Novita’ europa – 28 giugno 2009
Regione Piemonte- ires piemonte-ASGI
http://www.piemonteimmigrazione.it/news.asp?IDSezione=2
a
cura di Chiara Favilli
GIURISPRUDENZA
DELLA CORTE DI GIUSTIZIA... 2
Sentenza su reato di
ingresso e soggiorno irregolare e possesso di permesso di soggiorno svizzero 3
Mancata attuazione
della direttiva 2004/83/CE e 2004/81/CE.. 5
Sentenza della Corte
sui termini per la consegna dei richiedenti asilo tra gli Stati membri 5
Direttiva
sull’ingresso dei lavoratori altamente qualificati 7
Valutazione e futuro
dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia. 7
Nuove proposte in
materia di asilo.. 7
Libera circolazione
dei cittadini comunitari 8
Riconoscimento delle
decisioni di altri Stati membri dell’Unione europea. 8
CONTRASTO IMMIGRAZIONE ILLEGALE.. 8
Immigrazione illegale
nel Mediterraneo.. 8
Conclusioni del
Consiglio europeo sull’immigrazione irregolare. 8
Programma per la
liberalizzazione dei visti per i Paesi dei Balcani occidentali 9
Accordo di
riammissione e sui visti con Capo Verde. 9
Accordo di
riammissione con il Pakistan.. 9
Accordi
internazionali sul rilascio dei visti 10
Rapporto sulla
discriminazione dei musulmani 10
Conclusioni sulla
rete di esperti in materia di tratta degli esseri umani 10
Conclusioni
sull’accoglienza degli ex-detenuti della prigione di Guantanamo.. 10
Lo
scorso 4 giugno 2009 la Corte ha adottato una sentenza nelle cause C‑22/08
e C‑23/08, Athanasios Vatsouras (C‑22/08), Josif Koupatantze (C‑23/08),
vertente sull’interpretazione degli artt. 12 CE (divieto di discriminazione per
motivi di nazionalità) e 39 CE (libertà di circolazione dei lavoratori) e sulla
validità dell’art. 24, n. 2, della direttiva 2004/38/CE (limiti al diritto alla
parità di trattamento). “Tali domande sono state presentate nell’ambito delle
controversie che oppongono i sigg. Vatsouras e Koupatantze
all’Arbeitsgemeinschaft (ARGE) Nürnberg 900 (ente consortile per il lavoro,
l’assistenza e l’integrazione sociale di Norimberga 900; in prosieguo:
l’«ARGE») in merito all’annullamento delle prestazioni di base per persone in
cerca di occupazione di cui avevano beneficiato. […] 34 L’art. 24, n. 2, della
direttiva 2004/38 stabilisce una deroga al principio della parità di
trattamento di cui godono i cittadini dell’Unione, diversi dai lavoratori
subordinati o autonomi, dai soggetti che mantengano tale status e dai loro
familiari, che soggiornano nel territorio di uno Stato membro ospitante. 35 Secondo detta disposizione, lo Stato membro ospitante non
è tenuto ad attribuire il diritto a prestazioni d’assistenza sociale, in
particolare, ai disoccupati durante il lasso di tempo più lungo nel quale essi
hanno il diritto di soggiornarvi. 36 I cittadini
di uno Stato membro alla ricerca di un’occupazione in un altro Stato membro
rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 39 CE, e, pertanto,
beneficiano del diritto alla parità di trattamento previsto al n. 2 di
tale disposizione (sentenza 15 settembre 2005, causa C‑258/04, Ioannidis,
Racc. pag. I‑8275, punto 21). 37 Inoltre,
tenuto conto dell’istituzione della cittadinanza dell’Unione e dell’interpretazione
giurisprudenziale del diritto alla parità di trattamento di cui godono i
cittadini dell’Unione, non si può più escludere dall’ambito di applicazione
dell’art. 39, n. 2, CE una prestazione di natura finanziaria
destinata a facilitare l’accesso all’occupazione sul mercato del lavoro di uno
Stato membro (sentenze 23 marzo 2004, causa C‑138/02, Collins,
Racc. pag. I‑2703, punto 63, e Ioannidis, cit., punto 22). 38 Tuttavia, è legittimo che uno Stato membro
attribuisca una siffatta prestazione soltanto previo accertamento
dell’esistenza di un legame reale tra chi è alla ricerca di un lavoro ed il
mercato del lavoro del medesimo Stato (sentenze 11 luglio 2002, causa C‑224/98,
D’Hoop, Racc. pag. I‑6191, punto 38, e Ioannidis, cit., punto
30). 39 L’esistenza di un legame del genere potrebbe essere
verificata, in particolare, accertando che la persona di cui trattasi ha
effettivamente e concretamente cercato un lavoro nello Stato membro in
questione per un periodo di una durata ragionevole (sentenza Collins, cit.,
punto 70). 40 Ne consegue che i cittadini degli Stati
membri alla ricerca di un lavoro in un altro Stato membro, i quali abbiano
stabilito legami reali con il mercato del lavoro di quest’ultimo, possono
avvalersi dell’art. 39, n. 2, CE al fine di beneficiare di una
prestazione di natura finanziaria destinata a facilitare l’accesso al mercato
del lavoro. 41 Spetta alle competenti autorità nazionali e,
ove occorra, ai giudici nazionali, non solo constatare l’esistenza di un legame
reale con il mercato del lavoro, ma altresì esaminare gli elementi costitutivi
della suddetta prestazione, ed in particolare i suoi obiettivi e le condizioni
per la sua concessione. 42 Come rilevato dall’avvocato
generale al paragrafo 57 delle sue conclusioni, l’obiettivo della prestazione
dev’essere esaminato con riguardo ai suoi risultati e non alla sua struttura
formale. 43 Una condizione come quella prevista
all’art. 7, n. 1, dell’SGB II, nella misura in cui implica che
l’interessato dev’essere in grado di esercitare un’attività lavorativa,
potrebbe rappresentare un indizio del fatto che la prestazione è destinata a
facilitare l’accesso all’occupazione. 44 In ogni caso,
l’eccezione prevista all’art. 24, n. 2, della direttiva 2004/38
dev’essere interpretata alla luce dell’art. 39, n. 2, CE. 45 Le prestazioni di natura finanziaria che, a
prescindere dalla qualificazione che ne dà la legislazione nazionale, siano
destinate a facilitare l’accesso al mercato del lavoro, non possono essere
considerate «prestazioni d’assistenza sociale», ai sensi dell’art. 24,
n. 2, della direttiva 2004/38. 46 In considerazione di
quanto precede, occorre dichiarare che dall’esame della prima questione non è
emerso alcun elemento tale da compromettere la validità dell’art. 24,
n. 2, della direttiva 2004/38 con riguardo al diritto dei cittadini degli
Stati membri che cercano un’occupazione in un altro Stato membro”. Infine la
Corte è stata chiamata a valutare se l’art. 12 “osti ad una normativa nazionale
che escluda i cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea dalla
possibilità di beneficiare delle prestazioni di assistenza sociale che vengono
concesse agli immigrati irregolari” ed in particolare ai richiedenti asilo ai quali sono
riconosciute prestazioni sociali appena divengano titolari di un’autorizzazione
al soggiorno e quindi più facilmente dei cittadini comunitari.
Secondo la Corte “51. L’art. 12, primo comma, CE vieta, nell’ambito di
applicazione del Trattato e senza pregiudizio delle disposizioni particolari
dallo stesso previste, qualsiasi discriminazione effettuata in base alla
nazionalità. 52. Tale disposizione riguarda le situazioni,
rientranti nell’ambito di applicazione del diritto comunitario, nelle quali un
cittadino di uno Stato membro subisce un trattamento discriminatorio rispetto
ai cittadini di un altro Stato membro per la sola ragione della sua
nazionalità, e non trova applicazione nel caso di un’eventuale disparità di
trattamento tra i cittadini degli Stati membri e quelli degli Stati terzi. 53. Per tali ragioni, si deve risolvere la terza questione
nel senso che l’art. 12 CE non osta ad una normativa nazionale che
escluda i cittadini degli Stati membri dalla possibilità di beneficiare delle
prestazioni di assistenza sociale che vengono concesse ai cittadini di Stati
terzi”.
Con sentenza
emessa il 2 aprile 2009 nella causa C‑139/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai
sensi degli artt. 68 CE e 234 CE, dall’Oberlandesgericht
Karlsruhe (Corte d’appello di Karlsruhe, Germania) […] nel procedimento penale
a carico di Rafet Kqiku, la Corte si è pronunciata su una questione
pregiudiziale di interpretazione relativa alla decisione del Parlamento europeo
e del Consiglio 14 giugno 2006, n. 896/2006/CE, che introduce un regime
semplificato per il controllo delle persone alle frontiere esterne, basato sul
riconoscimento unilaterale da parte degli Stati membri, ai fini del transito
nel loro territorio, di determinati documenti di soggiorno rilasciati dalla
Svizzera e dal Liechtenstein (GU L 167, pag. 8). 2 Detta domanda
è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale avviato in Germania a
carico del sig. Kqiku, cittadino serbo-montenegrino, accusato di essere
entrato nel territorio della Repubblica federale di Germania il 4 agosto 2006 e
di avervi soggiornato fino al giorno 6 dello stesso mese, sebbene non fosse in
possesso del necessario documento di soggiorno, sotto forma di visto.
“7 L’art. 1 della decisione n. 896/2006 stabilisce quanto segue:
«La presente decisione introduce un regime semplificato per il controllo delle
persone alle frontiere esterne, basato sul riconoscimento unilaterale, da parte
degli Stati membri, dei documenti di soggiorno rilasciati dalla Svizzera e dal
Liechtenstein ai cittadini di paesi terzi soggetti all’obbligo del visto a
norma del regolamento (…) n. 539/2001 come equipollenti al visto uniforme
o al proprio visto nazionale, ai fini del transito. (…)». 8 L’art. 2
di tale decisione precisa: «Gli Stati membri che attuano integralmente l’acquis
di Schengen riconoscono unilateralmente i documenti di soggiorno, elencati
nell’allegato, rilasciati dalla Svizzera e dal Liechtenstein. (...)».
9 L’art. 3, primo comma, di
detta decisione così dispone: «Il transito di cittadini di paesi terzi nel territorio
dello o degli Stati membri non può avere durata superiore a cinque giorni».
10 Tra i documenti di soggiorno rilasciati dalla Confederazione svizzera,
previsti dall’art. 2 della decisione n. 896/2006 e menzionati
nell’elenco allegato a quest’ultima, è incluso in particolare il libretto per
stranieri C, collegato ad un permesso di domicilio permanente di tipo C. […] 14
Il sig. Kqiku che, secondo quanto risulta dal suo passaporto, è cittadino
serbo-montenegrino, abita stabilmente in Svizzera dal giugno 1993. Dal 27 marzo
2006 egli è titolare di un libretto per stranieri C, rilasciato dalla
Confederazione svizzera, collegato a un permesso di domicilio permanente di
tipo C, il cui termine di controllo («Kontrollfrist») scade il 19 giugno 2009.
Anche tutti i suoi familiari possiedono libretti per stranieri in corso di
validità e corrispondenti documenti per i figli. 15 Il 4 agosto 2006 il
sig. Kqiku è entrato in Germania dalla Svizzera con sua moglie e con i
suoi tre figli. Durante il loro soggiorno nel territorio tedesco, gli
interessati hanno visitato alcuni familiari a Colonia e Stoccarda. 16 In
quell’occasione e fino al suo ritorno in Svizzera il 6 agosto 2006 il
sig. Kqiku ha recato con sé il suo passaporto in corso di validità, il suo
libretto per stranieri C nonché la sua patente di guida, anch’essa in corso di
validità, rilasciati dalle autorità svizzere. Anche gli altri familiari che lo
accompagnavano recavano con sé passaporti e libretti per stranieri in corso di
validità e corrispondenti documenti per i figli. 17 In previsione di tale
soggiorno nel territorio tedesco il sig. Kqiku non aveva chiesto, come
invece aveva fatto in occasione di precedenti brevi visite in Germania, visti
d’ingresso né per sé, né per la sua famiglia. 18 Il sig. Kqiku è stato
perseguito penalmente per essere entrato nel territorio tedesco e per avervi
soggiornato dal 4 al 6 agosto 2006 senza essere in possesso del documento di
soggiorno, rilasciato sotto forma di visto, necessario in quanto egli è
cittadino serbo-montenegrino. 19 Con decisione 29 novembre 2006, l’Amtsgericht
Singen (giudice di primo grado di Singen, Germania) ha assolto il
sig. Kqiku dall’accusa di ingresso e soggiorno clandestino ai sensi della
legge sugli stranieri, in quanto, in considerazione della decisione
n. 896/2006, il suo comportamento non costituiva reato. Contro tale
decisione è diretta l’impugnazione («Revision») del pubblico ministero, in
merito alla quale l’Oberlandesgericht Karlsruhe è chiamato a decidere come
giudice nazionale di ultima istanza. ” […] Secondo la Corte “24 Occorre anzitutto
rammentare che il regime introdotto dalla decisione n. 896/2006 è basato,
ai sensi dell’art. 1 della stessa, sul riconoscimento unilaterale, da
parte degli Stati membri, dei documenti di soggiorno rilasciati dalla
Confederazione svizzera e dal Principato del Liechtenstein ai cittadini di
paesi terzi soggetti all’obbligo del visto a norma del regolamento
n. 539/2001, come equipollenti al visto uniforme o al proprio visto
nazionale, ai fini del transito. 25 Come emerge, in particolare, dall’art. 2
del regolamento n. 539/2001, l’acquis di Schengen stabilisce una
distinzione tra due categorie principali di visti, vale a dire quelli di breve
soggiorno e quelli di transito. I primi riguardano i soggiorni la cui durata
globale non sia superiore a tre mesi, mentre i secondi concernono il transito
nello spazio comune la cui durata non sia superiore a cinque giorni. 26 Orbene,
lo scopo della decisione n. 896/2006, come emerge dal suo titolo e dai
suoi artt. 1 e 2, è di introdurre un regime semplificato per il controllo
delle persone alle frontiere esterne, limitato ai fini del transito di queste
ultime nel territorio degli Stati membri. Di conseguenza, i detti articoli
prevedono unicamente che i documenti di soggiorno rilasciati dalla
Confederazione svizzera e dal Principato del Liechtenstein ai cittadini di
paesi terzi siano equipollenti al visto uniforme o al proprio visto nazionale,
ai fini del transito. Ai sensi dell’art. 3 di detta decisione, il transito
è limitato e non può avere durata superiore a cinque giorni.[…]”. Conclude
dunque la Corte che “33 […] La decisione del Parlamento europeo e
del Consiglio 14 giugno 2006, n. 896/2006/CE, che introduce un regime
semplificato per il controllo delle persone alle frontiere esterne, basato sul
riconoscimento unilaterale da parte degli Stati membri, ai fini del transito
nel loro territorio, di determinati documenti di soggiorno rilasciati dalla
Svizzera e dal Liechtenstein, dev’essere interpretata nel senso che i permessi
di soggiorno elencati nell’allegato di tale decisione, rilasciati dalla
Confederazione svizzera e dal Principato del Liechtenstein ai cittadini dei
paesi terzi soggetti all’obbligo del visto, sono considerati equipollenti
unicamente ad un visto di transito. Per entrare nel territorio degli Stati
membri ai fini del transito è sufficiente, affinché siano soddisfatti i
requisiti di cui agli artt. 1, n. 1, e 2 del regolamento (CE) del
Consiglio 15 marzo 2001, n. 539, che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui
cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento
delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti
da tale obbligo, che la persona interessata da detta decisione possieda un
permesso di soggiorno rilasciato dalla Confederazione svizzera o dal Principato
del Liechtenstein e menzionato nell’allegato della stessa decisione.
La Corte
di giustizia si è pronunciata con tre sentenze, una adottata il 5 febbraio,
una il 30 aprile e una il 14 maggio 2009 sulla mancata attuazione nei termini
della direttiva 2004/83/CE sulla qualifica di rifugiato o altra forma di
protezione internazionale il cui termine di attuazione è scaduto il 10 ottobre
2006: la mancata attuazione è stata contestata a Finlandia (C-293/08), Regno
Unito (C-256/08) e Svezia (C-322/08). Con un’altra sentenza adottata il 14
maggio 2009 la Spagna è stata condannata per non aver attuato la direttiva
2004/81/CE sul rilascio del permesso di soggiorno alle vittime di tratta che
doveva essere adottata entro il 6 agosto 2006 (C-266/08).
Con sentenza adottata lo scorso 29 gennaio 2009 la Corte di giustizia si è espressa sul Regolamento (CE) n. 343/2003 ed in particolare sulla ripresa in carico da parte di uno Stato membro di un richiedente asilo la cui domanda è stata respinta e che si trova in un altro Stato membro dove ha proposto una nuova domanda d’asilo. La causa C‑19/08, Migrationsverket, origina da una questione pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 20, nn. 1, lett. d), e 2, del regolamento (CE) del Consiglio 18 febbraio 2003, n. 343, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU L 50, pag. 1). “2. Detta domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede il sig. e la sig.ra Petrosian, nonché i loro tre figli (in prosieguo, congiuntamente: i «membri della famiglia Petrosian»), cittadini di nazionalità armena (fatta eccezione per la sig.na Nelli Petrosian, di nazionalità ucraina), contrapposti al Migrationsverket (Ufficio nazionale dell’immigrazione), responsabile delle questioni relative all’immigrazione e incaricato di istruire la domanda d’asilo degli interessati, in merito alla decisione di detta autorità che dispone il loro trasferimento verso un altro Stato membro in cui essi avevano già subìto il rigetto di una loro prima domanda d’asilo. […] 15 I membri della famiglia Petrosian hanno proposto il 22 marzo 2006 determinate domande di asilo in Svezia, in cui si trovavano all’epoca. 16 L’esame di dette domande ha rivelato che gli interessati avevano già presentato altre domande, in particolare in Francia. Il Migrationsverket ha quindi chiesto alle autorità francesi di riprendere in carico i membri della famiglia Petrosian, ai sensi dell’art. 16, n. 1, lett. e), del regolamento n. 343/2003. 17 Dette autorità non hanno risposto al Migrationsverket nel termine previsto all’art. 20, n. 1, lett. b), del regolamento n. 343/2003. Il Migrationsverket ha quindi indicato loro che, in conformità dell’art. 20, n. 1, lett. c), di detto regolamento, si poteva ritenere che la Repubblica francese avesse acconsentito a riprendere in carico i membri della famiglia Petrosian. 18 In un secondo momento, le autorità francesi hanno confermato al Migrationsverket che esse accettavano di riprendere in carico gli interessati. In tali circostanze, il Migrationsverket ha deciso, il 1º agosto 2006, il trasferimento dei membri della famiglia Petrosian verso la Francia, sulla base dell’art. 20, n. 1, lett. d) ed e), del regolamento n. 343/2003. 19 I membri della famiglia Petrosian hanno proposto, contro la decisione 1º agosto 2006 che ordina detto trasferimento, ricorso dinanzi al länsrätten i Skåne län, migrationsdomstolen (Tribunale amministrativo dipartimentale della Scania competente a statuire in materia di immigrazione), e hanno chiesto che le loro domande d’asilo fossero esaminate in Svezia. 20 Il 23 agosto 2006, detto giudice ha deciso di sospendere l’esecuzione del trasferimento in Francia dei membri della famiglia Petrosian, in attesa di una decisione finale nel merito o fino a diversa decisione. […] 28 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 20, nn. 1, lett. d), e 2, del regolamento n. 343/2003 debba essere interpretato nel senso che, qualora, nel contesto della procedura di trasferimento del richiedente asilo, la normativa dello Stato membro richiedente preveda l’effetto sospensivo del ricorso, il termine di esecuzione del trasferimento decorra già a partire dalla decisione giurisdizionale provvisoria che sospende l’esecuzione del procedimento di trasferimento, oppure soltanto a partire dalla decisione giurisdizionale che statuisce sulla fondatezza del procedimento e che non può più ostacolare tale esecuzione.[…] 37 Al riguardo, occorre distinguere due ipotesi. 38 Come deriva dalla formulazione dell’art. 20, n. 1, lett. d), del regolamento n. 343/2003, in una prima ipotesi, qualora non sia previsto alcun ricorso idoneo ad avere effetto sospensivo, il termine di esecuzione del trasferimento decorre a partire dalla decisione, esplicita o presunta, mediante la quale lo Stato membro richiesto ha accettato la ripresa in carico dell’interessato, indipendentemente dall’alea cui è soggetto il ricorso che il richiedente asilo ha, eventualmente, proposto contro la decisione che ha disposto il suo trasferimento dinanzi ai giudici dello Stato membro richiedente. 39 Rimane, quindi, soltanto da disciplinare le modalità della realizzazione del trasferimento e, in particolare, da fissare la data di quest’ultimo. 40 È in tale contesto che l’art. 20, n. 1, lett. d), del regolamento n. 343/2003 concede allo Stato membro richiedente un termine di sei mesi per effettuare il trasferimento. Detto termine ha quindi lo scopo, in considerazione della complessità pratica e delle difficoltà organizzative che si ricollegano all’esecuzione del trasferimento, di consentire ai due Stati membri interessati di accordarsi ai fini della realizzazione di quest’ultimo e, più in particolare, di consentire allo Stato membro richiedente di disciplinare le modalità di realizzazione del trasferimento, che viene effettuato secondo la legislazione nazionale di quest’ultimo Stato. 41 Risulta, peraltro, dall’esposizione dei motivi allegati alla proposta di regolamento del Consiglio che fissa i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da parte del cittadino di un paese terzo, depositata dalla Commissione il 26 luglio 2001 [COM(2001) 447 def., pagg. 5, 19 e 20] che è proprio per tenere conto delle difficoltà pratiche incontrate dagli Stati membri nella realizzazione del trasferimento che la Commissione ha proposto di protrarre il termine di esecuzione del trasferimento. Detto termine, fissato ad un mese nella convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, firmata a Dublino il 15 giugno 1990 (GU 1997, C 254, pag. 1), alla quale si è sostituito il regolamento n. 343/2003, è stato poi portato, in conformità alla detta proposta di regolamento, a sei mesi dall’art. 20, n. 1, lett. d), dello stesso regolamento. 42 In una seconda ipotesi, qualora lo Stato membro ricorrente preveda un ricorso idoneo ad avere effetto sospensivo e il giudice di detto Stato membro accordi tale effetto alla sua decisione, l’art. 20, n. 1, lett. d), del regolamento n. 343/2003 stabilisce che il termine di esecuzione del trasferimento decorre a partire dalla «decisione su un ricorso o una revisione». 43 In questa seconda situazione, anche se il dies a quo del termine di esecuzione del trasferimento è diverso da quello che è fissato nella prima situazione ipotizzata, è nondimeno vero che ciascuno dei due Stati membri interessati, per poter organizzare il trasferimento, deve affrontare le stesse difficoltà pratiche e, conseguentemente, deve disporre dello stesso termine di sei mesi per realizzarlo. Nulla, infatti, nella formulazione dell’art. 20, n. 1, lett. d), del regolamento n. 343/2003 indica che il legislatore comunitario abbia avuto l’intenzione di disciplinare in modo diverso le due ipotesi. 44 Ne deriva che, nella seconda ipotesi, alla luce dell’obiettivo perseguito mediante la fissazione di un termine per gli Stati membri, il dies a quo di quest’ultimo deve essere determinato in modo tale che gli Stati membri dispongano, come nella prima ipotesi, di un termine di sei mesi che si presume essi sfruttino a pieno per disciplinare le modalità tecniche della realizzazione del trasferimento. 45 Pertanto, il termine di esecuzione del trasferimento può cominciare a decorrere soltanto quando la realizzazione futura del trasferimento è in linea di principio concertata e garantita e ne rimangono da disciplinare soltanto le modalità. Orbene, detta realizzazione non può essere considerata garantita se il giudice di uno Stato membro richiedente, adito con un ricorso, non ha statuito nel merito della questione, ma si è limitato a pronunciarsi su una domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata. 46 Ne deriva che, nella seconda ipotesi prospettata, per garantire l’effetto utile delle disposizioni dell’art. 20, n. 1, lett d), del regolamento n. 343/2003, che fissa il termine di esecuzione del trasferimento, tale termine deve decorrere non già a partire dalla decisione giurisdizionale provvisoria che sospende l’esecuzione del procedimento di trasferimento, bensì soltanto a partire dalla decisione giurisdizionale che statuisce sulla fondatezza del procedimento e che non può più ostacolare detta esecuzione. […] 53 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre risolvere la questione pregiudiziale dichiarando che l’art. 20, nn. 1, lett. d), e 2, del regolamento n. 343/2003 deve essere interpretato nel senso che, qualora la normativa dello Stato membro ricorrente preveda l’effetto sospensivo di un ricorso, il termine di esecuzione del trasferimento decorre non già a partire dalla decisione giurisdizionale provvisoria che sospende l’esecuzione del procedimento di trasferimento, bensì soltanto a partire dalla decisione giurisdizionale che statuisce sulla fondatezza del procedimento e che non può più ostacolare detta esecuzione”.
Il Consiglio Agricoltura e pesca dell’Unione
europea del 25 maggio 2009 ha adottato la direttiva 2009/50/CE sulle condizioni di
ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori
altamente qualificati (in GUUE 18 giugno 2009, pp. 17-29). La direttiva tende a
rendere più attraente per i lavoratori altamente qualificati lavorare in uno
Stato membro dell’Unione, semplificando la procedura per l’ottenimento di un permesso
di soggiorno e di lavoro chiamato “Carta Blu dell’Unione europea”. Oltre a
facilitare l’accesso al mercato del lavoro la Carta blu conferirà ai titolari
una serie di diritti socio-economici e di condizioni vantaggiose per il
ricongiungimento familiare e la circolazione nell’Unione europea.
La Commissione europea ha adottato il 10
giugno 2009 tre comunicazioni relative alla propria visione dello sviluppo
dell’area di libertà, sicurezza e giustizia nei prossimi cinque anni. Due
comunicazioni sono volte ad analizzare i risultati
ottenuti mentre la
terza si concentra sulle priorità del prossimo futuro che saranno
formalizzate nel Programma di Stoccolma, il quale sarà discusso dal Parlamento
europeo e dal Consiglio europeo di dicembre prossimo. Entro la primavera
successiva sarà poi adottato un piano d’azione che guiderà l’azione delle
istituzioni in questo settore.
Il Consiglio
GAI del 4-5 giugno 2009 ha tenuto un dibattito pubblico sullo stato delle
negoziazioni relative a cinque proposte di atti normativi relativi all’asilo.
Il Consiglio ha valorizzato i progressi sino ad ora ottenuti, allo stesso tempo
istruendo i gruppi di lavoro su come procedere per l’esame delle proposte anche
tenendo conto del parere del Parlamento europeo reso il 7 maggio scorso, così
come i pareri espressi dalle delegazioni. Le cinque proposte riguardano: il
regolamento "Dublino", il regolamento EURODAC, la direttiva sulle
condizioni di accoglienza così come la proposta di istituire un Ufficio europeo
sull’asilo e la modifica del Fondo europeo per i rifugiati. Queste proposte
derivano dagli impegni adottati nell’ambito del Patto europeo sull’immigrazione
e l’asilo adottato lo scorso ottobre 2008, allo scopo di completare il sistema
comune europeo sull’asilo previsto nel Programma dell’Aia. I gruppi di lavoro
hanno già effettuato una prima lettura su tutti i testi. Il 7 maggio il
Parlamento europeo ha adottato una risoluzione legislativa che ha previsto
emendamenti alle proposte della Commissione che devono essere adottate in base
alla procedura di codecisione. Attualmente i gruppi di lavoro del Consiglio
stanno esaminando tali emendamenti.
La Commissione
europea ha informato il Consiglio
GAI del 4-5 giugno 2009 dello stato dei lavori relativamente all’elaborazione
delle linee guida per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE sul diritto dei
cittadini dell’Unione e i loro familiari di circolare e soggiornare nel
territorio degli Stati membri, che saranno presentate il prossimo 2 luglio. Gli
Stati hanno anche sottolineato la necessità di continuare a monitorare
l’attuazione della direttiva così come a mantenere la questione sotto esame da
parte del Consiglio. A febbraio la Commissione aveva annunciato l’intenzione di
redigere tali linee guida relativamente all’espulsione ed il contrasto
all’abuso del diritto in modo da facilitare l’effettiva applicazione della
direttiva, predisponendo un rapporto (5553/09) contenente un esame generale su
come la direttiva 2004/38/EC è attuata nel diritto interno e come è applicata
nella prassi.
La Commissione europea ha
adottato una relazione
e un libro
verde sul funzionamento delle regole vigenti sulla giurisdizione dei
tribunali e sul riconoscimento ed esecuzione delle sentenze straniere in
materie civili e commerciali. La Commissione ha concluso che occorre perseguire
la libera circolazione delle sentenze sulla base di uno sviluppato sistema di
riconoscimento delle decisioni tra Stati membri. Il libro verde lancia anche
un’ampia consultazione sulla proposta di riesame del regolamento Bruxelles da
tenersi entro la fine di questo anno.
I Ministri nel Consiglio
GAI del 4-5 giugno 2009 hanno avuto uno scambio di opinioni
sull’immigrazione illegale nel Mediterraneo dopo una presentazione da parte
della Commissione degli sviluppi recenti nella regione. La Commissione ha
illustrato le proprie proposte per affrontare il problema come la protezione
umanitaria e l’asilo, il controllo dei confini, le operazioni marittime ed il
dialogo con i Paesi vicini. I ministri hanno deplorato le perdite di vite in
mare nel tentativo di entrare nell’Unione europea concordando di esaminare
ulteriormente strategie per prevenire le tragedie umane e rafforzare il
contrasto all’immigrazione irregolare.
Il
Consiglio europeo del 18-19 giugno 2009 ha convenuto alcune conclusioni in
materia di immigrazione irregolare nelle quali ha ribadito i capisaldi della
politica UE in materia. In particolare i capi di Stato e di Governo hanno
ritenuto che “36. I recenti avvenimenti verificatisi a Cipro, in Grecia, in
Italia e a Malta sottolineano l'urgenza di potenziare gli sforzi per prevenire
e contrastare efficacemente l'immigrazione irregolare alle frontiere marittime
meridionali dell'UE, evitando così future tragedie umane. È essenziale una
risposta europea determinata, ispirata ai principi di fermezza, solidarietà e
responsabilità condivisa, in linea con il patto europeo sull’immigrazione e
l’asilo e con l'approccio globale in materia di migrazione, di cui occorre
accelerare l'attuazione, specie per quanto riguarda la cooperazione con i paesi
di origine e di transito. Tutte le attività nella regione del Mediterraneo
occidentale e alle frontiere orientali e sudorientali devono continuare.
37. Di fronte all'attuale emergenza
umanitaria devono essere predisposte e attuate rapidamente misure concrete. Il
Consiglio europeo sollecita il coordinamento delle misure volontarie per la
ridistribuzione interna dei beneficiari di protezione internazionale presenti
negli Stati membri esposti a pressioni specifiche e sproporzionate e delle
persone altamente vulnerabili. Si compiace dell'intenzione della Commissione di
adottare iniziative a tal riguardo, cominciando con un progetto pilota per
Malta. Esorta il Consiglio e il Parlamento europeo a raggiungere un accordo che
permetta di istituire rapidamente l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo. Il
Consiglio europeo sottolinea inoltre la necessità di potenziare le operazioni
di controllo alle frontiere coordinate da FRONTEX, di definire chiare regole
d'ingaggio per il pattugliamento congiunto e lo sbarco delle persone soccorse
in mare e di fare maggior ricorso a voli di rimpatrio congiunti. In questo
contesto, sollecita un forte intervento per lottare efficacemente contro la
criminalità organizzata e le reti criminali dedite alla tratta di esseri umani.
38. Il Consiglio europeo sottolinea la necessità di un rafforzamento significativo della cooperazione con i principali paesi di origine e di transito. Invita la Commissione ad esplorare la cooperazione concreta con i paesi terzi in linea con i precedenti mandati adottati dal Consiglio. L'efficacia degli accordi di riammissione dell'UE deve essere aumentata come parte delle politiche esterne globali dell'UE. La conclusione dei negoziati sugli accordi di riammissione della CE con i paesi chiave di origine e di transito quali la Libia e la Turchia è una priorità: fino ad allora gli accordi bilaterali già esistenti dovrebbero essere attuati in maniera adeguata. 39. Il Consiglio europeo esorta il Consiglio a tenere nel debito conto questi elementi nella preparazione del nuovo programma quadro pluriennale in materia di libertà, sicurezza e giustizia. Il Consiglio europeo invita la Commissione a presentare ulteriori proposte in occasione della prossima riunione del Consiglio europeo, sulla base di una risposta appropriata a tali problemi.
La Commissione europea ha presentato al Il Consiglio
GAI del 4-5 giugno 2009 un rapporto sull’attuazione da parte di Albania, Bosnia-Herzegovina,
FYROM, Montenegro e Serbia del programma per la facilitazione nel rilascio dei
visti. Il Commissario J. Barrot ha annunciato che i rapporti finali saranno
inviati a questi Paesi a luglio. La delegazione slovena ha anche sottolineato
come sia opportuno sostenere questi Paesi a compiere ulteriori progressi
nell’attuazione del programma.
Il Consiglio
GAI del 4-5 giugno 2009 ha adottato due decisioni che autorizzano la
Commissione ad aprire dei negoziati con la Repubblica di Capo Verde, per la
conclusione di accordi sulla facilitazione del rilascio dei visti di breve
durata e sulla riammissione.
Il Consiglio
GAI del 4-5 giugno 2009 ha adottato una decisione che approva la firma di
un accordo con il Pakistan sulla riammissione delle persone che soggiornano
senza autorizzazione. L’accordo è volto a rafforzare la cooperazione con le due
parti per combattere l’immigrazione illegale. Per questo stabilisce, sulla base
della reciprocità, le procedure di identificazione e di rimpatrio delle persone
che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni per l’ingresso, la
presenza o il soggiorno nei territori del Pakistan o in uno Stato membro
dell’Unione europea.
Sono
stati firmati il 28 maggio 2009 dal Vice-Presidente della Commissione europea
Jacques Barrot e dal Vice Ministro degli esteri Ceco una serie di accordi
internazionali sulla facilitazione al rilascio dei visti di breve durata tra la
Comunità europea e Antigua e Barbuda, le Bahamas, Saint Kitts and Nevis,
Mauritius, Barbados e Seychelles.
Per consentire ai cittadini di beneficiare delle disposizioni degli accordi il prima
possibile si è prevista un’efficacia anticipata di tali accordi a partire dal
momento della firma: sono circa 800.000 i cittadini europei che ogni anno
viaggiano verso questi Paesi.
L’Agenzia per la
tutela dei diritti fondamentali ha pubblicato un rapporto sulle discriminazioni
contro i Musulmani nell’Unione europea. Si tratta della prima indagine condotta
in tutta l’Unione europea sulle esperienze di discriminazione e di crimini di
razzismo sui gruppi di migranti e di minoranze etniche ("EU MIDIS").
In media di un musulmano su tre dichiara di avere subito una discriminazione e
l’11% di avere subito un reato di razzismo. Il maggior livello di
discriminazione avviene nel settore del lavoro. http://fra.europa.eu/eu-midis/
Il Consiglio
GAI del 4-5 giugno 2009 ha adottato delle conclusioni relativamente alla rete di
esperti sulla tratta degli esseri umani, invitando tutti gli Stati a
partecipare in modo informale e flessibile a tale rete in modo da contribuire
al miglioramento della comprensione del fenomeno del traffico degli esseri
umani e in modo da fornire all’Unione e ai suoi Stati membri informazioni
oggettive, affidabili e comparabili. La rete sarà aperta anche alle istituzioni
europee e alle agenzie dell’Unione oltre che alle rilevanti istituzioni
internazionali come l’OSCE, l’UNODC, l’IOM, l’ILO, lo Special Rapporteur delle
Nazioni Unite sul traffico delle persone e l’ICMPD che saranno invitati come
osservatori.
Il Consiglio
GAI del 4-5 giugno 2009 ha adottato delle conclusioni relative alla
chiusura della prigione di Guantanamo nell’ambito della strategia dell’Unione
di rafforzare la cooperazione transatlantica nell’area di Libertà, sicurezza e
giustizia. Il Consiglio ha preso atto della richiesta di cooperazione al fine
di trovare soggiorno alle persone rilasciate e che non possono rientrare nel
Paese d’origine ma che hanno espresso il desiderio di essere accolte da uno
Stato membro dell’Unione europea o di un Paese associato, così come della
circostanza che la decisione circa l’accoglienza degli ex-detenuti è di
competenza dei singoli Stati membri ma che, in base alle regole sulla libera
circolazione delle persone, diventa rilevante anche per gli altri Paesi. Questo
determina la necessità di garantire un tempestivo scambio di informazioni anche
per adottare misure che possano temporaneamente limitare la libertà di
circolazione delle persone in conformità all’Acquis di Schengen e al diritto
interno.