ASGI


Newsletter n. 12 del  20 novembre 2009

 

 

 

 

SEGNALAZIONI NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

 

 

 

SEGNALAZIONI NORMATIVE – CIRCOLARI AMMINISTRATIVE

 

1. Per i requisiti di idoneità abitativa ai fini del ricongiungimento familiare si deve fare riferimento ai parametri previsti  dal Decreto del Ministero della Sanità 5/7/1975, allo scopo di definire parametri uniformi sull’intero territorio nazionale. 

 

Lo stabilisce la circolare del Ministero dell'interno del 18/11/2009 n . 7170.

 

2. Regolarizzazione lavoratori domestici e di cura ed emersione del lavoro irregolare. Nuova circolare del Ministero dell'Interno

 

Il datore di lavoro non può rinunciare alla procedura di emersione senza evitare le sanzioni previste per l'impiego di lavoratori irregolari, tranne nei casi di sopravvenuta forza maggiore. In tal caso, il lavoratore ha diritto ad un pds per attesa occupazione

 Lo stabilisce la circolare del Ministero dell'Interno dd. 29 ottobre 2009 n. 6466 in risposta a quesiti pervenuti.
Qualora la rinuncia del datore di lavoro alla procedura di emersione  sia dovuta a sopravvenute cause di forza maggiori quali ad es. il decesso della persona assistita, un componente del nucleo familiare potrà eventualmente subentrare nel rapporto di lavoro con il/la lavoratore/trice straniero/a ovvero, in assenza del subentro, il/la lavoratore/trice straniero/a potrà godere del rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione della durata di sei mesi.


Circolare del Ministero dell'Interno del 29 ottobre 2009, n. 6466

 

3. Libera circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari in UE

 

Circolare del Ministero dell'Interno dà chiarimenti alle Questure a seguito della recente giurisprudenza comunitaria e della Comunicazione della Commissione delle Comunità europee al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della Direttiva 2004/38/CE.

 

La circolare, dopo la recente giurisprudenza comunitaria, precisa alcuni elementi importanti delle condizioni di ingresso e soggiorno e delle condizioni di allontanamento (ordine pubblico e sicurezza, condotta personale e minaccia, valutazione della proporzionalità, tutela maggiore contro l'allontanamento, urgenza) dei cittadini comunitari e dei loro familiari extracomunitari e ricorda che il rilascio della carta di soggiorno al familiare extracomunitario di comunitario non può essere condizionato alla preventiva regolarità del suo soggiorno e che in base al nuovo art. 116 cod. civ. per la celebrazione del matrimonio dello straniero extracomunitario si richiede che la regolarità del soggiorno da attestarsi con la dichiarazione di presenza o con un titolo di soggiorno anche temporaneo.

Circolare del Ministero dell'Interno del 28 agosto 2009, n. 5355


"Decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, come modificato dal Decreto legislativo 28 febbraio 2008, n. 32, recante attuazione della Direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri - Comunicazione della Commissione delle Comunità europee al Parlamento europeo e al Consiglio in data 2 luglio 2009."



Si ringrazia Paolo Bonetti per la segnalazione .

4. Disponibile  l’applicazione web "Minori rumeni non accompagnati o in difficoltà presenti sul territorio nazionale" . per consentire alle Prefetture, alle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i Minorenni, al Dipartimento per la Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia e agli Enti locali di registrare negli archivi elettronici i dati relativi ai casi di loro competenza.

Circolare del Ministero dell’interno - Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Organismo centrale di raccordo per la protezione dei minori comunitari non accompagnati del 23 ottobre 2009 n. 3556. Prot. 0009869

 

 

5. Cittadinanza per matrimonio: verifica dei requisiti dopo l’entrata in vigore della legge n. 94/2009

 

Il Ministero dell’Interno invia ulteriori chiarimenti a seguito delle modifiche in materia di acquisto di cittadinanza per matrimonio contenute nella legge 94 del 15 luglio 2009.

 

In merito all’applicazione dell’articolo 5 della legge 5 febbraio 1992 n. 91, come modificato dall’articolo 1, comma 11 dalla legge n. 94/2009 il Ministero dell'Interno ha inviato alle Questure alcune indicazioni operative relativamente alle procedure di acquisto di cittadinanza italiana attraverso il matrimonio.


In particolare per i decreti adottati dopo l’entrata in vigore della Legge 94/2009, sarà necessario procedere alla verifica della sussistenza dei  requisiti previsti dalla nuova normativa attraverso la richiesta agli interessati, con l’atto di convocazione per la notifica del decreto di conferimento, di   produrre la seguente documentazione aggiornata alla data di adozione del provvedimento:
-atto integrale di matrimonio

-certificato di esistenza in vita del coniuge italiano: il decesso del coniuge, ai sensi dell’articolo149 c.c. determina infatti lo -scioglimento del matrimonio e la cessazione dei suoi effetti civili.
Laddove gli Ufficiali di Stato Civile o le Autorità Diplomatico-Consolari venissero successivamente a conoscenza di una separazione o divorzio intervenuti tra i coniugi prima della data di adozione del decreto ma non ancora annotati e trascritti a quel momento, gli stessi ne daranno comunicazione allo scrivente Dipartimento-Direzione Centrale per la revoca del provvedimento.


La circolare del Ministero dell'Interno del 7 ottobre 2009, n. 13074

 

6. Doppia cittadinanza per gli italiani residenti in Europa che acquistano la cittadinanza del paese di residenza

 

Circolare del Ministero dell'Interno dà comunicazione della denuncia parziale da parte dell'Italia della Convenzione europea sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima.

La circolare del Ministero dell'Interno - Dipartimento libertà civili e immigrazione, n. 14232 dd. 28.10.2009  

 

 Doppia cittadinanza per tutti gli italiani residenti in Europa che acquisiranno la cittadinanza del Paese ove risiedono.

A seguito di una interrogazione parlamentare, l'on. Franco Frattini, con lettera firmata il 29 maggio 2009 e notificata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa il 3 giugno scorso, ha denunciato il Capitolo I^ della Convenzione sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima e sugli obblighi militari in caso di cittadinanza plurima, firmata a Strasburgo il 6 maggio 1963 

Anche l' Italia ha così intrapreso la strada già tracciata nel lontano 2002 dalla Germania, nel 2007 dal Belgio e più recentemente dalla Francia e dal Lussemburgo.

(vedi sito Consiglio d'Europa)


"Finalmente per tutti gli italiani in Europa, acquisire la cittadinanza del loro Paese di residenza senza dover rinunciare a quella italiana, non sarà più una ‘mission impossible", commenta così Laura Garavini, deputata PD eletta dagli italiani all'estero, informazioni ufficiose secondo cui il Ministro degli esteri Frattini avrebbe firmato una lettera indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa per denunciare la Parte I della Convenzione di Strasburgo sulla doppia cittadinanza. La convenzione del 1963 prevede, infatti, che all'acquisto di un'altra cittadinanza in Europa si perda necessariamente la propria nazionalità d'origine. La doppia nazionalità, ad oggi, è un'opzione garantita soltanto per i connazionali italiani che vivono in alcuni Stati dell'Unione Europea, per esempio in Germania.

La firma di Frattini è stata fortemente voluta da Laura Garavini e dagli altri deputati PD eletti all'estero Bucchino, Farina, Fedi, Narducci e Porta. Con un'interrogazione alcuni mesi fa i deputati PD avevano spinto il Ministro degli esteri ad eliminare gli ostacoli al riconoscimento della doppia nazionalità. "Il superamento di questi vincoli ormai anacronistici", dice la Garavini, "è un successo di grande portata per tanti italiani residenti in Europa: permette loro di diventare cittadini a pieno titolo, cioè dotati di tutti i diritti sociali e politici, nel Paese dove vivono, senza però essere costretti a rinunciare al passaporto italiano".

Negli ultimi mesi, soprattutto il PD in Belgio aveva spinto insieme alla Garavini al fine di rendere possibile la doppia cittadinanza a tutti gli italiani in Europa. Nel 2007 il Governo belgo, così come quello tedesco nel 2001, aveva denunciato la Convenzione di Strasburgo. Ma per garantire la possibilità della doppia cittadinanza anche agli italiani in Belgio il Governo di Bruxelles chiedeva un passo analogo al Governo italiano.

Il via libera alla doppia cittadinanza per tutti gli italiani in Europa si avrà a un anno dall'effettiva denuncia, da parte dell'Italia, della Convenzione di Strasburgo. "Finalmente", conclude Laura Garavini, "si apriranno non solo le porte alla doppia nazionalità per i nostri connazionali all'estero, ma anche a un'Europa più integrata, all'insegna dello straordinario patrimonio di culture di cui dispone".

(tratto dal sito web di Demografici Associati)  

 

7. Trasmissione per posta elettronica certificata degli atti di stato civile dai consolati italiani ai Comuni. In vigore il protocollo MAE-MI

 

Inviata al Comuni Italiani la circolare del Ministero Interno sulla dematerializzazione nella trasmissione degli atti di stato civile tra i Consolati italiani e i Comuni

 

Operativo il nuovo protocollo tra Ministero Affari Esteri e Ministero dell'Interno per la trasmissione per posta elettronica certificata della documentazione di stato civile dalle Rappresentanze diplomatico-consolari italiane all'estero ai Comuni ai fini della trascrizione degli atti nei registri dello stato civile.

Lo stabilisce la  Circolare del Ministero dell'Interno del 27 ottobre 2009, n. 11727 contenente le "Linee guida sulla dematerializzazione nella trasmissione degli atti di stato civile fra Consolati e Comuni tramite posta elettronica certificata (PEC) per successiva trascrizione nei registri dello stato civile".

Circolare del Ministero dell'Interno del 27 ottobre 2009, n. 11727

 

8. Circolari INPS sulla determinazione della legislazione applicabile in materia previdenziale in caso di attività lavorativa svolta in due o più paesi membri dell’Unione Europea.

Circolare INPS, Direzione centrale pensioni – direzione centrale entrate,  dd. 10 luglio 2009 n. 90

Circolare INPS, Direzione centrale pensioni – direzione centrale entrate, dd. 7 agosto 2009, n. 99

 

 

 

 

 

NORMATIVA E PROVVEDIMENTI REGIONALI

1. Assistenza sanitaria degli stranieri irregolari: in Sicilia l'Assessorato alla Sanita' invia indicazioni ai medici: Il personale che riveste qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio soggiace al divieto di segnalazione . Invariate le procedure di rilascio del tesserino STP .

 La circolare del 27 ottobre 2009 dell' Assessorato della sanita'della regione Sicilia   - Legge del 15 luglio 2009, n. 94"Disposizioni in materia di sicurezza pubblica"-Assistenza sanitaria agli stranieri non in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno (STP).

Vedere anche :

Raccolta dei provvedimenti regionali a cura della Società italiana della medicina delle migrazioni.

Il divieto di segnalazione dello straniero in condizioni di irregolarità di soggiorno che accede ai servizi sanitari alla luce delle nuove disposizioni del cosiddetto "pacchetto sicurezza" (legge n. 94/2009). Analisi giuridica - Lettera - Documento alle autorità sanitarie nazionali e regionali inviato da ASGI- Medici senza frontiere - Società italiana di medicina delle migrazioni - Osservatorio italiano sulla salute globale 

 

2. No alla segnalazione : anche in Molise indicazioni ai mediciPur in presenza del reato di ingresso e soggiorno degli stranieri non sussiste per il personale sanitario l'obbligo di denuncia. L'assessorato regionale alla salute ha emanato una circolare .

 

Pur in presenza del reato di ingresso e soggiorno degli stranieri non sussiste per il personale sanitario l'obbligo di denuncia in quanto la nuova legge non ha provveduto ad abrogare il quinto comma dell'articolo 35 del decreto legislativo numero 286/1998 sulle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione". Lo ha detto l'assessore regionale alla Sanità, Nicola Passarelli, precisando che "l'accesso alle strutture sanitarie non comporta alcun tipo di segnalazione all'autorità' salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto".

Tali disposizioni sono state diffuse dall'assessore ai direttori dei distretti sanitari, agli ordini dei medici delle province di Campobasso ed Isernia ed ai dirigenti dei consultori familiari con una nota specifica che riguarda l'assistenza sanitaria agli stranieri non in regola con le norme relative all'ingresso di soggiorno in Italia.

La circolare  del 13 ottobre 2009 dell'Assessorato per la salute del Molise

Si rin grazia Gianfranco Schiavone per la segnalazione.

 

3. Nuova legge provinciale trentina per l'integrazione dei gruppi rom e sinti. L'intento è quello di passare da una logica di controllo ad una di promozione dell'integrazione

 

La Legge della provincia autonoma di Trento 29 ottobre 2009, n. 12 - Misure per favorire l'integrazione dei gruppi sinti e rom residenti in provincia di Trento è stata pubblicata sul B.U.R. n. 46 del 10 novembre 2009. Essa abroga la L.P. n. 15/1985 e appare innovativa per alcuni profili: 1) conferma la Consulta provinciale, che ha fra i propri compiti non soltanto la mera tutela, ma anche lo studio e la proposizione di strumenti per favorire l'integrazione dei gruppi Sinti e Rom presenti in Trentino: è quindi un tavolo che si pone in una ottica promozionale, di attivazione di processi di emancipazione e di crescita. Fra i componenti della Consulta è prevista la rappresentanza delle Autonome Locali e del Consorzio dei Comuni (due rappresentanti) e dei Comuni di Trento e Rovereto 2) prevede il superamento del campo nomadi e l'istituzione quindi delle "aree residenziali di comunità" che avranno la dimensione coerente con le dimensioni della famiglia allargata: aree più piccole rispetto ai campi sosta, ma che individuano nella famiglia allargata e nel capofamiglia i responsabili della loro gestione: è un luogo che , prendendo atto della dimensione di famiglia allargata individua dei responsabili, dei legittimi occupanti, chiedendo il pagamento dell'affitto e delle utenze. L'assegnazione dell'area alla famiglia allargata avviene sulla base di una capacità del nucleo a farsi carico dei costi delle utenze e dell'impegno di almeno il 50% degli appartenenti al clan  ad accettare percorsi formativi e proposte lavorative. Si prevede il requisito di dieci anni di residenza dei nuclei familiari che accedono alla area residenziale di comunità, affinché sia stabilito il principio che ogni territorio deve farsi carico dei gruppi presenti e appartenenti a quella comunità. La realizzazione ed assegnazione delle aree ai singoli nuclei familiari è affidata alla Comunità di cui alla LP 3/2006 e viene finanziata nell'ambito dei trasferimenti sulla finanza locale e quindi concordata in sede di programmazione annuale. 3) disciplina in modo più stringente le aree di transito, che sono da un lato lo spazio dove i gruppi ancora nomadi che passano sul territorio trentino possono fermarsi in maniera dignitosa e controllata, ma che deve essere anche limitata nel tempo. 4) circa le politiche di formazione ed inserimento lavorativo si prevede la possibilità per le Comunità di promuovere iniziative di scolarizzazione degli adulti, di attivare percorsi di inserimento lavorativo e di formazione professionale o riconversione professionale. La Provincia sostiene la nascita di cooperative che abbiano come finalità l'inserimento lavorativo dei Sinti. 5) i Comuni o i soggetti convenzionati passano da una funzione di gestione ad una funzione promozionale. Oggi i campi nomadi sono gestiti non dai Sinti ma dal privato sociale per conto delle amministrazioni comunali. Domani le aree residenziali di comunità saranno sottoposte alla responsabilità del capofamiglia e viene affidata ai comuni e agli enti convenzionati la funzione di accompagnamento, di sostegno, di supporto. Si passa da un ruolo di controllo ad un ruolo di promozione dell'integrazione. 

Legge della provincia autonoma di Trento 29 ottobre 2009, n. 12 - Misure per favorire l'integrazione dei gruppi sinti e rom residenti in provincia di Trento

 

 

 

 

 

 

 

GIURISPRUDENZA

 

 

ASILO POLITICO

 

 

TAR Sicilia: al giudice ordinario la giurisdizione sul permesso per motivi umanitari. Il TAR Sicilia si conforma all'orientamento delle Sezioni unite della Corte suprema di Cassazione in materia di permesso di soggiorno per motivi umanitari.

 

Con 2 recenti sentenze il TAR Sicilia rinvia alla giurisdizione del giudice ordinario il ricorso che era stato proposto contro il silenzio della Questura di fronte a richieste di rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari formulate ai sensi dell'art. 11, comma 1, lett. c - ter), del regolamento di attuazione del testo unico delle leggi sull'immigrazione, approvato con D.P.R. 31.08.1999, n. 394, cioè con richiesta diretta al Questore, e non nell'ambito di una richiesta di protezione internazionale. I casi prendevano le mosse da una richiesta di rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari formulata direttamente al Questore ai sensi dell'art. 11, comma 1, lett. c - ter), DPR 31.08.1999, n. 39.Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con ordinanza n. 19393 del 9 settembre 2009 avevano affermato che la domanda riguardante il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di una situazione giuridica qualificabile come diritto soggettivo ed appartenente alla categoria dei diritti umani fondamentali, garantiti dall'art. 2 e 10 della Costituzione e dall'art. 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo.


Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - sezione II
Sentenza n. 1703 del 23 ottobre 2009

Sentenza n. 1702 del 23 ottobre 2009


Si ringrazia per la segnalazione Daniele Papa.



 

 

PERMESSO DI SOGGIORNO

1. Consiglio di Stato: La presunzione ex lege di pericolosità sociale in relazione alla commissione di determinati reati penali ai fini del diniego del permesso di soggiorno può essere contemperata in presenza di circostanze sopravvenute

 

Tali circostanze possono essere la presentazione dell'istanza di riabilitazione e la maturazione dei termini per ottenere il pds CE per lungo soggiornanti ma è onere dell'interessato sottoporre alla questura il loro esame.

 La condanna per taluni reati è preclusiva al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno in virtù del  combinato disposto degli art. 5 c. 5 e 4 c. 3 del d.lgs. n. 286/98, costituendo una presunzione "ex lege" di pericolosità sociale. Tuttavia un rigido automatismo ai fini del rifiuto o revoca  del permesso di soggiorno può essere escluso in presenza di circostanze sopravvenute quali la presentazione dell'istanza di riabilitazione e la maturazione dei presupposti per ottenere il permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, ma è onere dell'interessato sottoporre all'esame dell'Amministrazione tali circostanze. Qualora invece tali circostanze vengano prospettate per la prima volta solo in sede di appello,  non possono essere prese in considerazione  per il noto principio di "ius novorum".


Consiglio di Stato, sez. VI, Decisione n. 6194 dd. 8 ottobre 2009

 

2. La condanna per un reato inerente agli stupefacenti non è di per sè condizione ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno quando l’interessato ha beneficiato del diritto al ricongiungimento familiare. In tali casi, sulla base dell’esplicita previsione del d.lgs. n. 5/2007, attuativo della direttiva europea 2003/86/CE, l’amministrazione è chiamata a ponderare, da un lato, l’interesse pubblico a che sia precluso il soggiorno in Italia allo straniero che si sia reso responsabile di gravi reati e, dall’altro,  l’interesse del privato a permanere sul territorio nazionale, in relazione alla natura e effettività dei suoi vincoli familiari  e sociali, nonché alla durata del suo soggiorno nel territorio nazionale.  Tale norma trova applicazione anche nei procedimenti di rinnovo del permesso di soggiorno successivi al primo rilascio, anche qualora sia nel frattempo mutata la causale del permesso di soggiorno (TAR F.V.G. 12.03.2009, n. 114, TAR Piemonte, sez. II, 7.02.2009, n. 368; TAR Piemonte, sez. II, 23.01.2009, n. 211).

TAR Toscana, sez. II, sentenza d. 10.11.2009, n. 1594

 

Nota: Sebbene la questione non sia stata affrontata dal TAR, la decisione della questura di Firenze di non rinnovare il permesso di soggiorno  al cittadino straniero in oggetto appare  viziata da un ulteriore elemento di illegittimità. La questura infatti ha motivato la decisione, adottata nel settembre 2009,  sulla base di una condanna per un reato connesso agli stupefacenti pronunciata nel febbraio 2009 in primo grado e, dunque, non definitiva, applicando così il nuovo testo dell’art. 5 c. 5 T.U. immigrazione, come modificato dalla legge n. 94/2009.

Per giurisprudenza costante e consolidata riferita alle modifiche intervenute con la legge n. 189/2002, tuttavia, appare pacifico che tale modifica introdotta dalla legge n. 94/2009 non può avere portata retroattiva e dunque la condanna non definitiva per uno dei reati ostativi al rilascio del permesso di soggiorno può determinare il diniego al rinnovo del permesso di soggiorno solo se  pronunciata dopo l’entrata in vigore della disposizione citata.

 

 

Si ringrazia l’avv. Sara Occhipinti, del Foro di Firenze per la segnalazione

 

 

 

3. Ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, lo straniero deve dimostrare  non solo il possesso dei mezzi di sostentamento, ma anche quelli necessari per svolgere l’attività imprenditoriale. Il sostegno finanziario assicurato da altri soggetti è valido solo se proviene da persone obbligate a fornirlo. Non è tale la situazione ove sia il fratello a prestare il sostegno. Solo i lavoratori dipendenti hanno diritto al periodo di disoccupazione tollerata di sei mesi previsto dall’art. 22 del T.U. immigrazione.

 

Consiglio di Stato, sez. VI, Decisione n. 6296 dd. 14 ottobre 2009

 

 

RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE

 

Il giudice di Firenze: E’ illegittima la revoca  del nulla osta al ricongiungimento familiare precedentemente rilasciato a favore del padre della ricorrente, motivato con riferimento alla circostanza che il genitore fosse già presente sul territorio nazionale. Il precario  stato di salute dell’interessato ha costituito infatti una  causa di incolpevole impossibilità di attuare il presupposto dell'assenza del territorio nazionale, per cui il provvedimento dell’amministrazione deve essere annullato.

 

Tribunale di Firenze, Decreto del 23 ottobre 2009, Giudice Paparo. R.R.R. – Prefettura di Firenze.

 

 

 

DIRITTO PENALE

 

1. Dichiarate inammissibili dalla Corte Costituzionale  le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai giudici penali di Livorno, Latina e Ferrara con riferimento alla circostanza aggravante «dello status di soggetto illegalmente presente nello Stato» di cui dell'art. 61, numero 11-bis, del codice penale, come introdotto dall'art. 1, lettera f), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica).  Le modifiche legislative nel frattempo intervenute in materia di contrasto penale all’immigrazione clandestina con l’entrata in vigore della legge n. 94/2009 rendono necessaria un nuova valutazione da parte dei giudici rimettenti circa la rilevanza  e la non manifesta infondatezza delle questioni sollevate .

 

Corte Costituzionale, ordinanza n. 277 del 29 ottobre 2009. Pres. Amirante, Red. Silvestri.

 

 

 

2. Compete al giudice penale verificare direttamente la sussistenza di cause ostative all’ammissione dello straniero alla  procedura di regolarizzazione ?  Un discutibile provvedimento del giudice penale di Perugia

 

La dichiarazione di emersione del lavoro irregolare prevista dalla legge n. 102/2009 sospende i precedenti penali ed amministrativi nei confronti tanto del datore di lavoro quanto del lavoratore extracomunitario in relazione alla violazione delle norme sull’ingresso e soggiorno degli stranieri. L’art. 13 della legge n. 102/2009 prevede tuttavia la non ammissibilità alla procedura di emersione dei lavoratori extracomunitari che  risultino condannati anche con sentenza non definitiva  per uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 382 del cpp. Di conseguenza, la non ammissione può applicarsi anche nei confronti dello straniero che abbia subito una condanna non definitiva per il reato di inottemperanza del primo ordine del questore di lasciare il territorio nazionale ai sensi dell’art. 14 c. 5 del T.U. immigrazione.

La norma potrebbe presentare possibili profili di incostituzionalità  anche in relazione ai precedenti giurisprudenziali (sentenza della Corte Costituzionale n. 78/2005).

Si segnala al riguardo la decisione del giudice di Perugia, che nel corso di un procedimento di direttissima a carico di due stranieri per il reato di inottemperanza dell’ordine del questore di lasciare il territorio nazionale, a fronte della richiesta di sospensione del procedimento collegata all’istanza di emersione presentata a favore degli interessati  ai sensi della legge n. 102/2009, invece che richiedere allo sportello unico una decisione circa l’ammissibilità della suddetta istanza, ha disposto a cura della cancelleria l’acquisizione diretta delle informazioni presso i rispettivi tribunali circa l’eventuale esistenza di condanne di primo grado pronunciate per il reato di mancata inottemperanza del primo ordine del questore di lasciare il territorio nazionale a seguito di provvedimento espulsivo. Tale circostanza, se verificata, determinerebbe, in base alla legge l’inammissibilità dell’istanza di regolarizzazione e, conseguentemente, la ripresa dei procedimenti penali collegati alla violazione delle norme sull’ingresso e soggiorno. La questione è dunque  se competa al giudice penale verificare direttamente la sussistenza di eventuali cause ostative alla regolarizzazione ovvero questa procedura sia di stretta competenza dello sportello unico immigrazione.

 

Fonte: www.immigrazione.it

 

Tribunale di Perugia, sez. dist. di Assisi, ordinanza nel proc. 2717/09, 4 novembre 2009. Giudice Monaco.

 

 

3. Il Tribunale penale di Agrigento assolve i pescatori tunisini dal reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, ma condanna per resistenza  a pubblico ufficiale i due comandanti dei pescherecci che hanno tratto in salvo 44 migranti naufraghi in mare nel Canale di Sicilia nell’agosto 2007.

Il dispositivo della sentenza del Tribunale di Agrigento  pronunciata il 17 novembre 2009

 

Il commento del prof. Fulvio Vassallo, dell’Università di Palermo

 

 

 

DIRITTO PENALE – RAZZISMO

 

Depositata la sentenza della Cassazione con la quale è stata definitivamente confermata la condanna dell’attuale Sindaco di Verona Tosi e di altri esponenti della Lega Nord di Verona per il delitto di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio etnico o razziale”.

E’ stata depositata in data 30 ottobre 2009 la sentenza della Corte di Cassazione, IV sez. penale, n. 41819,  con la quale è stata irrevocabilmente e definitivamente  confermata la condanna dell’attuale Sindaco di Verona Tosi e di altri esponenti della Lega Nord di Verona per il delitto  di “propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio etnico o razziale” (art. 3 lett. a legge n. 654/1975 e succ. modifiche, c.d. “legge Mancino”), alla pena di due mesi di reclusione ed alla sanzione accessoria del divieto di svolgere attività di propaganda elettorale per anni tre, condizionalmente sospese, nonché al risarcimento dei danni alle parti civili costituite, oltre alle spese processuali. La condanna è riferita alla campagna politica discriminatoria condotta dagli imputati nei confronti delle popolazioni Rom e Sinti e volta ad ottenerne l’allontanamento dalla città di Verona.

La Corte di Cassazione ha così respinto il ricorso presentato dagli imputati contro la sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Venezia il 20 ottobre 2008. Nella motivazione della sentenza, la Suprema Corte ha ritenuto di confermare la sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Venezia perché quest’ultima “ha dato compiutamente conto del proprio convincimento relativamente alla ritenuta sussistenza della condotta discriminatoria degli imputati nei confronti degli zingari”, indicando gli elementi di prova circostanziali dai quali si poteva concludere che l’intendimento dei manifesti affissi dagli imputati non era il ripristino della legalità  quanto l’allontanamento di tutti gli zingari (il contenuto dei manifesti, i toni della campagna politica, le dichiarazioni rese alla stampa, l’affissione dei manifesti anche fuori dal territorio della città di Verona), con ciò sussistendo l’elemento psicologico del reato (dolo generico).

 

Corte di Cassazione, IV sez. penale, sentenza n. 41819/09 dd. 30 ottobre 2009

 

Il comunicato degli avv. Lorenzo Picotti e Federica Panizzo,  rappresentanti delle parti civili

 

 

 

DIRITTI SOCIALI

Nuova pronuncia della Corte Costituzionale sull'accesso degli stranieri regolarmente soggiornanti alle prestazioni economiche di assistenza sociale. L'indennità di frequenza di cui alla legge n. 289/90 va erogata a tutti i minori stranieri invalidi regolarmente soggiornanti e non solo a quelli titolari di carta di soggiorno.

 

L'ordinanza della Corte costituzionale n. 285/2009 estende implicitamente a tutti gli stranieri extracomunitari regolarmente soggiornanti anche l'indennità di frequenza prevista dalla legge 11 ottobre 1990, n. 289 a favore dei minori  che presentano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età. Nell'ordinanza, la Corte  riafferma i principi già enunciati nelle precedenti pronunce  (n. 306/2008 e n. 11/2009), secondo le quali  le  prestazioni assistenziali che presuppongono  gravi infermità mirano a realizzare il diritto alla salute quale diritto umano fondamentale. Di conseguenza, la subordinazione  dell'attribuzione di tali prestazioni a requisiti di soggiorno che richiedono per il rilascio la titolarità di un reddito, quali quelli previsti per il permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti,  viene ad introdurre discriminazioni incompatibili con le norme costituzionali e di diritto internazionale attinenti al sistema internazionale dei diritti umani fondamentali, come tali spettanti a tutti, cittadini e stranieri.  Tale principio di parità di trattamento ha una valenza ulteriore nell'ordinamento italiano  dopo l'entrata in vigore della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, siglata a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata con la legge 3 marzo 2009, n. 18. La Convenzione infatti afferma il principio dell'universalità dei diritti spettanti a tutte le persone con disabilità, senza discriminazioni, qualunque ne sia il loro fondamento (art. 5 Convenzione),  con particolare riferimento ed attenzione verso i minori con disabilità (art. 7)

L'indennità di frequenza è prevista dalla legge 11 ottobre 1990, n. 289 a favore dei mutilati ed invalidi civili minori di anni 18, cui siano riconosciute dalle apposite commissioni difficoltà persistenti a svolgere compiti e funzioni della propria età, nonché ai minori ipoacustici che presentino una perdita uditiva significativa che richieda trattamenti riabilitativi o terapeutici significativi. L'indennità di frequenza è incompatibile con qualsiasi forma di ricovero e non è concessa ai minori che già beneficiano dell'indennità di accompagnamento di cui alla legge n. 406/1968, alla legge n. 18/1980, alla legge n. 508/1988, nonché ai minori beneficiari delle speciali indennità in favore dei ciechi civili parziali o dell'indennità di comunicazione in favore dei sordi perlinguali. In tali casi l'interessato può optare per il trattamento più favorevole.

Il testo integrale dell'ordinanza della Corte Costituzionale n. 285 dd. 2 novembre 2009

 

 

DIRITTI CIVILI (Rom e Sinti)

Consiglio di Stato: legittima la delibera del Comune di Venezia relativa al progetto per la realizzazione del nuovo villaggio per i Sinti

 

Il progetto del Comune di assegnare ai Sinti un’area residenziale dotata di unità immobiliari stabili corrisponde ai requisiti fissati dal Comitato europeo per i diritti sociali per favorire l’accesso delle popolazioni rom e sinti all'abitazione.

 

Con un'apprezzabile argomentazione, il Consiglio di Stato afferma che l’espressione utilizzata dalla variante al  Piano regolatore regionale del Veneto relativa alla creazione di un "campo nomadi" in ottemperanza alla legge regionale  n. 54/1989 non può riferirsi unicamente alla creazione di un campo di sosta dotato delle sole attrezzature essenziali, bensì può legittimamente concretizzarsi nella realizzazione di un'area strutturata con piccole unità immobiliari stabili con le necessarie opere di urbanizzazione ed i servizi indispensabili in grado di favorire la tendenza alla stanzialità delle popolazioni Sinti. Ugualmente il Consiglio di Stato ritiene doverosa tale impostazione del Comune di Venezia  a fronte della specifica decisione del  Comitato europeo per i diritti sociali (decisione del 7 dicembre 2005 sul reclamo n. 27/2004 presentato dall' European Roma Rights Center ) che ha affermato nei confronti dell'Italia l'obbligo di favorire l'accesso dei nomadi alle abitazioni pubbliche.

La decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 6866 dd. 4 novembre 2009

 

 

DIRITTO ANTI-DISCRIMINATORIO

 

 Il Tribunale di Rimini: "Gli stranieri possono accedere ai concorsi pubblici"

 Accolto in sede cautelare il ricorso di una cittadina albanese contro la decisione dell'Azienda Sanitaria di escluderla dalla graduatoria di un concorso pubblico per operatori socio-sanitari.

 

Il Tribunale di Rimini accoglie un ricorso della FP Cgil e obbliga l'Ausl ad assumere con contratto a tempo indeterminato una lavoratrice albanese considerando discriminatoria la sua esclusione da una procedura concorsuale per l'assunzione di n. 5 operatori socio sanitari.


L'ordinanza cautelare  è stata pronunciata dal giudice del lavoro di Rimini, su ricorso promosso dalla cittadina albanese con il sostegno della CGIL funzione pubblica di Rimini, mediante l'azione civile anti-discriminazione di cui all'art. 44 del d.lgs. n. 286/98. Nell'ordinanza il giudice afferma l'esistenza del fumus boni iuris del ricorso in quanto l'accesso all'occupazione dovrebbe essere garantito per gli stranieri allo stesso modo di quanto previsto per i cittadini italiani , salvo le attività lavorative che comportino esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri.
Poichè la qualifica di operatore socio-sanitario non rientra tra quelle per le quali sia imprescindibile il requisito della cittadinanza italiana (D.P.C.M. n. 174/94), il ricorso è stato accolto in sede cautelare.
Nell'ordinanza il giudice ha fatto riferimento alla precedente giurisprudenza favorevole all'accesso al pubblico impiego degli stranieri di paesi terzi non membri dell'Unione Europea (in particolare Corte di Appello di Firenze 21.12.2005, n. 415) e ha sottolineato implicitamente l'irragionevolezza dell'esclusione della ricorrente dalla graduatoria per una posizione lavorativa, quella di operatore socio-sanitario, presso la quale era già impiegata dalla medesima Azienda sanitaria locale con un rapporto di lavoro a tempo determinato. L'Azienda Sanitaria locale è stata condannata al pagamento delle spese legali e processuali.

L'ordinanza del Tribunale di Rimini

 

 

 

 

CITTADINANZA

 

Prima pronuncia giurisprudenziale in materia di trasmissione di cittadinanza ai figli minori (art. 14 L. n. 91/92)

 La Corte di Appello di Salerno afferma che il cittadino straniero che acquista la cittadinanza italiana la trasmette anche al figlio minore, sebbene non conviva più fisicamente con esso a seguito di separazione, purchè continui a sussistere l’esercizio della potestà genitoriale.

 

Prima pronuncia giurisprudenziale sull'applicazione dell'art. 14 della legge sulla  cittadinanza italiana (l. n. 91/92), in materia di acquisto della cittadinanza italiana per comunicazione ("I figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza").

In questi anni, si erano registrati diversi casi in cui gli ufficiali di stato civile, di concerto con il Ministero dell'Interno,  non avevano ritenuto possibile estendere l'acquisto della cittadinanza italiana anche al figlio minore del genitore separato che acquistava la cittadinanza italiana (ad es, per naturalizzazione). Questo nei casi in cui  il neo cittadino italiano non era un il  genitore affidatario, e dunque  non conviveva con il figlio, ma, pur conservando la potestà genitoriale,  risultava  titolare soltanto di un diritto di visita, ovvero pur essendo titolare di un affido condiviso con l'altro genitore, era presso quest'ultimo che il figlio veniva a risiedere anagraficamente.

Il giudice di appello di Salerno ha ritenuto illegittima tale interpretazione della norma di cui all'art. 14 della legge n. 91/92, sostenendo che il criterio della convivenza debba essere interpretato estensivamente, non come mera convivenza "fisica" bensì come "continuità di uno stabile rapporto familiare", che, dunque, non viene meno con la separazione giudiziale o quella consensuale omologata dal tribunale, quando il genitore "continui ad esercitare la sua potestà nelle forme di legge, così assicurando l'effettiva sussistenza del vincolo morale e spirituale normalmente rinvenibile nel rapporto tra genitore e figlio, quale presupposto evidente per la trasmissione al secondo dell'inserimento del primo nel contesto nazionale sancito in virtù della conseguita cittadinanza".   Il genitore separato, sebbene non affidatario del minore a seguito di separazione giudiziale o provvedimento di separazione consensuale omologato dal tribunale, continua ad esercitare la potestà genitoriale, sebbene secondo mutate concrete modalità di estrinsecazione. Di conseguenza, ad avviso del collegio giudicante di Salerno, la persistenza della frequentazione del figlio, in base all'esercizio del diritto di visita sancito dal provvedimento di separazione, integra "i presupposti e gli estremi per l'applicazione della normativa" di cui all'art. 14 della legge n. 91/92, con conseguente diritto del figlio di ottenere l'acquisto della cittadinanza italiana.

Il collegio giudicante di Salerno ha dunque dichiarato la sussistenza del diritto dell'interessato, nel frattempo divenuto maggiorenne, di vedersi riconoscere la cittadinanza italiana ed ha ordinato all'ufficiale di stato civile di provvedere di conseguenza.

Il precedente giurisprudenziale è stato originato dal ricorso presentato da un cittadino straniero, figlio di padre libanese e madre egiziana, separati giudizialmente e che era stato affidato alla madre, con diritto di visita da parte del padre, il quale, successivamente alla separazione, aveva acquistato la cittadinanza italiana per naturalizzazione durante la minore età del figlio.

Il testo della decreto della Corte di Appello di Salerno dd. 20 agosto 2009 n. 32

News nel  sito web della rete G2- Seconde generazioni

 

 

DIRITTO DI FAMIGLIA

 

Sentenza della Cassazione sui conflitti di giurisdizione nei procedimenti per la modifica delle condizioni di affido dei minori e a seguito di sottrazione internazionale illecita dei minori.  Ribadito anche il principio per cui l’audizione dei minori  è necessaria anche nei procedimenti relativi alla sottrazione internazionale dei minori,  in ottemperanza ad obblighi internazionali.

 

La Corte di Cassazione, a sezioni unite, interviene sulla materia dei conflitti di giurisdizione nei procedimenti di affidamento e modifica delle condizioni di affido dei minori anche a seguito di sottrazione illecita dei minori e loro trasferimento all’estero.

La Suprema Corte ribadisce e chiarisce dunque il quadro normativo risultante dal Regolamento comunitario 27 novembre 2003 n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale.

In particolare, la Suprema Corte ricorda che  in base all’art. 8 del Regolamento CE n. 2201 del 2003, il criterio di giurisdizione tra autorità giurisdizionali di Stati membri dell’U.E. in ordine a decisioni sull’affido e sul diritto di visita è quello della residenza abituale del  figlio. L’art. 9 del Regolamento CE stabilisce il principio di ultraattività della preesistente residenza abituale del minore, nel caso di trasferimento lecito di uno dei coniugi con i figli in altro Stato membro dell’Unione europea, per cui permane la giurisdizione del precedente Stato di residenza per i successivi tre mesi dal trasferimento, salvo il diverso consenso delle parti. L’art. 10 del Regolamento  estende il periodo di ultra attività della preesistente residenza abituale del minore nei casi di trasferimento illecito del  minore e suo mancato rientro. Tale termine viene infatti esteso ad un anno a decorrere dalla data in cui il genitore cui il minore sia stato sottratto ha avuto conoscenza o avrebbe dovuto avere conoscenza del luogo di nuova residenza del minore. In base a tali regole  dunque deve essere risolta la questione della giurisdizione delle decisioni di affido e visita del minore in caso di istanze multiple presentate dai genitori dinanzi a tribunali in seno a paesi diversi dell’Unione Europea . In virtù delle norme sulla litispendenza e connessione, di cui agli art. 19 e 20 del Regolamento comunitario, dunque, l’autorità giurisdizionale adita, preso atto di un’istanza precedentemente depositata presso altro tribunale estero, deve sospendere il procedimento fintantoché l’autorità giudiziaria estera si pronunci sulla  propria competenza, salva la possibilità di emanare provvedimenti cautelari e di urgenza, riferiti alla presenza dei minori entro il territorio nazionale.

La Corte di Cassazione ha ulteriormente ribadito, inoltre, che costituisce  una  sottrazione illecita internazionale di minore,  punibile anche penalmente, anche il caso in cui sia il genitore affidatario a trasferire all’estero il figlio senza il consenso dell’altro genitore che sia titolare di un diritto di visita, ma solo qualora  la mobilità internazionale e mutabilità della residenza abituale dei figli  sia stata convenzionalmente  esclusa dai coniugi nelle condizioni concordate della separazione (Cass. 2 luglio 2007, n. 14960, 14 luglio 2006 n. 16092, 5 maggio 2006 n. 10374).

 

Pertanto, nella situazione specifica di un figlio affidato alla madre finlandese con diritto di visita del padre, cittadino italiano, e poi illecitamente trasferito in Finlandia dalla madre, la Corte di Appello di Rieti ha correttamente affermato la propria giurisdizione in materia di decisioni sulla modifica delle condizioni di affido, così come giustamente il Tribunale di Helsinki ha affermato la propria competenza solo in relazione alle decisioni d’urgenza volte a garantire il diritto di visita del padre durante la presenza dei figli in Finlandia.

 

 La Corte di Cassazione ha invece accolto il ricorso della cittadina finlandese nella parte in cui ella lamentava la mancata audizione dei minori da parte dell’autorità giudiziaria italiana, che quest’ultima aveva giustificato  in quanto non imposta per legge, in ragione del carattere urgente e meramente ripristinatorio della situazione precedente all’illecito trasferimento,  proprio del procedimento giudiziario.

La Suprema Corte ha quindi accolto il ricorso anche in considerazione della vigenza di norme di rango sovranazionale, quali l’art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 1991 e l’art. 6 della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del fanciullo del 1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003, che esclude l’audizione dei minori nei procedimenti giudiziari che li riguardano ed in ordine al loro affidamento solo nei casi in cui possa arrecare loro danno (Cassazione 16 aprile 2007 n. 9094) ovvero, in ragione dell’ età del minore medesimo o di altre comprovate ragioni, vi sia assenza di discernimento dei medesimi.

 

Nota a cura di Walter Citti, segreteria organizzativa ASGI

 

 

Corte di Cassazione, SS.UU. Civili, sentenza n. 22238 del 21 ottobre 2009

 

 

 

 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA

 

1. Corte di giustizia delle Comunità europee: la mancanza di requisiti del soggiorno non obbliga lo Stato all'espulsione (Corte di Giustizia europea, sentenza 22 ottobre 2009, casi C-261/08 e 348/08).

 

Uno Stato membro ha la possibilità, ma non l’obbligo, di espellere un cittadino non comunitario che non soddisfa le condizioni relative alla durata del soggiorno applicabili in tale Stato.

 

La Corte dichiara che la Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen  e il codice delle frontiere Schengen devono essere interpretati nel senso che, quando un cittadino di un paese terzo si trova in situazione irregolare nel territorio di uno Stato membro perché non ha mai soddisfatto o non soddisfa più le condizioni relative alla durata del soggiorno ivi applicabili, tale Stato membro non è obbligato ad adottare una decisione di espulsione nei suoi confronti.


La sentenza

Si ringrazia Nazzarena Zorzella per la segnalazione.

 

2. L’Accordo di Associazione tra CEE e Turchia impedisce ad uno Stato membro di imporre diritti di natura amministrativa per il rilascio od il rinnovo del permesso di soggiorno che siano sproporzionati rispetto a quelli richiesti ai cittadini comunitari.

Una sentenza della Corte di Giustizia europea afferma che  i Paesi Bassi, introducendo nella propria legislazione sugli stranieri  il pagamento di un contributo pari a euro 169 per la valutazione dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, hanno violato la clausola di  standstill” di cui all’art. 13 della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione CEE-Turchia, che prevede che gli Stati membri e la Turchia non possono introdurre, successivamente al  1 dicembre 1980, data di sua entrata in vigore, nuove restrizioni sulle condizioni di accesso all’occupazione dei lavoratori e dei loro familiari che si trovino sui loro rispettivi territori in situazione regolare. Secondo la Corte di Giustizia europea, l’importo del contributo richiesto da un paese membro ai fini del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno di un cittadino turco, se è sproporzionato rispetto a quello richiesto, in circostanze analoghe, ad un cittadino comunitario, costituisce un’indebita  restrizione alle condizioni di accesso all’occupazione del lavoratore migrante  turco medesimo.

Sono ovvie le implicazioni di detta sentenza della Corte europea rispetto alla normativa introdotta dall’art.1 c. 22  lett. b) della legge n. 94/2009 che, introducendo l’art. 5 comma 2 ter del d.lgs. n. 286/98, ha  stabilito l’obbligo a carico dello straniero extracomunitario che intenda richiedere il rilascio od il rinnovo del permesso di soggiorno del pagamento di un contributo, di un importo variabile da  un minimo di 80 ed un massimo di 200 euro, secondo quanto verrà stabilito da un apposito decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dell’Interno ( a tale contributo  non vengono assoggettati i permessi di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria e per motivi umanitari). E’ ovvio che il Ministero dell’Economia e delle Finanze dovrà, in sede di decreto attuativo,  tenere conto della sentenza della Corte di Giustizia europea, prevedendo perlomeno  condizioni più favorevoli per i cittadini di nazionalità turca.

Più in generale, è opportuno rimarcare come i giudici della corte europea sottolineino il carattere irragionevole dell’imposizione di contributi amministrativi sproporzionatamente maggiori per il rilascio od il rinnovo dei permessi di soggiorno dei cittadini turchi rispetto a quanto previsto per i cittadini comunitari, proprio in quanto i periodi di validità dei titoli di soggiorno dei primi sono di norma più brevi di quelli previsti per i secondi e dunque i cittadini di paesi terzi sono costretti a sollecitarne il rinnovo più spesso dei cittadini comunitari, senza che la valutazione dei requisiti per il rinnovo dei titoli di soggiorno dei primi sia così eccessivamente più onerosa della valutazione dei secondi. Considerazioni di ragionevolezza ed equità che ben potrebbero estendersi alla generalità dei lavoratori di paesi terzi non membri dell’Unione Europea.

Ulteriormente, la sentenza della Corte di Giustizia ricorda che in virtù della sua consolidata giurisprudenza, l’art. 13 della decisione n. 1/80 è norma di immediata applicazione negli ordinamenti interni degli Stati membri e deve dunque comportare l’automatica disapplicazione di qualsiasi normativa interna successiva al 1 dicembre 1980 che imponga nuove restrizioni sulle condizioni di accesso all’occupazione dei lavoratori turchi  in situazione regolare. Pertanto, alla luce di questo, si dovrebbe concludere che le nuove restrizioni introdotte dalla legge “Bossi-Fini” all’accesso al lavoro  degli stranieri extracomunitari regolari, tra cui l’istituto del “contratto di soggiorno” e il conseguente  requisito dell’idoneità abitativa, siano illegittime se applicate nei confronti dei lavoratori di nazionalità turca, in quanto in contrasto con la normativa comunitaria  collegata agli Accordi di Associazione CEE-Turchia.

 

Corte di Giustizia europea, sez. I, sentenza 17 settembre 2009, Caso C-242/06.

 

 

 

GIURISPRUDENZA EUROPEA

 

 

La Corte europea di Strasburgo: "L'esibizione del crocifisso nelle scuole e nelle altre istituzioni pubbliche italiane viola la libertà religiosa"

 

Storica sentenza pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo a favore della laicità dello Stato (sentenza Lautsi c. Italia)

 

L'esibizione obbligatoria del simbolo di una data confessione religiosa, quale il crocefisso, nelle sedi di istituzioni pubbliche e specialmente nelle classi scolastiche, restringe illegittimamente il diritto dei genitori ad educare i loro figli secondo le proprie convinzioni ed il diritto dei fanciulli ad avere o meno un credo religioso. Di conseguenza, all'unanimità, la Corte europea dei diritti dell'Uomo ha concluso che l'esibizione del crocifisso nelle aule scolastiche viola l'art. 2 del Protocollo n. 1 unitamente all'art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo.

 

La Corte europea dei diritti dell'Uomo ha sostenuto nella sentenza che  il diritto a non credere in alcuna religione è incluso nel diritto alla libertà religiosa  garantito dall'art. 9 della CEDU. Tale diritto a essere libero di non credere in alcuna religione deve estendersi non solo alla libertà di non partecipare all'educazione religiosa o ai rituali religiosi, ma deve includere anche la questione dei simboli e dei precetti religiosi, soprattutto se tali simboli o precetti religiosi sono promossi ed esibiti dalle istituzioni statuali e l'individuo è posto in una situazione nella quale non può evitarli o può farlo solo a fronte di sforzi e sacrifici sproporzionati.  La Corte ha affermato che lo Stato italiano doveva osservare una neutralità confessionale nel contesto dell'educazione pubblica obbligatoria, la quale  ha lo scopo di sviluppare nei giovani uno spirito critico e pluralista.  L'esibizione del crocifisso, quale simbolo ragionevolmente associato con il Cattolicesimo,  non appare giustificato dalla Corte di Strasburgo in base ai principi del pluralismo educativo necessario alla preservazione di un ordine democratico e che costituisce anche un principio fondamentale nella giurisprudenza costituzionale italiana. Per tali ragioni, la Corte di Strasburgo ha affermato che l'esibizione del crocifisso nelle aule scolastiche e, più in generale,  negli uffici pubblici costituisce una violazione della libertà religiosa di cui all'art. 9 della Convenzione europea.

 

Il sito ufficiale della CEDU con il comunicato stampa della Corte in lingua inglese e la sentenza in lingua francese (Caso Lautsi c. Italia, n. 30814/06)

 

 

 

 

 

 

 

 

ATTIVITA’ ASGI

 

Esposto ASGI alla Commissione europea in materia di accesso degli stranieri al pubblico impiego

 

L'ASGI denuncia il mancato adempimento da parte dell'Italia alle norme comunitarie in materia di accesso all'esercizio di attività lavorative a parità di condizioni con i nazionali a favore dei famigliari di cittadini comunitari, dei rifugiati politici e dei titolari della protezione sussidiaria

 

Il testo dell'esposto inoltrato  dall'ASGI alla Commissione europea  

L'ASGI invia un esposto alla Commissione europea denunciando il  mancato adempimento da parte dell'Italia agli obblighi scaturenti dalle   norme del diritto comunitario in materia di accesso agli impieghi pubblici dei cittadini di paesi terzi non appartenenti all'Unione Europea famigliari di cittadini dell'Unione Europea regolarmente soggiornanti in Italia e  dei rifugiati politici e dei titolari della protezione sussidiaria (Art. 23 direttiva n. 2004/38/CE e art. 26 direttiva n. 2004/83)

Nell'esposto, l'ASGI sottolinea che l'Italia ha recepito nel diritto interno gli obblighi comunitari conseguenti agli art. 23 e 24 della direttiva n. 2004/38/CE e all'art. 26 della direttiva n. 2004/83 in materia di parità di trattamento nell'accesso all'esercizio di attività economiche autonome o subordinate rispettivamente per i  cittadini di paesi terzi non appartenenti all'Unione Europea familiari di cittadini dell'Unione Europea regolarmente soggiornanti in Italia e  per i  rifugiati politici, ma nella prassi non ottempera e disattende a  tali obblighi. Nei concorsi pubblici indetti tanto dalle Amministrazioni centrali dello Stato quanto da quelle regionali e dagli enti locali, si fa quasi sempre riferimento al requisito della cittadinanza italiana o di uno degli Stati membri dell'Unione europea.

L'ASGI sottolinea inoltre che  il legislatore italiano, nel recepire la direttiva europea n. 2004/83/CE, non ha ottemperato integralmente agli obblighi scaturenti dall'art. 26 c. 3, escludendo i beneficiari della protezione sussidiaria dai rapporti di lavoro nella Pubblica Amministrazione.

Conseguentemente, l'ASGI chiede alla Commissione europea, sussistendone i presupposti, di avviare il procedimento di infrazione a carico della Repubblica Italiana per violazione degli obblighi comunitari.

  Si rammenta, peraltro, che l'art. 23 del d.lgs. n. 30/2007 prevede l'estensione delle norme previste dal decreto attuativo della direttiva europea  in materia di libera circolazione dei cittadini comunitari e loro famigliari anche ai famigliari di cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana. Tale norma deve intendersi quale espressione del divieto di "discriminazioni a rovescio". Con due importanti sentenze, la Corte Costituzionale ha infatti stabilito che, in caso di deteriore trattamento della situazione puramente interna rispetto a quella applicabile all'omologa situazione disciplinata dal diritto comunitario, alla luce del principio costituzionale di eguaglianza, la posizione soggettiva garantita dal diritto comunitario sarà l'elemento su cui misurare anche la disciplina riservata alla situazione nazionale (Corte Costituzionale, sent. 16.06.1995, n. 249; Corte Cost., sent. 30.12.1997, n. 443). In altri termini il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione vieta le "discriminazioni a rovescio", quelle cioè che si verificherebbero in danno del cittadino italiano quando, per effetto di una norma comunitaria, una persona o un soggetto comunitario godrebbe in Italia di un trattamento più favorevole di quello previsto in una situazione analoga per il cittadino o soggetto nazionale in virtù della norma di diritto interno. In sostanza, la ratio dell'art. 23 del d.lgs n. 30/2007 sembra essere quella di evitare che il famigliare del cittadino comunitario goda di un trattamento più favorevole rispetto al famigliare del cittadino italiano, con evidente pregiudizio anche per quest'ultimo, visto che la famiglia è certamente uno degli ambiti più rilevanti per l'affermazione della propria personalità. Dal significato  letterale della norma  ne deriverebbe un'interpretazione della equiparazione della condizione dei famigliari dei cittadini italiani a quella dei famigliari di cittadini comunitari estensibile a tutte le disposizioni contenute nel decreto di recepimento della normativa comunitario e non solo a quelle in materia di soggiorno. Pertanto, anche i famigliari dei cittadini italiani godrebbero del principio di parità di trattamento nell'accesso alle attività lavorative, salvo quelle attività escluse ai cittadini dell'Unione europea conformemente alla normativa comunitaria. Ne conseguirebbe il diritto all'estensione anche ai famigliari extracomunitari di cittadini italiani dell'accesso al pubblico impiego fatte salve le limitazioni di cui al D.P.C.M. n. 174/1994, per effetto della combinata applicazione del diritto comunitario e del divieto costituzionale di "discriminazione a rovescio"

Ugualmente, l'ASGI ricorda la prevalente  giurisprudenza di merito che negli ultimi anni  ha affermato l'illegittimità in generale  dell'esclusione  dei cittadini extracomunitari dagli impieghi pubblici, e la necessità invece di una loro parificazione ai cittadini italiani, con le uniche eccezioni previste per quegli impieghi che implicano l'esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri ovvero attengono alla tutela dell'interesse nazionale.

Questo in ragione innanzitutto del carattere sovraordinato della norma in materia di parità di trattamento nell'accesso al lavoro di cui alla Convenzione O.I.L. n. 143/1975, pienamente recepita nel nostro ordinamento con l'art. 2 c. 3 del T.U. immigrazione. Si veda un  elenco per nulla esaustivo di decisioni giurisprudenziali:

§                   - Tribunale di Rimini, ord. 27 ottobre 2009, n. 705/2009

§                   - Tribunale di Parma, ord. 13 maggio 2009, est. Vezzosi

§                   - Tribunale di Parma, 5 maggio 2009, est. Dallacasa

§                   - Trib.Milano 30.5.08 in D&L, 2008, 729. confermata in sede di reclamo

§                   - Bologna 7.9.07, (ord.) est. Borgo, XX c. Alma Mater Studiorum - Università di Bologna;

§                   - Trib.Perugia 6.12.2006 est. Crisciuolo, XX c. ASL Perugia;

§                   - Trib.Imperia 12.9.06 est. Favalli, AB c. ASL 1 Imperiese

§                   - Trib.Firenze 14.1.06 est. Delle Vergini YY c.Università degli Studi di Firenze

§                   - Corte di Appello Firenze, ord. 21.12.2005, n. 415

§                   - Trib.Genova, 21.4.04 est. Mazza Galanti ZZ c. ASL 3 Genova

§                   - Corte Appello Firenze, ord. 2.7.02 n.281, XX c. Azienda Ospedaliera Pisana

§                   - TAR Liguria, 13.4.2001, pres. Balba, est. Sapone, RO c. Ente Ospedaliero

 

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NOTIZIE

 

1. Emilia Romagna : sospendere i respingimenti

 L'Assemblea legislativa ha approvato a maggioranza una risoluzione in cui invita il Governo a sospendere i respingimenti e a chiarirne le basi giuridiche.

 

Nel documento l'Assemblea legislativa dell'Emilia Romagna  invita il Governo Italiano a sospendere la pratica dei "respingimenti", finché non avrà fornito in modo chiaro ed inequivocabile le basi giuridiche, del diritto interno e del diritto internazionale, che legittimano i respingimenti in mare, le modalità concrete con cui esse sono messi in atto, le procedure poste in essere, oltre a rendere noti i contenuti degli accordi Italia-Libia non pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.

Si invita inoltre il Governo Italiano ad adoperarsi per prestare soccorso a tutte le persone migranti stremate sui barconi, e a verificare, successivamente, quali di questi abbiano o meno il diritto di asilo o di accoglienza nel nostro Stato e quali invece dovranno essere espulsi. Il documento, infine, chiede al Governo di adoperarsi nei confronti di questi esseri umani in modo rispettoso della vita e della dignità delle persone, come da tradizione del nostro Paese, nonché a rispettare le norme che regolano i rapporti internazionali in materia di respingimenti ed asilo.

 

La risoluzione adottata il 27 ottobre 2009

 

Si ringrazia Nazzarena Zorzella per la segnalazione .

 

 

2. Brescia: Il Comune si adegua alle decisioni della magistratura e pagherà il bonus bebè a tutti, italiani e stranieri.

 

Tuttavia il Comune non rinuncia alla battaglia legale e intende ricorrere in Cassazione dopo le cinque decisioni dei giudici di Brescia che hanno ritenuto i provvedimenti sul bonus bebè discriminatori e ritorsivi. Le dichiarazioni di ASGI e CGIL.

 

Il Comune di Brescia finalmente si adegua alla decisioni della magistratura e pagherà il bonus bebè a tutti: cittadini italiani e stranieri.

 

Il comune di Brescia pagherà il bonus bebé a tutti i neo genitori che l'hanno richiesto, siano essi italiani o immigrati; si tratta di 1067 famiglie, di cui 675 italiane e 392 composte da genitori stranieri che riceveranno quindi 1000 euro di sostegno (leggi qui).
"Non poteva fare altrimenti", ha valutato nel corso di una conferenza stampa Damiano Galletti, della segreteria della Camera del Lavoro di Brescia, "perché ci sono cinque sentenze (ecco l'articolo), derivanti dalla vertenza legale da noi aperta con il sostegno di legali dell'Asgi (Associazioni Studi Giuridici sull'Immigrazione), che hanno confermato il carattere discriminatorio del provvedimento che voleva concedere il bonus solo ai genitori italiani".
La Cgil è quindi soddisfatta, "ma resta un elemento di forte criticità", ha proseguito Galletti, " cioè la decisione del comune di riservarsi di chiedere la restituzione dei mille euro del bonus qualora ci fosse un ribaltamento legale". L'amministrazione infatti intende proseguire la battaglia fino al Consiglio di Stato, nonostante i cinque pronunciamenti negativi fin qui ottenuti dai magistrati.
"Una scelta poco sensata", ha commentato l'avvocato Alberto Guariso, che ha seguito la vicenda, "dato che lo stato attuale della questione si articola in due filoni": il primo è quello contro la delibera comunale del 21 novembre, che voleva escludere dal bonus i figli di immigrati e che ha visto esaurirsi tutti i gradi di giudizio con il pronunciamento contro il comune.
Questo è quindi il filone concluso, mentre resta aperto quello riferito alla delibera che l'amministrazione ha fatto per ritirare il bonus per tutti.

In questo caso Cgil e Asgi si sono opposti adducendo la motivazione giuridica della ritorsione, il giudice ha accolto la loro istanza, e allora il comune ha proposto il regolamento di giurisdizione, cioè ha chiesto alla Cassazione di decidere quale giudice è competente per questa vicenda, se quello amministrativo o se quello civile.

Questa mossa ha sospeso tutto fino al pronunciamento della Cassazione, che però avverrà tra almeno un anno, secondo le previsioni dell'avvocato Guariso. I tempi, sempre secondo il legale, si allungheranno ancora per il nuovo iter giudiziario. Si rischia quindi che solo tra tre o quattro anni ci sia una conclusione definitiva. "A questo punto" si è chiesto Guariso "che senso ha procedere su questa strada? Non è meglio che il comune si interroghi su quali criteri selettivi l'ente locale debba adottare un quando si tratta di bisogno sociale? ". Insomma l'avvocato ha concluso suggerendo di lasciar perdere "questioni che appassionano noi azzeccagarbugli ma che politicamente e non solo sono un po' ridicole".

 

(tratto da QuiBrescia)


Tribunale di Brescia, ordinanza del 26 gennaio 2009 n. 335

Tribunale di Brescia, ordinanza del 20 febbraio 2009

Tribunale di Brescia, ordinanza del 27 maggio 2009  

 

3. Commissione Ue : sotto esame l' ordinanza comunale di Azzano Decimo

 Richiesti chiarimenti anche alla regione Friuli Venezia Giulia prima dell'apertura di una procedura d'infrazione per contrasto con la normativa dell'Unione europea dell'ordinanza che stabilisce un reddito minimo per l'accesso degli stranieri ai benefici sociali

 

Con tale ordinanza, il Sindaco di Azzano Decimo aveva disposto l’esclusione dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti dagli interventi di assistenza sociale erogabili dalla propria amministrazione, con l’ulteriore indicazione al proprio personale competente di provvedere alla segnalazione all’autorità di pubblica sicurezza di eventuali richieste di assistenza presentate da cittadini stranieri in stato di bisogno, ai fini dell’avvio di eventuali provvedimenti espulsivi o di allontanamento dal territorio nazionale.

Dopo l'entrata in vigore dell'ordinanza, una lettera  era stata inviata dalla Commissione europea alla Regione Friuli Venezia Giulia e al Comune di Azzano Decimo.
Spiega l'assessore regionale alla sanita'  del Friuli Venezia Giulia Kosic: «Abbiamo ricevuto una sollecitazione dagli uffici di Bruxelles, i quali, prima di avviare una eventuale procedura di infrazione, ci hanno chiesto di avere chiarimenti rispetto le spiegazioni date dal sindaco di Azzano X, ritenute non soddisfacenti».

«La Giunta - ha aggiunto Kosic - ha deciso quindi di sollecitare il sindaco a fornire risposte più "sostanziose" dal punto di vista giuridico affinché siano coerenti con l'Ue». La Giunta poteva seguire tre strade: "Esercitare il potere sostitutivo, vale a dire con un commissariamento ad acta, e non era il caso. Poteva inoltrare all'Ue quanto già oggi da noi in possesso. Invece, molto responsabilmente, ha deciso di invitare il sindaco a fornire delle motivazioni più precise a sostegno del provvedimento emanato».L’ordinanza stabilisce di segnalare alla questura gli stranieri con regolare documento di soggiorno che si rivolgano ai servizi socio-assistenziali per chiedere sussidi o assistenza sanitaria perché «l’incapacità di mantenersi è incompatibile con i requisiti per il diritto a soggiornare in Italia».


L'ASGI aveva inviato una lettera sui profili di illegittimità e discriminatori dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Azzano Decimo alle autorità locali, all'UNAR e alla Commissione europea.

Ordinanza n. 4 dd. 23 gennaio 2008 avente per oggetto “l’applicazione della disciplina prevista dalla legge 8 novembre 2000, n. 328 e dalle leggi regionali 31 marzo 2006 e 4 marzo 2005 n. 5 per i cittadini comunitari e loro familiari, cittadini extracomunitari muniti di permesso di soggiorno e cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo” .

 

4. Roma: Costituita l'Associazione degli Imprenditori Stranieri in Italia

 L'associazione si propone di combattere ogni forma di discriminazione su basi nazionali o etnico-razziali nei confronti di chi svolge attività imprenditoriali.

 

 Si è costituita a Roma l'Associazione degli Imprenditori Stranieri in Italia  L'associazione formata da imprenditori di nazionalità straniera, che operano nel nostro paese e da rappresentanti di organizzazioni che si battono per i diritti dei migranti, ha come scopo primario quello di combattere ogni forma di discriminazione nei confronti di chi svolge attività imprenditoriali in ragione della sua provenienza nazionale o per ragioni etniche o razziali.

Il primo passo dell'Associazione -che ha sede in Roma, Via Ettore Giovenale 79 -  sarà quello di costituirsi nel giudizio promosso dall'Associazione Progetto Diritti nei confronti dell'Inps per fare annullare - in quanto discriminatoria nei confronti dei cittadini imprenditori stranieri - la circolare emessa nel mese di febbraio, in cui si afferma che nell'anno in corso "dovrà essere privilegiata l'azione di vigilanza nei confronti delle realtà economiche gestite da minoranze etniche".

La discussione del ricorso, iniziata l’ 11 novembre, davanti al  giudice Anna Mauro della I sezione civile del Tribunale di Roma, proseguirà il prossimo 9 dicembre.

"Obiettivi dell'associazione - dichiarano il Presidente, avvocato Maria Rosaria Damizia, e la coordinatrice, Svetlana Kovalska, cittadina ucraina -  saranno innanzitutto quello di rimuovere ogni ostacolo all'esercizio dell'attività imprenditoriale dovuta all' origine straniera dell'imprenditore, contrastare l'illegalità sul lavoro, combattere ogni forma di usura nei confronti degli imprenditori stranieri, promuovere forme di mutua assistenza e di ricorso agevolato al credito per le imprese straniere, nonché lavorare per la cooperazione tra i soggetti per la creazione di impresa e per forme consortili tra le imprese".

Per contatti tel. 06298777 - 3484906686

 

5. Fastweb risponde all'ASGI: "Nessuna discriminazione verso i cittadini rumeni"

 Fastweb chiarisce definitivamente: la questione relativa alla stipula degli abbonamenti con i cittadini rumeni è stata soltanto il frutto di un fraintendimento generato dall'errore di una singola dipendente locale.

 

La lettera inviata dal responsabile Affari legali di Fastweb ribadisce quanto già dichiarato dai responsabili aziendali a diversi organi di stampa nazionali: non vi è stata nessuna circolare degli uffici responsabili per i rivenditori volta a inibire le vendite di abbonamenti a cittadini rumeni, ma solo l'errore di una dipendente locale, dovuta al verificarsi di numerose truffe ai danni dell'azienda in quell'area. Da tale fatto l'azienda ha preso le distanze.

Fastweb assicura dunque che non sono mai state applicate e mai lo saranno azioni discriminatorie, ma l'azienda  intende  in fase di attivazione dei servizi verificare la solvibilità dei clienti attraverso un sistema di credit-management.


La lettera dell'ufficio affari legali di Fastweb



La lettera inviata dall'ASGI  a Fastweb il 9 ottobre    

 

6. Istigazione al razzismo: condannato vicesindaco

 Quattromila euro di multa e divieto per tre anni di partecipare a comizi politici la condanna al vicesindaco di Treviso per un discorso del 2008.  Cosi' ha deciso il Tribunale di Venezia .

 

Prima del comizio conclusivo della festa delle Lega da parte di Umberto Bossi, il 14 settembre 2008, Gentilini dal palco aveva usato parole  “ offensive " nei confronti dei rom, degli  immigrati che delinquono e sulla possibile realizzazione di moschee. L'accusa, sostenuta dal procuratore della Repubblica Vittorio Borraccetti, aveva chiesto 6mila euro di multa, pari a 1 anno e 5 mesi di reclusione. Il gip Luca Marini ha in parte accolto le richieste del procuratore che aveva indagato Gentilini per propaganda ed istigazione al razzismo.

Il difensore di Gentilini, l'avvocato Luigi Ravagnan del Foro di Venezia, ha già annunciato il ricorso in appello. Per Ravagnan nelle frasi «non c'era nessuna maliziosità contro le razze, bensì il sostegno ad idee ben note del mio assistito finalizzate all'integrazione tra etnie diverse». Per Gentilini le accuse a lui mosse sono state il frutto «di chi è abituato ad andare all'assalto e ad esporsi porgendo il proprio petto mentre qualcuno è pronto a spararmi alle spalle».

Fonte: AGI, corriere della Sera, Gazzettino

7. Servizio europeo d'informazione per i sexworkers

 On line il sito plurilingue per la prevenzione e la protezione della salute dei cittadini migranti che svolgono lavori sessuali. A disposizione gli indirizzi utili in 25 Paesi europei per trovare informazioni sui servizi disponibili e il quadro giuridico in vigore per ogni Stato .

   

http://www.services4sexworkers.eu/

 

Il sito vuole offrire una panoramica di tutti i servizi disponibili per accogliere e orientare le/i sex workers in Europa ed informare gli operatori sui servizi specifici ed il quadro giuridico nei differenti paesi europei.  Il progetto è stato realizzato dal Network Europeo Tampep con il contributo della Commissione Europea nell'ambito del Programma di Salute Pubblica. Uno degli obiettivi dell'Unione Europea è infatti quello di promuove la prevenzione e la protezione della salute di tutte/i i cittadini, anche migranti senza documenti.

Il sito sarà di aiuto a tutte/i quelle persone migranti che, loro malgrado o per libera scelta, svolgono il lavoro sessuale. Inoltre offre la possibilità agli operatori dei molti servizi specifici sulla prostituzione di stare in rete fra loro ed essere informati sui servizi disponibili all'accoglienza nei paesi d'origine.

In Italia il network Tampep è coordinato dal Comitato Per i Diritti Civili delle Prostitute.
Coordinatrice Pia Covre  tel. 0039 0434 551868


http://www.lucciole.org/
 

Newsletter a cura di Walter Citti e Silvia Canciani – Segreteria ASGI

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