COMUNICATO STAMPA

 

 

 

ANCORA MIGRANTI A RISCHIO DI DEPORTAZIONE IN LIBIA. POSSIBILI GRAVI VIOLAZIONI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE DA PARTE DELLITALIA E DA MALTA. LAPPELLO DELLASGI

 

 

 

Si dirige verso la Sicilia il barcone con oltre 300 migranti, tra i quali donne e minori, che da diversi giorni naviga nel mare in burrasca "scortato" dalla petroliera italiana Antignano. Ieri sembrava che le autorit maltesi avessero consentito ad una unit militare libico lingresso nella zona SAR di competenza maltese per riprendere i migranti e ricondurli in Libia. Come riferiva la Repubblica nel pomeriggio di domenica 25 ottobre, l'imbarcazione si trova(va) in questo momento in acque Sar (ricerca e soccorso) di competenza maltese, ma le autorit dell'isola - secondo indiscrezioni raccolte alla Valletta - avrebbero autorizzato Tripoli a inviare la nave da guerra Al Hani per riportare in Libia gli immigrati. Secondo il giornale, tecnicamente non si tratterebbe di un vero e proprio respingimento, ma della rinuncia da parte dei Paesi dell'Unione Europea a prestare soccorso al barcone, delegando alla Libia ogni responsabilit.

 

E un fatto positivo che la petroliera Antignano, su richiesta delle autorit italiane abbia portato soccorso al barcone in difficolt, rifornendolo di viveri, dopo il secco rifiuto maltese di intervenire in alcun modo. Tuttavia tale iniziale operazione di soccorso non pu avere come sua conclusione quella di restituire i migranti stessi ad ununit navale libica. Per questa ragione, anche se il barcone sembra ormai dirigere verso la Sicilia, occorre ribadire, anche per future vicende che potrebbero concludersi tragicamente, che in mare non pu essere consentita alcuna omissione di soccorso, e che gli obblighi di salvataggio previsti dalle convenzioni internazionali vanno adempiuti con la massima tempestivit, senza attendere lintervento di mezzi militari in funzione di contrasto dellimmigrazione clandestina. Senza la eccezionale perizia del comandante della petroliera italiana Antignano, che nel mare in burrasca a forza otto ha coperto la navigazione del barcone carico di migranti, le scelte maturate a livello di governo tra Malta, lItalia e la Libia avrebbero potuto avere oggi conseguenze tragiche con centinaia di vittime innocenti.

 

 

 

LASGI ritiene infatti che, in base al diritto internazionale, incomba su Malta o sullItalia, paesi che hanno coordinato e gestito le operazioni di soccorso in questa ed in altre occasioni passate, lobbligo di condurre i migranti, che non risulterebbero essere cittadini libici e tra i quali vi sarebbero molti potenziali richiedenti asilo, verso un place of safety, ovvero un porto sicuro, che non certo configurabile in Libia, sia per gli abusi che in quel paese vengono inflitti ai migranti, sia perch la Libia non ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra sui rifugiati.  Questo obbligo va adempiuto adesso dallItalia con la massima tempestivit, senza attendere ulteriori accertamenti medici, dopo che si diffusa la notizia che una imbarcazione militare italiana con alcuni medici a bordo sarebbe partita da un porto siciliano per andare incontro al barcone che a lento moto, dopo il rifiuto di ingresso frapposto dalle autorit maltesi, naviga ormai verso le coste italiane.

 

 

 

LASGI ricorda, per questo caso e per gli altri simili che si potrebbero verificare in futuro, alle autorit italiane e maltesi che lart. 12 del Codice delle frontiere Schengen prevede che le autorit di polizia possano operare dei respingimenti nei confronti dei migranti che tentano di entrare nel territorio di uno stato dellUnione in violazione delle norme sullingresso, ma che questo potere, come autorevolmente richiamato in modo costante dalla Corte Europea dei diritti dellUomo di Strasburgo, non pu essere esercitato in contrasto con i diritti fondamentali della persona, tra i quali va annoverato il diritto di chiedere asilo

 

 

 

Il principio di  non refoulement ( non respingimento), sancito dallart. 33 della Convenzione di Ginevra e dal Protocollo 4 della CEDU , nonch il divieto di esporre ogni persona al rischio di subire torture o trattamenti disumani o degradanti di cui allart. 3 della CEDU, si attuano senza alcuna limitazione territoriale anche al di fuori delle frontiere statuali, e quindi anche in acque internazionali, quando, come nel caso concreto, c il rischio che le persone respinte verso un paese terzo come la Libia che non in grado di fornire alcuna protezione e dal cui territorio possano essere successivamente deportate verso i paesi di origine nei quali possono subire arresti arbitrari, torture o altri trattamenti disumani o degradanti.

 

 

 

Al fine di non porre in essere gravissime violazioni del diritto internazionale di cui sarebbero responsabili, e delle quali dovrebbero essere chiamate a rispondere di fronte alle autorit giudiziarie nazionali e di fronte agli organi comunitari, lASGI lancia un accorato appello alle autorit italiane e alle autorit maltesi affinch il barcone con i migranti venga tempestivamente portato in un porto sicuro, in Italia dopo che Malta ha rifiutato qualsiasi collaborazione. E che lo stesso venga fatto se in futuro si dovessero verificare altri casi simili. Non si pu affidare alla perizia ed al coraggio di un comandante di una nave commerciale lespletamento di una operazione di salvataggio che compete alle unit militari di un paese, le uniche ad avere i mezzi adatti per svolgere tali operazioni con la massima tempestivit e sicurezza. Esattamente come avveniva nel 2008, fino a quando il governo italiano, a seguito degli accordi con la Libia, non ha deciso di modificare le regole di intervento delle unit militari italiane nelle acque del Canale di Sicilia, per non lanciare messaggi che secondo alcuni avrebbero addirittura incentivato le partenze dalle coste dei paesi nordafricani.

 

 

 

Queste scelte del governo italiano si sono tradotte in centinaia di casi di respingimento collettivo verso la Libia per i quali lASGI ha presentato un esposto alla Commissione Europea e sui quali si dovrebbe pronunciare anche la Corte Europea dei diritti dellUomo.

 

 

 

Auspichiamo che la giustizia internazionale, e gli organi comunitari, a differenza di quanto avvenuto finora in Italia, esprimano una forte censura verso i comportamenti omissivi dei governi e contribuiscano in questo modo ad evitare che i casi di omissione di soccorso finalizzati al respingimento collettivo, o, peggio, le operazioni di trasbordo violento, continuino a verificarsi impunemente nella totale assuefazione dellopinione pubblica.

 

 

 

 

 

Italia, 26 ottobre 2009