20 apr. - Il Vaticano torna a condannare le politiche degli Stati europei del Mediterraneo in tema di immigrazione, che danno luogo al ''respingimento di possibili richiedenti asilo''. Una prassi che, secondo il segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, mons. Agostino Marchetto, viola tra l'altro la Dichiarazione Universale dei Diritti umani del 1948. Nel suo intervento per un seminario internazionale in programma in Campidoglio, a Roma, l'arcivescovo Marchetto conferma la sua ''posizione di condanna a chi non osserva il principio di 'non refoulement''', cioe' di non respingimento, ''che sta alla base del trattamento da farsi a quanti fuggono da persecuzioni''.
Il presule non lo cita espressamente, ma nelle sue argomentazioni ricadono anche le disposizioni dell'accordo Italia-Libia, sui controlli per prevenire l'arrivo dei barconi carichi di immigrati sulle sponde italiane.
In particolare monsignor Marchetto prende di mira la ''tendenza, tra i Paesi europei, di delocalizzare i controlli alle frontiere, incoraggiando i loro partner delle coste meridionali del Mare nostro, Mare dei diritti, ad effettuare controlli piu' rigidi sui migranti, ma dando loro la possibilita' di chiedervi asilo''.
Secondo Marchetto, ''ci sono pero' serie questioni umanitarie connesse a tale tendenza, anche per la situazione concreta di vari Paesi''.
Il segretario del Pontificio Consiglio evidenzia che le intercettazioni in mare, i respingimenti e i decentramenti operati dalle ''autorita' europee'' impediscono a migliaia di persone di raggiungere la costa nord del Mediterraneo, o anche di lasciare il Paese di origine o di transito.
''Per avere un'idea della gravita' della questione - rileva - basti pensare che il diritto a emigrare e' incluso nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 (art. 132), anche senza ricorrere alla dottrina sociale della Chiesa, che pure e' esplicita in materia''. In piu', secondo l'arcivescovo, ''il fatto paradossale'' e' che ''molti Paesi europei riconoscono come rifugiati persone che sono arrivate nel loro territorio per via non marittima, ma provenienti dagli stessi Paesi da cui giungono immigranti intercettati e respinti nel Mare nostro, Mare dei diritti''.
Solo pochi giorni fa, il 9 aprile, lo stesso mons. Marchetto aveva attaccato l'accordo fra Roma e Tripoli sull'immigrazione clandestina sostenendo che ''nessuno puo' essere trasferito, espulso o estradato verso uno Stato dove esiste il serio pericolo che la persona sara' condannata a morte, torturata o sottoposta ad altre forme di punizione o trattamento degradante o disumano''. E aveva puntualizzato anche come l'intesa Italia-Libia non valuti la possibilita' che tra i migranti vi siano ''rifugiati'' o persone ''vulnerabili''. Ora mette ulteriormente l'accento sul possibile respingimento di persone che ''fuggono da persecuzione''. '
'Mi domando - aggiunge - se in tempo di pace non si riesce a far rispettare tale principio fondamentale del diritto internazionale umanitario, come si fara' a richiederne l'osservanza in tempo di guerra. E la domanda si puo' estendere alla questione della protezione dei civili durante i conflitti, che viene cosi' indebolita nella sua radice comune umanitaria''.
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