III Commissione - Mercoledì 29 aprile 2009


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ALLEGATO 1

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (C. 2180 Governo).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge n. 2180, approvato dal Senato, recante Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, nel testo risultante dall'esame degli emendamenti approvati nel corso dell'esame in sede referente;
osservato che il provvedimento contiene una serie articolata di riforme che, ancorché eterogenee quanto ai relativi contenuti, si caratterizzano per la comune finalità volta a garantire un efficace sistema di sicurezza pubblica;
ritenute particolarmente significative le modifiche, di cui agli articoli 21, 45 e 48, apportate al testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, volte a disciplinare la fattispecie dell'ingresso e del soggiorno illegale nel territorio dello Stato e a reprimere il fenomeno dell'immigrazione clandestina, assicurando maggiore tutela ai migranti vittime del traffico degli esseri umani e dei correlati fenomeni dello sfruttamento sessuale e lavorativo, con particolare attenzione ai diritti dei minori;
rilevata la particolare attenzione dedicata dal provvedimento alla tutela dei diritti dei minori, con riferimento alle nuove norme che sanzionano il reato di sottrazione e trattenimento di minore all'estero, di cui all'articolo 18 del disegno di legge, o al rimpatrio assistito di minore cittadino dell'Unione europea non accompagnato sul territorio dello Stato e oggetto di sfruttamento ai fini della prostituzione, di cui all'articolo 53;
considerata, infine, la rilevanza del contributo finanziario che le nuove norme pongono in particolare a carico del Ministero degli affari esteri, con riferimento a quanto indicato nelle Tabelle nn. 1 e 2, allegate all'articolo 66, comma 1, lettere a) e b), relativo alla copertura finanziaria, alla luce dei ripetuti interventi già attuati in riduzione degli stanziamenti destinati a tale Amministrazione;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
la copertura finanziaria di cui all'articolo 66 sia riformulata evitando il ricorso ai fondi del Ministero degli Affari esteri, il cui utilizzo difforme è tale da pregiudicare l'adempimento degli obblighi internazionali già sottoscritti ed impegnativi per il Paese.


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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-01350 Maran: Sulla situazione in Darfur.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

L'Italia è tradizionalmente e fortemente impegnata nei processi di riconciliazione nazionale in corso in Sudan.
Negli anni scorsi, siamo stati fra i principali attori del processo di pace tra Nord e Sud del Sudan. Non a caso abbiamo co-firmato, come osservatori, l'Accordo di Pace del 2005, che ha posto fine alla ventennale guerra civile tra le due parti del Paese. E non a caso siamo membri dell'organismo internazionale che monitora il processo di attuazione dell'Accordo («Commissione di Verifica e Valutazione»), di cui coordiniamo uno dei principali gruppi di lavoro (quello sulla «condivisione del potere»).
In questi anni, inoltre, abbiamo finanziato il processo di disarmo, smobilitazione e reintegrazione degli ex-combattenti e prevediamo di contribuire al processo elettorale, che vedrà impegnato il Paese nel febbraio 2010 (elezioni politiche e presidenziali).
Il nostro impegno è stato ed è altrettanto convinto sull'altro grande fronte di crisi in quel Paese: il Darfur.
Il nostro Paese sostiene con convinzione la mediazione tra Governo e gruppi ribelli condotta dal Mediatore congiunto Nazioni Unite/Unione Africana, Djbrill Bassolé. E al tempo stesso, il nostro Paese assicura tutto il proprio appoggio alla missione di pace delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana in Darfur (UNAMID). Come l'onorevole interrogante ben sa in entrambi i casi il nostro sostegno si concretizza anche in un impegno finanziario, per il quale è previsto un apposito stanziamento nel Decreto missioni 2009 (pari a 5,5 milioni di euro, per capacità di trasporto aereo).
Il nostro apporto alla stabilizzazione del Paese passa anche attraverso gli interventi della Cooperazione allo Sviluppo, che ha erogato aiuti dell'ordine di oltre 20 milioni di euro l'anno tra il 2005 ed il 2008. Nel 2009, nonostante le note restrizioni di bilancio proseguiremo gli interventi, dato che il Sudan figura tra i Paesi di massima priorità per la nostra cooperazione in Africa.
Proprio in virtù di questo attivo, partecipe coinvolgimento del nostro Paese nelle vicende che riguardano il Sudan siamo particolarmente preoccupati per gli sviluppi segnalati dall'onorevole interrogante.
Subito dopo l'incriminazione del Presidente Bashir da parte della Corte Penale Internazionale (CPI), Khartoum ha deciso di espellere dal Nord Sudan (incluso il Darfur) tredici Organizzazioni non Governative internazionali. Una decisione che potrebbe avere delle gravi conseguenze umanitarie.
La nostra risposta è stata immediata: insieme ai partner UE abbiamo condannato la decisione e ne abbiamo chiesto la revoca, al fine di garantire il flusso di aiuti umanitari in Darfur senza soluzione di continuità. Nel far ciò, ci siamo anche fatti carico di rappresentare la Presidenza della UE a Khartoum, dove la repubblica ceca non ha una propria Ambasciata.
Stiamo ora lavorando con le Nazioni Unite e gli altri donatori per colmare il vuoto venutosi a creare. Inoltre, sempre di concerto con i partner UE, proseguiamo


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nel dialogo con le Autorità sudanesi per scongiurare altre espulsioni e tutelare al meglio gli operatori umanitari presenti nel Paese (tra cui tutte le tredici ONG italiane operanti in Darfur e nel resto del Sudan) e la loro opera a favore della popolazione darfuriana.
Abbiamo anche promosso in sede UE l'opportunità di aprire un dialogo con i Paesi arabi ed africani su questo delicato tema, sia per sensibilizzare Khartoum a rivedere la propria decisione sia per individuare ipotesi operative d'azione.
Continuiamo a ribadire, sia a livello bilaterale che nei fori multilaterali, la necessità che il Sudan cooperi con la Corte, di cui rimaniamo, assieme agli altri partners europei, decisi sostenitori.
Sempre assieme ai partners europei abbiamo inoltre messo a punto un «modus operandi» comune che consiste nel proseguire nei contatti politici con il Governo sudanese, al fine di continuare a favorire una soluzione negoziata delle crisi aperte nel Paese, evitando al contempo ogni contatto personale «non essenziale» (ossia non determinante per il successo del processo di pace o per questioni quali la protezione dei cittadini europei) con il Presidente Bashir.


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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-01351 Picchi: Sulla ristrutturazione della rete consolare in Germania.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

Il Governo e l'Amministrazione degli Affari esteri sono ben coscienti dell'importanza delle nostre collettività all'estero, e nello specifico delle particolari esigenze di quella residente in Germania, e quindi della necessità di prestarle adeguate tutela e assistenza. Ne è una riprova il fatto che, attualmente, la nostra rete in quel Paese comprende ben 12 Uffici consolari, cui va aggiunta la cancelleria consolare dell'Ambasciata. Si tratta della rete consolare più estesa della nostra Amministrazione in un Paese estero.
Come l'onorevole interrogante correttamente ricorda, le tre fasi della ristrutturazione della rete diplomatico consolare ai sensi del comma 404, articolo 1 della legge finanziaria del 2007 sono state portate a termine.
A differenza di quanto era prospettato in quella finanziaria, il legislatore non ha dettato nuovi, specifici obiettivi di risparmio. Ciò non toglie, tuttavia, che l'Amministrazione degli Affari Esteri si vede e si vedrà costretta, nei prossimi anni ad operare entro vincoli di bilancio particolarmente stringenti.
È noto infatti che per il triennio in corso, nell'ottica generale del contenimento della spesa pubblica, sono state previste consistenti riduzioni sui capitoli di pertinenza del MAE (tra cui in particolare quelli relativi al funzionamento degli Uffici all'estero).
Stiamo quindi riflettendo su come poter utilizzare al meglio le risorse - scarse - di cui il Ministero degli Esteri disporrà nei prossimi anni. La riflessione si trova attualmente allo stadio di analisi delle diverse opzioni possibili. Sui relativi esiti non mancheremo di dare doverosa, tempestiva e completa informazione al Parlamento.
Per quanto riguarda il secondo aspetto sollevato dall'onorevole interrogante, quello della gestione delle risorse umane, vorrei segnalare come il Ministero degli Esteri, nella programmazione e attuazione dei provvedimenti connessi alle ristrutturazioni della rete diplomatico-consolare, presti particolare attenzione alle esigenze del suo personale, sia esso di ruolo o a contratto: viene infatti sempre operata una valutazione volta a minimizzare l'impatto dei provvedimenti sul personale in servizio.
Naturalmente, tale valutazione deve essere responsabilmente calibrata anche in rapporto alle esigenze dell'Amministrazione nel suo complesso. Essa non può quindi arrivare ad essere condizione ostativa nella fase decisionale riguardante i provvedimenti.
Un'ultima osservazione sulla problematica, giustamente sentita dal personale a contratto, della certezza dell'impiego. Su questo aspetto, mi sento di rassicurare l'onorevole interrogante.
È vero, il già citato decreto del Presidente della Repubblica 18, che regola l'ordinamento del Ministero degli Affari Esteri, prevede esplicitamente, fra le cause di risoluzione del contratto degli impiegati assunti localmente dalle Rappresentanze Diplomatiche e Consolari il caso di «riduzione di personale o chiusura della Sede di servizio» (articolo 166).


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Tuttavia, lo stesso decreto del Presidente della Repubblica 18 stabilisce che il principio generale cui l'Amministrazione degli Esteri deve ispirarsi - e cui in effetti si ispira - è quello della salvaguardia del rapporto lavorativo.
L'articolo 160 del decreto del Presidente della Repubblica contiene infatti un impegno espresso dell'Amministrazione, in caso di chiusura o soppressione di un ufficio all'estero, a ricollocare entro tre mesi gli impiegati a contratto presso un altro ufficio all'estero, facendo salva la loro anzianità di servizio ed il precedente regime contrattuale. Impegno recepito, fra l'altro, anche dall'articolo 13 del cosiddetto «Accordo Successivo» del 12 aprile 2001, concluso dalla Amministrazione degli Affari Esteri e dalle Organizzazioni Sindacali.
La disciplina delle «ricollocazioni» è stata applicata a tutto il personale a contratto in servizio nelle sedi finora coinvolte nella riorganizzazione della rete diplomatico-consolare. In tutti i casi finora presentatisi, gli impiegati sono stati ricollocati in sedi - ove presenti - all'interno del Paese dove già prestavano servizio. Il tutto, naturalmente, dopo aver verificato l'interesse e l'idoneità delle sedi di destinazione ad accogliere il personale da ricollocare e, soprattutto, dopo aver acquisito la disponibilità di quest'ultimo a trasferirsi nelle sedi proposte.


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ALLEGATO 4

Risoluzione n. 7-00141 Pianetta: Sull'azione internazionale dell'Italia per la tutela e la promozione dei diritti umani.

NUOVA FORMULAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La III Commissione,
premesso che:
nelle sedute dell'11 febbraio e del 25 marzo 2009 il Comitato permanente sui diritti umani della III Commissione della Camera dei deputati ha esaminato la Relazione sull'attività svolta dal Comitato interministeriale per i diritti umani nonché sulla tutela e rispetto dei diritti umani in Italia nell'anno 2007;
il Comitato ha provveduto altresì ad audire, l'11 dicembre 2008 ed il 25 febbraio 2009, il ministro plenipotenziario Valentino Simonetti, presidente del Comitato interministeriale per i diritti umani, che ha richiamato i principali impegni internazionali che vincolano il nostro Paese in tema di salvaguardia dei diritti umani e che sono stati rinnovati in sede di presentazione della candidatura italiana, nel marzo 2006, al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, di cui l'Italia è entrata ufficialmente a far parte il 9 maggio 2007;
il Consiglio dei diritti umani - che ha sostituito la pregressa Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite - si caratterizza per un metodo funzionale basato sulla cosiddetta «Revisione periodica universale» (Universal Periodic Review): un meccanismo in base al quale il Consiglio opera periodicamente un controllo sull'adempimento ed attuazione degli obblighi ed impegni in materia di diritti umani da parte di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite;
con il meccanismo di rotazione adottato, l'Italia sarà chiamata a fornire, nel febbraio 2010, un'ampia panoramica dei meccanismi e degli istituti preposti alla salvaguardia dei diritti umani e degli eventuali profili problematici connessi con la mancata attuazione dei richiamati adempimenti internazionali,

impegna il Governo

a dare concreta attuazione a tali adempimenti, promuovendo la presentazione di specifiche iniziative legislative riguardanti:
a) l'istituzione di una commissione nazionale indipendente per la tutela e la promozione dei diritti dell'uomo, così come richiesto al nostro Paese sia nell'ambito delle Nazioni Unite che nell'ambito del Consiglio d'Europa;
b) la ratifica del protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla tortura, con la connessa istituzione di un organismo indipendente di controllo operante all'interno del nostro ordinamento;
c) l'introduzione di una disciplina che perfezioni l'adeguamento del nostro ordinamento allo Statuto della Corte penale internazionale;


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ad assicurare la massima collaborazione alla realizzazione della «revisione periodica» che il Consiglio dei diritti umani effettuerà nei riguardi del nostro Paese nei prossimi mesi, tenendo in considerazione anche le osservazioni del recente rapporto del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa;
a proseguire l'impegno profuso in seno alle Nazioni Unite per la moratoria universale della pena di morte.
(7-00141) «Pianetta».