ASGI

 

Newsletter n. 10 del 16 settembre 2009

 

 

 

SEGNALAZIONI NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

 

 

 

 

NORMATIVA

 

 

1. Disposizioni in materia di sicurezza pubblica

 

Pubblicata la legge contenente le restrizioni della condizione giuridica degli stranieri. In vigore dall'8 agosto 2009. Le circolari applicative.

 

La legge 15 luglio 2009, n. 94, recante 'Disposizioni in materia di sicurezza pubblica' è stata pubblicata sul supplemento della Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2009 ed e' entrata in vigore l'8 agosto 2009.

Circolari applicative

Circolare del Ministero dell'Interno del 31 agosto 2009
Permessi di soggiorno ex art. 19, comma 2, lettera c .

 

Circolare del Ministero dell'Interno prot. 4820 del 27 agosto 2009
Legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica".Indicazioni operative sull'accordo d'integrazione, Alte professionalita',ricongiungimento familiare.

Circolare del Ministero dell'Interno n. 19 del 7 agosto 2009
Legge 15 luglio 2009, n.94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica". Indicazioni in materia di anagrafe e di stato civile.

Circolare del Ministero dell'Interno del 6 agosto 2009
Legge 15 luglio 2009, n.94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica". Modifiche in materia di cittadinanza.

Circolare del Ministero dell'Interno - Capo di Gabinetto - del 5 agosto 2009
Legge 15 luglio 2009, n.94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica".

 

 

Corte di Cassazione - relazione sulle novità della legge n. 94/2009 (sicurezza pubblica)

 

La Corte di Cassazione pubblica una relazione illustrativa delle novità legislative apportate dalla legge 15 agosto 2009, n. 94 (“Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”)

 

 Corte di Cassazione, relazione n. III/09 dd. 27 luglio 2009 avente per oggetto "Novità legislative - legge 15 luglio 2009, n. 94 recente "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica"

 

2. Flussi 2009: le quote per la partecipazione a corsi di formazione e tirocini

 

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto che stabilisce il numero dei visti per motivi di studio da rilasciare ai cittadini stranieri per l'anno 2009.

 

In base all'art. 44-bis, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999, e' stato rinnovato il contingente di ingressi per motivi di studio stabilito per l'anno precedente (D.M. 9 luglio 2008 Gazzetta Ufficiale n.187 del 11/08/2008).
Infatti la normativa in vigore prevede che, in caso di mancata pubblicazione entro il 30 giugno di ciascun anno del decreto di programmazione annuale del contingente, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nel secondo semestre dell'anno, puo' provvedere, in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente.
Il contingente  per  il 2009 degli ingressi di stranieri per la partecipazione a corsi di formazione professionale e tirocini formativi prevede 5 mila ingressi per  la  frequenza  a  corsi  di  formazione professionale  finalizzati  al riconoscimento di una qualifica o alla certificazione  delle  competenze acquisite di durata non superiore a 24  mesi e 5 mila ingressi  per  lo svolgimento di tirocini di formazione e d'orientamento  in  funzione  del  completamento  di  un percorso di formazione professionale   . Nel D.M. 29 luglio 2009 le quote  sono ripartite tra le regioni e province autonome.

DECRETO Ministro del Lavoro, della salute e delle politiche sociali 29 luglio 2009 - Contingente  per  l'anno  2009  relativo  all'ingresso di cittadini stranieri per la partecipazione a corsi di formazione professionale e tirocini formativi. (G.U. 3 settembre 2009 n. 204)

 

                                                                        

3.  Ministero dell'Interno : linee guida sui contenziosi agli sportelli Unici dell'Immigrazione

 

Profili giurisprudenziali e conformi linee di indirizzo diramati dal Viminale per ridurre le controversie in materia d'immigrazione e diffondere le buone prassi individuate nel monitoraggio ordinario .

 

Circolare del Ministero dell'Interno, Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione, Direzione Centrale per le Politiche dell'Immigrazione e dell'Asilo, Servizio II Ufficio Studi e contenzioso del 13 agosto 2009 avente ad oggetto "Attività degli Sportelli Unici dell'Immigrazione. - Insufficiente motivazione dei provvedimenti di rigetto di nulla osta all'avviamento al lavoro ed in materia di ricongiungimento familiare - Soccombenza giurisdizionale e condanna dell'amministrazione alla rifusione delle spese legali  - Possibile configurazione di responsabilità per danno erariale - Profili giurisprudenziali e conformi linee di indirizzo in materia espulsione, di allontanamento e di revoca in autotutela."

 

 

4. Cittadinanza : nuove istanze, istruzioni per il versamento.

 Il Ministero dell'interno ha diffuso una circolare per chiarire le modalità di pagamento introdotte dalla legge 94/2009 per chi intende chiedere la cittadinanza italiana dopo l'8 agosto 2009.

 

Con la legge 15 luglio 2009, n.94 ('Disposizioni in materia di sicurezza pubblica') sono state introdotte diverse novità riguardanti i requisiti necessari per ottenere la cittadinanza italiana. E' stato previsto un versamento di un contributo di 200 euro (articolo 1, comma 12, della legge) da effettuare attraverso un bollettino postale al conto corrente n.809020 intestato a 'Ministero dell'Interno DLCI - cittadinanza'  .

I bollettini di conto corrente possono essere ritirati presso le Prefetture o presso gli uffici postali dotati di 'Sportello Amico'. Il versamento del contributo per le istanze di cittadinanza presentate all'estero potrà essere effettuato tramite bonifici esteri o attraverso il circuito europeo esistente tra le organizzazioni postali aderenti.

Lo rende noto il dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione con una circolare del 2 settembre 2009, alla quale è allegato il fac simile del bollettino.


Vedere anche :


17 agosto 2009 - Acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio - Trattamento delle istanze pendenti

Una circolare del Ministero dell'Interno sul trattamento delle istanze di acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio pendenti alla data dell'8 agosto 2009

 

 

SEGNALAZIONI GIURISPRUDENZIALI

 

 

INGRESSO

 

TAR Lombardia e decreto flussi 2007: i datori di lavoro hanno diritto al rilascio al nulla-osta di ingresso indipendentemente dall'orario di invio dell' istanza durante il "click day"

 

Il malfunzionamento del sistema informatico del Ministero di invio e ricezione delle domande ha reso impossibile la ricostruzione del corretto ordine di ricezione delle stesse.

 

Il TAR Lombardia accoglie il ricorso di 15 datori di lavoro alle cui richieste per il rilascio del nulla - osta all'ingresso di lavoratori extracomunitari nell'ambito del decreto flussi 2007 tramite il "click day", era stato attribuito un orario di arrivo al sistema informatico del ministero dell'Interno considerato arbitrario in conseguenza delle disfunzioni e del malfunzionamento del sistema stesso.

Secondo il TAR Lombardia, le nozioni che regolano il decreto flussi 2007 quali quelle di "quota di ingresso", di "quota disponibile" e di "ultima domanda in quota" presuppongono  un criterio temporale di ammissione delle domande e dunque richiedono un funzionamento ineccepibile del sistema informatico che gestisce l'afflusso delle domane. Le manchevolezze ed il malfunzionamento del sistema informatico, accertato nel corso del procedimento, ha determinato dunque una evidente violazione dei principi di pubblicità e trasparenza, nonché di buon andamento della Pubblica Amministrazione. La conseguenza logica della sentenza del TAR è quella per cui ciascun datore di lavoro che abbia presentato una richiesta di nulla osta all'ingresso di lavoratori extracomunitari in occasione del "click day" di cui al decreto flussi 2007 potrebbe dunque rivendicare il proprio diritto a vedere soddisfatta la propria richiesta, indipendentemente dall'orario di ricezione al sistema informatico notificato dal Ministero.


TAR Lombardia, sezione IV, sentenza n.4596/09

 

CITTADINANZA 

 

Cittadinanza italiana anche ai figli della donna che l'ha persa a causa del matrimonio con uno straniero. Nuova sentenza della Corte di Cassazione che afferma il diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana ai discendenti delle donne, già cittadine italiane, che hanno perduto lo status civitatis per effetto di matrimonio con cittadino straniero anteriormente al 1 gennaio 1948.

La Corte di Cassazione, nel solco del nuovo orientamento giurisprudenziale avviato dalla storica sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 4466 dd. 25 febbraio 2009, ha stabilito che, per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983,  deve essere riconosciuto, in sede giudiziale, ed automaticamente il diritto allo "status" di cittadino italiano ai discendenti diretti della donna che l'abbia perduta per essersi coniugata con cittadino straniero anteriormente al 1 gennaio 1948,  anche se nati prima di tale data e  nel vigore della L. 555/1912. La nuova sentenza della Corte di Cassazione (n. 17548) ribadisce in sostanza quanto già affermato nella citata sentenza delle Sezioni Unite. Pur condividendo il principio dell'incostituzionalità sopravvenuta, secondo il quale la declaratoria d'incostituzionalità delle norme precostituzionali produce effetto soltanto sui rapporti e le situazioni non ancora esaurite alla data del 1° gennaio 1948, non potendo retroagire oltre l'entrata in vigore della Costituzione, la Corte di Cassazione afferma che il diritto di cittadinanza in quanto "status" permanente ed imprescrittibile, salva l'estinzione per effetto di rinuncia da parte del richiedente, è giustiziabile in ogni tempo (anche in caso di pregressa morte dell'ascendente o del genitore dai quali deriva il riconoscimento) per l'effetto perdurante anche dopo l'entrata in vigore della Costituzione dell' illegittima privazione dovuta alla norma discriminatoria dichiarata incostituzionale. 

La sentenza della Cassazione nasce dal ricorso di un fratello e sorella, nati da madre cittadina italiana d'origine e padre cittadino libanese. La madre aveva perso la cittadinanza italiana per aver sposato il cittadino libanese prima del 1948.

In pratica, per effetto dell'orientamento della  Suprema Corte,  tutti i discendenti in linea retta delle cittadine italiane che dal 1912 sono emigrate e si sono sposate con stranieri prima del  1948, perdendo la cittadinanza italiana prima dell'entrata in vigore della Costituzione italiana, possono richiedere ora giudizialmente il riconoscimento della cittadinanza italiana.

Corte di Cassazione, Sez. prima, sentenza 13 maggio - 28 luglio 2009, n. 17548.

Sentenza n. 4466 del 25/02/2009 Cassazione Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore F. Forte 

 

ASILO

La Suprema Corte, sezioni unite, afferma la giurisdizione del giudice civile  e non di quello amministrativo in merito alla concessione della protezione umanitaria ex art. 5, commi 6 e art. 19 del d.lgs. n. 286/98.

Di fronte ai contrastanti orientamenti espressi dai giudici ordinari ed amministrativi, la Suprema Corte afferma che la fattispecie della protezione umanitaria è riconducibile alla categoria dei diritti umani fondamentali e dunque vi è identità di natura con le altre situazioni giuridiche connesse al riconoscimento dello status di rifugiato o dell’asilo costituzionale. Poiché la giurisdizione sui diritti umani fondamentali, in mancanza di norma espressa che disponga diversamente, spetta al giudice ordinario, il ricorso del richiedente asilo avverso il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero in subordine del diritto costituzionale all’asilo, ovvero in subordine ancora della protezione umanitario, non può essere scisso tra  diverse giurisdizioni, ma vi sarà un unico giudice competente, quello ordinario, appunto.

 

Corte di Cassazione, sez. unite, sentenza n. 19393/2009 dd. 09 settembre 2009

 

PENALE

 

1. Rinvio alla Corte Costituzionale della norma sui reati di ingresso e soggiorno illegale

 

Il Tribunale penale di Pesaro solleva dinanzi alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 bis del d.lgs. n. 286/98

 

Prima eccezione di incostituzionalità sollevata da un giudice nei confronti dell'art. 10  bis del d.lgs. n. 286/98, introdotto dall'art. 1 c. 16 a) della legge n. 94/2009 (" Disposizioni in materia di sicurezza"), che ha introdotto i reati contravvenzionali di ingresso illegale e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Nel corso del procedimento penale avviato nei confronti di un cittadino senegalese illegalmente presente in Italia, con ordinanza di remissione degli atti alla Corte Costituzionale dd. 31 agosto 2009, il giudice penale di Pesaro ha ritenuto non manifestamente infondate le eccezioni di incostituzionalità sollevate nei confronti dell'art. 10 bis. Il giudice rileva il possibile   contrasto della norma con una serie di principi costituzionali: innanzitutto, con il principio di ragionevolezza che deve presiedere all'esercizio dell'attività legislativa in materia penale; poi,  con il principio di uguaglianza e di personalità della responsabilità penale perché la condizione di immigrazione irregolare viene di per sé associata ad un comportamento pericoloso socialmente a prescindere dalle situazioni individuali e, perché, non viene tenuta in alcuna considerazione la possibilità dell'assenza del  giustificato motivo quale elemento costitutivo del reato; ulteriormente, con il principio di solidarietà sociale, perché l'introduzione del reato determina ed induce ad una condizione di isolamento e di rifiuto da parte della società nei confronti dell'immigrato.

Il testo dell'ordinanza del Tribunale di Pesaro - sezione penale, R.N.R. 2823/09 (R.G. TRIB. 829/09 del 31.08.2009)

 

 

2. Mandato d'arresto europeo ed esecuzione delle pene detentive.

Dinanzi alla Corte Costituzionale il quesito se sia legittima l'esclusione del cittadino comunitario residente in Italia dalla possibilità di scontare nel nostro paese la pena detentiva emanata dall'autorità giudiziaria di un altro paese membro dell'UE

 

La Corte di Cassazione pone alla Corte Costituzionale la questione della legittimità costituzionale della norma della legge attuativa  delle disposizioni comunitarie in materia di mandato d'arresto europeo che  consentono solo al cittadino italiano e non anche a quello  comunitario residente in Italia  di richiedere di scontare la pena nel nostro Paese in relazione ad una richiesta  per l'esecuzione di una pena detentiva emessa da un altro paese comunitario.

Il giudice di legittimità  parte dal presupposto che la legislazione comunitaria (Decisione quadro 2002/584/GAI) prevede la possibilità che l'autorità giudiziaria chiamata ad eseguire un mandato d'arresto emesso dall'autorità di  un altro Paese comunitario ai fini dell'esecuzione di una pena detentiva definitiva possa rifiutare la consegna qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro richiesto, in quanto cittadino nazionale o straniero ivi residente (art. 4 comma 6). La finalità della norma è quella di consentire che l'esecuzione della pena corrisponda alle funzioni di risocializzazione e reinserimento del condannato, rendendo possibile il mantenimento dei suoi legami famigliari e sociali, che potrebbero essere prevalenti nel Paese richiesto di dimora del ricercato piuttosto che nel Paese, anche se quello di origine,  ove la pena detentiva è stata emessa.

Nell'attuare la decisione quadro comunitaria, con la legge  n. 69 del 2005, il legislatore italiano ha previsto in relazione unicamente al cittadino italiano la possibilità di  negare  la consegna del ricercato  alle autorità dell'altro Paese membro richiedente al fine di eseguire una pena detentiva, negando invece tale possibilità  tout court in relazione al residente non cittadino, a prescindere dall'effettivo radicamento che questi possa avere sviluppato con il nostro Paese in termini di  legami ed  interessi affettivi, professionali od economici (art. 18 comma 1 lett. r) L. n. 69/2005).

A detta, dunque della Corte di Cassazione, tale disparità di trattamento tra cittadino nazionale e straniero residente porrebbe possibili profili di incostituzionalità in riferimento ai criteri di eguaglianza e ragionevolezza ed in relazione al principio universale della finalità rieducativa della pena, nonché porrebbe un profilo di contrasto tra la normativa interna e quella comunitaria, in violazione dell'art. 117 comma 1 Cost., così come un profilo di contrasto con il principio di non discriminazione di cui all'art. 12 del T CE.

Ulteriormente, la Corte di Cassazione sottolinea l'irragionevolezza della distinzione prevista nella legislazione nazionale tra cittadini nazionali e stranieri residenti nella possibilità di richiedere il respingimento della richiesta di consegna al paese di emissione di un  mandato di arresto europeo per l'esecuzione di una pena detentiva definitiva (c.d mandato d'arresto europeo "esecutivo") rispetto all'eguaglianza di trattamento invece prevista in relazione ai c.d. mandati di arresto europei "processuali" ove, al contrario, vale tanto per il cittadino italiano quanto per lo straniero residente la norma per cui la consegna della persona ai fini dello svolgimento di un'azione penale nello Stato membro richiedente (ad es. un processo penale) possa essere subordinata al rinvio nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena, una volta terminata l'azione penale nello Stato richiedente.

La questione di legittimità  posta dinanzi alla Corte Costituzionale in relazione alla disparità di trattamento tra cittadini italiani e stranieri contenuta nelle norme attuative  della legislazione comunitaria in materia di mandato di arresto europeo esecutivo è suscettibile di condizionare il dibattito  sull'attuazione della decisione quadro comunitaria  2008/909/GAI del 27 novembre 2008 relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea.  La legge comunitaria approvata dal Parlamento italiano il 23 giugno scorso, prevede all'art. 52 la delega al Governo per l'attuazione della suddetta decisione quadro. Il governo italiano ha annunciato l'intenzione  di attuare la decisione quadro al fine di consentire di rendere più certe e rapide le procedure per il trasferimento dei detenuti di paesi comunitari nei rapporto con gli altri Stati membri, e con la Romania in particolare. Vale la pena sottolineare, tuttavia, che la decisione quadro comunitaria ha come finalità principale quella di aumentare la possibilità di reinserimento sociale  della persona condannata e, a tale fine,   prima di assumere una decisione in materia di riconoscimento ed esecuzione della pena,  le autorità dei paesi membri sono chiamate a cooperare nella valutazione, fra l'altro,  del luogo di principale radicamento dei legami familiari, linguistici, sociali, economici o di altro tipo, e, in relazione a questo, a richiedere l'opinione della persona condannata,  almeno in quei procedimenti ove ad es. questa persona  sia stata condannata ad  una pena detentiva nel paese di residenza, diverso da quello di cittadinanza, e ove non vi sia un provvedimento espulsivo inserito nella sentenza o decisione giudiziaria.

Stando alle statistiche diffuse dal sottosegretario Caliendo nel corso della seduta della Camera dei Deputati del 30 luglio scorso, in risposta ad un'interrogazione parlamentare in merito alle problematiche relative ai detenuti di nazionalità romena presentata dall'on. Melis (PD), alla data del 28 luglio 2009, negli istituti di pena italiani risultavano essere presenti 23.473 detenuti stranieri, e di essi, 2.921 erano cittadini rumeni.

Corte di Cassazione, sezione feriale, ordinanza 1 settembre 2009, n. 34213. Depositata il 4 settembre 2009.

Risposta del sottosegretario Caliendo all'interrogazione in merito alle problematiche relative ai detenuti di nazionalità romena, Commissione giustizia Camera dei Deputati, 30 luglio 2009

Decisione quadro comunitaria 2008/909/GAI dd. 27 novembre 2008 (reciproco riconoscimento delle sentenze penali).

 

3. Il reato di mancata esibizione dei documenti di identità si applica anche allo straniero irregolare

 La Corte di Cassazione ribadisce che il reato contravvenzionale di cui all'art. 6 c. 3 del d.lgs. n. 286/98 può applicarsi allo straniero in genere.

 

 Il reato contravvenzionale di mancata esibizione, senza giustificato motivo, dei documenti di identificazione di cui all'art. 6 c. 3 del d.lgs. n. 286/98 può  trovare applicazione, sussistendone le fattispecie, allo straniero in genere, anche a colui che abbia fatto ingresso illegale nel territorio dello Stato. La Cassazione smentisce un'interpretazione del tribunale di Venezia secondo cui la mancata esibizione dei documenti di identificazione poteva essere sanzionata ai sensi dell'art. 6 c. 3 del d.lgs. n. 286/98 solo nei confronti degli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, ma non nei confronti degli stranieri irregolari. Ribadendo una giurisprudenza consolidata, a partire dal pronunciamento della Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 45801 del 2003), il giudice di legittimità  afferma che la norma stabilisce l'obbligo dello straniero in genere, sia esso regolarmente soggiornante o meno sul territorio nazionale, di munirsi di un documento di identificazione e di esibirlo a richiesta degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza

 

Corte di Cassazione, seconda sez. penale, sentenza n. 34068/09 dd. 4 settembre 2009

 

 

 

ESPULSIONI

 

1. L’espulsione quale misura di sicurezza disposta nei confronti dello straniero condannato per associazione finalizzata al terrorismo  deve essere sospesa qualora egli abbia presentato ricorso alla CEDU contro l’esecuzione di detta misura, sostenendo il rischio di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti ovvero a tortura in caso di rientro nel paese di appartenenza. Lo esige il rispetto   dell’art. 39 del Regolamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Tuttavia, dal momento che il condannato risulta particolarmente pericoloso e che, nelle more del giudizio dinanzi alla CEDU lo stesso sarebbe scarcerato per fine pena, il giudice di sorveglianza dispone la misura di sicurezza della casa di lavoro per un anno, quale misura in grado di contenere la capacità criminale del ricorrente.



Ufficio di Sorveglianza di Nuoro, Ordinanza del 16 dicembre 2008, Magistrato di Sorveglianza Vezzi.

 

 

2. Tribunale di Modena - Nomina di un amministratore di sostegno per l'impugnazione dell'espulsione dello straniero incapace di agire

 

Il provvedimento espulsivo dello straniero disabile incapace di agire a causa di una malattia mentale può essere impugnato dall'amministratore di sostegno appositamente nominato dal giudice tutelare

 

All'amministratore di sostegno può essere demandato lo specifico compito di impugnare i provvedimenti dell'Autorità Amministrativa di allontanamento e/o espulsione del beneficiario dal territorio dello Stato italiano (Nella specie si trattava di cittadina marocchina affetta da schizofrenia paranoide, perciò impossibilitata a compiere, non comprendendone significato e rilievo, l'impugnazione -peraltro entro un'imminente scadenza- del decreto di espulsione emesso nei suoi confronti).  

Decreto del giudice tutelare del Tribunale di Modena del 20 luglio 2009

(da: http://www.dirittoegiustizia.it/)

 

 

 

RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE

 

L’istituto di diritto islamico della Kafala idoneo ai fini del ricongiungimento familiare del minore . Pronuncia del Tribunale di Brescia.

 

Il Tribunale di Brescia riconosce l'idoneità dell'affidamento consensuale di minore attraverso l'istituto di diritto marocchino della kafala ai fini del ricongiungimento familiare in Italia.  L'affidamento in Marocco attraverso l'istituto della Kafala è avvenuto in forma consensuale, cioè mediante un accordo diretto tra i  genitori naturali  e la famiglia di accoglienza, quella della sorella del marito; accordo che tuttavia ha avuto l’omologazione da parte del tribunale marocchino di prima istanza. Secondo il giudice di Brescia, tale omologazione da parte dell’autorità giudiziaria marocchina rende l’istituto della kafala conforme all’interesse del minore e scongiura la possibilità di eventuali abusi di detto istituto per aggirare le norme sull’immigrazione. il Tribunale di Brescia, inoltre,  ha ritenuto di dover riconoscere l'istituto della Kafala ai fini del ricongiungimento in Italia,  sostenendo che lo stato di abbandono del minore era sufficientemente provato anche in relazione alle prove testimoniali fornite nel corso del procedimento, ritenendo quindi soddisfatte le garanzie richieste dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 7472/2008.

 

Tribunale di Brescia, decreto 3 agosto 2009, n. 2724/2008 v.g.

 

Si veda anche

 

Tribunale di Rovereto, ordinanza del 21 maggio 2009

 

 

 

DIRITTI CIVILI – DISCRIMINAZIONI PER MOTIVI ETNICO-RAZZIALI

 

Identificazione e regolamenti dei campi nomadi - Il Consiglio di Stato sospende l'efficacia della sentenza del TAR Lazio. Il Consiglio di Stato accoglie l'istanza, presentata dal Governo, di sospensiva della sentenza del TAR Lazio che aveva annullato alcune parti delle ordinanze e dei regolamenti attinenti ai campi nomadi

 

Il Consiglio di Stato, con ordinanza  depositata il  26 agosto 2009, sospende in via cautelare l'efficacia della sentenza del TAR Lazio n. 6352/2009, che aveva annullato per illegittimità, alcune parti  delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri che hanno previsto l'identificazione ed il censimento delle persone, anche minori d'età, e dei nuclei familiari presenti nei campi nomadi, attraverso rilievi segnaletici. Al riguardo, i giudici del TAR Lazio avevano rilevato che  tali norme risultano in contrasto con quelle di rango superiore in materia di libertà personale, di cui all'art 4 del T.U.L.P.S. n. 773/1931, secondo cui l'Autorità di Pubblica Sicurezza può disporre rilievi segnaletici solo nei confronti di persone pericolose o sospette o nei confronti di coloro che non siano in grado o si rifiutino di provare la loro identità.

Il TAR Lazio, inoltre, con la sentenza n. 6352/2009 aveva  annullato alcune parti del Regolamento  delle aree destinate ai nomadi  nel territorio del comune di Milano, adottato dal Prefetto di Milano quale commissario delegato per l'emergenza nomadi in Lombardia, nonché del Regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella Regione Lazio, adottato dal Prefetto di Roma quale delegato per l'emergenza nomadi nel territorio della Regione Lazio. Tali regolamenti stabiliscono, tra l'altro, misure restrittive all'accesso delle persone nei centri  attrezzati destinati ai nomadi, alle possibilità di ricevere visite da parte di amici e famigliari, subordinano l'ammissione e la permanenza in detti centri  alla sottoscrizione di atti di impegno  al rispetto di disciplinari interni emanati dai Comuni, stabiliscono l'obbligo per le persone residenti in detti centri di esibire una tessera di riconoscimento e l'obbligatorietà all'avviamento a percorsi lavorativi e formativi. Il TAR Lazio aveva concluso che tali misure apparivano incompatibili con fondamentali libertà costituzionali quali la libertà di circolazione e di soggiorno di cui all'art. 16 Cost., la  libertà di scegliere la propria attività lavorativa, il diritto alla privacy  e al godimento delle relazioni familiari senza interferenze ingiustificate da parte dei poteri pubblici.

Nell'accogliere l'istanza presentata dal Governo di sospensione cautelare della sentenza di primo grado, Il Consiglio di Stato ha ritenuto "nella valutazione dei contrapposti interessi tipica della sola fase cautelare, allo stato prevalente quello delle Amministrazioni appellanti principali, ferma la necessità di un'approfondita valutazione nel merito tanto dell'appello principale quanto di quello incidentale laddove sollevano complesse e delicate questioni inerenti all'imprescindibile rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona in uno con il divieto, che pervade l'ordinamento nazionale ed internazionale, di qualsivoglia discriminazione razziale ed etnica".

Il testo dell'ordinanza del Consiglio di Stato n. 06400/2009 Reg. Ric. dd. 26 agosto 2009

 

 

DIRITTI CIVILI –DISCRIMINAZIONI PER ORIENTAMENTO SESSUALE

 


Matrimonio tra persone dello stesso sesso. Rifiuto di procedere alle pubblicazioni da parte dell'ufficiale dello stato civile, Ordinanza del Tribunale di Venezia  di rinvio alla Corte Costituzionale, 3 aprile 2009



 Riassunto: L'art. 29 della Costituzione, nel momento in cui attribuisce tutela costituzionale alla famiglia legittima - contribuendo essa, grazie alla stabilità del quadro delle relazioni sociali, affettive ed economiche che comporta, alla realizzazione della personalità dei coniugi -, non costituisce un ostacolo al riconoscimento giuridico del matrimonio tra persone dello stesso sesso. In questo senso, il Tribunale adito ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143 bis e 156 bis cc., nella parte in cui, sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso, per contrasto con agli artt. 2, 3, 29 e 117, 1° comma della Costituzione.

 

Tratto da www.olir.it

 

 

Il testo integrale dell’ordinanza del Tribunale di Venezia, 3 aprile 2009.

 

 

 

 

DIRITTI SOCIALI

 

Invalidità  civile con il permesso di soggiorno.

Nuove ordinanze a favore di  cittadini stranieri in possesso del permesso di soggiorno a cui l'INPS negava l'assegno d'invalidità.

 

il Tribunale di Genova, in sede di reclamo,  ha riconosciuto ad un cittadino marocchino titolare di solo permesso di soggiorno il diritto alla corresponsione dell’assegno di invalidità civile, per effetto della diretta applicazione dell’Accordo euromediterraneo tra l’Unione Europea ed il Marocco e della clausola ivi contenuta di parità di trattamento in materia di previdenza sociale, in grado di fondare posizioni soggettive direttamente tutelabili dinanzi al giudice nazionale.  Ugualmente, il Tribunale di Genova ritiene che l’assegno di invalidità vada riconosciuto allo straniero titolare di permesso di soggiorno sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa, alla luce  della sentenza n. 306/2008 della Corte Costituzionale.  L’ordinanza del Tribunale di Genova si affianca dunque all’importante   precedente giurisprudenziale  del Tribunale di Ravenna, che, con l’ordinanza 1 ottobre, 2008 [causa n. 140/2008, est. Riverso], aveva condannato l’INPS al pagamento dell’indennità di accompagnamento e della pensione di invalidità civile, a favore di un donna di nazionalità nigeriana invalida al 100% e non autonomamente deambulante per effetto di gravi patologie HIV correlate.

 

Il Tribunale di Vicenza, con ordinanza dd. 7 agosto 2009 (causa n. 948/09 R.L.),  avente natura di provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., ha ordinato all’INPS l’anticipazione al ricorrente dei ratei dell’assegno di invalidità sino dalla data di udienza di discussione della causa di merito, al termine della quale  ha anticipato che potrà essere sollevata la questione di legittimità costituzionale  dell’art. 80 c. 19 della legge n. 388/2000 con riferimento  all’art. 13 della legge n. 118/1971 . Il giudice del lavoro di Vicenza, al contrario del collegio del Tribunale di Genova, non ritiene che possa esserci spazio per una lettura costituzionalmente orientata della norma legislativa, considerato che i due precedenti giurisprudenziali costituzionali (sentenze n. 306/2008 e 11/2009) hanno riguardato fattispecie simili, ma non identiche a quella in esame. Tuttavia, il giudice di Vicenza ha voluto accogliere la richiesta di un provvedimento di urgenza a favore del cittadino straniero ricorrente  sostenendo l’esistenza del c.d. “fumus” boni iuris e del “periculum in mora”, quest’ultimo in ragione dell’eventualità che il ricorrente non possa ottenere nel frattempo il rinnovo del permesso di soggiorno in scadenza per mancanza di leciti mezzi di sostentamento.

 

Tribunale di Genova, sezione per le controversie in materia di lavoro, ordinanza del 3 giugno 2009, reclamo 11/09


Si ringrazia l'avv.Elena Fiorini per la segnalazione

 

 Tribunale di Vicenza, sezione lavoro, ordinanza dd. 7 agosto 2009 (n. 948/09 R.L.)

Si ringrazia l’avv. M. Bassan per la segnalazione.



Si vedano sull'argomento  :


La sentenza del Tribunale di Bari - sezione lavoro - del 18.05.2009    e la notizia correlata

L'ordinanza del Tribunale di Genova - sez. lavoro - del 17 aprile 2009 

 

Tribunale di Ravenna, ordinanza del 1 ottobre 2008, proc. n. 140/2008


Corte costituzionale -  sentenza n. 306 del 30 luglio 2008


Corte costituzionale  -  sentenza n. 11 del 14 gennaio 2009 

 

 

Per approfondimenti:


L'accesso degli stranieri alle prestazioni di assistenza sociale


Scheda pratica a cura di Walter Citti e Paolo Bonetti (Aggiornata all'8 agosto 2009)

 

 

 

 

 

GIURISPRUDENZA EUROPEA

 

1. Sovraffollamento carcerario- L'Italia condannata dalla Corte di Strasburgo

 

Nel caso riguardante un cittadino bosniaco, l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani per violazione dell'art. 3 della CEDU in ragione del sovraffollamento delle carceri

 

Nel caso SULEJMANOVIC c. Italia la CEDU accerta per la prima volta la violazione dell'articolo 3 della Convenzione per eccessivo sovraffollamento carcerario

Agosto 7, 2009 di antonellamascia


Strasburgo, 7 agosto 2009 - Con sentenza del 16 luglio 2009, la CEDU, nel caso SULEJMANOVIC c. Italia (ricorso n. 22635/03), dove il ricorrente si lamenta delle condizioni della propria detenzione nel carcere di Rebibbia a Roma, ha accertato la violazione dell'art. 3 della Convenzione per sovraffollamento carcerario.

Questo è il primo caso di accertamento di una simile violazione nei confronti dell'Italia. Il caso è emblematico e di grande attualità in considerazione della grave situazione di sovraffollamento attualmente esistente nelle carceri italiane.

La vicenda riguarda un cittadino bosniaco, Izet Sulejmanovic, condannato per furto, ricettazione e falso, il quale viene arrestato il 30 novembre 2002 mentre si trova a Roma per ottenere un permesso di soggiorno. Il Sulejmanovic deve scontare nel complesso un anno, nove mesi e cinque giorni di reclusione e pertanto viene condotto nel carcere di Rebibbia a Roma.

Nel luglio 2003, questo carcere ospitava 1.560 persone nonostante la sua capacità di accoglienza fosse limitata a 1.271 persone.

Il Sulejmanovic viene recluso in diverse celle, tutte di 16,20 m2 a cui è collegato un locale sanitario di 5,04 m2. Il Sulejmanovic dall'inizio della sua detenzione fino al 15 aprile 2003 condivide la cella con altre cinque persone. Pertanto ogni detenuto dispone di una superficie media di 2,70 m2.

Dal 15 aprile al 20 ottobre 2003, il Sulejmanovic viene trasferito in un'altra cella, condivisa con altre quattro persone. Pertanto ogni detenuto dispone di una superficie media di 3,40 m2.

Durante il suo periodo di detenzione il Sulejmanovic trascorre le giornate nel modo seguente: alle 18 chiusura della cella; alle 6,30 distribuzione della prima colazione, consumata, come tutti gli altri pasti, in cella, non esistendo alcun locale di ristorazione; alle 8,30 apertura della cella con la possibilità di uscire nel cortile del penitenziario; alle 10 distribuzione del pranzo, alle 10,30 chiusura della cella; alle 13 apertura della cella con la possibilità di uscire nel cortile del penitenziario; alle 14,30 chiusura della cella; alle 16 apertura della cella con la possibilità di circolare nei corridoi; alle 17,30 distribuzione della cena. Ne risulta quindi che il Sulejmanovic rimane rinchiuso in cella quotidianamente per diciotto ore e trenta minuti a cui si deve aggiungere un'ora per i pasti. Il Sulejmanovic può quindi uscire di cella 4 ore e 30 minuti al giorno.

Il Sulejmanovic chiede inoltre per due volte di poter lavorare durante il suo periodo di detenzione, ma invano. Il 20 ottobre 2003, il Sulejmanovic, dopo aver beneficiato di uno sconto di pena, viene rimesso in libertà. Queste le condizioni descritte dal Sulejmanovic e riportate dalla CEDU nella sentenza.

Riguardo alle caratteristiche dei locali in cui i detenuti devono soggiornare disposte in diritto interno la CEDU richiama l'articolo 6 della legge n. 354 del 26 luglio 1975 nonché gli articoli 6 e 7 del decreto presidenziale n. 230 del 30 giugno 2000. Per quanto riguarda il piano internazionale, la CEDU fa espresso riferimento all'articolo 18 delle Norme penitenziarie europee, adottate con raccomandazione Rec(2006)2 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa (versione francese e versione inglese e versione italiana).

I principi generali richiamati dalla CEDU nel caso in esame permettono di ripercorrere la giurisprudenza sviluppatasi in materia.

La CEDU, facendo riferimento alle sentenze di Grande Camera nei casi Saadi c. Italia, sentenza del 28 febbraio 2008 (§127) e Labita c. Italia, sentenza del 6 aprile 2000 (§119), ricorda innanzitutto che l'art. 3 della Convenzione consacra uno dei valori fondamentali delle società democratiche in quanto proibisce in termini assoluti la tortura e le pene o i trattamenti inumani o degradanti, quali che siano i comportamenti della vittima.

La CEDU ricorda inoltre che l'articolo 3 della Convenzione impone allo Stato di assicurare che tutti i prigionieri siano detenuti in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione del provvedimento non provochino all'interessato uno sconforto e un malessere di intensità tale da eccedere l'inevitabile livello di sofferenza legato alla detenzione e che, tenuto conto delle necessità pratiche della reclusione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati in modo adeguato (Kudla c. Polonia, sentenza di Grande Camera del 26 ottobre 2000, §§ 92-94).

La CEDU ricorda anche che il CPT, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti o delle pene inumani o degradanti del Consiglio d'Europa, ha fissato a 7 m2 per persona la superficie minima suggerita per una cella di detenzione (si veda in merito il secondo rapporto generale, CPT/Inf(92)3, §43) e che un sovraffollamento carcerale grave pone di per sé un problema sotto il profilo dell'articolo 3 della Convenzione (si veda in merito la sentenza Kalachnikov c Russia, sentenza del 15 luglio 2002, § 97).

La CEDU ricorda anche che non può dare la misura, in modo preciso e definitivo, dello spazio personale che deve essere attribuito a ciascun detenuto secondo la Convenzione, dato che questa questione può dipendere da numerosi fattori, come la durata della privazione di libertà, le possibilità di accesso alla passeggiata all'aria aperta o la condizione mentale e fisica del detenuto (si veda in Trepachkine c. Russia, sentenza del 19 luglio 2007, §92).

La CEDU ricorda inoltre che in certi casi la mancanza di spazio personale per i detenuti era talmente evidente da giustificare, di per sé, la constatazione della violazione dell'articolo 3. In questi casi, in linea di principio, i ricorrenti disponevano individualmente di meno di 3 m2 (si vedano i casi, tutti contro la Russia, Aleksandr Makarov c. Russia, n. 15217/07, § 93, 12 marzo 2009 ; Lind c. Russia, n. 25664/05, § 59, 6 dicembre 2007 ; Kantyrev c. Russia, n. 37213/02, §§ 50-51, 21 juin 2007 ; Andreï Frolov c. Russie, n. 205/02, §§ 47-49, 29 mars 2007 ; Labzov c. Russie, n.  62208/00, § 44, 16 giugno 2005, e Mayzit c. Russie, n. 63378/00, § 40, 20 gennaio 2005).

La CEDU ricorda infine che nei casi dove il sovraffollamento non solleva automaticamente l'eccezione di violazione dell'articolo 3, al fine di verificare il rispetto di questa disposizione, possono essere presi in considerazione altri aspetti riguardanti le condizioni di detenzione. Tra questi elementi figurano la possibilità di utilizzare i servizi igienici privatamente, l'areazione disponibile, l'accesso alla luce naturale e all'aria aperta, la qualità del riscaldamento e il rispetto delle esigenze sanitarie di base. Inoltre la CEDU ricorda che anche in casi dove ciascun detenuto disponeva dai 3 ai 4 m2, ha accertato la violazione dell'articolo 3 quando la mancanza di spazio era accompagnata da una mancanza di ventilazione e di luce (si vedano i casi Moisseiev c. Russia, n. 62936/00, 9 ottobre 2008 ; Vlassov c. Russia, n. 78146/01, § 84, 12 giugno 2008 ; Babouchkine c. Russia, n. 67253/01, § 44, 18 ottobre 2007 ; Trepachkine, già citato, e Peers c. Grecia, n. 28524/95, sentenza del 19 aprile 2001, §§ 70-72).

La CEDU passa quindi all'applicazione dei principi generali richiamati al caso di specie.

Per quanto riguarda il periodo intercorrente dal 30 novembre 2002 all'aprile 2003, dove il ricorrente è stato detenuto in uno spazio disponibile pari a 2,70 m2, la CEDU afferma che la mancanza palese di uno spazio personale costituisce di per sé un trattamento inumano o degradante. Pertanto, secondo la CEDU per tale periodo vi è stata violazione dell'articolo 3 della Convenzione.

Per quanto riguarda invece il periodo successivo,dove il ricorrente ha potuto disporre di uno spazio personale di 3,24 m2,  4,05 m2 e 5,40 m2, la CEDU riconosce un miglioramento della situazione. La CEDU verifica con attenzione la situazione del ricorrente, riscontrando che questi non si è lamentato del riscaldamento della cella o dell'accesso e della qualità del bagno annesso alla cella e che nonostante abbia denunciato di aver subito un pregiudizio alla propria integrità fisica e psichica, non ha poi fornito alcun elemento utile a dimostrazione. Riguardo poi alla possibilità di uscire dalla cella, la CEDU constata che il ricorrente aveva a disposizione quasi 9 ore, tra la possibilità di recarsi nel cortile, o all'interno, con la possibilità di socializzare con gli altri detenuti. La CEDU afferma inoltre che è deplorevole che il ricorrente non abbia potuto svolgere alcuna attività lavorativa all'interno del carcere, ma che questa condizione, di per sé, non è sufficiente per ritenerla contraria all'articolo 3 della Convenzione. La CEDU ha pertanto ritenuto che per questo secondo periodo il trattamento a cui è stato sottoposto il ricorrente non abbia raggiunto quel livello minimo di gravità richiesto perché il caso possa essere considerato in violazione dell'art. 3 della Convenzione.

La CEDU ha condannato l'Italia a risarcire al ricorrente la somma di 1.000 euro per danni morali.


(tratto dal sito http://antonellamascia.wordpress.com/, per gentile concessione dell'autrice

 

 

2.

 

L'Italia espelle nuovamente un cittadino tunisino in violazione di una decisione della Corte europea dei diritti umani.

 L'espulsione del cittadino tunisino Ali Ben Sassi Toumi costituisce un nuovo caso di flagrante inosservanza da parte dell'Italia delle misure provvisorie vincolanti richieste dalla CEDU


ROMA, 6 agosto 2009 - Ali Ben Sassi Toumi, cittadino tunisino di 44 anni, è stato arrestato all'aeroporto di Tunisi, dopo il rimpatrio forzato effettuato dall'Italia il 2 agosto 2009. Rimpatrio avvenuto nonostante la Corte europea dei diritti umani avesse richiesto per tre volte alle autorità italiane di sospendere l'espulsione. La notizia è stata diffusa dalla sezione italiana di Amnesty International , che ha lanciato un appello on line per chiedere al ministro dell'Interno tunisino il rilascio immediato del prigioniero. Alì Ben Sassi Toumi era stato rilasciato dal carcere di Benevento, in Italia, il 18 maggio 2009, dopo aver scontato quattro anni di detenzione per la condanna di appartenenza ad una cellula terroristica in Italia e per le attività di reclutamento di combattenti in Iraq. Ali Ben Sassi Toumi aveva fatto richiesta per ottenere asilo in Italia, vedendosela rigettare perché riconosciuto colpevole di aver commesso un "reato grave". Dopo il rilascio dal carcere, è stato trattenuto presso il Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.
Non è la prima volta che l'Italia viola le decisioni della Corte Europea dei diritti umani relativamente alla sospensione di provvedimenti di espulsione verso la Tunisia di persone a rischio di tortura e trattamenti inumani o degradanti. In particolare nel 2008, rispettivamente a giugno e a dicembre, il Governo italiano ha espulso in Tunisia Sami Essid Ben Khemais e Mourad Trebelsi, per i quali la Corte aveva richiesto la sospensione dell'espulsione in attesa della definizione del ricorso, ai sensi dell'art.39 del proprio Regolamento. A febbraio 2009 la Corte ha stabilito che l'Italia, rimpatriando Ben Khemais, ha violato l'art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani, che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti. Nello stesso mese di marzo del 2009 i giudici di Strasburgo hanno deciso in altri sette casi contro l'Italia, accogliendo le richieste dei ricorrenti, tutti cittadini tunisini, presenti in Italia da tempo, destinatari di un decreto di espulsione, alcuni in base alla legge Pisanu del 2005, altri in base al Testo Unico sull'immigrazione del 1998.

Era stato lo stesso commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, a esprimere "profonda preoccupazione" sulle espulsioni in Tunisia, durante la sua ultima visita in Italia, avvenuta tra il 13 ed il 15 gennaio 2009, specificamente sul caso di espulsione di Cherif avvenuta nel gennaio 2007 grazie al decreto Pisanu. Secondo il rapporto del Commissario Europeo, che richiamava un rapporto di Amnesty International del 2008, "relazioni credibili dimostrano che il deportato è stato sottoposto a torture e altre forme di maltrattamento, mentre era in stato di detenzione in Tunisia". Secondo lo stesso rapporto Hammarberg, "in particolare per quanto riguarda la Tunisia, dove l'Italia ha rimpatriato a forza diverse persone, il commissario rileva che esistono relazioni credibili che attestano l'esistenza di una tendenza al ricorso alla tortura e maltrattamenti dei detenuti, in particolare se arrestati per reati relativi alla sicurezza, compreso il rimpatrio forzato dall'estero"
Negli ultimi anni, Amnesty International ha ricevuto numerose denunce di casi di tortura e altri maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza tunisine. In quasi tutti i casi, le denunce di tortura non vengono sottoposte a indagine né i responsabili vengono assicurati alla giustizia. Le persone sono più a rischio di subire tortura quando si trovano in detenzione incommunicado. I metodi più comuni di tortura sono le bastonate sul corpo, in particolar modo sulle piante dei piedi; la sospensione per le caviglie o in posizioni scomode; elettroshock e bruciature da sigarette. Tutto questo in un paese, la Tunisia, che formalmente ha sottoscritto la "Convenzione contro la tortura e gli altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti" delle Nazioni Unite.

L'espulsione del cittadino tunisino Alì Ben Sassi Toumi ha suscitato le proteste dei rappresentanti del Consiglio d'Europa. "È assolutamente inammissibile che uno Stato ignori le misure provvisorie vincolanti richieste dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU). È vergognoso che una democrazia adulta come l'Italia abbia, la scorsa domenica, rinviato Ali Toumi in Tunisia, un caso in cui esiste un pericolo imminente di danno irreparabile per il richiedente", hanno dichiarato ieri Herta Däubler-Gmelin (Germania, SOC) e Christos Pourgourides (Cipro, PPE/CD) rispettivamente, presidente della Commissione Affari Legali e Diritti Umani dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE) e relatore sull'esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo. "Tali disposizioni contravvengono manifestamente alla giurisprudenza chiaramente stabilita dalla Corte di Strasburgo. È la quarta volta dal 2005 che le autorità italiane prendono delle misure in flagrante violazione delle decisioni della Corte", hanno aggiunto."Tale comportamento intollerabile deve essere condannato dal Consiglio d'Europa, senza ritardo. La nostra Commissione Affari Legali dovrà incaricarsi di questo caso", hanno concluso.


(tratto da materiali reperibili sui siti web di Fortress Europe e dell'Avv. Antonella Mascia)


Scarica l'appello in favore di Ali Ben Sassi Toumi

Per approfondimenti:

§                   Ris. 1571 & Racc. 1809 dell'APCE: dovere degli Stati membri di cooperare con la Corte.

§                   Ris. DU(2006)45 del Comitato dei Ministri: obbligo degli Stati di cooperare con la CEDU.

§                   Estratto del documento CommDU(2009)16: rapporto del Commissario per i diritti umani, del 16 aprile 2009, concernente la sua missione in Italia, §§ 94-105.

(tratto dal sito web dell'avv. Antonella Mascia che si ringrazia per la gentile concessione).

 

 

3. La Grecia dovrà risarcire  ad un  cittadino turco richiedente asilo la somma di € 10.000 per il danno morale subito per essere stato detenuto ai fini della sua espulsione per un tempo eccessivo, in condizioni degradanti e senza avere la possibilità di ottenere un’efficace decisione sulla regolarità della sua detenzione (violazione degli artt. 3 e 5 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo).


Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Sez. I, Sentenza dell’11 giugno 2009. S.D. – Grecia (in lingua francese)

 

 

 

NORMATIVE E PROVVEDIMENTI REGIONALI

 

1. Le Regioni Puglia,  Calabria ed Emilia Romagna  emanano apposite circolari concernenti l’accesso degli stranieri irregolari alle prestazioni sanitarie ed il divieto di segnalazione da parte del personale sanitario ed amministrativo. La Regione Puglia delibera sull’esenzione dalla compartecipazione alla spese delle prestazioni sanitarie e farmaceutiche per gli stranieri presenti irregolarmente sul territorio nazionale.

 

Regione Calabria, circolare dd.10 settembre 2009 della Giunta Regione, Dipartimento tutela della salute

 

Regione Puglia, circolare dd. 4 agosto 2009, Dipartimento politiche della Salute       

 

Regione Puglia, delibera della giunta regionale dd. 28 luglio 2009, n. 1344 (esenzione dalla compartecipazione alla spesa sanitaria)

 


Regione Emilia Romagna, circolare dd. 15 settembre 2009 dell'Assessorato Politiche per la Salute.

 

 

2. Piemonte : circolare regionale su dichiarazione di nascita e registrazione dei figli da parte di cittadini stranieri

 L'Assessorato per la tutela della salute e Sanità della regione Piemonte ha diffuso una nota informativa ai sanitari.

 

Al fine di evitare errate interpretazioni ed applicazioni non legittime della nuova disposizione normativa (l'art. 6 comma 2 del Dlgs 28 così come modificato dall'art. 1 della Legge n.94 del 15 luglio 2009), l'Assessorato piemontese ha emanato una circolare esplicativa in riferimento agli atti di stato civile quali la dichiarazione di nascita e il riconoscimento del figlio naturale .
Si fa presente che tali atti sono da considerarsi  provvedimenti di interesse non solo dello straniero dichiarante (ovvero del genitore) ma anche del figlio oggetto del provvedimento, ricordando l'interesse pubblico generale alla registrazione ed identificazione di persona nata sul territorio dello Stato.
Con l'occasione l'Assessorato ricorda la possibilità, in base all'art. 30, comma 1 del D.P.R. 396/2000, di rilascio della dichiarazione di nascita presso la direzione sanitaria in cui avviene il parto entro tre giorni dallo stesso, oltre che presso gli uffici anagrafici del Comune.
Utilmente viene altresì ricordato il divieto di segnalazione all'autorità' in applicazione dell'art. 35, comma 5 del DLGS 286/98 da parte sia del personale sanitario che amministrativo delle strutture sanitarie.


Regione Piemonte, circolare dd.11 settembre 2009 dell'Assessorato regionale per la Tutela della Salute e Sanità


Vedere anche :


1 settembre 2009 - Legge sulla Sicurezza : Tutelare la registrazione della nascita del minore
Ai fini della dichiarazione di nascita e del riconoscimento del figlio naturale non può essere richiesta ai cittadini stranieri l'esibizione del permesso di soggiorno. A seguito dell'appello inviato al Governo e alle Regioni, emanata una circolare con disposizioni chiare.

 

 

 

ATTIVITA’ ASGI

 

 

1. Comunicato stampa ASGI, 24 agosto 2009 - Il mare restituisce i corpi delle vittime, quando saranno individuate le responsabilita’ ?

 

 

L'ASGI esprime il proprio sconcerto per le posizioni assunte dal Governo italiano, a seguito della tragedia che ha visto la morte di circa 80 persone nel canale di Sicilia.

 

Invece di esprimere cordoglio per le vittime e sollecitare una inchiesta, anche in sede UE, sull'efficienza e la tempestività dei soccorsi, esso ha manifestato insofferenza e fastidio, accusando altresì esplicitamente i sopravvissuti di mentire, non si comprende per quali ragioni. Alcuni esponenti del governo si sono spinti ad affermare che i richiedenti asilo mentirebbero per ottenere il riconoscimento di un permesso di soggiorno. Altri ancora hanno insinuato il dubbio che tra i superstiti ci fossero degli scafisti. Adesso, i cadaveri che affiorano dalle acque del Canale di Sicilia stanno confermando la versione dei fatti fornita dagli eritrei evidenziando anche l'imbarazzo di quelle autorità che dopo i primi avvistamenti non hanno voluto neppure recuperare i corpi.

L'ASGI chiede che sia aperta un'inchiesta finalizzata all'accertamento dei fatti relativi al funzionamento e alla tempestività dei soccorsi. Nel ricordare che il salvataggio delle vita in mare costituisce un principio cardine del diritto internazionale e che tale principio sovrasta e precede ogni altra pur legittima finalità di controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, l'ASGI sottolinea che le intese, i protocolli operativi tra Italia e Malta e tra detti Stati e il sistema europeo Frontex debbono essere finalizzati in primis ad organizzare un efficiente sistema di monitoraggio e soccorso. Molti e assai rilevanti sono i dubbi e gli interrogativi, che la tragedia mette in luce, e che debbono trovare adeguata risposta anche in sede giudiziaria, in relazione all'efficacia dell'attuale sistema di ripartizione di competenze tra Italia e Malta relativamente al pattugliamento e al controllo delle zone marittime di competenza e all'organizzazione dei soccorsi, e sulla conformità al diritto comunitario delle modalità di azione del pattugliamento congiunto Frontex.

L'ASGI esprime inoltre la propria profonda preoccupazione per ulteriori aspetti paradossali di questa vicenda: ai superstiti, tra cui due minori, proveniente dall'Eritrea, quindi evidentemente in fuga da una situazione di violenza generalizzata e bisognosi di protezione internazionale, potrebbe essere consegnato un provvedimento di respingimento alla frontiera prima di avere accesso alla procedura di asilo. Si tratta di una prassi diffusa ad Agrigento, già più volte segnalata alle autorità, inutilmente, e di cui si sottolinea l'illegittimità; la norma vigente in materia di respingimento (art. 10 TU immigrazione), già estremamente restrittiva, precisa infatti in modo tassativo che  le disposizioni di cui allo stesso art. 10 del TU n.286/98,  relative al respingimento non si applicano  a quanti facciano domanda di asilo. Ad eccezione dei casi in cui lo straniero non abbia presentato istanza di asilo o la abbia fatto solo in una circostanza di tempo e luogo del tutto distinta e successiva all'emanazione del provvedimento di respingimento, non appare quindi possibile adottare da parte del Questore un provvedimento di respingimento differito, ai sensi dell'art. 10 comma secondo, e nella stessa circostanza ammettere alla procedura di asilo la medesima persona, per l'evidente violazione del principio di non refoulement sancito dall'art. 33 della Convenzione di Ginevra.

Ci si chiede allora perché queste procedure vengano attuate, così come ci si chiede se non sia paradossale che dei naufraghi, in cerca di protezione internazionale, vengano accusati del reato di ingresso irregolare introdotto dalla L. 94/2009 (pacchetto sicurezza). Dubbia appare infatti la conformità di detta norma con l'art. 31 della citata Convenzione di Ginevra del 1951. Occorrerebbe verificare, nella fase di prima attuazione del reato di clandestinità, la sua compatibilità con i principi costituzionali, a partire dall'art. 10 della Costituzione che sancisce il diritto di asilo. 

L'esito complessivo di norme inique e farraginose appare con tutta evidenza quello di mantenere condizioni operative che nel tempo potranno produrre ancora tragedie come quella degli eritrei e fornire un'immagine pubblica dei naufraghi non già come vittime di una tragedia, ma come criminali.

Le vittime del naufragio, per la drammaticità del viaggi subiti, sono senza dubbio persone che sono state esposte ad un trauma estremo. Dopo lo sbarco a Lampedusa si è appreso che sono state sottoposte a giorni di interrogatorio, prima da parte della Guardia di Finanza, poi da parte della Polizia. L'ASGI chiede che dopo il loro trasferimento a Porto Empedocle ( una donna e due minori) ed a Palermo ( due adulti) siano garantite una tempestiva presa in carico sotto il profilo medico psicologico e psicoterapeutico, anche attraverso un'idonea collocazione abitativa, come chiaramente richiesto dalle direttive europee in materia.

Quanto avvenuto in questi ultimi giorni a sud di Lampedusa si inquadra nella pratica dei "respingimenti" collettivi ed informali verso la Libia che il governo italiano ha ordinato alle unità militari, in particolare ai mezzi della Guardia di Finanza, a partire dal 15 maggio scorso. Più di 1200 migranti sono stati respinti negli ultimi mesi verso i porti libici o riconsegnati dalle nostre motovedette alle imbarcazioni militari libiche, alcune delle quali fornite dall'Italia. Non sappiamo quale sia stato il costo umano di queste pratiche di riammissione di migranti che - come dimostrano le statistiche relative agli ultimi anni- avevano titolo ad accedere nel territorio italiano per ottenere il riconoscimento di uno status di protezione internazionale. Quello che è certo è che l'Italia ha violato e continua a violare l'art. 4 del Protocollo 4 allegato alla Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell'uomo, e che questa violazione può integrare, in virtù del richiamo agli articoli 10 ed 11 della Costituzione, un grave comportamento di abuso di ufficio, oltre che un illecito sanzionabile da parte della Commissione Europea e dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo.

Il coinvolgimento di unità militari italiane nelle operazioni FRONTEX, con base a Malta e la circostanza che il primo "avvistamento" del gommone con gli eritrei superstiti fosse avvenuto martedì 18 agosto, ben due giorni prima dell'avviso lanciato da Malta solo quando il gommone stava entrando nelle acque territoriali italiane, da parte di un mezzo aereo che partecipava all'operazione, senza che poi fossero avviate immediate attività di ricerca e salvataggio, impone alla magistratura italiana, competente in quanto sono coinvolti mezzi militari battenti bandiera italiana, di indagare sulle modalità operative dell'ultima missione FRONTEX in corso nelle acque del Canale di Sicilia negli stessi giorni nei quali gli eritrei andavano alla deriva nell'indifferenza generale.

Dopo il ritrovamento di un cadavere di un migrante, nella giornata di sabato 22 agosto,  vicino all'isola di Linosa, poco ad est di Lampedusa, ritrovamento avvenuto da parte di un diportista, e non da mezzi impegnati nelle ricerche ufficiali, e dopo che sono stati abbandonati in mare sette cadaveri rinvenuti durante una ricognizione aerea in acque libiche, mentre quattro cadaveri sarebbero stati recuperati dalle autorità maltesi, l'ASGI chiede alla magistratura di volere ordinare la prosecuzione delle ricerche di altri cadaveri e di volere disporre con la maggiore tempestività quei rilievi autoptici, anche sui corpi recuperati a Malta, che consentano almeno l'accertamento delle responsabilità e la restituzione alle famiglie delle spoglie dei loro congiunti.

 

 

 

 

 

 

Messaggio di Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati politici, letto in occasione della manifestazione tenutasi in provincia di Asti: “Ulisse sulle colline:natura, arte, musica e poesia”, 29 agosto, 2009

 

Durante la passeggiata di sabato 29 agosto a Vinchio d’Asti Ulisse sulle colline natura, arte, musica, poesia è stato letto da Valentina Archimede un racconto di Davide Lajolo che narra  la storia di un contadino emigrante negli anni Trenta, Vigin va in Australia, e la manifestazione è stata dedicata ai migranti di oggi, in particolare a Titti, una dei cinque superstiti eritrei dei 73 lasciati morire nel Mare Mediterraneo.

Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, a cui verrà consegnato il 6 novembre ad Asti il Premio Davide Lajolo – Il ramarro per il suo grande impegno umanitario e la serietà professionale nel corso di una iniziativa pubblica  sui temi delle migrazioni, ha mandato il seguente messaggio, che è stato letto a conclusione della passeggiata Ulisse sulle colline.

 

 

 

MESSAGGIO DI LAURA BOLDRINI

PORTAVOCE DELL’ALTO COMMISSARIO DELLE NAZIONI UNITE

PER I RIFUGIATI POLITICI

del 29 agosto 2009

 

 

 

Cara dott.ssa Lajolo,

intanto grazie di cuore per avermi voluto dare questo riconoscimento per l'attività che svolgo a sostegno dei rifugiati. Di questi tempi le confesso che perorare la causa di queste persone sta diventando molto difficile a causa del clima di intolleranza  che purtroppo si sta facendo strada tra gli italiani. Va anche detto che la politica e i media in questi anni  promuovendo presso l'opinione pubblica l'equazione immigrazione uguale minaccia alla sicurezza, non hanno aiutato nella comprensione del fenomeno migratorio. Da questo deriva anche la paura che serpeggia tra gli italiani e quindi la loro avversione nei confronti di immigrati e rifugiati.

 

Mi ha molto colpito il racconto scritto da Davide Lajolo su Vigin che parte per l'Australia negli anni trenta. Come sappiamo la storia si ripete e ora tocca ad altri lasciare casa. Nel Mar Mediterraneo però in questi mesi sta accadendo qualcosa che avremmo preferito non vedere.

Quella del 2009 sarà ricordata come l'estate dei respingimenti in mare di migranti e richiedenti asilo. Un'estate per me piena d’inquietudine, nonostante la calma regni nel Mediterraneo.

Questo stato d'animo nasce dalle tante storie di uomini e donne che in questi anni si sono avvicendati sul molo Favarolo di Lampedusa e sulle coste meridionali italiane.

Quelle storie che mi riecheggiano nelle orecchie, mi impediscono di trovare solo una traccia dell’aspetto positivo dei respingimenti in alto mare. Tutti fuori, per tutti la stessa soluzione a prescindere dalle cause che stanno alla base della fuga di ciascuno. Sentenza unica e sbrigativa, senza appello.

Se sei in mezzo al mare perchè nel tuo paese infuria la guerra, poco conta. Se sei su un gommone perchè restare  a casa significava essere torturato, fa lo stesso. Qui, da questa parte del Mediterraneo le differenze non contano più.

Così come mi fa sentire terribilmente a disagio la reazione di una buona parte dell’opinione pubblica che plaude a questa scelta di rimandare tutti indietro, senza chiedersi a quale prezzo ciò avvenga.

Le persone respinte, inclusi i bambini,  finiranno in un centro di detenzione e forse vi rimarranno per anni, ma sia chiaro, non hanno commesso nessun crimine. Sono solo esseri umani che non hanno il privilegio di poter vivere a casa propria e cercano quello che non hanno lì, pace e sicurezza. Le persone respinte, inclusi i bambini, hanno inoltre buone possibilità di venir respinti di nuovo, ma questa volta in mezzo al deserto.

Si può essere d’accordo con tutto questo?  E’ come guardarsi allo specchio e non riconoscersi più o stare in mezzo a tante persone e sentirsi soli.

Nel ringraziarla nuovamente per la solidarietà dimostrata e per il premio che ha voluto conferirmi, le porgo cordiali saluti.

Laura Boldrini

 

 

 

 

 

 

 

2. Discriminazioni nell'accesso al welfare regionale - Esposto ASGI alla Commissione europea

 

L'ASGI invia un esposto alla Commissione europea in merito ai nuovi requisiti di accesso al beneficio sociale della "carta famiglia" previsti dalla legislazione regionale del FVG

 

L'ASGI ha inviato un esposto alla Commissione Europea chiedendo che venga avviata una procedura di infrazione a carico della Repubblica Italiana per violazione degli obblighi comunitari in relazione ai profili di contrasto con il diritto europeo della nuova normativa approvata dal Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia in materia di requisiti di accesso al beneficio sociale della "Carta famiglia".

Con l'art. 11 comma 13 della  legge regionale  F.v.g. n. 12 dd. 23 luglio 2009,  è stato modificato il requisito soggettivo di anzianità di residenza ai fini dell'accesso al beneficio sociale denominato "Carta Famiglia" previsto dalla Legge Regionale F.v.g. 7 luglio 2006, n. 11 ("Interventi regionali a sostegno della famiglia e della genitorialità"). Tale requisito di anzianità di residenza, previsto nel testo originario della legge n. 11/2006 nel termine di  "almeno un anno in regione", è stato portato ad "almeno otto anni in Italia di cui uno in regione".

La "Carta Famiglia" è un beneficio socio-assistenziale che attribuisce al titolare (genitore con almeno un figlio  a carico) il diritto soggettivo all'applicazione di agevolazioni consistenti nella riduzione di costi e tariffe o nell'erogazione diretta di benefici economici per la fornitura di beni e servizi significativi nella vita familiare, ovvero di particolari imposte e tasse, nel rispetto della normativa statale in materia tributaria ( art. 10 commi 2 e 5 L.r. n. 11/2006).

Nell' esposto, l'ASGI sostiene che il requisito di anzianità di residenza in Italia per almeno otto anni, introdotto dalla L.r. n. 12/2009 ai fini dell'accesso al beneficio socio-assistenziale della "Carta Famiglia", costituisce una forma di discriminazione indiretta o dissimulata a danno dei cittadini stranieri residenti nel territorio della Regione F.v.g., in quanto è suscettibile di operare principalmente a loro danno.

 Per tale ragione, l'ASGI ritiene che tale discriminazione sia illegittima in quanto vietata dal diritto comunitario, almeno con riferimento a quelle categorie di cittadini migranti protette dal diritto comunitario medesimo (cittadini comunitari e loro famigliari, titolari del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, rifugiati e titolari della protezione sussidiaria).

L'ASGI ha segnalato la normativa regionale anche all'Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni Razziali, l'Autorità indipendente contro le discriminazioni razziali costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento per le pari Opportunità, chiedendo l'emanazione di un parere in merito, anche in considerazione dell'intento manifestato dalle forze di maggioranza del Consiglio regionale del FVG di estendere nelle prossime settimane  tale o  analoghi criteri di anzianità di residenza anche ad altri strumenti del welfare regionale.

Il testo integrale dell'esposto inviato dall'ASGI alla Commissione Europea

Il testo della segnalazione inviata all'UNAR

Il testo della Legge regionale F.V.G. n. 12/2009

Il testo originario della L.r. 7 luglio 2006 n. 11 ("carta famiglia")

 

 

 

 

SEGNALAZIONI DI DOTTRINA

 

 

Segnaliamo, sul sito web dell'Associazione Italiana dei Costituzionalisti, il seguente contributo:

Marco Bignami, Principio di laicità e neutralità religiosa: l'esperienza del giudice amministrativo italiano

www.associazionedeicostituzionalisti.it

 

 

Nel saggio si discute tra l’altro  un provvedimento ministeriale di diniego della concessione della cittadinanza, poiché l’aspirante cittadino, a parere dell’amministrazione, non prestava adesione al principio di laicità dello Stato: tale atto è stato annullato dal Tar Piemonte (sentenza n. 863/04) in quanto basato “su scelte e considerazioni di natura personale del richiedente” che avrebbero ecceduto la valutazione discrezionale rimessa al Ministro dell’Interno circa l’avvenuta integrazione dello straniero in Italia.

 

 

 

 

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

 

1.

 

Roberto Cherchi, Gianni Lot (a cura di ), Rom e Sinti in Italia tra stereotipi e diritti negati, Ediesse edizioni, Roma, 2009, € 15.

 

Gli autori: Gianni Loy, ordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Cagliari ed autore di saggi di diritto anti-discriminatorio; Roberto Cherchi, ricercatore di Diritto costituzionale nell’Università di Cagliari.

 

Nell’ultimo anno è esplosa, in Italia, una vera e propria «questione Rom». Nel passato ha riguardato prevalentemente aspetti socio-culturali, a volte causa di conflitto con le popolazioni locali che non gradiscono la vicinanza degli insediamenti di Rom e Sinti. A partire dal 2008 però il fenomeno ha assunto particolari caratteri, per l’approvazione di una vera e propria legislazione speciale per questa categoria di persone, spesso cittadini italiani ai quali, in luogo del diritto comune, si applicano norme del tutto peculiari in materia di residenza e di controlli, con la possibilità di sottoporre anche i minori a forme di identificazione mediante il rilascio delle impronte digitali.

Diverse amministrazioni, infine, negano ai Rom l’accesso ai servizi e ai benefici previsti per tutti i cittadini. E i mezzi di comunicazione alimentano e perpetuano lo stereotipo negativo: la disinformazione si trasforma in credenza comune e finisce per giustificare atti non corrispondenti ai dettami della nostra civiltà giuridica o, addirittura, una vera e propria caccia alle streghe.

 

Il volume traccia un quadro d’insieme del fenomeno, a partire dai presupposti culturali, e approfondisce, sul piano dei diritti, la posizione di Rom e Sinti in riferimento alla Costituzione italiana e alla copiosa normativa comunitaria volta a proteggere questa etnia. Gli autori sono in prevalenza ricercatori che collaborano con università italiane, alcuni di etnia rom, a dimostrazione che anche in Italia questo popolo incomincia a riflettere sulla propria storia e sulle proprie condizioni di vita.

 

Il capitolo introduttivo di Gianni Loy prende in esame la condizione dei rom in Italia dal punto di vista giuridico analizzando la legislazione italiana e internazionale e ponendo l’accento sulla mancata applicazione da parte dello Stato italiano di adeguate misure di inclusione sociale. Il saggio di Massimo Aresu ripercorre invece la storia e la presenza delle popolazioni rom in Europa. Segue l’intervento di Eva Rizzin che si focalizza sul fenomeno dell’antiziganismo in Italia e in Europa analizzando aspetti come la rappresentazione sociale, l’accesso all’istruzione, la mediazione, il riconoscimento dello status di minoranza e il ruolo dei mass media.  Ilenia Ruggiu invece riflette sulla diversità come bene pubblico tra Europa e Stati costituzionali partendo dal presupposto che le differenze debbano essere un valore costituzionale imprescindibile. Roberto Cherchi torna sul problema dal punto di vista giuridico analizzando i diritti dello straniero e le politiche di inclusione sociale in Italia: dalla legge Martelli alla Turco-Napolitano fino al pacchetto sicurezza approvato prima dell’estate, passando per la legge Bossi-Fini. I saggi di Luca Bravi e Paolo Finzi analizzano la persecuzione e lo sterminio dei rom e dei sinti nel nazifascismo. Il capitolo di Tommaso Vitale si focalizza invece sul ruolo delle politiche locali adottate per affrontare il “problema pubblico” dei nomadi nelle città italiane. Il penultimo capitolo, di Djana Pavlovic, riflette sulle persecuzioni attuali e sulle mille facce del pregiudizio. Il saggio conclusivo di Ester Mura, racconta invece un’esperienza di integrazione di bambini rom in un scuola materna ed elementare di Monserrato (Ca). Un percorso avviato nel 1996 che ha messo in luce un nodo rilevante del problema: nessun inserimento può avere successo se non intervengono a sostenerlo tutte le istituzioni della comunità.

 

Il volume è stato realizzato con la collaborazione di Sucania onlus e Fondazione Anna Ruggiu

 

 

 

 

2.

 

Fiorita Nicola -Loprieno Donatella, La libertà di manifestazione del pensiero e la libertà religiosa nelle società multiculturali, Firenze University Press, 2009

N. Fiorita - D. Loprieno
La libertà di manifestazione del pensiero e la libertà religiosa nelle società multiculturali

pp. 290, € 27,80
ISBN: 978-88-8453-841-3
Firenze University Press, Firenze, 2009

leggi l'introduzione

 


Il bilanciamento tra diritti di pari rango è questione ampiamente nota e dibattuta in tutti gli ordinamenti giuridici moderni, ma la complessità delle società occidentali - in cui agiscono culture e tradizioni sempre più diverse - ne accentua a dismisura la rilevanza quantitativa e qualitativa. Scopo del volume è proprio quello di verificare le possibili intersezioni tra due valori centrali in ogni comunità, quello della libertà religiosa e quello della libera manifestazione del pensiero.
Su questo tema sono stati chiamati a cimentarsi specialisti di diversi settori della scienza giuridica, i cui contributi delineano una preziosa mappa dei problemi aperti, delle soluzioni convincenti, delle indicazioni provenienti da altre esperienze giuridiche, ma anche delle incertezze che indeboliscono il diritto vigente.


INDICE

Introduzione p.1
Nicola Fiorita – Donatella Loprieno

Relazioni

Laicità e Stato. La ricerca di un dialogo difficile ma necessario; le opportunità offerte dalle esperienze costituzionali comparate e dalle relative giurisprudenze p. 11
Silvio Gambino

Diritto di satira e libertà religiosa p. 23
Nicola Colaianni

La libertà di ricerca scientifica e la libertà religiosa p. 49
Augusto Cerri

Libertà religiosa e libertà d’insegnamento p. 69
Francesco Onida

Il consociativismo olandese alla prova della globalizzazione p. 75
Giovanni Cimbalo

Libertà religiosa e società multiculturali: il caso del velo islamico p. 91
Nicola Fiorita

Libertà dell’arte v. libertà religiosa. Il caso della censura cinematografica p. 109
Donatella Loprieno

Comunicazioni
La gestione dei conflitti tra libertà di religione e libertà di espressione:
il caso britannico p. 141
Cristiana Cianitto

I simboli c.d. passivi nello spazio pubblico tra tutela delle libertà (di coscienza, di espressione, religiosa) e principi di non identificazione e separazione degli ordini: spunti di comparazione (ed in una prospettiva de iure)dalla più recente giurisprudenza statunitense p. 151
Giuseppe D’Angelo

Le istanze educative delle società multiculturali. Orientamenti, autonomia e responsabilità degli insegnanti p. 175
Giusy De Luca

Convincimento religioso e ambiente lavorativo: la sfida quotidiana delle libertà fondamentali nell’Italia “multiculturale” p. 185
Antonello De Oto

Il finanziamento pubblico ‘indiretto’ alle confessioni religiose e il caso delle esenzioni fiscali
a favore degli immobili ecclesiastici p. 199
Greta Massa Gallerano

Islam e questione delle moschee (brevi riflessioni) p. 213
Gianfranco Macrì

Simboli religiosi e pluralismo democratico: brevi considerazioni sulla vicenda del crocifisso p. 225
Alessandro Morelli

La deriva religiosa della scienza. Ipotesi più o meno provocatoria per lo studio delle scienze e degli scienziati, nell'epoca della proliferazione delle specializzazioni e della preponderanza
della dimensione materiale nei laboratori p. 235
Ercole Giap Parini

Linee evolutive dell’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 9 della Convenzione di Roma. Sviluppi e prospettive per il diritto di libertà religiosa nello spazio giuridico europeo p. 247
Marco Parisi

Riflessioni intorno al matrimonio tra persone dello stesso sesso: esperienze straniere e contesto italiano p. 261
Francesca Ugolino

La politica ecclesiastica nel tempo della secolarizzazione e del multiculturalismo p. 277
Luciano Zannotti

 

 

 

3.

 

 

Emiliana Baldoni, Racconti di trafficking. Una ricerca sulla tratta delle donne straniere a scopo di sfruttamento sessuale, Franco Angeli editore, Milano, 2009.

 

 

 

 

Presentazione del volume:

Nell'ultimo decennio la tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale, che sembra rievocare l'antica questione della riduzione in schiavitù, ha assunto in Europa sempre più rilevanza e visibilità. In realtà, la tratta delle donne, o più in generale il trafficking of human beings, si configura come un fenomeno dai contorni sfumati, in continua evoluzione, che comprende percorsi di coinvolgimento articolati e differenziati i quali si collocano in maniera mobile e flessibile lungo l'asse coercizione/consenso.
La ricerca mira a ricostruire, attraverso i racconti di vita
di donne dell'Est Europa inserite in programmi di protezione sociale in applicazione dell'art. 18 del d.lgs. n. 286/98, i principali fattori che hanno favorito l'ingresso nel meccanismo del trafficking, le modalità di reclutamento e trasferimento, l'esperienza di sfruttamento sessuale e le circostanze di fuoriuscita. L'utilizzo congiunto dell'intervista biografica e dell'osservazione partecipante ha consentito inoltre di focalizzare l'attenzione sul percorso presente di reinserimento sociale, illustrando - in tutta la loro problematicità - le diverse tappe verso l'autodeterminazione.

Emiliana Baldoni ha conseguito il dottorato di ricerca in Metodologia delle Scienze Sociali presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" ed è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienza della Politica e Sociologia dell'Università di Firenze. Ha svolto numerose ricerche e pubblicato diversi contributi sulle problematiche associate ai diritti umani e ai fenomeni migratori in Italia e in Europa.

 

Indice:
Introduzione
Il fenomeno del trafficking a scopo di sfruttamento sessuale
(Definire il trafficking; Modelli e caratteristiche della prostituzione straniera in Italia; Politiche europee sulla prostituzione ed evoluzione del quadro normativo in Italia; L'art. 18 del d.lgs 286/98 come mezzo di protezione delle vittime e di lotta alla criminalità)
Il lavoro sul campo
(Analisi del trafficking; I luoghi e i tempi della ricerca; L'accesso al campo; Lo strumento di rilevazione: il racconto di vita; La scelta delle ragazze da intervistare e la questione della rappresentatività; La situazione di intervista; L'integrazione tra intervista e osservazione partecipante; Trascrizione e analisi dei racconti di vita; "E oggi di che paese sei?" Le mobilità di autorappresentazione: tra finzione e sincerità)
Percorsi biografici e percorsi d'intervista
(I percorsi biografici delle ragazze intervistate; La produzione del racconto di vita: ricostruzione della situazione di intervista)
Il percorso migratorio tra fattori di attrazione e fattori di spinta
(Da Est a Ovest: le condizioni di povertà e l'illusione del benessere; I contesti familiari di origine; Gli eventi precipitanti)
Il percorso di trafficking
(Il coinvolgimento di trafficking; Il viaggio; Ingresso e permanenza nel mercato della prostituzione in Italia; La fuoriuscita dalle reti del trafficking e dello sfruttamento sessuale)
Il percorso di reinserimento sociale
(La prima accoglienza: l'ingresso nella struttura e l'adattamento alla vita comunitaria; La fase di seconda accoglienza: la regolarizzazione e l'inserimento socio-lavorativo; La ricostruzione dell'immagine di sé e della rete sociale)
Note conclusive
(Il coinvolgimento nel trafficking: verso un modello interpretativo; Da donne trafficate a immigrate regolari: i nodi irrisolti)
Allegati. Racconti di vita di Marika, Alessia e Valeria
Riferimenti bibliografici.

 

 

 

4.

 

 

VITE SOSPESE. DIECI STORIE DI RESISTENZA CONTEMPORANEA"
Autore Vincenzo Figlioli. Prefazione di Diego Cugia, Navarra Editore - Collana: Officine

 

Nato da un viaggio-inchiesta nel centro di accoglienza di Perino, nella periferia marsalese, "Vite Sospese. Dieci storie di resistenza contemporanea" -  il nuovo libro della Navarra Editore, firmato da Vincenzo Figlioli - racconta le storie di dieci giovani migranti richiedenti asilo in Italia - la loro vita, i loro sogni, la situazione del loro paese e il trattamento ricevuto in Italia - e allo stesso tempo affronta gli aspetti giuridici legati alla tematica dei rifugiati e dell'asilo politico.

 

 

Prefazione di Diego Cugia.

Ci sono luoghi che sembrano fatti apposta per fare da collettori di storie. Luoghi che, a venti minuti da casa, hanno il potere di offrire una riproduzione in scala ridotta del mondo. Uno di questi è il Centro d’accoglienza di Perino, una struttura che dal 2004 a oggi ha accolto circa duecento rifugiati provenienti da ogni parte del mondo. Ognuno di loro porta con sé un bagaglio di storie (e di Storia) incredibile, pesante come un macigno. Che qui prende il nome e il volto di Sabi, Karimi, Galeb, Seref, Betlemme, Olivier, Fumi, Alex, Aden, Kossi, le dieci Vite Sospese, protagoniste dell'intenso libro di Vincenzo Figlioli.

Vincenzo Figlioli è nato a Sondrio nel 1978, ma è cresciuto a Marsala (TP) dove tuttora vive. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Bologna, dal 2006 è iscritto all’ordine dei giornalisti pubblicisti. Ha collaborato con il quotidiano free press “Marsala C’è”, con il settimanale “QP – Il quarto potere” e con alcune emittenti radiofoniche e televisive, tra cui RMC 101 e Tele 8. Attualmente scrive per il quindicinale “L’isola” e collabora con il sito www.liberainformazione.org.Assieme all’amico Renato Polizzi, nel 2006 ha fondato la “Communico”, un’agenzia di comunicazione e promozione culturale con cui ha partecipato all’organizzazione del 1° Festival del Giornalismo d’Inchiesta “A chiare lettere”, a Marsala.


Dalla prefazione di Diego Cugia

Le “Vite sospese” di cui tratta questo libro meriterebbero quasi tutte uno sceneggiatore e un regista. Sabi, Betlemme, Aden e gli altri, con i loro destini storti, avranno comunque qualcosa di nobile da raccontare ai loro nipoti. Hanno dato la vita per vivere. Sono i cavalieri del terzo millennio. Fuggiti dai loro paesi, perseguitati dalle polizie locali, vittime d’ingiustizie politiche, di dittatori militari, di ras di quartiere, d’infamie di ogni genere, approdano in Italia, dopo aver trascorso la loro vita a scappare, come Karimi. E finiscono “dentro” un poco accogliente centro d’accoglienza, come un Alberto Sordi nero, “detenuto in attesa di giudizio”. In un'Italia che più emigrante non si può, che è stato accolta in America, in Australia, in Germania e in Svizzera per oltre un secolo, le loro vite rimangono più sospese che mai. È un brutto limbo col filo spinato, un’eterna attesa di rifarsi una vita, un muro burocratico, un ostracismo non dichiarato, a tenerli “dentro”.

Vincenzo Figlioli, che ha raccolto le loro storie cupe e sfavillanti, dev’essergli sembrato un angelo caduto o un extraterrestre. Semplicemente perché li ha ascoltati. Non è poco, in questi tempi di greve egocentrismo in cui ciascuno è il razzista del prossimo. Da questi dialoghi è nato un libro che ha almeno due pregi: il primo, insegnarci la storia, spesso a noi colpevolmente oscura, dei paesi di provenienza dei protagonisti. Il secondo, donarci una molteplice biografia delle loro vite sospese, dare un volto, un nome e una storia a quelle che, dopo la lettura, non saranno più ombre, e verso le quali non possiamo che nutrire rispetto, rabbia e senso di colpa per come li trattiamo e, se possibile, un’infinita tenerezza. Non basta, ma sarebbe già qualcosa. La fratellanza, della quale si parla nel nostro inno nazionale, è purtroppo estinta da anni. Queste vite sospese sono state le prime a saperlo.

Diego Cugia

 

Il libro sarà presto disponibile in tutte le librerie e può essere già richiesto contattando la casa editrice.

Rif.  Valentina Ricciardo
Comunicazione e Ufficio Stampa

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Navarra Editore
Via Crispi, 108 - 90139 Palermo
tel/fax +39 091.6119342
Mob. +39 320.8058371
www.navarraeditore.it

 

 

 

 

 

 

FORMAZIONE E CONVEGNI

 

 

1. Rovigo - Giornate di studio sui diritti dei migranti, Ottobre 2009.

 

Quattro incontri (2, 9, 16 e 23 ottobre 2009)sul tema delle migrazioni, presso la sala della Gran Guardia di Rovigo, promossi dalle cooperative sociali Camelot e Cmc Hope in collaborazione con ASGI.

 

Quattro incontri sul tema delle migrazioni, presso la sala della Gran Guardia di Rovigo, promossi dalle cooperative sociali Camelot e Cmc Hope in collaborazione con ASGI.   L'Accademia dei Concordi, la Facoltà di Giurisprudenza di Ferrara e le cooperative sociali Camelot e Hope - impegnate da anni nei servizi all'immigrazione e alla mediazione linguistica e culturale - hanno deciso di portare, dalla città estense al di là del Po, un'iniziativa che negli anni è diventata un punto di riferimento per quanti sono impegnati in uno dei settori di maggiore evoluzione del diritto.

Per questi motivi anche il Comune di Rovigo, la Provincia di Rovigo, il Consorzio Universitario di Rovigo e il locale Ordine degli Avvocati hanno manifestato il proprio speciale interesse concedendo il patrocinio; inoltre l'Ordine degli Avvocati rodigino ha concesso 3 crediti formativi per ognuno dei seminari.

Il programma è articolato in quattro incontri sui temi del diritto dell'immigrazione sviluppati su un piano sia teorico che pratico: diritto comunitario e diritti fondamentali dei migranti, famiglia e minori stranieri, sicurezza e criminalizzazione dei migranti, discriminazione.
Su questi argomenti interverranno esperti (magistrati, avvocati, docenti universitari) di chiara fama nazionale.

Si intende in questo modo fornire un quadro il più possibile esaustivo della condizione giuridica del cittadino non italiano, anche e soprattutto, alla luce delle recenti ed importanti innovazioni apportate dal cosiddetto "pacchetto sicurezza".

La partecipazione è gratuita.

È previsto un sistema di registrazione delle presenze, per avvocati e abilitati al patrocinio, per i legali che vogliano acquisire i crediti.

Il programma dell'iniziativa

Per informazioni contattare la segreteria organizzativa :Dr Massimo Cipolla      3478566449 ; Dr Michele Alberighi  3299864803; info@coopcamelot.org  - info@cmchope.org


Si ringrazia Massimo Cipolla per la segnalazione.

 

 

2. Firenze - Due corsi di formazione per avvocati su mutilazioni genitali femminili e protezione internazionale (settembre- novembre 2009)

 

Corsi di alta formazione per avvocati organizzati dalla sezione toscana dell'ASGI e accreditati dalla Fondazione forense di Firenze: mutilazioni genitali femminili (settembre 2009), protezione internazionale e diritto d'asilo (ottobre-novembre 2009).

 

 

1) Le Mutilazioni Genitali Femminili ed i paradigmi di effettività della tutela giuridica - Corso

UCODEP, Fondazione per la Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Firenze, Associazione Studi Giuridici Immigrazione, presentano il

Corso di alta formazione per avvocati ed operatori del diritto

Le Mutilazioni Genitali Femminili ed i paradigmi di effettività della tutela giuridica

 

Firenze, 8, 15, 23 settembre 2009

Salone Conferenze del Palazzo Pallavicini Rospigliosi, presso il Convento delle Francescane Missionarie di Maria, in Piazza del Carmine n.21, primo piano

 

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Ai sensi del Regolamento sulla Formazione Professionale Continua del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Firenze del 14.11.2007 la partecipazione al Corso consente l'attribuzione di n° 1 credito formativo per ogni ora di effettiva presenza, fino ad un massimo di 12.

 

Info Contatto: Caterina Casamenti: Fax: 0575/1824872 E-mail: caterina.casamenti@ucodep.org



2) La protezione Internazionale dello straniero in Italia - Corso

L'Associazione Studi Giuridici sull'immigrazione sezione Toscana, in collaborazione con la Fondazione per la Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Firenze e con il sostegno di Magistratura Democratica Toscana, presenta  il

Corso

la protezione internazionale dello straniero in Italia

(STATUS DI RIFUGIATO - PROTEZIONE SUSSIDIARIA - PROTEZIONE UMANITARIA - ASILO ex art. 10, comma 3, Costituzione)

 

Firenze, 12, 19, 26 ottobre, 2 novembre 2009

Auditorium Al Duomo, Via de' Cerretani 54/r

 

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 Scheda di iscrizione 259.63 Kb

 

Ai sensi del Regolamento sulla Formazione Professionale Continua del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Firenze del 14.11.2007 la partecipazione al Corso consente l'attribuzione di n° 1 credito formativo per ogni ora di effettiva presenza.

 

Info Contatto: SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: Promo Leader Service Congressi S.r.l. - Via della Mattonaia, 17 - 50121 Firenze, Tel. 055 2462.1 - 055 2462244, Fax: 055 2462.270

E-mail: fff@promoleader.com

 

 

 

 

MASTER DI STUDI SULL’IMMIGRAZIONE E POLITICHE PER I MIGRANTI, UNVIERSITA’ DI MACERATA

 

 

Si informa che è on-line all'indirizzo

 

http://www.unimc.it/didattica/facolta/didattica/facolta/politiche/offerta-didattica/master-1b0-livello

 

il bando del "Master in Studi sull'immigrazione e politiche per i migranti a.a. 2009/2010 - III edizione" organizzato dalla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Macerata.

 

 

 Newsletter a cura di Walter Citti e Silvia Canciani – Segreteria ASGI

Per contatti : Sedi organizzative :Udine,  via S. Francesco, 39 33100 - Tel. Fax: 0432 /50715 info@asgi.it

          Trieste, via Fabio Severo, 31 34100 - Tel/Fax: 040/368463  walter.citti@asgi.it

 

ASGI - Sede legale e Amministrazione  : Torino, via Gerdil n.7 10100 - Tel. /Fax  011/4369158 segreteria@asgi.it

Sito internet : www.asgi.it