La
vicenda coinvolge circa unĠottantina di cittadini del Gambia, giunti sulle
coste italiane tra la la fine del 2008 e i primi giorni del 2009.
Tutti gli stranieri presentavano lĠistanza
per il riconoscimento della protezione internazionale, e venivano, pertanto,
trasferiti presso il C.A.R.A di Bari.
Qui erano sentiti dalla Commissione
Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Bari.
In attesa dellĠesito della richiesta di
riconoscimento della protezione internazionale, i cittadini del Gambia hanno
continuato a vivere presso il C.A.R.A. di Bari.
Il giorno 03.04.2009, inaspettatamente,
mentre i ragazzi erano in mensa, erano chiamati dagli agenti di Polizia e
trasferiti presso il C.I.E. di Bari – San Paolo: qui gli notificavano il
diniego di riconoscimento della protezione internazionale e, dopo appena un
minuto,
il decreto di espulsione del Prefetto di Bari e lĠordine del Questore di
Trattenimento presso il C.I.E. di Bari – San Paolo.
Orbene, la legge in tema
di Protezione Internazionale stabilisce che, a seguito della domanda di
protezione internazionale, la Commissione ascolta le motivazioni del
richiedente e, nei tre giorni successivi, ex art. 32 del D. L.vo 25/2008
<<la Commissione territoriale adotta una delle seguenti decisioni:
a) riconoscere lo
status di rifugiato o la protezione sussidiaria, secondo quanto previsto dagli
articoli 11 e 17 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;
b) rigetta la domanda
qualora non sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione
internazionale fissati dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, o ricorra
una delle cause di cessazione o esclusione della protezione internazionale previste
dal medesimo decreto legislativo, ovvero il richiedente provenga da un Paese di
origine sicuro e non abbia addotto i gravi motivi di cui al comma 2;
b bis) rigetta la
domanda per manifesta infondatezza quando risulta la palese insussistenza dei
presupposti previsti dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ovvero
quando risulta che la domanda stata presentata al solo scopo di ritardare o
impedire lĠesecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento(É)>>.
La norma in esame prevede
poi le conseguenze delle suddette decisioni statuendo, nel successivo comma 4
che, nellĠipotesi di diniego, comunque motivato:
<<La decisione di
cui al comma 1, lettere b) e b bis) ed il verificarsi delle ipotesi previste
dagli articoli 23 (Ritiro della domanda) e 29 (Casi di inammissibilit
della domanda) comportano alla scadenza del termine di impugnazione lĠobbligo per
il richiedente di lasciare il territorio nazionale, salvo che gli sia stato
rilasciato un permesso di soggiorno ad altro titolo. A tale fine si provvede ai
sensi dellĠarticolo 13, comma 4, (espulsione con accompagnamento alla
frontiera) nei confronti dei soggetti accolti o trattenuti ai sensi degli
articoli 20
(Accoglienza presso il CARA) e 21 (Trattenimento presso il CIE) e ai sensi
dellĠarticolo 13, comma 5, (espulsione con intimazione a lasciare il
territorio nazionale entro 15 giorni) del medesimo decreto legislativo nei
confronti dei soggetti ai quali era stato rilasciato il permesso di soggiorno
per richiesta asilo (É)>>.
Relativamente
allĠimpugnazione del diniego opportuno far presente che ai sensi dellĠart. 35
del D. L.vo 25/2008 il ricorso avverso il diniego deve essere presentato, a
pena di inammissibilit, <<Nei casi di accoglienza o trattenimento
disposti ai sensi degli articoli 20 e 21, il ricorso proposto, a pena di
inammissibilit nei quindici giorni successivi alla comunicazione del
provvedimento dinanzi al tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di
corte dĠappello in cui ha sede il centro>> (comma 1, ult.
cpv) e <<La proposizione del ricorso avverso il provvedimento che
rigetta la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona a
cui accordata la protezione sussidiaria ai sensi dei commi 1 e 2 sospende lĠefficacia
del provvedimento impugnato>>.
é indubbio, stante il dettato letterale
delle norme citate, che solo alla scadenza dei 15 giorni per poter proporre
ricorso avverso il diniego, possibile procedere allĠespulsione dello
straniero a seconda dei casi, con le modalit di cui allĠart. 13, comma 4, ovvero
13, comma 5, del D. L.vo 286/98.
Ne discende, dunque, che solo allo scadere dei
quindici giorni, laddove non fosse proposta lĠimpugnativa avverso il
decreto di diniego della Commissione Territoriale, pu essere notificato allo
straniero il decreto di espulsione.
Con unĠinterpretazione contraria alla ratio della disciplina
in tema di protezione internazionale, probabilmente al solo scopo di colmare un
vuoto normativo a discapito dei cittadini stranieri, il Ministero dellĠInterno
giunto ad affermare che Òdopo la notifica della decisione negativa, lo
straniero deve essere espulso, in quanto non in regola con la normativa in tema
di soggiorno sul territorio nazionale; al medesimo deve essere notificato il
relativo provvedimento di espulsione, che prevede lĠaccompagnamento immediato
alla frontiera; il suddetto accompagnamento non pu essere eseguito prima della
scadenza del termine per lĠimpugnazione, per consentire allĠinteressato
lĠesercizio effettivo del diritto di impugnare la decisione non favorevole;
durante la pendenza del termine per il ricorso, lo straniero trattenuta in un
C.I.E., poich risulta destinatario di un provvedimento di espulsione; il
trattenimento giustificato dalla previsione dellĠart. 21, comma 1, lettera
c), che legittima la permanenza in un C.I.E. dello straniero richiedente asilo,
destinatario di provvedimento di espulsione o di respingimento; per richiedente
asilo si intende lo straniero che ha la domanda di protezione pendente o
rigettataÓ.
Tutto questo non prevista da alcuna norma dellĠordinamento italiano: il
Ministero, dunque, limita la libert dellĠindividuo sulla base di una propria
unilaterale interpretazione perch, secondo il Ministero: ÒUna diversa
interpretazione della suddetta normativa impedirebbe lĠapplicazione del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, che prevede
lĠespulsione dello straniero non in regola con i flussi migratoriÓ.
Allo stato, la gran parte dei cittadini del
Gambia ha presentato il ricorso innanzi al Tribunale di Bari avverso il
diniego, quindi, per la legislazione in tema di protezione internazionale, essi
hanno diritto ad un rilascio del permesso di soggiorno, ma ci nonostante alcun
documento gli stato – ad oggi – rilasciato ed essi sono
trattenuti in un centro di detenzione amministrativa (e privati della libert
personale) per un capriccio interpretativo del Ministero dellĠInterno che non
trova alcun fondamento nellĠordinamento giuridico italiano.
Con il rischio, tuttĠaltro che remoto, che
i cittadini del Gambia, nonostante la proposizione del ricorso avverso il
diniego di protezione internazionale, vengano coattivamente rimpatriati, in un
Paese ove il rispetto delle libert democratiche solo sulla carta.
é opportuno precisare che i cittadini
stranieri che, arrivati sulle coste italiane propongono istanza per il
riconoscimento della protezione internazionale, ÒgodonoÓ (o meglio, cos
dovrebbe essere) di un regime di favore particolare: il D. lgs. n. 140/2005 (ad
oggi in vigore) stabilisce, al suo art. 4, che la Questura debba procedere al
rilascio in favore dello straniero di un attestato nominativo, certificante la
sua qualit di richiedente asilo, e Òentro venti giorni dalla presentazione
della domandaÓ deve rilasciare un permesso di soggiorno per
richiedente asilo. Da quel momento il richiedente la Protezione Internazionale
non pi un cittadino extracomunitario ÒirregolareÓ. E tale situazione permane
sino a quando non si definito il procedimento per il riconoscimento che pu
terminare:
a) nel momento in cui la Commissione
riconosce la Protezione internazionale;
b) successivamente, laddove, in caso di
diniego, si sia pervenuti, allĠesito dellĠeventuale procedimento
giurisdizionale, ad un provvedimento avente efficacia di giudicato.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla
Pubblica Amministrazione, quindi, i cittadini gambiani non sono divenuti
irregolari al momento della notifica del diniego di riconoscimento, avendo gli
stessi diritto a permanere legittimamente sul territorio nazionale sino
allĠesaurimento della procedura di riconoscimento (eventualmente in fase
giurisdizionale, peraltro, gi esperita).
La circostanza che detti cittadini fossero
regolarmente presenti sul territorio italiano al momento della notifica del
diniego non priva di rilievo giuridico atteso che, per espressa previsione
normativa, la loro condizione di ÒregolaritÓ (essendo pendente il procedimento
di riconoscimento) gli consentirebbe di essere accolti presso il
C.A.R.A. di Bari, con lĠulteriore possibilit di svolgere attivit lavorativa.
LĠabuso del Ministero dellĠInterno ha fatto
in modo che, attraverso lĠartifizio della presunta irregolarit, i cittadini
gambiani fossero ÒcostrettiÓ al regime del ÒtrattenimentoÓ presso il C.I.E.,
con lĠulteriore conseguenza di rendere non remoto ma molto presente (come di
fatto sta accadendo) il pericolo di essere rimpatriati in pendenza del
procedimento incardinato innanzi al Giudice di Pace di Bari al fine di ottenere
lĠannullamento del decreto di espulsione (che, per legge, immediatamente
esecutivo), pur essendo dei cittadini regolarmente presenti sul territorio
italiano.
Il giorno 06.05.2009, nonostante, il
Giudice di Pace di Bari abbia dichiarato nullo il decreto
impugnato per una ventina di cittadini gambiani, il Prefetto di Bari ha
proceduto alla notifica di un nuovo decreto di espulsione che, per quanto sopra
esposto, illegittimo al pari di quello
gi impugnato perch si fonda sui medesimi presupposti
giuridico-fattuali che, nel frattempo, non si sono modificati. A tanto
aggiungasi che i cittadini sono stati immediatamente trasferiti presso il
C.I.E. di Lamezia Terme ove, di fatto, gli vien negato il diritto alla difesa
atteso che non loro consentito avere contatti con avvocati e dove si
proceder domani alla convalida del trattenimento.
Avv. Tiziana Sangiovanni
Avv. Maria Laura Di Bello
Avv. Maria Franca
Tarantino