Newsletter periodica d’informazione

 (aggiornata alla data del 26 Novembre 2009)

 

Verso il XV  Congresso della UIL

“Il manifesto della Uil per una politica migratoria equa ed efficace”

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Fenomeni migratori, lavoro e integrazione sociale

Novembre 2009

 

Sommario

o       Dipartimento Politiche migratorie, appuntamenti                                                                              pag. 2

o       Sindacato – Manifesto UIL per una politica migratoria giusta ed efficace                                                         pag. 2

o       Lotta al razzismo: la UIL aderisce alla manifestazione ANPI; allarme rifugiati                                                pag. 4

o       Società –  Seminario sulla cittadinanza; dibattito politico su cittadinanza                                           pag. 5

o       Regolarizzazione, prorogato “stato di emergenza”; sciopero immigrati in Francia                                pag. 7

o       Idoneità alloggiativi, nuove e vecchie regole                                                                                                pag. 8

o       Razzismo – La Spezia, 3500 firmano su Facebook: via gli zingari”                                                        pag.10 

 

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it    

                                                                                             n. 261



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


Roma, 10 dicembre 2009, Provincia di Roma, Sala della Pace

Seminario: <La responsabilità ed il diritto della cittadinanza>.

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)

Mirano (Venezia), 12 dicembre 2009, Piazza Martiri, ore 15.00

Manifestazione Nazionale ANPI contro il razzismo

(Giuseppe Casucci)


 

 Sindacato

 


Verso il XV  Congresso della UIL

“Il manifesto della Uil per una politica migratoria equa ed efficace”

Fenomeni migratori, lavoro e integrazione sociale

Novembre 2009


FPSS slide imageL’immigrazione in Italia – Nell’ultimo decennio il processo migratorio in Italia ha subito una drammatica accelerazione, quadruplicando il numero di stranieri residenti nel nostro Paese  a quota 4,5 milioni, senza contare gli irregolari presenti. Una pressione migratoria così sostenuta (fino a 400 mila nuovi ingressi l’anno), è di per sé difficile da governare, specie se avviene per canali non programmati. In effetti, i flussi d’ingresso si sono rivelati incapaci a far incontrare domanda ed offerta di lavoro, mentre l’imperativo della sicurezza non ha potuto contenere la crescente ondata migratoria in arrivo, soprattutto a carattere irregolare. Un periodo così prolungato di non governo dell’immigrazione, porta ad effetti nefasti in termini di dumping lavorativo e sociale. Questa situazione, aggravata dalla crisi economica ed occupazionale, ha finito per produrre una maggiore chiusura della società favorendo una crescita di  insofferenza verso i cittadini stranieri, nonché il clima negativo necessario a far passare le norme draconiane contenute nel cosiddetto pacchetto sicurezza. Purtroppo l’approccio di una parte della politica italiana al composito ed eterogeneo fenomeno migratorio, è spesso quello di dare risposte semplicistiche e restrittive ad un problema  complesso e dalle mille sfaccettature. La UIL, invece,  richiama l’attenzione sulla necessità di  analizzare e capire questo processo di trasformazione in senso multi etnico e multi culturale della nostra società, se vogliamo poter offrire risposte efficaci, non discriminatorie e funzionali ad una migliore convivenza civile.

Il rebus africano - La pressione migratoria maggiore viene dall’Africa sub sahariana ed è destinata ad aumentare visto il futuro demografico del mondo: raddoppio entro il 2050 della popolazione africana, calo della popolazione europea e, soprattutto italiana. Secondo la UIL,  aumentare le barriere in Europa, ignorando il dramma umano in atto nel Sud del Mondo, è non solo moralmente deplorevole, ma soprattutto inutile: in un mondo globalizzato non sarà possibile erigere muri e chiuderci dentro. Vanno invece ricercate soluzioni comuni tra Europa, Paesi del Nord Africa, in termini di politiche di orientamento alla migrazione legale, aiuti allo sviluppo, programmazione e controllo dei flussi. Oggi molte zone di quel continente sono sconvolte da cambi climatici di cui i Paesi industrializzati sono in buona parte responsabili: abbiamo dunque il dovere, nonché tutto l’interesse ad intervenire e cooperare per trovare soluzioni possibili. Nondimeno, il problema migratorio deve essere affrontato a livello Europeo con una politica complessiva sia di cooperazione che di sicurezza e soprattutto di crescita dello sviluppo economico di quelle aree, al fine di combattere la disperazione e l’esodo di milioni di persone.

Italia, crisi ed impatto sull’immigrazione – Nel nostro Paese, la crisi economica colpisce la nostra economia e soprattutto l’occupazione. A farne le spese sono i lavoratori italiani, ma anche moltissimi immigrati che, insieme al lavoro, rischiano di perdere il diritto a rimanere in Italia. Questa fase certo passerà ed avremo ancora bisogno di questi lavoratori, molti dei quali sono radicati da anni nel nostro Paese e sarebbe ingiusto ed inutile costringerli a ritornare in una terra in cui hanno ormai pochi legami e nessun futuro. La UIL chiede dunque un uso più intelligente degli ammortizzatori sociali in modo da evitare il licenziamento di lavoratori, italiani e non. Per quanto riguarda gli stranieri che perdono il lavoro, la UIL ha chiesto e chiede che il permesso di sei mesi per ricerca di occupazione, scatti alla fine del periodo di godimento dell’indennità di disoccupazione. Questo per dare a questi cittadini più chance per trovare un nuovo lavoro regolare, evitando di cadere in una condizione di clandestinità.

Il pacchetto sicurezza - La UIL ha espresso un giudizio negativo sulle leggi 125/2008 e 94/2009, in quanto le considera un ingiusto appesantimento delle condizioni di vita e di lavoro di una parte della società che ormai produce quasi il 10% del nostro PIL e contribuisce in tasse e contributi per oltre 8 miliardi di euro l’anno. Siamo contrari, naturalmente, all’immigrazione clandestina. Pensiamo però che essa vada combattuta alla radice: nei Paesi di origine e di transito dei migranti e punendo chi opera nell’economia sommersa, fattore di attrazione del lavoro etnico irregolare, e fautore di concorrenza sleale verso la parte produttiva sana del nostro Paese. Visto che la Bossi Fini è stata modificata con il “pacchetto sicurezza”, chiediamo di regolarizzare la posizione di chi era già in Italia prima del cambiamento della normativa, concedendo un permesso di soggiorno a chi può dimostrare di avere un lavoro onesto. Solo evitando la retroattività della norma, sarebbe infatti possibile giustificare maggior rigore verso chi è entrato irregolarmente dopo l’8 agosto 2009. In questo senso chiediamo al Governo di aprire un confronto con il movimento sindacale al fine di trovare insieme le soluzioni più ragionevoli, anche nell’interesse della civile convivenza.

Ridisegnare il quadro dei diritti di cittadinanza - Un cambiamento così tumultuoso come quello in atto nel nostro tessuto sociale deve essere governato e temperato se non si vogliono produrre effetti di rigetto da parte della popolazione italiana. E’ dunque necessario chiedere agli immigrati di rispettare le regole, ma queste debbono anche essere ridisegnate in parallelo con l’evolversi ed il mutare della nostra società. L’integrazione, infatti, non può significare assimilazione, ma deve poter corrispondere ad una sintesi ragionata di esigenze e culture diverse, nel rispetto delle leggi. Siamo convinti che una parte importante della governance  del fenomeno migratorio, ha a che vedere con un ripensamento dell’area dei diritti e dei doveri di chi risiede e lavora in Italia onestamente e stabilmente. La UIL condivide la necessità di cambiare il concetto di cittadinanza, introducendo il principio dello jus solis, accanto a quello dello jus sanguinis. In generale l’accesso alla cittadinanza va reso più praticabile: non cittadinanza facile, ma equa ed in tempi giusti per chi ha dimostrato di amare l’Italia e di concorrere al suo progresso e sviluppo economico e sociale. Siamo anche favorevoli al diritto di voto amministrativo per chi risiede nel Belpaese  da più di cinque anni. In Europa 16 Paesi su 27 permettono agli immigrati residenti di lungo periodo di poter votare alle elezioni amministrative. E’ giusto che questo avvenga anche da noi. Chiediamo, dunque, che l’Italia ratifichi il capitolo C della convenzione di Strasburgo ed approvi una legge adeguata capace di permettere ai cittadini extra UE che ne abbia il diritto, di partecipare alla scelta dei propri rappresentanti attraverso il voto.

Sindacato ed immigrazione - L’immigrazione è importante anche per quanto riguarda il presente ed il futuro del nostro sindacato. Oggi abbiamo categorie produttive dove la presenza degli immigrati è fortissima ed è destinata a crescere. Non tener conto di questi cambiamenti, porterebbe il movimento sindacale ad un inesorabile declino. Questo, non solo perché le nuove affiliazioni avranno sempre di più caratteristica multi-etnica, ma anche perché il non saper governare le spinte al dumping lavorativo e sociale comporta il rischio di una frattura all’interno del mondo del lavoro,  che potrebbe mettere in discussione alla radice i valori di solidarietà e tutela che sono alla base della stessa ragion d’essere del sindacato. Sul primo aspetto (le nuove affiliazioni) è urgente praticare la regola dell’integrazione in casa nostra e dell’uso della mediazione culturale sindacale. Questo significa favorire maggiore responsabilità nel nostro sindacato di quadri e dirigenti immigrati a livello di azienda di territorio e di categoria. Abbiamo da tempo cominciato questo lavoro ed i risultati sono lusinghieri se oggi possiamo vantare 190 mila iscritti (diretti e di seconda affiliazione). Per quanto riguarda il secondo aspetto, il dumping lavorativo e sociale, diventa vitale per noi il combattere l’economia sommersa ed una profonda riforma della normativa sull’immigrazione attualmente incapace di far incontrare in modo fluido domanda ed offerta di lavoro immigrato.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Lotta al razzismo

La UIL aderisce alla manifestazione dell’ANPI

Mirano (VE), sabato 12 dicembre, ore 15.00 -Piazza Martiri


Per contrastare la politica del Governo in materia di immigrazione, l’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia, ha indetto una manifestazione nazionale contro il razzismo, il ricordo delle vittime delle leggi razziali e della barbarie nazi fascista. L’evento si terrà a Mirano (Ve), il prossimo sabato 12 dicembre a partire dalle ore 15.00, in Piazza Martiri. Nel suo manifesto di convocazione, l’ANPI fa soprattutto riferimento a quanto hanno fatto i nostri padri per combattere  le leggi razziali e per riconsegnare il nostro paese alla democrazia, ai diritti ed alla pace. Oggi, sottolinea l’ANPI, “chi ci governa sembra aver perso la memoria, respingendo chi chiede accoglienza, inventando squadre notturne per perseguitare chi è irregolare e denunciando chi ha bisogno di cure”. La UIL, ha dato vita nel 2009, insieme ad altre 26 organizzazioni, ad una campagna nazionale contro il razzismo, convinta che solo attraverso il dialogo e la comprensione si costruisce il futuro della nostra società, mentre con il rifiuto e l’indifferenza si creano solo incomprensioni e conflitti. La UIL è contraria a molte delle  norme introdotte dal cosiddetto “pacchetto sicurezza” ed ha chiesto al Governo ed al Parlamento  di favorire la regolarizzazione di tutti i migranti, presenti in Italia al momento dell’entrata in vigore della legge 94,  che abbiano un rapporto di lavoro. La UIL ha anche chiesto all’Esecutivo di cancellare dalle norme tutti quegli elementi che possono configurarsi, direttamente, come una “discriminazione indiretta”, di carattere razziale. Per questo motivo, consideriamo l’appuntamento dell’ANPI del 12 dicembre a Mirano, una occasione per mobilitare le nostre strutture ed i nostri iscritti e dimostrare, anche in piazza,  che la cultura del nostro sindacato ed improntata alla comprensione, all’accoglienza, al dialogo ed alla tutela dei diritti  di tutti i lavoratori e cittadini, indipendentemente dalla loro provenienza, razza, cultura o religione. Per questo motivo, pur consapevoli del faticoso percorso congressuale,  invitiamo le nostre strutture nel territorio ad  informare della iniziativa e, possibilmente, a partecipare a questo appuntamento. Per le adesioni e tutte le informazioni, potete contattare a Giuseppe Casucci (064753405 - polterritoriali2@uil.it)


 

Rifugiati

 


Italia, allarme protezione rifugiati

Comunicato stampa del CIR 


24 novembre 2009 - In pochi giorni si sono susseguiti 3 fatti diversi, afferma il CIR, ma ugualmente gravi, che hanno messo a rischio la protezione dei rifugiati in Italia. I fatti riguardano: la Questura di Ragusa, il Centro per Richiedenti Asilo di Castelnuovo di Porto(Roma) e i 79 migranti e rifugiati provenienti soprattutto da Eritrea e Nigeria riportati ieri in Libia. 

1.    La Questura di Ragusa in data 23 novembre ha diffuso alla stampa i nominativi e le foto di 8 eritrei arrivati a Pozzallo in uno sbarco di circa 200 persone la scorsa fine settimana, mettendo in grave rischio le persone stesse, ma ancor più i loro familiari rimasti nel paese d’origine. Peraltro non c’era alcuna necessità investigativa di diffondere i dati e le foto perché le persone sono tutte in arresto nel carcere di Modica.

2.     Una delegazione di autorità turche in data 17 novembre ha visitato il Centro per Richiedenti Asilo di Castelnuovo di Porto nella Provincia di Roma nonostante al suo interno fossero ospitati circa 30 richiedenti asilo turco-curdi.

3.      Sono giunti ieri mattina a Al Zuwara, Libia, i circa 79 migranti e rifugiati provenienti da Eritrea,Nigeria e altre nazionalità tra di loro anche quattro donne incinte e una bambina di due anni riportati da due motovedette libiche che li hanno intercettati nel fine settimana a circa 50 miglia a Sud di Lampedusa, dopo una segnalazione da parte delle autorita' italiane. Le persone a rischio di naufragio dopo 6 giorni in mare avevano infatti richiesto aiuto alle forze italiane.

 “Se viene confermato che l’intercettazione è stato resa possibile grazie ad una segnalazione delle autorità italiane sarebbe la prima volta che la politica dei respingimenti viene delegata alle forze navali libiche e fatta operativa in acque non di loro competenza, molto lontano dalle loro acque territoriali e dalla loro zona SAR- Search and Rescue” dichiara il Direttore del CIR Christopher Hein. “Siamo estremamente preoccupati che in queste varie misure la sicurezza di persone che cercano rifugio in Italia sia messa gravemente in pericolo. Chiediamo al governo di dare istruzioni affinché in ogni caso la riservatezza della procedura d’asilo sia garantita e ribadiamo la nostra contrarietà a questa nuova forma di respingimento in mare che espone rifugiati ad una situazione dove non esiste alcuna garanzia alla loro protezione”,  conclude Hein.


 

Società


Cittadinanza

Seminario: “Il diritto e la responsabilità della cittadinanza”

Promossa dall’Associazione “Nessun Luogo è lontano, il prossimo 10 dicembre a Roma (Sala della Pace Provincia di Roma). Presente mondo sindacale e diverse Fondazioni dei partiti


Nessun luogo è lontano promuove per il prossimo 10 dicembre a Roma, dalle ore 9.30 alle ore 13.00, presso la Sala della Pace della Provincia di Roma, Via IV Novembre n. 119/A, un seminario dal titolo: “Il diritto e la responsabilità della cittadinanza” . Prendendo atto con soddisfazione del nuovo impulso che il dibattito sulla cittadinanza sta avendo nel nostro Paese e constatando una nuova consapevolezza di parte delle istituzioni sulle necessità di norme idonee alle “nuove” forme della cittadinanza, gli organizzatori hanno ritenuto opportuno promuovere questa iniziativa che prosegue un loro pluriennale impegno. L’iniziativa parte dalla necessità di “dare il massimo sostegno al preannunciato dibattito parlamentare per giungere ad una buona e moderna legge sulla cittadinanza; una legge che abbia nello spirito europeo la propria bussola e nell’esempio delle democrazie più avanzate il proprio riferimento”. Per questo seminario – scrive l’associazione nella lettera invito – si è ritenuto “naturale” chiedere la collaborazione di coloro i quali rappresentano per noi un riferimento costante su questi temi: il sindacato confederale. “A Cgil, Cisl, Uil e Ugl abbiamo chiesto di proseguire un confronto davvero indispensabile. Abbiamo con loro deciso di chiedere la partecipazione e lo stimolo di alcune Fondazioni culturali che nel tempo hanno mostrato di ritenere il tema della cittadinanza di grande importanza; hanno raccolto il nostro invito le Fondazioni FareFuturo, Italianieuropei, Altramente, Formiche di cui apprezziamo l’impegno e la capacità di proposta”.

Il seminario, avrà un carattere di studi, sarà limitato nella partecipazione (riservata ad operatori ed esperti in materia) e  si articolerà in due momenti, una prima parte prevede le riflessioni dei rappresentanti dei sindacati e delle fondazioni, la seconda sarà dedicata agli interventi programmati degli esponenti delle istituzioni. Le due parti saranno coordinate da un giornalista. Per la UIl, all’evento interverrà il Segretario Confederale Guglielmo Loy.



La proposta sulla cittadinanza a punti apre un fronte alternativo ai finiani

di Lucia Bigozzi


Roma, 24 novembre 2009 - Riprendendo un’idea elaborata dalla Fondazione Magna Carta, Maurizio Sacconi propone la cittadinanza a punti, Pierferdinando Casini la accoglie con favore, Francesco Rutelli  ne condivide i criteri qualitativi e dalla Lega Manuela Dal Lago la definisce interessante. Quello che si va delineando è un fronte ampio e trasversale su uno dei temi caldi del dibattito politico, specie nel Pdl dopo le mosse dei finiani che su cittadinanza e voto agli immigrati hanno firmato due proposte di legge insieme ad esponenti dell’opposizione suscitando critiche e prese di distanza della maggioranza del partito. Compresi molti degli ex An, come dimostra l'analisi di Altero Matteoli  per il quale “le questioni culturali e politiche” sollevate da Fini (cita il biotestamento e l’immigrazione) “non appartengono alla storia di An”. Il ministro del Welfare traccia la via: il punto di partenza, dice, sono i nostri valori, le nostre identità che devono essere rispettate per poi poter praticare l’incontro con culture diverse.  La premessa è altrettanto chiara: integrazione e cittadinanza viaggiano su due binari paralleli; sovrapporli o mescolarli sarebbe un errore sostanziale e di prospettiva. Nel primo caso, Sacconi annuncia il “patto per l’integrazione” che ogni immigrato dovrà sottoscrivere con lo Stato italiano, fondato su crediti che diminuiranno di fronte a violazioni fino ad annullare lo stesso patto e quindi la premessa per restare in Italia. Nel secondo caso, il concetto di fondo è quello di un percorso graduale che riguarda solo chi vuole entrare pienamente a far parte della nostra comunità. Sacconi parla di “conquista faticosa” che richiede un percorso coerente fatto di “comportamenti inequivoci nella direzione dell’appartenenza”. Il punto, insomma è un iter basato su criteri qualitativi più che quantitativi, al termine del quale  la cittadinanza potrà essere riconosciuta “a una parte di immigrati che vogliono avere un progetto di vita nel nostro paese”. Se il meccanismo è quello della gradualità e del monitoraggio (con verifica su requisiti e comportamenti) , la cittadinanza non può essere il punto di partenza per l’integrazione, bensì quello di arrivo. Sacconi respinge l’idea di un multiculturalismo indifferente teorizzato ad esempio in Inghilterra, in Olanda e non rinuncia ad una sottolineatura anche sul tema del voto agli immigrati (l’iniziativa di legge parlamentare Perina-Veltroni introduce il diritto di voto alle comunali per gli stranieri regolari che vivono in Italia da almeno cinque anni): “Chi parla di diritti politici sembra dimenticare come essi spettino a chi si sente parte di una comunità. Tale appartenenza va maturata e deve essere adeguatamente testata”. Casini apre a Sacconi, dice che l’idea della cittadinanza a punti “non è sbagliata” e condivide il fatto che l’extracomunitario “maturi come noi il senso di appartenenza alla comunità nazionale”. Un certo interesse lo mostra anche Francesco Rutelli leader di Alleanza per l’Italia convinto del fatto che per una nuova legge sulla cittadinanza sia necessario introdurre “anche criteri qualitativi” e l’obbligo di una dichiarazione-giuramento che “coinvolga anche la separazione tra religione e Stato”. Disponibilità al confronto dalla Lega che, invece, considera "irricevibili" le proposte dei finiani su cittadinanza e voto agli immigrati come ribadisce il capogruppo a Montecitorio Roberto Cota convinto che la linea del presidente della Camera non è quella di tutto l'ex partito di An tantomeno del Pdl e che da persona "corretta si atterrà alla posizione del suo partito". Per la vicepresidente dei deputati Manuela Dal Lago l’idea del ministro del Welfare contiene elementi sui quali si può “discutere, ragionare, approfondire” anche se va “capito bene come si intende applicarla perché per noi resta fondamentale partire dai dieci anni, non certo di meno, fatti salvi alcuni casi e a determinate condizioni, come ad esempio chi nasce in Italia”. Il punto per il Carroccio è fissare bene i termini della questione, specie sul piano applicativo perché – è la perplessità –  “se un immigrato vive in Italia da dieci anni ma non parla bene l’italiano e dunque non conosce appieno le nostre regole perché non è in grado di leggerle e comprenderle, come può essere cittadino italiano?". E ancora: "Quando parliamo del rispetto della Costituzione cosa si intende veramente? Se un immigrato è musulmano e poligamo cosa facciamo, gli manteniamo la doppia cittadinanza? Per questo è necessario approfondire dal punto di vista applicativo, anche se in termini generali sull'idea di Magna Carta rispetto alla quale rilevo molte aspetti condivisibili e sulla proposta del ministro Sacconi credo sia possibile trovare un punto di congiunzione". E conoscendo bene le posizioni in campo nella Commissione Affari Costituzionali l'esponente leghista non eslcude che una proposta del genere potrebbe essere apprezzata anche da parlamentari del Pd che non nascondono perplessità rispetto al testo Granata-Sarubbi. Da parte sua, il deputato democrat sottolinea che "tutto ciò che favorisce l'integrazione è positivo ma non vorrei che poi alla fine fosse come l'idea del soggiorno a punti lanciata dalla Lega". Sarubbi si dice disponibile a ragionare quando "avrò letto nel dettaglio la proposta" e se Sacconi "vorrà invitarmi ad un tavolo per discuterne senza schematismi ideologici sono pronto a farlo, ma il fatto di non essere contrario a priori non significa essere favorevole, anche perché rilevo come nella maggioranza un tema così delicato finisca per essere strumentalizzato nello scontro Berlusconi-Fini. Purtroppo ciò avviene a discapito di un testo che, invece, per la prima volta, può rappresentare un terreno comune di confronto. E la cosa che mi fa più male è che spesso tutto venga ridotto a una questione di tattica politica che nulla ha a che spartire con una realtà oggettiva della quale la politica deve farsi carico". Il finano doc Granata difende le posizioni del presidente della Camera che definisce "espressione della migliore tradizione culturale italiana. Un'identità dinamica e plurale che ha reso possibile il Rinascimento e il  made in Italy". Segue la stoccata all'indirizzo di quanti in An come nel Pdl l'hanno intesa come "totale abbandono di questa nobile tradizione, rimossa in nome di un moderatismo privo di visione strategica e di futuro, o di una moderna forma di tribalismo". Dai ranghi della maggioranza si registra con favore l'interesse dei centristi ma anche di "ambienti ecclesiali" come sottolinea il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello. Un'apertura che segnala la possibilità di costruire attorno alla proposta Sacconi un "fronte culturale, politico e infine anche parlamentare", perché il vero spartiacque non è tra buoni e cattivi ma tra chi ritiene che l'acquisizione della cittadinanza possa discendere dal trascorrere del tempo, di un tempo sempre più breve (il riferimento è al testo Granata-Sarubbi), e quanti intendono legarla a comportamenti attivi che dimostrino la volontà di appartenere a una comunità nazionale. Il presidente dei deputati Pdl Fabrizio Cicchitto invita a riflettere su un altro aspetto rilevato anche da studi statistici in base ai quali solo un numero limitato di immigrati è veramente interessato alla cittadinanza dal momento che la maggiorparte di chi vive e lavora in Italia dopo quindici-venti anni decide di tornare nel paese di origine o di trasferirsi altrove. Ragion per cui, è giusto il combinato disposto di una valutazione qualitativa fondata su criteri precisi (lingua, storia, cultura, fondamenti della democrazia) e dei tempi che servono per raggiungerli. Tempi che non possono essere contingentati "nei cinque anni proposti in un disegno di legge". Della serie: ogni riferimento alle proposte dei finiani è puramente voluto.



Regolarizzazione: “stato di emergenza” per far arrivare i rinforzi

Decreto in Gazzetta Ufficiale


Roma – 25 novembre 2009 - Il governo ha prorogato a tutto il 2010 lo stato di emergenza “per fronteggiare l’afflusso di extracomunitari nel territorio nazionale”. Lo prevede un  decreto firmato giovedì scorso da Berlusconi durante il consiglio dei ministri,pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di ieri. Chi si immagina scenari da coprifuoco e legge marziale contro l’assedio di orde di stranieri è fuori strada. La proclamazione dello Stato di emergenza è solo una “mossa” indispensabile per dirottare più velocemente uomini e mezzi negli uffici nelle Questure e negli Sportelli unici per l’immigrazione, impegnati nell’esame delle 300 mila domande di regolarizzazione  presentate lo scorso settembre dai datori di lavoro di colf e badanti. Lo stesso decreto, nelle premesse, parla infatti della  “necessità  di  consentire l'espletamento, in termini di somma urgenza, di tutte le misure organizzative necessarie ad   un   efficace   gestione   delle   procedure  amministrative  di regolarizzazione”. Si citano poi  “ulteriori  interventi  e  strategie che assicurino  un  livello di operatività almeno non inferiore a quello attuale”. Quando viene proclamato lo stato di emergenza, saltano anche molti vincoli procedurali nella gestione dei fondi pubblici. “È solo il primo passo, questo decreto apre la strada a un’ordinanza di procedura civile che farà arrivare negli uffici i rinforzi necessari alla  regolarizzazione” conferma Fabrizio Spinetti, coordinatore nazionale FP CGIL presso il Ministero Interno. I fronti di intervento sono almeno quattro. Bisogna  assumere 650 interinali, prorogare di un altro anno i contratti dei 650 lavoratori a tempo determinato già impiegati nelle Questure e negli Sportelli Unici, pagare gli straordinari dei dipendenti e comprare altri computer per le postazioni dedicate alla regolarizzazione.

Scarica: Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri: proroga dello stato di emergenza per proseguire le attività di contrasto e di gestione dell’afflusso di extracomunitari

http://www.governo.it/Governo/Provvedimenti/dettaglio.asp?d=52937#correla



Sciopero degli immigrati. La sfida dell’altra Francia

Di Domenico Quirico, www.lastampa.it
Martedì l’annuncio: un giorno senza di noi. Il paese rischia la paralisi


060516immigrants.jpgParigi, 19 novembre 2009 - Provate francesi! Una giornata senza di noi: senza la bambinaia che tiene a bada i figli raccontando loro le storie dell’Africa o delle Antille, senza la domestica, senza gli spazzini che portano via la vostra immondizia di ricchi, senza i manovali che fanno quello che voi non volete più fare, senza i lavapiatti nei ristoranti, senza i fattorini, gli uomini della sicurezza. E ancora: provate una giornata senza di noi nei McDonalds, nei cinema, nei supermercati, con i posti vuoti, gli incassi ridotti. Perché anche noi consumiamo e mettiamo in movimento l’economia: ventiquattro ore non cambieranno la Francia ma serviranno per accorgersi quanto sia complicato e difficile per la République tirare avanti. L’iniziativa è originale e potenzialmente micidiale, destinata a suscitare accalorate controversie. Perché coincide polemicamente con il momento in cui il presidente Sarkozy schiaccia di nuovo il pedale dell’identità francese. Si mette in sciopero l’altra Francia, quella che non ha i documenti e quella che ce l’ha ma è come se… Vuole incrociare le braccia e chiudersi in casa la Francia che popola la metropolitana e i treni di banlieue alle cinque del mattino quando non ci salgono ancora quelli che il ministro per l’immigrazione Besson invita ad andare in prefettura per dichiararsi orgogliosi di essere francesi; e che arriva negli uffici dopo le cinque ma per pulire e lucidare. Gli spettacolari argomenti sono branditi in un manifesto, titolo «24 heures sans nous»: basta chiacchiere, basta con i simboli, semplicemente senza di noi il paese non va avanti. Perché ci sono settori interi dell’economia, domestica e non (ad esempio l’edilizia) che occupano ormai quasi soltanto immigrati. E’ il proclama fondatore della belligeranza etnica, quanto basta per smantellare le cartilaginose ipocrisie di un paese che si vanta di saper realizzare l’integrazione. «L’idea ci è venuta dagli Stati Uniti - spiega Nadir Dendouane uno dei portavoce del comitato organizzatore - nel maggio 2006 un gruppo di ispanici organizzò una protesta analoga. Volevano contestare un progetto di legge che intendeva criminalizzare l’immigrazione clandestina. Hanno detto: ok, ci considerate dei criminali, però senza di noi, questo paese non funziona. Noi ci siamo ispirati a questa giornata durante la quale non sono andati a lavorare, e neanche a consumare, sono rimasti a casa. Ecco: una giornata morta. Tutti quelli che si sentono o sono considerati immigrati, anche se come me sono nati in Francia - e sono in tanti questi francesi che vengono considerati male da un’altra gran parte della popolazione, insieme a tutti quelli che si sentono solidali e coscienti del loro contributo si mobilitino. Il nostro collettivo raduna tutti, bianchi, neri, magrebini, uniti nel rifiuto di essere un capro espiatorio. Settanta anni fa eravate voi italiani a ricevere in faccia del “sale rital”. Oggi è il nero o l’arabo. Ci siamo stufati. Sarà una giornata della dignità». Presentazione martedì prossimo all’assemblea nazionale. Data prevista per lo sciopero, il primo marzo prossimo. Perché è l’anniversario dell’entrata in vigore, nel 2005, del «codice per l’ingresso e il diritto di asilo», detto codice degli stranieri. Il consumo è il motore della crescita, un’idea che Sarkozy trova adorabile, usata come arma contro di lui. Ma sarà difficile mettere in piedi uno sciopero degli immigrati? «No, quelli che hanno un lavoro non andranno a lavorare quelli senza si asterranno dal consumare. Picchiamo dove fa male per sottolineare con forza l’importanza dell’immigrazione. Vogliamo più rispetto, niente altro. Essere francese? Vuol dire vivere in Francia, pagare le tasse in Francia, parlare, leggere e vivere in francese. Cosa di più? Quelli che ci considerano degli immigrati vorebbero che fossimo tutti uguali, mangiare maiale e bere birra e vino. Mettono sempre avanti le loro differenze, però vogliono gli altri francesi uguali a loro. Ci sono dei francesi ebrei, altri cattolici, altri che non credono in Dio, altri che sono musulmani, buddisti, etc… Fino a quando uno paga le tasse e riceve il rispetto dalla République, non vedo cosa si dovrebbe fare di più. Se devo anche schiarirmi la pelle o cantare la Marsigliese per essere più francese, non ci sto! Noi partecipiamo alla vita economica e per me è anche questo essere francese. Io che ho la pelle scura, se mi metto a criticare la Francia, diventa un problema d’integrazione. Invece il bianco può dire tutto quello che gli pare, nessuno gli dirà mai nulla. Questa è la differenza».



Immigrati e idoneita' alloggiativa: le nuove vecchie regole

Articolo di Claudia Moretti


(Aduc Immigrazione)

Roma, 25 novembre 2009 - Chi si e' occupato da tempo di diritti degli stranieri e di pratiche relative alle concessioni di carte di soggiorno e ricongiungimenti familiare, sapra' esattamente che cos'e' l'Idoneita' alloggiativa. Ma chi, invece e' estraneo alla materia, e ci auguriamo che molti siano interessati anche se non coinvolti in proprio nelle vicende dell'immigrazione, potrebbero non capire. Il nuovo testo dell'art. 29 comma 3 prevede che "lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilita' di un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari, nonche' di idoneita' abitativa, accertati dai competenti uffici comunali".
Con detta norma il legislatore ripropone un onere di allegazione che gia' esisteva, anche per la carta di soggiorno (oggi 'Permesso CE' per soggiornanti di lungo periodo), ossia le certificazioni o dell'Asl o del Comune, volte a dimostrare che la metratura quadrata dell'immobile ove la famiglia dello straniero andra' a ricongiungersi, sia sufficientemente grande per il numero di soggetti che coabitano. Questa certificazione veniva rimessa alla normativa regionale per l'edilizia residenziale pubblica, ovvero a parametri diversi di volta in volta, senza un indirizzo conforme a livello nazionale. Ne derivava, come ovvio, una disorganicita' di trattamento, oltre che una discrezionalita' notevole nella gestione dell'istruttoria documentale richiesta. Alcuni stranieri, con famiglia numerosa, si trovavano nella condizione di non poter ricongiungersi ai propri cari perche' l'appartamento era troppo piccolo, quando magari, nell'immobile adiacente vivevano tranquillamente altrettante o piu' persone italiane. Nessuno imponeva ne' impone infatti ai cittadini, per la coabitazione, il rispetto dei parametri previsti per l'edilizia residenziale pubblica!
Con la circolare n. 7170 del
Ministero dell'Interno, si dispone finalmente un criterio unitario per tutte le amministrazioni coinvolte, ed in particolare tirando fuori nuovamente un decreto del Ministero della Salute del 1975 che stabiliva e normava le condizioni igenico sanitarie degli immobili, valevoli per tutti i cittadini cittadini, italiani e stranieri: "la certificazione relativa all'idoneita' abitativa potra' fare riferimento alla normativa contenuta nel Decreto del Ministero della Salute del 5 luglio 1975 che stabilisce i requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione e che precisa anche i requisiti minimi di superficie degli alloggi, in relazione al numero previsto degli occupanti". Nella Circolare, inoltre, si legge che cio' rappresenta anche il modo per dar piena attuazione a quanto prevede la Direttiva UE in materia di ricongiungimento: "[...] la quale dispone che, per l'autorizzazione al ricongiungimento familiare, la legge nazionale debba o possa imporre la verifica della disponibilita' di un alloggio considerato normale che corrisponda alle norme generali di sicurezza e di salute pubblica in vigore; pertanto si potra' considerare idoneo un alloggio che corrisponda ai parametri generalmente stabiliti per tutta la cittadinanza, su tutto il territorio nazionale."
Riteniamo utile pubblicarlo per esteso, evidenziando gli articoli di maggior interesse:
Decreto del Ministero della Salute del 5 luglio 1975
Altezza minima e requisiti igienico sanitari principali dei locali di abitazione
[...] Decreta:
Art. 1

[1] L'altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in m 2,70, riducibili a m 2,40 per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli.
[2] Nei comuni montani al di sopra dei m 1.000 s.l.m. può essere consentita, tenuto conto delle condizioni climatiche locali e della locale tipologia edilizia, una riduzione dell'altezza minima dei locali abitabili a m 2,55.
"[3] Le altezze minime previste nel primo e secondo comma possono essere derogate entro i limiri già esistenti e documentati per i locali di abitazione di edifici situati in ambito di comunità montane sottoposti ad interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie quando l'edificio presenti caratteristiche tipologiche specifiche del luogo meritevoli di conservazione ed a condizione che la richiesta di deroga sia accompagnata da un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, comunque, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell'alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di una adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione delle finestre, dai riscontri d'aria trasversali e dall'impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliaria".
Art. 2

[1] Per ogni abitante deve essere assicurata una superficie abitabile non inferiore a mq 14, per i primi 4 abitanti, ed a mq 10, per ciascuno dei successivi.
[2] Le stanze da letto debbono avere una superficie minima di mq 9, se per una persona, e di mq 14, se per due persone.
[3] Ogni alloggio deve essere dotato di una stanza di soggiorno di almeno mq 14.
[4] Le stanze da letto, il soggiorno e la cucina debbono essere provvisti di finestra apribile.
Art. 3

[1] Ferma restando l'altezza minima interna di m 2,70, salvo che per i comuni situati al di sopra dei m 1.000 s.l.m. per i quali valgono le misure ridotte già indicate all'art. 1, l'alloggio monostanza, per una persona, deve avere una superficie minima, comprensiva dei servizi, non inferiore a mq 28, e non inferiore a mq 38, se per due persone.
Art. 4

[1] Gli alloggi debbono essere dotati di impianti di riscaldamento ove le condizioni climatiche lo richiedano.
[2] La temperatura di progetto dell'aria interna deve essere compresa tra i 18°C e i 20°C; deve essere, in effetti, rispondente a tali valori e deve essere uguale in tutti gli ambienti abitati e nei servizi, esclusi i ripostigli.
[3] Nelle condizioni di occupazione e di uso degli alloggi, le superfici interne delle parti opache delle pareti non debbono presentare tracce di condensazione permanente.
Art. 5

[1] Tutti i locali degli alloggi, eccettuati quelli destinati a servizi igienici, disimpegni, corridoi, vani-scala e ripostigli debbono fruire di illuminazione naturale diretta, adeguata alla destinazione d'uso.

[2] Per ciascun locale d'abitazione, l'ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore al 2 per cento, e comunque la superficie finestrata apribile non dovrà essere inferiore a 1/8 della superficie del pavimento.
[3] Per gli edifici compresi nell'edilizia pubblica residenziale occorre assicurare, sulla base di quanto sopra disposto e dei risultati e sperimentazioni razionali, l'adozione di dimensioni unificate di finestre e, quindi, dei relativi infissi.
Art. 6

[1] Quando le caratteristiche tipologiche degli alloggi diano luogo a condizioni che non consentano di fruire di ventilazione naturale, si dovrà ricorrere alla ventilazione meccanica centralizzata immettendo aria opportunamente captata e con requisiti igienici confacenti.
[2] É comunque da assicurare, in ogni caso, l'aspirazione di fumi, vapori ed esalazioni nei punti di produzione (cucine, gabinetti, ecc.) prima che si diffondano.
[3] Il "posto di cottura", eventualmente annesso al locale di soggiorno, deve comunicare ampiamente con quest'ultimo e deve essere adeguatamente munito di impianto di aspirazione forzata sui fornelli.
Art. 7

[1] La stanza da bagno deve essere fornita di apertura all'esterno per il ricambio dell'aria o dotata di impianto di aspirazione meccanica.
[2] Nelle stanze da bagno sprovviste di apertura all'esterno è proibita l'installazione di apparecchi a fiamma libera.
[3] Per ciascun alloggio, almeno una stanza da bagno deve essere dotata dei seguenti impianti igienici: vaso, bidet, vasca da bagno o doccia, lavabo.
Art. 8

[1] I materiali utilizzati per le costruzioni di alloggi e la loro messa in opera debbono garantire un'adeguata protezione acustica agli ambienti per quanto concerne i rumori da calpestìo, rumori da traffico, rumori da impianti o apparecchi comunque installati nel fabbricato, rumori o suoni aerei provenienti da alloggi contigui e da locali o spazi destinati a servizi comuni.


Razzismo


La Spezia, 3500 firmano su Facebook “via gli zingari”

Nasce sito opposto. Il sindaco: chiudere il sito


«Basta zingari alla Spezia», è il nome che contraddistingue un gruppo formato su Facebook , il più popolare social network al quale migliaia di spezzini sono collegati tutto il giorno dalle postazioni di lavoro o per semplice distrazione e divertimento. Preoccupante il numero di iscrizioni a questo gruppo che ha sfondato quota 3500 (3508. Verso quota mille (928) il gruppo dei contrari che definisce razzista l’iniziativa antinomadi. Per verifica basta digitare "zingari spezia" nello spazio ricerca e si accede alla "bacheca" che annuncia per venerdì prossimo 4 dicembre (a partire dalle ore 21) una manifestazione in piazza Europa al grido «Basta zingari a La Spezia». Sinistro lo slogan di identificazione di "Basta zingari a La Spezia" che dice: «Hanno le case popolari, derubano e picchiano la gente: vogliamo andare avanti così»?

LA REAZIONE: IL SINDACO LO FAREMO CHIUDERE
Oltre 800 le adesioni invece le adesioni al fronte contrario. Messaggi con inviti a chiudere il gruppo, un serio invito all'autoanalisi con la parola "vergogna" scritta ripetutamente, ulteriori appelli alla tolleranza e contro il razzismo. C'è stato chi ha anche chiesto l'intervento della magistratura appellandosi all'articolo 3 della costituzione. Mentre il gruppo anti-zingari annuncia una manifestazione il 4 dicembre alle 21 davanti al Comune, Rifondazione Comunista chiede che la Questura non l’autorizzi e annuncia una contro iniziativa. Il sindaco Massimo Federici si dichiara «sconcertato per la chiara matrice razzista», e per le adesioni. «Ci attiveremo nelle sedi deputate afffinché vengano, come in altri casi, prese le misure necessarie perché questo gruppo venga chiuso - afferma il sindaco - . Queste bieche forme di intolleranza, verso le quali esprimo tutto il mio disprezzo, nulla hanno a che fare con il tema della sicurezza, con la giusta esigenza dei cittadini a vedere garantito dalle istituzioni questo diritto». Federici annuncia intanto che il Comune «farà campeggiare sul suo sito istituzionale il messaggio `Spezia dice no al razzismo´, per ribadire con fierezza che la nostra è una comunità accogliente dove non c’è spazio per l’odio, la violenza, l’intolleranza».

LA SITUAZIONE

Un ambiente molto caldo on-line , caldo come quello che si respira alla Spezia dal giorno dell'aggressione ad opera di un gruppo di giovani nomadi, di cui è stato vittima il simbolo del Palio del Golfo e della borgata del Canaletto Paolo Lavalle, insieme al figlio quattordicenne, mentre prima di cena stavano svolgendo un allenamento con altri ragazzi del gruppo. E la questione stranieri, serve anche per giustificare altri reati. Cone nel caso della ragazza che aveva denunciato una aggressione con violenza e la rapina di 400 euro. Soldi che i carabinieri hanno poi accertato erano stati persi dalla donna al videopoker. Le servivano per l’afitto e non sapeva più come giustificarsi.

La polemica sulla vicenda Lavalle invece è concreta e su un fatto reale.
E' diffuso in tutta la periferia della città e della provincia, un senso di insicurezza dovuta alla presenza degli insediamenti dei nomadi, alla quale Polizia, Carabinieri e Polizia Municipale stanno cercando di fare fronte assicurando una maggiore presenza ed osservazione del territorio con servizi di vigilanza molto attenti. Anche in sede politica la questione-nomadi è oggetto di grande dibattito, come dimostra la presa di posizione dello scorso 19 novembre, un ordine del giorno in consiglio comunale firmato dai consiglieri Maria Grazia Frijia (Pdl) e Giancarlo Di Vizia (Lega Nord). I quali hanno accusato l'amministrazione Federici di avere messo a bilancio una spesa di 145.000 euro a favore dei nomadi, «mentre nessuna misura è stata presa a favore dei "nostri poveri"». Ovvero gli spezzini disagiati.