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16 aprile 2010
Tribunale di Lamezia Terme, decreto 25 gennaio 2010, Pres. Scaglione, est. Ianni – “SUL DIRITTO AL MINORE CON DOPPIA CITTADINANZA AD AVERE IL DOPPIO COGNOME” – Sabrina PERON
sabrina Peron PERON Sabrina

Nell’interessante caso deciso del Tribunale di Lamezia Terme, per una bambina nata dall’unione di un genitore italiano (il padre) ed uno brasiliano (la madre), veniva richiesta l’attribuzione anche del cognome materno.
L’ufficiale di stato civile, tuttavia comunica la sola attribuzione del cognome paterno e ritenendo l’attribuzione del cognome materno non conforme alla legge italiana.
Contro tale provvedimento si opponevano i due coniugi chiedendo il mantenimento del doppio cognome in quanto compatibile con i principi ricavabili dall’ordinamento interno e da quello brasiliano, stante la doppia cittadinanza della minore.

E’ noto che nel nostro Paese vi è l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo. Tale prassi viene fondata:
- sugli artt. 237 (Fatti costitutivi del possesso di stato), 262 (Cognome del figlio) e 299 ( Cognome dell’adottato) c.c.;
- nonché sul D.P.R. 396/2000, artt. 33 (Disposizioni sul cognome) e 34 (Limiti al’attribuzione del nome).

Tuttavia la giurisprudenza ha più volte osservato come tale sistema «oltre a non essere più coerente con i principi dell'ordinamento, che ha abbandonato la concezione patriarcale della famiglia, e con il valore costituzionale dell'eguaglianza tra uomo e donna, si pone in contrasto con alcune norme di origine sopranazionale» (così, da ultimo, Cass. 22.09.2008, n. 23934, che ritenuto urgente la «necessità di acclarare se sia ancora attuale e legittima la norma consuetudinaria a termini della quale al figlio nato da matrimonio va imposto il cognome del padre anche quando entrambi i suoi genitori avanzino concorde richiesta di attribuire il cognome materno». Per tale motivo la Corte ha inoltrato al Primo Presidente della Cassazione «richiesta di rimettere ogni dubbio alle Sezioni unite della stessa, od, occorrendo, alla Corte costituzionale»). Peraltro, la Corte Costituzionale, già in passato investita della questione, pur precisando che «l'attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna», ha ritenuto che l’invocato intervento della corte avrebbe richiesto un’operazione manipolativa esorbitante i poteri della Corte medesima (C. Cost., 16.02.2006, n. 61).

In questo contesto il Tribunale di Lamezia, ha ritenuto che la cittadinanza italiana della minore comportasse, «automaticamente, l’acquisto dello status di cittadina europea e l’applicabilità delle norme e dei principi del Trattato istitutivo della Comunità Europea, in particolare gli artt. 12 e 17 del Trattato CE che (…) vietano agli Stati membri, nel caso di persone aventi la cittadinanza di due diversi Paesi dell'Unione, di limitare gli effetti della cittadinanza dell'altro Stato e specificamente, in materia di attribuzione del cognome, vietano di imporre, contro la volontà dell'interessato, una normativa interna a rettifica dell'altra normativa nazionale, perché ciò costituirebbe una “discriminazione effettuata in base alla nazionalità”, preclusa dall'art. 12 Trattato CE». 

Sul punto si ricorda che la Corte di Giustizia CE, ha ritenuto che «l'art. 18 Ce non permette alle autorità di uno Stato membro, in applicazione del diritto nazionale, di negare ad un proprio cittadino (nato e/o residente altrove) il diritto di riconoscere il cognome di un figlio così come esso è stato determinato e registrato in un altro Stato membro, in cui tale figlio è nato e risiede sin dalla nascita» (così, Corte giustizia CE, 14.10.2008, n. 353 che ha censurato le disposizioni restrittive tedesche in materia perché prive di adeguate giustificazioni. Il caso riguardava un minore, cittadino tedesco nato in Danimarca da genitori entrambi tedeschi e residente nel Paese scandinavo fin dalla nascita, a cui era stato dato sia il cognome del padre sia quello della madre. Quando i genitori avevano chiesto di iscrivere il figlio nel libretto di famiglia tenuto in Germania, le Autorità locali avevano respinto la richiesta, sostenendo che il diritto interno non consentiva ad un figlio di portare un doppio cognome). 

Secondo il Tribunale di Lamezia, inoltre, in materia vengono in rilievo anche:
- le raccomandazioni del Consiglio d'Europa n. 1271 del 1995 e n. 1362 del 1998 e la risoluzione n. 37 del 1978, tutte tese alla piena realizzazione della uguaglianza tra madre e padre nell'attribuzione del cognome dei figli;
- le pronunce della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che vanno nella direzione della eliminazione di ogni discriminazione basata sul sesso nella scelta del cognome (CEDU, 16.02.2005, Unal Teseli c. Turquie; CEDU, 24.10.1994, Stjerna c. Finlande; CEDU, 24.01.1994, Burghartz c. Suisse).
- la Convenzione di New York (ratificata con L. 132/1985 14) che all'articolo 16, 1 comma lettera g) impegna gli stati contraenti «ad adottare tutte le misure adeguate per eliminare le discriminazioni nei confronti della donna in tutte le questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari e, in particolare, ad assicurare gli stessi diritti personali al marito ed alla moglie, compresa la scelta del cognome».
 
Nell’ambito di tale contesto nazionale ed sovranazionale il Tribunale di Lamezia, ha rettamente giudicato che nulla ostasse al «mantenimento, da parte della minore, anche nel nostro ordinamento, del cognome materno, conformemente alle tradizioni del Brasile di cui la stessa risulta avere diritto alla cittadinanza». Peraltro in questo senso recentemente anche il Tribunale di Napoli ha ritenuto che «Il minore figlio di cittadino italiano e di cittadina statunitense residenti in Francia, che sia identificato con il cognome di entrambi i genitori sia nel paese materno sia nel paese di residenza, ha diritto a mantenere il doppio cognome anche nel passaporto italiano in forza del suo diritto ad essere identificato allo stesso modo sia nel Paese di seconda cittadinanza sia nel Paese di residenza che in Italia» (Trib. Napoli, 18.03.2008).
A conferma di tale assunto il Tribunale di Lamezia ha osservato come «diversamente opinando, verrebbe frustrata anche la fondamentale funzione di identificazione della persona che il nome (comprensivo di prenome e cognome) svolge, in quanto la minore potrebbe utilizzare il doppio cognome nello Stato brasiliano e sarebbe costretta ad ometterlo nello Stato italiano». Sull’argomento si osserva che già la Corte di Cassazione ha ritenuto che i criteri di individuazione del cognome del minore si pongono in funzione esclusiva del suo interesse, che è essenzialmente quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della sua personalità sociale, ed in quest’ambito l’art. 262, comma 3, c.c. affida al giudice una valutazione ampiamente discrezionale, da condurre non secondo schemi predeterminati e casistiche limitanti, ma con riguardo a qualsiasi aspetto che possa influire sull'apprezzamento dell'interesse del minore, in rapporto alle due previste e diverse ipotesi dell'accertamento giudiziale e del riconoscimento della filiazione, valutazione che si sottrae al sindacato di legittimità se sorretta da congrua e logica motivazione, motivazione che nella specie è rivisitabile in questa sede, ratione temporis (Cass., 29.05.2009, n. 12670, qui pubblicata: http://www.personaedanno.it/cms/data/articoli/014919.aspx ).





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