ASGI

 

Misure di protezione sociale

 

Scheda pratica a cura di Francesca Nicodemi e Paolo Bonetti  (Aggiornata al 03.09.2009)

 

 

Sommario

 

1. Il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale.

  1.1. Aspetti generali.

  1.2. LĠoccasione: le operazioni di polizia, le indagini o il procedimento penale, gli interventi assistenziali degli enti locali.

  1.3. Tipologie di stranieri assistibili: prostituzione, sfruttamento minorile, sfruttamento lavorativo, accattonaggio.

2. I requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale previsto dallĠart. 18 T.U..

  2.1. In generale.

  2.2. LĠaccertamento delle situazioni di violenza o di grave sfruttamento.

  2.3.  I pericoli (gravi e attuali) per lĠincolumitˆ derivanti dal tentativo di sottrarsi allĠorganizzazione criminale o dalle dichiarazioni rese nelle indagini o nel giudizio.

  2.4. LĠadesione dello straniero ad un determinato programma di assistenza e di integrazione sociale.

3. La procedura di rilascio del permesso di soggiorno.

  3.1. Il doppio binario: il percorso giudiziario ed il  percorso sociale. La proposta o il parere favorevole.

  3.2. Il percorso giudiziario (art. 27 lett. b) D.P.R. 394/99).

  3.3. Il percorso sociale  (art. 27 lett. a) D.P.R. 394/99).

4. Le procedure di rinnovo, conversione e revoca del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale rilasciato ai sensi dellĠart. 18 T.U..

5. LĠapplicabilitˆ delle misure di protezione sociale ai cittadini comunitari.

6. Il programma di assistenza ed integrazione sociale.

  6.1. I programmi previsti dallĠart. 18 T.U. e quelli previsti dallĠart. 13 L. n. 228/2003.

  6.2. I soggetti proponenti e lĠiscrizione nel registro nazionale.

  6.3. La convenzione con lĠente locale e la vigilanza dellĠente locale.

  6.4.Il finanziamento dei programmi.

  6.5. Requisiti ed elementi del progetto. La valutazione della commissione   interministeriale.

7. Il permesso di soggiorno di cui al comma 6Ħ dellĠart. 18 T.U.: il programma di protezione sociale in favore di straniero detenuto che abbia commesso un reato quando era minorenne.

  7.1. I beneficiari: stranieri che abbiano espiato una pena detentiva per aver commesso reati durante la minore etˆ.

  7.2. Gli altri presupposti e i soggetti coinvolti.

8. Il permesso di soggiorno ex art. 18 T.U. in seguito alle norme contenute nella legge 15 luglio 2009 n. 94, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica.

9. La Direttiva 2004/81/CE riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare a cittadini di paesi terzi vittime di tratta di esseri umani o coinvolti in unĠazione di favoreggiamento dellĠimmigrazione illegale che cooperino con le autoritˆ competenti.

       

 

 

     1. Il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale.

 

1.1. Aspetti generali.

 

Il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale costituisce uno strumento di sostegno specifico agli stranieri vittime di reati di violenza o di grave sfruttamento, soprattutto quelli che di per sŽ si trovano in condizione irregolare,  e consiste in uno speciale titolo di soggiorno rilasciato a costoro in deroga ad ogni altra norma per consentire loro di sottrarsi ai pericoli concreti per la loro incolumitˆ e di partecipare ad uno specifico programma di assistenza e di integrazione sociale.

NellĠambito della disciplina dellĠimmigrazione la prima norma che consent“ di rilasciare uno speciale permesso di soggiorno in favore di persone vittime di situazioni di sfruttamento o comunque di gravi reati, fu prevista dal D.L 13 settembre 1996 n. 447, che ha modificato lĠart. 3 del D.L. 30 dicembre 1989 n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990 n. 39.

Si prevedeva che il questore potesse rilasciare uno speciale permesso di soggiorno, qualora nel corso di un procedimento per uno dei reati di cui allĠart. 3 L. 75/1958 (in materia di prostituzione) o di uno dei gravi reati indicati dallĠart. 380 c.p.p., il cittadino non comunitario risultasse esposto ad un grave pericolo per effetto della collaborazione o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini o del giudizio, a condizione che il contributo offerto fosse stato di eccezionale rilevanza per lĠindividuazione e la cattura dei responsabili. Il permesso di soggiorno poteva avere una durata massima di un anno, salvo esigenze processuali o di sicurezza.

Si trattava pertanto di un titolo di soggiorno rilasciato a titolo premiale per chi contribuiva fattivamente allĠattivitˆ repressiva di tali reati sulla scorta della normativa vigente in materia di collaboratori di giustizia e comunque di un autorizzazione a permanere sul territorio di natura transitoria.

Il vigente art. 18 del  testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dellĠimmigrazione, approvato con D. Lgs. n. 286/1998, (di seguito definito ÒT.U.Ó), che ha costituito il passo successivo,  nato su altri presupposti, volti a bilanciare la tutela dei diritti delle vittime di situazioni di grave sfruttamento e lĠesigenza di prevenire e di reprimere i reati, scegliendo tuttavia di privilegiare il primo aspetto: lĠart. 18 T.U. non condiziona la protezione sociale alla collaborazione della vittima con lĠAutoritˆ Giudiziaria e prevedendo il rilascio di un titolo di soggiorno non temporaneo mira a favorire il definitivo inserimento sociale dello straniero vittima di tali situazioni, con ci˜ predisponendo un sistema di protezione completo  ed efficace.

In virt di quanto prevede lĠart. 18 T.U. e di quanto specificano gli artt. 27, 27 e 28 del regolamento di attuazione dello stesso T.U., approvato con D.P.R. n. 394/1999 (di seguito definito Òregolam.Ó) la persona straniera pu˜ ottenere uno speciale permesso di soggiorno ove siano accertate situazioni di violenza o grave sfruttamento nei confronti dello straniero ed emergano concreti pericoli per la sua incolumitˆ dovuti al tentativo di sottrarsi allo sfruttamento stesso ovvero alle dichiarazioni rese nel corso del procedimento penale avviato.

Si prevede che in tali circostanze sia rilasciato un permesso di soggiorno che reca la dicitura Òmotivi umanitariÓ (art. 27 co. 3ter regolam. approvato con D.P.R. n. 394/1999, come modificato dal regolamento approvato con D.P.R. n. 334/2004), al fine di consentire allo straniero di sottrarsi ai condizionamenti dellĠorganizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale realizzato dagli enti locali o da associazioni, enti ed altri organismi iscritti al registro di cui allĠart. 52 comma 1 lett. b) (giˆ c) regolam.

Si  istituito dunque un sistema capace di offrire alle vittime di tali situazioni in primo luogo protezione, anche a prescindere da una proficua collaborazione con gli organi inquirenti, e successivamente lĠoccasione di un completo e definitivo inserimento sociale.

Infatti il permesso di soggiorno rilasciato ai sensi dellĠart. 18 T.U. non soltanto consente lĠaccesso ai servizi assistenziali, allo studio, alle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato, ma  ulteriormente rinnovabile o convertibile in permesso di soggiorno per motivi di studio o lavoro.

Dall'entrata in vigore del testo unico ad oggi il Ministero dell'Interno  intervenuto varie volte, mediante circolari, sulla corretta interpretazione e applicazione della disciplina in materia di protezione sociale. Nello specifico:

Ż    Circolare n. 300/C/1999/13/P/12/214/18/1^div. del 25 ottobre 1999;

Ż    Circolare n. 300/C/1999/227729/12/27/1^ div. del 23 dicembre 1999;

Ż    Circolare n. 300/C/2000/276/P/12.214.18/1^ div. del 17 aprile 2000;

Ż    Circolare n. 300/C/2000/334/P/12.214/18/1^ div. del 22 maggio 2000;

Ż    Circolare n. 300/C/2000/3903/A/12.214.18/1^ div. del 24 luglio 2000;

Ż    Circolare n. 300/C/2000/526/P/12.214.18/1^ div. del 4 agosto 2000;

Ż    Circolare n. 1025/M/24Uff. VI del 2 gennaio 2006;

Ż    Circolare n. 11050/M del 28 maggio 2007;

Ż    Circolare del 24 agosto 2007.

Pi in generale il sistema previsto dallĠart. 18 T.U. prevede che il permesso di soggiorno  rilasciato soltanto ad uno straniero che si sia trovato in situazioni di violenza o di grave sfruttamento connesse a determinati gravi reati e che si trovi in un concreto pericolo per la sua incolumitˆ derivante dal tentativo di sottrarsi ai condizionamenti delle organizzazioni criminali che li compivano o dalle sue dichiarazioni nei relativi procedimenti penali ed   strettamente connesso e finalizzato a consentire al suo titolare lĠeffettiva partecipazione ad un determinato programma di assistenza e di integrazione sociale.

Perci˜ il sistema ha due caratteristiche peculiari:

1)    per il rilascio e il mantenimento del permesso di soggiorno si esige che vi siano presupposti concreti e la costante partecipazione effettiva dello straniero ad un ben preciso programma a cui ha deciso di aderire, ma la sussistenza e verifica  dei presupposti e della partecipazione al programma avviene soltanto se si instaura una costante collaborazione leale tra 4 soggetti pubblici e privati operanti in un determinato luogo: il Questore, eventualmente la Procura della Repubblica, lĠente locale, lĠorganismo del privato sociale abilitato a svolgere lĠattivitˆ del programma;

2)    occorre che sia concretamente attivo uno specifico programma a cui possa concretamente accedere un determinato straniero vittima di violenza o di sfruttamento, la cui incolumitˆ  in pericolo: ci˜ significa che prima ancora che la vicenda del singolo straniero sia nota quello stesso programma deve essere stato giˆ progettato da enti locali e/o da enti del privato sociale e deve essere giˆ stato approvato e finanziato da una speciale commissione interministeriale secondo le prioritˆ indicate dalle norme vigenti. Si esige cio che prima che lo straniero vi possa accedere sia giˆ attivo uno specifico programma destinato ad assistere quel medesimo tipo di vittime potenziali a cui appartiene quel determinato straniero (p. es. sfruttamento della prostituzione, tratta delle persone, sfruttamento lavorativo, sfruttamento dellĠaccattonaggio, riduzione in schiavit, ex detenuti stranieri); il permesso non  dunque rilasciabile o  revocabile se invece la persona che si dovrebbe proteggere non ha pi i presupposti e se non pu˜ o non vuole partecipare ad un determinato programma neppure in parte e neppure in prospettiva e/o se non rientra tra i potenziali destinatari del programma oppure se non  attivo uno specifico programma al quale possa concretamente accedere.

AffinchŽ il sistema possa concretamente operare si esige perci˜ che in ogni luogo vi siano da parte dei soggetti pubblici e privati coinvolti una elevata attenzione alla realtˆ dellĠimmigrazione locale, una elevata e costante collaborazione interistituzionale, una fantasia di progettazione e una capacitˆ di adeguare tempestivamente i programmi ai diversi bisogni e alla diversificata tipologia delle potenziali vittime straniere della criminalitˆ organizzata.

EĠ infatti un permesso di soggiorno che  concretamente rilasciabile soltanto se i soggetti pubblici e privati operanti su un determinato territorio si siano preventivamente accordati per sgominare determinati fenomeni criminali di violenza o di grave sfruttamento a danno di stranieri e per far svolgere e finanziare una ben determinata attivitˆ di assistenza e di integrazione per sostenere ben determinate vittime straniere.

Occorre perci˜ evitare il rischio di elaborare soltanto programmi mirati ad assistere una tipologia di vittime potenziali (p.es. soltanto per le vittime dello sfruttamento della prostituzione) e di trascurare di elaborare programmi mirati a sostenere anche altri tipi di stranieri potenziali destinatari vittime di violenze o di grave sfruttamento (p. es. i lavoratori, i mendicanti, le persone trafficate, i detenuti condannati per reati compiuti durante la minore etˆ).

In realtˆ nella pratica i programmi utilizzabili (soprattutto per la prostituzione) esistono e funzionano abbastanza bene, sussistono piuttosto problemi nellĠapplicazione dellĠart. 18 T.U., che hanno ricadute anche sulla realizzazione dei programmi stessi.

In ogni caso occorre ricordare che alla luce del nuovo reato di ingresso o soggiorno in condizione irregolare (art. 10-bis T.U. introdotto dalla legge n. 94/2009) il tempestivo accesso al programma e al contestuale permesso di soggiorno ai sensi dellĠart. 18 T.U.   fondamentale per la non punibilitˆ della persona che si trovi irregolarmente sul territorio nazionale e per la sua inespellibilitˆ, il che per˜ appare in concreto pi vincolato non tanto allĠattivitˆ dei servizi sociali, quanto ai servizi di polizia e alle Procure incaricate di perseguire il nuovo reato (in proposito si veda il par. 9).

 

1.2. LĠoccasione: le operazioni di polizia, le indagini o il procedimento penale, gli interventi assistenziali degli enti locali.

 

LĠart. 18 T.U. prevede che i presupposti per lĠaccesso alle misure di protezione e per il rilascio del permesso di soggiorno - la violenza o il grave sfruttamento ed il concreto pericolo per lĠincolumitˆ dello straniero - possano emergere alternativamente in una delle seguenti occasioni:

a)            nel corso delle operazioni di polizia, di indagini o del procedimento penale avviato per alcune specifiche fattispecie di reato, quali quelle connesse allo sfruttamento della prostituzione (art. 3 Legge 20 febbraio 1958 n. 75) o ad uno dei reati indicati nellĠart. 380 c.p.p. ovvero

b)            nel corso degli interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali.

Si  voluto creare un sistema per il quale la vittima pu˜ trovare tutela non soltanto tramite il ricorso alle forze di polizia o alla magistratura e dunque mediante una formale denuncia-querela nei confronti della persona o dellĠorganizzazione che ha posto in essere in suo danno una situazione di sfruttamento o di violenza o mediante lo stimolo derivante dalle attivitˆ investigative autonomamente svolte dalle autoritˆ inquirenti, ma altres“ mediante lĠintervento dei servizi sociali dellĠente locale e degli enti del privato sociale che, per espressa disposizione di legge, sono abilitati nello svolgimento dei programmi di assistenza ed inserimento sociale.

LĠoccasione per riconoscere la protezione alla persona straniera vittima di tali fattispecie pu˜ dunque avere una duplice origine, a seconda che la persona stessa incontri o si rivolga in prima battuta alla magistratura o alle forze di polizia ovvero ai servizi sociali.

Perci˜ qualora la persona desideri sottrarsi alla situazione di sfruttamento ma tema, almeno in una prima fase, di rivolgersi alle forze di polizia o alla magistratura, potrˆ comunque trovare protezione ed eventualmente accedere al programma di protezione mediante il servizio svolto dai servizi sociali degli enti locali e dagli enti pubblici o privati abilitati a svolgere il programma.

Sono note le ragioni che spesso inducono le persone straniere a non esporsi con le forze dellĠordine: il timore di ritorsioni, il rapporto con lo/a sfruttatore/trice, il proprio status giuridico relativamente a condanne o a precedenti penali o alla presenza irregolare sul territorio dello Stato che costituirebbe il presupposto per lĠespulsione.

Il legislatore del Ġ98 ha istituito un sistema che non soltanto fornisce tutela ad un maggior numero di persone, ma che persegue anche scopi di prevenzione e di repressione dei reati, poichŽ la garanzia della protezione e la percezione nella vittima di sicurezza ne agevola la successiva collaborazione e favorisce lĠinterruzione dellĠopera dei organizzazioni criminali che sfruttano per i loro guadagni le persone pi fragili e minacciabili.

Cos“ lĠart. 27 regolam. chiarisce che la proposta per il permesso di soggiorno  effettuata alternativamente

a)             dai servizi sociali degli enti locali o dalle associazioni, enti o organismi iscritti al registro di cui allĠart. 52 regolam. che abbiano rilevato situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti dello straniero ovvero

b)             dal Procuratore della Repubblica nei casi in cui sia iniziato un procedimento penale relativamente a fatti di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, nel corso del quale lo straniero abbia reso dichiarazioni.

La modalitˆ di accesso alla misura di protezione, pertanto, incide sul procedimento di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, con specifico riferimento allĠimpulso che determina lĠinizio del procedimento stesso, nel senso che vi sono due possibili andamenti del procedimento stesso – si veda par. 3 - che vede lĠacquisizione di elementi diversi da parte del questore a seconda che la persona interessata abbia reso formale denuncia oppure no.

 

1.3. Tipologie di stranieri assistibili: prostituzione, sfruttamento minorile, sfruttamento lavorativo, accattonaggio.

 

L'art. 18 T.U. anzitutto menziona espressamente il reato di sfruttamento e induzione della prostituzione previsto dallĠart. 3 della Legge n. 75/1958, e dunque si riferisce anzitutto ai reati connessi alla prostituzione ivi disciplinati (p. es. cessione di immobili per esercitare la prostituzione, favoreggiamento della prostituzione ecc.), ma poi menziona anche i delitti indicati dallĠart. 380 c.p.p. e la formulazione contenuta nel primo comma dello stesso art. 18 T.U. consente di tutelare unĠampia tipologia di stranieri.

La norma prevede l'adozione della misura della protezione sociale ogni qualvolta siano accertate situazioni di Ògrave sfruttamentoÓ, con ci˜ ricomprendendo tutte quelle situazioni, oggi sempre pi frequenti e visibili, che vedono le persone straniere impiegate in condizioni di sfruttamento,  nell'ambito del lavoro, dell'accattonaggio e nelle attivitˆ illegali.

Peraltro occorre ricordare che dopo lĠentrata in vigore dellĠart. 18 T.U. la legge 11 agosto 2003 n. 228, recante misure contro la tratta di persone, ha modificato gli articoli del codice penale ed ha riformulato i reati di riduzione o mantenimento in schiavit (art. 600 c.p.), di tratta di persone (art. 601 c.p.) e di acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.).

Tali delitti fanno espresso riferimento a situazioni in cui la persona offesa venga ridotta o mantenuta in uno stato di soggezione continuativa e costretta a Òprestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamentoÓ.

L'art. 18 T.U. si applica a tali fattispecie sia perch i reati di cui agli artt. 600, 601 e 602 c.p. rientrano tra quelli indicati dallĠart. 380 c.p.p., sia perchŽ lĠart. 13 della L. n. 228/2003 stabilisce che Òqualora la persona vittima del reato di cui allĠart. 600 e 601 del codice penale sia persona straniera, restano comunque salve le disposizioni dellĠart. 18 D.Lgs. 286/98Ó, anche se lo stesso art. 13 della legge prevede lĠistituzione di speciali programmi di assistenza in favore delle persone vittime dei reati di riduzione o mantenimento in schiavit o servit e di tratta di persone, oggi disciplinati dal regolamento di attuazione, adottato con D.P.R. n. 237/2005 (si veda par. 6).

Nei casi in cui invece non siano ravvisabili i reati di cui agli artt. 600 e 601 c.p. si deve  verificare di volta in volta la sussistenza dei presupposti richiesti dallĠart. 18 T.U., cio la situazione di violenza o di grave sfruttamento ed il pericolo concreto per lĠincolumitˆ della persona, ed eventualmente se il reato nel caso di specie rientri tra quelli citati dalla norma del testo unico (si veda capitolo 10.3). 

 

 

2.     I requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale previsto dallĠart. 18 T.U..

 

2.1.          In generale.

 

L'art. 18 T.U. prevede che, affinchŽ sia riconosciuto allo straniero il diritto di ottenere lo speciale permesso di soggiorno, debbano sussistere almeno due requisiti

1)     la Òviolenza o grave sfruttamentoÓ in danno dello straniero stesso

2)     una situazione di pericolo per la sua incolumitˆ, che la norma, al primo ed al secondo comma, richiede sia concreto, grave ed attuale.

L'art. 27 regolam. che al secondo comma prevede gli elementi che il questore deve acquisire al fine di  rilasciare il permesso di soggiorno per motivi umanitari, chiarisce inoltre che requisito necessario  costituito altres“ dall'adesione dello straniero al programma di assistenza ed integrazione sociale realizzato dagli enti a ci˜ accreditati.

La valutazione del questore in ordine all'opportunitˆ di rilasciare il permesso di soggiorno – previa ulteriore valutazione di natura consultiva del Procuratore della Repubblica nel caso in cui sia stato avviato il procedimento penale - dovrˆ dunque avere ad oggetto la sussistenza dei sopra detti elementi.

Le circolari del Ministero dell'Interno hanno chiarito l'ambito di valutazione dell'Autoritˆ di pubblica sicurezza, sottolineando in particolar modo gli elementi dello sfruttamento e del pericolo.

In particolare dapprima le circolari del Ministero dellĠInterno del 4 agosto 2000 - n. 300/C/2000/526/P112.214.18 – del 2 gennaio 2006 – n- 1025/M/24Uff.VI – e del 28 maggio 2007 – n. 11050/M - si sono soffermate sull'elemento del pericolo, ricordando come questo debba assumere i requisiti dell'attualitˆ e della gravitˆ. 

I ripetuti interventi del Ministero dell'Interno si sono resi necessari anche in seguito ad una riscontrata applicazione disomogenea della norma, tale per cui, in taluni territori, la valutazione sull'opportunitˆ di rilascio del titolo di soggiorno si fondava in primo luogo o addirittura esclusivamente sulla qualitˆ del contributo offerto dallo straniero nell'ambito del procedimento penale, elemento in effetti previsto nel secondo comma dell'art. 18 T.U., ma che non deve ritenersi determinante ai fini della valutazione del questore.

A conferma di una simile interpretazione  intervenuta la sentenza del Consiglio di Stato – sez. VI, 10 ottobre 2006 n. 6023 - che ha affermato che la norma persegue l'esigenza sul piano sociale di assicurare immediata protezione ad una parte considerata debole e non abbia il valore premiale di un contributo dato al corso delle indagini di polizia giudiziaria proseguite in sede penale, tanto che la determinazione dell'autoritˆ di p.s. circa la sussistenza dei presupposti per riconoscere la misura di protezione, non deve attendere la conclusione del processo penale per i fatti denunziati.

 

 

2.2.          LĠaccertamento delle situazioni di violenza o di grave sfruttamento.

 

Il primo presupposto per il rilascio del permesso  che lo straniero sia stato oggetto di violenza o di grave sfruttamento.

La congiunzione disgiuntiva inserita tra i due termini induce a ritenere che, affinchŽ possa riconoscersi la misura di protezione e dunque il permesso di soggiorno per motivi umanitari, le due condotte possano sussistere alternativamente.

Rientrano nel concetto di violenza tutte quelle azioni che implicano una coercizione, non necessariamente fisica, quale ad esempio la minaccia.

Sotto quest'ultimo profilo deve richiamarsi la norma contenuta nel secondo comma dellĠart. 600 c.p., il quale, nel precisare il concetto di Òriduzione o mantenimento nello stato di soggezioneÓ, funzionale anche alla individuazione degli elementi costitutivi del reato di tratta di persone di cui all'art. 601 c.p.,  indica in modo analitico le modalitˆ con cui la soggezione pu˜ essere indotta - violenza, minaccia, inganno, abuso di autoritˆ o approfittamento di una situazione di inferioritˆ fisica o psichica o di una situazione di necessitˆ nello specifico intento di attribuire rilievo oltre che alla violenza fisica anche alle altre forme di coercizione oggi frequentemente utilizzate in danno delle persone offese da tali delitti.

In ordine al requisito dello sfruttamento, che l'art. 18 T.U. richiede sia caratterizzato dalla ÒgravitˆÓ, esso deve ritenersi ravvisabile ogni volta in cui la persona straniera sia oggetto passivo di una condotta volta ad utilizzare le sue prestazioni, fisiche o mentali, al fine di trarne profitto.

La disciplina internazionale e nazionale non fornisce una definizione del concetto di sfruttamento, ma indica i diversi contesti in cui possono realizzarsi situazioni di sfruttamento.

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalitˆ organizzata transnazionale ed in particolare il suo Protocollo addizionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini (adottati dallĠAssemblea generale delle Nazioni Unite il 15 dicembre 2000 ed il 31 maggio 2001, entrambi ratificati e resi esecutivi con legge 16 marzo 2006 n. 146) prevede che Òlo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavit o pratiche analoghe, l'asservimento o il prelievo di organiÓ.

Cos“, nellĠordinamento nazionale, in seguito alla modifica introdotta dalla legge 11 agosto 2003 n. 228, l'art. 600 c.p. elenca le prestazioni a cui pu˜ essere obbligata la persona offesa dal reato di riduzione o mantenimento in schiavit ed indica quelle lavorative, sessuali e mirate all'accattonaggio e lascia una clausola aperta riferendosi genericamente a tutte le Òprestazioni che ne comportino lo sfruttamentoÓ.

 

 

2.3.          I pericoli (gravi e attuali) per lĠincolumitˆ derivanti dal tentativo di sottrarsi allĠorganizzazione criminale o dalle dichiarazioni rese nelle indagini o nel giudizio.

 

Il secondo presupposto richiesto ai fini del rilascio del permesso di soggiorno  la sussistenza nel caso concreto di un pericolo grave e attuale per l'incolumitˆ dello straniero per effetto delle dichiarazioni rese nel corso del procedimento penale o comunque per il fatto di essersi sottratto alla situazione di sfruttamento o anche dal solo tentativo di sottrarsi ai condizionamenti dellĠorganizzazione criminale, il che le toglie fonti di finanziamento e proprio perci˜ la ratio della norma  in effetti quella di consentire alla persona straniera di ottenere protezione e di non far ritorno nel proprio paese di origine proprio evitando vendette di ogni tipo.

L'art. 18 T.U. richiede che detto elemento sia caratterizzato  dalla  concretezza (primo comma), che dunque non sia solo potenziale o possibile, dalla gravitˆ (secondo comma) tale per cui sia messa in pericolo lĠincolumitˆ o la vita stessa dello straniero e dalla attualitˆ (secondo comma), concetto quest'ultimo presumibilmente da riferirsi, sotto il profilo temporale, al momento in cui la persona richiede la protezione. 

Le circolari interpretative del Ministero dell'Interno si sono soffermate pi volte sul concetto del pericolo, al fine di ricordare come debba costituire l'elemento principale della valutazione dell'Autoritˆ nel procedimento di rilascio del permesso di soggiorno.

La circolare del Ministero dell'Interno del 4 agosto 2000 ha inoltre chiarito che Ònella valutazione dovrˆ anche essere tenuto conto di eventuali conseguenze dei rischi per lĠincolumitˆ personale ai quali potrebbero essere esposti nei paesi dĠorigine gli stranieri interessati ed i loro familiari, a seguito del rimpatrioÓ. 

Inoltre la circolare del Ministero dell'Interno del 28 maggio 2007 ha ribadito lĠopportunitˆ di valutare il requisito del pericolo con riferimento anche al contesto del paese di origine della persona offesa, ricordando ÒlĠimportanza che la valutazione consideri anche attentamente i rischi concreti ai quali potrebbero essere sottoposti, a seguito del rimpatrio nel paese di origine, sia lo straniero interessato che i suoi familiariÓ. La precisazione favorisce un'interpretazione estensiva della norma, che dunque  applicabile ogniqualvolta la situazione di pericolo non emerga direttamente in danno della persona straniera che si trova sul territorio nazionale bens“  ove si pongano in essere minacce di ritorsioni direttamente nel paese di origine ed in particolare nei confronti della famiglia.

Sulla necessitˆ di fornire rilievo al pericolo cui lo straniero ed il nucleo familiare possono incorrere anche nel paese di origine, si segnala il T.A.R. Piemonte sent. n. 1036 del 9 febbraio 2005.

L'art. 18 T.U. fa riferimento al pericolo causato dal tentativo di sottrarsi ai condizionamenti di unĠ ÒassociazioneÓ e utilizza nello stesso primo comma il termine ÒorganizzazioneÓ. Tuttavia al fine di riconoscere la sussistenza dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno si devono ravvisare le fattispecie di reato specifico previste dai relativi allĠart. 416 del c.p. e che dunque il pericolo possa sussistere anche ove lo straniero si sottragga allo sfruttamento perpetrato altres“ da un singolo individuo o da pi individui non legati da vincolo associativo.

 

 

2.4.          LĠadesione dello straniero ad un determinato programma di assistenza e di integrazione sociale.

 

Il terzo presupposto per il rilascio del permesso di soggiorno  lĠadesione dello straniero ad un determinato programma di assistenza e integrazione sociale a cui possa concretamente accedere.

L'art. 18 T.U. prevede che alla persona straniera possa essere rilasciato il permesso di soggiorno per motivi umanitari al fine di consentirne la partecipazione al programma di assistenza ed integrazione sociale.

L'art. 27 del regolamento di attuazione del T.U. approvato con D.P.R. n. 394/1999 (di seguito indicato come Òregolam.Ó) chiarisce peraltro che l'adesione al programma costituisce requisito necessario al fine della concessione del titolo di soggiorno: il secondo comma prevede infatti che il questore rilasci il permesso di soggiorno previa acquisizione, tra gli altri:

-      del programma di assistenza ed integrazione sociale relativo allo straniero, conforme alle prescrizioni della Commissione interministeriale di cui all'art. 25 (art. 27 co. 2 lett. b) regolam.);

-      dell'adesione dello straniero al programma stesso, previa avvertenza delle conseguenze previste dal testo unico (art. 18 comma 4 T.U.) in caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le finalitˆ dello stesso (art. 27 co. 2 lett. c) regolam.);

-      dell'accettazione degli impegni connessi al programma da parte del responsabile della struttura presso cui il programma deve essere realizzato (art. 27 co. 2 lett. d) regolam.).

E' necessario pertanto che la persona straniera partecipi ad un programma di assistenza e integrazione sociale realizzato da un ente pubblico o da  un organismo che sia iscritto alla seconda (giˆ terza) sezione del registro di cui allĠart. 52 regolam. approvato con D.P.R. n. 394/1999 (si veda par. 6).

LĠobbligo che sussista un programma di assistenza ed integrazione sociale  peraltro confermato dallĠart. 18, comma 4 T.U. che prevede che lĠinterruzione del programma o la condotta incompatibile con le finalitˆ dello stesso costituiscono motivo di revoca del permesso di soggiorno.

 

 

3.     La procedura di rilascio del permesso di soggiorno.

 

La procedura di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dellĠart. 18 T.U. comporta unĠistruttoria maggiormente complessa rispetto ad altri.

In primo luogo lĠistanza di rilascio  accompagnata o, meglio, preceduta da una proposta o da un parere che proviene dal Procuratore della Repubblica ovvero dallĠente che gestisce il programma di protezione, a seconda che la situazione di violenza o di grave sfruttamento ed il pericolo per lĠincolumitˆ dello straniero emergano in seguito alle dichiarazioni rese dallo straniero stesso nellĠambito di un procedimento penale oppure nel corso degli interventi del servizio sociale dellĠente locale o dellĠente gestore del programma.

Il secondo comma dellĠart. 18 T.U. prevede che, con la proposta o il parere di cui sopra, siano comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza dei presupposti necessari per il rilascio del permesso stesso.

Il procedimento  reso inoltre pi complesso – e dunque pi lungo nella prassi – dalla necessitˆ di sospendere o revocare eventuali precedenti provvedimenti di espulsione emessi a carico dello straniero. La circolare del Ministero dellĠInterno del 23 dicembre 1999 ha infatti chiarito che Ònel caso in cui tale permesso riguardi uno straniero giˆ destinatario di un provvedimento di espulsione, si dovrˆ richiedere al Prefetto competente, con apposita istanza dellĠinteressato, di adottare un provvedimento di sospensione o revoca della stessa espulsioneÓ.

Il problema del notevole lasso di tempo che di norma intercorre tra la proposta ed il rilascio del titolo di soggiorno ha comportato che la circolare del Ministero dellĠInterno n. 300 del 4 agosto 2000 invita i Questori a Òsensibilizzare gli uffici dipendenti che assegneranno, ai permessi in questione, un canale prioritario e riservato di trattazioneÓ. Ci˜ anche in virt della delicatezza delle vicende sottostanti la proposta di permesso di soggiorno.

Sotto il medesimo profilo la circolare del Ministero dellĠInterno del 24 luglio 2000, recante indicazioni relative al Ònumero verdeÓ a disposizione delle vittime di tratta, ritiene necessaria lĠindividuazione di Òuno o pi referenti, al fine di creare un canale privilegiato di contatto tra gli uffici di polizia, i responsabili del numero verde e le associazioni. Inoltre, attesa la notevole incidenza del fenomeno della tratta proprio tra le donne e i minori stranieri, appare opportuno che tali referenti siano individuati tra i funzionari degli Uffici stranieri delle QuestureÓ.

Sebbene la rubrica dellĠart. 18 T.U. faccia riferimento al permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, il permesso che viene rilasciato reca la dicitura Òper motivi umanitariÓ, in virt di quanto disposto dallĠart. 27 co. 3ter del regolamento di attuazione, (come modificato dal regolamento approvato con D.P.R. n. 334/2004) a tutela del diritto alla riservatezza dellĠinteressato. La norma del regolamento prevede inoltre che il permesso sia rilasciato con modalitˆ che ne assicurino lĠeventuale differenziazione da altri permessi di soggiorno e lĠagevole individuazione dei motivi del rilascio ai soli uffici competenti anche mediante il ricorso a codici alfanumerici.

Inoltre lĠart. 9, comma 5, regolam. prevede che per il rilascio di tale tipo di permesso di soggiorno non  richiesta lĠesibizione del passaporto o documento di viaggio, nŽ lĠattestazione della disponibilitˆ di un alloggio e di fonti di reddito.

 

 

3.1. Il doppio binario: il percorso giudiziario ed il  percorso sociale. La proposta o il parere favorevole.

 

Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale lĠordinamento prevede un Òdoppio binarioÓ, che consiste in un duplice, alternativo avvio del procedimento amministrativo e dunque svolgimento dellĠistruttoria, a seconda del percorso seguito

a)             percorso giudiziario – nel caso di denuncia e dunque di avvio del procedimento penale –

b)             percorso sociale – nel caso in cui la proposta provenga dal servizio sociale dellĠente locale o dallĠassociazione che realizza il programma di protezione.

Tale duplice procedimento non  chiaramente delineato dallĠart. 18 T.U., ma dallĠart. 27 del regolamento di attuazione che prevedendo dettagliatamente i presupposti e la documentazione che il questore deve acquisire per la concessione del permesso di soggiorno, distingue con maggior precisione i due percorsi.

A) Nel caso in cui la situazione di violenza o grave sfruttamento emerga nel corso delle operazioni di polizia, delle indagini o del procedimento penale per taluno dei delitti di cui allĠart. 3 della legge 20 febbraio 1958 n. 75 o di quelli previsti dallĠart. 380 c.p.p. la proposta per il rilascio del permesso di soggiorno  effettuata dal procuratore della Repubblica (art. 27 lett. b) regolam. approvato con D.P.R. 394/99). A ben guardare, in virt di quanto previsto dal primo comma dellĠart. 18 T.U., che prevede lĠacquisizione da parte del questore della ÒpropostaÓ ovvero alternativamente anche del ÒparereÓ dello stesso, in tali situazioni – che danno luogo al c.d. percorso giudiziario -  lĠiniziativa pu˜ provenire altres“ direttamente dallĠinteressato ovvero dallĠente gestore del programma di protezione.

B) Nel c.d. percorso sociale, la proposta proviene dai servizi sociali degli enti locali o dalle associazioni, enti e altri organismi iscritti al registro di cui allĠart. 52 comma 1 lettera b) dello stesso regolamento di attuazione convenzionati con lĠente locale ove siano stati questi ultimi a rilevare situazioni di violenza o grave sfruttamento nei confronti dello straniero. In tale ultimo caso non  previsto il ruolo dĠimpulso o consultivo del procuratore della Repubblica e, in virt di quanto previsto dal comma 3 dellĠart. 27 regolam., la discrezionalitˆ in ordine alla valutazione della gravitˆ ed attualitˆ del pericolo  rimessa in via esclusiva al questore.

 

 

 

 

3.2. Il percorso giudiziario (art. 27 lett. b) D.P.R. 394/99).

 

Nei casi in cui sia iniziato il procedimento penale per uno dei delitti indicati dallĠart. 18 T.U., e dunque quello di sfruttamento della prostituzione previsto dallĠart. 3 L. n. 75/1958 e uno dei reati indicati nellĠart. 380 c.p.p., il questore rilascia il permesso di soggiorno previa acquisizione della proposta ovvero del parere del procuratore della Repubblica.

Nell'ambito del c.d. percorso giudiziario si richiede dunque che vi sia l'intervento, all'interno del procedimento amministrativo, dell'Autoritˆ Giudiziaria responsabile delle indagini nel procedimento penale:  il Procuratore della Repubblica, titolare dellĠazione penale, che ha gli elementi per meglio valutare la gravitˆ e lĠattualitˆ del pericolo che corre lo straniero e il livello di sfruttamento e di collaborazione della vittima, il tipo di organizzazione criminale e le conseguenti esigenze processuali.

Detto intervento pu˜ essere propedeutico e dunque dare avvio, mediante una proposta, al procedimento amministrativo di rilascio del permesso di soggiorno, ovvero pu˜ intervenire nel corso dell'istruttoria e rivestire la forma del parere. In tal caso, in virt di quanto previsto dall'art. 27 del regolamento di attuazione, sembra che l'onere di acquisire detto parere spetti non all'interessato bens“ al questore stesso.

In ordine alla competenza territoriale, sebbene non sia espressamente previsto dalla norma, sembra pacifico che il Procuratore chiamato a rilasciare proposta o parere  sia quello incaricato nel procedimento penale sorto in seguito alle dichiarazioni della vittima e dunque presso il Tribunale nella cui circoscrizione si  consumato il reato.

In ordine alla natura di tale atto interno al procedimento, pu˜ ritenersi che esso debba qualificarsi come obbligatorio ma non vincolante.

La natura obbligatoria, ricavabile dalla lettura dellĠart. 27 comma 2 lett. a) regolam.  confermata dalla circolare del Ministero dell'Interno n. 300 del 23 dicembre 1999 che chiarisce che il parere del Procuratore ҏ necessario, anche se non proponente, in tutti i casi in cui sia iniziato procedimento penale relativamente ai fatti di violenza o di grave sfruttamento di cui lo straniero sia vittima e, se proponente, quando abbia omesso di formulare nella proposta le indicazioni concernenti la gravitˆ e attualitˆ del pericoloÓ.

La normativa non chiarisce invece, alcunch in ordine alla natura vincolante o meno del parere del Procuratore. Tuttavia, in base ai generali principi di diritto amministrativo ed all'interpretazione fornita dallo stesso Ministero dell'Interno, sembra di potersi concludere per la non vincolativitˆ dello stesso.

La circolare del 28 maggio 2007 – prot. 11050/M – del Ministero dellĠInterno ha infatti precisato che nel caso del percorso giudiziario il Procuratore della Repubblica deve offrire al questore gli elementi necessari per valutare la gravitˆ e l'attualitˆ del pericolo ma che comunque, fermo il rispetto di tale adempimento, il questore dovrˆ autonomamente valutare la situazione di concreto pericolo per l'incolumitˆ dello straniero.

Una simile interpretazione ha trovato ulteriore conferma nella sentenza n. 6023 del 10 ottobre 2006 del Consiglio di Stato ha espressamente attribuito allĠAutoritˆ di Pubblica Sicurezza lĠobbligo di esperire, anche al di lˆ del giudizio fornito dalla Procura, ÒunĠautonoma valutazione dei fatti e circostanze indicate dallo straniero istanteÓ .

 

 

3.3. Il percorso sociale  (art. 27 lett. a) D.P.R. 394/99).

 

Nei casi in cui la situazione di violenza o grave sfruttamento nei confronti dello straniero sia rilevata dai servizi sociali degli enti locali - e dagli enti del privato sociale che siano iscritte allĠapposita sezione del registro nazionale degli enti che operano in favore degli stranieri oggi istituito presso il Ministero del Lavoro, della Salute e delle politiche sociali ai sensi dellĠart. 52 lett. b) regolam. realizzano il programma di assistenza ed integrazione sociale - e dunque nei casi in cui, in mancanza di denuncia, non sia iniziato un procedimento penale, la proposta per il rilascio del permesso di soggiorno  effettuata dallĠente stesso.

In tale caso il questore valuta in via esclusiva e dunque senza acquisire il parere del Procuratore della Repubblica, la sussistenza dei presupposti necessari per rilasciare il permesso di soggiorno.

In base a quanto previsto dal comma 3 dellĠart. 27 regolam., in tali casi il Questore valuta la gravitˆ ed attualitˆ del pericolo anche sulla base degli elementi contenuti nella proposta stessa.

Dunque la comunicazione dellĠente relativa alla vicenda in cui  stata coinvolta la persona straniera presa in carico dallĠente stesso costituisce la documentazione necessaria e sufficiente affinch il questore valuti la sussistenza dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno.

La norma trova un limite naturale in se stessa, poichŽ il diritto riconosciuto allo straniero di usufruire della protezione sociale e conseguentemente di ottenere un permesso di soggiorno in forza della pregressa vicenda di sfruttamento pur senza la previa denuncia si scontra innegabilmente con lĠesigenza dellĠAutoritˆ di Pubblica Sicurezza di verificare la veridicitˆ o quanto meno lĠattendibilitˆ di quanto dallo stesso riferito allĠente, anche al fine di accertare la sussistenza dei presupposti per il rilascio del titolo di soggiorno.

Detta questione  alla base della diffusa difficoltˆ applicativa della norma sul territorio e conseguentemente dei numerosi interventi del Ministero dellĠInterno, il quale tuttavia si  limitato a ricordare la possibilitˆ di intraprendere il procedimento pur in assenza di denuncia senza entrare nel merito del contenuto della proposta.

Le circolari ministeriali che si sono occupate della questione sono le seguenti:

- La circolare del Ministero dellĠInterno  n. 300 del 25.10.99, ha ricordato che le situazioni di violenza o grave sfruttamento Òpossono emergere sia da risultanze di procedimenti penali, sia nel corso di attivitˆ svolte dai servizi sociali degli enti locali, in tal modo superando la precedente disciplina che collegava la concessione di questo speciale permesso di soggiorno esclusivamente alla collaborazione offerta nellĠambito di un procedimento penaleÓ.

- La circolare del Ministero dellĠInterno  n. 300 del 4 agosto 2000, ha chiarito che Òqualora lĠiniziativa provenga dai soggetti indicati dal comma 1 lett. a) art. 27, ai fini della valutazione, non sussiste la necessitˆ che allĠorigine della richiesta sia intervenuta una denunciaÓ.

- Infine, le circolari del Ministero dellĠInterno  n. 1025 del 2.01.06,  e 11050 del 28.05.07 hanno ancora una volta ricordato ancora una volta che Ònon  necessariamente richiesta da parte della vittima la denuncia nŽ alcuna forma di collaborazione con gli organi di polizia o con lĠAutoritˆ GiudiziariaÓ.

Quel che appare pacifico  che, quale che sia il contenuto della proposta dellĠente, essa, riferendo in ordine ad una pregressa vicenda di sfruttamento, contiene una comunicazione di reato. Conseguentemente, poichŽ il personale preposto al rilascio del permesso di soggiorno appartiene alla Polizia di Stato e dunque riveste la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, lĠufficio  tenuto a trasmettere tale notizia alla Procura della repubblica, riferendo al pubblico ministero gli elementi essenziali del fatto al fine di consentire lo svolgimento delle indagini relativamente ai fatti riferiti. Anche in virt del fatto che trattasi di norma di fattispecie di reato per le quali si procede dĠufficio, viene avviato il procedimento penale presso la Procura territorialmente competente, nellĠambito del quale la persona straniera assume comunque e suo malgrado il ruolo di persona offesa.

 

4. Le procedure di rinnovo, conversione e revoca del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale rilasciato ai sensi dellĠart. 18 T.U..

 

LĠart. 18, comma 4, T.U. prevede che il permesso di soggiorno per motivi umanitari venga rilasciato per una durata iniziale di sei mesi e che successivamente possa essere rinnovato per un anno Òo per il maggior periodo occorrente per motivi di giustiziaÓ.

Il comma 5 stabilisce inoltre che qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno lĠinteressato abbia in corso un rapporto di lavoro, il permesso possa essere rinnovato per la durata del rapporto stesso e, in caso di lavoro a tempo indeterminato, Òcon le modalitˆ stabilite per tale motivo di soggiornoÓ.

Dal combinato disposto delle suddette norme si ricava pertanto che il permesso di soggiorno rilasciato ai sensi dellĠart. 18 T.U. rientri tra i permessi che consentono un numero indeterminato di rinnovi.

Lo stesso comma 5 dellĠart. 18 T.U. garantisce inoltre la facoltˆ di conversione del permesso stesso, limitandola tuttavia alla sola conversione in permesso per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi.

La possibilitˆ di convertire il titolo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro  invece disciplinata dal comma 3bis dellĠart. 27 del regolamento di attuazione, comma peraltro inserito in seguito alle modifiche introdotte con il D.P.R. 18 ottobre 2004 n. 334. In tali casi, stabilisce la norma, le quote dĠingresso per lavoro subordinato o per lavoro autonomo definite nei c.d. decreti flussi di cui allĠart. 3 co. 4 T.U., per lĠanno successivo alla data del rilascio, sono decurtate in misura pari al numero di permessi di soggiorno per motivi umanitari convertiti in permessi di soggiorno per lavoro.

Le norme non sono tuttavia chiare relativamente ad una eventuale obbligatoria conversione del permesso di soggiorno rilasciato ai sensi dellĠart. 18, in particolar modo nella fase successiva alla conclusione del programma di assistenza ed integrazione sociale.

PoichŽ per˜ il legislatore non prevede espressamente alcun obbligo di conversione successivamente alla conclusione del programma ed attribuisce al titolare del permesso per motivi umanitari la facoltˆ di svolgere attivitˆ lavorativa, deve ritenersi che la conversione non sia obbligatoria. Tra lĠaltro la specialitˆ della norma induce a ritenere derogabili i principi della disciplina generale, quale la norma contenuta nellĠart. 14 comma 3 del regolamento di attuazione, in base alla quale con il rinnovo  rilasciato un permesso di soggiorno per lĠattivitˆ effettivamente svolta.

LĠart. 18, comma 4, T.U. contiene inoltre una specifica disposizione attinente specifici motivi di revoca del permesso di soggiorno, prevedendo tre casi tassativi: a) l'interruzione del programma, b) la condotta incompatibile con le finalitˆ dello stesso, c) il venir meno delle condizioni che abbiano giustificato il rilascio del permesso stesso.

Si attribuisce la facoltˆ di accertare la sussistenza delle prime due circostanze non soltanto al Procuratore e al Questore, ma anche allĠente che ha realizzato il programma di assistenza in favore dello straniero.

Sebbene dalla lettera della norma sembra doversi dedurre che la sussistenza di tali circostanze comporti automaticamente lĠadozione di un provvedimento di revoca del permesso di soggiorno, non consentendo una valutazione discrezionale del questore, alcune pronunce giurisprudenziali hanno escluso lĠautomaticitˆ riconoscendo, in particolare nel caso della interruzione del programma di assistenza ed integrazione sociale, la necessitˆ di valutare il complessivo inserimento sociale della persona straniera (T.A.R. Veneto n. 1150 del 13 dicembre 2006) ovvero la possibilitˆ che questa partecipi ad un altro programma di assistenza ed integrazione sociale (T.A.R. Emilia Romagna n. 4155 del 9 dicembre 2004).

 

5. LĠapplicabilitˆ delle misure di protezione sociale ai cittadini comunitari.

 

LĠingresso nellĠUnione Europea di alcuni Stati, quali la Romania e Bulgaria nel 2007, nonostante la previsione – oggi peraltro modificata ad opera del D.L. 112/08 convertito nella legge 133/08 – che era allora contenuta nellĠart. 1 co. 2 T.U. in base alla quale le norme pi favorevoli del testo unico si applicavano anche ai cittadini europei, si  posta la necessitˆ di garantire le misure di protezione disciplinate dallĠart. 18 T.U. anche a cittadini dei paesi membri.

La legge 26 febbraio 2007 n. 17, all'art. 6 comma 4, ha introdotto il comma 6bis dellĠart. 18 T.U., il quale prevede che ÒLe disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione Europea che si trovano in una situazione di gravitˆ e attualitˆ di pericoloÓ.

Dunque sebbene la disciplina relativa al diritto di circolazione, ingresso e soggiorno nel territorio dello stato dei cittadini dellĠUnione europea sia contenuta nel D. Lgs. 6 febbraio 2007 n. 30, la norma relativa alle misure di protezione in loro favore si colloca allĠinterno del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dellĠimmigrazione.

La norma prevede pertanto che siano riconosciuti ai cittadini degli Stati membri dellĠUnione Europea, che siano vittime di situazioni di violenza o di grave sfruttamento e che si trovino in una situazione di gravitˆ ed attualitˆ di pericolo, non soltanto il diritto di soggiorno, anche oltre tre mesi, ma altres“ tutti i diritti riconosciuti dallĠart. 18 T.U., in particolare la possibilitˆ di accedere al programma di assistenza ed integrazione sociale e di godere di tutti i diritti connessi quali quelli previsti dal comma 5 della norma, ossia lĠaccesso ai servizi assistenziali e allo studio, allĠiscrizione nelle liste di collocamento, allo svolgimento di attivitˆ lavorativa.

La collocazione della norma allĠinterno del testo unico sullĠimmigrazione pone alcuni problemi in ordine al coordinamento di questa norma con la disciplina contenuta nel D.Lgs n. 30/2007, in particolare in ordine formalitˆ amministrative prescritte dallĠart. 9 dello stesso decreto per lĠiscrizione anagrafica. Non soltanto non  ad oggi stato chiarito quale documentazione debba essere prodotta dallĠinteressato che abbia aderito ad un programma di assistenza ed integrazione sociale al fine di adempiere a quanto previsto dal comma 3 dellĠart. 9, ma si pone inoltre la questione, di non agevole soluzione, dellĠindicazione, cos“ come richiesto dal comma 2 dello stesso articolo, della dimora del richiedente, stante lĠimpossibilitˆ, per motivi di sicurezza e connessi alle esigenze di segretezza delle strutture di accoglienza protette, di indicare dove realmente la persona dimori. LĠattestazione comunale del diritto di soggiorno prevista dal D. Lgs. n. 30/2007 dovrebbe essere comunque rilasciata dal Comune di residenza (incaricato anche della vigilanza sulla partecipazione dello straniero al programma), ma al fine di proteggere la persona e in mancanza di indicazioni specifiche,  ragionevole indicare invece della dimora effettiva, la sede legale dellĠassociazione o comunque dellĠente che realizza il programma di protezione sociale.

In ordine allĠiscrizione al servizio sanitario nazionale, la circolare del Ministero della Salute del 3 agosto 2007 – prot. DG RUERI/II/12712/I.3.b – dispone che Òle donne soggette a trattaÓ ammesse in programmi di assistenza e integrazione sociale previsti dall'art. 18 T.U., possano iscriversi al Servizio sanitario nazionale, previa presentazione di Òun'attestazione rilasciata dal Questore o, nelle more, una dichiarazione dell'ente o associazione che gestisce il programma di assistenza e integrazione sociale, per il periodo corrispondente alla durata del programmaÓ.

 

 

 

6. Il programma di assistenza ed integrazione sociale.

 

6.1. I programmi previsti dallĠart. 18 T.U. e quelli previsti dallĠart. 13 L. n. 228/2003.

 

Ad oggi sono attivi molti progetti, su tutto il territorio nazionale, che realizzano i programmi di assistenza ed integrazione sociale mediante lĠofferta di servizi integrati diversificati, offerti alle persone vittime di grave sfruttamento e tratta, in particolare nellĠambito della prostituzione, contesto intorno al quale  nata la norma nel 1998 e che dunque ha favorito una maggiore esperienza degli enti che si occupano di tale problematica.

I soggetti che effettuano tali programmi possono essere tanto i servizi sociali degli enti locali quanto associazioni, enti o altri organismi privati.

Sebbene il programma di assistenza ed integrazione sociale strettamente inteso, debba intendersi quello realizzato dallĠente nella fase successiva alla fuoriuscita dallo sfruttamento della persona straniera e dunque di norma coincida con lĠaccoglienza della stessa in una struttura protetta, i servizi offerti si articolano nella maggior parte dei casi su pi livelli, alcuni dei quali rivolti anche alle persone che si trovino ancora in una situazione di sfruttamento: le unitˆ di strada, gli sportelli di counselling, le strutture di accoglienza e lĠaccompagnamento, mediante inserimenti lavorativi, verso lĠobiettivo ultimo della completa autonomia della persona.

Il numero verde nazionale 800 290 290, attivato dal Dipartimento per le pari opportunitˆ della Presidenza del Consiglio dei Ministri  e consistente in un servizio telefonico gratuito attivo 24 ore su 24, permette di conoscere la collocazione dei progetti su tutto il territorio nazionale, al fine di agevolare la fruizione dei servizi offerti. Il servizio  volto a favorire l'offerta alle vittime ed a coloro che intendono aiutarle tutte le informazioni sulle possibilitˆ di aiuto e assistenza che la normativa italiana offre per uscire dalla situazione di sfruttamento.  Da gennaio 2007 il numero verde fornisce assistenza ed informazioni anche per le vittime di tratta a scopo di sfruttamento lavorativo e non solo per sfruttamento sessuale.

Con lĠentrata in vigore della legge 11 agosto 2003 n. 228, che allĠart. 13 ha previsto lĠistituzione di speciali programmi di assistenza in favore delle persone vittime dei reati di riduzione o mantenimento in schiavit o servit e di tratta di persone, oggi gli enti di cui sopra possono realizzare due tipi di programmi – quelli previsti dallĠart. 18 T.U. e quelli previsti dallĠart. 13 L. n. 228/2003 – che si differenziano per i destinatari e per le modalitˆ di realizzazione.

a)            I programmi di assistenza ed integrazione sociale previsti dallĠart. 18 T.U. sotto il profilo delle modalitˆ di realizzazione e della tipologia di servizi che devono essere offerti sono disciplinati nel dettaglio non a livello legislativo, ma col decreto interministeriale 23 novembre 1999),

b)            I programmi rivolti alle vittime di riduzione in schiavit e tratta sono oggetto di una specifica disciplina di rango legislativo perch la legge n. 228/2003 attua il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla criminalitˆ organizzata, che prevede espressamente le misure che gli Stati devono approntare per fornire tutela alle vittime: lĠart. 13 prevede che venga istituito Òuno speciale programma di assistenza che garantisca, in via transitoria, adeguate condizioni di alloggio, di vitto e di assistenza sanitariaÓ. Il regolamento di attuazione, adottato con il D.P.R. 19 settembre 2005, n. 237, prevede che tali programmi abbiano una durata di tre mesi, prorogabile di altri tre. Inoltre si prevede infatti che assicurino, in via transitoria, alle vittime dei reati previsti dagli artt. 600 e 601 c.p. adeguate condizioni di alloggio, vitto e assistenza sanitaria, idonee al loro recupero psicofisico.  Il regolamento prevede che i progetti, che devono tener conto delle esigenze collegate alle vittime, alla loro etˆ, al tipo di sfruttamento subito, devono prevedere in ogni caso: a) fornitura alle vittime di alloggio e ricovero in strutture ad indirizzo segreto; b) disponibilitˆ di servizi socio-sanitari di pronto intervento; c) convenzioni con gli enti impegnati in programmi di assistenza ed integrazione sociale ex art. 18 T.U. e comunque con i servizi sociali degli enti locali.

 

 

       

      6.2. I soggetti proponenti. LĠiscrizione nel registro nazionale.

 

I soggetti abilitati a realizzare i programmi di assistenza ed integrazione sociale previsti dallĠart. 18 T.U. essere, alternativamente, i servizi sociali degli enti locali ovvero associazioni, enti o altri organismi privati.

Questi ultimi, in virt di quanto previsto nei regolamenti di attuazione rispettivamente del Testo Unico (art. 26 co. 1 regolam. di attuazione del T.U.) e della legge sulla tratta di persone (art. 1 co. 5 D.P.R. n. 237/2005), devono obbligatoriamente rispondere a due requisiti:

1) essere iscritti nel registro di cui allĠart. 42 co. 2 T.U. e art 52 comma 1 regolam., istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, relativo alle associazioni, enti ed organismi che svolgono attivitˆ a favore degli stranieri immigrati e, nello specifico, nella seconda (giˆ terza) sezione di cui alla lettera b) dello stesso articolo, relativa ai soggetti abilitati alla realizzazione dei programmi di assistenza ed integrazione sociale;

2) essere convenzionati con lĠente locale o con gli enti locali di riferimento.

LĠart. 42 comma 2 T.U. prevede le misure di integrazione sociale che lo Stato, e gli enti locali, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri o che comunque operano in loro favore devono favorire. A tal fine si prevede lĠistituzione del registro delle associazioni selezionate secondo criteri e requisiti previsti nel regolamento di attuazione.

LĠart. 52 comma 2 regolam. prevede che lĠiscrizione al registro costituisce condizione necessaria per accedere al contributo del Fondo nazionale per lĠintegrazione di cui allĠart. 45 T.U. La norma prevede inoltre, al terzo comma, delle cause di inammissibilitˆ, relativamente allĠiscrizione nel registro.

LĠart. 53 regolam. disciplina le condizioni per lĠiscrizione nel registro, indicando, al primo comma i requisiti che gli enti devono possedere:

a) forma giuridica (lett. a): forma giuridica compatibile con i fini sociali e di solidarietˆ desumibili dall'atto costitutivo o dallo statuto in cui devono essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, il carattere democratico dell'ordinamento interno, l'elettivitˆ delle cariche associative, i criteri di ammissione degli aderenti, i loro obblighi e diritti. I predetti requisiti non sono richiesti per gli organismi aventi natura di organizzazione non lucrativa di utilitˆ sociale (ONLUS), ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;

b) obbligo di formazione del bilancio o del rendiconto (lett. b): obbligo di formazione del bilancio o del rendiconto dal quale devono risultare i beni, i contributi o le donazioni, nonchŽ le modalitˆ di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti;

c) sede legale e possibilitˆ di operativitˆ in Italia (lett. c): sede legale in Italia e possibilitˆ di operativitˆ in Italia ed eventualmente all'estero qualunque sia la forma giuridica assunta;

d) unĠesperienza almeno biennale nel settore dellĠintegrazione degli stranieri e dellĠeducazione interculturale; della valorizzazione delle diverse espressioni culturali, ricreative, sociali, religiose ed artistiche; della formazione, dellĠassistenza e dellĠaccoglienza degli stranieri (lett. d).

I commi 2 e 6 dellĠart. 53 regolam. prescrivono inoltre la documentazione che deve essere necessariamente prodotta ai fini dellĠiscrizione nel registro.

In generale tutti i soggetti si iscrivono al registro su richiesta del rappresentante legale, con una domanda corredata da:

a) copia dell'atto costitutivo e dello statuto o degli accordi degli aderenti;

b) dettagliata relazione sull'attivitˆ svolta negli ultimi due anni;

c) copia del bilancio o del rendiconto relativo agli ultimi due anni di attivitˆ;

d) eventuale iscrizione all'albo regionale delle associazioni del volontariato;

e) ogni altra documentazione ritenuta utile per comprovare l'adeguatezza dell'associazione a svolgere attivitˆ nel settore dell'integrazione degli stranieri;

f) dichiarazione redatta e sottoscritta ai sensi delle vigenti disposizioni concernente l'assenza, nei confronti del legale rappresentante e di ciascuno dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo dell'ente, delle condizioni interdittive di cui al comma 3, dell'articolo 52.

Ai fini dell'iscrizione nella sezione II^ in pi i soggetti presentano un curriculum attestante le precedenti esperienze, e una dichiarazione dalla quale risultino:

a) la disponibilitˆ, a qualsiasi titolo, di operatori competenti nelle aree psicologica, sanitaria, educativa e dell'assistenza sociale, che assicurino prestazioni con carattere di continuitˆ, ancorchŽ volontarie;

b) la disponibilitˆ, a qualsiasi titolo, di strutture alloggiative adeguate all'accoglienza e alla realizzazione del programma di assistenza e di integrazione sociale, con la specificazione delle caratteristiche tipologiche e della ricettivitˆ;

c) i rapporti instaurati con enti locali, regioni o altre istituzioni;

d) la descrizione del programma di assistenza e integrazione sociale che intendano svolgere, articolato in differenti programmi personalizzati. Il programma indica finalitˆ, metodologia di intervento, misure specifica di tutela fisica e psicologica, tempi costi e risorse umane impiegate: prevede le modalitˆ di prestazione di assistenza sanitaria e psicologica, e le attivitˆ di formazione, finalizzate ove necessario all'alfabetizzazione e all'apprendimento della lingua italiana, e comunque alla formazione professionale in relazione a specifici sbocchi lavorativi;

e) l'adozione di procedure per la tutela dei dati personali – ai sensi del Codice sulla protezione dei dati personali -  anche relativi ai soggetti ospitati nelle strutture alloggiative;

f) l'assenza, nei confronti del legale rappresentante e di ciascuno dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo dell'ente, delle condizioni interdittive di cui al comma 3 dell'articolo 52.

In virt di quanto previsto dallĠart. 54 regolam., lĠiscrizione degli enti nel registro  disposta con decreto del Ministro del lavoro, della Salute e delle politiche sociali, sentita la Commissione interministeriale di cui allĠart. 25 regolam. LĠaggiornamento annuale del registro  curato dal Ministero il quale provvede altres“ ad effettuare controlli o richiedere la trasmissione di documentazione. Ove siano rilevati comportamenti incompatibili con le finalitˆ preposte, pu˜ disporsi la cancellazione dal registro, a decorrere dalla comunicazione dellĠinteressato.

Al mese di aprile 2009 secondo i dati forniti dal Ministero risultavano iscritti nella seconda sezione del registro 178 enti ed associazioni e, in seguito alle verifiche annuali espletate dal Ministero, di questi risulta che al 2008 136 siano attivi, poichŽ hanno regolarmente relazionato al Ministero sulle attivitˆ svolte.

 

 

 

  6.3. La convenzione con lĠente locale e la vigilanza dellĠente locale.

 

La convenzione con lĠente locale costituisce, insieme allĠiscrizione nel registro, lĠaltro requisito necessario per lo svolgimento da parte degli enti privati, dei programmi di assistenza ed integrazione sociale.

LĠart. 26 comma 2 regolam. prevede che lĠente locale stipuli la convenzione con uno o pi soggetti privati che siano iscritti nellĠapposito registro, previa verifica dei seguenti elementi:

a)      lĠiscrizione nella apposita sezione del registro di cui allĠart. 42 comma 2 T.U.;

b)     la rispondenza del programma di assistenza e integrazione sociale che il soggetto intende realizzare ai criteri ed alle modalitˆ stabiliti con decreto del Ministro per le pari opportunitˆ di concerto con i Ministri per la solidarietˆ sociale, dellĠinterno e di giustizia (decreto interministeriale 23 novembre 1999);

c)      la sussistenza dei requisiti professionali, organizzativi e logistici occorrenti per la realizzazione dei programmi.

AllĠente locale  attribuita una funzione di vigilanza sul progetto realizzato dallĠorganizzazione privata, in quanto si prevede che effettui verifiche semestrali sullo stato di attuazione e sullĠefficacia del progetto realizzato dallĠorganizzazione stessa (art. 26 co. 2 D.P.R. 394/99).

La verifica periodica dellĠente locale  funzionale al corretto andamento dei programmi ed al controllo sugli adempimenti degli obblighi a cui sono tenuti i soggetti privati in virt di quanto previsto al comma 3 dellĠart. 26. Si prevede infatti che gli enti privati convenzionati siano tenuti a:

a)      comunicare al sindaco del luogo in cui operano lĠinizio del programma;

b)     effettuare tutte le operazioni di carattere amministrativo, anche per conto degli stranieri assistiti, qualora impossibilitati, per la richiesta del permesso di soggiorno, lĠiscrizione al servizio sanitario nazionale e ogni altro adempimento volto allĠeffettivitˆ dei diritti riconosciuti agli stessi;

c)      presentare allĠente locale il rapporto semestrale di cui al comma 2;

d)     rispettare le norme in materia di protezione dei dati personali nonchŽ di riservatezza e sicurezza degli stranieri assistiti, anche dopo la conclusione del programma;

e)      comunicare senza ritardo al sindaco e al questore che ha rilasciato il permesso di soggiorno lĠeventuale interruzione, da parte dello straniero interessato, della partecipazione al programma.

 

 

6. 4. Il finanziamento dei programmi.

 

a)              I programmi di assistenza realizzati ai sensi dellĠart. 18 T.U..

 

LĠart. 25 regolam. prevede che i programmi di assistenza ed integrazione sociale siano finanziati dallo Stato nella misura del settanta per cento, a valere delle risorse assegnate al Dipartimento per le pari opportunitˆ, e dallĠente locale nella misura del trenta per cento, a valere delle risorse relative allĠassistenza.

Il contributo dello Stato  disposto dal Ministro per le pari opportunitˆ previa valutazione di programmi stessi della Commissione Interministeriale per lĠattuazione dellĠart. 18 (oggi denominata Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento).

Il Dipartimento per le Pari opportunitˆ della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal 2000 al 2009 ha bandito 10 avvisi e sino al 2008 ha finanziato oltre 500 progetti.

Nello specifico, questi i dati relativi ai progetti finanziati dal 2000 al 2008:

Avviso 1: sono stati finanziati 49 progetti di cui 30 enti pubblici e 19 enti privati

Avviso 2: sono stati finanziati 47 progetti di cui 30 enti pubblici e 17 enti privati

Avviso 3: sono stati finanziati 58 progetti di cui 31 enti pubblici e 27 enti privati

Avviso 4: sono stati finanziati 69 progetti di cui 38 enti pubblici e 31 enti privati

Avviso 5: sono stati finanziati 69 progetti di cui 36 enti pubblici e 33 enti privati

Avviso 6: sono stati finanziati 72 progetti di cui 39 enti pubblici e 33 enti privati

Avviso 7: sono stati finanziati 76 progetti di cui 40 enti pubblici e 36 enti privati

Avviso 8: sono stati finanziati 42 progetti di cui 20 enti pubblici e 22 enti privati

Avviso 9: sono stati finanziati 43 progetti di cui 20 enti pubblici e 23 enti privati

(Dati forniti dalla segreteria tecnica della Commissione interministeriale, Dipartimento per le pari opportunitˆ nel mese di aprile 2009)

 

 

b) I programmi di assistenza realizzati ai sensi dellĠart. 13 L. n. 228/2003.

 

I programmi realizzati ai sensi dellĠart. 13 L. n. 228/2003 sono finanziati

a) per una quota pari allĠ80% con un contributo dello Stato disposto dal Ministro delle Pari Opportunitˆ, a valere sulle risorse di cui allĠart. 13 della legge n. 228/2003;

b) per una quota pari al 20% con un contributo della regione o dellĠente locale a valere delle risorse relative allĠassistenza.

Ad oggi il Dipartimento ha emanato tre bandi per lĠattuazione di tali progetti ed ha finanziato n. 72 progetti. In particolare:

Avviso 1: sono stati finanziati 26 progetti di cui 12 enti pubblici e 14 enti privati

Avviso 2: sono stati finanziati 23 progetti di cui 10 enti pubblici e 13 enti privati

Avviso 3: sono stati finanziati 23 progetti di cui  10 enti pubblici e 13 enti privati

 

 

 

 

 

 

 

      6.5. Requisiti ed elementi del progetto. La valutazione della Commissione   interministeriale.

 

 

       a) I programmi di assistenza realizzati ai sensi dellĠart. 18 T.U.

 

La realizzazione dei programmi di assistenza ed integrazione sociale da parte degli enti pubblici e privati  subordinata ad una valutazione, da parte della Commissione interministeriale di cui allĠart. 25 D.P.R. 394/99 dei programmi elaborati, dietro presentazione di progetti di fattibilitˆ indicanti i tempi, le modalitˆ e gli obiettivi  che si intendono conseguire, nonchŽ le strutture organizzative e logistiche specificamente destinate.

La Commissione interministeriale – giˆ Commissione Interministeriale per lĠattuazione dellĠart. 18, oggi denominata, in seguito al D.P.R. 14 maggio 2007 n. 102, Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento –  un organismo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Pari Opportunitˆ ed  composta da rappresentanti di alcuni Ministri, quali Ministro per le pari opportunitˆ, per la solidarietˆ sociale, dellĠInterno, Giustizia. La Commissione pu˜ a sua volta avvalersi di esperti e consulenti, nominati dal Ministro per le pari opportunitˆ, dĠintesa con gli altri Ministri.

In virt di quanto previsto dallĠart. 25 regolam. approvato con D.P.R. n. 394/1999, la Commissione interministeriale svolge compiti di indirizzo, controllo e programmazione delle risorse in ordine ai programmi di assistenza ed integrazione sociale.

In particolare, la Commissione provvede a:

a) esprimere il parere sulle richieste di iscrizione nel registro di cui allĠart. 52 co. 1 lett. b) D.P.R. 394/99;

b) esprimere i pareri e le proposte sui progetti di convenzione dei comuni e degli enti locali con i soggetti privati che intendono realizzare programmi di assistenza d integrazione sociale;

c) selezionare i programmi di assistenza e di integrazione sociale da finanziare, sulla base dei criteri stabiliti con decreto del Ministro per le pari opportunitˆ, di concerto con i Ministri per la solidarietˆ sociale, dellĠinterno e della giustizia (adottato con decreto interministeriale 23 novembre 1999);

d) verificare lo stato di attuazione dei programmi e la loro efficacia. A tal fine gli enti locali devono far pervenire alla Commissione ogni sei mesi una relazione.

Con decreto 23 novembre 1999 del Ministro per le pari opportunitˆ sono state disciplinate le modalitˆ di presentazione delle domande e si  previsto che sono ammissibili al finanziamento pubblico due tipologie di programmi di assistenza ed integrazione sociale:

a) azioni di sistema, cio progetti di rilevanza nazionale che possono essere presentati soltanto da soggetti pubblici, ai quali in ogni caso non pu˜ essere destinato pi del 25% del complesso delle risorse annualmente stanziate per i programmi di assistenza e di integrazione sociale. Tali progetti concernono: interventi volti allĠinformazione e campagne di sensibilizzazione; indagini e ricerche sulla consistenza e lĠandamento del fenomeno; interventi volti alla formazione di funzionari e operatori pubblici e privati, che svolgono compiti attinenti alla prevenzione o alla repressione del fenomeno del traffico di persone, nonchŽ alle diverse forme di assistenza alle vittime; interventi volti alla attivazione, aggiornamento e gestione di reti informative tra le istituzioni, alla interconnessione ed al coordinamento dei progetti di contrasto del fenomeno, nonchŽ alla generalizzazione delle buone pratiche; promozione e sviluppo di iniziative di cooperazione con i Paesi di origine del fenomeno o con i Paesi interessati ai flussi del traffico; sperimentazione di progetti pilota finalizzati alla messa a punto di modelli di intervento innovativo su specifiche tipologie di soggetti vittime del traffico; attivitˆ di monitoraggio e di verifica dellĠefficacia dei programmi di assistenza ed integrazione sociale;

 b) programmi di protezione sociale, cio progetti che possono essere presentati da regioni, province, comuni, comunitˆ montane e loro consorzi, soggetti privati convenzionati iscritti nellĠapposita sezione del registro delle associazioni e degli enti che svolgono attivitˆ a favore degli immigrati. Tali progetti devono essere rivolti specificamente ad assicurare un percorso di assistenza e protezione, ivi compresa la possibilitˆ di ottenere lo speciale permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, allo straniero che intenda sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti di soggetti dediti al traffico di persone, in particolare donne e minori.

I progetti relativi ai programmi di protezione sociale sono presentati per la valutazione al Dipartimento per le pari opportunitˆ della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nei termini e con le modalitˆ indicate in appositi avvisi, contenenti gli schemi delle domande e i formulari da allegare alle medesime.

La presentazione del progetto deve essere corredata da:

a) una relazione esplicativa concernente la tipologia e la natura del programma di protezione sociale che rechi indicazioni circa gli obiettivi da raggiungere in relazione alle esigenze del target e del territorio, i tempi di realizzazione e le fasi in cui si articola il progetto, la localizzazione dellĠintervento, le metodologie utilizzate, la tipologia delle azioni previste (lavoro di strada, accoglienza, inserimento sociale lavorativo, formazione, azioni integrate, buone pratiche con i Paesi di origine, ecc.), i destinatari dellĠintervento (numero, tipologia, provenienza), la rete dei soggetti pubblici e privati coinvolti nel progetto, le modalitˆ di collegamento tra i diversi attori dellĠintervento; le risorse umane coinvolte (figura professionale, qualifica, competenze richieste, ore di lavoro previste), strutture, immobili ed attrezzature occorrenti, i costi previsti (voci analitiche per tipologia di costo: personale – attrezzature – strutture – materiale di consumo – utenze – spese amministrative – misure di sostegno – misure di accompagnamento); partecipazione al finanziamento da parte dellĠEnte proponente, in misura pari al 30 %; eventuali altre fonti di cofinanziamento del progetto;

b) una analisi costi/benefici relativa alle finalizzazioni da perseguire incentrata su alcuni indicatori (numero persone assistibili o destinatarie; effetto moltiplicatore; trasferibilitˆ dei risultati; promozione delle Òbuone praticheÓ)

c) una scheda contenente tutti gli elementi relativi a natura e caratteristiche del soggetto proponente, nonchŽ del soggetto attuatore se diverso dal proponente; esperienze maturate dal soggetto proponente, nonchŽ dal soggetto attuatore.

La commissione provvede alla valutazione dei progetti (entro novanta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione dei progetti) mediante apposite griglie tecniche di attribuzione di punteggio sulla base delle prioritˆ eventualmente, indicate negli avvisi pubblicati dal Dipartimento per le pari opportunitˆ, nonchŽ dei seguenti indicatori e criteri: esperienza e capacitˆ organizzativa del proponente; articolazione e consistenza delle strutture logistiche di accoglienza; previsione di forme di partenariato o di collaborazione istituzionale con altri soggetti che operano nella materia; capacitˆ di collegamento in rete, anche con altri programmi di protezione sociale; cantierabilitˆ dellĠintervento; localizzazione del progetto in zone a pi alta diffusione del fenomeno; assenza o carenza sul territorio di strutture pubbliche o private in grado di fornire analoghe prestazioni assistenziali; carattere innovativo dellĠintervento; qualitˆ dei percorsi formativi, ove previsti, e loro coerenza con le opportunitˆ di inserimento sociale e lavorativo; caratteristiche delle azioni integrate; competenze specialistiche per particolari segmenti di utenza; ottimale rapporto costi/benefici.

 

b) I programmi di assistenza realizzati ai sensi dellĠart. 13 L. n. 228/2003

 

In ordine ai programmi realizzati ai sensi dellĠart. 13 L. n. 228/2003, lĠart. 3 del D.P.R. 237/2005 attribuisce alla Commissione poteri parzialmente analoghi a quelli previsti dallĠart. 25 regolam. per i programmi di assistenza realizzati ai sensi dellĠart. 18 T.U..

Si prevede infatti che la Commissione interministeriale, che in tale ambito  integrata da due rappresentanti designati dalla Conferenza unificata di cui allĠart. 8 D. Lgs. 28 agosto 1997 n. 281:

a)      esprime parere sugli schemi tipo di convenzioni stipulate tra gli enti locali e i provati che intendono realizzare i progetti;

b)     verifica lo stato di attuazione dei progetti stessi sulla base di una relazione semestrale trasmessa dalle regioni o dagli enti locali, avvalendosi di una scheda di monitoraggio predisposta dalla Commissione medesima.

Tra gli organi collegiali istituiti presso il Dipartimento per le Pari Opportunitˆ  opportuno ricordare altres“ il Comitato di coordinamento per le azioni di governo contro la tratta di esseri umani, quale strumento di supporto al Ministro per le Pari Opportunitˆ nello svolgimento dei propri compiti di coordinamento nellĠazione di governo contro la tratta di esseri umani e lĠOsservatorio sul fenomeno della tratta di esseri umani entrambi istituiti con D.M. 21 marzo 2007.

 

7. Il permesso di soggiorno di cui al comma 6Ħ dellĠart. 18 T.U.: il programma di protezione sociale in favore di straniero detenuto che abbia commesso un reato quando era minorenne.

 

LĠart.18, comma 6 T.U. prevede che il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale pu˜ essere altres“ rilasciato allo straniero che ha terminato lĠespiazione di una pena detentiva, inflitta per i reati commessi durante la minore etˆ.

Destinatario  qualsiasi straniero che abbia espiato una pena per un reato commesso durante la minore etˆ, a prescindere se nel frattempo sia divenuto o meno maggiorenne, a condizione che il reato per il quale  stato condannato sia stato  compiuto durante la minore etˆ.

Spesso lĠespiazione della pena pu˜ iniziare o terminare molto tempo dopo la commissione del fatto, quando la persona straniera  gia divenuta maggiorenne.

Il fatto stesso che un minore straniero consumi un reato fa sorgere al legislatore lĠidea che vi sia una situazione di disagio minorile, che in quanto tale merita una attenzione particolare, che va oltre lĠordinario, in ossequio ai principi generali dellĠordinamento giuridico italiano.

 

 

7.1. I beneficiari: stranieri che abbiano espiato una pena detentiva per aver commesso reati durante la minore etˆ.

 

Lo straniero che vuole avvalersi della misura deve trovarsi "allĠatto delle dimissioni dallĠistituto di pena", aver "terminato lĠespiazione di una pena detentiva" e aver "dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale".

LĠeventuale permesso di soggiorno per motivi umanitari pu˜ essere rilasciato soltanto allorquando la persona straniera sia stata dimessa da un istituto penitenziario e non prima. Peraltro la persona ben potrebbe espiare la pena detentiva al di fuori di un istituto penitenziario e nulla impedisce che allĠinterno dellĠistituto lo straniero ottenga il rilascio o il rinnovo di altro permesso di soggiorno (per motivi di minore etˆ, di affidamento, di lavoro, di famiglia ecc.).

LĠinteresse al permesso di soggiorno per motivi umanitari rilasciato alla fine della espiazione della pena detentiva, infatti, nasce non solo in capo a chi non  titolare di alcun permesso di soggiorno, ma anche nel caso contrario. Si pensi, a tal proposito, a un permesso per motivi di minore etˆ, non convertibile al raggiungimento della maggiore etˆ o a un maggiorenne con permesso di soggiorno per lavoro subordinato, che avendo commesso una certa tipologia di reato rischia il rifiuto del rinnovo del suo permesso di soggiorno.

Il permesso per motivi umanitari ex art.18, comma 6, T.U. dunque, pu˜ essere rilasciato solo dopo la dimissione dallĠistituto penitenziario, sia allo straniero che non  titolare di alcun permesso, sia allo straniero che  in possesso di altro titolo di soggiorno ad altro titolo.

La norma testualmente si riferisce alla "espiazione di una pena detentiva". Ci si chiede di conseguenza cosa debba intendersi per "pena detentiva" e per "espiazione". Per chiarire la portata delle due nozioni  necessario approfondire il tema della ratio legis.

LĠart. 18, comma 6 T.U. ha come destinatari gli stranieri che hanno commesso un reato da minori e si configura quale norma speciale e aggiuntiva a quelle precedenti: deve infatti escludersi che la disposizione si limiti a ripetere quanto giˆ affermato nei precedenti commi del medesimo art. 18. In questa ottica la norma non soltanto dˆ a questa particolare categoria di soggetti la possibilitˆ di regolarizzarsi anche nel caso di commissione di reato e di espiazione della pena, ma prevede che una tale facoltˆ  concessa a tutti quelli che rientrano nella categoria protetta dallĠart. 18, e non solo a chi al momento della commissione del reato era minorenne.

Se ne deduce che a questi ultimi il comma 6 riconosce una ulteriore tutela, che si concretizza nel fatto che i requisiti richiesti dal legislatore, ossia la violenza o grave sfruttamento congiunti con il pericolo attuale vengono considerati impliciti nel fatto stesso di aver commesso un reato durante la minore etˆ: si presume che se un minore ha commesso un reato esistono buone possibilitˆ che lo abbia fatto in quanto minacciato, ingannato o in qualche modo costretto a opera di altra persona. Si presume, inoltre, che il minore proprio a causa della sua giovane etˆ abbia avuto difficoltˆ a percepire lĠazione dellĠaltro come un inganno o una forzatura: una difficoltˆ a riconoscere il vizio della propria volontˆ che si aggiunge a una pi debole capacitˆ di reazione sia durante la coercizione che successivamente alla commissione del fatto.

Si pensi p.es. a un minore spinto a rubare dal proprio genitore: difficilmente considererˆ questĠultimo un violento minacciatore o un ingannatore e riuscirˆ a sottrarsi alla sua soggezione prima della commissione del reato ovvero successivamente mediante una denuncia o una semplice confidenza ai servizi sociali.

Un minore che subisce violenza o sfruttamento ha molte pi difficoltˆ ad accedere al percorso ordinario previsto dallĠart.18 T.U., sia che questo presupponga una denuncia, sia che si basi sul racconto ai servizi sociali. Una persona molto giovane rischia di non riconoscere la violenza o lo sfruttamento subito e comunque di non riuscire a comunicarlo mai al mondo esterno. Allo stesso modo,  probabile che la persona molto giovane, anche a causa della profonditˆ e complessitˆ psicologica dei traumi riportati, non sappia riconoscere il pericolo attuale per sŽ o per la propria famiglia, o che ritenga tale pericolo impossibile da combattere, magari semplicemente per lĠeccessiva capacitˆ offensiva riconosciuta in capo al proprio sfruttatore.

LĠart.18., comma 6, T.U. prevede dunque una tutela aggiuntiva che consiste nel sancire talune presunzioni attinenti ai requisiti richiesti per lĠaccesso al "programma di protezione e inclusione sociale" di cui allĠart.18: si presume, anzitutto, che il minore che commette un reato  probabilmente vittima di violenza o sfruttamento tesi a far commettere il reato medesimo, e, in secondo luogo, che sussista un pericolo per se o per la propria famiglia che il minore non  in grado di riconoscere o che pensa di non poter combattere.

Le presunzioni ovviamente sono di tipo assoluto, risultando eccessivamente oneroso e probabilmente intrinsecamente contraddittorio il riconoscimento alle autoritˆ amministrative del compito di accertare il reale contenuto della presunzione caso per caso. Ci˜ anche in ragione della provenienza estera della persona. Non avrebbe senso attribuire alla questura il compito di verificare se quel preciso giovane straniero ha commesso il reato in quanto forzato dai propri genitori, magari non identificati o al momento rimpatriati al Paese di origine. Lo stesso dicasi per il pericolo corso dal minore o ancor peggio dalla famiglia, che  possibilmente domiciliata in luogo lontanissimo. Se tali operazioni sono di norma accertabili dalle forze dellĠordine  solo grazie alla collaborazione e alla consapevolezza della vittima; sarebbe, viceversa, estremamente difficile e oneroso nel caso di giovani intimoriti (e a volte ancor pi desocializzati in seguito allĠespiazione della pena) che non hanno maturato nŽ la consapevolezza dellĠoffesa e del pericolo, nŽ la determinazione alla collaborazione con lĠapparato repressivo.

DĠaltra parte, il legislatore ha predisposto altri filtri per assicurarsi che lo strumento non venga abusato. Infatti, occorre che lĠiniziativa sia avviata e venga posta in essere o da un magistrato, o da un servizio sociale competente ovvero da una associazione accreditata, ossia iscritta negli appositi registri di cui allĠart.27 regolam.

Inoltre lo straniero deve non solo avere dichiarato di volere aderire a un programma di assistenza e integrazione sociale (cos“ come di norma richiesto dallĠart.18 T.U.), ma anche di aver giˆ dato prova concreta di partecipazione allo stesso durante lĠespiazione della pena detentiva.

 

Per "pena detentiva" deve semplicemente intendersi ci˜ che prevede lĠart. 18 cod. pen.:  debbono intendersi detentive (semplicemente) tutte le pene che non sono pecuniarie. Infatti i reati la cui consumazione conduce allĠespiazione di una pena detentiva puniscono condotte piuttosto gravi, la cui commissione da parte di un minore pu˜ legittimamente dare luogo a quelle presunzioni di cui si  detto. Di contro, le pene pecuniarie perseguono la repressione di condotte molto meno gravi, rispetto alle quali sarebbe di certo eccessivo presumere in capo al minore quelle violenze o sfruttamenti che fondano il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

LĠespressione "pena detentiva" restringe il campo di applicazione alle sole limitazioni della libertˆ personale che abbiano il contenuto di pena, escludendo dal novero quelle restrizioni che hanno natura e finalitˆ di misura cautelare. Dunque lĠart. 18, comma 6 T.U. si applica soltanto allo straniero definitivamente condannato.

a) LĠart.18, comma 6 T.U. richiede lĠespiazione di una pena definitiva detentiva, a prescindere dalle modalitˆ con cui in pratica si  dato seguito allĠesecuzione della pena.

Uno dei presupposti della norma  la commissione di un reato di una certa rilevanza. In secondo luogo, si creerebbero delle incostituzionali e inspiegabili differenze di trattamento tra chi ha avuto la possibilitˆ di fruire di misure alternative alla detenzione (che verrebbe discriminato) da chi tale possibilitˆ non lĠha avuta (che verrebbe agevolato), magari proprio a causa di comportamenti non compatibili. Si creerebbero situazioni paradossali, come lĠesclusione di un minore di anni 21 che a causa del suo stato di salute precario  riuscito a ottenere la detenzione domiciliare in casa di cura, e solo per questo sarebbe impossibilitato a fruire della regolarizzazione di cui al 6Ħ comma art.18.

In generale, le misure alternative, che svolgono una funzione di risocializzazione a vantaggio del detenuto, andrebbero viceversa a compromettere proprio il suo futuro inserimento nella societˆ, sicch un magistrato che ritenesse interesse della persona disporre un affidamento in prova ai servizi sociali, dovrebbe rinunciarvi perchŽ ci˜ pregiudicherebbe la possibilitˆ di seguire un pi strutturato percorso di stabile inserimento sociale nel contesto italiano.

Una interpretazione tesa ad applicare la norma solo in presenza di un detenzione in carcere sarebbe contraria alla ratio della norma, ai principi costituzionali relativi alla funzione rieducativa della pena (art. 27 Cost.) e alle connesse finalitˆ perseguita dallĠistituto delle sanzioni alternative, al principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e violerebbe lĠart. 18 c.p. che distingue solo le pene detentive e quelle pecuniarie.

Quanto sopra evidenziato in particolare per le pene alternative pu˜ integralmente ripetersi per quelle sostitutive, tanto pi se si pensa che tra queste si annovera anche la semidetenzione, che pur sempre costringe la persona a trascorrere almeno dieci ore giornaliere dentro lĠistituto penitenziario.

b) Invece il "non luogo a procedere per irrilevanza del fatto" esclude lĠapplicabilitˆ dellĠart 18, comma 6 T.U. a favore del minore che ne ha beneficiato, sia perchŽ si tratta di una assoluzione nel merito (per mancanza di tipicitˆ o di offensivitˆ), sia perchŽ si tratta di comportamenti non gravi, non idonei a fare insorgere le presunzioni che fondano la ratio della norma.

c) LĠistituto non  applicabile neppure a straniero a cui sia stato concesso il perdono giudiziario, poichŽ in tal caso manca il requisito dellĠespiazione della pena, perchŽ il perdono giudiziario  una sentenza di proscioglimento, che tra lĠaltro presuppone che il giudice valuti che il colpevole si asterrˆ dal commettere ulteriori reati, anche se accerta lĠesistenza di tutte le condizioni necessarie per un rinvio a giudizio o per una condanna relativi a un fatto illecito che pu˜ essere di un certo rilievo (applicazione in concreto di una pena fino ai due anni).

d) Nel caso di messa alla prova nessun ostacolo impedisce di applicare lĠart. 18, comma 6 T.U. Questo istituto, infatti, implica anzitutto che il minore abbia potuto commettere un fatto illecito anche abbastanza grave; esso comporta altres“  la possibilitˆ che il giudice impartisca misure idonee a riparare le conseguenze del reato e promuovere la conciliazione con la vittima del reato; ma soprattutto stabilisce che il minore stesso venga affidato ai servizi minorili dellĠamministrazione della giustizia, che svolgeranno una serie di attivitˆ di osservazione e "trattamento", solo il cui esito positivo consentirˆ al giudice di dichiarare il processo estinto. Dunque il minore  comunque soggetto a una serie di limitazioni della propria libertˆ, rischia una riapertura del processo con eventuale condanna e probabilmente ha commesso una reato anche di una certa importanza.

SullĠapplicabilitˆ del 18 co. 6 T.U. anche in caso di messa alla prova ai sensi dellĠart. 28 DPR n. 488/98 si ricorda la sent. Tribunale per i Minorenni di Trieste, Ufficio del GIP, del 20 settembre 2005, n. 197, che ha riconosciuto lĠapplicabilitˆ di questa norma anche nel caso di messa alla prova e il parere del Tribunale per i minorenni di Roma, Ufficio del Magistrato di Sorveglianza dellĠ11 marzo 2004.

e) NellĠipotesi di sospensione condizionale della pena il giudice accerta la commissione di un reato anche abbastanza grave, infligge una pena detentiva che pu˜ arrivare fino alle soglie dei tre anni, ma in seguito a una prognosi favorevole della personalitˆ dellĠimputato decide di sospendere la pena stessa, a condizione che il reo non commetta altri reati nel periodo considerato. CosicchŽ, ricorrono tutti gli elementi che caratterizzano la norma in esame, esistono i presupposti che ne fondano le finalitˆ: la persona ha commesso un reato e lĠordinamento giuridico ha inflitto una pena detentiva. Il fatto che nello specifico lĠesecuzione sia stata sospesa non intacca la necessitˆ di intervenire a favore della persona straniera, al pari di quanto si  giˆ avuto modo di argomentare a proposito delle pene alternative. Anche in questo caso, ad esempio, sarebbe contrario alla logica, oltre che al principio di uguaglianza, concedere lĠopportunitˆ di una regolarizzazione amministrativa a chi ha mostrato di non avere una personalitˆ adatta alla sospensione della pena, negando lĠuguale possibilitˆ a chi viceversa sin dallĠinizio aveva manifestato una capacitˆ di migliore inserimento nel tessuto sociale.

Rimane assai dubbia la esatta portata dellĠaffermazione per la quale il permesso di soggiorno per motivi umanitari viene rilasciato "allĠatto delle dimissioni dallĠistituto di pena" a chi "ha terminato" lĠespiazione di una pena detentiva.

In ogni caso il permesso non pu˜ essere rilasciato quando la persona ancora si trova nellĠistituto penitenziario. Dunque, il permesso pu˜ essere accordato solo dopo la dimissione dallĠistituto penitenziario e non prima.

La disposizione dunque non esige che ci sia coincidenza fra la fine della pena detentiva e la dimissione dallĠistituto penitenziario, ma stabilisce che nel caso in cui la persona debba scontare anche solo una parte della pena detentiva, il permesso non potrˆ esserle rilasciato se non dopo che sia stata dimessa dallo stesso istituto. Dunque essa il rilascio " non prima dellĠatto delle dimissioni dallĠistituto di pena".

Il permesso  rilasciabile non solo a condizione che la persona sia stata dimessa da un istituto penitenziario, ma anche a condizione di avere finito di espiare lĠintera pena, sicchŽ lĠattivazione del programma di inserimento sociale partirebbe prima, ma la regolarizzazione sarebbe praticabile solo dopo la fine della misura alternativa, della messa in prova, della sospensione della pena e cos“ via.

PoichŽ per˜  necessario che lo straniero abbia finito del tutto di espiare la parte (solo eventuale) che  previsto trascorra in un istituto penitenziario, soltanto dopo che sia finita questa parte della pena  possibile il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, anche in presenza di una residuale parte da espiare secondo modalitˆ differenti dalla reclusione in istituto penitenziario.

Si tratta, in definitiva, di due interpretazioni possibili, anche se seguire la prima potrebbe significare assistere a dei casi di persone che da tempo si trovano in affidamento in prova o messa in prova o in altre situazione di forte "integrazione sociale", avendo anche da tempo seguito un programma in tal senso, ma che rimangono impossibilitate ad accedere a un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

 

 

 

7.2. Gli altri presupposti e i soggetti coinvolti.

 

LĠart. 18, comma 6 T.U. prevede che il permesso venga rilasciato "anche su proposta del procuratore della Repubblica o del giudice di sorveglianza presso il tribunale dei minori".

Il legislatore, a proposito dei soggetti coinvolti e dei ruoli loro attribuiti, ha voluto  ricalcare il Òdoppio binarioÓ  previsto nei primi commi dellĠart.18 T.U.: lĠiniziativa spetta ai servizi sociali dellĠente locale o ad un ente o associazione iscritto nelle speciali liste di cui allĠart.27 regolam. o allĠautoritˆ giudiziaria, ma questĠultima nel caso specifico non  soltanto il Procuratore della repubblica, ma anche il giudice di sorveglianza presso il tribunale dei minori,  perch qualora lo straniero sia un minore di anni 21 si applicano le norme che attribuiscono al giudice di sorveglianza del tribunale dei minori un ruolo del tutto peculiare.

Peraltro nel caso di specie i servizi sociali pubblici qui coinvolti potrebbero essere anche il CSSA e dallĠUSSM, essendo questi i soggetti che istituzionalmente sono preposti allĠassistenza (rispettivamente) dei maggiorenni e dei minorenni che dallĠistituto penitenziario transitano al "mondo esterno" in continuazione di espiazione pena

Il rilascio del permesso di soggiorno rimane compito esclusivo della questura del luogo in cui lo straniero si trova, ma previa verifica dei requisiti richiesti dalla legge.

I presupposti sono sempre quelli dello sfruttamento o della violenza e del pericolo attuale, ma nel caso di specie i requisiti della violenza o grave sfruttamento e del pericolo sono presunti come esistenti dal legislatore, senza lĠobbligo di doverne dimostrare la sussistenza o lĠopposta possibilitˆ di provarne lĠinesistenza.

La questura deve accertare i requisiti richiesti:

1.              che si tratti di straniero;

2.              che lo straniero abbia commesso da minore un reato per cui  prevista pena detentiva;

3.              che lo straniero stia scontando la pena fuori dallĠistituto penitenziario o che lĠabbia finita di scontare del tutto (a seconda dellĠinterpretazione accolta);

4.              che vi sia stata una richiesta di rilascio del permesso di soggiorno da parte dei servizi sociali competenti o dalle associazioni regolarmente iscritte nello specifico albo ovvero da parte del procuratore competente o del giudice di sorveglianza del tribunale dei minori;

5.              che vi sia stata una presa in carico da parte dei servizi sociali o delle associazioni abilitate;

6.              che la persona straniera abbia "dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale". Occorre accertare che il programma di assistenza e integrazione sociale sia stato giˆ predisposto e abbia avuto inizio e occorre valutare che la persona abbia "dato prova concreta di partecipazione", ossia che non solo vi sia stata adesione al sopramenzionato programma, ma anche che questo sia stato intrapreso in concreto, ossia con iniziali risultati positivi.

Peraltro la questura non pu˜ indagare nel merito circa la partecipazione positiva al programma da parte della persona straniera, dovendosi invece limitare ad accertare la veridicitˆ dei fatti affermati dai servizi sociali e non anche la loro valutazione. La questura, dunque, accerta che effettivamente la persona straniera abbia posto in essere le azioni predisposte nel programma, senza tuttavia potere sindacare sulla congruitˆ dello stesso, che infatti viene apprestato da soggetti (associazioni iscritte e servizi sociali) che hanno giˆ ricevuto una "approvazione" statale del loro operato (che potrˆ ovviamente essere messo in discussione, ma solo dalla autoritˆ governativa competente a tal scopo).

Circa gli specifici contenuti del programma, la conclusione del programma, la convertibilitˆ del permesso di soggiorno in motivi di lavoro (anche autonomo) o di studio e la revoca di eventuali precedenti decreti di espulsione si dovrebbe applicare quanto ordinariamente previsto rispetto al permesso per motivi umanitari di cui ai primi commi dellĠart.18 T.U.

Peraltro in generale la concreta applicabilitˆ dellĠart. 18, comma 6 T.U. appare dubbia in mancanza di specifici progetti di assistenza ed integrazione sociale finalizzati a tale tipologia di giovani stranieri, anche perchŽ in tal caso la tipologia di programmi dovrebbe vedere il coinvolgimento attivo – fin dallĠesecuzione della pena detentiva – del Dipartimento dellĠAmministrazione penitenziaria e del Dipartimento della Giustizia minorile del Ministero della Giustizia, il che finora non  accaduto.

 

 

8. Il permesso di soggiorno ex art. 18 T.U. in seguito alle norme contenute nella legge 15 luglio 2009 n. 94, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica.

 

La legge 15 luglio 2009, n. 94, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica, ha introdotto, tra le altre, una serie di modifiche alle norme vigenti in materia di immigrazione, alcune delle quali assumono rilevanza in ordine al permesso di soggiorno per motivi umanitari disciplinato dallĠart. 18 T.U..

Una delle novitˆ maggiormente rilevanti  la introduzione nellĠordinamento italiano di un art. 10-bis T.U., che prevede il nuovo reato di ingresso o soggiorno illegale nel territorio dello Stato, che punisce, salvo che il fatto costituisca pi grave reato, lo straniero che fa ingresso o permane nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni dello stesso T.U. con sanzione pecuniaria (sostituibile con espulsione a titolo di sanzione sostitutiva che il giudice di pace potrebbe disporre ed eseguibile senza lĠobbligo di ottenere il nulla-osta allĠesecuzione dellĠautoritˆ giudiziaria procedente), salvo che sia respinto alla frontiera o abbia ottenuto la protezione internazionale o il permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dellĠart. 5, comma 5 T.U.

Il nuovo reato di ingresso e soggiorno irregolare (contravvenzione e perci˜ punibile non soltanto a titolo di dolo, ma anche di colpa) pu˜ incidere notevolmente sui diritti dei cittadini extracomunitari sprovvisti di un valido titolo di soggiorno ed in particolare delle categorie maggiormente vulnerabili, tra cui le vittime di grave sfruttamento e di tratta di esseri umani.

EĠ infatti evidente che tali persone fanno ingresso nel territorio dello Stato - di norma condotti o veicolati dalle organizzazioni o comunque dagli individui destinati ad esercitare il controllo su di loro inducendoli in situazioni di sfruttamento - senza alcun visto di ingresso e senza alcuna prospettiva di ottenere un permesso di soggiorno, con la conseguenza che la fattispecie di reato, in astratto, si perfeziona sempre.

I rischi di pregiudizio per i diritti di tali persone sono evidenti: non soltanto per le conseguenze che possono derivare dalla contestazione di tale reato sotto il profilo dellĠadozione di provvedimenti di espulsione (con gravi ripercussioni connesse al pericolo per lĠincolumitˆ propria e dei propri familiari in caso di rimpatrio), ma altres“ per il minor accesso ai servizi destinato a verificarsi a causa dellĠobbligo imposto dalla stessa legge n. 94/2009 che ha modificato lĠart. 6 T.U. prevedendo che per lĠaccesso a qualsiasi servizio pubblico o pubblica amministrazione, escluse le cure urgenti o essenziali garantite dallĠart. 35 T.U. e i servizi scolastici obbligatori per i minori, lo straniero sia obbligato ad esibire ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio un valido titolo di soggiorno.

Vi  poi il rischio che in presenza di straniero sprovvisto di un titolo di soggiorno il pubblico ufficiale o lĠincaricato di pubblico servizio ritenga di trovarsi di fronte ad uno straniero che ha commesso il reato punito dallĠart. 10-bis T.U. , il che comporta lĠobbligo di denuncia da parte del pubblico ufficiale  e dellĠincaricato di pubblico servizio ai sensi degli artt. 331 e 332 cod. proc. pen., la cui omissione sarebbe altrettanto punita come reato dagli artt. 361 e 362 cod. pen.

Tuttavia nel caso di stranieri vittime di situazioni di sfruttamento e tratta di persone  il reato di ingresso o soggiorno irregolare non sussiste perch lĠart. 10-bis T.U. punisce coloro che si trovano sul territorio dello Stato Òin violazione delle disposizioni del testo unicoÓ adottato con D.Lgs. n. 286/1998 ed  proprio lĠart. 18 di questĠultimo a prevedere la facoltˆ di rilasciare un permesso di soggiorno ad una serie di soggetti, seppur entrati irregolarmente sul territorio, tra cui coloro che siano stati vittime di violenza o grave sfruttamento, che possiedano i requisiti previsti dallĠart. 18 T.U.

Perci˜ in presenza di uno straniero sprovvisto di un valido titolo di soggiorno il pubblico ufficiale o lĠincaricato di pubblico servizio deve innanzitutto verificare se egli si trovi in una delle situazioni o appartenga ad una delle categorie di persone per le  quali non  possibile procedere allĠespulsione – ad esempio quelle previste dallĠart. 19 T.U. – o che comunque sia meritevole di ottenere uno speciale permesso di soggiorno in deroga alle norme ordinarie in materia di ingresso e soggiorno (art. 30, 31, 33 T.U.).

Inoltre qualora si tratti di straniero che riesca a sottrarsi alla situazione di violenza o di grave sfruttamento e abbia i requisiti per accedere ad un programma di assistenza ed integrazione sociale di cui allĠart. 18 T.U. lo straniero non  punibile, perchŽ non permane illegalmente sul territorio dello Stato, ma deve essergli rilasciato il permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Sebbene il sesto comma dellĠart. 10-bis T.U. preveda espressamente la sospensione del processo penale soltanto nel caso di presentazione di una domanda di protezione internazionale, deve ritenersi che, qualora lo straniero abbia aderito ad un programma di protezione ed abbia inoltrato istanza di rilascio di permesso di soggiorno di cui allĠart. 18 T.U., il procedimento penale non potrˆ proseguire, quantomeno sino allĠesito del procedimento amministrativo relativo al titolo di soggiorno, anche perchŽ lo stesso art. 10-bis T.U. prevede che il permesso di soggiorno per motivi umanitari sia uno dei presupposti per la sentenza di non luogo a procedere del nuovo reato.

Il nuovo reato potrebbe peraltro produrre un rafforzamento (anche nei tempi finalizzati ad evitare la contestazione del reato e/o lĠespulsione) non soltanto del Òpercorso socialeÓ, ma soprattutto del Òcircuito giudiziarioÓ: proprio in ragione del reato di ingresso o soggiorno irregolare  e delle eventuali esigenze processuali connesse allĠesigenza che lo straniero vittima di uno dei gravi reati sopraccitati che collabora non sia espulso e sia tutelato nella sua incolumitˆ potrebbe essere lo stesso Procuratore della Repubblica a proporre subito al Questore il rilascio del permesso di soggiorno e a non avviare neppure il procedimento penale contro lo stesso straniero per il reato di ingresso o soggiorno irregolare o, pi esattamente, a dare parere contrario alla citazione a giudizio ritenendo che non sussistano i presupposti per la presentazione immediata o ritenendo manifestamente infondata la richiesta di presentazione immediata a giudizio dellĠimputato formulata dalla polizia giudiziaria ( cfr. art. 20-bis d. lgs. 28 agosto 2000, n. 274, introdotto dallĠart. 1, comma 17, legge n. 94/2009).

A ci˜ si aggiunga che gli artt. 6 e 7 della Direttiva 2004/81/CE, emanata dal Consiglio dellĠUnione Europea il 29 aprile 2004, avente ad oggetto Òil titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime di tratta di esseri  umani o coinvolti in azione di favoreggiamento dellĠimmigrazione illegale che cooperino con le autoritˆ competentiÓ, prevedono che qualora le autoritˆ competenti ritengano che un cittadino di un paese terzo possa rientrare nel campo di applicazione della Direttiva stessa, garantiscano a questĠultimo un periodo di riflessione per consentirgli di riprendersi e sottrarsi allĠinfluenza degli autori dei reati, valutando cos“ consapevolmente lĠopportunitˆ di collaborare con le autoritˆ stesse. La durata del periodo di riflessione  determinata da ciascuno Stato. Durante tale periodo non pu˜ essere disposta alcuna misura di allontanamento nei confronti della persona, la quale inoltre ha diritto a che le siano garantiti lĠassistenza medica limitatamente alle cure mediche urgenti, idonee misure di protezione, assistenza linguistica e, se previsto dallĠordinamento interno, assistenza legale gratuita. Le due disposizioni comunitarie devono ritenersi direttamente ed immediatamente applicabili in mancanza di adempimento diretto, a causa della scadenza per lĠadempimento (5 agosto 2006), in quanto sufficientemente dettagliate ed autoapplicabili.

Si pone peraltro il problema costituzionale di una fattispecie incriminatrice che da un lato contiene elementi normativi che si riferiscono a testi complicati e dunque pare carente di tassativitˆ ai sensi dellĠart. 25 Cost. e dallĠaltro lato sussisterebbe non giˆ in virt della legge , bens“ in virt del discrezionale comportamento del Questore che potrebbe negare o concedere il permesso richiesto: se davvero si riconoscessero margini di discrezionalitˆ al Questore di fronte alla proposta precisa e concreta del Procuratore della Repubblica si finirebbe per sottoporre il giudice penale (di pace) competente ad applicare lĠart. 10-bis T.U. non giˆ allĠapplicazione della legge (art. 101 Cost.), bens“ alla discrezionalitˆ della pubblica amministrazione.

In ordine alle altre norme introdotte dalla legge 15 luglio 2009 n. 94, con riferimento al loro ambito di applicazione al permesso di soggiorno di cui allĠart. 18 T.U. si segnala quanto segue:

-        La previsione di cui allĠart. 5 comma 2-ter del T.U. cos“ come modificato dalla nuova legge, relativa al versamento del contributo economico (che dovrˆ essere approvato da un futuro provvedimento) per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno non si applica, perchŽ cos“ espressamente previsto, al permesso di soggiorno per motivi umanitari; il riferimento generico al tipo di titolo di soggiorno induce a ritenere che debbano rientrarvi tutti i tipi di permesso di soggiorno per motivi umanitari previsti dal Testo Unico e dunque anche quello di cui allĠart. 18.

-        La nuova disposizione contenuta nellĠart. 4-bis T.U., introdotto dalla legge n. 94/2009, relativa allĠAccordo di integrazione (che dovrˆ essere disciplinato da un futuro regolamento), sembra invece applicarsi solo parzialmente al permesso di soggiorno per motivi umanitari: in base a quanto previsto dal comma 2 della stessa norma, infatti, la stipula di tale Accordo rappresenta condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno, tuttavia la perdita integrale dei crediti in cui  articolato lĠAccordo stesso determina la revoca del permesso di soggiorno ad eccezione di alcune tipologie di permessi, tra cui quello per motivi umanitari. Anche in questo caso deve ritenersi che tra questi ultimi rientri quello rilasciato ai sensi dellĠart. 18 T.U.

     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9. La Direttiva 2004/81/CE riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare a cittadini di paesi terzi vittime di tratta di esseri umani o coinvolti in unĠazione di favoreggiamento dellĠimmigrazione illegale che cooperino con le autoritˆ competenti.

 

La Direttiva 2004/81/CE, emanata dal Consiglio dellĠUnione Europea il 29 aprile 2004, avente ad oggetto Òil titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime di tratta di esseri  umani o coinvolti in azione di favoreggiamento dellĠimmigrazione illegale che cooperino con le autoritˆ competentiÓ, ha previsto che gli Stati membri introducano negli ordinamenti nazionali un istituto che permetta alle vittime dei reati sopra detti di ottenere un titolo di soggiorno e dunque di trattenersi, seppur temporaneamente, nel paese di destinazione.

Invero la Direttiva prevede un vero e proprio obbligo, a carico degli Stati, solo per ci˜ che riguarda le vittime di reati collegati alla tratta di esseri umani, mantenendo la facoltˆ di estendere tale istituto anche ai casi di cittadini di paesi terzi che siano stati coinvolti in azioni di favoreggiamento allĠimmigrazione illegale, al fine di sollecitare questi ultimi a cooperare con le autoritˆ competenti (art. 3). 

Si prevedono dunque una serie di norme che regolamentano la procedura di rilascio del titolo di soggiorno  ed il trattamento dei beneficiari del titolo stesso.

Sotto il primo profilo si stabilisce che, ove le autoritˆ competenti ritengano che un cittadino di un paese terzo possa rientrare nel campo di applicazione della Direttiva stessa, garantiscano a questĠultimo un periodo di riflessione per consentirgli di riprendersi e sottrarsi allĠinfluenza degli autori dei reati, valutando cos“ consapevolmente lĠopportunitˆ di collaborare con le autoritˆ stesse.

La durata del periodo di riflessione  determinata da ciascuno Stato. Durante tale periodo non pu˜ essere disposta alcuna misura di allontanamento nei confronti della persona, la quale inoltre ha diritto a che le siano garantiti lĠassistenza medica limitatamente alle cure mediche urgenti, idonee misure di protezione, assistenza linguistica e, se previsto dallĠordinamento interno, assistenza legale gratuita (artt. 6 e 7).

Trascorso tale periodo, lĠautoritˆ di ciascuno Stato membro rilascia il titolo di soggiorno previo accertamento di alcune condizioni, quali, nello specifico:

a)      lĠopportunitˆ che il cittadino del paese terzo soggiorni regolarmente ai fini delle indagini o del procedimento giudiziario;

b)     lĠesistenza di una chiara volontˆ di cooperazione manifestata dallĠinteressato e

c)      la rottura di ogni legame con i presunti autori dei fatti.

Il titolo di soggiorno  valido ÒalmenoÓ sei mesi e pu˜ essere rinnovato ove ne sussistano le condizioni (art. 8).

In ordine al trattamento dei beneficiari del titolo di soggiorno, la Direttiva prevede che gli Stati membri assicurino a questi ultimi le cure mediche, lĠaccesso al mercato del lavoro, alla formazione professionale, allĠistruzione ed infine ai programmi esistenti previsti dallo Stato o dalle organizzazioni non governative, aventi come prospettiva lĠinserimento della persona nel contesto sociale di riferimento (artt. 9, 11, 12).

LĠart. 10 della Direttiva prevede infine norme specifiche a tutela dei minorenni.

La Direttiva, emanata in epoca successiva allĠentrata in vigore dellĠart. 18 T.U., differisce dalla disciplina italiana per alcuni aspetti.

In primo luogo essa attribuisce al titolo di soggiorno  carattere prevalentemente premiale: si prevede infatti che vengano autorizzate a soggiornare nello Stato di destinazione soltanto le persone che manifestino chiara volontˆ di collaborare con le autoritˆ competenti e che lĠutilitˆ della presenza della persona ai fini delle indagini o del processo penale abbia rilievo per il rilascio del titolo stesso.

Il c.d. Òperiodo di riflessioneÓ costituisce inoltre lĠaltro elemento non ravvisabile nella disciplina italiana.

Potrebbero dunque porsi, sotto entrambi i profili, problemi di necessario adeguamento, da parte dello Stato italiano, alla normativa europea. LĠItalia, infatti, non ha finora adottato norme specifiche in attuazione della Direttiva entro la scadenza del termine di adempimento previsto per il 5 agosto 2006.

Deve tuttavia rilevarsi che, con riferimento alla difformitˆ connessa alla necessaria collaborazione della vittima di tratta con lĠAutoritˆ competente, lĠordinamento italiano contiene norme sicuramente pi favorevoli, poichŽ lĠart. 18 T.U. separa il rilascio del permesso di soggiorno dalla necessaria collaborazione della vittima con lĠautoritˆ giudiziaria e rende meramente eventuale la denuncia nei confronti degli sfruttatori, si riconosce prioritˆ allĠaspetto della protezione della vittima rispetto alla finalitˆ di repressione del crimine. In tal senso lĠart. 4 della Direttiva 2004/81/CE attribuisce espressamente agli Stati membri  Òla facoltˆ di adottare o mantenere disposizioni pi favorevoli per le persone cui si applica la direttivaÓ.

In effetti, i principi generali del diritto comunitario prevedono che, in virt della finalitˆ di ravvicinamento delle legislazioni nazionali, la direttiva miri a fissare norme minime comuni, consentendo, spesso espressamente, al legislatore nazionale di fissare degli standard pi elevati, purchŽ nel rispetto della finalitˆ dalla stessa perseguita.

In ordine alla mancata previsione nellĠordinamento italiano del periodo di riflessione, pu˜ ritenersi, in virt dellĠorientamento prevalente nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, che la previsione contenuta nellĠart. 6 della direttiva sia immediatamente applicabile nel nostro ordinamento, poichŽ trattasi di norma chiara, precisa e incondizionata che non  stata recepita nellĠordinamento interno dello Stato nei termini prescritti.

In virt del principio sopradetto, infatti, il giudice nazionale deve disapplicare una norma interna incompatibile con una direttiva non recepita nell'ordinamento interno dello Stato, considerato dunque inadempiente, ove l'obbligo di cui trattasi sia incondizionato e sufficientemente preciso.

Nel caso di specie la disposizione contenuta nell'art. 6 sembra possedere le caratteristiche necessarie per sostenere la diretta applicazione della stessa nel nostro ordinamento interno.

QuestĠultima norma rende ulteriormente applicabile lĠinterpretazione indicata nel par. 8 circa la non punibilitˆ per il reato di ingresso o soggiorno irregolare previsto dallĠart. 10-bis T.U. dello straniero sprovvisto di un valido titolo di soggiorno che  in attesa di ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari.