Newsletter
periodica d’informazione
(aggiornata alla data del 18 Novembre 2009)
Immigrazione:
opposizione parlamentare presenta mozioni contro ‘respingimenti’
Sommario
o
Dipartimento Politiche migratorie,
appuntamenti
pag. 2
o
Politica –
Opposizione parlamentare presenta mozioni contro i respingimenti di migranti pag. 2
o
Politica – Morcone:
rivedere la legge Bossi - Fini pag. 3
o
Società – 6,4
miliardi di € in rimesse mandate a casa pag. 4
o
Sindacato - Incontro tra
UNAR e sindacati pag. 4
o
Sindacato –
Seminario UGTT di Tunisi: impatto crisi economica su flussi migratori pag. 5
o
Italia – Egitto, una
campagna per i minori pag. 8
o
Dai territori - Denuncia
UIL di Rimini: sugli alloggi immigrati discriminati pag. 9
o New York Times–
Money trickles north as Mexicans help relatives pag. 9
A
cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna
ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
n.
260
Dipartimento Politiche
Migratorie: appuntamenti
Roma, 19 novembre 2009, auditorium di via Rieti, ore
10.30
Fondazione Migrantes: presentazione del rapporto Italiani nel
mondo 2009
(Angela Scalzo)
Roma, 23 novembre 2009, Università La Sapienza, ore 12.00
Lezione sulla Bossi Fini agli studenti della Facoltà di
Lettere e Filosofia
(Giuseppe Casucci)
Roma, 10 dicembre 2009, Provincia di Roma, Sala della Pace
Seminario: <La responsabilità ed il diritto della
cittadinanza>.
(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)
Mirano (Venezia), 12 dicembre 2009, Piazza Martiri, ore 15.00
Manifestazione Nazionale ANPI contro il razzismo
(Giuseppe Casucci)
Politica
Fonte:
www.misna.org
Roma, 16 novembre 2009 - Sono tre le mozioni presentate oggi in parlamento, da
rappresentanti di diversi partiti dell’opposizione, per chiedere una diversa
gestione dei flussi migratori nel canale di Sicilia e soprattutto
l’interruzione della pratica dei “respingimenti in mare” con la quale nei mesi
scorsi il governo ha portato in Libia barconi pieni di migranti. Tutti e tre i
testi chiedono un atteggiamento più rispettoso dei diritti umani e delle
richieste d’asilo, evitando respingimenti indiscriminati. “Chiediamo al Governo
di impegnarsi affinché la politica dei respingimenti ceda il passo al rispetto
della dignità della persona umana. Abbandonare al loro destino uomini, donne e
bambini affamati, assetati e ammassati sui barconi della speranza è una
sconfitta per la civiltà” si legge nella mozione che ha come primo firmatario
il deputato dell’Unione di Centro Savino Pezzotta. Nel testo si invita poi il
governo “ad una maggiore attenzione e osservanza delle leggi nazionali vigenti
e delle normative comunitarie ed internazionali in materia di diritto di asilo
e ad evitare il riproporsi in futuro di analoghi episodi di respingimenti
collettivi di migranti”. In un altro testo, che ha come primo firmatario
l’onorevole Antonio di Pietro dell’Italia dei Valori, si chiede di “non
proseguire la pratica dei respingimenti indiscriminati e collettivi degli
emigranti più volte compiuti dalla Guardia di finanza che si è trovata a
soccorrere in mare, e successivamente trasferire in Libia, oltre un migliaio di
extracomunitari negli ultimi mesi” e di “rispettare le normative internazionali
relative al diritto di quanti si trovano nella condizione di chiedere asilo
politico perché provenienti da Paesi in guerra, come è stato abbondantemente
accertato per quanti fuggono soprattutto dalla guerra civile in Somalia”.
Problemi
anche da “processo breve”?
Il disegno di legge sul cosiddetto “processo breve”, proposto dal governo e da
ieri all’esame del Senato, potrebbe ulteriormente rafforzare “le politiche
discriminatorie rispetto ai migranti irregolari, il cui ‘reato’ - essere
entrati illegalmente nel paese - sarebbe equiparato a reati come quelli di
mafia e terrorismo”: lo scrive “Immigrazione oggi”, quotidiano elettronico su
immigrazione, asilo, cittadinanza e
circolazione
delle persone nell’Unione Europea (UE), riassumendo perplessità e critiche
espresse da esponenti della società e del mondo politico sulle conseguenze che
alcuni punti della normativa, se approvati negli attuali contenuto e forma,
potrebbero avere per alcuni migranti presenti in territorio italiano e anche
per cittadini italiani. Ricordando che il provvedimento ha come titolo ‘Misure
per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in
attuazione dell’articolo 111 della Costituzione e dell’articolo 6 della
Convenzione europea sui diritti dell’uomo’, Immigrazione oggi sottolinea che
una delle critiche più significative riguarda la parificazione di qualunque
reato previsto dal testo unico sull’immigrazione - inclusi l’impiego di
irregolari e la contravvenzione di ingresso e soggiorno irregolare - a un
delitto gravissimo; ciò posizionerebbe l’immigrato irregolare al di fuori dei
benefici previsti; secondo l’opposizione parlamentare il disegno di legge
sarebbe in realtà soprattutto un ennesimo tentativo di disimpegnare il presidente
del consiglio da vicende giudiziarie in corso.
Indignazione e tristezza dei Gesuiti
Indignazione e tristezza sono state espresse oggi da padre Giovanni La Manna,
il presidente del Centro Astalli, braccio italiano del Servizio dei Gesuiti per
i Rifugiati (Jrs), commentare il decreto legge sul cosiddetto “processo breve”.
In una nota diffusa nel pomeriggio padre La Manna sostiene che “la scelta di
inserire nell’elenco dei reati di grave allarme sociale l’immigrazione
clandestina è frutto di logiche discriminatorie nei confronti degli stranieri”.
Dopo aver evidenziato come “la già insensata fattispecie di reato di
immigrazione clandestina”, semplice contravvenzione punita con un’ammenda,
venga con il nuovo decreto legge equiparata ai reati di mafia e terrorismo,
padre La Manna aggiunge:” Attraverso tale operazione, frutto di accordi
politici, il governo lancia un chiaro messaggio all’opinione pubblica: gli
immigrati sono criminali. È facile immaginare come tutto ciò contribuisca ad
alimentare pregiudizi e pericolose derive xenofobe che già da tempo destano
allarme nel nostro paese”. guerra, come è stato abbondantemente accertato per
quanti fuggono soprattutto dalla guerra civile in Somalia”.
il Prefetto Mario Morcone
Roma, 17 novembre 2009 - «Forse
il Parlamento deve cominciare a ragionare sulle forme della regolarizzazione,
per trovare percorsi più continui ed evitare di ricorrere a procedure di
emersione straordinarie». Mario Morcone, il capo del dipartimento immigrazione
del Viminale esprime la sua opinione dopo aver osservato i dati sull’ultimo
provvedimento per badanti e colf. E lancia un chiaro messaggio al mondo
politico. Prefetto Morcone, esiste un’alternativa a sanatorie e «click day»? «Nessun
provvedimento è perfetto. Bisognerebbe intervenire sulla legge Bossi-Fini,
valutando come garantire percorsi di ingresso nel Paese più continui e stabili,
evitando così provvedimenti occasionali». Queste parole confermano che la
regolarizzazione delle badanti rivela aspetti poco chiari. Molti hanno aggirato
l’ostacolo e sistemato chi badante non è? «Queste maxi sanatorie aprono sempre
spazi a i furbi. È sempre accaduto, ma ovviamente è un fenomeno da colpire». E
cosa si può fare per evitarlo? «Noi abbiamo il dovere di verificare la
conformità della documentazione prodotta dalle parti alle norme. Non possiamo
fare indagini, ipotizzare retroscena che allo stato non emergono. Certo, quando
si fanno queste grandi operazioni, c’è sempre il tentativo di qualcuno di
risolvere il proprio problema in modo indiretto, aggirando la legge».
A Roma hanno scoperto badanti-uomini a fare i venditori ambulanti. «Questa cosa
non mi stupisce. Noi però dobbiamo verificare la correttezza della domanda. A
noi interessa che un datore di lavoro abbia pagato i 500 euro e un clandestino
diventi un lavoratore dipendente. Questo fa emergere il sommerso, fa pagare i
contributi, è un problema risolto. Se poi il lavoratore cambia mestiere e apre
una bancarella a noi non interessa più. O meglio, sappiamo che una persona è
emersa dal lavoro nero ed è rientrato nei binari della legge». E se una signora
dichiarata badante finisce sul marciapiede?
«Se la signora ucraina o romena la troviamo a fare la prostituta sarà espulsa.
Il permesso di soggiorno glielo togliamo». Ma questo discorso va a discapito di
chi invece lavora in nero e non è riuscito neppure a farsi dichiarare badante. «Quello
del lavoro nero è un tema delicato e sono sicuro che Parlamento e governo se ne
occuperanno. È una questione che verrà discussa. Attualmente si stimano intorno
ai 400mila lavoratori irregolari».
Lei aveva suggerito di estendere la sanatoria anche ad altre categorie di
lavoratori.
«Sarebbe utile. C’è una vasta area di irregolarità in alcuni segmenti
lavorativi, come l’agricoltura e l’edilizia».
Società
I lavori della Conferenza
internazionale sulle rimesse
ROMA - Nel
2009 gli immigrati sparsi per il mondo spediranno a casa risparmi per circa 420
miliardi di dollari. A tanto ammontano, secondo le stime della Banca mondiale,
le rimesse internazionali: 317 miliardi, in particolare, arriveranno nei Paesi
in via di sviluppo. Si tratta di somme inviate da 190 milioni di lavoratori
immigrati con benefici per oltre 700 milioni di famiglie e importanti ricadute
sulla ricchezza dei Paesi d'origine.
I 6,4 miliardi dall'Italia I dati arrivano dalla conferenza
internazionale, sotto la presidenza italiana del G8, sul tema della riduzione
dei costi delle rimesse. In generale, rispetto al 2008 si fa sentire l'effetto
della crisi economica globale: il flusso di rimesse internazionali è calato
complessivamente del 5,3% rispetto ai 444 miliardi di dollari registrati nel
2008. A giudicare dal primo semestre, i lavoratori immigrati in Italia fanno
eccezione: nel 2008, infatti, hanno inviato a casa risparmi per circa 6,4
miliardi di euro, mentre nei primi sei mesi del 2009 hanno inviato circa 3,2
miliardi di euro (dati Bankitalia).
Obiettivo: abbassare i costi Secondo le previsioni della Banca
Mondiale già dal 2010 comunque questi flussi di denaro mostreranno segni di
recupero, anche se inferiori rispetto alla crescita a due cifre che si era
registrata fino al 2007. Per sbloccare altre risorse verso i Paesi in via di
sviluppo, pari a quasi 20 miliardi di dollari all'anno, basterebbe raggiungere
l'obiettivo '5x5' deciso al G8 dell'Aquila: ridurre cioè dal 10% al 5% il costo
medio di queste transazioni finanziarie. "Il costo medio attuale, del
9,7%, è troppo alto - ha riconosciuto il vicepresidente della Banca Mondiale,
Janamitra Devan - e raggiunge picchi del 25% in aree con poca concorrenza, come
l'Africa".
L'impegno di Bankitalia La Banca d'Italia è uno dei partner
principali del progetto. Secondo il vicedirettore generale di Palazzo Koch,
Giovanni Carosio, Bankitalia "darà il suo contributo nella direzione di
maggiore trasparenza dei costi di questi servizi, effettuando una funzione di
stimolo per mercati più competitivi e monitoraggio dei dati sul fenomeno".
Un focus particolare, ha assicurato Carosio, sarà incentrato sulle forme
innovative e digitali di trasferimento di denaro, in particolare per quanto
riguarda l'utilizzo della telefonia cellulare.
Il sito per gli immigrati Alla conferenza sulle rimesse, nel
contesto del progetto '5X5', è stato presentato anche il sito www.mandasoldiacasa.it,
un servizio online per gli immigrati, nel quale vengono messi a paragone gratuitamente
costi, condizioni, tempi e modalità del servizio di invio del denaro nei Paesi
d'origine, applicati da banche, agenzie di money transfer e intermediari
finanziari. Il sito è gestito dal Cespi (Centro studi politica internazionale)
in collaborazione con l'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e
grazie al supporto dell'Abi, del ministero degli Esteri e di numerose
organizzazioni del terzo settore.
Il sito ha una versione in italiano e una in inglese ed è facile da consultare:
basta inserire il Paese nel quale si vogliono inviare i soldi e l'importo (150
o 300 euro): viene fornita una tabella con le diverse banche o altri istituti
finanziari che offrono il servizio, con l'indicazione del costo, dei tempi
della transazione, dell'importo netto che verrà ricevuto (calcolando dunque
anche il tasso di cambio).
Sindacato
Incontro UNAR e Cgil, Cisl e Uil. Riprendere la collaborazione sulla lotta alle
discriminazioni
Roma, 18 novembre 2009 - Su
richiesta del nuovo direttore di Unar, Massimiliano Monanni, si è tenuta lo
scorso 11 novembre una riunione tra l’Ufficio Antidiscriminazioni Razziali ed i
sindacati che già in passato avevano sottoscritto con l’Ufficio un protocollo
di collaborazione ed azione comune in materia di lotta alle discriminazioni, in
modo particolare nel mondo del lavoro. Alla riunione erano presenti, tra gli
altri, il Direttore Monanni e l’esperto Marco Buemi per UNAR. I sindacati erano
rappresentati da Giuseppe Casucci (UIL), Ilaria Fontanin (Cisl), Lilli Chiaromonte
(Cgil). Nel corso dell’incontro si è concordato sull’esistenza di una
involuzione politica e culturale nel Paese, in materia di approccio
all’immigrazione, con l’aumento dei casi di discriminazione quando non di vera
e propria xenofobia; una tendenza imputabile soprattutto all’incapacità dei
vari Esecutivi di governare il fenomeno migratorio, nonché all’approccio
scandalistico di parte dei mass – media a casi di cronaca riferiti a
stranieri. Una situazione
preoccupante, che ha visto il moltiplicarsi di fenomeni di razzismo nella
società, nonché casi di discriminazione diretta nei luoghi di lavoro ed
indiretta (nei comportamenti della politica e in alcune norme stesse). Nel
corso della riunione si è fatto riferimento al protocollo firmato tra UNAR e
parti sociali nel 2005, condividendo sull’urgenza di una sua attualizzazione
alla luce dell’evolversi della situazione sociale nel Paese. L’UNAR ha
convenuto sulla necessità di un maggior coordinamento tra l’Ufficio stesso e le
parti sociali, sia sul piano dello scambio di informazioni, sia per coordinare
azioni e concordare iniziative comuni. Il direttore ha anche ricordato il
lavoro di coordinamento regionale che l’Ufficio sta attuando, per una maggiore
presenza nel territorio, volto alla creazione di una rete territoriale di
centri ed osservatori regionali, provinciali e comunali per la prevenzione e il
contrasto delle discriminazioni razziali ai sensi dell’articolo 44 del T.U.
sull’Immigrazione. Tra le attività decentrate di UNAR anche la sperimentazione
sul territorio di forme di sostegno diretto alle vittime di discriminazione
attraverso l’istituzione di un fondo di solidarietà finalizzato anche
all’anticipazione delle spese processuali a carico delle vittime di
discriminazione e/o delle associazioni legittimate ad agire a loro tutela ai
sensi degli articoli 4 e 5 del d.lgs n. 215/2003; Nel corso dell’incontro
si sono delineati quattro punti operativi, che dovrebbero basarsi su di una comune strategia di concreta
attuazione del Protocollo d’intesa.
E cioè:
1.
Ripresa
dei rapporti tra l’UNAR ed i Sindacati con l’impegno di dare continuità al
futuro lavoro organizzando degli
incontri operativi, una volta al mese, con l’obbiettivo di sviluppare
congiuntamente campagne di sensibilizzazione, promozione di azioni positive ed
altre attività secondo la mission dell’Ufficio Nazionale
Antidiscriminazioni Razziali e secondo la politica delle stesse confederazioni
sindacali;
2.
attualizzazione, in base ai nuovi cambiamenti sociali ed
economici nel mondo del lavoro, del protocollo di’intesa firmato il 18 ottobre
del 2005;
3.
organizzazione di iniziative comuni a livello nazionale durante
la settimana di azione contro il razzismo che si terrà nella settimana 14-21
marzo del 2010. Si organizzerà una settimana di azione contro il razzismo
nei luoghi di lavoro sulle situazioni di discriminazione
dei lavoratori stranieri. Partendo, quindi, dai dati e dalle statistiche sulle
disparità di trattamento delle persone di origine straniera, dei sindacati,
dell’UNAR, delle parti datoriali e coinvolgendo il Ministero del Lavoro si
organizzeranno molteplici iniziative a livello nazionale sulle situazioni di
discriminazione etnica e razziale all’interno dei luoghi di lavoro con
l’obbiettivo, successivamente, di formalizzare un osservatorio permanente sulle
discriminazioni nel mondo del lavoro.
4.
l’UNAR organizzerà un incontro con le parti datoriali per
discutere, anche con loro, della nuova strategia di contrasto e lotta alle
discriminazioni razziali nei luoghi di lavoro;
Nel suo
intervento la UIL ha salutato con soddisfazione la ripresa dei rapporti e la
possibilità di una azione comune tra il movimento sindacale e l’Ufficio
istituzionale preposto alla lotta contro le discriminazioni razziali, in
applicazione del decreto legislativo 215.
Si è comunque
fatto osservare come – insieme ad un’azione a 360 gradi contro i casi di
discriminazione diretta – non possa e non debba mancare un’attenzione di
UNAR alle discriminazioni indirette contenute in alcune norme, che contrastano
con la Costituzione italiane e con la stessa normativa sull’immigrazione. In
questo senso andrebbe supportata la necessità di una maggiore autonomia dello
stesso UNAR, con l’obbiettivo di rendere la sua azione più completa ed
incisiva.
Seminario UGTT, Tunisi 13 – 15 novembre 2009
<L’impatto della crisi economica sui flussi, le pratiche e le
politiche migratorie nello spazio euro mediterraneo>
Si è tenuto tra giovedì e
domenica, nella città di Hammamet
in Tunisia, il seminario internazionale organizzato dalla Union Générale
Tunisienne du Travail (UGTT) su di
un tema che quest’anno è di grande attualità. E cioè: l’impatto della crisi
economica sui flussi migratori, ma anche sulle politiche e sulle pratiche
migratorie attuate dai governi (in primo luogo quelli europei), alla luce dei
cambiamenti economici e sociali in atto. Il seminario – che il sindacato
tunisino convoca ogni anno su
questa materia – ha visto la presenza di un centinaio di invitati, tra
sindacalisti, associazioni ed esperti di immigrazione provenienti dall’area del
Maghreb, nonché delegazioni da alcuni Paesi della sponda nord del Mediterraneo,
tra cui Francia e Spagna, oltre che l’Italia. Presente anche un rappresentante
della tedesca IG Metall. Grande assente la Grecia, che pure è sottoposta a
pressanti flussi migratori dall’Africa e dall’Asia e che registra una presenza
di stranieri ormai superiore al 10% della popolazione. Assenti anche
delegazioni dall’Algeria, Marocco e Libia. La Francia era rappresentata da delegazioni della CGT e Force
Ouvriére; mentre dalla Spagna sono venuti rappresentanti della UGT e di Comisiones Obreras. Per l’Italia, oltre
a esponenti della UIL (Giuseppe
Casucci) e di Progetto Sud (Carlo
Volpi), era presente un rappresentante dell’Anolf- Cisl. Obiettivo del
seminario era quello di mettere a fuoco “l’evoluzione dei flussi migratori,
l’emergere di nuove zone di destinazione e la pressione che viene esercitata
sulle condizioni del lavoratori stranieri nei paesi ospitanti”. Fenomeni,
scrive la UGTT che “sfidano oramai tanto i sindacati della sponda Sud, quanto
quelli del lato Nord del Mediterraneo e riguardano il ruolo e la cooperazione
che le trade unions sono destinate a sviluppare nei prossimi anni”. Secondo i
promotori dell’iniziativa, la cooperazione classica tra sindacati del Maghreb e
quelli europei non è più sufficiente a dare risposte adeguate alla crescente e
disordinata pressione migratoria, con conseguenze che portano l’Europa ad
affrontare il problema solo come un problema di ordine pubblico con grave
pregiudizio dei diritti fondamentali dei lavoratori migranti e delle loro
famiglie. “E’ oramai
indispensabile – sostiene la UGTT -
allargare l’azione in difesa degli immigrati e dei loro diritti, al fine
di interagire, unitariamente, su un fenomeno distorto da problemi intrecciati e
non risolti. Una situazione in forte accelerazione che influenza le politiche
dei governi ma investe anche il terreno d’azione dei sindacati”. Per l’UGTT, il
moltiplicarsi di iniziative sul piano della sicurezza (leggi Frontex) “può dare
all’opinione pubblica europea l’illusione di un contenimento dell’ondata
migratoria in arrivo dall’Africa. Ma è solo una illusione. L’insieme di
concause in atto nel continente africano (esplosione demografica, differenziale
crescente nello sviluppo con l’Europa, guerre e cambiamenti climatici), porta a
prefigurare un aumento della pressione migratoria, malgrado la crisi economica
in corso in Europa. La politica europea di chiusura “non impedirà né la prosecuzione dei flussi migratori né una
contaminazione delle fragili condizioni di lavoro degli immigrati rispetto a
quelle nazionali, alimentata dalla forma attuale del capitale internazionale”.
Ne consegue, secondo l’UGTT, “la
necessità di considerare un vantaggio la situazione degli immigrati,
nell'interesse dei lavoratori nei paesi ospitanti al nord come al sud”. In
questo contesto, secondo il sindacato tunisino, i sindacati dell’area euro
mediterranea sono chiamati ad occuparsi ed a dare risposte puntuali a questo
fenomeno, al fine di contrastare una contrapposizione oggettiva di interessi
tra lavoratori dei paesi europei e quelli di origine immigrata, scissione che
sta già producendo fenomeni di dumping sociale, con conseguenza sul piano delle
discriminazioni e di comportamenti razzistici. La proposta del sindacato
tunisino è quello della costituzione di una rete attiva con la presenza di
sindacati ed associazioni di tutti i Paesi euro mediterranei, con il compito di
promuovere, analisi, studio ed azioni concordate rivolte sia ai governi dei
Paesi interessati, sia a informare ed influire sui processi migratori stessi,
favorendo la migrazione legale e combattendo il traffico internazionale delle
persone. Nel corso della tre giorni di dibattito sono emerse alcune
contraddizioni che hanno portato i sindacati europei a porre precise condizioni
a quello tunisino, in vista di una maggiore collaborazione in campo migratorio.
Il punto principale è quello della migrazione irregolare, problema enorme per i
paesi del Nord Africa, sottoposti ad una forte pressione migratoria da Paesi
come la Mauritania, il Mali, il Niger, il Chad ed il Sudan, senza contare altri
paesi del centro e sud Africa. Sono diversi milioni i migranti presenti
nell’area del Maghreb e Mashreq, flussi in continuo aumento, di cui solo una
parte minore tenta l’avventura verso l’Europa, mentre la maggior parte finisce
nei campi di detenzione in Libia, come in Marocco ed Algeria in condizioni non
monitorabili da parte delle organizzazioni umanitarie e spesso respinti nel
deserto, malgrado la presenza di donne e bambini. Nel suo intervento, la UIL ha
sottolineato la necessità di una politica concreta dei sindacati dell’area sud
del Mediterraneo a tutela dei diritti fondamentali di queste persone (in primo
luogo dei rifugiati e dei richiedenti asilo), ma anche di lotta seria contro
l’immigrazione irregolare ed il traffico internazionale delle persone. In
effetti – ha ribadito la UIL – l’immigrazione in forma clandestina
ed il non governo dei flussi migratori sono a nostro parere le cause principali
della crescente insofferenza tra gli italiani nei confronti dei migranti,
insofferenza che spesso è sfociata in episodi di xenofobia, e che è stata anche
il pretesto per le misure draconiane approvate nell’ambito del cosiddetto
“pacchetto sicurezza”.
La crisi economica che colpisce
l’Europa e produce un aumento della disoccupazione ha anche portato ad una
maggiore chiusura di queste società verso nuove migrazioni, un fenomeno certo
temporaneo ma che costringe tutti a fare i conti con la necessità di ripensare
la politica dei flussi. Inoltre,
la forte presenza in Italia di una economia sommersa ed il non governo
della pressione migratoria, ha portato l’area del lavoro etnico irregolare a
crescere in forma geometrica negli ultimi anni, producendo un esteso fenomeno
di dumping sociale e mettendo a volte, nello stesso luogo di lavoro, operai
italiani ed immigrati in contrapposizione. Il dumping lavorativo e sociale
– ha ribadito la UIL - va combattuto da parte del movimento sindacale in
quanto, oltre a non permettere la tutela dei diritti contrattuali dei
lavoratori immigrati, provoca un indebolimento dei diritti di tutti e –
conseguentemente – un meccanismo di contrapposizione di interessi, con
grave pregiudizio del principio di solidarietà, alla base della stessa ragion
d’essere per un sindacato. “In questo senso – ha detto il rappresentante
UIL - i sindacati dei Paesi
europei, quanto quelli del Maghreb e Mashreq hanno tutto l’interesse a
combattere l’immigrazione irregolare e promuovere una cultura della legalità
con percorsi di immigrazione rispettosi delle leggi, in modo da permettere un
governo vero del processo migratorio e contemperare le esigenze dei migranti con il rispetto dei diritti
degli altri, nell’ambito di un processo di integrazione vera”. Nell’ambito del
dibattito emerso nel seminario, non tutte le posizioni concordavano con questa
necessità. Anzi l’Italia è stata più volte attaccata per l’approvazione del
pacchetto sicurezza e soprattutto con l’accordo sottoscritto tra governo
italiano e governo libico, alla base poi della politica di respingimenti. La
nostra posizione è stata quella di ribadire l’assoluta necessità del rispetto
dei diritti umani fondamentali delle persone che hanno intrapreso la pericolosa
traversata del Mediterraneo (in
primis quelli dei rifugiati, delle donne e dei bambini). In questo senso
la UIL si è espressa sia contro provvedimenti come il reato di immigrazione
clandestina, sia contro la politica dei respingimenti di massa ed
indiscriminati. “Non bisogna confondere, però, - ha ribadito la UIL – la
necessità del rispetto sempre e comunque dei diritti fondamentali della
persona, con la tolleranza o la difesa dell’immigrazione clandestina e, peggio,
del traffico internazionale delle persone. Bisogna dunque prevenire le
traversate di disperati che spesso si traducono in tragedie; come bisogna
evitare una politica di respingimenti indiscriminati che non garantisca i
diritti della persona, e prima di tutto la garanzia del diritto all’asilo per
chi ne ha diritto. In questo senso, la UIL ha proposto che la rete tra
sindacati euro med nasca con l’obiettivo principale di collaborare per
realizzare alcuni obiettivi:
a) Rispondere
alla pressione migratoria verso il Nord Africa con politiche di aiuto allo
sviluppo, rispetto dei diritti fondamentali e gestione delle politiche
migratorie in forma democratica, chiedendo la piena collaborazione da parte
dell’Europa il cui interesse coincide con quello dei Paesi del Nord Africa;
b) Promuovere
nei Paesi di origine e di transito dei migranti, azioni di informazione, formazione ed orientamento alla
migrazione legale, concordando con l’Europa quote d’ingresso che favoriscano i
Paesi che combattono il traffico internazionale delle persone e l’immigrazione
clandestina;
c) Combattere
in Europa l’economia sommersa, vero fattore di attrazione del lavoro etnico
irregolare, con misure di prevenzione vera dello sfruttamento delle persone;
d) Garantire
i diritti contrattuali dei lavoratori migranti regolari, combattendo le
discriminazioni in modo da contrastare
il fenomeno del dumping sociale, favorendo una politica di accoglienza e
di solidarietà tra lavoratori italiani e non;
e) Riformare
la normativa sull’immigrazione in modo da favorire la migrazione legale sulla
base delle esigenze oggettive del mercato del lavoro.
Nella seconda giornata dei
lavori è intervenuto il segretario generale della UGTT, Abdessalem Jerad. Il
Segretario ha confermato l’identità di vedute con i sindacati europei in ordine
alla necessità di lottare contro l’immigrazione illegale e considerare il tema
migratorio come politica centrale dell’Unione sindacale tunisina. Di
conseguenza è stato possibile arrivare ad un accordo sulla costituzione della
rete Euromed, nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) Deve
partire da una politica comune in materia migratoria che coniughi il rispetto
dei diritti fondamentali della persona con la necessità di combattere
l’immigrazione irregolare e, ancor di più, il traffico internazionale delle
persone;
b) Deve
essere una rete essenzialmente sindacale, anche se si potrà avvalere della
collaborazione di associazioni e comunità di base;
c) Deve
essere rappresentativa di tutti i sindacati Euromed;
d) Deve
godere dell’appoggio della ITUC e dell’Unione Europea, anche ai fini di
finanziamento della sua costituzione ed operatività;
e) Deve
produrre azioni concrete sia nei Paesi di origine e transito, come quelli di
destinazione dei migranti, a favore della migrazione legale;
f) Deve
produrre proposte ai Paesi europei e del Nord Africa in ordine ad una gestione
dei flussi migratori, una politica umana ed efficace del fenomeno, di contrasto
all’immigrazione irregolare e di promozione di politiche di supporto alla
migrazione legale;
g) Deve
produrre politiche di aiuto allo sviluppo nei Paesi più poveri per garantire,
insieme al diritto a migrare nella sicurezza e rispetto delle leggi, anche il
diritto a non emigrare per rimanere a concorrere allo sviluppo del proprio
Paese.
Una dichiarazione in questo
senso ed una proposta di costituzione della rete di Trade Unions Euromed verrà
sottoposta a breve ai sindacati dell’area Euro Mediterranea.
Roma, 17 novembre 2009
A cura del Dipartimento
Politiche Migratorie della UIL
www.ansamed.info/
Immigrazione: Italia – Egitto, una campagna per i minori
(Di Luciana Borsatti)
(ANSAmed) - IL CAIRO, 17 NOV - Il migrante irregolare e' sempre piu' spesso un
minore non accompagnato, che affronta senza il sostegno della famiglia non solo
i rischi del viaggio in mare, ma anche l'impatto con una societa' straniera.
Dei 2.281 egiziani approdati clandestinamente nel 2008 sulle coste italiane,
secondo dati ufficiali, il 41% aveva infatti soltanto tra i 15 ed i 18 anni.
Per affrontare questo fenomeno, che riguarda in misura significativa anche
l'Egitto, il governo egiziano e quello italiano hanno messo a punto una
campagna informativa che punta non solo a mettere in guardia i ragazzi e le
famiglie contro i rischi del viaggio in clandestinita', spesso nelle mani della
criminalita' organizzata, ma anche a sensibilizzarli sul fatto che si puo'
emigrare in Italia con maggiori probabilita' di successo se si scelgono i
canali regolari, e soprattutto dopo una formazione mirata. Ed e' proprio a tal
fine che e' partito il progetto di una scuola di qualificazione nel
governatorato di El Fayoum, uno di quelli a piu' alta pressione migratoria. Un
progetto di formazione tecnica e linguistica, dunque, che non vuole solo
fornire ai potenziali migranti gli strumenti per incontrare l'offerta di lavoro
in Italia, ma che punta anche ad offrire loro l'opportunita' di cercare lavoro
anche in patria. ''Sfida te stesso, non sfidare il mare'' il titolo della
campagna informativa, presentata oggi al Cairo dalla ministra per la famiglia
Moushira Khattab, dal governatore della regione di El Fayoum Mostafa Saeed,
dall'ambasciatore italiana al Cairo Claudio Pacifico e dal direttore generale
per l'immigrazione del ministero del lavoro italiano Maurizio Silveri. Con loro
anche Shahidul Haque, rappresentante per il Medio Oriente della Organizzazione
internazionale per le migrazioni (Oim), e l'attore egiziano Amr El Wakeed, testimonial
della campagna. ''Esiste un diritto all'emigrazione, ma anche un diritto del
bambino a non essere sfruttato e a venire tutelato dalla famiglia fino alla
maturita' - ha sottolineato la ministra Khattab, evidenziando come questa
campagna sia soltanto una delle iniziative di partenariato fra Italia ed Egitto
. Il nostro intento e' far trovare all'emigrante un percorso regolare per
salvaguardarne anche la dignita', e al tempo stesso fornirgli alternative
all'emigrazione, con iniziative come la scuola professionale e linguistica di
Fayoum''. Progetto quest'ultimo per il quale sono stati stanziati due milioni
di euro dal ministero del Lavoro italiano, anche se le porte sono aperte ad
altri enti pubblici e sponsor privati. La campagna, ha sottolineato l'ambasciatore
Pacifico, e' ''una nuova iniziativa concreta'' nella collaborazione tra Italia
ed Egitto, che guarda con particolare attenzione non solo all'immigrazione, ma
anche - tramite la Cooperazione italiana, gia' attiva da anni anche ad El
Fayoum - alle iniziative in favore dei giovani e dei minori. Pacifico ha
inoltre citato il modello degli Istituti Don Bosco in Egitto, da dove escono
migliaia di giovani tecnici bem preparati. ''La priorita' per noi e' aiutare i
bambini a stare a casa con le loro famiglie'', ha rilevato Silveri, ricordando
che, se legislazione italiana e' accogliente nei confronti dei minori, al 18/o
anno i giovani rischiano di rimanere clandestini. Il rapporto tra norme sulla
immigrazione e norme a tutela dei minori nei paesi europei e' infatti un noto
cruciale cruciale del fenomeno dei minori immigrati non accompagnati. Fenomeno
in cui l'Egitto e' al secondo posto in Italia, con il 14% degli arrivi nel 2008
sul totale, dopo il Marocco (15%), l'Albania (12%), Territori palestinesi (9%)
e Afghansitan. (ANSAmed).
Dai territori
Dal “Corriere di Rimini” del
13/11/09
Foreign Press
By MARC LACEY, The New York Times
Published: November 15, 2009
MIAHUATLÁN, Mexico — During the best of the times, Miguel
Salcedo’s son, an illegal immigrant in San Diego, would be sending home
hundreds of dollars a month to support his struggling family in Mexico. But at
times like these, with the American economy out of whack and his son out of
work, Mr. Salcedo finds himself doing what he never imagined he would have to
do: wiring pesos north. Unemployment has hit migrant communities in the United
States so hard that a startling new phenomenon has been detected: instead of
receiving remittances from relatives in the richest country on earth, some
down-and-out Mexican families are scraping together what they can to support
their unemployed loved ones in the United States. “We send something whenever
we have a little extra, at least enough so he can eat,” said Mr. Salcedo, who
is from a small village here in the rural state of Oaxaca and works odd jobs to
support his wife, his two younger sons and, now, his jobless eldest boy in
California. He is not alone. Leonardo Herrera, a rancher from outside Tuxtla
Gutiérrez in the southern state of Chiapas, said he recently sold a cow to help
raise $1,000 to send to his struggling nephew in northern California. Also in
Chiapas, a poor state that sends many migrants to the United States, María del
Carmen Montufar has pooled money with her husband and other family members to
wire financial assistance to her daughter Candelaria in North Carolina. In the
last year, the family has sent money — small amounts ranging from $40 to
$80 — eight times to help Candelaria and her husband, who are both
without steady work and recently had a child. “When she’s working she sends
money to us,” the mother said. “But now, because there’s no work, we send money
to her.”
Statistics measuring the extent of what experts are
calling reverse remittances are hard to come by. But interviews in Mexico with
government officials, money-transfer operators, immigration experts and relatives of out-of-work migrants show that a transaction
that was rarely noticed before appears to be on the rise. “It’s something
that’s surprising, a symptom of the economic crisis,” said Martín Zuvire Lucas,
who heads a network of community banks that operate in poor communities in
Oaxaca and other underserved Mexican states. “We haven’t been able to measure
it but we hear of more cases where money is going north.” At one small bank in
Chiapas that used to see money flowing in from the United States, more money is
going out than coming in. “I’d say every month 50,000 pesos are sent from here
to there,” said Edith Ramírez Gonzalez, a sales executive at Banco Azteca in
San Cristóbal de las Casas. “And from there, we’d receive about 30,000 pesos.”
Fifty thousand pesos is $3,840. With nearly half its population living in
poverty, Mexico is not well placed to prop up struggling citizens abroad.
Mexico could lose as many as 735,000 jobs this year and its economy may decline
7.5 percent, government economists predict, making the country one of the worst
affected by the global recession. Still, poverty is a relative concept. It is easier to get by on little
in Mexico, especially in rural areas, allowing the poor to help the even more
precarious. In Miahuatlán, Sirenia Avendano and her husband may be more down
and out than their two sons, both in their 20s, who wait tables at a Mexican
restaurant in central Florida and have seen their hours reduced and their tips
drop precipitously. But they live in their own home, on land they use to grow
corn and other crops. “We’re poor, but nobody can throw us out of this house,”
Ms. Avendano said, wiping away tears at her kitchen table as she spoke of her
sons’ economic travails. “They worry about that. What happens if they can’t pay
the rent?” To help make ends meet, she sells chiles rellenos, a popular
delicacy, around the neighborhood. “We have an obligation to help them,” said
her husband, Javier. “They’re our sons. It doesn’t matter if they are here or there.”
In other cases, the migrants are returning home, as the many passengers who hop
off the bus that runs regularly from northern California to a gas station in
Miahuatlán make clear. “There’s nothing up there,” said a young man with an
overflowing suitcase who returned one recent night. Still, although a study by
the Pew Hispanic Center from July showed a sharp decrease in the number of
Mexicans heading north, there has been no sign of a mass exodus of migrants
back to Mexico. Immigrants’ families say it took great effort to scrape
together the thousands of dollars needed to send relatives to the United
States, a sum that includes the fees charged by the people who help them sneak
in. “It’s expensive to cross, and it was a great sacrifice for us,” said Mr.
Salcedo, 43, who has sent about five wire transfers to his son Alfonso, 18, who
this year lost his job as a cafeteria dishwasher. As expected during an
economic slowdown, the money sent home by immigrants has fallen. The Bank of
Mexico reported recently that remittances during the first nine months of this
year dropped to $16.4 billion, a 13.4 percent decline compared with the same
period in 2008. The flow of money out of Mexico is believed to be a tiny
fraction of the remittances still arriving. “The evidence in this regard so far
is anecdotal,” said Juan Luis Ordaz, senior economist at the Spanish bank BBVA
Bancomer, who has begun investigating the reverse money flow. Families of
migrants speak proudly of their successful relatives in the United States and
use the remittances they receive to do anything from buying livestock to
replacing dirt floors with concrete. The importance of such money, which is
among Mexico’s top sources of foreign currency, cannot be overstated. An
estimated 5.9 percent of Mexican households, about 1.8 million families,
receive economic support from abroad, studies show. For them, the money
represents roughly 19 percent of total income for urban households and 27
percent for rural ones, according to government data analyzed by BBVA Bancomer.
For the Salcedos, the economic woes are intense on both sides of the border.
The ones still here had moved to the outskirts of Mexico City seeking
opportunity, but now they are on the verge of returning to Oaxaca because the
owner of the land they are squatting on ordered them out. For Alfonso, the
situation has been just as difficult. He crossed into the United States in
December with about $500 that his father gave him, supplemented with money he
earned doing odd jobs in Tijuana. He found a job in San Diego paying enough for
him to send home $170 the first month and $120 the next. The third month, he
told his family he could afford to send only $40. Then, like so many others, he
lost the job and stopped sending anything. Now his father has begun sending
money the other way, usually about $60, less transfer fees. “We’ve decided to
tighten our belt until we’re all working again,” Mr. Salcedo said.