo al ddl sicurezza i voti a favore sono stati 315, 247 quelli contrari. Nella terza fiducia relativa, tra l'altro, alla norma sulle ronde i s“ sono stati 315, mentre contro hanno votato 237 deputati. Le uniche modifiche apportate  con l'approvazione dell'art. 1 rispetto al testo  che era stato giˆ approvato dalle Commissioni riunite I e II della Camera, sono le seguenti: 1) La verifica delle condizioni igienico-sanitarie dellĠalloggio non  pi condizione necessaria per l'iscrizione anagrafica o per la registrazione delle variazioni anagrafiche ( solo facoltativa la verifica delle stesse da parte dei competenti uffici comunali): 2) L'esibizione del titolo di soggiorno valido non  richiesta non soltanto per l'accesso alle prestazioni garantite agli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale, ma anche per l'accesso alle prestazioni scolastiche obbligatorie.

Si vedano :


- il testo degli emendamenti presentati dal Governo sui quali  stata posta la questione di fiducia;


- il testo delle disposizioni relative agli stranieri  a seguito  dell'approvazione dei maxi-emendamenti (testo predisposto da Sergio Briguglio )

- il sommario predisposto da Sergio Briguglio delle disposizioni in materia di stranieri a seguito  dell'approvazione dei maxi-emendamenti.

Sulle norme in materia di stranieri previste dal disegno di legge sulla sicurezza pubblica nel testo precedentemente all'esame della Camera (che sono sostanzialmente identiche a quelle contenute ora nel nuovo art. 1) si vedano anche il precedente comunicato dell'ASGI ed il  commento a prima lettura di Paolo Bonetti, del direttivo dellĠASGI.


PARERI E CIRCOLARI MINISTERIALI

1. Rinnovo del permesso per motivi di famiglia - Contraddizioni tra i Ministeri del lavoro e dellĠInterno. Per i genitori ultrasessantacinquenni verrˆ richiesta lĠassicurazione sanitaria al momento del rinnovo?

Ministero dellĠInterno, Dipartimento Pubblica Sicurezza, circolare n. 2218 dd. 8 maggio 2009

Ministero del Lavoro, circolare n. 9682 dd. 4 maggio 2009

Confusione e diversitˆ di vedute tra il Ministero del lavoro e della Salute e quello dellĠInterno sulla questione dellĠassicurazione sanitaria per i genitori ultrasessantacinquenni.  Il 4 maggio il Ministero del Lavoro aveva diramato una circolare in cui si chiariva che i genitori ultrasessantacinquenni in possesso di un permesso di soggiorno rilasciato prima del 5 novembre 2008 (data di entrati in vigore delle nuove norme), avendo diritto allĠiscrizione obbligatoria al servizio sanitario nazionale, al momento del rinnovo, avrebbero mantenuto tale diritto. Con la circolare n. 2218 dellĠ8 maggio 2009 il Ministero dellĠInterno si pronuncia invece con una interpretazione che sembrerebbe contraria. Secondo il Viminale, ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno di genitori ultrasessantacinquenni, dovrˆ essere dimostrata la stipula di una assicurazione sanitaria ai sensi della nuova normativa introdotta dal decreto legislativo n. 160 del 3 ottobre 2008. Il Ministero non specifica se il riferimento  solo alle nuove istanze, presentate dopo il 5 novembre, ma sembrerebbe ritenerlo implicito (la non chiarezza come sempre lascia spazio allĠarbitrarietˆ) quando afferma che la documentazione attestante la stipula dellĠassicurazione sanitaria dovrˆ essere esibita anche al rinnovo, analogamente a quanto richiesto a coloro i quali fanno ingresso per la prima volta sul territorio nazionale. Con questa frase il Ministero dellĠInterno sembra quindi indicare che, destinatari della precisazione, sono proprio i genitori ultrasessantacinquenni giˆ in possesso del pds per motivi di famiglia rilasciato prima del 5 novembre. Un vero pasticcio. Ma le contraddizioni non finiscono. La circolare del Ministero del Lavoro contiene infatti una pesante imprecisione che rischia di produrre effetti pericolosi. Si afferma infatti che le nuove norme sono da riferire alle istanze di ricongiungimento presentate dopo il 5 novembre 2008. Ma il teso prosegue dicendo che gli stranieri in possesso del nulla osta o del visto di ingresso rilasciato dopo tale data dovranno rispondere ai nuovi criteri. In realtˆ il momento discriminante pu˜ essere individuato solo nella convocazione e quindi chi ha presentato la domanda prima del 5 novembre potrebbe benissimo ricevere il nulla osta ed il visto dopo tale data. La contraddizione rischia di produrre ancora una volta prassi scorrette e discriminazioni ingiuste. In ogni caso, mentre le indicazioni arrivano in maniera contrastante, manca ancora il decreto che doveva stabilire, entro il 30 ottobre 2008, lĠimporto del contributo ai fini dellĠiscrizione al S.S.N. cos“, con una circolare del 17 febbraio, il Ministero ha introdotto alcune disposizioni ulteriori per chiarire le caratteristiche dellĠassicurazione sanitaria. Chi avvia la pratica di ricongiungimento dovrˆ redigere una dichiarazione di impegno a sottoscrivere lĠassicurazione e al momento dellĠingresso, entro 8 giorni e prima della presentazione allo sportello unico, dovrˆ essere stipulata la polizza assicurativa.
Le sue caratteristiche? Quelle previste per il soggiorno per motivi di studio: dovrˆ essere a tempo indeterminato, coprire i rischi di infortunio e malattia e paradossalmente anche la maternitˆ. Abbastanza improbabile per un genitore ultrasessantacinquenne. Rimane aperta quindi la questione dei rinnovi che secondo il Ministero dellĠInterno dovrebbe risolversi con la decadenza del diritto allĠiscrizione obbligatoria al S.S.N. in favore della stipula di una assicurazione privata

Tratto da: www.meltingpot.org

2. Il Ministero del Lavoro ribadisce il diritto allĠiscrizione obbligatoria al  Servizio Sanitario Nazionale a favore di tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e  titolari di permessi di soggiorno che consentano di svolgere attivitˆ lavorativa per la quale sia previsto lĠassolvimento degli obblighi previdenziali e fiscali in Italia.

La nota ricorda, infatti, che ai sensi dellĠart. 34, lettera a) del  D. Lgs. 286/98 gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attivitˆ di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento hanno diritto allĠiscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale.  A titolo esemplificativo, la nota cita tra i permessi di soggiorno che conferiscono il diritto allĠiscrizione obbligatoria quelli per assistenza minore e per ricerca scientifica. In relazione al permesso di soggiorno per motivi religiosi, la nota precisa che esso dˆ diritto allĠiscrizione obbligatoria al SSN quando si accompagna allĠesercizio di unĠattivitˆ per la quale si riceva una remunerazione soggetta alle ritenute fiscali per il reddito da lavoro dipendente (L. 222/1985 e DPR n. 33/1987). Sono escluse invece dallĠiscrizione obbligatoria talune categorie di  lavoratori che fanno ingresso in Italia fuori dal regime delle quote ex art. 27 del T.U. e, specificatamente: dirigenti o personale specializzato di societˆ estere, lavoratori dipendenti  trasferiti dallĠestero in Italia da datori di  lavoro aventi sede allĠestero , giornalisti e corrispondenti esteri in Italia.

Nota del Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali – Dipartimento prevenzione e comunicazione – Direzione generale per i rapporto con lĠUnione Europea e per i Rapporti internazionali, dd. 16 aprile 2009.

3. Applicazione dellĠart. 19, comma 1 D.lgs. n. 286/98 (inespellibilitˆ dello straniero che possa essere soggetto a persecuzione nel paese di origine ovvero a trattamenti inumani e degradanti  e conseguente rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari). Timore di persecuzione per motivi di orientamento sessuale. Omossessualitˆ.

Ministero dellĠInterno – Dipartimento Pubblica Sicurezza – Direzione centrale immigrazione e polizia di frontiera . Parere in risposta a quesito della questura di Mantova, 6 aprile 2009

Il Ministero dellĠInterno ha  risposto ad un quesito sottopostogli dalla questura di Mantova in relazione alla possibilitˆ di rilasciare un permesso di soggiorno per motivi umanitari ad uno straniero che sia stato assolto dal Tribunale di Mantova in quanto la sua omosessualitˆ ed il conseguente timore di persecuzione nel paese di origine costituiva un giustificato motivo per non ottemperare allĠordine del questore di lasciare il territorio nazionale entro 5 giorni. Il Ministero dellĠInterno ha espresso parere negativo sostenendo che sulla base della giurisprudenza di Cassazione, la condizione di inespellibilitˆ pu˜ sussistere solo nei casi in cui la legislazione dello Stato di origine dello straniero Òpreveda come reato il fatto in sŽ dellĠomosessualitˆÓ e non Òsoltanto lĠostentazione delle pratiche omosessualiÓ (sentenza n. 16417 dd. 25 luglio 2007 e n. 2907 dd 18 gennaio 2008).

4. Decreto flussi 2009 : prime informazioni sulle domande di lavoratori stranieri stagionali

Il Dipartimento per le libertˆ civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno ha reso noti i primi dati relativi alle richieste di autorizzazione all'ingresso per lavoratori stranieri stagionali per l'anno 2009 Dalle ore otto del 15 aprile 2009 il Dipartimento per le libertˆ civili e l'immigrazione ha ricevuto ad oggi oltre 44 mila richieste di autorizzazione da parte di datori di lavoro che necessitano di cittadini stranieri per svolgere lavori stagionali nell'anno in corsoIn base al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 marzo 2009 sara' consentita l'entrata in Italia per motivi di lavoro subordinato stagionale a 80 mila cittadini stranieri non comunitari. Maggiori informazioni sulla suddivisione territoriale e per nazionalita' delle domande pervenute

Fonte : Ministero dell'Interno

5. La Repubblica di Bulgaria introduce un nuovo modello di Apostille conforme ai requisiti di cui alla Convenzione dellĠAja del 5 ottobre 1961 in materia di esenzione dalla legalizzazione degli atti pubblici.  In aggiunta allĠApostille il nuovo modello introdotto dalla Bulgaria contiene un codice elettronica per la verifica on-line dellĠautenticitˆ del documento. Lo rende noto una circolare del Ministero dellĠInterno n. 13/2009 dd. 27 aprile 2009.

Circolare del Ministero dellĠInterno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, Direzione centrale per i servizi demografici, Area III- Stato civile, 27 aprile 2009, n. 13/2009.


SEGNALAZIONI GIURISPRUDENZIALI


GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE

La Corte Costituzionale dichiara illegittima la normativa della Regione Veneto in materia di Òphone centersÓ in quanto in contrasto con i principi della libera concorrenza nel mercato delle comunicazioni elettroniche di stretta competenza della legislazione statuale.

Corte Costituzionale, Sentenza n. 25/2009 dd. 30.01.2009 relativa alla questione di legittimitˆ costituzionale dellĠart. 8 della L.r. della Regione Veneto 30 novembre 2007, n. 32, recante ÒRegolamentazione dellĠattivitˆ dei centri di telefonia in sede fissa (phone center)

Sommario: é costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e ), della Costituzione, l'art. 8 della legge della Regione Veneto 30 novembre 2007, n. 32. Detto articolo prevede, al primo comma, che i Comuni debbano individuare Çgli ambiti territoriali nei quali  ammessa la localizzazione dei centri di telefonia in sede fissaÈ, nonchŽ definire Çla disciplina urbanistica cui  in ogni caso subordinato il loro insediamentoÈ. Il successivo secondo comma dispone che la predetta disciplina urbanistica debba essere stabilita Çsulla base di criteri definiti dalla Giunta regionale entro 90 giorni dall'entrata in vigoreÈ della presente legge. Il terzo comma, infine, stabilisce che nelle more della individuazione degli ambiti territoriali Çe comunque non oltre il 1Ħ gennaio 2010, non  consentita l'apertura di nuovi centri di telefonia in sede fissaÈ. La denunciata disciplina urbanistica, non giustificata in relazione alla natura e alle caratteristiche dell'attivitˆ di localizzazione dei centri di telefonia fissa, influenza direttamente l'accesso degli operatori economici ad un determinato mercato e pone barriere all'ingresso tali da alterare la concorrenza tra soggetti imprenditoriali, donde un'ingiustificata compressione dell'assetto concorrenziale del mercato della comunicazione come disciplinato dal legislatore statale, invadendo una competenza spettante a quest'ultimo. NŽ pu˜ negarsi che subordinare Çin ogni casoÈ l'insediamento dei centri di telefonia in sede fissa alle speciali scelte urbanistiche di cui al censurato art. 8 comporti una palese contraddizione con le esigenze di semplificazione rese evidenti dalla disciplina del procedimento dettata dall'art. 25 del Codice delle comunicazioni elettroniche. Questo contrasto  reso tanto pi evidente dalla prescrizione, al terzo comma dell'art. 8, che, in attesa delle speciali nuove disposizioni urbanistiche dei Comuni, si abbia un periodo di sospensione nell'apertura di nuovi centri di telefonia (seppure non oltre la fine del 2009). Sulla qualificabilitˆ dell'attivitˆ svolta dai centri di telefonia in sede fissa come fornitura al pubblico di servizi di comunicazione elettronica, v. la citata sentenza n. 350/2008. Sulle materie coinvolte dalle disposizioni contenute nel Codice delle comunicazioni elettroniche, v. le citate sentenze n. 350/2008 e n. 336/2005. Sulla legittimitˆ di discipline regionali adottate nell'esercizio della potestˆ legislativa concorrente in materia di Çgoverno del territorioÈ, pur in presenza di normative poste dal legislatore statale in tema di protezione dall'inquinamento elettromagnetico e nello stesso Codice delle comunicazioni elettroniche, v. le citate sentenze n. 336/2005 e n. 307/2003; v. anche sentenza n. 350/2008. In senso analogo, v. le citate sentenze n. 63, n. 51 e n. 1/2008; n. 431, n. 430 e n. 401/2007; n. 80/2006; n. 272 e n. 14/2004.


CITTADINI COMUNITARI E LIBERA CIRCOLAZIONE

1. La Corte di appello di Venezia riconosce ad un cittadino albanese coniuge di una cittadina rumena residente in Italia il diritto al rilascio della carta di soggiorno per famigliari di cittadini comunitari, anche se lĠinteressato ha fatto ingresso in Italia privo di visto di ingresso e non era legalmente soggiornante in Italia al momento della celebrazione del matrimonio.

Corte di Appello di Venezia, decreto dd. 22 aprile 2009, R.G. n. 112/2009

Prima applicazione giurisprudenziale in Italia della sentenza della Corte di Giustizia dd. 25 luglio 2008 (C-127-08) che ha sancito lĠincompatibilitˆ con il diritto europeo di ogni normativa nazionale che subordini lĠaccesso alla carta di soggiorno per il famigliare di un cittadino comunitario alla regolaritˆ del suo ingresso o del suo soggiorno al momento della celebrazione del matrimonio nello Stato membro ospitante.

Sebbene la sentenza della CGE sia nota ormai da diversi mesi, le autoritˆ italiane non hanno  sinora adottato alcuna misura per modificare le norme interne, legislative e amministrative, ad  essa incompatibili. 

La normativa italiana di recepimento della direttiva europea nn. 2004/38, infatti, al pari di quanto avvenuto in altri Stati membri, ha inteso applicare in senso restrittivo il principio della libera circolazione e soggiorno dei cittadini di paesi terzi famigliari di cittadini comunitari. La normativa italiana, infatti,  subordina il rilascio della carta di soggiorno alla presenza del Òvisto di ingresso, quando richiestoÓ ( art. 10 c. 3 lett. a d.lgs. 6.2.2007, n. 30, come ribadito successivamente dalla circolare M.I. n. 19 dd. 6 aprile 2007, pag.  8). In tal modo si  affermata una prassi diffusa delle questure di non accordare il rilascio della carta di soggiorno  al cittadino di un paese terzo che abbia contratto matrimonio in Italia con un cittadino comunitario o un cittadino italiano dopo aver fatto ingresso illegale in Italia o quando, al momento di contrarre matrimonio, si trovava in condizione di irregolaritˆ.

NellĠinerzia dellĠamministrazione, non resta pertanto che il ricorso allĠiniziativa giudiziaria, ora confortato da questo importante precedente giurisprudenziale.

2. Il Magistrato di sorveglianza di Padova esclude che si possa applicare  lĠespulsione quale misura alternativa alla detenzione nei confronti di un cittadino marocchino che ha contratto matrimonio con una cittadina polacca residente in Italia e che dunque pu˜ vantare un diritto di soggiorno sulla base della normativa di recepimento della direttiva europea in materia di libera circolazione dei cittadini comunitari e loro famigliari.

Il cittadino extracomunitario condannato non pu˜ essere soggetto alla misura di espulsione alternativa alla detenzione, prevista dallĠart. 16 c. 5 T.U. immigrazione per gli immigrati irregolari che devono scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore ai due anni, qualora contragga matrimonio con una cittadina comunitaria residente in Italia, in quanto da ci˜ deriva il diritto al soggiorno nello Stato previsto ai sensi dellĠart. 2 comma  1 lett. b del d.lgs. n. 30/2007. In questo direzione  si  espresso il Magistrato di sorveglianza di Padova in relazione al caso di un cittadino marocchino detenuto in carcere a seguito di condanna penale, che ha contratto matrimonio con una cittadina polacca dalla quale ha avuto un figlio.

Decisione del Magistrato di sorveglianza di Padova, dd. sconosciuta, (espulsione come misura alternativa alla detenzione, famigliare di cittadino comunitario)


PERMESSO DI SOGGIORNO

1. Illegittimitˆ della revoca o del mancato rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o della carta di soggiorno (permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti) a seguito di condanna per reati  collegati alla tutela del diritto dĠautore.

Consiglio di Stato, sezione VI, decisione n. 896 dd. 17 febbraio 2009

Consiglio di Stato, sezione VI, decisione n. 2342 dd. 17 aprile 2009

Consiglio di Stato, sezione VI, decisione n. 2711 dd. 29 aprile 2009

TAR Emilia Romagna, sez. I, sentenza n. 444 dd. 9 aprile 2009

Con due significativa decisione, il giudice amministrativo di seconda istanza (CdS, sez. VI, decisioni n. 2342 dd. 17.04.09 e n. 2711 dd. 29.04.2009) ha affermato che la disposizione di cui allĠart. 26 c. 7 bis del d.lgs. n. 286/98 (T.U. immigrazione) che prevede la revoca del permesso di soggiorno e conseguente espulsione dello straniero che abbia subito una condanna definitiva per reati collegati alla tutela del diritto dĠautore, pu˜ trovare applicazione solo con riferimento al permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, essendo la norma collocata nellĠambito dellĠarticolo di legge relativo allĠingresso e soggiorno per lavoro autonomo. Pertanto, il Consiglio di Stato non ha inteso condividere lĠorientamento giurisprudenziale del TAR Lazio (Roma sez. II, 8 marzo 2007, n. 2237), secondo il quale lĠambito applicativo della norma doveva estendersi anche ai titolari di permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, preferendo invece lĠorientamento giˆ seguito da altri TAR (ad es. Toscana, sez. I, 22 novembre 2007, n. 4176), favorevole ad un interpretazione testuale della norma, in relazione al titolo dellĠarticolo di legge. In presenza di una condanna definitiva per violazione delle norme in materia di diritto dĠautore, pertanto, la questura non potrˆ provvedere automaticamente al diniego del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, ma dovrˆ necessariamente valutare tale elemento penale in relazione al criterio di pericolositˆ sociale, lĠunico che possa eventualmente legittimare un provvedimento restrittivo  del soggiorno del lavoratore straniero. Conforme allĠorientamento seguito dal Consiglio di Stato  pure la giurisprudenza del tribunale amministrativo dellĠEmilia Romagna (sentenza n. 444 dd. 9 aprile 2009).

La medesima sezione del Consiglio di Stato (decisione n. 896 dd. 17.02.2009) ha inoltre affermato lĠillegittimitˆ del comportamento di una  questura ligure, che ha provveduto alla revoca della carta di soggiorno (o permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti) in presenza di una condanna definitiva per commercio di prodotti con segni falsi, rientrante tra le violazione penali delle norme sul diritto dĠautore. Il Consiglio di Stato afferma, infatti, che lĠautomatismo della revoca del permesso di soggiorno trova applicazione solo con riferimento al permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, ma non pu˜ estendersi alle altre forme e titoli di soggiorno, tanto pi alla carta di soggiorno o permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, che offre un grado di protezione differenziato e  maggiore rispetto a quello riservato ai titolari di mero permesso di soggiorno.


2. Il Tribunale di Reggio Emilia interviene sull'interpretazione della nozione di cittadinanza e la nozione di nazionalitˆ nell'ambito dell'art 19 del T.U., laddove sancisce l'inespellibilitˆ per "gli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalitˆ italianaÓ. Seguendo unĠardita interpretazione fornita dal giudice di pace di Trieste (decreto n. 86/09 ),  la Questura di Reggio Emilia aveva negato il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di famiglia ritenendo che  tale previsione sarebbe applicabile soltanto ai familiari del cittadino italiano che ha acquisito la cittadinanza italiana per nascita e non per naturalizzazione. Tale interpretazione  per˜ rigettata dal Giudice del Tribunale di Reggio Emilia in quanto assolutamente priva di consistenza giuridica.

Secondo il Tribunale di Reggio Emilia, i termini di nazionalitˆ e cittadinanza sono perfettamente intercambiabili. Il termine nazionalitˆ "non ha alcuna specifica denotazione sul piano del linguaggio giuridico e giuridicamente deve essere ritenuta equivalente alla nozione di cittadinanza, nŽ si rammenta alcun precedente giurisprudenziale che autorizzi la distinzione proposta, atteso che nella giurisprudenza della S.C. l'uso dell'uno e dell'altro termine appare del tutto indifferente". Il giudice di Reggio Emilia, inoltre sottolinea che la diversa interpretazione fornita dal giudice di pace di Trieste, secondo cui  i cittadini italiani dovrebbero essere distinti in cittadini appartenenti alla nazione italiana (in senso etnico) e cittadini non appartenenti alla nazione, solo i primi titolari del diritto allĠunione familiare nelle forme riconosciute dallĠart. 19 del d.lgs. n. 286/98, si pone in evidente contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza formale per cui tutti i cittadini sono eguali dinanzi alla legge, norma a carattere immediatamente precettivo e che costituisce lĠarchitrave del sistema giuridico e della natura democratica e liberale dellĠordinamento. Ugualmente rilevante  la violazione dellĠart. 29 della Cost., norma diretta ad assicurare il diritto fondamentale del cittadino italiano a formare liberamente la propria famiglia.

LĠordinanza del Tribunale di Reggio Emilia appare dunque di grande importanza per il forte richiamo ai principi costituzionali, di fronte ad una deriva sempre pi illiberale e razzista nella formulazione e implementazione delle norme sullĠimmigrazione in Italia, in relazione alle quali si propone addirittura una distinzione e conseguente gerarchia su base etnica e di stirpe allĠinterno del corpo dei cittadini italiani.

 

Tribunale di Reggio Emilia, Prima sezione civile, ordinanza dd. 9 aprile 2009


VISTI DI INGRESSO

Lo straniero che voglia contestare il mancato rilascio del visto di ingresso in relazione alla presenza del suo nominativo nel sistema informativo  Schengen SIS, dovrˆ preventivamente  richiedere lĠaccesso ai dati riportati nel Sistema e richiederne la rettifica alle autoritˆ competenti. La segnalazione di inammissibilitˆ riportata nel sistema SIS costituisce di per sŽ un fattore inibitorio al rilascio del visto di ingresso ed  onere dellĠinteressato provare eventuali situazioni di errore o omonimia.

TAR Lazio, sez. I quarter, sentenza n. 2916 dd. 20 marzo 2009.


DIRITTI SOCIALI

Non  necessario il possesso della carta di soggiorno (o permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti) ai fini dellĠeccesso dello straniero regolarmente titolare di permesso di soggiorno alle provvidenze economiche di cui alla L. n. 118/1971 (art.12 e 13) (Assegno di invaliditˆ  e pensione di inabilitˆ)

Tribunale di Genova, sez. lavoro, ordinanza n. 635/09 dd. 17.04.2009, est. Melandri, Chawqui Ahmed c. INPS (Assegno di invaliditˆ e pensione di invaliditˆ)

Con un'ordinanza emanata a seguito di ricorso ex art. 700 c.p.c.,  il Tribunale di Genova, Sez. Lavoro,  ha riconosciuto ad un cittadino marocchino  divenuto invalido a causa di un incidente sul lavoro,  l'assegno di invaliditˆ previsto dalla legge n. 118/71, che lĠINPS gli aveva negato a causa della mancanza della carta di soggiorno. Il Tribunale di Genova ha affermato che la carta di soggiorno non  necessaria, ma che  sufficiente il permesso di soggiorno in quanto sarebbe irragionevole richiedere la carta di soggiorno (per il cui rilascio occorre disporre di un reddito pari almeno all'assegno sociale) per ottenere un assegno di invaliditˆ che si pu˜ ricevere solo a condizione di avere un reddito inferiore all'assegno sociale. Per tale ragione, il Tribunale di Genova ritiene che la norma di cui allĠart. 80 c. 19 della legge n. 388/2000, che stabilisce la titolarietˆ della carta di soggiorno CE di cui allĠart. 9 del d.lgs. n. 286/98 quale condizione per la concessione dellĠassegno sociale e delle provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali, non possa essere interpretata nel senso che vadano ricomprese tra tali prestazioni anche i trattamenti assistenziali previsti dalla L. n. 118/1971.

Si ricorda che con la  sentenza n. 11/2009 (depositata il 23.01.2009), la Corte costituzionale  ha stabilito lĠincostituzionalitˆ delle norme di cui allĠart. Art. 80, c. 19Ħ, della legge 23/12/2000, n. 388, in combinato disposto con l'art. 9, c. 1Ħ, del decreto legislativo 25/07/1998, n. 286, in relazione alla legge 11/02/1980, n. 18 e all'art. 12 della legge 30/03/1971, n. 118, nella parte in cui escludono che la pensione di inabilitˆ  possa essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perchŽ essi non risultano in possesso dei requisiti di reddito giˆ stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del d.lgs.  n. 3 del 2007, per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

Nella citata sentenza,  la Corte Costituzionale ha fatto esplicito richiamo al suo precedente giurisprudenziale (sentenza della Corte Costituzionale n. 306 dd. 29 luglio 2008), nel  quale  aveva dichiarato lĠillegittimitˆ costituzionale dellĠart. 80 c. 19 della legge 23 dicembre 2000 (legge finanziaria 2001) e dellĠart. 9, comma 1 del T.U. immigrazione, nella parte in cui escludeva che lĠindennitˆ di accompagnamento, di cui allĠart. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18, spettante ai disabili non autonomamente deambulanti o che non siano in grado di compiere da soli gli atti quotidiani della loro vita, potesse essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perchŽ non in possesso dei requisiti di reddito necessari per il rilascio del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti.

In entrambi i casi, il giudice delle leggi non ha voluto censurare per intero la norma della legge finanziaria 2001 che ha subordinato per gli stranieri extracomunitari lĠaccesso alle prestazioni di assistenza sociale che costituiscono diritti soggettivi al possesso della carta di soggiorno (ora permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti), ma si  limitato a dichiararne lĠillegittimitˆ soltanto con riferimento ai requisiti reddituali e di alloggio che sono il presupposto per il rilascio del suddetto titolo di soggiorno. La Corte, invece, non ha voluto intaccare lĠulteriore requisito della durata quinquennale del soggiorno del cittadino straniero in Italia, giˆ stabilito ai fini del rilascio del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, con la motivazione che tale requisito non era stato oggetto di valutazione da parte del giudice remittente.

Tale requisito, pertanto, rimane attualmente in vigore.

Desta perplessitˆ il fatto che lĠINPS non abbia ancora diramato una circolare applicativa della sentenza della Corte Costituzionale n. 306, ormai risalente allĠestate scorsa, per cui da pi parti viene  segnalato  che gli uffici periferici dellĠINPS continuerebbero a chiedere lĠesibizione della carta di soggiorno ( o permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti) ai fini dellĠaccesso allĠindennitˆ di accompagnamento per i disabili non autonomamente deambulanti, nonchŽ allĠassegno di invaliditˆ e alla pensione di inabilitˆ.


GIURISPRUDENZA COMUNITARIA

Libertˆ di circolazione, Banca dati, principio di non discriminazione, protezione dei dati personali.

Illegittima  ed il contrasto con il principio di non discriminazione di cui allĠart. 12 del Trattato CE lĠimmissione dei dati dei cittadini comunitari in una banca dati relativa al soggiorno degli stranieri nel paese qualora lĠutilizzo di tali dati sia finalizzato allĠobiettivo della lotta alla criminalitˆ e non soltanto ad unĠapplicazione pi efficace della normativa attuativa alla direttiva CE in materia di libera circolazione dei cittadini comunitari e loro famigliari.

In materia di lotta alla criminalitˆ, la situazione dei cittadini comunitari provenienti da altri stati membri dellĠUnione non deve differire da quella riservata ai cittadini nazionali.

Corte di Giustizia delle Comunitˆ Europee, Grande Sezione, sentenza del 16 dicembre 2008, Heinz Huber – RF Germania

 

Queste le importanti conclusioni della sentenza della Corte di Giustizia:

 1)      Un sistema di trattamento di dati personali relativi ai cittadini dellĠUnione non aventi la nazionalitˆ dello Stato membro interessato, quale il sistema istituito dalla legge 2 settembre 1994, sul registro centrale degli stranieri (Gesetz Ÿber das AuslŠnderzentralregister), come modificata dalla legge 21 giugno 2005, finalizzato a coadiuvare le autoritˆ nazionali incaricate dellĠapplicazione della normativa sul diritto di soggiorno soddisfa il requisito di necessitˆ di cui allĠart. 7, lett. e), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE (trattamento dei dati personali per esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso allĠesercizio di pubblici poteri n.d.r.), relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonchŽ alla libera circolazione di tali dati, interpretato alla luce del divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalitˆ, soltanto se:

–        contiene unicamente i dati necessari per lĠapplicazione, da parte di tali autoritˆ, di detta normativa, e

–        il suo carattere centralizzato consente unĠapplicazione pi efficace di tale normativa per quanto riguarda il diritto di soggiorno dei cittadini dellĠUnione non aventi la nazionalitˆ di detto Stato membro.

Spetta al giudice del rinvio verificare tali elementi nella fattispecie di cui alla causa principale.

In ogni caso, la conservazione e il trattamento di dati personali nominativi a fini statistici nellĠambito di un registro come il registro centrale degli stranieri non possono essere considerati necessari ai sensi dellĠart. 7, lett. e), della direttiva 95/46.

2)      LĠart. 12, primo comma, CE deve essere interpretato nel senso che osta allĠistituzione da parte di uno Stato membro, per finalitˆ di lotta alla criminalitˆ, di un sistema di trattamento di dati personali riguardante specificamente i cittadini dellĠUnione non aventi la nazionalitˆ di tale Stato membro.

 


AZIONI LEGALI DELLĠASGI

LĠaccesso degli stranieri al rapporto dĠimpiego con le imprese del trasporto pubblico urbano. ASGI  e Associazione Avvocati per Niente chiedono al Giudice del Lavoro di Milano di riconoscere, per effetto della ratifica ed esecuzione del principio di paritˆ di trattamento di cui alla Convenzione OIL n. 143 e allĠart 2 del T.U. immigrazione, lĠavvenuta abrogazione tacita della norma risalente al 1931 che prevede il requisito della cittadinanza italiana per lĠaccesso ai rapporti di impiego nelle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interne, estesa ai servizi di trasporto pubblico urbano ai sensi della L. n. 628/1952.

A seguito dellĠemanazione di un bando per lĠassunzione di personale con la qualifica di operaio, operaio elettricista e operaio elettromeccanico da parte dellĠATM S.p.a.  di Milano (Azienda di Trasporti Pubblici di Milano), un cittadino del Marocco, regolarmente residente in Italia dopo avervi fatto ingresso per motivi di ricongiungimento familiare, ha presentato ricorso al giudice del lavoro di Milano in quanto la sua domanda di assunzione sarebbe destinata a non avere alcun esito perchŽ tra i requisiti richiesti dal bando vi  quello della cittadinanza italiana o di altro paese dellĠUnione Europea. Questo in ragione della mai avvenuta espressa abrogazione della norma di cui allĠart. 10, allegato A) del Regio Decreto n. 148/1931, in base  alla quale tra i requisiti di assunzione del personale autoferrotranviario vi  la cittadinanza italiana. ASGI e Associazione Avvocati per Niente hanno deciso di sostenere il ricorso.Nel ricorso si sostiene che con la ratifica ed esecuzione della Convenzione OIL n. 143/1975 (l. 10 aprile 1981 n. 158), la quale prevede il principio di paritˆ di trattamento e piena uguaglianza di diritti tra lavoratori nazionali e migranti,  principio poi ribadito dallĠart. 2 comma 3 del Testo Unico Immigrazione, la norma risalente al 1931 dovrebbe considerarsi implicitamente abrogata anche solo in base al mero criterio della successione delle leggi nel tempo. NŽ pu˜ ritenersi valida la riserva di cittadinanza nei rapporti di pubblico impiego, invocata dallĠautoritˆ di governo, in quanto  le imprese del trasporto pubblico urbano ed interurbano costituiscono societˆ per azioni a partecipazione pubblica e, di conseguenza, hanno una qualificazione giuridica di soggetti di diritto privato per quanto attiene alla loro organizzazione e funzionamento, compreso il reclutamento del personale (Cassazione, sezione Unite 15.04.2005, n. 7799).

Il ricorso  stato presentato dagli avv. Guariso e Neri nelle forme dellĠazione giudiziaria anti-discriminazione ex art. 44 del T.U. immigrazione, invocandosi la violazione delle norme anti-discriminatorie di cui allĠart. 43 del T.U. immigrazione nonchŽ del d.lgs. n. 215/2003, di recepimento della direttiva europea contro le discriminazioni etnico-razziali n. 2000/43/CE.

Il testo del ricorso presentato al Tribunale civile di Milano, sezione lavoro.


NEWS

1. Commissione europea : sotto esame i provvedimenti discriminatori

Sotto esame la legge 133/08 "normativa sulla "carta acquisti" o social card ", in Friuli Venezia Giulia tre leggi regionali e alcuni provvedimenti emanati da altri enti locali (Comune di Brescia: bonus bebe; Comune di Verona: alloggi di e.r.p.).

In risposta alle interrogazioni parlamentari presentate lo scorso 26 febbraio 2009 dall'europarlamentare Donata Gottardi (Gruppo Socialista Europeo), aventi per oggetto i provvedimenti discriminatori approvati dal  parlamento italiano (L. 133/08: normativa sulla "carta acquisti" o social card ), dal consiglio regionale del FVG (legge regionale sull'assegnazione degli alloggi e.r.p., legge regionale sul fondo povertˆ, legge regionale sul bonus beb) e da altri enti locali (Comune di Brescia: bonus bebe; Comune di Verona: alloggi di e.r.p.), il Commissario europeo alla giustizia e affari interni, Jacques Barrot, a nome dell'intera Commissione europea, ha comunicato lo scorso 5 maggio di avere   giˆ concretamente chiesto informazioni alle autoritˆ italiane in merito ai provvedimenti assunti a Verona  e alla normativa nazionale sulla carta acquisti (Legge n 133/08)  e di aver  ottenuto tali informazioni, che  ora sono all'esame  della Commissione Europea. A tale proposito si ricorda che nelle settimane scorse il Ministro del Welfare Sacconi aveva sottolineato l'intenzione del governo di proporre un emendamento alla normativa  sulla carta acquisti, estendendola anche ai cittadini comunitari, ammettendo le pressioni intervenute al riguardo da parte della Commissione europea. Nella presa di posizione del Commissario europeo Barrot si precisa inoltre che la Commissione europea chiederˆ ufficialmente nei prossimi giorni alle istituzioni italiane informazioni riguardanti le citate normative della Regione Friuli-Venezia Giulia e i provvedimenti locali assunti a Brescia. Si tratta questo del primo passo previsto dalla procedura ufficiale  della Commissione Europea per la valutazione dell'apertura di una procedura di infrazione del diritto comunitario e conseguentemente del rinvio del dossier alla Corte di Giustizia. Preme sottolineare che il comunicato di Jacques Barrot si conclude affermando  che "la Commissione adotterˆ tutte le misure appropriate per porre fine a ogni tipo di pratica che costituisca una violazione del diritto comunitario applicabile in questa materia" ,  il che appunto nel linguaggio comunitario e diplomatico  appare un messaggio "forte" e dai toni insolitamente  "duri e severi" nei confronti delle autoritˆ italiane. L'ASGI aveva inviato lo scorso gennaio tre  esposti alla Commissione Europea rilevando la contrarietˆ della legislazione regionale del Friuli-Venezia Giulia agli obblighi derivanti dal diritto comunitario.

Per il testo delle interrogazioni si rimanda al sito dell'on. Donata Gottardi: http://www.donatagottardi.net/

Per il testo degli esposti presentati alla Commissione Europea dallĠASGI sulla legislazione regionale del Friuli-Venezia Giulia sia rimanda al sito:  http://old.asgi.it/index.php?page=nws.home&idint=cn09021600&mode=detail&imm=

2. Esposto alla Commissione europea sui censimenti dei rom e sinti in Italia

ERRC (European Roma Rights Center), OsservAzione e Open Society Institute hanno presentato alla Commissione Europea un esposto sull'illegittimitˆ del censimento sulle persone di etnia Rom e Sinti in Italia

Nell'esposto si sottolinea che, sulla base del monitoraggio condotto da ERRC, OsservAzione e  Open Society Institute sull'implementazione del decreto sull'emergenza nomadi del 21 maggio 2008, le operazioni di censimento si sono di fatto discostate dalle linee guida emanate dal Ministero dell'Interno il 17 luglio 2008, ponendosi in violazione delle norme interne ed europee in particolare riguardanti la raccolta ed il trattamento dei dati personali. Si richiama infatti l'attenzione anche sul fatto che le operazioni di "censimento", siano state estese nel corso dei mesi di marzo ed aprile 2009 anche a "campi nomadi" collocati fuori dalla regioni previste dal decreto, con vere e proprie operazioni di schedatura compiute in particolare nel Veneto, che sembrano indicare la volontˆ del Ministero dell'interno di creare un data base della popolazione rom e sinti fondato su un criterio di pericolositˆ sociale  collegato alla condizione stessa di appartenente ai gruppi etnici indicati o associato ai medesimi, cio su un sostanziale criterio di categorizzazione etnica. Ecco i testi (in inglese) dell'esposto e della lettera di accompagnamento  .  

3. Camera dei Deputati : ratifica al Trattato di PrŸm, si all'istituzione della banca del Dna

 Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005 relativo all'approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalitˆ transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di PrŸm).

La Camera dei Deputati ha approvato la ratifica del trattato di PrŸm con 377 voti favorevoli, sei astenuti (i deputati radicali) e nessun no. Il Trattato prevede lĠistituzione di una banca dati nazionale del Dna, istituita presso il Ministero dellĠInterno.  La nuova struttura raccoglierˆ in primo luogo i profili del Dna di condannati, imputati e indagati ; nella banca del Dna arriveranno anche i campioni biologici (raccolti durante le indagini) di persone non iscritte nel registro degli indagati, insieme a quelli delle persone scomparse e dei cadaveri non identificati.L'Assemblea di Montecitorio ha bocciato a voto segreto un emendamento delle commissioni Giustizia e Affari Costituzionali, sostenuto dal Governo, che riguardava i casi di prelievo forzoso del Dna.

Fonti : Asca


SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

1. Chiara Favilli, La non discriminazione nell'Unione europea, Il Mulino, Bologna, 2009.

Chiara  Favilli
La non discriminazione nell'Unione europea

pp. 384, Û 27,00
9788815127129
Il Mulino, Bologna,2009

 


L'inserimento dell'art. 13 nel Trattato sulla Comunitˆ europea, ad opera del Trattato di Amsterdam del 1999, ha sancito l'inizio d“ una nuova fase della lotta alla discriminazione. Ai divieti di discriminazione per motivi di nazionalitˆ e di sesso, che costituiscono un aspetto essenziale del diritto comunitario sin dalle sue origini, si sono aggiunti nuovi strumenti giuridici volti a contrastare la discriminazione per motivi di razza ed origine etnica, religione e convinzioni personali, etˆ, disabilitˆ ed orientamento sessuale. Tali strumenti contribuiscono ad arricchire il contenuto del principio generale di non discriminazione la cui sostanziale omogeneitˆ si deve per˜ confrontare con la differente tutela assicurata dalle normative comunitarie ai singoli motivi di discriminazione, giˆ diversamente tutelati negli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Il libro, ripercorrendo l'evoluzione dei divieti contro la discriminazione sanciti nel Trattato istitutivo, analizza le caratteristiche del giudizio sulla discriminazione applicato dalla Corte di giustizia e codificato dal legislatore comunitario nelle direttive di ultima generazione, valutando infine l'influenza che í nuovi divieti esercitano sul principio generale di non discriminazione.


INDICE:
Introduzione p. 9

I. I divieti di discriminazione nel Trattato che istituisce la Comunitˆ europea 15

1. I pilastri del diritto antidiscriminatorio europeo 15
2. La non discriminazione in relazione alla nazionalitˆ 19
2.1. Nazionalitˆ e mercato interno 23
2.2. Divieto di discriminazione e di ostacoli non discriminatori 31
2.3. La nazionalitˆ oltre il mercato interno 41
3. La non discriminazione in relazione al sesso 86
4. Gli effetti diretti orizzontali dei divieti di discriminazione 92

II. Il giudizio sulla discriminazione 103

1. La definizione del giudizio sulla discriminazione 103
2. Il giudizio sulla discriminazione relativa alla nazionalitˆ 104
2.1. La nozione di discriminazione 104
2.2. La prima fase del giudizio: la comparazione 107
2.3. La seconda fase del giudizio: lo svantaggio 109
2.4. La terza fase del giudizio: le deroghe e la giustificazione oggettiva 112
3. Il giudizio sulla discriminazione relativa al sesso 120
3.1. La nozione di discriminazione 120
3.2. La prima fase del giudizio: la comparazione p. 122
3.3. La seconda fase del giudizio: lo svantaggio 128
3.4. La terza fase del giudizio: la giustificazione oggettiva 132
3.5. Le azioni positive 144
4. Analogie e differenze nel giudizio sulla discriminazione 148

III. Le nuove norme antidiscriminatorie 153

1. LĠestensione del diritto antidiscriminatorio ad opera del Trattato di Amsterdam 153
1.1. LĠart. 13 TCE 153
1.2. La prima attuazione dellĠart. 13 TCE 164
1.3. Le nuove direttive in materia di discriminazione per motivi di sesso 173
2. La sistemazione del diritto antidiscriminatorio ad opera del Trattato di Lisbona 176
2.1. Le modifiche al Trattato sullĠUnione europea 176
2.2. Il ÇnuovoÈ Trattato sul funzionamento dellĠUnione europea 179

IV. Il principio generale di non discriminazione 183

1. Il principio generale di non discriminazione 183
1.1. Rango e funzioni dei principi generali del diritto comunitario 183
1.2. Il rapporto tra i divieti specifici ed il principio di non discriminazione 189
2. Il principio di non discriminazione alla luce del Trattato di Amsterdam 194
3. Dalla sentenza Grant alla sentenza Mangold 196
4. Principio generale di non discriminazione e tutela dei diritti umani 206
4.1. La Convenzione europea dei diritti umani e delle libertˆ fondamentali 206
4.2. La Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea p. 213

V. La direttiva 2000/43/CE ed i programmi dĠazione contro la discriminazione 221

1. Introduzione 221
2. La nozione di razza e di origine etnica 229
3. LĠambito di applicazione della direttiva 231
4. LĠapplicazione della direttiva ai cittadini dei paesi terzi 240
5. La nozione di discriminazione 247
6. I mezzi di ricorso 256
6.1. La difesa dei diritti e la tutela contro la vittimizzazione 256
6.2. LĠonere della prova 261
7. Le azioni positive 270
8. LĠistituzione dellĠorganismo di promozione delle paritˆ di trattamento 273
9. I mezzi di esecuzione 282
10. I programmi dĠazione 287
10.1. Il programma dĠazione contro la discriminazione 2001-2006 287
10.2. Il programma Progress 2007-2013 291

VI. La direttiva 2000/78/CE sulla paritˆ di trattamento nei luoghi di lavoro 297

1. Introduzione 297
2. LĠambito di applicazione 299
2.1. LĠeccezione relativa alle forze armate 302
2.2. Altri casi di esclusione del divieto di discriminazione 305
3. La religione e le convinzioni personali 308
3.1. Nozione e atti adottati dallĠUnione europea 308
3.2. I Çrequisiti per lo svolgimento dellĠattivitˆ lavorativaÈ 315
4. La disabilitˆ 319
4.1. Gli atti adottati dallĠUnione europea prima della direttiva 2000/78/CE 319
4.2. ÇSoluzioni ragionevoli per i disabiliÈ p. 324
5. LĠetˆ 326
5.1. Gli atti adottati dallĠUnione europea prima della direttiva 326
5.2. Le giustificazioni di disparitˆ di trattamento legate allĠetˆ 328
6. LĠorientamento sessuale 336

VII. La direttiva 2004/113/CE sulla paritˆ tra uomini e donne nel settore dei beni e dei servizi 343

1. Introduzione 343
2. La nozione di discriminazione 344
3. LĠambito di applicazione 348
4. Le assicurazioni 351

Conclusioni 353
Bibliografia 359

 


2. Botti Federica, Manipolazioni del corpo e mutilazioni genitali femminili, Bononia University Press, Bologna, 2009.

pp. 263, Û25,00
88-7395-436-1
Bononia University press, Bologna, 2009

 


Le mutilazioni genitali femminili costituiscono nei paesi d'origine una pratica identitaria di carattere culturale o rispondono a prescrizioni di carattere religioso? Hanno unĠorigine unica o non, piuttosto, unĠorigine policentrica? Esse vengono riscoperte in occidente nelle comunitˆ migranti come una forma di rispetto delle tradizioni e riproposte come pratiche attraverso le quali mantenere l'identitˆ? In che misura le mgf sono (o sono state) solo un fenomeno afro-asiatico e non piuttosto una pratica anche occidentale di controllo della sessualitˆ della donna? Quale rapporto c' tra la tendenza della componente maschile a stabilire delle forme di controllo del corpo femminile, della sua sessualitˆ e queste pratiche? Qual  il rapporto tra le mgf e le moderne pratiche di manipolazione del corpo femminile? Quale efficacia ha avuto la lotta delle donne negli organismi internazionali e nei paesi africani? Di quale legislazione e di quali strumenti giuridici si sono dotati questi ultimi per contrastare la pratica delle mgf ? Quali sono l'efficacia e le caratteristiche della legge italiana sulle mgf e i rapporti con la legislazione generale relativa all'emigrazione?


A queste domande risponde in modo documentato e puntuale questo volume.



Indice:
Introduzione, di Francesco Onida p.7

CAPITOLO I LE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI TRA PLURALISMO CULTURALE E BIODIRITTO
1. Sviluppi normativi dellĠeugenetica e della ricerca scientifica e medica, rielaborazione dei principi etici e nascita della bioetica p.11
2. Il diritto nelle societˆ multiculturali: dallĠetica condivisa alla sanzione giuridica dei comportamenti e delle pratiche di vita. Il caso delle mutilazioni genitali femminili p.29
3. Sessualitˆ, mutilazioni genitali femminili, emancipazione femminile. implicazioni religiose del fenomeno p.43
4. Le mutilazioni genitali femminili: un fatto culturale?p.53

CAPITOLO II LE MGF IN AFRICA: PROFILI STORICI, ANTROPOLOGICI, CULTURALI E GIURIDICI
1. Alle origini delle mutilazioni genitali femminili in Africa. Elementi a favore di unĠorigine policentrica p.71
2. Le prime politiche contro le mutilazioni genitali femminili in Africa nel periodo della colonizzazione p.88
3. La lotta internazionale contro le Mgf e il ruolo delle donne p.104
4. La Conferenza di Pechino e le attuali iniziative internazionali contro le Mgf p.119

CAPITOLO III LA LEGISLAZIONE DEGLI STATI NAZIONALI AFRICANI SULLE MGF
1. La legislazione degli Stati dellĠAfrica occidentale sulle Mgf p.129
2. Le politiche dellĠEgitto e dei Paesi del Corno dĠAfrica sulle Mgf p.142
3. Gli Stati dellĠAfrica centrale verso una nuova legislazione in materia di Mgf p.155
4. La tutela delle donne e dei bambini in Africa e le sanzioni penali delle Mgf p.172

CAPITOLO IV LA LEGISLAZIONE ITALIANA IN MATERIA DI MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI
1. Le Mgf: un reato culturalmente orientato? p.181
2. Dimensione individuale e collettiva dei riti simbolici e atti di disponibilitˆ del proprio corpo p.191
Prevenzione e repressione delle mutilazioni genitali femminili: possibilitˆ e limiti delle norme civili e penali p.203
4. La legge 9 gennaio 2006, n. 7. Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile p.217

BIBLIOGRAFIA p.231

 

3. AA.VV., Legal instruments for combating racism on the Internet, Council of Europe publications. (disponibile anche in lingua francese)

Various national and international legal instruments punish hate speech. However, the specific nature of the Internet calls for the adoption of new strategies to combat hate speech promoting racism and violence, which is widely and swiftly disseminated on the web. As the Internet ignores territories and has no boundaries, states cannot control it effectively by unilateral national regulation: so what is needed is increased international co-operation. Efforts to harmonise national legislation - including the Additional Protocol to the Council of Europe Convention on Cybercrime - have come up against a series of difficulties. One of these is the fact that there is no universally accepted definition of the illegal nature of racist speech, which can be protected by the right to freedom of expression. This book describes the situation in ten Council of Europe member and observer, states and discusses the problems faced and solutions introduced by these countries and by European and international organisations and civil society.

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