Zingari, gitani:
termini generici e imprecisi usati per indicare un insieme di popoli, in
origine ritenuti nomadi ma che in gran parte non lo sono pi. La storia del loro radicamento in Italia
si perde nei secoli.
Si ritiene che in Italia i
primi immigrati di origine Rom e Sinti siano arrivati nel 1392 come conseguenza
della battaglia del Kosovo fra le armate ottomane e quelle serbo-cristiane. La
prima testimonianza storica scritta della loro presenza in Italia risale al
1422 a Bologna. Nei secoli successivi, per sopravvivere, questi popoli hanno
dovuto superare persecuzioni di
ogni genere: arresti di massa in Spagna nel XVIII secolo, la schiavit in
Romania (fino al 1850), i campi di concentramento nazisti ed i rigurgiti
xenofobi dell'epoca attuale.
Oggi in Italia sono presenti
diversi gruppi etnici della popolazione roman, rom e sinti,
quantificati in circa 170.000 persone, di cui due terzi italiani. Un numero
esiguo se raffrontato col numero di 1 – 1,5 milioni stabile in Romania,
gli 800 mila residenti in Bulgaria e Spagna, il mezzo milione in Slovacchia e
Ungheria, i 400 mila della Serbia ed i
350 mila della Francia. Ed in molti Paesi, il processo di accoglienza ed
integrazione andato molto pi avanti che da noi, magari con il giusto
utilizzo dei copiosi fondi che la UE mette a disposizione degli Stati membri
per laccoglienza ed integrazione di questo popolo.
Neanche questo fa lItalia: i
fondi giacciono utilizzati a disposizione di altre nazioni pi avvedute e
propense allaccoglienza. La UE non ci concede fondi perch lItalia non fa
accoglienza ma solo discriminazione ed
emarginazione, allinsegna di un dubbio concetto della sicurezza. Da noi il tema sempre unemergenza,
anche se dura da secoli. Per questo la drammatizzazione di fatti di cronaca si
presta alle convenienze del
politico di turno, e si trasforma in ripetute campagne dodio verso il diverso.
Ma se gli altri Paesi europei,
che hanno molti pi Rom e Sinti dellItalia, lintegrazione la fanno e noi no,
allora cՏ qualcosa che non va e forse proprio da parte nostra. Ma che cosa? E
che si pu fare per invertire questo percorso verso linvoluzione e la frattura
sociale?
E partito da queste esigenze
di capire ed approfondire, senza steccati politici o culturali, il seminario
che si tenuto lo scorso 10 marzo a Roma a Palazzo Marini. Titolo: zingari,
non aspettare unaltra emergenza per praticare lintegrazione.
Liniziativa nata da un gruppo di cittadini (Daniela Carl, Giuseppe
Casucci, Luca Cefisi Christopher Hein e Piero Soldini) di diversa
provenienza, che ha raccolto ladesione di centinaia di personalit della
politica, della cultura, del sindacato, del mondo dello spettacolo.
Obiettivo:
dar vita ad una sorta di resistenza culturale allo scempio del diritto che si
sta compiendo ai danni di zingari ed immigrati; dar voce a chi si oppone alla xenofobia diffusa
anche attraverso luso di strumenti istituzionali. Ma anche: riprendere un
dialogo di confronto costruttivo tra i molti attori in campo, senza steccati e
preclusioni, con lobbiettivo di arrivare a proposte e soluzioni concrete, per
mettere fine alla segregazione e discriminazione di questa minoranza
linguistica e culturale.
Tra gli
interventi significativi quelli
dei parlamentari Savino
Pezzotta, Massimo Livi Bacci e Fabio Porta, dei docenti Alessandro Simoni, dellUniversit degli studi di Firenze e di Marco Brazzoduro dellUniversit La Sapienza di Roma. Non mancata la
voce dei diretti interessati: Massimo Converso, Presidente di Opera Nomadi; Cirmic Kasim, presidente di UNIRSI – Unione Nazionale ed Internazionale
dei Rom, di Roberto Hamidovic, della Comunit Sinti di Castel
Romano e di Dijana Pavlovic, attrice di origine Sinta. Giuseppe
Casucci ha moderato il dibattito, introdotto da Piero Soldini e
concluso da Daniela Carl. Tra le associazioni intervenute Paolo
Ciani della Comunit di S. Egido e Christopher Hein del
CIR. Presente anche in sala il Sen. Pietro Marcenaro, presidente
della Commissione diritti umani di Palazzo Madama, la medaglia doro dottor
Ghebre della Croce Rossa italiana e Tana De Zuleta.
Gli interventi sono stati
numerosi e qualificati. Per dare unidea di quanto accada nei campi cosiddetti
nomadi, forse significativo riportare quanto ci raccontano alcuni diretti
interessati. Roberto ha 30 anni, vive in un campo nomadi di Castel Romano. La
sua famiglia appartiene al gruppo dei Sinti. Lui ha studiato e si laureato,
ma ora a 30 anni quando cerca lavoro si sente spesso rispondere: non cՏ lavoro
per gli zingari. per, aggiunge, cՏ molto lavoro sugli zingari. Il fratello
Nedzib ancora pi esplicito ed accusa: Tantissime associazioni, dice,
guadagnano soldi in progetti fatti su di noi. Progetti – a parole - di inclusione sociale o scolastica per
i bambini, che in genere non servono a molto, ma servono a far guadagnare gli
italiani. E quando chiediamo loro: fate lavorare anche alcuni di noi nei vostri
progetti, allora le porte si chiudono.
CՏ il business sullo zingaro
ed pi redditizio farci vivere segregati nei campi, piuttosto che darci la
possibilit di vivere in una casa, andare scuola o avere un lavoro. Un
rappresentante di un gruppo di Sinti (non d il nome) oggi ospitato in un campo
sulla Pontina, a 30 Km da Roma racconta: siamo vissuti per anni al Testaccio,
molti avevano anche una casa; eravamo conosciuti dalla gente del posto e non
cerano problemi. Oggi ci hanno deportato completamente fuori Roma, non abbiamo
acqua e la luce la prendiamo di frodo. Alla mattina vengono a prendere con i
bus i nostri bambini per portarli a scuola: non la scuola pi vicina, ma varie
scuole nel centro di Roma.
E assurdo, aggiunge, quando
lultimo bambino viene consegnato allultima scuola del giro, sono gi le 10 o
le 11. E non tutto. I nostri figli, racconta, si sentono diversi dagli
altri bambini e a scuola cos non ci vogliono andare. Quanto si spende per
questo tour quotidiano per le scuole di Roma e chi ci guadagna?. Un altro
Roman chiede di darci il suo punto di vista. Cizmic kasim presidente per lItalia di UNIRSI –
Unione Nazionale ed Internazionale dei Rom e dei Sinti.
Anche lui esplicito: tutte
le norme fatte su di noi, dice, sono basate su di un falso assunto: che siamo
una popolazione nomade. In questo modo i sindaci vorrebbero che ci spostassimo
in continuazione, da una citt allaltra. Ma questo era forse vero secoli fa.
Io sono italiano da generazioni. La maggior parte di noi stanziale, spesso
avevamo una casa ma ci siamo dovuti spostare perch non trovavamo lavoro: non
cՏ posto per gli italiani, figuriamoci per noi con i nostri cognomi e le
nostre storie. Aggiunge: abbiamo bisogno di lavoro e scuola per i nostri
figli, vogliamo vivere in case come tutti gli altri.
Non vogliamo vivere nei campi.
Eppure il messaggio che filtra da giornali e TV riporta il contrario: che
vogliamo vivere cos, che non ci vogliamo integrare. E falso. Aiutate gli
zingari ad integrarsi: la maggioranza di loro accetter.
Djiana Pavlovich,
attrice di teatro ed impegnata politicamente a sinistra le sue battaglie le fa
a Milano, nei campi nomadi attorno alla capitale padana. La rappresentazione
mediatica che si fa di Rom e Sinti non solo farsesca, ma purtroppo anche
funzionale ad una campagna dodio e di rifiuto del diverso, cavallo di
battaglia della Lega Nord. Il fine? Raccogliere voti a partire dalla difesa
dei privilegi dei veri padani. Purtroppo le somiglianze con le leggi razziali
danteguerra sono paurosamente reali.
Tutti i giorni Dijana fa
attivit volontaria nei campi Sinti in Milano e provincia: sono condizioni
spaventose di vita, racconta, che assomigliano pi alle favelas del terzo mondo
che non alle zone povere del secondo o del primo. E giusto che il Commissario
UE che ha visitato i campi dove vivono Rom e Sinti, li abbia definiti posti in
cui le condizioni sono al limite della tolleranza umana. Quanti soldi si
spendono per segregare i cosiddetti zingari, chiede sarcastica, e quanti si potrebbero
chiedere allUnione Europea per una politica abitativa, scolastica e di avvio
al lavoro di queste famiglie? Molti. Ma forse pi comodo ad una certa
politica avere il diverso da colpire, per guadagnare voti e potere.
Cosa fare? Ci si chiesti durante
il dibattito. Intanto va conosciuto meglio questo universo complesso, dalle
mille sfaccettature che il popolo dei Rom dei Sinti. La seconda cosa
avanzare proposte concrete di integrazione ed accoglienza, per cui ci sono i
fondi disponibili in sede comunitaria. Lobiettivo porre fine ai cosiddetti
campi nomadi. Bisogna inoltre partire dai bambini, per i quali pi facile un
percorso di integrazione se nelle scuole supportato dalla mediazione
culturale e dallaiuto didattico adeguato. Alla base, bisogna saper ascoltare
quello che Rom e Sinti hanno da dirci, senza steccati, pregiudizi e
discriminazioni.
Lidea, come stata riassunta
nelle conclusioni da Daniela Carl, quella di mettere insieme
un gruppo di esperti – a partire da quelli Roman – con apporti a
livello nazionale, dalle associazioni che lavorano con loro, dalle facolt
universitarie che studiano da tempo questo universo e le sue dinamiche, ai
rappresentanti della politica che siano disponibili a misurarsi senza preconcetti.
Il gruppo di studio analizzerebbe la situazione a livello nazionale, per
elaborare poi un insieme di proposte da sottoporre al governo nazionale ed a
quelli locali. Il popolo degli zingari, come ha detto il Prof. Brazzoduro
durante il dibattito, era in buona parte italiano quando ancora lItalia non
era una nazione. Il problema non si risolve con lanatema se ne vadano a casa
loro. E questa la loro casa, comՏ la nostra e dobbiamo imparare a vivere
insieme in armonia.