NUOVE PRASSI DI
RESPINGIMENTO COLLETTIVO. ANCORA MIGRANTI A RISCHIO DI DEPORTAZIONE IN LIBIA.
GLI ACCORDI SEGRETI CONCLUSI A FEBBRAIO 2009
DA MARONI A TRIPOLI OLTRE I PROTOCOLLI ITALIA LIBIA DEL 2007 E IL TRATTATO DI
AMICIZIA DEL 2008. ED ADESSO ANCHE OMISSIONE DI SOCCORSO ED INTERVENTO DEI
MEZZI MILITARI LIBICI.
Rischia di essere
respinto in Libia il barcone con oltre 300 migranti, tra i quali donne e
minori, che da diversi giorni naviga nel mare in burrasca "scortato"
dalla petroliera italiana Antignano. I governi italiano e maltese, piuttosto
che effettuare un vero e proprio respingimento in acque internazionali,
pratica illegale attuata su vasta scala nel corso dellestate, stanno chiamando
in soccorso un mezzo militare libico,che dovrebbe bloccare limbarcazione,
trasbordare i migranti, in modo da
impedire loro di raggiungere le acque territoriali e fare valere i loro
diritti, di chiedere asilo, di fare valere la loro condizione di vittime del
traffico, di minori, di donne abusate da trafficanti e poliziotti. In queste
ore sono a rischio centinaia di vite, tra lindifferenza dellopinione pubblica
italiana e il cinismo dei governanti che hanno concluso gli accordi di
respingimento e di riammissione. In caso di dirottamento o di trasbordo violento
potrebbero esserci un numero incalcolabile di vittime, anche donne e bambini.
Come riferisce la Repubblica nel pomeriggio di domenica 25 ottobre,
l'imbarcazione si trova in questo momento in acque Sar (ricerca e soccorso) di
competenza maltese, ma le autorit dell'isola - secondo indiscrezioni raccolte
alla Valletta - avrebbero autorizzato Tripoli a inviare la nave da guerra Al
Hani per riportare in Libia gli immigrati. Secondo il giornale, tecnicamente
non si tratterebbe di un vero e proprio respingimento, ma della rinuncia da
parte dei Paesi dell'Unione Europea a prestare soccorso al barcone, delegando
alla Libia ogni responsabilit.
In realt si tratta
di una vera e propria omissione di soccorso, considerando le condizioni del
mare e la situazione dei naufraghi che dopo avere rischiato di annegare,
potrebbero adesso essere ricondotti nei lager libici.
E qui ricorre anche
una ulteriore violazione del divieto di respingimenti collettivi, sancito
dallart. 4 del Protocollo 4 della Convenzione Europea a salvaguardia dei
diritti dellUomo, perch i naufraghi avrebbero diritto di essere accolti da
Malta o dallItalia, paesi che hanno coordinato e gestito le operazioni di
soccorso, e che in base al diritto internazionale del mare avrebbero lobbligo
di condurre i migranti verso un place of safety, un porto sicuro, che non
certo configurabile i Libia, sia per gli abusi che in quel paese vengono inflitti
ai migranti, sia perch la Libia non ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra
sui rifugiati.
Nella mattina di domenica 25 ottobre la centrale operativa delle Capitanerie di
Porto di Roma aveva inviato una nuova segnalazione alla Marina maltese,
sollecitando l'intervento delle loro motovedette. Secondo i maltesi, tuttavia, i migranti a bordo del barcone
non sarebbero stati in una situazione di pericolo e dunque da parte maltese non
si ritenuto necessario effettuare
alcun intervento di soccorso. Era stata la Guardia costiera italiana,
dopo l'Sos lanciato con un telefono satellitare dall'imbarcazione, a dirottare
venerd sera nella zona, al confine tra le acque libiche e quelle maltesi, la
petroliera Antignano. La nave, oltre a rifornire gli immigrati di viveri e
generi di prima necessit, ha navigato a ridosso del barcone per proteggerlo
dalle onde. Tra gli extracomunitari a bordo del barcone vi sono dei potenziali
rifugiati, come alcuni profughi eritrei in grado di fare richiesta d'asilo. Se
lItalia ha assunto una responsabilit nella operazione di salvataggio del
barcone proveniente dalla Libia, deve portare adesso a compimento tale azione
garantendo lo sbarco dei migranti in un porto sicuro, dunque esclusivamente
in Italia o a Malta.
Su questi fatti, alla
luce dei protocolli e degli accordi sottoscritti dallItalia con la Libia,
dovr indagare la Commissione Europea, in attesa che la magistratura italiana
prenda atto che gli abusi ed i comportamenti omissivi commessi in acque
internazionali da autorit statali, impegnate in attivit di contrasto
dellimmigrazione clandestina, rientrano nella sua competenza, e configurano
quantomeno una vera e propria omissione di soccorso. Ma vengono violati anche
gli accordi internazionali, conclusi dallItalia, almeno quelli che il
Parlamento italiano ha potuto conoscere e ratificare. E non si comprende
neppure che fine ha fatto la missione FRONTEX che dovrebbe avere la sua base a
Malta. Una missione per contrastare limmigrazione clandestina. Ma non
evidentemente per salvare la vita umana in mare.
Il primo Protocollo
firmato a Tripoli nel dicembre del 2007 dallallora ministro degli interni
Amato non fa riferimento alla riconsegna di migranti imbarcati su unit
italiane con il trasbordo su unit libiche, o addirittura con lingresso in un
porto libico ( come avvenuto il 7 ed 8 maggio scorso), e anzi richiama espressamente
come limite invalicabile il rispetto dei diritti fondamentali della persona
sanciti dalle Convenzioni internazionali. Nessuna clausola dei protocolli
autorizza la riconsegna in mare ed il trasbordo dei migranti irregolari da
unit militari italiane a mezzi della marina militare libica, come si verifica
da oltre tre mesi, nelle forme di respingimento collettivo ed indiscriminato. E
sarebbe ancora vano ricercare una base giuridica dei respingimenti collettivi
verso la Libia nel Trattato di amicizia tra Italia e Libia, firmato nel 2008
da Berlusconi con Gheddafi, nel quale, in materia di contrasto
dellimmigrazione irregolare a mare, ci si limita a fare richiamo ai protocolli
sottoscritti a Tripoli nel dicembre del 2007 da Amato e da Manganelli.
Nessuna previsione
dell Accordo di cooperazione nel campo della lotta al terrorismo, alla
criminalit organizzata, ed al traffico degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, sottoscritto tra i due Paesi a Roma il 13.12.2000, al quale si fa
riferimento nei protocolli firmati a Tripoli, autorizza la prassi dei
respingimenti collettivi, come invece affermato ripetutamente dal Ministro
dellinterno italiano agli organi di stampa nel corso dellestate.
In base allarticolo
2 del Protocollo firmato a Tripoli il 29 dicembre 2007 dal ministro Amato,
lItalia e la Grande Giamahiria organizzeranno pattugliamenti marittimi con 6
unit navali cedute temporaneamente dallItalia. I mezzi imbarcheranno equipaggi misti con personale libico e
con personale di polizia italiano per l'attivit di addestramento, di
formazione, di assistenza tecnica all'impiego e manutenzione dei mezzi. Dette
unit navali effettueranno le operazioni di controllo, di ricerca e salvataggio
nei luoghi di partenza e di transito delle imbarcazioni dedite al trasporto di
immigrati clandestini, sia in acque territoriali libiche che internazionali,
operando nel rispetto delle Convenzioni internazionali vigenti, secondo le
modalit operative che saranno definite dalle competenti autorit dei due Paesi.
In realt, in base agli accordi conclusi da Maroni a Tripoli lo scorso
febbraio, quelle imbarcazioni, come altre imbarcazioni militari libiche possono
anche operare in acque internazionali, andando a riprendere i migranti che
fuggiti dalla Libia stanno per raggiungere Malta o lItalia, per chiedere
asilo, o comunque per salvare la vita. Cos i governi europei rimangono con le
mani pulite, anche a rischio di commettere una vera e propria omissione di
soccorso, come sta accadendo in queste ore.
LUnione
Europea e la Corte Europea dei diritti dellUomo, organismo che fa capo al
Consiglio dEuropa dovranno sanzionare lItalia e Malta per la grave violazione
dei doveri di protezione loro incombenti nei confronti di quanti sono
intercettati, o meglio salvati, in acque internazionali, e che in ragione della
loro provenienza o delle loro condizioni attuali non possono essere respinti
verso la Libia. Non si tratta soltanto di richiedenti asilo, ma di tutte quelle
persone che -se respinte in Libia- potrebbero essere esposte ad un trattamento
disumano o degradante, vietato dallart. 3 della Convenzione Europea a
salvaguardia dei diritti delluomo.
Lart.
12 del Codice delle frontiere Schengen prevede che le autorit di polizia
possano bloccare i migranti che tentano di entrare nel territorio di uno stato
Schengen, ma secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia questo potere
non pu essere esercitato in contrasto con i diritti fondamentali della persona
umana, tra i quali va annoverato il diritto di chiedere asilo ed il diritto a
non subire respingimenti collettivi. Chiunque venga raccolto a bordo di una
unit battente bandiera italiana in attivit di controllo delle frontiere
marittime, si trova in territorio italiano e se fa richiesta di asilo, o se si
tratta di un minore, non pu essere riconsegnato alle autorit di un paese
terzo come la Libia, soprattutto quando non pu essere stabilita la esatta
provenienza delle persone raccolte in mare. Chi contravviene queste regole
viola il diritto internazionale e questa stessa violazione andrebbe sanzionata
anche dal giudice penale italiano quanto meno come abuso di ufficio, se non
come omissione di soccorso o vero e proprio sequestro di persona. Sono forse
queste le ragioni per le quali per giorni si negato un intervento di
assistenza, affidando ad una petroliera il compito di spianare il mare in
burrasca, a lato del barcone carico di migranti, ed adesso si affida ai libici
il lavoro sporco di effettuare concretamente la deportazione.
Il
principio di non refoulement ( non
respingimento), sancito dalla Convenzione di Ginevra, vale anche in acque
internazionali, ed anche quando cՏ il rischio che le persone respinte verso un
paese terzo come la Libia siano successivamente deportate verso i paesi di
origine nei quali possono subire arresti arbitrari, torture o altri trattamenti
disumani o degradanti. Una
violazione del principio di non respingimento da parte di quei paesi come Malta
e lItalia che dovrebbero garantire soccorso ed assistenza, e non invece
consentire deportazione ed arresti arbitrari. Per questo motivo chiamare le unit militari libiche per
ricondurre i migranti che si trovano in acque internazionali equivale ad u
respingimento collettivo vietato da tutte le convenzioni internazionali. Come
noto il leader libico Gheddafi un grande amico ( oltre che di Berlusconi) del
dittatore eritreo e la Libia deporta in Eritrea centinaia di giovani fuggiti
per sottrarsi al carcere a tempo indeterminato che in quel paese sanziona chi
non vuole subire la leva obbligatoria ( anche per le donne). Carcere e torture
sono confermati dai giovani della diaspora eritrea che hanno raggiunto lEuropa
ed hanno ottenuto il riconoscimento dello status di asilo.
Chiediamo
alla Commissione Europea di fare luce sui rapporti tra le operazione
dellagenzia europea per il controllo delle frontiere FRONTEX e le attivit di
pattugliamento congiunto e di respingimento collettivo poste in essere dalle
autorit italiane e libiche. Chiediamo inoltre di conoscere le attivit di
salvataggio poste in essere dalle unit aero-navali di Frontex nelle acque
internazionali e nella zona SAR di competenza della Repubblica maltese, anche
con riferimento alla tragica vicenda tuttora in corso.
Chiediamo
alla magistratura italiana ed agli organismi dellUnione Europea di accertare
ed eventualmente sanzionare linadempimento degli obblighi di protezione nei
confronti delle persone in pericolo di vita a mare, poste in essere dalle
autorit maltesi, o durante operazioni di pattugliamento o di salvataggio
coordinate dalle stesse autorit nella zona SAR ( Ricerca e soccorso) di
competenza della Repubblica maltese.
Attendiamo che le corti internazionali, e, sarebbe tempo, qualche magistrato
italiano, trovino la forza e la coerenza per comminare al governo italiano ed
al governo maltese, una condanna esemplare. Condanne e procedure di infrazione da parte della Commissione
Europea che andrebbero estese ai responsabili operativi dellAgenzia FRONTEX,
ove se ne accertassero responsabilit omissive o violazioni delle normative
comunitarie e/o internazionali.
Fulvio Vassallo
Paleologo
Universit di Palermo