COMUNICATO STAMPA

Novità Europa – 22 marzo 2010

Regione Piemonte- IRES Piemonte-ASGI

http://www.piemonteimmigrazione.it/site/index.php?option=com_content&view=article&id=50&Itemid=132

 

a cura di

Chiara Favilli

 

GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA... 2

Sentenze della Corte di giustizia sul diritto di soggiorno dei figli e del coniuge cittadino di Paese terzo   2

Sentenza della Corte sulla direttiva 2004/83/CE sullo status di rifugiato e di beneficiario della protezione sussidiaria  2

Sentenza della Corte sulla direttiva sul ricongiungimento familiare. 3

Sentenza sulla competenza degli Stati ad attribuire e revocare la cittadinanza nazionale. 3

Sentenza sulla libera circolazione dei lavoratori UE.. 4

POLITICHE MIGRATORIE.. 4

Trattato di Lisbona e Programma di Stoccolma. 5

Regolamento sulla definizione delle categorie di permesso di soggiorno.. 5

Obbligo del visto imposto dal Canada ai cittadini della Repubblica ceca. 5

Visti di lunga durata e libertà di circolazione nell’area Schengen.. 5

LOTTA ALL’IMMIGRAZIONE IRREGOLARE.. 6

Norme supplementari per la sorveglianza delle frontiere marittime. 6

Protezione delle frontiere esterne e lotta all'immigrazione clandestina. 6

Strategia di sicurezza interna dell'UE.. 6

Comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. 7

DIRITTI UMANI. 7

Adesione dell'UE alla CEDU... 7

ASILO... 8

Ufficio europeo sull’asilo.. 8

ACCORDI INTERNAZIONALI. 8

Accordo di riammissione UE-Pakistan.. 8

POLITICHE DI INTEGRAZIONE.. 8

Rapporto sulle politiche di integrazione a livello locale. 8

 


GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA

 

Sentenze della Corte di giustizia sul diritto di soggiorno dei figli e del coniuge cittadino di Paese terzo

Con la sentenza Ibrahim (C-310/08 del 23 febbraio 2010) la Corte di giustizia si è pronunciata sul diritto di soggiorno nel Regno Unito di una cittadina di uno Stato terzo (Somalia), coniugata con un cittadino danese, e dei suoi figli, anch’essi danesi. La questione è sorta dal momento che il coniuge e padre danese aveva cessato di lavorare nel Regno Unito dal 2004 e si era separato dalla moglie. Da allora la madre e i figli avevano continuato a vivere nel Regno Unito beneficiando dei vari sussidi di assistenza sociale fino a quando le autorità competenti hanno loro negato il diritto a proseguire il soggiorno essendo venuto a mancare uno dei requisiti necessari, vale a dire il possesso di risorse economiche sufficienti per non gravare sullo Stato membro ospitante, requisito previsto oggi dalla direttiva 2004/38/CE. La Corte di giustizia afferma che i figli hanno comunque diritto al soggiorno, a prescindere, dunque, dal possesso dei requisiti previsti dalla direttiva, diritto derivante dall’art. 12 del Regolamento 1612/1968 non abrogato dalla dir. 2004/38/CE. In base a tale articolo «I figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato sul territorio di un altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi d’insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono». Da ciò consegue che “in circostanze come quelle della controversia principale, i figli del cittadino di uno Stato membro che lavori o abbia lavorato nello Stato membro ospitante e il genitore che ne abbia l’effettivo affidamento possono avvalersi, in quest’ultimo Stato, di un diritto di soggiorno sul solo fondamento dell’art. 12 del regolamento n. 1612/68, senza che siffatto diritto sia soggetto alla condizione che essi dispongano di risorse sufficienti e di un’assicurazione malattia completa in tale Stato” (punto 59). Di analogo contenuto la sentenza Teixeira (C-480/08 del 23 febbraio 2010)  nella quale la Corte precisa che “il diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante di cui fruisce il genitore che l’effettivo affidamento del figlio di un lavoratore migrante quando il figlio prosegua gli studi in detto Stato viene meno con la maggiore età del figlio, salvo che il figlio continui a necessitare della presenza e delle cure del genitore per poter proseguire e terminare gli studi” (punto 87).

 

 

Sentenza della Corte sulla direttiva 2004/83/CE sullo status di rifugiato e di beneficiario della protezione sussidiaria

La Corte di giustizia con la sentenza Salahadin Abdulla (C‑175/08, C‑176/08, C‑178/08 e C‑179/08 del 2 marzo 2010) si è pronunciata sull’interpretazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria. In particolare la Corte si è espressa sui presupposti per il riconoscimento della qualifica di rifugiato e sulla cessazione dello status nel caso di mutamento delle circostanze che avevano determinato il riconoscimento. La Corte precisa in via preliminare che sussiste competenza ad esaminare il caso dato che, nonostante che i ricorrenti abbiano presentato domande di protezione internazionale prima che la direttiva 2004/83/CE fosse entrata in vigore, la legge nazionale applicabile opera un rinvio alla direttiva e, quindi, la rende rilevante fondando anche la competenza della Corte di giustizia. Nel merito la Corte giunge ad affermare che sensi “dell’art. 11, n. 1, lett. e):

–  una persona perde lo status di rifugiato quando, considerato un cambiamento delle circostanze avente un carattere significativo e una natura non temporanea, occorso nel paese terzo interessato, vengano meno le circostanze alla base del fondato timore della persona stessa di essere perseguitata a causa di uno dei motivi di cui all’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83, motivi per i quali essa è stata riconosciuta come rifugiata, e non sussistano altri motivi di timore di «essere perseguitat[a]» ai sensi dell’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83;

–  ai fini della valutazione di un cambiamento delle circostanze, le autorità competenti dello Stato membro devono verificare, tenuto conto della situazione individuale del rifugiato, che il soggetto o i soggetti che offrono protezione di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva 2004/83 abbiano adottato adeguate misure per impedire che possano essere inflitti atti persecutori, che quindi dispongano, in particolare, di un sistema giuridico effettivo che permetta di individuare, di perseguire penalmente e di punire gli atti che costituiscono persecuzione e che il cittadino interessato, in caso di cessazione dello status di rifugiato, abbia accesso a detta protezione;

–  i soggetti che offrono protezione ex art. 7, n. 1, lett. b), della direttiva 2004/83 possono comprendere organizzazioni internazionali che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, anche per mezzo della presenza di una forza multinazionale su tale territorio.

2) Quando le circostanze in base alle quali lo status di rifugiato è stato riconosciuto abbiano cessato di sussistere e le autorità competenti dello Stato membro verifichino che non ricorrono altre circostanze che giustifichino il fondato timore della persona interessata di essere perseguitata, per il medesimo motivo di quello inizialmente rilevante o per uno degli altri motivi elencati all’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83, il criterio di probabilità per l’esame del rischio derivante da dette altre circostanze è lo stesso criterio applicato ai fini della concessione dello status di rifugiato.

3)  L’art. 4, n. 4, della direttiva, nella misura in cui fornisce indicazioni quanto alla portata, in termini di forza probatoria, di atti o minacce precedenti di persecuzione, può applicarsi quando le autorità competenti considerino di revocare lo status di rifugiato ai sensi dell’art. 11, n. 1, lett. e), della direttiva 2004/83 e l’interessato, per giustificare il permanere di un fondato timore di persecuzione, faccia valere circostanze diverse da quelle sulla cui base era stato riconosciuto come rifugiato. Tuttavia, ciò potrà di regola verificarsi solamente quando il motivo di persecuzione sia diverso da quello considerato al momento del riconoscimento dello status di rifugiato e vi siano atti o minacce precedenti di persecuzione i quali sono collegati al motivo di persecuzione esaminato in tale fase”.

 

Sentenza della Corte sulla direttiva sul ricongiungimento familiare

La Corte di giustizia è tornata a pronunciarsi sulla direttiva 2003/86/CE in materia di ricongiungimento familiare dei cittadini di Paesi terzi con la sentenza Chakroun (C‑578/08 del 4 marzo 2010) originata da un diniego di ricongiungimento tra un cittadino marocchino residente in Olanda e la coniuge residente in Marocco. Nel dispositivo la Corte ha dichiarato: “1) L’inciso «ricorrere al sistema di assistenza sociale» di cui all’art. 7, n. 1, parte iniziale e lett. c), della direttiva del Consiglio 22 settembre 2003, 2003/86/CE, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, dev’essere interpretato nel senso che esso non consente ad uno Stato membro di adottare una normativa sul ricongiungimento familiare che neghi quest’ultimo ad un soggiornante che ha dimostrato di disporre di risorse stabili, regolari e sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari, ma che, alla luce del livello del suo reddito, potrebbe nondimeno ricorrere all’assistenza speciale per provvedere a spese di sostentamento particolari e individualmente stabilite, a sgravi fiscali da imposte accordati da amministrazioni locali dipendenti dal reddito o a provvedimenti di sostegno del reddito nell’ambito della politica comunale per i redditi minimi («minimabeleid»). 2)  La direttiva 2003/86, e segnatamente il suo art. 2, parte iniziale e lett. d), dev’essere interpretata nel senso che siffatta disposizione osta ad una normativa nazionale che, ai fini dell’applicazione del requisito di reddito di cui all’art. 7, n. 1, parte iniziale e lett. c), della direttiva 2003/86, opera una distinzione a seconda che i vincoli familiari siano anteriori o posteriori all’ingresso del soggiornante nello Stato membro ospitante”.

 

Sentenza sulla competenza degli Stati ad attribuire e revocare la cittadinanza nazionale

La Corte si è pronunciata nella sentenza Rottman (C-135/08 del 2 marzo 2010), sull’interpretazione delle disposizioni del Trattato CE relative alla cittadinanza dell’Unione europea. La questione era originata da un cittadino naturalizzato tedesco e precedentemente austriaco che si era visto revocare la cittadinanza tedesca per non avere dichiarato di essere già perseguito penalmente in Austria, divenendo così apolide. Secondo la Corte l’Unione europea non ha competenza a disciplinare fattispecie di questo tipo che tuttavia rientra nel diritto dell’Unione europea dato che “il fatto che una materia rientri nella competenza degli Stati membri non impedisce che, in situazioni ricadenti nell’ambito del diritto dell’Unione, le norme nazionali di cui trattasi debbano rispettare quest’ultimo [v., in tal senso, sentenze 24 novembre 1998, causa C‑274/96, Bickel e Franz, Racc. pag. I‑7637, punto 17 (riguardo ad una normativa nazionale in materia penale e di procedura penale); 2 ottobre 2003, causa C‑148/02, Garcia Avello, Racc. pag. I‑11613, punto 25 (in relazione a norme nazionali in materia di nome delle persone); 12 luglio 2005, causa C‑403/03, Schempp, Racc. pag. I‑6421, punto 19 (relativamente a norme nazionali in materia di fiscalità diretta), e 12 settembre 2006, causa C‑145/04, Spagna/Regno Unito, Racc. pag. I‑7917, punto 78 (riguardo a norme nazionali che individuano i titolari del diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni del Parlamento europeo)]”. Considerando poi che lo status di cittadino europeo è uno status fondamentale dei cittadini degli Stati membri, questi ultimi devono esercitare i loro poteri derivanti dal diritto internazionale in materia di cittadinanza in modo da rispettare il principio di proporzionalità. Nel caso di specie significa che il giudice nazionale, nel valutare la legittimità della revoca per atti fraudolenti, dovrà valutare se tale revoca sia proporzionale alla gravità degli atti compiuti anche alla luce delle “conseguenze che essa determina sulla situazione dell’interessato in rapporto al diritto dell’Unione, in aggiunta, se del caso, all’esame della proporzionalità di tale decisione sotto il profilo del diritto nazionale. 56 Pertanto, vista l’importanza che il diritto primario annette allo status di cittadino dell’Unione, è necessario, nell’esaminare una decisione di revoca della naturalizzazione, tener conto delle possibili conseguenze che tale decisione comporta per l’interessato e, eventualmente, per i suoi familiari sotto il profilo della perdita dei diritti di cui gode ogni cittadino dell’Unione. A questo proposito, è importante verificare, in particolare, se tale perdita sia giustificata in rapporto alla gravità dell’infrazione commessa dall’interessato, al tempo trascorso tra la decisione di naturalizzazione e la decisione di revoca, nonché alla possibilità per l’interessato di recuperare la propria cittadinanza di origine[…]’.

 

Sentenza sulla libera circolazione dei lavoratori UE

La Corte si è pronunciata nella sentenza Olympique Lyonnais SASP (C‑325/08 del 16 marzo 2010)  sulla libera circolazione dei lavoratori. Il caso riguardavauna controversia tra l’Olympique Lyonnais SASP (in prosieguo: l’«Olympique Lyonnais») ed il sig. Bernard, calciatore professionista, nonché il Newcastle UFC, società calcistica di diritto inglese, in merito alla condanna di questi ultimi al risarcimento del danno per aver unilateralmente risolto i propri obblighi derivanti dall’art. 23 della «Charte du football professionnel» (Carta dei calciatori professionisti; in prosieguo: la «Carta») della Federazione francese del gioco del calcio relativa alla stagione 1997‑1998. […] Secondo la Corte “L’art. 45 TFUE non osta ad un sistema che, al fine di realizzare l’obiettivo di incoraggiare l’ingaggio e la formazione di giovani giocatori, garantisca alla società che ha curato la formazione un indennizzo nel caso in cui il giovane giocatore, al termine del proprio periodo di formazione, concluda un contratto come giocatore professionista con una società di un altro Stato membro, a condizione che tale sistema sia idoneo a garantire la realizzazione del detto obiettivo e non vada al di là di quanto necessario ai fini del suo conseguimento. Per garantire la realizzazione di tale obiettivo non è necessario un regime, come quello oggetto della causa principale, per effetto del quale un giocatore «promessa» il quale, al termine del proprio periodo di formazione, concluda un contratto come giocatore professionista con una società di un altro Stato membro si esponga alla condanna al risarcimento del danno determinato a prescindere dagli effettivi costi della formazione”.

 

 

 

POLITICHE MIGRATORIE

 

Trattato di Lisbona e Programma di Stoccolma

Dal 1° dicembre 2009 è entrato in vigore il Trattato di Lisbona che modifica radicalmente il sistema dei Trattati dell’Unione europea e numerose norme in esso contenute. In particolare per quanto riguarda la competenza in materia di visti, asilo e immigrazione risultano eliminate quelle eccezioni contemplate in relazione alla competenza della Corte di giustizia e alle procedure. Da segnalare anche il richiamo all’art. 6 TUE della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che acquisisce così efficacia vincolante, nonché la competenza ad aderire alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La versione consolidata del TUE: Trattato sull’Unione europea e del nuovo TFUE: Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (ex-TCE: Tratto sulla Comunità europea) è scaricabile dal sito della gazzetta Ufficiale dell’UE http://eur-lex.europa.eu/JOHtml.do?uri=OJ:C:2008:115:SOM:IT:HTML. Inoltre il Consiglio europeo dell’11 dicembre 2009 ha approvato il Programma di Stoccolma che guiderà le attività delle istituzioni nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia per i prossimi cinque anni.

 

Regolamento sulla definizione delle categorie di permesso di soggiorno

La Commissione europea ha adottato il regolamento 216/2010 del 15 marzo 2010 recante attuazione del regolamento 862/2007 sulle statistiche in materia di migrazione e protezione internazionale per quanto riguarda le definizioni delle categorie dei motivi per la concessione del permesso di soggiorno. Il regolamento stabilisce le categorie di motivi per la concessione del permesso di soggiorno in modo che le loro definizioni siano identiche in tutti gli Stati membri così da assicurare la comparabilità dei dati statistici sui permessi di soggiorno rilasciati dagli Stati membri.

 

 

Obbligo del visto imposto dal Canada ai cittadini della Repubblica ceca, (Dal comunicato stampa del Consiglio GAI)

Il Consiglio GAI del 26 e 27 febbraio 2010 ha invitato a giungere a un rapido ripristino dell'esenzione dal visto per i cittadini cechi che intendono recarsi in Canada e a compiere progressi concreti verso l'obiettivo della completa reciprocità dell'esenzione dal visto. Il Consiglio ha deciso di continuare a monitorare da vicino la situazione. Nell'ottobre 2009, la Commissione ha presentato una relazione sull'argomento, tre mesi dopo che il governo ceco aveva notificato alla Commissione e al Consiglio la misura presa dal Canada. Il 14 luglio 2009 il Canada ha introdotto unilateralmente l'obbligo del visto per i cittadini cechi. Da allora e in consultazione con le autorità ceche, la Commissione sta esaminando la questione con il governo canadese al fine di ripristinare l'esenzione dal visto per i cittadini cechi. Il Canada è tra i paesi terzi i cui cittadini non sono soggetti all'obbligo del visto a norma del regolamento n. 539/2001. Questo regolamento, tuttavia, modificato dal regolamento n. 851/2005, prevede inoltre possibili misure di reciprocità nel caso in cui un paese che gode dell'esenzione dal visto verso l'UE introduca l'obbligo del visto per cittadini di uno o più Stati membri dell'UE. Il Canada continua inoltre a mantenere l'obbligo del visto per i cittadini bulgari e rumeni.

 

 

Visti di lunga durata e libertà di circolazione nell’area Schengen

Il Consiglio Relazioni esterne del 22 marzo 2010 ha approvato un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio volto a modificare il Regolamento 562/2006 che istituisce il Codice Schengen. Il regolamento provvede in merito alla libertà di circolazione, alla durata massima del permesso di soggiorno e alla tutela della sicurezza. Quanto alla libertà di circolazione le modifiche consentiranno ai titolari di un visto di lungo periodo lo stesso beneficio della libertà di circolazione riconosciuto ai possessori di un permesso di soggiorno di lungo periodo (massimo tre mesi in un intervallo di sei mesi). Viene inoltre previsto che il visto di lungo periodo abbia una durata massima di un anno; nel caso in cui gli Stati consentano al titolare di soggiornare per un periodo superiore, allora dovranno obbligatoriamente rilasciare un permesso di soggiorno. Quanto all’esigenza di sicurezza, il regolamento prevede che prima di rilasciare un visto di lunga durata gli Stati membri debbano consultare la banca dati SIS, così come già devono fare quando rilasciano un permesso di soggiorno. Nel caso in cui vi sia una segnalazione, gli altri Stati membri non possono rilasciare il visto di lunga durata se non in casi eccezionali determinati da motivi umanitari o dal rispetto di altri obblighi internazionali. Qualora uno Stato inserisca una segnalazione su uno straniero già titolare di un visto di lunga durata, gli Stati si devono consultare per verificare la possibilità di revocare il visto in modo che non la persona in questione non possa più beneficiare del diritto di circolazione.

 

LOTTA ALL’IMMIGRAZIONE IRREGOLARE

 

Norme supplementari per la sorveglianza delle frontiere marittime

Il Consiglio Affari generali del 25 gennaio 2010 ha approvato il progetto di decisione COM(2009)658 presentato dalla Commissione europea il 27 novembre 2009 e che integra il codice frontiere Schengen per quanto riguarda la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata da Frontex (l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne). Il progetto di decisione sarà trasmesso al Parlamento europeo conformemente alla procedura di regolamentazione con controllo dell'UE. La misura sarà adottata dal Consiglio entro pochi mesi, purché il Parlamento europeo non vi si opponga. Il progetto di decisione è volto a rafforzare i controlli alle frontiere fornendo norme applicabili alle operazioni alle frontiere marittime e linee direttrici non vincolanti applicabili ai casi di ricerca e salvataggio e allo sbarco nel quadro di operazioni alle frontiere marittime coordinate dall'Agenzia Frontex.

 

Protezione delle frontiere esterne e lotta all'immigrazione clandestinaConclusioni (Dal comunicato stampa del Consiglio GAI)

Il Consiglio GAI del 26 e 27 febbraio 2010 ha adottato delle conclusioni contenenti 29 misure volte a rafforzare la protezione delle frontiere esterne e a combattere l'immigrazione clandestina (6435/3/10).

 

 Proposta di modifica del Regolamento istitutivo dell’Agenzia FRONTEX (Dal comunicato stampa del Consiglio GAI)

Il Consiglio GAI del 26 e 27 febbraio 2010 ha esaminato il progetto di regolamento che modifica le regole relative all’Agenzia FRONTEX adottato dalla Commissione il 24 febbraio 2010. L’obiettivo è rafforzare il quadro giuridico per assicurare il pieno rispetto dei diritti fondamentali durante le attività di Frontex e migliorare la capacità operativa dell'Agenzia nel sostenere gli Stati membri. Con la nuova proposta gli Stati membri dovranno mettere a disposizione dell’Agenzia più attrezzature e personale e questa potrà dirigere le operazioni di pattugliamento alle frontiere insieme ai paesi dell'Unione. Frontex avrà inoltre la facoltà di prestare assistenza tecnica ai paesi terzi e inviare funzionari di collegamento. Inoltre, il direttore di FRONTEX ha presentato il programma di lavoro dell'agenzia per il 2010.

 

Strategia di sicurezza interna dell'UE  (Dal comunicato stampa del Consiglio GAI)

Il Consiglio GAI del 26 e 27 febbraio 2010 ha approvato, a seguito di un dibattito pubblico, una strategia di sicurezza interna per l'Unione europea (5842/2/10) - una delle priorità della presidenza spagnola nel settore. Il Consiglio europeo sarà invitato ad approvare il documento, conformemente all'articolo 68 del trattato FUE, e si prevede che la Commissione adotterà una comunicazione su azioni concrete in questo settore.

I principali obiettivi della strategia sono:

- presentare al pubblico gli strumenti dell'UE esistenti che già contribuiscono a garantire la sicurezza e la libertà dei cittadini dell'UE e il valore aggiunto fornito dall'azione dell'UE in questo settore;

- elaborare ulteriormente strumenti e politiche comuni che utilizzano un approccio più integrato che affronti le cause dell'insicurezza e non soltanto le conseguenze;

- rafforzare la cooperazione tra autorità di contrasto e giudiziarie, la gestione delle frontiere, la protezione civile e la gestione delle catastrofi.

La strategia definisce un modello di sicurezza europeo che integra, tra l'altro, l'azione della cooperazione tra autorità di contrasto e giudiziarie, la gestione delle frontiere e la protezione civile, nel rispetto dei valori europei comuni, quali i diritti fondamentali. Essa individua le principali minacce e sfide cui è confrontata l'UE, tra cui il terrorismo, la criminalità organizzata, la cibercriminalità, il traffico di stupefacenti e di armi, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale di minori e la pedopornografia, la criminalità economica e la corruzione, la violenza giovanile. Anche le catastrofi naturali e di origine umana, quali incendi boschivi e penuria energetica, richiedono prontezza e risposta transfrontaliere. Un'altra sfida consiste nell'affrontare fenomeni diffusi che rappresentano una minaccia per i cittadini in tutta Europa, come gli incidenti stradali. Il Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2009, ricalcando il programma di Stoccolma adottato nello stesso periodo, ha invitato a elaborare una strategia di sicurezza interna che migliori ulteriormente la sicurezza nell'UE e che protegga in tal modo le vite e l'incolumità dei cittadini europei. Ha chiesto di affrontare in particolare la criminalità organizzata, il terrorismo e le catastrofi naturali.

 

 

Comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (Dal comunicato stampa del Consiglio GAI)

Il Consiglio GAI del 26 e 27 febbraio 2010 ha adottato la decisione relativa all'istituzione del comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (COSI) (16515/09 e 5949/10). I ministri hanno inoltre proceduto a uno scambio di punti di vista sul mandato e i compiti, nonché su alcune altre questioni fondamentali relative al funzionamento di questo nuovo comitato, sulla base di un documento della presidenza e delle reazioni degli Stati membri. Il comitato dovrebbe tenere la sua prima riunione l'11 marzo. Il COSI è contemplato dall'articolo 71 del Trattato FUE: "È istituito in seno al Consiglio un comitato permanente al fine di assicurare all'interno dell'Unione la promozione e il rafforzamento della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna." Il ruolo di coordinamento del COSI riguarderà, tra l'altro, la cooperazione di polizia e doganale, la protezione delle frontiere esterne e la cooperazione giudiziaria in materia penale pertinente alla cooperazione operativa nel settore della sicurezza interna. Il comitato riferisce periodicamente sulle sue attività al Consiglio che, a sua volta, tiene informati il PE e i parlamenti nazionali. Il COSI avrà anche il compito di valutare l'orientamento generale e l'efficacia della cooperazione operativa al fine di individuare eventuali lacune e adottare raccomandazioni per porvi rimedio. Esso può altresì invitare rappresentanti di EUROJUST, di EUROPOL, di FRONTEX e di altri organismi interessati ad assistere alle sue riunioni e dovrebbe assicurare la coerenza dell'azione di tali organismi.

 

 

DIRITTI UMANI

 

Adesione dell'UE alla CEDU (Dal comunicato stampa del Consiglio GAI)

In un dibattito pubblico, il Consiglio GAI del 26 e 27 febbraio 2010 ha passato in rassegna i lavori sinora effettuati in relazione all'adesione dell'UE alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). I Ministri hanno sottolineato l'importanza politica di una rapida messa a punto della raccomandazione relativa ad un mandato negoziale ed hanno invitato la Commissione a presentare urgentemente tale raccomandazione. La presidenza ha espresso l'auspicio di adottare il mandato prima della fine del proprio incarico. Le discussioni hanno inoltre messo in evidenza alcuni problemi di ordine giuridico e tecnico che dovranno essere risolti nell'ambito del mandato negoziale e dei negoziati veri e propri. Sono stati sollevati, tra l'altro, i problemi seguenti:

- la questione riguardante la portata dell'adesione dell'UE al "sistema CEDU", ossia se l'UE debba aderire non solo alla Convenzione in senso stretto, ma anche ai relativi protocolli addizionali e, in caso affermativo, a quali di questi protocolli;

- il modo più appropriato per garantire che l'adesione rispetti le condizioni previste dal trattato di Lisbona, quali il fatto di non incidere né sulla situazione particolare degli Stati membri nei confronti della CEDU né sulle competenze dell'Unione ovvero il mantenimento della competenza esclusiva della Corte di giustizia dell'UE nell'interpretazione del diritto dell'UE;

- l'opportunità di introdurre un meccanismo del "secondo convenuto" inteso a far sì che in determinati casi sia l'UE sia lo Stato membro interessato possano, se del caso, essere parti di qualsiasi procedimento dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo;

- la rappresentanza dell'UE presso gli organi del Consiglio d'Europa che esercitano funzioni connesse alla CEDU, quali l'assemblea parlamentare per quanto riguarda la nomina di giudici presso la Corte europea dei diritti dell'uomo, o il Comitato dei ministri nelle sue funzioni di sorveglianza sull'esecuzione delle sentenze in conformità dell'articolo 46, paragrafo 2 della CEDU;

- le relazioni tra la Corte di giustizia dell'UE e la Corte europea dei diritti dell'uomo.

Il trattato di Lisbona fornisce la base giuridica per l'adesione dell'UE alla CEDU. L'articolo 6, paragrafo 2 del trattato UE recita: "L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali." Oltre a ciò, il programma di Stoccolma raccomanda una "rapida" adesione alla CEDU e invita la Commissione a presentare "urgentemente" una raccomandazione al Consiglio.

 

ASILO

 

Ufficio europeo sull’asilo (Dal comunicato stampa del Consiglio GAI)

Il Consiglio GAI del 26 e 27 febbraio 2010 ha adottato delle Conclusioni sull’Ufficio europeo di supporto all’asilo che sarà istituito con sede a Malta.

 

ACCORDI INTERNAZIONALI

 

Accordo di riammissione UE-Pakistan

Il Consiglio Affari generali del 22 febbraio 2010 ha deciso di trasmettere al Parlamento europeo, per approvazione, un progetto di decisione inteso alla conclusione dell’accordo con il Pakistan sulla riammissione delle persone in soggiorno irregolare (5942/10). L’accordo di riammissione era stato firmato a Bruxelles il 26 ottobre 2009.

 

POLITICHE DI INTEGRAZIONE

 

Rapporto sulle politiche di integrazione a livello locale

È stato presentato a Londra nel corso della quarta conferenza sull’integrazione il rapporto “Cities accomodating diversity” conclusivo del progetto “Diversity and Equality in European Cities” condotto dal network Eurocities e da Migration Policy Group. Il rapporto contiene i risultati della ricerca condotta ad Amsterdam, Berlino, Leeds e Roma formulando raccomandazioni e indicando le buone prassi realizzate in tali città.