Newsletter n. 10 del 16 settembre 2009
SEGNALAZIONI NORMATIVE E
GIURISPRUDENZIALI
NORMATIVA
Pubblicata la legge contenente le
restrizioni della condizione giuridica degli stranieri. In vigore dall'8 agosto
2009. Le circolari applicative.
Circolare
del Ministero dell'Interno prot. 4820 del 27 agosto 2009
Legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di
sicurezza pubblica".Indicazioni operative sull'accordo d'integrazione,
Alte professionalita',ricongiungimento familiare.
Circolare
del Ministero dell'Interno n. 19 del 7 agosto 2009
Legge 15 luglio 2009, n.94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza
pubblica". Indicazioni in materia di anagrafe e di stato civile.
Circolare
del Ministero dell'Interno del 6 agosto 2009
Legge 15 luglio 2009, n.94, recante "Disposizioni in materia di
sicurezza pubblica". Modifiche in materia di cittadinanza.
Circolare
del Ministero dell'Interno - Capo di Gabinetto - del 5 agosto 2009
Legge 15 luglio 2009, n.94, recante "Disposizioni in materia di
sicurezza pubblica".
Corte di Cassazione -
relazione sulle novità della legge n. 94/2009 (sicurezza pubblica)
La Corte di
Cassazione pubblica una relazione illustrativa delle novità legislative
apportate dalla legge 15 agosto 2009, n. 94 (“Disposizioni in materia di
sicurezza pubblica”) |
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
il decreto che stabilisce il numero dei visti per motivi di studio da
rilasciare ai cittadini stranieri per l'anno 2009.
In base all'art.
44-bis, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999,
e' stato rinnovato il contingente di ingressi per motivi di studio
stabilito per l'anno precedente (D.M. 9 luglio 2008 Gazzetta Ufficiale n.187
del 11/08/2008).
Infatti la normativa in vigore prevede che, in caso di mancata pubblicazione
entro il 30 giugno di ciascun anno del decreto di programmazione annuale del
contingente, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nel secondo
semestre dell'anno, puo' provvedere, in via transitoria, con proprio decreto,
nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente.
Il contingente per il 2009 degli ingressi di
stranieri per la partecipazione a corsi di formazione professionale e
tirocini formativi prevede 5 mila ingressi per la
frequenza a corsi di formazione professionale
finalizzati al riconoscimento di una qualifica o alla
certificazione delle competenze acquisite di durata non superiore a
24 mesi e 5 mila ingressi per lo svolgimento di tirocini
di formazione e d'orientamento in funzione del
completamento di un percorso di formazione professionale .
Nel D.M. 29 luglio 2009 le
quote sono ripartite tra le regioni e province autonome.
DECRETO
Ministro del Lavoro, della salute e delle politiche sociali
29 luglio 2009 - Contingente per l'anno 2009
relativo all'ingresso di cittadini stranieri per la partecipazione a
corsi di formazione professionale e tirocini formativi. (G.U. 3
settembre 2009 n. 204)
3. Ministero dell'Interno : linee guida sui
contenziosi agli sportelli Unici dell'Immigrazione
Profili giurisprudenziali e conformi
linee di indirizzo diramati dal Viminale per ridurre le controversie in materia
d'immigrazione e diffondere le buone prassi individuate nel monitoraggio
ordinario .
Circolare del Ministero dell'Interno, Dipartimento per le
Libertà Civili e l'Immigrazione, Direzione Centrale per le Politiche
dell'Immigrazione e dell'Asilo, Servizio II Ufficio Studi e contenzioso del 13
agosto 2009 avente ad oggetto "Attività degli Sportelli Unici
dell'Immigrazione. - Insufficiente motivazione dei provvedimenti di rigetto di
nulla osta all'avviamento al lavoro ed in materia di ricongiungimento familiare
- Soccombenza giurisdizionale e condanna dell'amministrazione alla rifusione
delle spese legali - Possibile configurazione di responsabilità per danno
erariale - Profili giurisprudenziali e conformi linee di indirizzo in materia
espulsione, di allontanamento e di revoca in autotutela."
Il Ministero
dell'interno ha diffuso una circolare per chiarire le modalità di pagamento introdotte
dalla legge 94/2009 per chi intende chiedere la cittadinanza italiana dopo l'8
agosto 2009.
Con la legge
15 luglio 2009, n.94 ('Disposizioni in materia di sicurezza pubblica') sono
state introdotte diverse novità riguardanti i requisiti necessari per
ottenere la cittadinanza italiana. E' stato previsto un versamento di un
contributo di 200 euro (articolo 1, comma 12, della legge) da effettuare
attraverso un bollettino postale al conto corrente n.809020 intestato a
'Ministero dell'Interno DLCI - cittadinanza' .
I bollettini di conto
corrente possono essere ritirati presso le Prefetture o presso gli
uffici postali dotati di 'Sportello Amico'. Il versamento del contributo per le
istanze di cittadinanza presentate all'estero potrà essere effettuato tramite
bonifici esteri o attraverso il circuito europeo esistente tra le
organizzazioni postali aderenti.
Lo rende noto il
dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione con
una circolare del 2 settembre 2009, alla quale è allegato il fac simile del
bollettino.
Vedere anche :
17 agosto 2009 - Acquisto
della cittadinanza italiana per matrimonio - Trattamento delle istanze pendenti
Una circolare del
Ministero dell'Interno sul trattamento delle istanze di acquisto della
cittadinanza italiana per matrimonio pendenti alla data dell'8 agosto 2009
SEGNALAZIONI
GIURISPRUDENZIALI
INGRESSO
Il malfunzionamento del
sistema informatico del Ministero di invio e ricezione delle domande ha reso
impossibile la ricostruzione del corretto ordine di ricezione delle stesse.
Il TAR Lombardia
accoglie il ricorso di 15 datori di lavoro alle cui richieste per il rilascio
del nulla - osta all'ingresso di lavoratori extracomunitari nell'ambito del
decreto flussi 2007 tramite il "click day", era stato attribuito un
orario di arrivo al sistema informatico del ministero dell'Interno considerato
arbitrario in conseguenza delle disfunzioni e del malfunzionamento del sistema
stesso.
Secondo il TAR Lombardia, le nozioni che
regolano il decreto flussi 2007 quali quelle di "quota di ingresso",
di "quota disponibile" e di "ultima domanda in quota"
presuppongono un criterio temporale di ammissione delle domande e dunque
richiedono un funzionamento ineccepibile del sistema informatico che gestisce
l'afflusso delle domane. Le manchevolezze ed il malfunzionamento del sistema
informatico, accertato nel corso del procedimento, ha determinato dunque una
evidente violazione dei principi di pubblicità e trasparenza, nonché di buon
andamento della Pubblica Amministrazione. La conseguenza logica della sentenza
del TAR è quella per cui ciascun datore di lavoro che abbia presentato una
richiesta di nulla osta all'ingresso di lavoratori extracomunitari in occasione
del "click day" di cui al decreto flussi 2007 potrebbe dunque
rivendicare il proprio diritto a vedere soddisfatta la propria richiesta,
indipendentemente dall'orario di ricezione al sistema informatico notificato
dal Ministero.
TAR
Lombardia, sezione IV, sentenza n.4596/09
CITTADINANZA
La Corte di Cassazione, nel solco del
nuovo orientamento giurisprudenziale avviato dalla storica sentenza delle
Sezioni Unite della Suprema Corte n. 4466 dd. 25 febbraio 2009, ha stabilito
che, per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 87 del 1975 e n.
30 del 1983, deve essere riconosciuto, in sede giudiziale, ed
automaticamente il diritto allo "status" di cittadino italiano ai
discendenti diretti della donna che l'abbia perduta per essersi coniugata
con cittadino straniero anteriormente al 1 gennaio 1948, anche se nati
prima di tale data e nel vigore della L. 555/1912. La nuova sentenza
della Corte di Cassazione (n. 17548) ribadisce in sostanza quanto già affermato
nella citata sentenza delle Sezioni Unite. Pur condividendo il principio
dell'incostituzionalità sopravvenuta, secondo il quale la declaratoria
d'incostituzionalità delle norme precostituzionali produce effetto soltanto sui
rapporti e le situazioni non ancora esaurite alla data del 1° gennaio 1948, non
potendo retroagire oltre l'entrata in vigore della Costituzione, la Corte di
Cassazione afferma che il diritto di cittadinanza in quanto "status"
permanente ed imprescrittibile, salva l'estinzione per effetto di rinuncia da
parte del richiedente, è giustiziabile in ogni tempo (anche in caso di
pregressa morte dell'ascendente o del genitore dai quali deriva il
riconoscimento) per l'effetto perdurante anche dopo l'entrata in vigore della
Costituzione dell' illegittima privazione dovuta alla norma discriminatoria
dichiarata incostituzionale.
La sentenza della Cassazione nasce dal
ricorso di un fratello e sorella, nati da madre cittadina italiana d'origine e
padre cittadino libanese. La madre aveva perso la cittadinanza italiana per
aver sposato il cittadino libanese prima del 1948.
In pratica, per effetto
dell'orientamento della Suprema Corte, tutti i discendenti in linea
retta delle cittadine italiane che dal 1912 sono emigrate e si sono sposate con
stranieri prima del 1948, perdendo la cittadinanza italiana prima
dell'entrata in vigore della Costituzione italiana, possono richiedere ora
giudizialmente il riconoscimento della cittadinanza italiana.
Corte
di Cassazione, Sez. prima, sentenza 13 maggio - 28 luglio 2009, n. 17548.
Sentenza n. 4466 del 25/02/2009 Cassazione Sezioni Unite
Civili, Presidente V. Carbone, Relatore F. Forte
ASILO
La Suprema Corte,
sezioni unite, afferma la giurisdizione del giudice civile e non di quello amministrativo in
merito alla concessione della protezione umanitaria ex art. 5, commi 6 e art.
19 del d.lgs. n. 286/98.
Di fronte ai
contrastanti orientamenti espressi dai giudici ordinari ed amministrativi, la
Suprema Corte afferma che la fattispecie della protezione umanitaria è
riconducibile alla categoria dei diritti umani fondamentali e dunque vi è
identità di natura con le altre situazioni giuridiche connesse al
riconoscimento dello status di rifugiato o dell’asilo costituzionale. Poiché la
giurisdizione sui diritti umani fondamentali, in mancanza di norma espressa che
disponga diversamente, spetta al giudice ordinario, il ricorso del richiedente
asilo avverso il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero in subordine
del diritto costituzionale all’asilo, ovvero in subordine ancora della
protezione umanitario, non può essere scisso tra diverse giurisdizioni, ma vi sarà un unico giudice
competente, quello ordinario, appunto.
Corte
di Cassazione, sez. unite, sentenza n. 19393/2009 dd. 09 settembre 2009
Il Tribunale penale
di Pesaro solleva dinanzi alla Corte Costituzionale la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 10 bis del d.lgs. n. 286/98
Prima eccezione di
incostituzionalità sollevata da un giudice nei confronti dell'art. 10 bis
del d.lgs. n. 286/98, introdotto dall'art. 1 c. 16 a) della legge n. 94/2009
(" Disposizioni in materia di sicurezza"), che ha introdotto i reati
contravvenzionali di ingresso illegale e soggiorno illegale nel territorio
dello Stato. Nel corso del procedimento penale
avviato nei confronti di un cittadino senegalese illegalmente presente in
Italia, con ordinanza di remissione degli atti alla Corte Costituzionale dd. 31
agosto 2009, il giudice penale di Pesaro ha ritenuto non manifestamente
infondate le eccezioni di incostituzionalità sollevate nei confronti dell'art.
10 bis. Il giudice rileva il possibile contrasto della norma con
una serie di principi costituzionali: innanzitutto, con il principio di
ragionevolezza che deve presiedere all'esercizio dell'attività legislativa in
materia penale; poi, con il principio di uguaglianza e di personalità
della responsabilità penale perché la condizione di immigrazione irregolare
viene di per sé associata ad un comportamento pericoloso socialmente a
prescindere dalle situazioni individuali e, perché, non viene tenuta in alcuna
considerazione la possibilità dell'assenza del giustificato motivo
quale elemento costitutivo del reato; ulteriormente, con il principio di
solidarietà sociale, perché l'introduzione del reato determina ed induce ad una
condizione di isolamento e di rifiuto da parte della società nei confronti
dell'immigrato.
2. Mandato d'arresto
europeo ed esecuzione delle pene detentive.
Dinanzi alla Corte
Costituzionale il quesito se sia legittima l'esclusione del cittadino
comunitario residente in Italia dalla possibilità di scontare nel nostro paese
la pena detentiva emanata dall'autorità giudiziaria di un altro paese membro
dell'UE
La Corte di Cassazione pone alla Corte
Costituzionale la questione della legittimità costituzionale della norma della
legge attuativa delle disposizioni comunitarie in materia di mandato
d'arresto europeo che consentono solo al cittadino italiano e non anche a
quello comunitario residente in Italia di richiedere di scontare la
pena nel nostro Paese in relazione ad una richiesta per l'esecuzione di
una pena detentiva emessa da un altro paese comunitario.
Il giudice di legittimità parte
dal presupposto che la legislazione comunitaria (Decisione quadro 2002/584/GAI)
prevede la possibilità che l'autorità giudiziaria chiamata ad eseguire un
mandato d'arresto emesso dall'autorità di un altro Paese comunitario ai
fini dell'esecuzione di una pena detentiva definitiva possa rifiutare la
consegna qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro richiesto, in
quanto cittadino nazionale o straniero ivi residente (art. 4 comma 6). La
finalità della norma è quella di consentire che l'esecuzione della pena
corrisponda alle funzioni di risocializzazione e reinserimento del condannato,
rendendo possibile il mantenimento dei suoi legami famigliari e sociali, che
potrebbero essere prevalenti nel Paese richiesto di dimora del ricercato
piuttosto che nel Paese, anche se quello di origine, ove la pena
detentiva è stata emessa.
Nell'attuare la decisione quadro
comunitaria, con la legge n. 69 del 2005, il legislatore italiano ha
previsto in relazione unicamente al cittadino italiano la possibilità di
negare la consegna del ricercato alle autorità dell'altro Paese
membro richiedente al fine di eseguire una pena detentiva, negando invece tale
possibilità tout court in relazione al residente non cittadino, a prescindere
dall'effettivo radicamento che questi possa avere sviluppato con il nostro
Paese in termini di legami ed interessi affettivi, professionali od
economici (art. 18 comma 1 lett. r) L. n. 69/2005).
A detta, dunque della Corte di
Cassazione, tale disparità di trattamento tra cittadino nazionale e straniero
residente porrebbe possibili profili di incostituzionalità in riferimento ai
criteri di eguaglianza e ragionevolezza ed in relazione al principio universale
della finalità rieducativa della pena, nonché porrebbe un profilo di contrasto
tra la normativa interna e quella comunitaria, in violazione dell'art. 117
comma 1 Cost., così come un profilo di contrasto con il principio di non
discriminazione di cui all'art. 12 del T CE.
Ulteriormente, la Corte di Cassazione
sottolinea l'irragionevolezza della distinzione prevista nella legislazione
nazionale tra cittadini nazionali e stranieri residenti nella possibilità di
richiedere il respingimento della richiesta di consegna al paese di emissione
di un mandato di arresto europeo per l'esecuzione di una pena detentiva
definitiva (c.d mandato d'arresto europeo "esecutivo") rispetto
all'eguaglianza di trattamento invece prevista in relazione ai c.d. mandati di
arresto europei "processuali" ove, al contrario, vale tanto per il
cittadino italiano quanto per lo straniero residente la norma per cui la
consegna della persona ai fini dello svolgimento di un'azione penale nello
Stato membro richiedente (ad es. un processo penale) possa essere subordinata
al rinvio nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena, una volta
terminata l'azione penale nello Stato richiedente.
La questione di legittimità posta
dinanzi alla Corte Costituzionale in relazione alla disparità di trattamento
tra cittadini italiani e stranieri contenuta nelle norme attuative della
legislazione comunitaria in materia di mandato di arresto europeo esecutivo è
suscettibile di condizionare il dibattito sull'attuazione della decisione
quadro comunitaria 2008/909/GAI del 27 novembre 2008 relativa all'applicazione
del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano
pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro
esecuzione nell'Unione europea. La legge comunitaria approvata dal
Parlamento italiano il 23 giugno scorso, prevede all'art. 52 la delega al
Governo per l'attuazione della suddetta decisione quadro. Il governo italiano
ha annunciato l'intenzione di attuare la decisione quadro al fine di
consentire di rendere più certe e rapide le procedure per il trasferimento dei
detenuti di paesi comunitari nei rapporto con gli altri Stati membri, e con la
Romania in particolare. Vale la pena sottolineare, tuttavia, che la decisione
quadro comunitaria ha come finalità principale quella di aumentare la
possibilità di reinserimento sociale della persona condannata e, a tale
fine, prima di assumere una decisione in materia di riconoscimento
ed esecuzione della pena, le autorità dei paesi membri sono chiamate a
cooperare nella valutazione, fra l'altro, del luogo di principale
radicamento dei legami familiari, linguistici, sociali, economici o di altro
tipo, e, in relazione a questo, a richiedere l'opinione della persona
condannata, almeno in quei procedimenti ove ad es. questa persona
sia stata condannata ad una pena detentiva nel paese di residenza,
diverso da quello di cittadinanza, e ove non vi sia un provvedimento espulsivo
inserito nella sentenza o decisione giudiziaria.
Stando alle statistiche diffuse dal
sottosegretario Caliendo nel corso della seduta della Camera dei Deputati del
30 luglio scorso, in risposta ad un'interrogazione parlamentare in merito alle
problematiche relative ai detenuti di nazionalità romena presentata dall'on.
Melis (PD), alla data del 28 luglio 2009, negli istituti di pena italiani
risultavano essere presenti 23.473 detenuti stranieri, e di essi, 2.921 erano
cittadini rumeni.
La Corte di
Cassazione ribadisce che il reato contravvenzionale di cui all'art. 6 c. 3 del
d.lgs. n. 286/98 può applicarsi allo straniero in genere.
Il reato contravvenzionale di
mancata esibizione, senza giustificato motivo, dei documenti di identificazione
di cui all'art. 6 c. 3 del d.lgs. n. 286/98 può trovare applicazione,
sussistendone le fattispecie, allo straniero in genere, anche a colui che abbia
fatto ingresso illegale nel territorio dello Stato. La Cassazione smentisce
un'interpretazione del tribunale di Venezia secondo cui la mancata esibizione
dei documenti di identificazione poteva essere sanzionata ai sensi dell'art. 6
c. 3 del d.lgs. n. 286/98 solo nei confronti degli stranieri regolarmente
soggiornanti nel territorio dello Stato, ma non nei confronti degli stranieri
irregolari. Ribadendo una giurisprudenza consolidata, a partire dal
pronunciamento della Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 45801
del 2003), il giudice di legittimità afferma che la norma stabilisce
l'obbligo dello straniero in genere, sia esso regolarmente soggiornante o meno
sul territorio nazionale, di munirsi di un documento di identificazione e di
esibirlo a richiesta degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza
Corte di Cassazione, seconda sez. penale, sentenza n.
34068/09 dd. 4 settembre 2009
ESPULSIONI
Il provvedimento
espulsivo dello straniero disabile incapace di agire a causa di una malattia
mentale può essere impugnato dall'amministratore di sostegno appositamente
nominato dal giudice tutelare
All'amministratore di sostegno può
essere demandato lo specifico compito di impugnare i provvedimenti
dell'Autorità Amministrativa di allontanamento e/o espulsione del beneficiario
dal territorio dello Stato italiano (Nella specie si trattava di cittadina
marocchina affetta da schizofrenia paranoide, perciò impossibilitata a
compiere, non comprendendone significato e rilievo, l'impugnazione -peraltro
entro un'imminente scadenza- del decreto di espulsione emesso nei suoi
confronti).
Decreto
del giudice tutelare del Tribunale di Modena del 20 luglio 2009
(da:
http://www.dirittoegiustizia.it/)
RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE
L’istituto di
diritto islamico della Kafala idoneo ai fini del ricongiungimento familiare del
minore . Pronuncia del Tribunale di Brescia.
Il Tribunale di Brescia
riconosce l'idoneità dell'affidamento consensuale di minore attraverso
l'istituto di diritto marocchino della kafala ai fini del ricongiungimento
familiare in Italia. L'affidamento
in Marocco attraverso l'istituto della Kafala è avvenuto in forma consensuale,
cioè mediante un accordo diretto tra i genitori naturali e la
famiglia di accoglienza, quella della sorella del marito; accordo che tuttavia
ha avuto l’omologazione da parte del tribunale marocchino di prima istanza.
Secondo il giudice di Brescia, tale omologazione da parte dell’autorità
giudiziaria marocchina rende l’istituto della kafala conforme all’interesse del
minore e scongiura la possibilità di eventuali abusi di detto istituto per
aggirare le norme sull’immigrazione. il Tribunale di Brescia, inoltre, ha ritenuto di dover riconoscere
l'istituto della Kafala ai fini del ricongiungimento in Italia,
sostenendo che lo stato di abbandono del minore era sufficientemente provato
anche in relazione alle prove testimoniali fornite nel corso del procedimento,
ritenendo quindi soddisfatte le garanzie richieste dalla sentenza della
Corte di Cassazione n. 7472/2008.
Tribunale
di Brescia, decreto 3 agosto 2009, n. 2724/2008 v.g.
Si veda
anche
Tribunale
di Rovereto, ordinanza del 21 maggio 2009
DIRITTI CIVILI
– DISCRIMINAZIONI PER MOTIVI ETNICO-RAZZIALI
Il Consiglio di Stato, con
ordinanza depositata il 26 agosto 2009, sospende in via cautelare
l'efficacia della sentenza del TAR Lazio n. 6352/2009,
che aveva annullato per illegittimità, alcune parti delle ordinanze del
Presidente del Consiglio dei Ministri che hanno previsto l'identificazione ed
il censimento delle persone, anche minori d'età, e dei nuclei familiari
presenti nei campi nomadi, attraverso rilievi segnaletici. Al riguardo, i
giudici del TAR Lazio avevano rilevato che tali norme risultano in
contrasto con quelle di rango superiore in materia di libertà personale, di cui
all'art 4 del T.U.L.P.S. n. 773/1931, secondo cui l'Autorità di Pubblica
Sicurezza può disporre rilievi segnaletici solo nei confronti di persone
pericolose o sospette o nei confronti di coloro che non siano in grado o si
rifiutino di provare la loro identità.
Il TAR Lazio, inoltre,
con la sentenza n. 6352/2009 aveva annullato alcune parti del
Regolamento delle aree destinate ai nomadi nel territorio del
comune di Milano, adottato dal Prefetto di Milano quale commissario delegato
per l'emergenza nomadi in Lombardia, nonché del Regolamento per la gestione dei
villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella Regione Lazio, adottato dal
Prefetto di Roma quale delegato per l'emergenza nomadi nel territorio della
Regione Lazio. Tali regolamenti stabiliscono, tra l'altro, misure restrittive
all'accesso delle persone nei centri attrezzati destinati ai nomadi, alle
possibilità di ricevere visite da parte di amici e famigliari, subordinano
l'ammissione e la permanenza in detti centri alla sottoscrizione di atti
di impegno al rispetto di disciplinari interni emanati dai Comuni,
stabiliscono l'obbligo per le persone residenti in detti centri di esibire una
tessera di riconoscimento e l'obbligatorietà all'avviamento a percorsi
lavorativi e formativi. Il TAR Lazio aveva concluso che tali misure apparivano
incompatibili con fondamentali libertà costituzionali quali la libertà di
circolazione e di soggiorno di cui all'art. 16 Cost., la libertà di
scegliere la propria attività lavorativa, il diritto alla privacy e
al godimento delle relazioni familiari senza interferenze ingiustificate da
parte dei poteri pubblici.
Nell'accogliere l'istanza presentata dal
Governo di sospensione cautelare della sentenza di primo grado, Il Consiglio di
Stato ha ritenuto "nella valutazione dei contrapposti interessi tipica
della sola fase cautelare, allo stato prevalente quello delle Amministrazioni
appellanti principali, ferma la necessità di un'approfondita valutazione nel
merito tanto dell'appello principale quanto di quello incidentale laddove
sollevano complesse e delicate questioni inerenti all'imprescindibile rispetto
dei diritti fondamentali e della dignità della persona in uno con il divieto,
che pervade l'ordinamento nazionale ed internazionale, di qualsivoglia
discriminazione razziale ed etnica".
Il
testo dell'ordinanza del Consiglio di Stato n. 06400/2009 Reg. Ric. dd. 26
agosto 2009
DIRITTI CIVILI –DISCRIMINAZIONI PER
ORIENTAMENTO SESSUALE
Matrimonio tra persone dello stesso sesso. Rifiuto di procedere
alle pubblicazioni da parte dell'ufficiale dello stato civile, Ordinanza del
Tribunale di Venezia di rinvio
alla Corte Costituzionale, 3 aprile 2009
Riassunto: L'art. 29 della Costituzione, nel momento in cui
attribuisce tutela costituzionale alla famiglia legittima - contribuendo essa,
grazie alla stabilità del quadro delle relazioni sociali, affettive ed
economiche che comporta, alla realizzazione della personalità dei coniugi -,
non costituisce un ostacolo al riconoscimento giuridico del matrimonio tra
persone dello stesso sesso. In questo senso, il Tribunale adito ha ritenuto
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143 bis e 156 bis cc.,
nella parte in cui, sistematicamente interpretati, non consentono che le
persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone
dello stesso sesso, per contrasto con agli artt. 2, 3, 29 e 117, 1° comma della
Costituzione.
Tratto da www.olir.it
Il testo
integrale dell’ordinanza del Tribunale di Venezia, 3 aprile 2009.
DIRITTI SOCIALI
Nuove ordinanze a
favore di cittadini stranieri in
possesso del permesso di soggiorno a cui l'INPS negava l'assegno d'invalidità.
il Tribunale di Genova, in sede di
reclamo, ha riconosciuto ad un
cittadino marocchino titolare di solo permesso di soggiorno il diritto alla
corresponsione dell’assegno di invalidità civile, per effetto della diretta
applicazione dell’Accordo euromediterraneo tra l’Unione Europea ed il Marocco e
della clausola ivi contenuta di parità di trattamento in materia di previdenza
sociale, in grado di fondare posizioni soggettive direttamente tutelabili
dinanzi al giudice nazionale. Ugualmente, il
Tribunale di Genova ritiene che l’assegno di invalidità vada riconosciuto allo
straniero titolare di permesso di soggiorno sulla base di un’interpretazione
costituzionalmente orientata della normativa, alla luce della sentenza n. 306/2008 della Corte
Costituzionale. L’ordinanza del
Tribunale di Genova si affianca dunque all’importante precedente giurisprudenziale del Tribunale di Ravenna, che, con l’ordinanza 1 ottobre,
2008 [causa n. 140/2008, est. Riverso], aveva condannato l’INPS al pagamento
dell’indennità di accompagnamento e della pensione di invalidità civile, a
favore di un donna di nazionalità nigeriana invalida al 100% e non
autonomamente deambulante per effetto di gravi patologie HIV correlate.
Il Tribunale di Vicenza, con
ordinanza dd. 7 agosto 2009 (causa n. 948/09 R.L.), avente natura di provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.,
ha ordinato all’INPS l’anticipazione al ricorrente dei ratei dell’assegno di
invalidità sino dalla data di udienza di discussione della causa di merito, al
termine della quale ha anticipato
che potrà essere sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 80 c. 19 della legge n.
388/2000 con riferimento all’art.
13 della legge n. 118/1971 . Il giudice del lavoro di Vicenza, al contrario del
collegio del Tribunale di Genova, non ritiene che possa esserci spazio per una
lettura costituzionalmente orientata della norma legislativa, considerato che i
due precedenti giurisprudenziali costituzionali (sentenze n. 306/2008 e
11/2009) hanno riguardato fattispecie simili, ma non identiche a quella in
esame. Tuttavia, il giudice di Vicenza ha voluto accogliere la richiesta di un
provvedimento di urgenza a favore del cittadino straniero ricorrente sostenendo l’esistenza del c.d. “fumus”
boni iuris e del “periculum in mora”, quest’ultimo in ragione dell’eventualità
che il ricorrente non possa ottenere nel frattempo il rinnovo del permesso di
soggiorno in scadenza per mancanza di leciti mezzi di sostentamento.
Si ringrazia l'avv.Elena Fiorini per la segnalazione
Tribunale
di Vicenza, sezione lavoro, ordinanza dd. 7 agosto 2009 (n. 948/09 R.L.)
Si ringrazia l’avv. M.
Bassan per la segnalazione.
Si vedano
sull'argomento :
La
sentenza del Tribunale di Bari - sezione lavoro - del
18.05.2009 e la notizia correlata
L'ordinanza
del Tribunale di Genova - sez. lavoro - del 17 aprile 2009
Tribunale
di Ravenna, ordinanza del 1 ottobre 2008, proc. n. 140/2008
Corte
costituzionale - sentenza n. 306 del 30 luglio 2008
Corte
costituzionale - sentenza n. 11 del 14 gennaio 2009
Per approfondimenti:
L'accesso
degli stranieri alle prestazioni di assistenza sociale
Scheda pratica a cura di Walter Citti e Paolo Bonetti (Aggiornata all'8 agosto
2009)
GIURISPRUDENZA EUROPEA
Nel caso riguardante
un cittadino bosniaco, l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei
diritti umani per violazione dell'art. 3 della CEDU in ragione del
sovraffollamento delle carceri
Nel caso SULEJMANOVIC
c. Italia la CEDU accerta per la prima volta la violazione dell'articolo 3
della Convenzione per eccessivo sovraffollamento carcerario
Agosto 7, 2009 di antonellamascia
Strasburgo, 7 agosto 2009 - Con
sentenza del 16 luglio 2009, la CEDU, nel caso SULEJMANOVIC c. Italia
(ricorso n. 22635/03), dove il ricorrente si lamenta delle condizioni della
propria detenzione nel carcere di Rebibbia a Roma, ha accertato la violazione
dell'art. 3 della Convenzione per sovraffollamento carcerario.
Questo è il primo caso di accertamento
di una simile violazione nei confronti dell'Italia. Il caso è emblematico e di
grande attualità in considerazione della grave situazione di sovraffollamento
attualmente esistente nelle carceri italiane.
La vicenda riguarda un cittadino
bosniaco, Izet Sulejmanovic, condannato per furto, ricettazione e falso, il
quale viene arrestato il 30 novembre 2002 mentre si trova a Roma per ottenere
un permesso di soggiorno. Il Sulejmanovic deve scontare nel complesso un anno,
nove mesi e cinque giorni di reclusione e pertanto viene condotto nel carcere
di Rebibbia a Roma.
Nel luglio 2003, questo carcere ospitava
1.560 persone nonostante la sua capacità di accoglienza fosse limitata a 1.271
persone.
Il Sulejmanovic viene recluso in diverse
celle, tutte di 16,20 m2 a cui è collegato un locale sanitario di
5,04 m2. Il Sulejmanovic dall'inizio della sua detenzione fino al 15
aprile 2003 condivide la cella con altre cinque persone. Pertanto ogni detenuto
dispone di una superficie media di 2,70 m2.
Dal 15 aprile al 20 ottobre 2003, il
Sulejmanovic viene trasferito in un'altra cella, condivisa con altre quattro
persone. Pertanto ogni detenuto dispone di una superficie media di 3,40 m2.
Durante il suo periodo di detenzione il
Sulejmanovic trascorre le giornate nel modo seguente: alle 18 chiusura della
cella; alle 6,30 distribuzione della prima colazione, consumata, come tutti gli
altri pasti, in cella, non esistendo alcun locale di ristorazione; alle 8,30 apertura
della cella con la possibilità di uscire nel cortile del penitenziario; alle 10
distribuzione del pranzo, alle 10,30 chiusura della cella; alle 13 apertura
della cella con la possibilità di uscire nel cortile del penitenziario; alle
14,30 chiusura della cella; alle 16 apertura della cella con la possibilità di
circolare nei corridoi; alle 17,30 distribuzione della cena. Ne risulta quindi
che il Sulejmanovic rimane rinchiuso in cella quotidianamente per diciotto ore
e trenta minuti a cui si deve aggiungere un'ora per i pasti. Il Sulejmanovic
può quindi uscire di cella 4 ore e 30 minuti al giorno.
Il Sulejmanovic chiede inoltre per due
volte di poter lavorare durante il suo periodo di detenzione, ma invano. Il 20
ottobre 2003, il Sulejmanovic, dopo aver beneficiato di uno sconto di pena,
viene rimesso in libertà. Queste le condizioni descritte dal Sulejmanovic e
riportate dalla CEDU nella sentenza.
Riguardo alle caratteristiche dei locali
in cui i detenuti devono soggiornare disposte in diritto interno la CEDU
richiama l'articolo 6 della legge
n. 354 del 26 luglio 1975 nonché gli articoli 6 e 7 del decreto presidenziale
n. 230 del 30 giugno 2000. Per quanto riguarda il piano internazionale, la
CEDU fa espresso riferimento all'articolo 18 delle Norme penitenziarie europee,
adottate con raccomandazione Rec(2006)2 del Comitato dei Ministri del Consiglio
d'Europa (versione
francese e versione
inglese e versione
italiana).
I principi generali richiamati dalla
CEDU nel caso in esame permettono di ripercorrere la giurisprudenza
sviluppatasi in materia.
La CEDU, facendo riferimento alle
sentenze di Grande Camera nei casi Saadi c. Italia, sentenza del 28
febbraio 2008 (§127) e Labita c. Italia, sentenza del 6 aprile 2000
(§119), ricorda innanzitutto che l'art. 3 della Convenzione consacra uno dei
valori fondamentali delle società democratiche in quanto proibisce in termini
assoluti la tortura e le pene o i trattamenti inumani o degradanti, quali che
siano i comportamenti della vittima.
La CEDU ricorda inoltre che l'articolo 3
della Convenzione impone allo Stato di assicurare che tutti i prigionieri siano
detenuti in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana, che le
modalità di esecuzione del provvedimento non provochino all'interessato uno
sconforto e un malessere di intensità tale da eccedere l'inevitabile livello di
sofferenza legato alla detenzione e che, tenuto conto delle necessità pratiche
della reclusione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati in
modo adeguato (Kudla c. Polonia, sentenza di Grande Camera del 26
ottobre 2000, §§ 92-94).
La CEDU ricorda anche che il CPT, il
Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti o delle
pene inumani o degradanti del Consiglio d'Europa, ha fissato a 7 m2
per persona la superficie minima suggerita per una cella di detenzione (si veda
in merito il secondo
rapporto generale, CPT/Inf(92)3, §43) e che un sovraffollamento carcerale
grave pone di per sé un problema sotto il profilo dell'articolo 3 della
Convenzione (si veda in merito la sentenza Kalachnikov c Russia,
sentenza del 15 luglio 2002, § 97).
La CEDU ricorda anche che non può dare
la misura, in modo preciso e definitivo, dello spazio personale che deve essere
attribuito a ciascun detenuto secondo la Convenzione, dato che questa questione
può dipendere da numerosi fattori, come la durata della privazione di libertà,
le possibilità di accesso alla passeggiata all'aria aperta o la condizione
mentale e fisica del detenuto (si veda in Trepachkine c. Russia,
sentenza del 19 luglio 2007, §92).
La CEDU ricorda inoltre che in certi
casi la mancanza di spazio personale per i detenuti era talmente evidente da
giustificare, di per sé, la constatazione della violazione dell'articolo 3. In
questi casi, in linea di principio, i ricorrenti disponevano individualmente di
meno di 3 m2 (si vedano i casi, tutti contro la Russia, Aleksandr
Makarov c. Russia, n. 15217/07, § 93, 12 marzo 2009 ; Lind c.
Russia, n. 25664/05, § 59, 6 dicembre 2007 ; Kantyrev
c. Russia, n. 37213/02, §§ 50-51, 21 juin 2007 ;
Andreï Frolov c. Russie, n. 205/02, §§ 47-49, 29 mars
2007 ; Labzov c. Russie, n. 62208/00, § 44,
16 giugno 2005, e Mayzit c. Russie, n. 63378/00, § 40,
20 gennaio 2005).
La CEDU ricorda infine che nei casi dove
il sovraffollamento non solleva automaticamente l'eccezione di violazione
dell'articolo 3, al fine di verificare il rispetto di questa disposizione,
possono essere presi in considerazione altri aspetti riguardanti le condizioni
di detenzione. Tra questi elementi figurano la possibilità di utilizzare i
servizi igienici privatamente, l'areazione disponibile, l'accesso alla luce
naturale e all'aria aperta, la qualità del riscaldamento e il rispetto delle
esigenze sanitarie di base. Inoltre la CEDU ricorda che anche in casi dove
ciascun detenuto disponeva dai 3 ai 4 m2, ha accertato la violazione
dell'articolo 3 quando la mancanza di spazio era accompagnata da una mancanza
di ventilazione e di luce (si vedano i casi Moisseiev c. Russia,
n. 62936/00, 9 ottobre 2008 ; Vlassov c. Russia, n.
78146/01, § 84, 12 giugno 2008 ; Babouchkine c. Russia, n.
67253/01, § 44, 18 ottobre 2007 ; Trepachkine, già citato, e
Peers c. Grecia, n. 28524/95, sentenza del 19 aprile 2001,
§§ 70-72).
La CEDU passa quindi all'applicazione
dei principi generali richiamati al caso di specie.
Per quanto riguarda il periodo
intercorrente dal 30 novembre 2002 all'aprile 2003, dove il ricorrente è stato
detenuto in uno spazio disponibile pari a 2,70 m2, la CEDU afferma
che la mancanza palese di uno spazio personale costituisce di per sé un
trattamento inumano o degradante. Pertanto, secondo la CEDU per tale periodo vi
è stata violazione dell'articolo 3 della Convenzione.
Per quanto riguarda invece il periodo
successivo,dove il ricorrente ha potuto disporre di uno spazio personale di
3,24 m2, 4,05 m2 e 5,40 m2, la CEDU
riconosce un miglioramento della situazione. La CEDU verifica con attenzione la
situazione del ricorrente, riscontrando che questi non si è lamentato del
riscaldamento della cella o dell'accesso e della qualità del bagno annesso alla
cella e che nonostante abbia denunciato di aver subito un pregiudizio alla
propria integrità fisica e psichica, non ha poi fornito alcun elemento utile a
dimostrazione. Riguardo poi alla possibilità di uscire dalla cella, la CEDU
constata che il ricorrente aveva a disposizione quasi 9 ore, tra la possibilità
di recarsi nel cortile, o all'interno, con la possibilità di socializzare con
gli altri detenuti. La CEDU afferma inoltre che è deplorevole che il ricorrente
non abbia potuto svolgere alcuna attività lavorativa all'interno del carcere,
ma che questa condizione, di per sé, non è sufficiente per ritenerla contraria
all'articolo 3 della Convenzione. La CEDU ha pertanto ritenuto che per questo
secondo periodo il trattamento a cui è stato sottoposto il ricorrente non abbia
raggiunto quel livello minimo di gravità richiesto perché il caso possa essere
considerato in violazione dell'art. 3 della Convenzione.
La CEDU ha condannato l'Italia a
risarcire al ricorrente la somma di 1.000 euro per danni morali.
(tratto dal sito http://antonellamascia.wordpress.com/,
per gentile concessione dell'autrice
2.
L'espulsione del cittadino
tunisino Ali Ben Sassi Toumi costituisce un nuovo caso di flagrante
inosservanza da parte dell'Italia delle misure provvisorie vincolanti richieste
dalla CEDU
ROMA,
6 agosto 2009 - Ali Ben Sassi Toumi, cittadino tunisino di 44 anni, è stato
arrestato all'aeroporto di Tunisi, dopo il rimpatrio forzato effettuato
dall'Italia il 2 agosto 2009. Rimpatrio avvenuto nonostante la Corte europea
dei diritti umani avesse richiesto per tre volte alle autorità italiane di
sospendere l'espulsione. La notizia è stata diffusa dalla sezione italiana di Amnesty
International , che ha lanciato un appello
on line per chiedere al ministro dell'Interno tunisino il rilascio
immediato del prigioniero. Alì Ben Sassi Toumi era stato rilasciato dal carcere
di Benevento, in Italia, il 18 maggio 2009, dopo aver scontato quattro anni di
detenzione per la condanna di appartenenza ad una cellula terroristica in
Italia e per le attività di reclutamento di combattenti in Iraq. Ali Ben Sassi
Toumi aveva fatto richiesta per ottenere asilo in Italia, vedendosela rigettare
perché riconosciuto colpevole di aver commesso un "reato grave". Dopo
il rilascio dal carcere, è stato trattenuto presso il Centro di identificazione
ed espulsione (Cie) di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.
Non è la prima volta che l'Italia viola le decisioni della Corte Europea dei
diritti umani relativamente alla sospensione di provvedimenti di espulsione
verso la Tunisia di persone a rischio di tortura e trattamenti inumani o
degradanti. In particolare nel 2008, rispettivamente a giugno e a dicembre, il
Governo italiano ha espulso in Tunisia Sami Essid Ben Khemais e Mourad
Trebelsi, per i quali la Corte aveva richiesto la sospensione dell'espulsione
in attesa della definizione del ricorso, ai sensi dell'art.39 del proprio
Regolamento. A febbraio 2009 la Corte ha stabilito che l'Italia, rimpatriando
Ben Khemais, ha violato l'art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani,
che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti. Nello stesso mese di
marzo del 2009 i giudici di Strasburgo hanno deciso in altri sette casi contro
l'Italia, accogliendo le richieste dei ricorrenti, tutti cittadini tunisini,
presenti in Italia da tempo, destinatari di un decreto di espulsione, alcuni in
base alla legge Pisanu del 2005, altri in base al Testo Unico sull'immigrazione
del 1998.
Era stato lo stesso commissario per i
diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, a esprimere "profonda preoccupazione"
sulle espulsioni in Tunisia, durante la sua ultima visita in Italia, avvenuta
tra il 13 ed il 15 gennaio 2009, specificamente sul caso di espulsione di
Cherif avvenuta nel gennaio 2007 grazie al decreto Pisanu. Secondo il rapporto
del Commissario Europeo, che richiamava un rapporto di Amnesty International
del 2008, "relazioni credibili dimostrano che il deportato è stato
sottoposto a torture e altre forme di maltrattamento, mentre era in stato di
detenzione in Tunisia". Secondo lo stesso rapporto Hammarberg, "in
particolare per quanto riguarda la Tunisia, dove l'Italia ha rimpatriato a
forza diverse persone, il commissario rileva che esistono relazioni credibili
che attestano l'esistenza di una tendenza al ricorso alla tortura e
maltrattamenti dei detenuti, in particolare se arrestati per reati relativi
alla sicurezza, compreso il rimpatrio forzato dall'estero"
Negli ultimi anni, Amnesty International ha ricevuto numerose denunce di casi
di tortura e altri maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza tunisine.
In quasi tutti i casi, le denunce di tortura non vengono sottoposte a indagine
né i responsabili vengono assicurati alla giustizia. Le persone sono più a
rischio di subire tortura quando si trovano in detenzione incommunicado. I
metodi più comuni di tortura sono le bastonate sul corpo, in particolar modo
sulle piante dei piedi; la sospensione per le caviglie o in posizioni scomode;
elettroshock e bruciature da sigarette. Tutto questo in un paese, la Tunisia,
che formalmente ha sottoscritto la "Convenzione contro la tortura e gli
altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti" delle Nazioni
Unite.
L'espulsione del cittadino tunisino Alì
Ben Sassi Toumi ha suscitato le proteste dei rappresentanti del Consiglio
d'Europa. "È assolutamente inammissibile che uno Stato ignori le misure
provvisorie vincolanti richieste dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo
(CEDU). È vergognoso che una democrazia adulta come l'Italia abbia, la scorsa
domenica, rinviato Ali Toumi in Tunisia, un caso in cui esiste un pericolo
imminente di danno irreparabile per il richiedente", hanno dichiarato ieri
Herta Däubler-Gmelin (Germania, SOC) e Christos Pourgourides (Cipro, PPE/CD)
rispettivamente, presidente della Commissione Affari Legali e Diritti Umani
dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE) e relatore
sull'esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo. "Tali
disposizioni contravvengono manifestamente alla giurisprudenza chiaramente
stabilita dalla Corte di Strasburgo. È la quarta volta dal 2005 che le autorità
italiane prendono delle misure in flagrante violazione delle decisioni della
Corte", hanno aggiunto."Tale comportamento intollerabile deve essere
condannato dal Consiglio d'Europa, senza ritardo. La nostra Commissione Affari
Legali dovrà incaricarsi di questo caso", hanno concluso.
(tratto da materiali reperibili sui siti web di Fortress
Europe e dell'Avv.
Antonella Mascia)
Scarica l'appello in favore di Ali Ben Sassi Toumi
Per approfondimenti:
§
Ris. 1571 & Racc. 1809 dell'APCE: dovere degli Stati membri di
cooperare con la Corte.
§
Ris. DU(2006)45 del Comitato dei Ministri:
obbligo degli Stati di cooperare con la CEDU.
§
Estratto del documento CommDU(2009)16: rapporto del Commissario per i
diritti umani, del 16 aprile 2009, concernente la sua missione in Italia, §§
94-105.
(tratto dal sito
web dell'avv. Antonella Mascia che si ringrazia per la gentile
concessione).
3. La Grecia dovrà risarcire ad un cittadino turco richiedente asilo la somma di € 10.000 per
il danno morale subito per essere stato detenuto ai fini della sua espulsione
per un tempo eccessivo, in condizioni degradanti e senza avere la possibilità
di ottenere un’efficace decisione sulla regolarità della sua detenzione
(violazione degli artt. 3 e 5 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo).
NORMATIVE
E PROVVEDIMENTI REGIONALI
1. Le Regioni Puglia, Calabria ed Emilia Romagna emanano apposite circolari concernenti l’accesso degli stranieri
irregolari alle prestazioni sanitarie ed il divieto di segnalazione da parte
del personale sanitario ed amministrativo. La Regione Puglia delibera
sull’esenzione dalla compartecipazione alla spese delle prestazioni sanitarie e
farmaceutiche per gli stranieri presenti irregolarmente sul territorio
nazionale.
Regione
Puglia, circolare dd. 4 agosto 2009, Dipartimento politiche della Salute
Regione
Emilia Romagna, circolare dd. 15 settembre 2009 dell'Assessorato Politiche per
la Salute.
L'Assessorato
per la tutela della salute e Sanità della regione Piemonte ha diffuso una nota
informativa ai sanitari.
Al fine di evitare
errate interpretazioni ed applicazioni non legittime della nuova disposizione
normativa (l'art. 6 comma 2 del Dlgs 28 così come modificato dall'art. 1 della Legge
n.94 del 15 luglio 2009), l'Assessorato piemontese ha emanato una circolare
esplicativa in riferimento agli atti di stato civile quali la dichiarazione di
nascita e il riconoscimento del figlio naturale .
Si fa presente che tali atti sono da considerarsi provvedimenti di
interesse non solo dello straniero dichiarante (ovvero del genitore) ma anche
del figlio oggetto del provvedimento, ricordando l'interesse pubblico generale
alla registrazione ed identificazione di persona nata sul territorio dello
Stato.
Con l'occasione l'Assessorato ricorda la possibilità, in base all'art. 30,
comma 1 del D.P.R. 396/2000, di rilascio della dichiarazione di nascita presso
la direzione sanitaria in cui avviene il parto entro tre giorni dallo stesso,
oltre che presso gli uffici anagrafici del Comune.
Utilmente viene altresì ricordato il divieto di segnalazione all'autorità' in
applicazione dell'art. 35, comma 5 del DLGS 286/98 da parte sia del personale
sanitario che amministrativo delle strutture sanitarie.
Vedere anche :
1 settembre 2009 - Legge
sulla Sicurezza : Tutelare la registrazione della nascita del minore
Ai fini della dichiarazione di nascita e del riconoscimento del figlio naturale
non può essere richiesta ai cittadini stranieri l'esibizione del permesso di
soggiorno. A seguito dell'appello inviato al Governo e alle Regioni, emanata
una circolare con disposizioni chiare.
ATTIVITA’ ASGI
L'ASGI esprime il proprio sconcerto
per le posizioni assunte dal Governo italiano, a seguito della tragedia che
ha visto la morte di circa 80 persone nel canale di Sicilia. Invece di esprimere cordoglio per le vittime e
sollecitare una inchiesta, anche in sede UE, sull'efficienza e la tempestività
dei soccorsi, esso ha manifestato insofferenza e fastidio, accusando altresì
esplicitamente i sopravvissuti di mentire, non si comprende per quali
ragioni. Alcuni esponenti del governo si sono spinti ad affermare che i
richiedenti asilo mentirebbero per ottenere il riconoscimento di un permesso
di soggiorno. Altri ancora hanno insinuato il dubbio che tra i superstiti ci
fossero degli scafisti. Adesso, i cadaveri che affiorano dalle acque del
Canale di Sicilia stanno confermando la versione dei fatti fornita dagli
eritrei evidenziando anche l'imbarazzo di quelle autorità che dopo i primi
avvistamenti non hanno voluto neppure recuperare i corpi. L'ASGI chiede che sia aperta un'inchiesta
finalizzata all'accertamento dei fatti relativi al funzionamento e alla
tempestività dei soccorsi. Nel ricordare che il salvataggio
delle vita in mare costituisce un principio cardine del diritto
internazionale e che tale principio sovrasta e precede ogni altra pur
legittima finalità di controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare,
l'ASGI sottolinea che le intese, i protocolli operativi tra Italia e Malta e
tra detti Stati e il sistema europeo Frontex debbono essere finalizzati in
primis ad organizzare un efficiente sistema di monitoraggio e soccorso.
Molti e assai rilevanti sono i dubbi e gli interrogativi, che la tragedia
mette in luce, e che debbono trovare adeguata risposta anche in sede
giudiziaria, in relazione all'efficacia dell'attuale sistema di ripartizione
di competenze tra Italia e Malta relativamente al pattugliamento e al
controllo delle zone marittime di competenza e all'organizzazione dei
soccorsi, e sulla conformità al diritto comunitario delle modalità di azione
del pattugliamento congiunto Frontex. L'ASGI esprime inoltre la propria profonda
preoccupazione per ulteriori aspetti paradossali di questa
vicenda: ai superstiti, tra cui due minori, proveniente
dall'Eritrea, quindi evidentemente in fuga da una situazione di violenza
generalizzata e bisognosi di protezione internazionale, potrebbe essere
consegnato un provvedimento di respingimento alla frontiera prima
di avere accesso alla procedura di asilo. Si tratta di una prassi
diffusa ad Agrigento, già più volte segnalata alle autorità, inutilmente, e
di cui si sottolinea l'illegittimità; la norma vigente in materia di
respingimento (art. 10 TU immigrazione), già estremamente restrittiva,
precisa infatti in modo tassativo che le disposizioni di cui allo
stesso art. 10 del TU n.286/98, relative al respingimento non si
applicano a quanti facciano domanda di asilo. Ad eccezione dei casi in
cui lo straniero non abbia presentato istanza di asilo o la abbia fatto solo
in una circostanza di tempo e luogo del tutto distinta e successiva
all'emanazione del provvedimento di respingimento, non appare quindi possibile
adottare da parte del Questore un provvedimento di respingimento differito,
ai sensi dell'art. 10 comma secondo, e nella stessa circostanza ammettere
alla procedura di asilo la medesima persona, per l'evidente violazione del
principio di non refoulement sancito dall'art. 33 della Convenzione
di Ginevra. Ci si chiede allora perché queste procedure vengano
attuate, così come ci si chiede se non sia paradossale che dei naufraghi,
in cerca di protezione internazionale, vengano accusati del reato di ingresso
irregolare introdotto dalla L. 94/2009 (pacchetto sicurezza). Dubbia
appare infatti la conformità di detta norma con l'art. 31 della citata
Convenzione di Ginevra del 1951. Occorrerebbe verificare, nella fase di prima
attuazione del reato di clandestinità, la sua compatibilità con i principi
costituzionali, a partire dall'art. 10 della Costituzione che sancisce il
diritto di asilo. L'esito complessivo di norme inique e farraginose appare
con tutta evidenza quello di mantenere condizioni operative che nel tempo
potranno produrre ancora tragedie come quella degli eritrei e fornire
un'immagine pubblica dei naufraghi non già come vittime di una tragedia, ma
come criminali. Le vittime del naufragio, per la drammaticità del viaggi
subiti, sono senza dubbio persone che sono state esposte ad un trauma
estremo. Dopo lo sbarco a Lampedusa si è appreso che sono state sottoposte a
giorni di interrogatorio, prima da parte della Guardia di Finanza, poi da
parte della Polizia. L'ASGI chiede che dopo il loro trasferimento a
Porto Empedocle ( una donna e due minori) ed a Palermo ( due adulti) siano
garantite una tempestiva presa in carico sotto il profilo medico
psicologico e psicoterapeutico, anche attraverso un'idonea collocazione
abitativa, come chiaramente richiesto dalle direttive europee in
materia. Quanto avvenuto in questi ultimi giorni a sud di
Lampedusa si inquadra nella pratica dei "respingimenti" collettivi
ed informali verso la Libia che il governo italiano ha ordinato alle unità
militari, in particolare ai mezzi della Guardia di Finanza, a partire
dal 15 maggio scorso. Più di 1200 migranti sono stati
respinti negli ultimi mesi verso i porti libici o riconsegnati dalle nostre
motovedette alle imbarcazioni militari libiche, alcune delle quali
fornite dall'Italia. Non sappiamo quale sia stato il costo umano di queste
pratiche di riammissione di migranti che - come dimostrano le statistiche
relative agli ultimi anni- avevano titolo ad accedere nel territorio italiano
per ottenere il riconoscimento di uno status di protezione internazionale.
Quello che è certo è che l'Italia ha violato e continua a violare l'art. 4
del Protocollo 4 allegato alla Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti
dell'uomo, e che questa violazione può integrare, in virtù del richiamo agli
articoli 10 ed 11 della Costituzione, un grave comportamento di abuso di
ufficio, oltre che un illecito sanzionabile da parte della Commissione
Europea e dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo. Il coinvolgimento di unità militari italiane nelle
operazioni FRONTEX, con base a Malta e la circostanza che il primo
"avvistamento" del gommone con gli eritrei superstiti fosse
avvenuto martedì 18 agosto, ben due giorni prima dell'avviso lanciato da
Malta solo quando il gommone stava entrando nelle acque territoriali
italiane, da parte di un mezzo aereo che partecipava all'operazione, senza
che poi fossero avviate immediate attività di ricerca e salvataggio, impone
alla magistratura italiana, competente in quanto sono coinvolti mezzi
militari battenti bandiera italiana, di indagare sulle modalità operative
dell'ultima missione FRONTEX in corso nelle acque del Canale di Sicilia negli
stessi giorni nei quali gli eritrei andavano alla deriva nell'indifferenza
generale. Dopo il ritrovamento di un cadavere di un migrante,
nella giornata di sabato 22 agosto, vicino all'isola di Linosa, poco ad
est di Lampedusa, ritrovamento avvenuto da parte di un diportista, e non da
mezzi impegnati nelle ricerche ufficiali, e dopo che sono stati abbandonati
in mare sette cadaveri rinvenuti durante una ricognizione aerea in acque
libiche, mentre quattro cadaveri sarebbero stati recuperati dalle autorità
maltesi, l'ASGI chiede alla magistratura di volere ordinare la prosecuzione
delle ricerche di altri cadaveri e di volere disporre con la maggiore
tempestività quei rilievi autoptici, anche sui corpi recuperati a Malta, che
consentano almeno l'accertamento delle responsabilità e la restituzione alle
famiglie delle spoglie dei loro congiunti. |
Messaggio di Laura
Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
politici, letto in occasione della manifestazione tenutasi in provincia di
Asti: “Ulisse sulle colline:natura, arte, musica e poesia”, 29 agosto, 2009
Durante la passeggiata di sabato 29
agosto a Vinchio d’Asti Ulisse sulle colline natura, arte, musica, poesia è
stato letto da Valentina Archimede un racconto di Davide Lajolo che narra la storia di un contadino emigrante
negli anni Trenta, Vigin va in Australia, e la manifestazione è stata dedicata
ai migranti di oggi, in particolare a Titti, una dei cinque superstiti eritrei
dei 73 lasciati morire nel Mare Mediterraneo.
Laura Boldrini, portavoce dell’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite, a cui verrà consegnato il 6 novembre ad Asti
il Premio Davide Lajolo – Il ramarro per il suo grande impegno umanitario
e la serietà professionale nel corso di una iniziativa pubblica sui temi delle migrazioni, ha mandato
il seguente messaggio, che è stato letto a conclusione della passeggiata Ulisse
sulle colline.
MESSAGGIO DI LAURA BOLDRINI PORTAVOCE DELL’ALTO COMMISSARIO
DELLE NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI POLITICI del 29 agosto 2009 Cara dott.ssa Lajolo, intanto grazie di cuore per avermi
voluto dare questo riconoscimento per l'attività che svolgo a sostegno dei
rifugiati. Di questi tempi le confesso che perorare la causa di queste
persone sta diventando molto difficile a causa del clima di intolleranza che purtroppo si sta facendo strada
tra gli italiani. Va anche detto che la politica e i media in questi
anni promuovendo presso
l'opinione pubblica l'equazione immigrazione uguale minaccia alla sicurezza,
non hanno aiutato nella comprensione del fenomeno migratorio. Da questo
deriva anche la paura che serpeggia tra gli italiani e quindi la loro
avversione nei confronti di immigrati e rifugiati. Mi ha molto colpito il racconto scritto
da Davide Lajolo su Vigin che parte per l'Australia negli anni trenta. Come
sappiamo la storia si ripete e ora tocca ad altri lasciare casa. Nel Mar
Mediterraneo però in questi mesi sta accadendo qualcosa che avremmo preferito
non vedere. Quella del 2009 sarà ricordata come
l'estate dei respingimenti in mare di migranti e richiedenti asilo. Un'estate
per me piena d’inquietudine, nonostante la calma regni nel Mediterraneo. Questo stato d'animo nasce dalle tante
storie di uomini e donne che in questi anni si sono avvicendati sul molo
Favarolo di Lampedusa e sulle coste meridionali italiane. Quelle storie che mi riecheggiano nelle
orecchie, mi impediscono di trovare solo una traccia dell’aspetto positivo
dei respingimenti in alto mare. Tutti fuori, per tutti la stessa soluzione a
prescindere dalle cause che stanno alla base della fuga di ciascuno. Sentenza
unica e sbrigativa, senza appello. Se sei in mezzo al mare perchè nel tuo
paese infuria la guerra, poco conta. Se sei su un gommone perchè restare a casa significava essere torturato,
fa lo stesso. Qui, da questa parte del Mediterraneo le differenze non contano
più. Così come mi fa sentire terribilmente a
disagio la reazione di una buona parte dell’opinione pubblica che plaude a
questa scelta di rimandare tutti indietro, senza chiedersi a quale prezzo ciò
avvenga. Le persone respinte, inclusi i
bambini, finiranno in un centro
di detenzione e forse vi rimarranno per anni, ma sia chiaro, non hanno
commesso nessun crimine. Sono solo esseri umani che non hanno il privilegio
di poter vivere a casa propria e cercano quello che non hanno lì, pace e
sicurezza. Le persone respinte, inclusi i bambini, hanno inoltre buone
possibilità di venir respinti di nuovo, ma questa volta in mezzo al deserto. Si può essere d’accordo con tutto
questo? E’ come guardarsi allo
specchio e non riconoscersi più o stare in mezzo a tante persone e sentirsi
soli. Nel ringraziarla nuovamente per la
solidarietà dimostrata e per il premio che ha voluto conferirmi, le porgo
cordiali saluti. Laura Boldrini |
L'ASGI invia un
esposto alla Commissione europea in merito ai nuovi requisiti di accesso al
beneficio sociale della "carta famiglia" previsti dalla legislazione
regionale del FVG
L'ASGI ha inviato un esposto alla
Commissione Europea chiedendo che venga avviata una procedura di infrazione a
carico della Repubblica Italiana per violazione degli obblighi comunitari in
relazione ai profili di contrasto con il diritto europeo della nuova normativa
approvata dal Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia in materia di
requisiti di accesso al beneficio sociale della "Carta famiglia".
Con l'art. 11 comma 13 della legge
regionale F.v.g. n. 12 dd. 23 luglio 2009, è stato modificato il
requisito soggettivo di anzianità di residenza ai fini dell'accesso al
beneficio sociale denominato "Carta Famiglia" previsto dalla Legge
Regionale F.v.g. 7 luglio 2006, n. 11 ("Interventi regionali a sostegno
della famiglia e della genitorialità"). Tale requisito di anzianità di
residenza, previsto nel testo originario della legge n. 11/2006 nel termine di
"almeno un anno in regione", è stato portato ad "almeno
otto anni in Italia di cui uno in regione".
La "Carta Famiglia" è un
beneficio socio-assistenziale che attribuisce al titolare (genitore con almeno
un figlio a carico) il diritto soggettivo all'applicazione di
agevolazioni consistenti nella riduzione di costi e tariffe o nell'erogazione
diretta di benefici economici per la fornitura di beni e servizi significativi
nella vita familiare, ovvero di particolari imposte e tasse, nel rispetto della
normativa statale in materia tributaria ( art. 10 commi 2 e 5 L.r. n. 11/2006).
Nell' esposto, l'ASGI sostiene che il
requisito di anzianità di residenza in Italia per almeno otto anni, introdotto
dalla L.r. n. 12/2009 ai fini dell'accesso al beneficio socio-assistenziale
della "Carta Famiglia", costituisce una forma di discriminazione
indiretta o dissimulata a danno dei cittadini stranieri residenti nel
territorio della Regione F.v.g., in quanto è suscettibile di operare
principalmente a loro danno.
Per tale ragione, l'ASGI ritiene
che tale discriminazione sia illegittima in quanto vietata dal diritto
comunitario, almeno con riferimento a quelle categorie di cittadini migranti
protette dal diritto comunitario medesimo (cittadini comunitari e loro
famigliari, titolari del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti,
rifugiati e titolari della protezione sussidiaria).
L'ASGI ha segnalato la normativa
regionale anche all'Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni Razziali, l'Autorità
indipendente contro le discriminazioni razziali costituita presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri -Dipartimento per le pari Opportunità, chiedendo
l'emanazione di un parere in merito, anche in considerazione dell'intento
manifestato dalle forze di maggioranza del Consiglio regionale del FVG di
estendere nelle prossime settimane tale o analoghi criteri di
anzianità di residenza anche ad altri strumenti del welfare regionale.
Il
testo integrale dell'esposto inviato dall'ASGI alla Commissione Europea
Il
testo della segnalazione inviata all'UNAR
Il
testo della Legge regionale F.V.G. n. 12/2009
Il
testo originario della L.r. 7 luglio 2006 n. 11 ("carta famiglia")
SEGNALAZIONI
DI DOTTRINA
Segnaliamo,
sul sito web dell'Associazione Italiana dei Costituzionalisti, il seguente
contributo:
Marco Bignami, Principio di laicità e neutralità religiosa: l'esperienza
del giudice amministrativo italiano
www.associazionedeicostituzionalisti.it
Nel saggio si discute tra l’altro un provvedimento ministeriale di
diniego della concessione della cittadinanza, poiché l’aspirante cittadino, a
parere dell’amministrazione, non prestava adesione al principio di laicità
dello Stato: tale atto è stato annullato dal Tar Piemonte
(sentenza n. 863/04) in quanto basato “su scelte e considerazioni di natura
personale del richiedente” che avrebbero ecceduto la valutazione discrezionale
rimessa al Ministro dell’Interno circa l’avvenuta integrazione dello straniero
in Italia.
SEGNALAZIONI
BIBLIOGRAFICHE
1.
Roberto
Cherchi, Gianni Lot (a cura di ), Rom e Sinti in Italia tra stereotipi e
diritti negati, Ediesse edizioni, Roma, 2009, € 15.
Gli
autori: Gianni Loy, ordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Cagliari
ed autore di saggi di diritto anti-discriminatorio; Roberto Cherchi,
ricercatore di Diritto costituzionale nell’Università di Cagliari.
Nell’ultimo anno è
esplosa, in Italia, una vera e propria «questione Rom». Nel passato ha riguardato prevalentemente aspetti
socio-culturali, a volte causa di conflitto con le popolazioni locali che non
gradiscono la vicinanza degli insediamenti di Rom e Sinti. A partire dal 2008
però il fenomeno ha assunto particolari caratteri, per l’approvazione di una
vera e propria legislazione speciale per questa categoria di persone, spesso cittadini
italiani ai quali, in luogo del diritto comune, si applicano norme del tutto
peculiari in materia di residenza e di controlli, con la possibilità di
sottoporre anche i minori a forme di identificazione mediante il rilascio
delle impronte digitali. Diverse amministrazioni, infine,
negano ai Rom
l’accesso ai servizi e ai benefici previsti per tutti i cittadini. E i mezzi
di comunicazione alimentano e perpetuano lo stereotipo negativo: la disinformazione si
trasforma in credenza comune e finisce per giustificare atti non
corrispondenti ai dettami della nostra civiltà giuridica o, addirittura, una
vera e propria caccia alle streghe. Il volume traccia un quadro d’insieme
del fenomeno, a partire dai presupposti culturali, e approfondisce, sul piano
dei diritti, la posizione di Rom e Sinti in riferimento alla Costituzione
italiana e alla
copiosa normativa comunitaria volta a proteggere questa etnia. Gli autori sono in
prevalenza ricercatori che collaborano con università italiane, alcuni di
etnia rom, a dimostrazione che anche in Italia questo popolo incomincia a
riflettere sulla propria storia e sulle proprie condizioni di vita. Il capitolo introduttivo di
Gianni Loy
prende in esame la condizione dei rom in Italia dal punto di vista giuridico
analizzando la legislazione italiana e internazionale e ponendo l’accento
sulla mancata applicazione da parte dello Stato italiano di adeguate misure
di inclusione sociale. Il saggio di Massimo Aresu ripercorre invece la storia e la
presenza delle popolazioni rom in Europa. Segue l’intervento di Eva Rizzin che si focalizza sul fenomeno
dell’antiziganismo in Italia e in Europa analizzando aspetti come la
rappresentazione sociale, l’accesso all’istruzione, la mediazione, il
riconoscimento dello status di minoranza e il ruolo dei mass media. Ilenia Ruggiu invece riflette sulla diversità
come bene pubblico tra Europa e Stati costituzionali partendo dal presupposto
che le differenze debbano essere un valore costituzionale imprescindibile.
Roberto Cherchi torna sul problema dal punto di vista giuridico analizzando i
diritti dello straniero e le politiche di inclusione sociale in Italia: dalla
legge Martelli alla Turco-Napolitano fino al pacchetto sicurezza approvato
prima dell’estate, passando per la legge Bossi-Fini. I saggi di Luca Bravi e Paolo Finzi analizzano la persecuzione e lo
sterminio dei rom e dei sinti nel nazifascismo. Il capitolo di Tommaso Vitale si focalizza invece sul ruolo
delle politiche locali adottate per affrontare il “problema pubblico” dei
nomadi nelle città italiane. Il penultimo capitolo, di Djana Pavlovic, riflette sulle persecuzioni
attuali e sulle mille facce del pregiudizio. Il saggio conclusivo di Ester Mura, racconta invece un’esperienza
di integrazione di bambini rom in un scuola materna ed elementare di
Monserrato (Ca). Un percorso avviato nel 1996 che ha messo in luce un nodo
rilevante del problema: nessun inserimento può avere successo se non
intervengono a sostenerlo tutte le istituzioni della comunità. Il
volume è stato realizzato con la collaborazione di Sucania onlus e Fondazione Anna Ruggiu |
2.
Fiorita Nicola
-Loprieno Donatella, La libertà di manifestazione del
pensiero e la libertà religiosa nelle società multiculturali, Firenze
University Press, 2009
|
N. Fiorita - D. Loprieno |
Il
bilanciamento tra diritti di pari rango è questione ampiamente nota e dibattuta
in tutti gli ordinamenti giuridici moderni, ma la complessità delle società
occidentali - in cui agiscono culture e tradizioni sempre più diverse - ne
accentua a dismisura la rilevanza quantitativa e qualitativa. Scopo del volume
è proprio quello di verificare le possibili intersezioni tra due valori
centrali in ogni comunità, quello della libertà religiosa e quello della libera
manifestazione del pensiero.
Su questo tema sono stati chiamati a cimentarsi specialisti di diversi settori
della scienza giuridica, i cui contributi delineano una preziosa mappa dei
problemi aperti, delle soluzioni convincenti, delle indicazioni provenienti da
altre esperienze giuridiche, ma anche delle incertezze che indeboliscono il
diritto vigente.
INDICE
Introduzione p.1
Nicola Fiorita – Donatella Loprieno
Relazioni
Laicità e Stato. La ricerca di un dialogo difficile ma necessario; le
opportunità offerte dalle esperienze costituzionali comparate e dalle relative
giurisprudenze p. 11
Silvio Gambino
Diritto di satira e libertà religiosa p. 23
Nicola Colaianni
La libertà di ricerca scientifica e la libertà religiosa p. 49
Augusto Cerri
Libertà religiosa e libertà d’insegnamento p. 69
Francesco Onida
Il consociativismo olandese alla prova della globalizzazione p. 75
Giovanni Cimbalo
Libertà religiosa e società multiculturali: il caso del velo islamico p. 91
Nicola Fiorita
Libertà dell’arte v. libertà religiosa. Il caso della censura cinematografica
p. 109
Donatella Loprieno
Comunicazioni
La gestione dei conflitti tra libertà di religione e libertà di espressione:
il caso britannico p. 141
Cristiana Cianitto
I simboli c.d. passivi nello spazio pubblico tra tutela delle libertà (di
coscienza, di espressione, religiosa) e principi di non identificazione e
separazione degli ordini: spunti di comparazione (ed in una prospettiva de
iure)dalla più recente giurisprudenza statunitense p. 151
Giuseppe D’Angelo
Le istanze educative delle società multiculturali. Orientamenti, autonomia e
responsabilità degli insegnanti p. 175
Giusy De Luca
Convincimento religioso e ambiente lavorativo: la sfida quotidiana delle
libertà fondamentali nell’Italia “multiculturale” p. 185
Antonello De Oto
Il finanziamento pubblico ‘indiretto’ alle confessioni religiose e il caso
delle esenzioni fiscali
a favore degli immobili ecclesiastici p. 199
Greta Massa Gallerano
Islam e questione delle moschee (brevi riflessioni) p. 213
Gianfranco Macrì
Simboli religiosi e pluralismo democratico: brevi considerazioni sulla vicenda
del crocifisso p. 225
Alessandro Morelli
La deriva religiosa della scienza. Ipotesi più o meno provocatoria per lo
studio delle scienze e degli scienziati, nell'epoca della proliferazione delle
specializzazioni e della preponderanza
della dimensione materiale nei laboratori p. 235
Ercole Giap Parini
Linee evolutive dell’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 9 della
Convenzione di Roma. Sviluppi e prospettive per il diritto di libertà religiosa
nello spazio giuridico europeo p. 247
Marco Parisi
Riflessioni intorno al matrimonio tra persone dello stesso sesso: esperienze
straniere e contesto italiano p. 261
Francesca Ugolino
La politica ecclesiastica nel tempo della secolarizzazione e del
multiculturalismo p. 277
Luciano Zannotti
3.
Emiliana Baldoni, Racconti di trafficking. Una ricerca sulla tratta delle donne straniere
a scopo di sfruttamento sessuale, Franco Angeli editore, Milano, 2009.
Presentazione del volume: Nell'ultimo decennio la tratta delle donne a scopo di
sfruttamento sessuale, che sembra rievocare l'antica questione della
riduzione in schiavitù, ha assunto in Europa sempre più rilevanza e
visibilità. In realtà, la tratta delle donne, o più in generale il trafficking
of human beings, si configura come un fenomeno dai contorni sfumati, in
continua evoluzione, che comprende percorsi di coinvolgimento articolati e
differenziati i quali si collocano in maniera mobile e flessibile
lungo
l'asse coercizione/consenso. Indice: |
4.
VITE SOSPESE. DIECI STORIE DI RESISTENZA
CONTEMPORANEA"
Autore Vincenzo Figlioli. Prefazione di Diego Cugia, Navarra Editore - Collana:
Officine
Nato da un viaggio-inchiesta nel centro di
accoglienza di Perino, nella periferia marsalese, "Vite Sospese. Dieci
storie di resistenza contemporanea" - il nuovo libro della Navarra Editore,
firmato da Vincenzo Figlioli - racconta le storie di dieci giovani migranti
richiedenti asilo in Italia - la loro vita, i loro sogni, la situazione del
loro paese e il trattamento ricevuto in Italia - e allo stesso tempo affronta
gli aspetti giuridici legati alla tematica dei rifugiati e dell'asilo politico.
Prefazione di Diego Cugia. Ci sono luoghi che sembrano
fatti apposta per fare da collettori di storie. Luoghi che, a venti minuti da
casa, hanno il potere di offrire una riproduzione in scala ridotta del mondo.
Uno di questi è il Centro d’accoglienza di Perino, una struttura che dal 2004
a oggi ha accolto circa duecento rifugiati provenienti da ogni parte del
mondo. Ognuno di loro porta con sé un bagaglio di storie (e di Storia)
incredibile, pesante come un macigno. Che qui prende il nome e il volto di
Sabi, Karimi, Galeb, Seref, Betlemme, Olivier, Fumi, Alex, Aden, Kossi, le
dieci Vite Sospese, protagoniste
dell'intenso libro di Vincenzo Figlioli. Vincenzo Figlioli è nato a Sondrio nel
1978, ma è cresciuto a Marsala (TP) dove tuttora vive. Laureato in Scienze
Politiche all’Università di Bologna, dal 2006 è iscritto all’ordine dei
giornalisti pubblicisti. Ha collaborato con il quotidiano free press “Marsala
C’è”, con il settimanale “QP – Il quarto potere” e con alcune emittenti
radiofoniche e televisive, tra cui RMC 101 e Tele 8. Attualmente scrive per
il quindicinale “L’isola” e collabora con il sito www.liberainformazione.org.Assieme
all’amico Renato Polizzi, nel 2006 ha fondato la “Communico”, un’agenzia di
comunicazione e promozione culturale con cui ha partecipato
all’organizzazione del 1° Festival del Giornalismo d’Inchiesta “A chiare
lettere”, a Marsala.
Le
“Vite sospese” di cui tratta questo libro meriterebbero quasi tutte uno
sceneggiatore e un regista. Sabi, Betlemme, Aden e gli altri, con i loro
destini storti, avranno comunque qualcosa di nobile da raccontare ai loro
nipoti. Hanno dato la vita per vivere. Sono i cavalieri del terzo millennio.
Fuggiti dai loro paesi, perseguitati dalle polizie locali, vittime d’ingiustizie
politiche, di dittatori militari, di ras di quartiere, d’infamie di ogni
genere, approdano in Italia, dopo aver trascorso la loro vita a scappare,
come Karimi. E finiscono “dentro” un poco accogliente centro d’accoglienza,
come un Alberto Sordi nero, “detenuto in attesa di giudizio”. In un'Italia
che più emigrante non si può, che è stato accolta in America, in Australia,
in Germania e in Svizzera per oltre un secolo, le loro vite rimangono più
sospese che mai. È un brutto limbo col filo spinato, un’eterna attesa di
rifarsi una vita, un muro burocratico, un ostracismo non dichiarato, a
tenerli “dentro”. Vincenzo Figlioli, che ha raccolto le loro storie
cupe e sfavillanti, dev’essergli sembrato un angelo caduto o un
extraterrestre. Semplicemente perché li ha ascoltati. Non è poco, in questi
tempi di greve egocentrismo in cui ciascuno è il razzista del prossimo. Da
questi dialoghi è nato un libro che ha almeno due pregi: il primo, insegnarci
la storia, spesso a noi colpevolmente oscura, dei paesi di provenienza dei
protagonisti. Il secondo, donarci una molteplice biografia delle loro vite
sospese, dare un volto, un nome e una storia a quelle che, dopo la lettura,
non saranno più ombre, e verso le quali non possiamo che nutrire rispetto,
rabbia e senso di colpa per come li trattiamo e, se possibile, un’infinita
tenerezza. Non basta, ma sarebbe già qualcosa. La fratellanza, della quale si
parla nel nostro inno nazionale, è purtroppo estinta da anni. Queste vite
sospese sono state le prime a saperlo. Diego Cugia Il libro sarà presto disponibile
in tutte le librerie e può essere già richiesto contattando la casa editrice. Rif. Valentina Ricciardo
|
FORMAZIONE
E CONVEGNI
Quattro
incontri (2, 9, 16 e 23 ottobre 2009)sul tema delle migrazioni, presso la sala
della Gran Guardia di Rovigo, promossi dalle cooperative sociali Camelot e Cmc
Hope in collaborazione con ASGI.
Quattro
incontri sul tema delle migrazioni, presso la sala della Gran Guardia di
Rovigo, promossi dalle cooperative sociali Camelot e Cmc Hope in collaborazione
con ASGI. L'Accademia dei Concordi, la Facoltà di Giurisprudenza di
Ferrara e le cooperative sociali Camelot e Hope - impegnate da anni nei servizi
all'immigrazione e alla mediazione linguistica e culturale - hanno deciso di
portare, dalla città estense al di là del Po, un'iniziativa che negli anni è
diventata un punto di riferimento per quanti sono impegnati in uno dei settori
di maggiore evoluzione del diritto.
Per questi motivi anche
il Comune di Rovigo, la Provincia di Rovigo, il Consorzio Universitario di
Rovigo e il locale Ordine degli Avvocati hanno manifestato il proprio speciale
interesse concedendo il patrocinio; inoltre l'Ordine degli Avvocati rodigino
ha concesso 3 crediti formativi per ognuno dei seminari.
Il programma è articolato
in quattro incontri sui temi del diritto dell'immigrazione sviluppati su un
piano sia teorico che pratico: diritto comunitario e diritti fondamentali dei
migranti, famiglia e minori stranieri, sicurezza e criminalizzazione dei
migranti, discriminazione.
Su questi argomenti interverranno esperti (magistrati, avvocati, docenti
universitari) di chiara fama nazionale.
Si intende in questo
modo fornire un quadro il più possibile esaustivo della condizione giuridica
del cittadino non italiano, anche e soprattutto, alla luce delle recenti ed
importanti innovazioni apportate dal cosiddetto "pacchetto
sicurezza".
La partecipazione è
gratuita.
È previsto un sistema
di registrazione delle presenze, per avvocati e abilitati al patrocinio, per i
legali che vogliano acquisire i crediti.
Per informazioni
contattare la segreteria organizzativa :Dr Massimo
Cipolla 3478566449 ; Dr Michele Alberighi
3299864803; info@coopcamelot.org
- info@cmchope.org
Si ringrazia Massimo Cipolla per la segnalazione.
Corsi di alta formazione per avvocati
organizzati dalla sezione toscana dell'ASGI e accreditati dalla Fondazione
forense di Firenze: mutilazioni genitali femminili (settembre 2009), protezione
internazionale e diritto d'asilo (ottobre-novembre 2009).
1) Le Mutilazioni Genitali Femminili ed i
paradigmi di effettività della tutela giuridica - Corso |
|
UCODEP, Fondazione per la Formazione
Forense dell'Ordine degli Avvocati di Firenze, Associazione Studi Giuridici
Immigrazione, presentano il Corso di alta
formazione per avvocati ed operatori del diritto Le
Mutilazioni Genitali Femminili ed i paradigmi di effettività della tutela
giuridica Firenze, 8, 15, 23 settembre 2009 Salone Conferenze del Palazzo Pallavicini Rospigliosi,
presso il Convento delle Francescane Missionarie di Maria, in Piazza del
Carmine n.21, primo piano Locandina 191.76 Kb Programma 166.59 Kb Scheda
di iscrizione 176.76 Kb Ai sensi del Regolamento sulla Formazione
Professionale Continua del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Firenze
del 14.11.2007 la partecipazione al Corso consente l'attribuzione di n° 1
credito formativo per ogni ora di effettiva presenza, fino ad un massimo di
12. |
|
|
2) La protezione Internazionale dello
straniero in Italia - Corso |
|
L'Associazione Studi Giuridici
sull'immigrazione sezione Toscana, in collaborazione con la Fondazione per la
Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Firenze e con il sostegno di
Magistratura Democratica Toscana, presenta il Corso la protezione
internazionale dello straniero in Italia (STATUS DI
RIFUGIATO - PROTEZIONE SUSSIDIARIA - PROTEZIONE UMANITARIA - ASILO ex art.
10, comma 3, Costituzione) Firenze, 12, 19, 26 ottobre, 2 novembre 2009 Auditorium Al Duomo, Via de' Cerretani 54/r Locandina 581.35 Kb Programma preliminare 245.60 Kb Scheda di iscrizione 259.63 Kb Ai sensi del Regolamento sulla Formazione
Professionale Continua del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Firenze
del 14.11.2007 la partecipazione al Corso consente l'attribuzione di n° 1
credito formativo per ogni ora di effettiva presenza. |
|
|
MASTER DI STUDI SULL’IMMIGRAZIONE E
POLITICHE PER I MIGRANTI, UNVIERSITA’ DI MACERATA
Si informa che è
on-line all'indirizzo
il bando del
"Master in Studi sull'immigrazione e politiche per i migranti a.a.
2009/2010 - III edizione" organizzato dalla Facoltà di Scienze Politiche
dell'Università di Macerata.
Newsletter a cura di Walter
Citti e Silvia Canciani – Segreteria ASGI
Per contatti : Sedi organizzative :Udine, via S. Francesco, 39 33100 - Tel. Fax:
0432 /50715 info@asgi.it
Trieste, via
Fabio Severo, 31 34100 - Tel/Fax: 040/368463 walter.citti@asgi.it
ASGI
- Sede legale e Amministrazione : Torino, via Gerdil n.7 10100 - Tel. /Fax 011/4369158 segreteria@asgi.it
Sito
internet : www.asgi.it