Consiglio di Stato - Sezione sesta - decisione 18 novembre 2008 - 2 febbraio 2009, n. 552
Presidente Barbagallo - Relatore Chieppa
Ricorrente Ben Achour Ali Ben Salem



Sul ricorso in appello proposto da Ben Achour Ali Ben Salem, rappresentato e difeso dagli avv.ti Carlo Polidori e Carlo Scala, ed elettivamente domiciliato presso il primo, in Roma, viale Eritrea, n. 91;
contro
Ministero dellĠinterno e Questura di Napoli, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dallĠAvvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso la stessa in Roma via dei Portoghesi n. 12;
per lĠannullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione VI, n. 16357/07 pubblicata il 17-12-2007;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto lĠatto di costituzione in giudizio dellĠamministrazione appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 18-11-2008 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Uditi lĠAvv. dello Stato Scaramucci;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


Fatto e diritto


1. Con lĠimpugnata sentenza il Tar ha respinto il ricorso proposto dal signor Ben Achour Ali Ben Salem, cittadino extracomunitario, avverso il decreto prot. n.6423 del 30.03.2006, notificato il 3 aprile 2006, con il quale il Questore di Napoli gli aveva negato il rinnovo del permesso di soggiorno, con ordine di allontanarsi dal territorio italiano entro quindici giorni ed avverso il successivo diniego del 04.05.2006, opposto alla richiesta di riesame proposta dal ricorrente.
Il signor Ben Achour Ali Ben Salem ha proposto ricorso in appello avverso tale sentenza per i motivi che saranno di seguito esaminati.
Il Ministero dellĠinterno e la Questura di Napoli si sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.
AllĠodierna udienza la causa  stata trattenuta in decisione.
2. Il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno  stato adottato in base ad accertamenti, in seguito ai quali non  stata riscontrata la sussistenza del rapporto di lavoro dichiarato dal cittadino extracomunitario ed  stato, invece, rilevato che la impresa di autotrasporti indicata aveva cessato di esistere e di operare da circa quattro anni.
LĠappellante contesta tale presupposto e si duole anche della mancata comunicazione - ai sensi dellĠart. 10-bis della legge n. 241/90 - dei motivi ostativi allĠaccoglimento dellĠistanza.
Tale ultima censura  fondata.
Con il provvedimento impugnato, il Questore dˆ atto di procedere senza il prescritto preavviso di provvedimento negativo, ma ritiene sussistenti gli estremi previsti dallĠart. 21-octies della stessa legge n. 241/90, stante lĠassoluta immodificabilitˆ del provvedimento nel suo contenuto.
Tale modus procedendi  erroneo.
LĠart. 10-bis della legge n. 241/90  stato introdotto dalla legge n. 15 del 2005 al fine di consentire il contraddittorio tra privato ed amministrazione prima dellĠadozione di un provvedimento negativo e allo scopo, quindi, di far interloquire il privato sulle ragioni ritenute dallĠamministrazione ostative allĠaccoglimento dellĠistanza.
La norma si applica a tutti i procedimenti ad iniziativa di parte, ad eccezione di quelli espressamente esclusi (procedure concorsuali e procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali).
Il procedimento per il rinnovo del permesso di soggiorno  un procedimento ad istanza di parte, cui si applica, quindi, la suddetta disposizione.
Il richiamo dellĠart. 21-octies della stessa legge n. 241/90, operato dallĠamministrazione nello stesso provvedimento impugnato per giustificare il mancato invio del preavviso, presuppone la validitˆ della tesi, secondo cui tale disposizione avrebbe degradato alcuni vizi procedimentali a mere irregolaritˆ.
In realtˆ, non  cos“.
Come giˆ rilevato da questo Consiglio di Stato in sede giurisdizionale lĠart. 21-octies, comma 2, non degrada un vizio di legittimitˆ a mera irregolaritˆ, ma fa s“ che un vizio, che resta vizio di legittimitˆ, non comporti lĠannullabilitˆ dellĠatto sulla base di valutazioni, attinenti al contenuto del provvedimento, effettuate ex post dal giudice circa il fatto che il provvedimento non poteva essere diverso (Cons. Stato, VI, n. 2763/2006; n. 4307/06).
LĠart. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990  una norma di carattere processuale applicabile anche ai procedimenti in corso o giˆ definiti alla data di entrata in vigore della legge n. 15/2005, in quanto, sancendo la non annullabilitˆ del provvedimento, il legislatore ha inteso escludere la possibilitˆ che esso (comunque illegittimo) e i suoi effetti vengano eliminati dal giudice amministrativo, senza spingersi ad affermare che lĠatto non sarebbe pi qualificabile, sul piano sostanziale, come annullabile (Cons. Stato, VI, n. 4614/2007).
Errano, quindi, le amministrazioni che intendono lĠart. 21-octies, come introduzione della facoltˆ per la p.a. di non rispettare le regole procedimentali; in tal modo, verrebbe violato il principio di legalitˆ, mentre, al contrario, le amministrazioni non debbono tenere conto della disposizione in sede amministrativa, limitandosi ad utilizzarla in sede giurisdizionale, quando sono stati commessi degli errori e non si  riusciti a correggerli attraverso lĠesercizio del potere di autotutela.
Inoltre, va tenuto conto che la disposizione si divide in 2 parti: la prima parte dellĠart. 21-octies, secondo comma, prevede che il provvedimento non sia annullabile quando ricorrano necessariamente tutti questi elementi: a) violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti; b) natura vincolata del provvedimento; c) essere ÒpaleseÓ che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. La seconda parte  relativa ad un tipico vizio procedimentale (art. 7 della l. n. 241/90: violazione dellĠobbligo di avvio del procedimento) e prevede che il provvedimento non sia annullabile Òqualora lĠamministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottatoÓ.
Nel caso di specie, va verificata lĠapplicabilitˆ della sola prima parte, in quanto il vizio  la violazione dellĠart. 10-bis, e non dellĠart. 7, della legge n. 241/90.
In presenza di una istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, lĠaccertamento dellĠinsussistenza del rapporto lavorativo dichiarato pu˜ condurre al diniego, Òsempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascioÓ (art. 5, comma 5, D. Lgs. n. 286/98); di conseguenza, rispetto allĠaccertamento dellĠinsussistenza del lavoro, peraltro compiuto a distanza di oltre un anno e mezzo dalla richiesta, il provvedimento di diniego non costituisce atto vincolato in relazione alla situazione esistente al momento della richiesta, potendo essere sopravvenuto un rapporto di lavoro che consenta il rilascio del permesso.
Non si tratta qui di limitarsi a verificare la sussistenza di una circostanza obiettivamente ostativa (come, ad es., una condanna penale), ma di valutare un elemento, su cui possono incidere le sopravvenienze e rispetto al quale lĠinteressato pu˜ fornire - se coinvolto in sede procedimentale - gli opportuni chiarimenti, soprattutto nei casi, come quello di specie, in cui lĠamministrazione non  in grado di rispettare i tempi procedimentali (oltre un anno e mezzo a fronte dei venti giorni, previsti dallĠart. 5, comma 9, D. Lgs. n. 286/98).
Peraltro, lĠaccertamento circa lĠinsussistenza del rapporto di lavoro  stato fondato su un atto del 28-3-2006, in cui personale della Questura di Napoli si  recato preso la sede dichiarata della impresa datrice di lavoro, riscontrando - sulla base di quanto riferito da un condomino - che la impresa Òfino a 4 anni fa esisteva ed era domiciliata al civico 94Ó.
Da questa dichiarazione, lĠamministrazione ha tratto la conseguenza che la impresa avesse cessato di esistere ed operare da circa quattro anni, senza alcuna verifica circa un trasferimento di essa e, comunque, senza consentire allĠinteressato di dimostrare la sopravvenienza di altro rapporto lavorativo.
Assorbita ogni altra censura, il provvedimento impugnato deve, quindi, essere annullato e lĠamministrazione dovrˆ ora provvedere a rinnovare il procedimento, verificando la sussistenza di idoneo rapporto lavorativo, oltre che di tutti gli altri presupposti richiesti per il rinnovo del permesso di soggiorno dellĠappellante.
3. In conclusione, lĠappello deve essere accolto con conseguente annullamento dellĠatto impugnato, in riforma della sentenza di primo grado.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e per lĠeffetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dallĠAutoritˆ amministrativa.