Legislatura 16º - Disegno di legge N. 1496


 
 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

N. 1496
 
 
 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori CASSON, FINOCCHIARO, ZANDA, LATORRE,
BIANCO, DE SENA, LUMIA, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, INCOSTANTE,
Mauro Maria MARINO, PROCACCI, SANNA, VITALI, CAROFIGLIO,
CHIURAZZI, D’AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, MARITATI,
GASBARRI, LEGNINI, PEGORER, SOLIANI, ADRAGNA, AGOSTINI, AMATI,
ANDRIA, ANTEZZA, ARMATO, BAIO, BARBOLINI, BASSOLI, BERTUZZI,
BIANCHI, BIONDELLI, BLAZINA, BONINO, BOSONE, BRUNO, BUBBICO,
CABRAS, CARLONI, CERUTI, CHIAROMONTE, CHITI, COSENTINO,
CRISAFULLI, DE CASTRO, DE LUCA, DEL VECCHIO, DELLA SETA,
DI GIOVAN PAOLO, Leopoldo DI GIROLAMO, DONAGGIO, D’UBALDO,
Marco FILIPPI, FIORONI, FISTAROL, FOLLINI, FONTANA, Vittoria FRANCO, Mariapia GARAVAGLIA, GARRAFFA, GHEDINI, GIARETTA, GRANAIOLA, GUSTAVINO, ICHINO, LEDDI, LIVI BACCI, LUSI, MAGISTRELLI, MARCENARO, MARCUCCI, MARINARO, MARINI, Ignazio MARINO, MAZZUCONI, MERCATALI, MICHELONI, MILANA, MOLINARI, MONGIELLO, MORANDO, MORRI, MUSI, NEGRI, NEROZZI, PAPANIA, PASSONI, PERDUCA, PERTOLDI, PIGNEDOLI, PINOTTI, PORETTI, RANDAZZO, RANUCCI, ROILO, Nicola ROSSI, Paolo ROSSI, RUSCONI, RUTELLI, SANGALLI, SBARBATI, SCANU, Anna Maria SERAFINI, SERRA, SIRCANA, STRADIOTTO, TOMASELLI, TONINI, TREU, VERONESI, VIMERCATI, VITA, ZAVOLI e FERRANTE

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 1º APRILE 2009

Norme in materia di misure patrimoniali di sicurezza e prevenzione
contro la criminalità organizzata, certificazione antimafia,
nonché delega al Governo per la custodia, la gestione e la destinazione
dei beni confiscati alle organizzazioni criminali
e per la disciplina degli effetti fiscali del sequestro

 

Onorevoli Senatori. – La criminalità organizzata costituisce oggi uno dei problemi della cui soluzione la politica deve farsi carico con assoluta priorità, al fine di contrastare una forma di violenza particolarmente efferata, che rappresenta tra l’altro uno degli ostacoli principali allo sviluppo di molte regioni, soprattutto ma non solo meridionali, del nostro Paese. Infatti, accanto a sodalizi criminali di più recente formazione, continuano ad operare, con una forza pervasiva crescente, associazioni di tipo mafioso che ancora oggi controllano il territorio di molte aree del Mezzogiorno, con forme oppressive per la società civile, come il controllo degli appalti e delle opere pubbliche, la richiesta del «pizzo» e il ricorso all’usura. Nonostante i pur numerosi provvedimenti ablativi disposti sinora in relazione a beni riconducibili a tali organizzazioni, esse dispongono tuttora di ingenti capitali e sono capaci di «inquinare» i diversi settori dell’economia, infiltrandosi in profondità nel tessuto sociale e in modo tale da bloccare lo sviluppo economico e sociale del Paese, violando per di più il diritto dei cittadini alla libertà dell’iniziativa economica, sancito dall’articolo 41 della Costituzione.

    In ragione della estesa rete di contatti intessuta dai clan mafiosi, essi possono contare sulla protezione, sul sostegno e sulla connivenza di strati della popolazione, estendendo così il loro controllo sull’economia e sulla vita sociale di varie parti del Paese, accrescendo progressivamente la loro presenza anche nelle regioni settentrionali. Né va sottovalutata la crescente intensificazione dei rapporti tra le varie mafie italiane e tra queste e le numerose organizzazioni criminali straniere operanti in Italia e all’estero, come pure dimostrato dall’attenzione rivolta, soprattutto negli ultimi anni, dagli organismi internazionali e comunitari al contrasto al crimine organizzato. La rilevanza che questo tema ha assunto nell’agenda politica internazionale ha ad esempio indotto l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ad adottare, nella Conferenza di Palermo del 12-15 dicembre 2000, un’apposita convenzione – ratificata dall’Italia ai sensi della legge 16 marzo 2006, n.  146 – contro il crimine organizzato transnazionale, proprio al fine di combattere quei sodalizi criminali che operano sullo scenario internazionale, avvalendosi della connivenza e della complicità di una fitta rete di associazioni criminali presenti nei diversi Paesi e sfruttando in tal senso la facilità di comunicazioni e contatti resa possibile dalla globalizzazione e, per quanto concerne l’Europa, dall’apertura delle frontiere.
    Tuttavia, nonostante queste importanti misure di cooperazione internazionale e di armonizzazione delle normative interne, assunte in sede sovranazionale, è compito dei singoli Stati adottare norme idonee a contrastare il potere crescente delle organizzazioni criminali, adattandole alle peculiarità del contesto di riferimento. Su questo versante spetta quindi allo Stato italiano affrontare il problema del crimine organizzato nella consapevolezza delle peculiarità che caratterizzano il nostro contesto sociale, potenziando le norme che hanno consentito sinora di conseguire importanti vittorie sul terreno della lotta ai sodalizi criminali e in particolare alle mafie. E ciò è tanto più importante oggi non solo in ragione dei tanti successi riportati dalle forze dell’ordine e dalla magistratura nell’ambito della lotta alle mafie – con la cattura di boss da tempo latitanti e il correlativo accertamento delle responsabilità di ciascuno – ma anche e soprattutto perché è la stessa società civile che sta dimostrando una capacità di reazione straordinaria nei confronti delle associazioni mafiose. Si pensi in tal senso all’impegno dell’associazionismo antiracket (quello della Federazione delle associazioni antiracket (FAI) guidata da Tano Grasso, del progetto «Libera» con a capo don Ciotti, dei giovani di «Addio Pizzo», della Confindustria siciliana guidata da Ivan Lo Bello e Antonello Montante); al lavoro educativo di tanti operatori della scuola con seri progetti di educazione alla legalità e di studio; alla ricerca e alle analisi di centri studi come il Centro, siciliano di documentazione «Giuseppe Impastato» o le fondazioni intitolate a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, all’informazione specializzata di Antimafia 2000, Narcomafie e Casablanca.
    Se quindi è la società civile che sta consolidando sempre di più la cultura dell’antimafia, lo Stato non può sottrarsi al compito, che gli è proprio, di combattere le associazioni criminali con gli strumenti del controllo di legalità, della prevenzione e dell’accertamento dei reati. Perché la lotta alla mafia, come diceva Giovanni Falcone, si combatte a Palermo, ma si vince a Roma; deve cioè poter contare sull’appoggio delle istituzioni.
    In questo senso, come può evincersi dai lavori svolti dalla Commissione antimafia nella XV legislatura, il contrasto al crimine organizzato richiede di intervenire su alcuni nodi essenziali della normativa in materia, che si è rivelata ancora carente o lacunosa, soprattutto sul terreno della disciplina delle misure di prevenzione (in particolare patrimoniali), anche in ragione dell’efficacia di tali strumenti al fine di indebolire le organizzazioni criminali, privandole proprio di quello che è il loro fine e il loro punto di forza: il profitto e quindi le risorse economiche.
    Tuttavia, il presente disegno di legge non si limita a intervenire nel settore delle misure di prevenzione, ma affronta anche questioni cruciali, quali ad esempio la tipizzazione della fattispecie del concorso esterno nel delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso, la sfera di applicazione del delitto di scambio elettorale politico-mafioso o la disciplina della certificazione antimafia. Tali proposte devono peraltro considerarsi integrate da altri disegni di legge presentati dal Gruppo del partito democratico (PD) al Senato – quali ad esempio l’atto Senato n.  1000 – che mirano ad affrontare il tema del contrasto alle mafie, nella complessità dei suoi aspetti e delle sue implicazioni, con particolare riferimento all’infiltrazione mafiosa nel sistema economico e produttivo.
    Nella consapevolezza della molteplicità dei temi e dei settori normativi trattati, si è ritenuto opportuno dividere il presente disegno di legge, al suo interno, in più titoli, tra loro strettamente connessi e tuttavia caratterizzati ciascuno da una propria peculiarità.
    In particolare, le norme contenute nei titoli da I a III – che si ispirano peraltro alla «Proposta per la revisione della disciplina delle misure di prevenzione patrimoniale antimafia ed emanazione di un testo unico in materia», presentate dal Senatore Giuseppe Di Lello nella XV legislatura ed acquisite all’archivio della Commissione antimafia – intervengono sulla disciplina delle misure di prevenzione, introducendo talune modifiche di assoluto rilievo, tra le quali si ricorda innanzitutto – oltre alla generalizzazione della confisca per equivalente – il superamento della natura accessoria delle misure di prevenzione patrimoniale rispetto a quelle personali.
    Appare infatti oggi necessario passare da un approccio incentrato sulla «pericolosità del soggetto» a una visione imperniata sulla «pericolosità del bene» in ragione del suo vincolo di strumentalità con l’azione criminale; bene che, per la sua provenienza illegale e in virtù della sua reimmissione nel circuito economico, è in grado di alterare il sistema legale di circolazione della ricchezza, minando così alla radice le fondamenta di un’economia di mercato.
    È quindi necessario prevedere che le misure di prevenzione patrimoniali possano essere applicate anche disgiuntamente rispetto alle misure di prevenzione personali; da ciò discende, a cascata, la necessità di prevedere la possibilità di aggredire il patrimonio mafioso anche in caso di morte del soggetto proposto o sottoposto a misure di prevenzione.
    Va poi rilevata l’attribuzione della competenza al tribunale per le misure di prevenzione in tutti i casi di gestione del sequestro e della confisca. Nel sequestro penale, in particolare, si solleva da questo gravoso onere il giudice e si evita, così, che il processo penale si appesantisca di indagini che esulano dalla competenza professionale di tale giudice, con il rischio per di più che tali ulteriori investigazioni, estendendo necessariamente i tempi di trattazione dei procedimenti, portino altresì alla maturazione della prescrizione del reato. Tale competenza è estesa, tra l’altro, anche al caso di sequestro di aziende e viene prevista una sorta di procedura concorsuale, con un potere in funzione garantista del tribunale di prevenzione, che in tal senso coordina l’attività degli amministratori.
    Sono inoltre previste significative modifiche in ordine ai soggetti destinatari delle misure di prevenzione patrimoniali, di cui si propone l’applicabilità alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, ovvero ad associazioni finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti, al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale (delitti di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, tratta di persone, acquisto o alienazione di schiavi), nonché alle associazioni terroristiche anche di rilievo internazionale. Si precisa inoltre che le misure in questione si applicano altresì alle persone che, sulla base di elementi di fatto, desunti dalla condotta o dal tenore di vita, debbano ritenersi vivere anche in parte con i proventi di una delle attività delittuose di cui agli articoli 629, 630, 644, 648, 648-bis, 648-ter del codice penale ovvero di cui all’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (tipici delitti-scopo delle organizzazioni criminali di stampo mafioso).
    Si dispone inoltre che in caso di morte del soggetto proposto per misure di prevenzione, sopravvenuta all’inizio del procedimento, esso prosegua, ai soli fini dell’emanazione dei provvedimenti di confisca e sequestro, relativamente ai beni che si ha ragionevolmente motivo di ritenere che siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.
    Sono, quindi, previste alcune norme volte a disegnare compiutamente il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali, attualmente caratterizzato da numerose lacune e da rinvii a norme processuali spesso inadeguate ovvero oggetto di successive modifiche.
    Si è, pertanto, cercato di individuare un iter procedimentale, all’interno del quale potessero avere il proprio spazio tutte le istanze provenienti dai soggetti a qualunque titolo interessati dalle singole misure di prevenzione, contemperando tale esigenza con quella, altrettanto evidente, di rendere agile e celere la procedura medesima, evitando, ove possibile, il ricorso a subprocedimenti; disciplinandosi tra l’altro i presupposti, le condizioni e gli effetti della revoca del sequestro, quando risulti che esso abbia ad oggetto beni di legittima provenienza o dei quali l’indiziato non poteva disporre, neppure indirettamente.
    In tale prospettiva, volta a conferire maggiore funzionalità, efficacia e celerità al procedimento di applicazione, gestione e destinazione a fini sociali dei beni confiscati, si è prevista una delega al Governo per la custodia, la gestione e la destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali e per la disciplina degli effetti fiscali del sequestro. In particolare, si dispone l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, dell’Agenzia nazionale – articolata su base territoriale in più agenzie provinciali – per la custodia, la gestione e la destinazione dei beni confiscati –, cui si attribuiscono essenzialmente compiti di coordinamento delle suddette attività, coinvolgendo ove necessario anche la Direzione nazionale (o distrettuale) antimafia.
    Altro profilo di assoluto rilievo del presente disegno di legge concerne la disciplina degli effetti, nei confronti dei terzi, delle misure patrimoniali di prevenzione, prevedendosi tra l’altro norme apposite per l’esecuzione di misure di prevenzione patrimoniali relative ad aziende, modellandone la disciplina sulle peculiarità di tali fattispecie.
    In particolare, si prevede che la confisca non pregiudichi i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro qualora l’atto da cui il credito derivi non sia funzionale all’attività illecita o a quella economica che ne costituisce il frutto o il reimpiego, ovvero qualora il titolare dimostri di averne ignorato senza colpa il nesso di funzionalità.
    Ricorrendo tali condizioni, la confisca inoltre non pregiudica i diritti di coloro che abbiano compiuto atti di esecuzione o che siano intervenuti nell’esecuzione forzata anteriormente al sequestro; i diritti di credito non assistiti da garanzie reali che risultino da atti aventi data certa anteriore al sequestro, se il restante patrimonio dell’indiziato risulti insufficiente al loro soddisfacimento; i diritti personali di godimento, ove il contratto abbia data certa anteriore al sequestro. Colui a favore del quale sia stata fatta una promessa di pagamento o una ricognizione di debito dovrebbe provare il rapporto fondamentale e nel caso di titoli di credito il portatore dovrebbe provare anche il rapporto che ne legittima il possesso.
    Ricorrendo tali presupposti e fermo quanto disposto dall’articolo 2645-bis del codice civile, il sequestro e la confisca non pregiudicano peraltro i diritti derivanti dal contratto preliminare quando l’atto sia stato trascritto prima del sequestro e vi sia congruità tra le prestazioni. Infine, se sono confiscati beni intestati a terzi, sugli stessi concorrono i soli creditori dell’intestatario; mentre sui beni del proposto non concorrono i creditori del terzo intestatario formale.
    Tale integrazione è necessaria per porre fine ai molti conflitti che insorgono anche in pendenza di procedure concorsuali e per rimediare (secondo quanto previsto anche dagli articoli 24, 42 e 111 della Costituzione) a eventuali espropriazioni di beni, in primo luogo a carico di terzi inconsapevoli.
    Ma la norma disciplina anche il caso di chi, in buona fede, abbia acquistato legittimamente dei beni pur sapendo (o potendo sapere, con il ricorso all’ordinaria diligenza) che l’avente causa fosse indiziato di appartenere ad associazioni mafiose, quando l’atto di disposizione appaia riconducibile all’ordinario svolgimento dei rapporti economici e contrattuali e non sia consapevolmente funzionale alla attività illecita. Si pensi, per esempio, all’acquisto di un bene immobile a prezzo di mercato da parte di un acquirente che ignori come l’alienante investa i proventi delle sue attività.
    Il titolo IV del presente disegno di legge interviene su talune disposizioni di parte generale e speciale del codice penale, adeguando la disciplina di riferimento alle esigenze manifestatesi nella prassi, al fine di potenziare il contrasto alle organizzazioni criminali, pur nel rigoroso rispetto dei principi di tassatività, determinatezza, offensività e materialità della norma incriminatrice. In particolare, per quanto concerne le norme di parte generale, si prevede, con un’integrazione all’articolo 240 del codice penale, che è sempre disposto il sequestro del denaro, dei beni, del profitto illecito o delle altre attività di cui la persona fisica o l’ente, anche privo di personalità giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla propria attività economica.
    In ottemperanza a quanto previsto dalla citata convezione dell’ONU contro il crimine organizzato transnazionale e nella consapevolezza della dimensione sempre più spesso transfrontaliera delle organizzazioni criminali, si prevede che le disposizioni di cui all’articolo 416-bis del codice penale si applichino anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguano scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso, anche qualora abbiano la sede all’estero, purché svolgano la propria attività nel territorio dello Stato ovvero ivi si trovino uno o più associati.
    Inoltre, si è ritenuto opportuno tipizzare la fattispecie di concorso esterno in associazione mafiosa, al fine di disciplinare compiutamente un comportamento di rilevante gravità, che tuttavia – nel rispetto dei principi di eguaglianza, tassatività, determinatezza e stretta legalità della norma incriminatrice- non può essere lasciato alla sola interpretazione giurisprudenziale.
    Si è pertanto inserito, all’interno dell’articolo 416-bis – così chiarendo che non si tratta di un delitto autonomo, ma di una diversa modalità di realizzazione della condotta – un ulteriore comma che sanziona (con pene minori solo nel minimo rispetto a quelle previste per la partecipazione) la condotta di chi, eccedendo i limiti del legittimo esercizio di un’attività politica, economica, professionale o di altra natura, ovvero abusando dei poteri o violando i doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, protegge o comunque agevola un’associazione di tipo mafioso.
    Relativamente al delitto di scambio elettorale politico-mafioso, si propone di estendere l’applicabilità della fattispecie anche al caso di promessa di voti in cambio della prestazione di altra utilità, diversa ovviamente dal denaro.
    Il Titolo V introduce norme in materia di certificazione antimafia, al fine di potenziarne l’effettiva idoneità a neutralizzare l’infiltrazione mafiosa nei rapporti con la pubblica amministrazione, riducendo i tempi di rilascio delle informazioni prefettizie e prevedendo un sistema «sostitutivo» efficace, che garantisca la continuità dell’attività dell’impresa a carico della quale sia stato rilasciato certificato interdittivo e che tuteli i lavoratori oltre che le opere, i servizi o le forniture rispettivamente da realizzare, erogare o fornire.
    In tal senso, si propone una serie di misure idonee a tracciare la vita delle imprese, seguendone l’evoluzione sin dal loro costituirsi, attraverso l’interconnessione delle banche dati, come già avviene con gli appalti di lavori. Si prevede quindi la costituzione di albi distinti per categorie (lavori, servizi, forniture) che affianchino l’iscrizione alla camera di commercio; l’iscrizione a tali albi costituirà requisito fondamentale per la contrattazione con la pubblica amministrazione. L’iscrizione all’albo dovrà comportare un accertamento non solo dei requisiti di carattere tecnico ma anche e, soprattutto, dovrà attestare la trasparenza dell’impresa, garantita dalle informazioni antimafia rilasciate dai prefetti; ogni due anni, la sussistenza dei requisiti per la permanenza nell’albo dovrà essere riconfermata da aggiornati accertamenti; un apposito regolamento dovrà normare tali procedure. Al fine di favorire l’interscambio informativo tra autorità giudiziaria, investigatori e prefettura, si propone di istituzionalizzare il tavolo tecnico con l’apporto appunto dell’autorità giudiziaria che stabilirà insieme alla pubblica amministrazione i limiti, di volta in volta non valicabili, al fine di rendere efficace la certificazione senza turbare la libertà d’indagine, così come, peraltro, è già previsto, per gli scioglimenti per infiltrazione della criminalità organizzata di enti locali, dall’articolo 143 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267.
    Va inoltre considerato che le imprese «infiltrate», a seguito del rilascio di certificato interdittivo, spesso falliscono con grave nocumento sia per i dipendenti, sia per le attività in corso (opere, forniture, servizi), sia per l’economia reale. Occorre, quindi, prevedere meccanismi normativi che impediscano una tale involuzione del sistema che genera, tra l’altro, un clima di ostilità contro i provvedimenti inibitori in parola. Si propone pertanto l’istituzione di una società a prevalente capitale pubblico (società d’investimento) che si faccia carico della gestione di tale aziende, incamerandone gli utili prodotti nella fase successiva al provvedimento interdittivo, così da garantire sia i livelli occupazionali, sia le attività imprenditoriali con garanzia per la pubblica amministrazione di definizione delle procedure in corso. La società a prevalente capitale pubblico potrebbe garantire anche la continuità lavorativa degli imprenditori che collaborano con le forze di polizia e che spesso sono costretti, in ragione di ciò, ad uscire dal mercato del lavoro. Tali imprenditori potrebbero, infatti, divenire soci di diritto della società, continuando ad operare nell’anonimato e, nel contempo, fornendo l’apporto della loro esperienza e professionalità per la gestione delle imprese interdette.
    Si propone inoltre la riduzione della soglia per gli appalti di opere pubbliche necessaria per il rilascio della informazione prefettizia, portandola dagli attuali 5 milioni di euro a 1 milione di euro.
    Si propone inoltre – come previsto dai protocolli di legalità sottoscritti per la realizzazione delle grandi opere – di svolgere appositi accertamenti già nella fase della presentazione delle offerte, al fine di poter verificare, in via preliminare, che anche la procedura di aggiudicazione sia esente da infiltrazioni. L’albo di cui si propone l’istituzione, poi, dovrebbe agevolare tali accertamenti, poiché la pubblica amministrazione sarebbe obbligata a rivolgersi solo alle imprese ivi iscritte e i casi d’infiltrazione al momento della stipula del contratto o successivamente allo stesso dovrebbero sensibilmente ridursi.
    Come può evincersi da questa breve descrizione, le norme proposte contribuirebbero in misura significativa a potenziare il contrasto alle organizzazioni criminali, pur nel doveroso e rigoroso rispetto dei principi fondamentali del sistema penale (personalità della responsabilità penale, presunzione di non colpevolezza, tassatività e determinatezza della norma incriminatrice, stretta legalità, offensività, e così via).
    Per tali ragioni, si propone il sollecito esame del presente disegno di legge, nella consapevolezza della sua rilevanza ai fini di un più efficace contrasto alle mafie.

 

DISEGNO DI LEGGE

TITOLO I

DISCIPLINA DEL SEQUESTRO
E DELLA CONFISCA PENALE

Art. 1.

    1. Qualora si proceda per taluno dei delitti previsti dall’articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale o dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis, 325, 629, 644, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter del codice penale e di cui all’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, nonché dall’articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n.  306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero per taluno dei delitti previsti dall’articolo 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché per taluno dei delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale, o qualora sia stata pronunciata sentenza, anche non irrevocabile, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, è sempre disposto il sequestro del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui la persona sottoposta alle indagini, l’imputato o il condannato, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, nonché delle somme di denaro, dei titoli, dei beni e delle altre utilità delle quali l’imputato ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato.

Art. 2.

    1. Il pubblico ministero richiede al tribunale per le misure di prevenzione della stessa sede del tribunale competente per i delitti di cui all’articolo 1, la disposizione del sequestro nei casi previsti dal medesimo articolo 1. Unitamente alla richiesta, il pubblico ministero trasmette al tribunale l’esito degli accertamenti patrimoniali e ogni altro atto o documento necessario alla decisione sull’adozione del provvedimento di sequestro.

    2. Il tribunale di cui al comma 1 adotta, con decreto motivato reso in camera di consiglio entro sessanta giorni dalla data del ricevimento degli atti, la decisione sulla richiesta di cui al comma 1. Tale decreto è notificato alla persona sottoposta alle indagini, all’imputato o al condannato per taluno dei delitti di cui all’articolo 1, nonché a ogni altra persona interessata.
    3. Per l’esecuzione del sequestro si osservano, in quanto compatibili, le norme relative all’esecuzione del sequestro preventivo nonché quelle di cui al decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282.
    4. I beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria relative ai delitti di cui all’articolo 1 possono essere affidati dal giudice in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta, prioritariamente per l’impiego in attività di polizia relative ai delitti di cui al medesimo articolo 1, salvo che, per esigenze processuali ostative, il giudice rigetti l’istanza con decreto motivato. A tal fine, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 100 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.  309 del 1990.
    5. Fermo quanto disposto dagli articoli 100 e 101 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, qualora non si provveda ai sensi di quanto disposto al comma 4 del presente articolo, il giudice nomina un amministratore tenuto a provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati o confiscati.
    6. Ai fini dei procedimenti di riesame e di impugnazione avverso il decreto di cui al comma 2 del presente articolo, si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui agli articoli 322, 322-bis, 324 e 325 del codice di procedura penale.

Art. 3.

    1. Nei casi di intervenuto provvedimento di archiviazione, di emanazione della sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento per i delitti di cui all’articolo 1, il sequestro è revocato dal tribunale che lo ha disposto.

    2. Nelle ipotesi di archiviazione o emanazione della sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento, il provvedimento di revoca del sequestro diviene esecutivo trascorsi dieci giorni dalla data della comunicazione alle parti, salvo che il pubblico ministero, entro tale termine, proponga richiesta motivata di sospensione al tribunale di cui all’articolo 2, comma 1. Ai fini della decisione sulla richiesta di sospensione e ai relativi procedimenti di esecuzione, riesame e impugnazione, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2, commi 2, 3, 5 e 6.
    3. Il decreto motivato di accoglimento della richiesta di sospensione di cui al comma 2 può essere sempre revocato dal medesimo tribunale che lo ha adottato, qualora ne vengano meno i presupposti.

Art. 4.

    1. Nei casi di condanna irrevocabile per taluno dei delitti di cui all’articolo 1, su richiesta del pubblico ministero, il tribunale che ha disposto il sequestro previsto dal medesimo articolo 1, ordina la confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità sequestrati, di cui il condannato non possa giustificare la legittima provenienza.

    2. Avverso il provvedimento che dispone la confisca di cui al comma 1 il pubblico ministero e gli interessati possono proporre ricorso per cassazione. La Corte di cassazione decide in camera di consiglio, osservando le norme di cui all’articolo 610, commi 1 e 1-bis, del codice di procedura penale. Si applicano altresì, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale relative alle impugnazioni. Il ricorso ha efficacia sospensiva rispetto all’esecuzione del provvedimento di confisca.

Art. 5.

    1. L’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, è abrogato.

TITOLO II

MISURE DI PREVENZIONE
PATRIMONIALI NEI CONFRONTI
DELLE PERSONE FISICHE

Sezione I

Ambito soggettivo di applicazione
(soggetti destinatari)

Art. 6.

    1. Le disposizioni del presente titolo si applicano ai soggetti indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, ovvero ad associazioni finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti, al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, nonché alle associazioni di cui all’articolo 270-bis del codice penale.

    2. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano altresì alle persone che, sulla base di elementi di fatto, desunti dalla condotta o dal tenore di vita, debbano ritenersi vivere anche in parte con i proventi di una delle attività delittuose di cui agli articoli 629, 630, 644, 648, 648-bis, 648-ter del codice penale ovvero di cui all’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Art. 7.

    1. Le misure patrimoniali del sequestro e della confisca si applicano, congiuntamente o disgiuntamente dalle misure personali, anche prescindendo dalla persistenza delle condizioni di cui all’articolo 6, secondo le disposizioni previste dal presente titolo, purché a carico del soggetto proposto siano evidenziati, per l’epoca di acquisizione dei beni, indizi circa l’appartenenza ad una delle associazioni di cui al citato articolo 6, comma 1, ed i beni risultino di valore sproporzionato al reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla propria attività economica in rapporto al tempo dell’acquisizione.

    2. L’applicazione delle misure di cui al comma 1 è proposta dal questore della provincia in cui dimora il soggetto e dal procuratore presso il tribunale competente. Nei casi corrispondenti ai delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, l’applicazione delle misure di cui al comma 1 del presente articolo può essere altresì proposta dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto nel quale è compreso il tribunale competente, d’intesa con il procuratore nazionale antimafia.

Sezione II

Applicazione delle misure
di prevenzione patrimoniali

Art. 8.

    1. Il procuratore nazionale antimafia, il procuratore della Repubblica e il questore competenti a proporre l’applicazione di una delle misura di prevenzione patrimoniale di cui al presente titolo procedono, anche attraverso la Guardia di finanza o la polizia giudiziaria, a indagini sul tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie e sul patrimonio delle persone di cui all’articolo 1, nonché a indagini sulle attività economiche facenti capo a tali persone, anche al fine di accertarne le fonti di reddito.

    2. I soggetti di cui al comma 1 accertano altresì se i soggetti di cui all’articolo 6 siano titolari di licenze, autorizzazioni, concessioni o abilitazioni all’esercizio di attività imprenditoriali o commerciali, comprese le iscrizioni ad albi professionali o a pubblici registri, nonché se beneficino di contributi, finanziamenti, mutui agevolati o di ogni altro tipo di erogazioni, comunque denominate o concesse da parte dello Stato, di enti pubblici, di società a partecipazione pubblica, ovvero dell’Unione europea.
    3. Ai fini delle indagini di cui ai commi 1 e 2, i soggetti legittimati possono richiedere informazioni e copia della documentazione ritenuta utile ad ogni ufficio della pubblica amministrazione, all’anagrafe tributaria, ad ogni ente pubblico, ad ogni società a partecipazione pubblica, nonché ad ogni ente privato, anche privo di personalità giuridica, e in particolare a banche, istituti di credito o società di intermediazione finanziaria.
    4. Gli ufficiali di polizia giudiziaria, su autorizzazione del pubblico ministero, possono procedere al sequestro della documentazione acquisita ai sensi del comma 1, secondo le disposizioni di cui agli articoli 253, 254 e 255 del codice di procedura penale.
    5. Le indagini di cui ai commi 1 e 2 sono effettuate anche nei confronti del coniuge, dei figli, dei parenti entro il terzo grado in linea retta e di coloro che nell’ultimo quinquennio hanno convissuto con le persone di cui al comma 1, dei terzi rispetto ai quali, nel corso delle indagini, siano emersi collegamenti con i soggetti di cui al comma 1, nonché nei confronti degli enti, anche privi di personalità giuridica, del cui patrimonio tali soggetti risultano poter disporre in tutto o in parte, anche non direttamente.
    6. Nel corso del procedimento per l’applicazione di taluna delle misure patrimoniali previste dal presente titolo il tribunale può richiedere al pubblico ministero presso il proprio ufficio di procedere ad indagini, ulteriori rispetto a quelle già svolte ai sensi delle disposizioni di cui al presente articolo, ritenute utili ai fini previsti dal comma 1.

Art. 9.

    1. Ai fini dell’applicazione delle misure patrimoniali del sequestro e della confisca, il tribunale, anche d’ufficio, ordina con decreto motivato il sequestro dei beni dei quali le persone di cui all’articolo 6 risultano poter disporre, anche indirettamente, quando, per il loro valore sproporzionato al reddito dichiarato, o all’attività economica svolta, ovvero sulla base di altri sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.

    2. Su richiesta del procuratore nazionale antimafia, del procuratore della Repubblica e del questore, nonché degli organi incaricati di svolgere ulteriori indagini ai sensi dell’articolo 8, comma 6, nei casi di particolare urgenza il sequestro è disposto dal presidente del tribunale con decreto motivato e perde efficacia se non è convalidato dal tribunale nei dieci giorni successivi.

Art. 10.

    1. Qualora sussista il concreto pericolo che i beni, di cui è ragionevolmente prevedibile la confisca ai sensi dell’articolo 11, comma 3, vengano dispersi, sottratti, alienati o comunque alterati, il procuratore nazionale antimafia, il procuratore della Repubblica e il questore, nei casi di rispettiva competenza, possono richiedere al Presidente del tribunale di disporre anticipatamente il sequestro dei suddetti beni prima della fissazione dell’udienza.

    2. Il Presidente del tribunale provvede sulla richiesta di cui al comma 1 con decreto motivato, entro cinque giorni dalla data del ricevimento della richiesta medesima. Il sequestro eventualmente disposto perde efficacia se non è convalidato dal tribunale entro venti giorni dalla data della richiesta.
    3. Ai fini della eventuale revoca del sequestro, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 11, comma 1. Nel caso di intestazione a terzi dei beni sequestrati, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 11, comma 2.

Art. 11.

    1. Il tribunale dispone la revoca del sequestro quando risulti che esso ha ad oggetto beni di legittima provenienza, o dei quali l’indiziato non poteva disporre, neppure indirettamente.

    2. Qualora i beni sequestrati o dei quali sia richiesta la confisca risultino di proprietà di terzi, questi ultimi, anche su invito emesso dal tribunale con decreto, possono intervenire nel procedimento e possono, anche con l’assistenza di un difensore, svolgere in camera di consiglio, nel termine stabilito dal tribunale a pena di decadenza, le loro deduzioni, presentare memorie e documenti, nonché chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca. Al procedimento di prevenzione disciplinato dalle disposizioni di cui alla presente legge si applicano altresì, in quanto compatibili, le norme di cui agli articoli 146-bis e 147-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 18 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni.
    3. Entro un anno dalla data di emissione del provvedimento che dispone il sequestro, il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati, dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza, fatti i salvi i diritti dei terzi secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo di cui all’articolo 20.
    4. Qualora le indagini necessarie all’accertamento delle fonti di reddito, sull’attività economica o sulla situazione patrimoniale dell’indiziato presentino particolare complessità, il termine di cui al comma 3 può essere prorogato di sei mesi, per un massimo di due volte, con decreto motivato del tribunale, su richiesta dei soggetti di cui all’articolo 7, comma 2.
    5. Ai fini del computo della decorrenza dei termini previsti dal presente articolo, nonché di quelli di cui all’articolo 10, si tiene conto delle cause di sospensione della decorrenza dei termini di durata della custodia cautelare previste dal codice di procedura penale, in quanto compatibili.
    6. In ogni caso, il sequestro e la confisca possono essere disposti anche in relazione a beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento penale, ma i relativi effetti non pregiudicano i diritti della parte civile costituita nel giudizio penale.

Art. 12.

    1. In caso di morte di uno dei soggetti di cui all’articolo 6, comma 1, sopravvenuta all’inizio del procedimento, esso prosegue, ai soli fini dell’emanazione dei provvedimenti previsti dall’articolo 11, comma 3, e dall’articolo 9, relativamente ai beni che si ha ragionevolmente motivo di ritenere che siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.

    2. Nei confronti degli eredi e dei legatari, nei limiti del legato, si applicano, ai fini di cui al comma 1 del presente articolo, le disposizioni previste dall’articolo 11, comma 2.
    3. Se la persona nei cui confronti è proposta la misura di prevenzione disperde, distrae, occulta o svaluta i beni al fine di eludere l’esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca su di essi, il sequestro e la confisca hanno ad oggetto denaro o altri beni di valore equivalente. Analogamente si procede quando i beni non possano essere confiscati in quanto trasferiti legittimamente, prima dell’esecuzione del sequestro, a terzi in buona fede.
    4. La confisca può essere proposta, in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta, nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare, entro il termine di cinque anni dal decesso.
    5. Il giudice, quando risulta che beni confiscati con provvedimento definitivo dopo l’assegnazione o la destinazione siano rientrati, anche per interposta persona, nella disponibilità o sotto il controllo del soggetto sottoposto al provvedimento di confisca, può disporre la revoca dell’assegnazione o della destinazione.
    6. Il giudice, quando accerta che taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con la sentenza che dispone la confisca dichiara la nullità dei relativi atti di disposizione.
    7. Ai fini di cui al comma 6, fino a prova contraria si presumono fittizi:

        a) i trasferimenti e le intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la data della proposta della misura di prevenzione nei confronti dell’ascendente, del discendente, del coniuge o della persona stabilmente convivente con il soggetto sottoposto a confisca, nonché dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado;

        b) i trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei due anni antecedenti la data della proposta della misura di prevenzione.

Sezione III

Esecuzione del sequestro

Art. 13.

    1. Il sequestro disposto ai sensi degli articoli 9 e 10 è eseguito:

        a) sui beni mobili e sui crediti, con l’osservanza delle forme, delle modalità e dei termini previsti dal codice di procedura civile in relazione al pignoramento presso il debitore o presso il terzo;

        b) sui beni immobili e sui beni mobili registrati, mediante trascrizione del provvedimento di sequestro presso i competenti uffici e con l’apprensione materiale. In tal caso, gli effetti del sequestro retroagiscono al momento della avvenuta trascrizione;
        c) sulle aziende, con l’immissione nel possesso dell’amministratore giudiziario e mediante trascrizione del provvedimento nel registro delle imprese presso il quale è iscritta l’azienda ovvero, in difetto di iscrizione, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

    2. Ai fini del rimborso delle spese postali e dell’indennità di trasferta in favore dell’ufficiale giudiziario, si osservano le disposizioni di cui alla legge 7 febbraio 1979, n. 59.

Sezione IV

Custodia, conservazione
ed amministrazione dei beni
sequestrati

Art. 14.

    1. Con il provvedimento che dispone il sequestro ai sensi degli articoli 9 e 10, il tribunale nomina il giudice delegato e uno o più amministratori in relazione alle caratteristiche o alla quantità di beni sequestrati.

    2. Gli amministratori sono scelti tra gli iscritti all’albo di cui all’articolo 20, comma 8. Quando il sequestro ha ad oggetto beni costituiti in azienda, gli amministratori possono altresì essere scelti tra coloro che hanno svolto o svolgono funzioni di commissario straordinario per l’amministrazione delle grandi imprese in stato di insolvenza, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347 convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, e successive modificazioni.
    3. Non possono essere nominati amministratori coloro nei cui confronti il provvedimento di sequestro è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini o le persone che con essi convivano o abbiano convissuto nel quinquennio precedente alla data di emissione del provvedimento di sequestro, le persone condannate ad una pena che comporti l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici, né coloro nei cui confronti sia stata applicata una misura di prevenzione. L’eventuale nomina delle persone di cui al periodo precedente, ove disposta, è nulla.
    4. Gli amministratori possono essere in ogni momento revocati, previa audizione, con decreto motivato del tribunale, su proposta del giudice delegato, del pubblico ministero o d’ufficio, in caso di incapacità o di inosservanza degli obblighi cui sono tenuti ai sensi della presente legge, nonché in caso di violazione delle prescrizioni impartite loro dal tribunale o dal giudice delegato, secondo le disposizioni di cui all’articolo 15.
    5. Il giudice delegato può adottare, nei confronti della persona sottoposta alla procedura e della sua famiglia, i provvedimenti di cui all’articolo 47 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ove sussistano le condizioni ivi previste. Egli può altresì autorizzare gli amministratori ad avvalersi, sotto la propria responsabilità, della collaborazione di tecnici, consulenti o altre persone retribuite secondo le vigenti tariffe professionali.

Art. 15.

    1. L’amministratore è tenuto a provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati anche nel corso degli eventuali procedimenti d’impugnazione, sotto la direzione del giudice delegato, favorendo altresì, ove possibile, l’incremento della redditività dei beni e delle aziende. Relativamente ai beni sequestrati, anche costituiti in aziende, l’amministratore non può stare in giudizio nei procedimenti che riguardino tali beni, né contrarre mutui, stipulare transazioni, compromessi, fideiussioni, concedere ipoteche, alienare immobili, o compiere ogni altro atto di straordinaria amministrazione, in assenza della previa autorizzazione scritta del giudice delegato. Previa autorizzazione del medesimo giudice, l’amministratore può impugnare, nel caso di sequestro di quote di società in percentuale non inferiore al 25 per cento dell’intero capitale, le delibere societarie di trasferimento della sede sociale, di trasformazione, fusione o estinzione della società, nonché di ogni altra modifica dello statuto che possa recare pregiudizio agli interessi della custodia giudiziale.

    2. Nel caso di sequestro di azienda, il tribunale determina le direttive generali della relativa gestione, tenuto conto della natura, delle caratteristiche e dell’oggetto dell’attività, nonché delle possibilità di prosecuzione, ripresa o ristrutturazione della stessa, in considerazione anche delle risultanze della relazione iniziale e di quelle periodiche di cui al comma 4. L’amministratore può altresì chiedere per l’impresa gestita l’ammissione alle procedure esecutive concorsuali, attivando procedure al fine di accertare che i beni aziendali sequestrati posti in fallimento non ritornino alle organizzazioni criminali o a loro prestanomi, attraverso la vendita degli stessi.
    3. Nel caso di azienda di pertinenza di una società, l’esecuzione del sequestro determina la sospensione dalle rispettive funzioni, degli amministratori e degli altri organi sociali, ad eccezione della rappresentanza della società nel giudizio di prevenzione, e le rispettive funzioni sono esercitate pro tempore dall’amministratore, nei limiti dei poteri ad esso attribuiti dal tribunale. Le disposizioni di cui al primo periodo si applicano anche nel caso di sequestro di quote sociali rappresentative dell’intero capitale.
    4. L’amministratore è tenuto a presentare al giudice delegato e al pubblico ministero, entro un mese dalla data della nomina, relazioni dettagliate sullo stato e sulla consistenza delle singole aziende e dei beni sequestrati ai soggetti di cui all’articolo 6 e a ciascuno degli eventuali intestatari, e successivamente, con la frequenza ed entro i termini stabiliti dal giudice, altrettante relazioni periodiche dettagliate sull’amministrazione ed è tenuto altresì a esibire, ove richiesto, i documenti idonei a giustificare l’attività eseguita. L’amministratore è tenuto altresì a segnalare al giudice delegato e al pubblico ministero l’eventuale esistenza di ulteriori beni, suscettibili di sequestro secondo le disposizioni di cui agli articoli 9 e 10, di cui sia venuto a conoscenza nel corso della sua gestione. Nel caso di sequestro di cui azienda, le relazioni di cui al primo periodo devono contenere anche un’analisi particolareggiata delle concrete possibilità di prosecuzione, ripresa o ristrutturazione dell’attività dell’azienda stessa. In tal caso, l’amministratore è tenuto a presentare al tribunale, per l’approvazione, entro il termine stabilito dal tribunale medesimo, il piano per il risanamento, la ripresa o la ristrutturazione dell’attività dell’azienda.
    5. È fatto obbligo all’amministratore di tenere distinte contabilità per i soggetti di cui all’articolo 6 e, rispettivamente, per ciascuno degli intestatari nonché per ogni azienda sequestrata, e di adempiere con diligenza i compiti del proprio ufficio.

Art. 16.

    1. Le spese necessarie o utili per la conservazione e l’amministrazione dei beni e delle aziende sottoposte a sequestro sono sostenute dall’amministratore nei limiti delle somme da lui riscosse a qualunque titolo, purché riferibili a ciascuno dei beni e delle aziende.

    2. Se dalla gestione dei beni sequestrati non è ricavabile denaro sufficiente per il pagamento delle spese di cui al comma 1, le spese medesime sono anticipate dallo Stato, con diritto di rivalsa nei confronti del titolare del bene in caso di revoca del sequestro.

Art. 17.

    1. La determinazione dell’ammontare del compenso spettante all’amministratore, la liquidazione dello stesso e del trattamento spettantegli, ai sensi delle disposizioni vigenti per il dirigente superiore, in caso di trasferimento al di fuori della residenza, nonché il rimborso delle spese da lui eventualmente sostenute per i collaboratori, ed il corrispettivo per eventuali interventi migliorativi realizzati sul bene, sono stabilite dal tribunale con decreto motivato, sulla base della relazione del giudice delegato, considerati il valore commerciale del patrimonio amministrato, l’opera prestata, i risultati ottenuti, la sollecitudine con cui sono state condotte le attività di amministrazione, le tariffe locali professionali e gli usi. Le liquidazioni e i rimborsi di cui al periodo precedente sono disposti con priorità rispetto alla redazione del conto finale.

    2. In relazione alla durata dell’amministrazione ed eventualmente anche ad altri giustificati motivi, il tribunale concede, su istanza dell’amministratore e previo parere del giudice delegato, acconti sul compenso finale.
    3. La cancelleria del tribunale provvede a notificare all’amministratore l’avviso dell’avvenuto deposito del decreto con il quale il tribunale ha disposto la liquidazione o il rimborso delle spese. Entro venti giorni dalla data della notifica del suddetto avviso, l’amministratore può proporre ricorso avverso il decreto che ha disposto la liquidazione o il rimborso. La corte d’appello decide sul ricorso in camera di consiglio, previa audizione dell’amministratore ricorrente.

Art. 18.

    1. Qualora sia disposta la confisca dei beni, le somme necessarie al pagamento del compenso dell’amministratore, al rimborso delle spese da lui sostenute per i collaboratori e all’erogazione del trattamento spettategli in caso di trasferimento al di fuori della residenza, sono inserite nel conto della gestione. Nel caso in cui le disponibilità di tale conto siano insufficienti, le spese occorrenti sono anticipate dallo Stato, senza diritto a rivalsa.

    2. Quando il sequestro è revocato, le somme di cui al comma 1 sono poste a carico dello Stato.
    3. Le forme e le modalità da osservare per il deposito e il prelievo delle somme, per la documentazione delle operazioni relative all’amministrazione e per il rendimento del conto da parte dell’amministratore cessato dal suo ufficio, previste dai commi 1 e 2 del presente articolo, nonché dagli articoli 16 e 17, sono stabilite con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’interno, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 19.

    1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo avente ad oggetto la disciplina degli effetti fiscali del sequestro, secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui ai commi 2 e 3.

    2. La tassazione dei redditi derivanti dai beni sequestrati è disciplinata in base ai seguenti criteri:

        a) è effettuata con riferimento alle categorie reddituali previste dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

        b) è effettuata in via provvisoria, in attesa dell’individuazione del soggetto passivo d’imposta a seguito della confisca o della revoca del sequestro;
        c) sui redditi soggetti a ritenuta alla fonte derivanti dai beni sequestrati, è applicata, da parte del sostituto di imposta, l’aliquota stabilita dalle disposizioni vigenti per le persone fisiche.

    3. Sono in ogni caso fatte salve le norme di tutela e le procedure previste dal capo III del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.

    4. Lo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 è trasmesso alla Camera dei Decputati e al Senato della Repubblica, al fine di acquisire il parere delle competenti Commissioni permanenti, che si esprimono entro il termine di quaranta giorni dalla data di assegnazione. Trascorso il suddetto termine, il parere si intende acquisito.

Sezione V

Custodia, gestione e destinazione
dei beni confiscati

Art. 20.

    1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo secondo i princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 del presente articolo, avente ad oggetto la disciplina della custodia, della gestione e della destinazione dei beni confiscati ai sensi dell’articolo 11, comma 3, favorendone la destinazione e il riutilizzo sociali, limitandone la possibilità di distruzione unicamente alle ipotesi eccezionali espressamente previste da disposizioni di legge.

    2. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituita l’Agenzia nazionale per la gestione e la destinazione dei beni confiscati a organizzazioni criminali, di seguito denominata «Agenzia nazionale», composta da rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri dell’interno, della giustizia e dell’economia e delle finanze, del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, e dei rappresentanti delle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale delle associazioni e delle cooperative sociali impegnate nella promozione della lotta sociale alla mafia e possibili destinatarie dei citati beni. I magistrati della Direzione nazionale antimafia possono accedere alle informazioni in possesso dell’Agenzia nazionale ed essere consultati in ordine alle questioni di maggiore rilevanza. All’Agenzia nazionale sono attribuiti i seguenti compiti:

        a) osservazione e analisi in ordine alle attività e ai beni confiscati a organizzazioni criminali, al fine di elaborare e di proporre strategie di contrasto all’accumulazione illegale di ricchezza da parte delle organizzazioni criminali;

        b) indirizzo in ordine alla gestione di compendi patrimoniali o aziendali che sono situati sul territorio di diverse province;
        c) coordinamento delle attività delle agenzie provinciali di cui al comma 3 e impulso in materia di assegnazione e di destinazione dei beni confiscati a organizzazioni criminali, nonché valutazione delle proposte di distruzione di tali beni avanzate in sede provinciale, al fine di indicare soluzioni alternative di destinazione socialmente utile;
        d) programmazione su scala nazionale dell’inserimento dei beni confiscati a organizzazioni criminali, immobili e aziendali, all’interno delle politiche del sistema degli incentivi e dei piani di sviluppo economico e sociale del Paese, in particolare del Mezzogiorno;
        e) individuazione e pianificazione delle possibili forme di finanziamento dei progetti, indicati delle agenzie provinciali di cui al comma 3;
        f) garanzia della piena funzionalità e operatività delle banche dati e degli strumenti informatici necessari per le finalità di cui alla lettera a), assicurando, anche tramite tali banche e strumenti, la massima trasparenza delle procedure di assegnazione dei beni confiscati a organizzazioni criminali e la piena possibilità di accesso alle associazioni e ai soggetti interessati alla gestione di tali beni.

    3. È istituita, presso ciascuna prefettura-ufficio territoriale del Governo, su iniziativa del prefetto, un’Agenzia provinciale per la gestione e la destinazione dei beni confiscati a organizzazioni criminali, di seguito denominata «agenzia provinciale», presieduta del prefetto e composta dal questore, dai comandanti provinciali dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, dal direttore dell’Agenzia del Demanio, dal presidente dell’ordine dei dottori commercialisti, da un rappresentante delle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello provinciale delle associazioni e delle cooperative sociali impegnate nella promozione della lotta sociale alla mafia e possibili destinatarie dei citati beni. Alle riunioni dell’agenzia provinciale possono partecipare i sindaci dei comuni interessati, individuati dal prefetto. A ciascuna agenzia provinciale sono attribuiti i seguenti compiti, da realizzare previa consultazione, relativamente alle questioni di maggiore rilevanza, del procuratore distrettuale antimafia, ovvero di suoi delegati:
        a) custodia, amministrazione, gestione e destinazione dei beni confiscati a organizzazioni criminali. A tal fine ciascuna agenzia provinciale si avvale di amministratori indicati dall’autorità giudiziaria e scelti tra i soggetti iscritti all’albo di cui al comma 8 che, ove ritenuto necessario dall’agenzia, rimangono in carica anche dopo la confisca e fino alla destinazione del bene. Nel perseguimento di tali fini, l’azione dell’agenzia provinciale si conforma a criteri di efficienza, economicità ed efficacia e al perseguimento delle finalità pubbliche. La gestione delle attività e dei beni è ispirata a criteri di imprenditorialità e tende, ove possibile, all’incremento della loro redditività;

        b) trasmissione all’Agenzia nazionale di una relazione semestrale sullo stato delle attività e dei beni confiscati a organizzazioni criminali, nonché sull’andamento e sui problemi della gestione e della destinazione degli stessi;
        c) formulazione di proposte e valutazioni all’autorità giudiziaria procedente relativamente alle attività degli amministratori giudiziari che hanno rapporti diretti con la medesima autorità e che mantengono obblighi di informazione e di rendiconto anche verso l’agenzia provinciale;
        d) adozione dell’atto di assegnazione o di destinazione dei beni confiscati per finalità istituzionali o sociali allo Stato, ad enti pubblici non economici, a regioni, a enti locali e loro consorzi, alle associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, alle associazioni ambientaliste individuate ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, nonchè ad altri soggetti del privato sociale tra cui, in particolare, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e le associazioni di promozione sociale, ferme restando le priorità in favore delle vittime dei reati di tipo mafioso e delle vittime di richieste estorsive e dell’usura;
        e) attuazione di adeguate forme di pubblicità delle informazioni relative alla consistenza e alla natura dei beni presenti nel territorio provinciale, tali da assicurare la trasparenza delle procedure di assegnazione mediante appositi regolamenti da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;
        f) la competenza a disporre la revoca dell’assegnazione o della destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali, in relazione al loro mancato uso da parte dell’assegnatario o alla loro utilizzazione in modo non conforme alle finalità indicate nell’atto di assegnazione, dopo la contestazione degli addebiti e l’acquisizione delle osservazioni degli assegnatari del bene. Avverso la revoca è ammesso il ricorso all’Agenzia nazionale e sono stabiliti appositi criteri, modalità e procedure per effettuare la revoca e per la relativa impugnazione;
        g) il riconoscimento, negli atti di assegnazione dei beni confiscati, agli amministratori di cui alla lettera a) del presente comma, del corrispettivo per gli interventi migliorativi del bene.

    4. L’agenzia provinciale, attraverso l’amministratore e previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria procedente, può compiere tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione relativamente ai beni la cui gestione le sia assegnata, con il potere di:
        a) proporre al prefetto competente la modifica della destinazione urbanistica o d’uso del bene confiscato, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, in funzione della valorizzazione dello stesso o del suo uso per scopi di ordine pubblico, sicurezza, altre utilità pubbliche o sociali, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, garantendo altresì la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, sempre che le opere non siano state realizzate su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti, a vincolo di inedificabilità. A tale fine il prefetto convoca la conferenza di servizi, ai sensi degli articoli da 14 a 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;

        b) proseguire, riattivare o riconvertire attività imprenditoriali, sempre che le stesse non versino in situazione di dissesto irreversibile;
        c) attivare iniziative e procedure finalizzate allo scioglimento, nell’esercizio di attività imprenditoriali, dalle obbligazioni contrattuali anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguite o non interamente eseguite da entrambe le parti alla data di assunzione dell’incarico, salvi i casi di contratti di lavoro subordinato o di locazione di immobili, nel caso in cui il bene sia confiscato al locatore ed i contratti medesimi non risultino simulati o illecitamente stipulati a tutela dei terzi in buona fede;
        d) proporre all’Agenzia nazionale, illustrandone le ragioni, la distruzione del bene confiscato nei casi eccezionali previsti dalla legge, con obbligo di motivare la mancanza di alternative;
        e) ottenere, nel caso di confisca di beni in comunione, che l’amministratore di cui al comma 3), lettera a) sia nominato amministratore giudiziale dal giudice civile, con procedura in camera di consiglio, sentite le parti, ferma restando, comunque, la possibilità di indennizzo per gli altri comproprietari, ove gli stessi abbiano ricevuto pregiudizio dalla gestione del bene in comunione e sempre che sia accertata la loro buona fede;
        f) per i beni confiscati fino a quando la confisca non sia divenuta definitiva, gli atti di straordinaria amministrazione sono compiuti previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, che verifica se dal compimento dell’atto derivi pregiudizio per il procedimento in corso o per i creditori ed i terzi; l’autorizzazione è soggetta a reclamo;
        g) ottenere i rendiconti dell’attività di gestione espletata, secondo le direttive dell’autorità giudiziaria procedente, dall’amministratore di cui alla lettera a) del comma 3, al fine di fornire le proprie valutazioni e richieste alla medesima autorità, tenuto conto anche del parere dell’amministratore in ordine alla possibilità di prosecuzione o di ripresa dell’attività produttiva;
    h) per la gestione delle imprese, per la riattivazione e il completamento di impianti, immobili e attrezzature industriali, nonché per la loro manutenzione ordinaria e straordinaria, lo Stato garantisce i debiti contratti con le istituzioni creditizie ed i relativi crediti sono soddisfatti in prededuzione ai sensi dell’articolo 111, primo comma, numero 1), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. Per i beni immobili non aziendali, affidati all’agenzia provinciale attraverso l’azione dell’amministratore, è istituito un apposito fondo di garanzia e di finanziamento per la ristrutturazione, l’avvio e la gestione delle attività e dei servizi attivati, alimentato anche da finanziamenti pubblici o dai proventi in denaro o di altri beni o titoli finanziari sottoposti a confisca. Ai fini dell’accesso al sistema creditizio, il decreto legislativo di cui al comma 1 individua adeguati titoli giuridici di attribuzione dei beni agli stessi soggetti.

    5. È previsto il divieto assoluto e generalizzato di vendita dei beni immobili confiscati definitivamente. È previsto altresì, nei casi espressamente individuati per la tutela del compendio aziendale, che la decisione in ordine alla gestione e all’utilizzo del bene sia subordinata alla valutazione dell’Agenzia nazionale, cui spetta il diritto di prelazione, che i provvedimenti di confisca dei beni sono opponibili ai terzi di buona fede con trascrizione anteriore a quella del provvedimento ablativo e che la tutela dei terzi di buona fede è assicurata dal riconoscimento del risarcimento del danno e da una congrua indennità.

    6. La possibilità, da parte dell’Agenzia nazionale, di disporre la distruzione o la demolizione dei beni confiscati, secondo le procedure indicate nel decreto legislativo di cui al comma 1 e sulla base dei presupposti di cui al comma 4, lettera d), è limitata alle sole ipotesi eccezionali previste dalle norme vigenti in materia di tutela ambientale e di sicurezza, a quelle nelle quali il bene sia improduttivo od oggettivamente inutilizzabile, ovvero agli altri casi previsti dalla legislazione vigente, a condizione che non sia possibile un utilizzo del bene.
    7. Il decreto legislativo di cui al comma 1 disciplina ulteriori modalità e procedure per l’impiego della forza pubblica al fine di garantire l’efficacia delle azioni dell’Agenzia nazionale e di ciascuna Agenzia provinciale, nonché la sicurezza dei beni sequestrati o confiscati sul territorio, previa intesa con l’agenzia provinciale.
    8. Con il decreto legislativo di cui al comma 1 è altresì istituito un albo nazionale degli amministratori dei beni sequestrati e confiscati, tenuto dall’Agenzia nazionale e articolato in sezioni provinciali tenute dall’agenzia provinciale competente, cui sono affidate funzioni di vigilanza sugli amministratori. Il medesimo decreto prevede altresì, apposite norme per il funzionamento dell’albo, per l’iscrizione ad esso e per l’esercizio dell’attività di amministratore, nonché sanzioni di ordine penale, amministrativo e civile per le violazioni dei doveri stabiliti dalla legislazione vigente in materia, erogabili dagli amministratori.
    9. Lo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 è trasmesso alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica, al fine di acquisire il parere delle competenti Commissioni permanenti, che si esprimono entro il termine di quaranta giorni dalla data di assegnazione. Trascorso il suddetto termine, il parere si intende acquisito.

TITOLO III

EFFETTI NEI CONFRONTI DEI TERZI DELLE MISURE PATRIMONIALI DI PREVENZIONE

Sezione I

Sequestro e confisca di beni

Art. 21.

    1. A seguito del sequestro disposto ai sensi della normativa in materia di misure di prevenzione non possono essere iniziate azioni esecutive. Le azioni precedentemente instaurate restano sospese sino all’esito del procedimento di prevenzione e i beni oggetto d’esecuzione sono presi in consegna dall’amministratore giudiziario o da un suo coadiutore ai fini della custodia.

    2. Le azioni esecutive sono riassunte entro un anno dalla data della revoca definitiva del sequestro o della confisca. In caso di confisca esse si estinguono.
    3. Nell’ipotesi di cui al comma 2 il creditore procedente e quelli intervenuti anteriormente al sequestro sono soddisfatti dallo Stato nei limiti del valore dei beni e secondo quanto previsto dall’articolo 2741 e del codice civile, se ed in quanto siano stati ammessi nel procedimento di verifica dei crediti previsto dagli articoli 23, 24 e 25 della presente legge.
    4. Se il sequestro riguarda beni oggetto di domande giudiziali precedentemente trascritte, il terzo, che sia parte del giudizio, deve essere chiamato ad intervenire nel procedimento di prevenzione e può, con l’assistenza di difensore, nel termine stabilito dal tribunale, svolgere in camera di consiglio le proprie deduzioni e chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini dell’accertamento del proprio diritto, Il giudizio prosegue dinanzi al giudice della prevenzione. In caso di revoca definitiva della cautela o della confisca per motivi diversi dalla pretesa originariamente fatta valere in sede civile dal terzo chiamato ad intervenire, il giudizio civile deve essere riassunto entro un anno.

Art. 22.

    1. La confisca non pregiudica i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, quando l’atto da cui il credito deriva non è funzionale all’attività illecita o a quella economica che ne costituisce il frutto o il reimpiego, ovvero quando il titolare ne ignorava senza colpa il nesso di funzionalità.

    2. Se ricorrono le condizioni di cui al comma 1, la confisca non pregiudica altresì:

        a) i diritti di coloro che hanno compiuto atti di esecuzione o che sono intervenuti nella esecuzione forzata anteriormente al sequestro;

        b) i diritti di credito non assistiti da garanzie reali che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, se il restante patrimonio dell’indiziato risulta insufficiente al loro soddisfacimento. Ove siano stati confiscati beni intestati a terzi, i soli creditori dell’intestatario concorrono sugli stessi ai sensi dell’articolo 21, comma 4;
        c) i diritti personali di godimento, ove il contratto abbia data certa anteriore a quella del sequestro.

    3. Il soggetto favore del quale è stata fatta una promessa di pagamento o una ricognizione di debito deve provare il rapporto fondamentale. Nel caso di titoli di credito il portatore deve provare il rapporto che ne legittima il possesso.

    4. Fermo il disposto dell’articolo 2645-bis del codice civile, se ricorrono le condizioni indicate nel comma 1 del presente articolo, il sequestro e la confisca non pregiudicano i diritti derivanti dal contratto preliminare quando l’atto sia stato trascritto prima del sequestro e vi sia congruità tra le prestazioni.

Art. 23.

    1. ll creditore che intende soddisfarsi in tutto o in parte sui beni sottoposti a sequestro deve presentare apposita istanza al giudice delegato.

    2. L’istanza di cui al comma 1 deve contenere le generalità del creditore e l’indicazione della somma, del titolo da cui il credito deriva, delle eventuali ragioni di privilegio e dei documenti giustificativi.
    3. L’istanza di cui al comma 1 deve altresì contenere l’attestazione del creditore, resa personalmente o a mezzo di mandatario speciale, che il credito è vero e reale.
    4. Il creditore elegge domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale procedente; in difetto, tutte le notificazioni e comunicazioni vengono eseguite presso la cancelleria.
    5. L’istanza di cui al comma 1 non interrompe la prescrizione né impedisce la maturazione di termini di decadenza nei rapporti tra il creditore e l’indiziato o il terzo intestatario dei beni.
    6. L’istanza di cui al comma 1 deve essere depositata, a pena di decadenza, anteriormente alla data di emissione del provvedimento di confisca.
    7. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque presenta l’istanza di cui al comma 1, anche per interposta persona, per un credito fraudolentemente simulato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 100 a euro 1.000.

Art. 24.

    1. A seguito della confisca disposta ai sensi della normativa in materia di misure di prevenzione, il giudice delegato, con l’assistenza dell’amministratore giudiziario e con la partecipazione del pubblico ministero, assunte le opportune informazioni, verifica le domande, indicando distintamente i crediti che ritiene di ammettere e quelli che ritiene di non ammettere, in tutto o in parte, esponendo sommariamente i motivi della esclusione.

    2. Il cancelliere comunica alle parti interessate la data dell’udienza di verifica almeno dieci giorni prima della medesima data. Innanzi al giudice delegato le parti possono farsi assistere dal difensore.
    3. Ai fini dell’accertamento dell’opponibilità dei crediti e delle condizioni indicate all’articolo 22, comma 1, il giudice delegato può procedere ad ulteriori indagini oltre quelle già compiute dall’ufficio che ha chiesto la misura di prevenzione.
    4. lI giudice delegato, espletate le procedure e le indagini di cui ai commi 1, 2 e 3, procede alla formazione dello stato passivo, tenendo conto anche dei crediti assistiti da diritti reali di garanzia.
    5. Lo stato passivo è depositato in cancelleria e del deposito è data notizia agli interessati dall’amministratore giudiziario a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento.
    6. Entro dieci giorni dalla data della comunicazione di cui al comma 5 i creditori esclusi possono proporre opposizione mediante ricorso al tribunale. Analoga opposizione può essere proposta da ciascun creditore avverso i crediti ammessi.
    7. Il tribunale tratta in modo congiunto le opposizioni fissando un’apposita udienza, della quale è data comunicazione agli interessati.
    8. Ciascuna parte può svolgere in camera di consiglio, con l’assistenza del difensore, le proprie deduzioni, chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile e proporre i mezzi di prova. Qualora vengano disposti. d’ufficio accertamenti istruttori, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio fissato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari.
    9. Esaurita l’istruzione, il giudice fissa un termine perentorio entro il quale le parti possono depositare memorie. Il tribunale decide in camera di consiglio, nei sessanta giorni successivi alla data di fissazione del termine di cui al primo periodo, con decreto, contro il quale può essere proposto ricorso per cassazione nel termine di dieci giorni dalla data della notifica.

Art. 25.

    1. Lo stato passivo, all’esito delle opposizioni, viene sottoscritto dal giudice delegato e dal cancelliere e si chiude con il decreto che lo dichiara esecutivo.

    2. Lo stato passivo è depositato in cancelleria e comunicato al Ministero dell’economia e delle finanze.
    3. I provvedimenti di ammissione e di esclusione dei crediti fanno stato nei confronti dell’Erario.
    4. Lo Stato risponde delle obbligazioni accertate nei limiti del valore dei beni confiscati.
    5. In ogni caso il provvedimento di esclusione non pregiudica le ragioni del creditore nei confronti del debitore.

Sezione II

Sequestro e confisca d’azienda

Art. 26.

    1. Al sequestro di azienda si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 22.

Art. 27.

    1. L’amministratore giudiziario allega alle relazioni da presentare al giudice delegato in adempimento delle disposizioni sull’amministrazione dei beni sequestrati nel corso del procedimento di prevenzione l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei crediti e delle rispettive scadenze e l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali su beni mobili, con l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto. Nella redazione dei suddetti elenchi l’amministratore giudiziario si avvale delle risultanze delle scritture contabili dell’impresa, sentito il soggetto nei confronti della quale è proposta la misura di prevenzione o l’intestatario dell’impresa.

    2. Se dalla relazione e dagli uniti elenchi risultano concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell’attività, non può farsi luogo a dichiarazione dello stato di insolvenza prima della definizione del procedimento di verifica dei crediti. In questo caso il giudice delegato riferisce al tribunale per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza sulla gestione dell’impresa e sulla possibilità di prosecuzione o di ripresa dell’attività.
    3. lI giudice delegato assegna ai creditori ed ai titolari di diritti reali mobiliari un termine perentorio per il deposito delle istanze di accertamento dei rispettivi diritti. Il provvedimento è notificato agli interessati, a cura dell’amministratore giudiziario, secondo le disposizioni del codice di procedura civile, almeno sessanta giorni prima della scadenza del suddetto termine. Alle istanze di accertamento dei diritti si applicano le disposizioni di cui all’articolo 23, commi 1, 2, 3, 4 e 7.
    4. In caso di sequestro dell’azienda di un imprenditore individuale, la presentazione dell’istanza di cui al comma 3 non interrompe la prescrizione né impedisce la maturazione dei termini di decadenza nei rapporti tra i creditori e il soggetto nei confronti della quale è proposta la misura di prevenzione o l’intestatario dell’impresa.
    5. Ove difettino le condizioni indicate al comma 2, si applicano le disposizioni della sezione III del presente titolo.

Art. 28.

    1. Scaduto il termine di presentazione delle istanze, ovvero quello prorogato in caso di mancata o tardiva notifica del provvedimento di cui all’articolo 27, comma 3, il giudice delegato procede all’accertamento dei diritti, della loro opponibilità al sequestro e delle condizioni indicate nell’articolo 22 secondo le disposizioni previste dall’articolo 24, commi 1 e 2. Dell’esito della verifica viene data comunicazione ai singoli interessati dall’amministratore giudiziario a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento.

    2. Avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza, ciascun interessato può proporre reclamo al tribunale. In tal caso si applicano le disposizioni dell’articolo 24.
    3. All’esito della definizione dei procedimenti di reclamo di cui al comma 2, il giudice delegato, compiute le opportune verifiche, approva lo stato passivo e lo dichiara esecutivo.
    4. Prima della chiusura della verifica di cui al comma 1, l’amministratore giudiziario, tenuto conto delle esigenze connesse all’esercizio dell’impresa ed autorizzato dal giudice delegato, può distribuire acconti parziali ai creditori, o ad alcune categorie di essi, sulle somme che saranno prevedibilmente attribuite in via definitiva nel rispetto delle cause legittime di prelazione. Nella distribuzione degli acconti è data preferenza ai crediti dei lavoratori subordinati ed ai crediti degli imprenditori per i finanziamenti, per le vendite e le somministrazioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate a favore della impresa nei sei mesi precedenti la data del sequestro.
    5. L’amministratore giudiziario, tenuto conto delle esigenze connesse all’esercizio dell’impresa e del piano di ristrutturazione dell’impresa, ed autorizzato dal giudice delegato, procede, nel rispetto delle cause legittime di prelazione, alle ripartizioni parziali e finali delle somme disponibili in favore dei creditori ammessi allo stato passivo, nonché agli accantonamenti in relazione ai crediti per i quali vi sia reclamo o che non siano stati ammessi in via definitiva.
    6. In caso di accoglimento del reclamo il giudice delegato dispone lo svincolo degli accantonamenti già eseguiti e la loro corresponsione. In caso di rigetto del reclamo resta fermo l’obbligo degli accantonamenti fino all’esito del procedimento di prevenzione. Fino alla pronuncia di confisca sono ammesse richieste relative ad ulteriori crediti quando il creditore prova di non aver potuto presentare l’istanza tempestivamente per causa a lui non imputabile.

Art. 29.

    1. Dopo la confisca, lo stato passivo, contenente l’indicazione dei crediti ammessi e la specificazione di quelli non ancora soddisfatti, con i rispettivi importi e con le cause di prelazione che li assistono, nonché l’elenco dei riparti, degli accantonamenti eseguiti e degli acconti prestati, sono comunicati dal giudice delegato al Ministero dell’economia e delle finanze. Al contempo, il giudice delegato dispone la revoca degli accantonamenti e l’attribuzione delle somme al patrimonio aziendale.

    2. I provvedimenti di ammissione e di esclusione dei crediti fanno stato nei confronti dell’Erario. Delle obbligazioni risponde l’affittuario o l’acquirente dell’azienda ed in via sussidiaria lo Stato, ma nei limiti del valore dell’azienda confiscata; entro i medesimi limiti risponde lo Stato nell’ipotesi di liquidazione dell’impresa.
    3. In ogni caso i provvedimenti di esclusione dei crediti e dei diritti dei terzi non pregiudicano le rispettive ragioni nei confronti dell’imprenditore individuale, degli eventuali soci illimitatamente responsabili e dei garanti.

Sezione III

Sequestro di azienda e fallimento
successivo dell’impresa

Art. 30.

    1. Se dalla relazione iniziale presentata al giudice delegato in adempimento delle disposizioni sull’amministrazione dei beni sequestrati nel corso del procedimento di prevenzione risulta che l’impresa versa in stato di insolvenza, l’amministratore giudiziario, autorizzato dal giudice delegato, chiede al tribunale competente la dichiarazione di fallimento. Analogamente si procede nel caso in cui l’insolvenza sopravvenga nel corso del procedimento di prevenzione e comunque prima della confisca.

    2. Se l’azienda in sequestro appartiene a una società cooperativa, il tribunale ne dichiara il fallimento anche in deroga alle disposizioni di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
    3. A seguito della dichiarazione di fallimento il procedimento di prevenzione patrimoniale prosegue, ma gli effetti della confisca restano sospesi fino alla definizione della procedura concorsuale e si producono relativamente ai beni che residuano ed a quelli indicati nell’articolo 37, comma 3.
    4. Salvo che sia già intervenuta pronuncia che costituisce titolo nei confronti del fallimento, l’accertamento dei diritti dei terzi chiamati ai sensi dell’articolo 21, comma 4, diviene improcedibile ed i terzi devono riassumere i giudizi già intrapresi, ove consentito, ovvero procedere secondo quanto previsto dalla normativa fallimentare.

Art. 31.

    1. I beni aziendali, compresi gli eventuali accantonamenti previsti dall’articolo 28, sono presi in consegna dal curatore ai sensi degli articoli 84 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267, e successive modificazioni.

Art 32.

    1. Nel corso del procedimento di prevenzione, e salvo che sopraggiunga revoca del sequestro o della confisca, si applicano al fallimento le disposizioni di cui alla presente sezione.

Art. 33.

    1. Salvo che non sia diversamente disposto, l’amministratore giudiziario deve essere sentito ogni qualvolta le norme di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, prevedono che siano sentiti il curatore e il comitato dei creditori.

Art. 34.

    1. Le domande di ammissione, di separazione e di restituzione devono contenere l’attestazione prevista dall’articolo 23, comma 3. Si applica la disposizione del comma 7 del medesimo articolo 23.

    2. Colui a favore del quale è stata fatta una promessa di pagamento o una ricognizione di debito deve provare il rapporto fondamentale. Il portatore di titoli di credito deve provare il rapporto che ne legittima il possesso.
    3. Il giudice delegato procede alla formazione dello stato passivo con l’assistenza del curatore e dell’amministratore giudiziario, o di un suo coadiutore, e con la partecipazione facoltativa del pubblico ministero, avvalendosi per quanto possibile anche delle eventuali verifiche compiute dal giudice delegato nel procedimento di prevenzione.
    4. I diritti sorti e le garanzie costituite successivamente al sequestro, nonché i diritti per i quali non sono state accertate le condizioni indicate dall’articolo 22, comma 1, sono ammessi al passivo a condizione che il procedimento di prevenzione si concluda con la revoca definitiva del sequestro o della confisca. Contro il provvedimento di ammissione senza riserva dei diritti e delle garanzie di cui al primo periodo, l’amministratore giudiziario, autorizzato dal giudice delegato del procedimento di prevenzione, propone impugnazione con ricorso al giudice delegato entro quindici giorni dalla data del deposito del provvedimento di ammissione. lI giudizio resta tuttavia sospeso fino all’esito definitivo del procedimento di prevenzione e si estingue nel caso di revoca definitiva del sequestro o della confisca.
    5. L’amministratore giudiziario deve essere chiamato a comparire nel procedimento di prevenzione per dichiarazioni tardive di crediti ed ha facoltà di opporsi all’ammissione senza riserva dei crediti inopponibili al sequestro o per i quali non ricorrono le condizioni indicate dall’articolo 22, comma 1.
    6. Qualora, successivamente alla chiusura dello stato passivo ovvero all’ammissione tardiva di un credito, emerga che l’ammissione senza la riserva prevista dal comma 5 sia stata determinata da falsità, dolo o errore essenziale di fatto, o si rinvengono documenti decisivi prima ignorati, può essere proposta, anche da parte del pubblico ministero o dell’amministratore giudiziario, autorizzato dal giudice delegato del procedimento di prevenzione, domanda di revocazione relativamente al credito o alla garanzia oggetto dell’impugnativa. L’istanza si propone con ricorso al giudice delegato. Il giudice fissa con decreto l’udienza per la comparizione davanti a sé delle parti, nonché il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto alle parti e al curatore, quindi provvede all’istruzione della causa. Il curatore può intervenire in giudizio. Finché la controversia non sia definitivamente decisa, il giudice può disporre che siano accantonate, in caso di ripartizione, le quote spettanti ai creditori i cui crediti sono stati impugnati. Se il procedimento di prevenzione si conclude senza che la suddetta contestazione dei crediti sia stata decisa, il giudizio continua dinanzi allo stesso tribunale. Il giudizio tuttavia resta sospeso sino all’esito definitivo del procedimento di prevenzione, salva la facoltà del giudice, nell’ipotesi di ripartizioni parziali, di autorizzare il sequestro conservativo se vi è il fondato rischio della perdita della garanzia del credito di restituzione di cui all’articolo 114 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. Il giudizio si estingue nel caso di revoca definitiva del sequestro o della confisca.


Art. 35.

    1. A seguito del provvedimento di esecutività dello stato passivo, il giudice delegato, sentito anche l’amministratore giudiziario, procede a norma degli articoli da 107 a 109 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.

    2. Il giudice delegato dispone la vendita degli immobili con il metodo del pubblico incanto. Egli dispone, tuttavia, la vendita prioritaria dei beni appresi al fallimento ma non oggetto di sequestro, compresi quelli ammessi con la riserva di cui all’articolo 34, comma 4, qualora preveda che il ricavato della vendita possa consentire il pagamento delle spese di procedura e l’integrale soddisfacimento dei creditori.


Art. 36.

    1. Non possono fare offerte di acquisto o chiedere di partecipare alle gare di pubblico incanto, neanche per interposta persona:

        a) le persone condannate con sentenza definitiva per i delitti di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso o ad associazioni dedite al traffico di stupefacenti, o per i delitti di estorsione, usura, sequestro di persona, riciclaggio, reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e contrabbando;

        b) le persone condannate, con sentenza definitiva, ad una pena che importi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici;
        c) le persone cui sia stata applicata, nei cinque anni antecedenti alla presentazione dell’offerta di acquisto o dall’istanza di partecipazione alla gara di pubblico incanto, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione;
        d) il coniuge ed i figli della persona nei confronti della quale è stata proposta la misura di prevenzione e dell’intestatario dei beni, nonché coloro che nell’ultimo quinquennio hanno convissuto con gli stessi soggetti.

    2. Sono vietate le offerte per persona da nominare.

    3. In ogni caso il giudice delegato dispone la comunicazione, senza ritardo, all’amministratore giudiziario ed al pubblico ministero del decreto di aggiudicazione. Il giudice delegato revoca il decreto se vi è fondato timore che l’aggiudicazione sia avvenuta in favore di uno dei soggetti indicati dal comma 1, ovvero di persona che ha agito per loro conto.
    4. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, colui che contravviene ai divieti del comma 1 è punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 100 a euro 1000.

Art. 37.

    1. Se un bene immobile sequestrato resta invenduto per tre incanti di seguito, il giudice delegato ne dà comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze e la vendita resta sospesa fino all’esito del procedimento di prevenzione.

    2. Fino alla data della comunicazione di cui al comma 1, nell’ipotesi di ripartizioni parziali i creditori ammessi con la riserva prevista dall’articolo 34, comma 4, sono equiparati ad ogni effetto ai creditori i cui crediti sono soggetti a condizione sospensiva non ancora verificata, compresi i crediti che non possono farsi valere contro il fallito se non previa escussione di un obbligato principale.
    3. Intervenuta la confisca, in ogni caso i beni rimasti invenduti per tre incanti successivi sono sottratti alla procedura fallimentare e destinati agli utilizzi previsti dalle vigenti disposizioni in tema di destinazione dei beni confiscati.

Art. 38.

    1. A seguito del pagamento delle spese della procedura fallimentare e dell’integrale soddisfazione delle ragioni dei creditori, i beni e le residue attività aziendali oggetto di confisca sono acquisiti al patrimonio dello Stato e consegnati, senza ritardo, all’amministratore giudiziario.

    2. In ogni caso l’esclusione dei crediti e dei diritti per inopponibilità al sequestro o per difetto dei presupposti di opponibilità indicati nell’articolo 24, comma 3, non pregiudica le ragioni dei titolari nei confronti dell’imprenditore individuale, dei soci illimitatamente responsabili e dei garanti.

Sezione IV

Fallimento anteriore al sequestro
di azienda

Art. 39.

    1. Se l’azienda in sequestro è di pertinenza di un’impresa dichiarata fallita precedentemente alla data del sequestro medesimo si applicano le disposizioni della sezione III del presente titolo, in quanto compatibili.

    2. Nel caso di cui al comma 1, il sequestro dell’azienda comporta la cessazione della procedura di amministrazione controllata nonché delle procedure di concordato fallimentare e di concordato preventivo, fatta eccezione per l’ipotesi di intervenuta cessione dei beni all’assuntore con liberazione immediata del debitore. Il decreto di sequestro è comunicato al tribunale fallimentare competente, che dichiara immediatamente il fallimento dell’impresa.
    3. Le disposizioni della sezione III del presente titolo si applicano, in quanto compatibili, al sequestro di beni il cui intestatario sia stato dichiarato fallito in data antecedente alla data del provvedimento definitivo di confisca.

TITOLO IV

MODIFICHE AL CODICE PENALE IN MATERIA DI CONFISCA, ASSOCIAZIONE DI TIPO MAFIOSO, NONCHÉ DI  SCAMBIO ELETTORALE POLITICO-MAFIOSO

Art. 40.

    1. All’articolo 240 del codice penale, dopo il comma quarto, è aggiunto, in fine, il seguente:

    «È sempre disposto il sequestro del denaro, dei beni, del profitto illecito o delle altre attività di cui la persona fisica o l’ente, anche privo di personalità giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla propria attività economica».

Art. 41.

    1. All’articolo 416-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) l’ottavo comma è sostituito dal seguente:
    «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che, valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo, perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso, anche qualora abbiano la sede all’estero, purché svolgano la propria attività nel territorio dello Stato ovvero ivi si trovino uno o più associati».
        b) dopo l’ottavo comma è aggiunto, in fine, il seguente:
    «Chiunque, fuori dai casi previsti da questo articolo e salvo che il fatto costituisca più grave reato, eccedendo i limiti del legittimo esercizio di un’attività politica, economica, professionale o di altra natura, ovvero abusando dei poteri o violando i doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, protegge o comunque agevola un’associazione di tipo mafioso, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.».

Art. 42.

    1. All’articolo 416-ter del codice penale, dopo le parole: «di denaro» sono inserite, in fine, le seguenti: «ovvero della prestazione di altra utilità».

TITOLO V

NORME IN MATERIA
DI CERTIFICAZIONE ANTIMAFIA

Art. 43.

    1. È istituito l’albo delle imprese qualificate a intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione. L’albo, diviso in tre sezioni, una per i lavori pubblici, una per i servizi, una per le forniture, è organizzato secondo un apposito decreto adottato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1998, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, che prevede le modalità d’iscrizione all’albo medesimo al fine di ottenere il certificato di qualità e impermeabilità alla infiltrazione della criminalità organizzata, previa acquisizione delle informazioni di cui all’articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, rilasciate dal prefetto della provincia in cui ha sede l’impresa. Le suddette informazioni devono essere acquisite ogni due anni e, comunque, rinnovate in concomitanza con i cambiamenti societari.

    2. Nei bandi per l’affidamento degli appalti, la pubblica amministrazione prevede, tra i requisiti obbligatori per l’ammissione delle imprese alla procedura concorsuale, l’iscrizione all’albo di cui al comma 1, la cui consultazione è assicurata attraverso un’apposita rete informatica. Il decreto di cui al comma 1 prevede altresì le modalità di gestione della rete e l’istituzione preposta alla formazione, gestione e aggiornamento dell’albo.

Art. 44.

    1. È istituita una società a prevalente capitale pubblico, il cui funzionamento è regolato da apposito decreto del Ministro della giustizia da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’interno, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1998, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, che assumerà in carico le attività imprenditoriali delle imprese le quali, a seguito del rilascio di informazione interdittiva, non siano più in grado di ottemperare ad obblighi contrattuali già assunti verso la pubblica amministrazione.

    2. Gli imprenditori che, per aver fornito la propria collaborazione nell’attività di contrasto della criminalità organizzata, sono impossibilitati a gestire direttamente la propria impresa, possono contribuire alla gestione della società di cui al comma 1.

Art. 45.

    1. L’iscrizione delle imprese all’albo di cui all’articolo 43, comma 1, costituisce requisito obbligatorio per i contratti, le concessioni e le erogazioni il cui valore sia pari o superiore a:

        a) 1 milione di euro, in materia di lavori pubblici;

        b) 100.000 euro in materia di servizi;
        c) 100.000 euro in materia di forniture;
        d) 100.000 euro in materia di concessioni;
        e) 100.000 euro in materia di subcontratti, cessioni o cottimi per la realizzazione di lavori pubblici, prestazioni di servizi o forniture pubbliche.

Art. 46.

    1. All’articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, il comma 7 è sostituito dai seguenti:

    «7. Ai fini di cui al comma 2, gli elementi relativi ai tentativi d’infiltrazione mafiosa sono desunti dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell’interno, ovvero richiesti ai prefetti competenti per quelli da effettuarsi in altra provincia, nonché dalle risultanze del tavolo tecnico di cui al comma 7-bis».
    2. All’articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, dopo il comma 7, sostituito dal comma 1 del presente articolo, è inserito il seguente:

    «7-bis. In ogni prefettura è istituito un tavolo tecnico che prevede la partecipazione dei rappresentanti delle forze di polizia e, ove necessario, di un rappresentante dell’autorità giudiziaria, individuato dal procuratore generale presso la corte d’appello competente per territorio. Il suddetto tavolo tecnico fornisce, nel rispetto del segreto istruttorio, le informazioni necessarie a tutelare la pubblica amministrazione da tentativi di infiltrazione mafiosa. Il tavolo tecnico è coordinato dal prefetto o da un suo delegato».

Art. 47.

    1. Qualora, prima dell’ espletamento di una gara d’appalto, pervengano notizie di tentativi di condizionamento dell’asta da parte della criminalità organizzata, i suddetti tentativi devono essere comunicati dalla stazione appaltante al prefetto competente per territorio che effettua i necessari accertamenti, avvalendosi anche del tavolo tecnico di cui all’articolo 10, comma 7-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, inserito dall’articolo 46, comma 2, della presente legge. Qualora i suddetti accertamenti abbiano esito positivo, le procedure di gara sono sospese e si procede alla riapertura dei termini di presentazione dell’offerta. Le imprese risultate condizionate ovvero infiltrate da parte della criminalità organizzata all’esito degli accertamenti disposti dal prefetto, sono espunte dall’albo di cui all’articolo 43, comma 1 e non possono presentare istanza di reiscrizione per i cinque anni successivi alla data del provvedimento di espunzione.