LE PRASSI DI RESPINGIMENTO COLLETTIVO FUORI DAI PROTOCOLLI ITALIA LIBIA DEL 2007 E DAL TRATTATO DI AMICIZIA TRA ITALIA E LIBIA DEL 2008.

 

Il ministro Maroni ha affermato in diverse occasioni che i respingimenti collettivi di migranti verso la Libia, posti in essere dallItalia in concorso con le autorit maltesi e con lAgenzia europea delle frontiere FRONTEX  non costituirebbero altro che l'attuazione di un Protocollo firmato a Tripoli nel 2007 dall'allora ministro dell'Interno, Giuliano Amato.  

Basta leggere il testo dellaccordo firmato da Amato ed il protocollo operativo allegato sottoscritto nella stessa occasione dal capo della polizia Manganelli per verificare, documenti alla mano, che nulla di quanto commesso illecitamente dalle unit militari italiane in occasione dei respingimenti in Libia di migranti intercettati in acque internazionali  trova una base giuridica nelle clausole degli accordi del 2007. Adesso su questi fatti il governo italiano dovr rendere conto alla Commissione Europea ed alla Corte Europea dei diritti dellUomo.

 

I respingimenti collettivi attuati dalle unit militari italiane, in particolare dalla Guardia di Finanza, su ordine del ministero dellinterno, vanno ben oltre le attivit di pattugliamento congiunto e di formazione del personale di polizia di frontiera, previste dai protocolli sottoscritti a Tripoli nel 2007. Gli stessi protocolli prevedono espressamente le attivit di salvataggio, nel quadro delle convenzioni internazionali, proprio da parte dei mezzi impiegati nel pattugliamento congiunto italo-libico. Non si vede dunque come si possano giustificare i respingimenti collettivi o attribuire esclusivamente a Malta la responsabilit per i casi di omissione di soccorso verificatisi nelle ultime settimane nel canale di Sicilia. Le attivit di pattugliamento congiunto, come emerge dai protocolli, non comprendono il respingimento collettivo con il trasbordo dei migranti su unit italiane e  la riconsegna alla polizia libica. Su questi fatti, alla luce dei protocolli e degli accordi sottoscritti dallItalia con la Libia, dovr indagare la Commissione Europea e la Corte Europea dei diritti dellUomo, in attesa che la magistratura italiana prenda atto che gli abusi commessi in acque internazionali da autorit statali, impegnate in attivit di contrasto dellimmigrazione clandestina, rientrano nella sua competenza.

 

Il primo Protocollo firmato a Tripoli nel dicembre del 2007 dallallora ministro degli interni Amato non fa riferimento alla riconsegna di migranti imbarcati su unit italiane con il trasbordo su unit libiche, o addirittura con lingresso in un porto libico ( come avvenuto il 7 ed 8 maggio scorso), e anzi richiama espressamente come limite invalicabile il rispetto dei diritti fondamentali della persona sanciti dalle Convenzioni internazionali. Nessuna clausola dei protocolli autorizza la riconsegna in mare ed il trasbordo dei migranti irregolari da unit militari italiane a mezzi della marina militare libica, come si verifica da oltre tre mesi, nelle forme di respingimento collettivo ed indiscriminato. 

E sarebbe ancora vano ricercare una base giuridica dei respingimenti collettivi verso la Libia nel Trattato di amicizia tra Italia e Libia, firmato nel 2008 da Berlusconi con Gheddafi, nel quale, in materia di contrasto dellimmigrazione irregolare a mare, ci si limita a fare richiamo ai protocolli sottoscritti a Tripoli nel dicembre del 2007 da Amato e da Manganelli.

 

Nessuna previsione dell Accordo di cooperazione nel campo della lotta al terrorismo, alla criminalit organizzata, ed al traffico degli stupefacenti e sostanze psicotrope, sottoscritto tra i due Paesi a Roma il 13.12.2000, al quale si fa riferimento nei protocolli firmati a Tripoli, autorizza la prassi dei respingimenti collettivi, come invece affermato ripetutamente dal Ministro dellinterno italiano agli organi di stampa.

 

In base allarticolo 2 del Protocollo firmato a Tripoli il 29 dicembre 2007 dal ministro Amato, lItalia e la Grande Giamahiria organizzeranno pattugliamenti marittimi con 6 unit navali cedute temporaneamente dallItalia.  I mezzi imbarcheranno equipaggi misti con personale libico e con personale di polizia italiano per l'attivit di addestramento, di formazione, di assistenza tecnica all'impiego e manutenzione dei mezzi. Dette unit navali effettueranno le operazioni di controllo, di ricerca e salvataggio nei luoghi di partenza e di transito delle imbarcazioni dedite al trasporto di immigrati clandestini, sia in acque territoriali libiche che internazionali, operando nel rispetto delle Convenzioni internazionali vigenti, secondo le modalit operative che saranno definite dalle competenti autorit dei due Paesi.

 

Secondo quanto previsto dallart. 1 del Protocollo operativo aggiuntivo firmato a Tripoli il 29 dicembre del 2007 dal capo della polizia Manganelli per l'esecuzione di quanto previsto dal citato Protocollo di Cooperazione, il Governo italiano si impegna a cedere temporaneamente alla Gran Giamahiria n. 6 unit navali della Guardia di Finanza, di cui n. 3 guardacoste classe "Bigliani" e n. 3 vedette classe "V.5000", per l'esecuzione di attivit di pattugliamento marittimo delle acque territoriali libiche e delle prospicienti acque internazionali ai fini della prevenzione e del contrasto dei flussi migratori illegali. 1 predetti mezzi navali saranno ceduti privi di insegne e distintivi e saranno dotati di sistemi di comunicazione idonei a garantire i collegamenti con mezzi e strutture di comando e/o coordinamento sia libiche che italiane. Per il tempo strettamente necessario alla formazione degli equipaggi libici designati alla successiva attivit operativa di pattugliamento, e comunque non oltre 90 giorni dalla data di avvio delle attivit addestrative, il Governo italiano si impegna a inviare nella Gran Giamahiria gli equipaggi completi dei citati mezzi navali. In tal senso, durante tutto l'indicato periodo addestrativo, i predetti mezzi navali

effettueranno, con equipaggi misti, crociere esclusivamente non operative. Successivamente ai 90 giorni dalla data di inizio dell'attivit formativa, si proceder alla progressiva riduzione del personale italiano imbarcato ed al contestuale avvio di crociere operative. Dalla data di inizio dell'attivit di cooperazione, il comando delle unit navali temporaneamente cedute sar assunto da personale individuato dalla Parte libica, che sar responsabile della condotta della navigazione e delle iniziative assunte sia nel corso delle crociere addestrative che di quelle operative.

 

In base allart. 2 dello stesso Protocollo operativo aggiuntivo firmato a Tripoli nel 2007 dal capo della polizia Manganelli, al fine di garantire una efficace direzione e coordinamento delle attivit addestrative ed operative di pattugliamento marittimo, le Parti convengono di istituire, presso una idonea struttura che sar individuata a cura della Parte libica, per l'intera durata del  Protocollo di Cooperazione, un Comando Operativo Interforze, con il compito di:

- disporre l'attuazione quotidiana delle crociere addestrative e di pattugliamento, valutandone, eventualmente, l'annullamento in relazione alle condizioni meteorologiche e meteo-marine presenti nell'area o per qualsiasi altro sopravveniente motivo;

- individuare, se necessario, nell'area di pattugliamento, zone di specifico approfondimento, sulla base degli elementi informativi nel frattempo acquisiti; raccogliere, quotidianamente, le informazioni operative acquisite dalle unit operative; impartire le direttive di servizio necessarie in caso di avvistamento e/o fermo di natanti con clandestini a bordo; svolgere compiti di assistenza logistica alle unit impiegate, adottando le iniziative indispensabili per il soccorso delle stesse in caso di necessit; svolgere compiti di punto di contatto con le omologhe strutture italiane. In tal senso, il citato Comando ha la facolt di richiedere l'intervento e/o l'ausilio delle unit navali italiane ordinariamente rischierate presso l'isola di Lampedusa per le attivit antiimmigrazione.

 

Secondo l articolo 5 del Protocollo aggiuntivo del 2007 qualora si raggiungessero accordi con Frontex per considerare l'impegno bilaterale italo-libico nell'ambito dell'azione di contrasto dell'immigrazione clandestina di interesse di tutta l'Unione Europea,saranno in quella sede definiti i necessari accordi per il successivo finanziamento delle operazioni di pattugliamento marittimo condotte congiuntamente dallItalia e dalla Gran Giamahiria.

 

LUnione Europea e la Corte Europea dei diritti dellUomo, organismo che fa capo al Consiglio dEuropa dovranno sanzionare lItalia e Malta per la grave violazione dei doveri di protezione loro incombenti nei confronti di quanti sono intercettati, o meglio salvati, in acque internazionali, e che in ragione della loro provenienza o delle loro condizioni attuali non possono essere respinti verso la Libia. Non si tratta soltanto di richiedenti asilo, ma di tutte quelle persone che -se respinte in Libia- potrebbero essere esposte ad un trattamento disumano o degradante, vietato dallart. 3 della Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti delluomo.

 

Lart. 12 del Codice delle frontiere Schengen prevede che le autorit di polizia possano bloccare i migranti che tentano di entrare nel territorio di uno stato Schengen, ma secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia questo potere non pu essere esercitato in contrasto con i diritti fondamentali della persona umana, tra i quali va annoverato il diritto di chiedere asilo ed il diritto a non subire respingimenti collettivi. Chiunque venga raccolto a bordo di una unit battente bandiera italiana in attivit di controllo delle frontiere marittime, si trova in territorio italiano e se fa richiesta di asilo, o se si tratta di un minore, non pu essere riconsegnato alle autorit di un paese terzo come la Libia, soprattutto quando non pu essere stabilita la esatta provenienza delle persone raccolte in mare. Chi contravviene queste regole viola il diritto internazionale e questa stessa violazione andrebbe sanzionata anche dal giudice penale italiano quanto meno come abuso di ufficio, se non come omissione di soccorso o vero e proprio sequestro di persona.

 

La direttiva comunitaria sulle procedure di asilo e la normativa italiana di attuazione, il decreto legislativo 25 del 2008, pur modificato dal decreto Maroni  dello stesso anno, impediscono alla autorit di polizia di frontiera, e dunque anche ai militari imbarcati sulle motovedette che effettuano i pattugliamenti nel canale di Sicilia, qualunque valutazione sulla ammissibilit delle persone alla procedura di asilo. Chiunque manifesta intenzione di chiedere asilo in territorio italiano, come lo sono le unit militari italiane in servizio in acque internazionale, deve essere condotto in un posto sicuro in Italia, avere un interprete, ricevere le informazioni sul diritto di asilo ed essere ammesso alla procedura. Sar poi la commissione territoriale competente che riconoscer il diritto di asilo, la protezione sussidiaria o la protezione temporanea, oppure pronuncer un diniego contro il quale linteressato potr comunque fare ricorso al giudice e chiedere che questo ricorso abbia effetto sospensivo delleventuale allontanamento.

 

Lart. 10 del Testo Unico sullimmigrazione prevede che non pu essere respinto chi per esigenze di soccorso viene ammesso nel territorio nazionale , come lo sono le unit militari battenti bandiera italiana ovunque operino, oppure quando si manifesti  con qualunque modalit la volont di chiedere di asilo. E che non si ripeta ancora  la solita menzogna, contenuta in tante relazioni di servizio della polizia di frontiera, che in mare nessuno fa richiesta di asilo, perch dai racconti di decine di naufraghi si pu ricavare come questi  manifestino subito dopo il salvataggio, in modo inequivoco, la volont di entrare in Italia per presentare richiesta di asilo, ma sono invece le autorit militari che ignorano queste richieste, magari approfittando dellassenza di interpreti ufficiali,  e riconducono in Libia persone che in quel paese ritorneranno a subire abusi e violenze di ogni genere.

 

Il principio di  non refoulement ( non respingimento), sancito dalla Convenzione di Ginevra, vale anche in acque internazionali, ed anche quando cՏ il rischio che le persone respinte verso un paese terzo come la Libia siano successivamente deportate verso i paesi di origine nei quali possono subire arresti arbitrari, torture o altri trattamenti disumani o degradanti. Come noto il leader libico Gheddafi un grande amico ( oltre che di Berlusconi) del dittatore eritreo e la Libia deporta in Eritrea centinaia di giovani fuggiti per sottrarsi al carcere a tempo indeterminato che in quel paese sanziona chi non vuole subire la leva obbligatoria ( anche per le donne). Carcere e torture sono confermati dai giovani della diaspora eritrea che hanno raggiunto lEuropa ed hanno ottenuto il riconoscimento dello status di asilo.

 

Le autorit italiane hanno dimostrato di non essere in grado di garantire in alcun modo il rispetto dei diritti umani dei migranti nei paesi di transito in Nord-africa ( dunque anche in Algeria, Tunisia ed Egitto, oltre che in Libia), ed il viaggio di Berlusconi da Gheddafi, proprio nel giorno dellennesimo respingimento illegale verso la Libia conferma la complicit , se non la diretta partecipazione, del governo italiano e di suoi agenti istituzionali agli abusi subiti dai migranti in quel paese.

 

Chiediamo alla Commisione Europea di fare luce sui rapporti tra le operazione dellagenzia europea per il controllo delle frontiere FRONTEX e le attivit di pattugliamento congiunto e di respingimento collettivo poste in essere dalle autorit italiane e libiche. Chiediamo inoltre di conoscere le attivit di salvataggio poste in essere dalle unit aero-navali di Frontex nelle acque internazionali e nella zona SAR di competenza della Repubblica maltese, in particolare nel caso del gommone dei cinque eritrei, sopravvissuti alla morte dei loro compagni di viaggio e scortati fino alle acque italiane nel mese di agosto del 2008

 

Chiediamo alla magistratura italiana ed agli organismi dellUnione Europea di accertare ed eventualmente sanzionare linadempimento degli obblighi di protezione nei confronti delle persone in pericolo di vita a mare, poste in essere dalle autorit maltesi, o durante operazioni di pattugliamento o di salvataggio coordinate dalle stesse autorit nella zona SAR ( Ricerca e soccorso) di competenza della Repubblica maltese.


Attendiamo che le corti internazionali, e, sarebbe tempo, qualche magistrato italiano, trovino la forza e la coerenza per comminare al governo italiano una condanna esemplare.  Condanne e procedure di infrazione da parte della Commissione Europea che andrebbero estese al governo maltese, ed ai responsabili operativi dellAgenzia FRONTEX, ove se ne accertassero responsabilit omissive o violazioni delle normative comunitarie e/o internazionali.

 

Fulvio Vassallo Paleologo

Universit di Palermo