Legislatura 16º - Disegno di legge N. 2494


 
 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

N. 2494
 
 
 

 

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal Ministro dell’interno (MARONI)

di concerto con il Ministro della giustizia (ALFANO)

con il Ministro dello sviluppo economico (ROMANI)

con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione (BRUNETTA)

con il Ministro dell’economia e delle finanze (TREMONTI)

e con il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale (FITTO)

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 DICEMBRE 2010

Nuove disposizioni in materia di sicurezza pubblica

 

Onorevoli Senatori. – Con il presente disegno di legge il Governo intende apprestare ulteriori misure a garanzia della sicurezza dei cittadini, implementando il sistema normativo con strumenti sempre più efficaci e incisivi per il contrasto alla illegalità e alla criminalità organizzata, per corrispondere alla diffusa e crescente richiesta di sicurezza.

    Questo disegno di legge è strettamente collegato al decreto-legge recante «Misure urgenti in materia di sicurezza» che il Governo ha approvato nello stesso Consiglio dei ministri, il 5 novembre scorso, (si veda, in questa fase dell’iter, l’atto Senato n. 2479) insieme al quale costituisce il secondo pacchetto sicurezza, dopo quello approvato nel primo Consiglio dei ministri, svoltosi a Napoli il 21 maggio 2008.
    Gli interventi normativi proposti hanno effetti, in particolare: nel settore del contrasto alla criminalità organizzata e della sicurezza pubblica, con specifiche disposizioni per snellire l’immediato utilizzo dei beni mobili sequestrati alla criminalità organizzata, per l’accesso al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, per la liberalizzazione del Wi.Fi e per il contrasto della prostituzione su strada, nonché nella materia dell’immigrazione e della normativa per la circolazione dei cittadini comunitari. Su quest’ultimo aspetto, il disegno di legge contiene disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale a quello comunitario in materia di libera circolazione dei cittadini comunitari e dei loro familiari, volte ad evitare l’imminente apertura di procedure di infrazione già annunciate.
    Viene, inoltre, profondamente innovato il sistema della carta di identità elettronica, il cui processo di produzione e rilascio viene attribuito al Ministero dell’interno, ponendo così fine ad una fase di sperimentazione durata circa dieci anni.
    Il disegno di legge si compone di 10 articoli.
    Il Capo I, all’articolo 1, al fine di consentire l’immediato utilizzo dei beni mobili registrati oggetto di un provvedimento di sequestro antimafia, e a seguito di operazioni antidroga, dispone che dopo l’assegnazione ai soggetti che ne avevano fatto richiesta, soprattutto agli organi di polizia anche per le esigenze di polizia giudiziaria, il bene debba essere immatricolato ed intestato all’ufficio cui appartiene il soggetto usuario. Viene prevista la possibilità della restituzione del bene, anche per equivalente, nel caso in cui al provvedimento di sequestro non faccia seguito la confisca ed il bene debba essere restituito al legittimo proprietario.
    L’articolo 2 modifica l’articolo 4 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, estendendo il diritto di accedere al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso – oltre alle persone fisiche – anche alle associazioni che hanno tra gli scopi statutari il contrasto alle organizzazioni criminali di stampo mafioso ed ai reati di estorsione ed usura, che si siano regolarmente costituite in un giudizio penale o civile come parte lesa ai fini del risarcimento.
    L’articolo 3, al fine di superare le restrizioni al libero accesso alla rete Wi.Fi, abroga l’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155 (cosiddetto «decreto Pisanu»). La disposizione sottopone – sino al 31 dicembre 2010 – ad autorizzazione di polizia l’apertura di Internet point, servizi pubblici e circoli privati che mettono a disposizione del pubblico apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni, anche telematiche e richiede l’identificazione, previa acquisizione dei dati anagrafici, dei soggetti che utilizzano postazioni pubbliche non vigilate per comunicazioni telematiche, ovvero punti di accesso a Internet attraverso tecnologia senza fili.
    Gli appesantimenti burocratici dovuti a fotocopiature e archiviazioni dei documenti degli utenti sono stati indicati come fattori fortemente penalizzanti per lo sviluppo delle nuove tecnologie e degli strumenti del web. È stato, inoltre, evidenziato che in nessun paese occidentale è prevista una normativa tanto rigorosa sull’accesso alle reti Internet, e soprattutto al Wi.Fi.
    In questi anni c’è stata una straordinaria evoluzione tecnologica che può consentire soluzioni diverse dalle restrizioni del citato «decreto Pisanu» che permettono, comunque, l’attività investigativa.
    Nel dibattito parlamentare – sono stati presentati sia alla Camera sia al Senato alcuni disegni di legge sulla materia – potranno essere esaminati e approfonditi tutti quegli aspetti necessari al superamento del «decreto Pisanu» nella prospettiva di pervenire ad un giusto equilibrio tra la libertà di comunicazione, lo sviluppo della new economy e idonei standard di sicurezza.
    L’articolo 4 estende l’applicazione delle misure di prevenzione personali previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, a coloro che, contravvenendo alle ordinanze dei sindaci, ai sensi dell’articolo 54, comma 4, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono dediti ad esercitare la prostituzione o che invitano altri ad avvalersene in luogo pubblico o aperto al pubblico, mettendo in pericolo la sicurezza o la tranquillità pubblica ovvero turbando la civile e pacifica convivenza. Il decreto del Ministro dell’interno 5 agosto 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 2008, adottato in attuazione del sopra citato articolo 54, comma 4, ha, infatti, espressamente previsto la possibilità per i sindaci di intervenire con le ordinanze contingibili ed urgenti – per prevenire e contrastare «i comportamenti che, come la prostituzione su strada...., possono offendere la pubblica decenza anche per le modalità con cui si manifestano, ovvero turbano gravemente il libero utilizzo degli spazi pubblici o la fruizione cui sono destinati o che rendono difficoltoso o pericoloso l’accesso ad essi» (articolo 2, comma 2, del citato decreto ministeriale 5 agosto 2008.
    Il Capo II, all’articolo 5 – al fine di conseguire un più razionale impiego delle risorse umane e strumentali della Polizia di Stato per l’espletamento dei compiti di ordine e sicurezza pubblica, con l’ulteriore obiettivo di realizzare riduzioni di spesa – contiene una delega al Governo per il trasferimento agli enti locali della competenza in materia di rinnovo dei permessi di soggiorno.
    I princìpi e criteri direttivi richiedono:

        –  l’individuazione delle tipologie dei rinnovi che rimangono di competenza del questore, in considerazione delle particolari implicazioni connesse a profili di pubblica sicurezza ovvero della maggiore complessità degli accertamenti richiesti (per motivi umanitari, per asilo, per protezione sussidiaria, per motivi di giustizia);

        –  l’individuazione delle attribuzioni riservate alla questura, compresi i rilievi fotodattiloscopici;
        –  una specifica intesa assunta in sede di Conferenza Stato-Città e autonomie locali per determinare gli ambiti territoriali più idonei, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e adeguatezza.
    Il decreto legislativo deve essere adottato entro sei mesi, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

    L’articolo 6 modifica, fra l’altro, il comma 4 dell’articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Viene prevista la semplificazione delle misure per l’emanazione del decreto annuale di programmazione dei flussi di ingresso dei cittadini stranieri nel territorio dello Stato e, conseguentemente, del decreto per la determinazione delle quote massime di stranieri da ammettere annualmente.

    L’articolo 6 modifica, inoltre, il comma 11 dell’articolo 22 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998. La disposizione vigente prevede che la perdita del posto di lavoro (anche per dimissioni) non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno per il lavoratore straniero. Il lavoratore può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e, comunque, per un periodo non inferiore a sei mesi.
    La modifica che si apporta, ora, a tale disposizione specifica che, nel cennato periodo, non si computa l’intera durata delle prestazioni pubbliche di sostegno al reddito per disoccupazione, con conseguente rinnovo del permesso di soggiorno.
    L’articolo 7, al fine di corrispondere ai rilevi mossi dalla Commissione europea in merito alla trasposizione nell’ordinamento interno della direttiva 2004/38/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, reca le necessarie modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n, 30. In particolare:

        –  per superare il rilievo formulato dalla Commissione europea, secondo la quale la normativa italiana sovrappone i requisiti per l’ingresso a quelli per il soggiorno, in difformità da quanto previsto dall’articolo 6, paragrafo 2, della citata direttiva, è stato soppresso – ai fini del soggiorno fino a tre mesi nonché del rilascio della carta di soggiorno di durata superiore a tre mesi – per i familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno stato membro, il richiamo all’obbligo del visto d’ingresso, ove previsto (comma 1, lettera a), lettera b), numero 2, e lettera c), in relazione all’articolo 6, comma 2, all’articolo 9, comma 5, lettera a), e all’articolo 10, comma 3, lettera a), del decreto legislativo n. 30 del 2007);

        –  per adeguarsi al rilievo formulato dalla Commissione europea, secondo la quale «la direttiva non prevede la fissazione di un importo minimo prefissato per legge, contenendo solo un generico richiamo alle risorse sufficienti ad escludere il ricorso a prestazioni di assistenza sociale» (articolo 8, paragrafo 3, secondo e terzo trattino, della citata direttiva 2004/38/CE), nella procedura di verifica della sussistenza del requisito della disponibilità delle risorse economiche sufficienti a garantire il soggiorno oltre i tre mesi, è stata inserita anche la valutazione della situazione complessiva dell’interessato – quale ulteriore elemento da tenere in debita considerazione (comma 1, lettera b), numero 1), in relazione all’articolo 9, comma 3, del decreto legislativo n. 30 del 2007);
        –  a seguito dell’ulteriore rilievo della Commissione europea, secondo cui, in conformità all’articolo 25 della citata direttiva, il possesso di un’attestazione di iscrizione anagrafica ovvero di un qualsiasi documento di soggiorno (carta di soggiorno, carta di soggiorno permanente ovvero ricevuta della domanda di carta di soggiorno di familiare) non è un pre-requisito per l’esercizio di un diritto o per il completamento di una formalità amministrativa, potendo la qualità del beneficiario essere attestata con qualsiasi mezzo di prova, è stata inserita una disposizione che, pur riprendendo il principio enunciato dalla direttiva stessa, fa comunque salva l’attuale disposizione che mantiene il richiamo ai mezzi di prova previsti dalla vigente disciplina (comma 1, lettera d), in relazione all’articolo 19, comma 4, del decreto legislativo n. 30 del 2007);
        –  in accoglimento di una precisa richiesta della Commissione, è stato esplicitato il principio – di cui all’articolo 14, paragrafo 3, della direttiva – che l’eventuale ricorso al sistema di assistenza sociale non è considerato, automaticamente, come causa di allontanamento ma va valutato caso per caso. D’altra parte, già il vigente articolo 13 del decreto legislativo n. 30 del 2007, ai fini del mantenimento del diritto di soggiorno, fa riferimento alla disponibilità di risorse economiche che devono essere sufficienti ad impedire che il cittadino comunitario ed i suoi familiari possano divenire un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante: la valutazione «caso per caso» è, quindi, in re ipsa (comma 1, lettera f), numero 1) in relazione all’articolo 21, comma 1, del decreto legislativo n. 30 del 2007). Un’ulteriore modifica è stata apportata al comma 4 del citato articolo 21, che, attualmente, prevede, nei casi d’inottemperanza al provvedimento di allontanamento adottato dal prefetto quando vengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno del cittadini dell’Unione europea e dei suoi familiari (adottato ai sensi dell’articolo 21, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 30 del 2007), un reato di natura contravvenzionale – arresto da un mese a sei mesi e sanzione pecuniaria da 200 a 2.000 euro – qualora il destinatario venga rintracciato sul territorio nazionale oltre il termine fissato nel provvedimento di allontanamento, senza aver provveduto alla presentazione al consolato italiano del Paese di provenienza dell’attestazione dell’obbligo di adempimento dell’allontanamento (articolo 21, comma 3).
    Si ritiene, invece, più idoneo sanzionare l’inottemperanza del provvedimento di allontanamento, sostituendo il ricorso al sistema sanzionatorio penale con l’adozione di un ulteriore provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico (articolo 20, comma 1) configurandosi, nella circostanza, una pericolosità desumibile dal comportamento omissivo del destinatario quale turbativa dell’ordine sociale, che necessita, pertanto, dell’immediata esecuzione da parte del questore.
    In ottemperanza all’articolo 27, paragrafo 3, della citata direttiva 2004/38/CE, è stata inserita una disposizione che introduce il termine di due mesi per lo svolgimento della procedura di consultazione, nell’ipotesi in cui sia lo Stato italiano ad essere interpellato (comma 1, lettera g) in relazione all’articolo 23-bis del decreto legislativo n. 30 del 2007).
    Inoltre, in relazione alla disciplina della procedura di allontanamento del cittadino comunitario, la Commissione ha rilevato la genericità della gravità della minaccia rappresentata dal comportamento del cittadino comunitario e dei suoi familiari ai fini dell’allontanamento (la direttiva richiede una minaccia «sufficientemente» grave – articolo 27, paragrafo 2, secondo comma) nonché la genericità della definizione dei «motivi di sicurezza dello Stato», che la normativa italiana distingue dai motivi imperativi di pubblica sicurezza (la direttiva fa riferimento a motivi di ordine pubblico e pubblica sicurezza – articolo 27, paragrafo 1). La Commissione ha contestato, altresì, il collegamento automatico dell’allontanamento immediato alla sussistenza di tali motivi, laddove la direttiva prevede che l’urgenza dell’allontanamento, vada debitamente comprovata e valutata caso per caso (articolo 27, paragrafo 2).
    Pertanto, le novelle:

        –  elencano i presupposti cui riconnettere la sussistenza dei motivi di sicurezza dello Stato, individuati nell’appartenenza della persona da allontanare ad una delle categorie di cui all’articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152. (Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico), nelle quali rientra il compimento di atti sovversivi nei confronti dell’ordinamento dello Stato o la condanna per uno dei delitti in materia di armi (legge 2 ottobre 1967, n. 895) e precisano che, nell’adozione del provvedimento di allontanamento, vengono valutate anche le eventuali condanne per i delitti contro la personalità dello Stato (comma 1, lettera e), numero 1) in relazione all’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo n. 30 del 2007);

        –  chiariscono che i «motivi imperativi di pubblica sicurezza» – che giustificano l’allontanamento del comunitario o dei suoi familiari devono essere considerati sussistenti quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una «minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all’incolumità pubblica» (comma 1, lettera e), numero 2 in relazione all’articolo 20, comma 3) del decreto legislativo n. 30 del 2007);
        –  precisano che, in materia di esecuzione dell’allontanamento, l’urgenza viene valutata caso per caso, in relazione all’incompatibilità dell’ulteriore permanenza dell’interessato sul territorio nazionale rispetto al mantenimento della civile e sicura convivenza (comma 1, lettera e), numero 3), in relazione all’articolo 21, comma 11, del decreto legislativo n. 30 del 2007).

    Con le norme previste nell’articolo 8 viene riservata al Ministero dell’interno la responsabilità sull’intero processo di produzione e rilascio della carta di identità elettronica (CIE).

    Il processo di emissione della CIE – che diventa documento obbligatorio di identificazione – è finalizzato alla semplificazione dell’intero sistema del rilascio e alla conseguente riduzione dei costi, resi possibili per le potenzialità offerte dall’esistente sistema di interconnessione anagrafica tra i comuni e il Centro nazionale servizi demografici (CNSD) operante presso il Ministero dell’interno.
    In particolare, si prevede:

        –  il mantenimento delle caratteristiche proprie delle carte valori per la CIE, alla cui produzione il Ministero dell’interno provvede nel rispetto delle norme che regolano la produzione dei documenti di sicurezza della Repubblica e degli standard di sicurezza internazionali;

        –  l’unificazione, anche progressiva, della CIE con la tessera sanitaria e la conseguente definizione delle modalità di realizzazione, distribuzione e gestione del documento unificato;
        –  l’adozione di un decreto del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro della salute per gli aspetti relativi alla tessera sanitaria, per la definizione delle modalità tecniche di attuazione;
        –  nelle more della unificazione nella CIE, il mantenimento della competenza del Ministero dell’economia e delle finanze per la generazione della tessera sanitaria su supporto di Carta nazionale dei servizi.

    L’articolo 9 novella ed integra l’articolo 3 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

    Nello specifico, con la modifica del primo comma dell’articolo 3 del citato testo unico, si sopprime il limite di età di rilascio della carta d’identità, attualmente fissato in anni quindici. In tal modo, si intende prevedere l’utilizzo della carta d’identità a qualunque età, analogamente a quanto previsto dalla disciplina sul passaporto.
    Con la modifica del secondo comma, viene, poi, fissata a tre anni la durata di validità della carta d’identità rilasciata ai minori di anni tre, mentre per i minori che rientrano nella fascia di età tra i tre e i diciotto anni viene prevista una durata di validità del documento di cinque anni. Tale previsione, in coerenza con la disciplina sui passaporti, tiene conto dei mutamenti fisiologici che interessano i minori delle fasce di età interessate dalla disposizione. Resta ferma la validità di dieci anni per la carta di identità rilasciata ai soggetti di età superiore ai diciotto anni.
    In ottemperanza a quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 444/2009 del 6 maggio 2009, si stabilisce l’obbligo di rilevamento delle impronte digitali per i minori a partire dai dodici anni di età.
    Con un comma aggiuntivo sono, infine, disciplinate le modalità di espatrio del minore di anni quattordici munito di carta d’identità. Le misure ivi indicate, finalizzate alla tutela del minore, prevedono che debba essere indicato – in un documento vidimato dalla questura o, se redatto all’estero, dall’autorità consolare – il nome della persona, dell’ente o della compagnia di trasporto cui i minori medesimi sono affidati, in assenza dei genitori.
    La previsione dell’articolo 10 è finalizzata a consentire il rapido aggiornamento dell’Indice nazionale delle anagrafi (INA), preposto alla circolarità anagrafica tra le pubbliche amministrazioni, eliminando il divario esistente tra i dati contenuti nelle anagrafi comunali e quelli dell’INA. In tal modo, si intendono evitare le disfunzioni derivanti dal mancato aggiornamento di un sistema di interscambio di dati anagrafici, cui fanno riferimento un ampio numero di amministrazioni pubbliche.
    A tal fine il comma 1 dell’articolo 16-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, viene integrato con la previsione, nei casi di ritardo nella trasmissione dei dati, della responsabilità dell’ufficiale di anagrafe competente, sia sotto il profilo disciplinare sia amministrativo-contabile.

 

Relazione tecnica

Articolo 1. – Disposizioni per garantire l’immediata disponibilità dei beni sequestrati dall’autorità giudiziaria

        La norma, al fine di consentire l’immediato utilizzo dei beni mobili registrati oggetto di un provvedimento di sequestro antimafia e a seguito di operazioni antidroga, dispone che dopo l’assegnazione ai soggetti che ne avevano fatto richiesta, soprattutto agli organi di polizia anche per le esigenze di polizia giudiziaria, il bene debba essere immatricolato ed intestato all’ufficio cui appartiene il soggetto usuario. In caso di dissequestro del bene, l’amministrazione può provvedere alla restituzione del bene, anche per equivalente. Tutti gli oneri diretti e consequenziali derivanti dall’attuazione del presente articolo sono sostenuti nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

Articolo 2. – Accesso al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso

        La disposizione interviene sull’articolo 4 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, come modificato dall’articolo 2, commi 23 e 24, della legge 15 luglio 2009, n. 94, estendendo il diritto di accedere al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso – oltre alle persone fisiche – anche alle associazioni che hanno tra gli scopi statutari il contrasto alle organizzazioni criminali di stampo mafioso ed ai reati di estorsione ed usura, che si siano regolarmente costituite in un giudizio penale o civile come parte lesa ai fini del risarcimento.

        L’estensione della platea dei beneficiari fa riferimento ad ulteriori risorse finanziarie disponibili per la possibilità di destinare al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, con decreto del Ministro dell’interno (ex articolo 1-bis della legge n. 512 del 1999, introdotto dal decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 2008, n. 186), una quota del contributo devoluto annualmente al Fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera b), della legge 23 febbraio 1999, n. 44.

Articolo 3. – Accesso ad internet attraverso tecnologia senza fili

        La previsione non determina oneri a carico della finanza pubblica in quanto si limita ad abrogare l’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155.

Articolo 4. – Misure di contrasto della prostituzione

        La disposizione non comporta oneri finanziari aggiuntivi in quanto si limita ad estendere l’applicazione delle misure di prevenzione personali a coloro che, contravvenendo alle ordinanze dei sindaci, ai sensi dell’articolo 54, comma 4, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, esercitano la prostituzione o invitano altri ad avvalersene in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Articolo 5. – Delega al Governo per il trasferimento ai comuni della competenza per il rinnovo del permesso di soggiorno

        La norma contiene la delega al Governo per il trasferimento agli enti locali della competenza in materia di rinnovo dei permessi di soggiorno, al fine di conseguire un più razionale impiego delle risorse umane e strumentali della Polizia di Stato per l’espletamento dei compiti di ordine e sicurezza pubblica e con l’ulteriore obiettivo di realizzare riduzioni di spesa. Il decreto legislativo deve essere adottato entro sei mesi, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

        Peraltro, poiché non risulta al momento possibile procedere alla quantificazione di eventuali effetti finanziari derivanti dall’attuazione della presente delega, si rappresenta che, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, eventuali oneri – che non possono essere esclusi attesa la complessità dell’intervento – potranno essere quantificati in sede di emanazione dei relativi provvedimenti attuativi, individuando la relativa copertura finanziaria.

Articolo 6. – Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di politiche migratorie e di permesso di soggiorno

        La norma apporta modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

        Comma 1, lettere a), b), c), e) e f).
        Viene prevista la semplificazione delle misure per l’emanazione del decreto annuale di programmazione dei flussi di ingresso dei cittadini stranieri nel territorio dello Stato e, conseguentemente, del decreto per la determinazione delle quote massime di stranieri da ammettere annualmente. La norma non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
        Comma 1, lettera d).
        Viene modificato il comma 11 dell’articolo 22 del testo unico citato. La disposizione vigente prevede che la perdita del posto di lavoro (anche per dimissioni) non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno per il lavoratore straniero. Il lavoratore può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e, comunque, per un periodo non inferiore a sei mesi. La modifica che si apporta, ora, a tale disposizione specifica che, nel cennato periodo, non si computa l’intera durata delle prestazioni pubbliche di sostegno al reddito per disoccupazione, con conseguente rinnovo del permesso di soggiorno. La norma non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 7. – Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, in materia di permanenza dei cittadini comunitari e dei loro familiari

        La disposizione, al fine di corrispondere ai rilevi mossi dalla Commissione europea in merito alla trasposizione nell’ordinamento interno della direttiva 2004/38/CE, reca le necessarie modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30. L’articolo 7, comma 1, lettere a), b), numero 2), e c), in adesione a specifica censura della Commissione europea, che rilevava la sovrapposizione – nel decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, di attuazione della direttiva 2004/38/CE – dei requisiti per l’ingresso a quelli per il soggiorno, mentre la direttiva prevede esplicitamente, ai fini dell’ingresso e del soggiorno in un altro Stato membro del cittadino UE e del suo familiare, il solo possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità, sopprime il richiamo al visto nei seguenti casi:

            a) articolo 6, comma 2, relativo al soggiorno per un periodo non superiore a tre mesi del familiare extracomunitario del cittadino dell’Unione, per il quale è stato soppresso il riferimento all’ingresso sul territorio nazionale ai sensi dell’articolo 5, comma 2, (che prevede, ai fini dell’ingresso, il possesso del visto, ove richiesto). Basterà il possesso del passaporto;

            b) articolo 9, comma 5, lettera a), relativo all’iscrizione anagrafica dei familiari extracomunitari del cittadino UE, per i soggiorni superiori a tre mesi, nel quale viene soppresso il richiamo al visto d’ingresso, ove richiesto. Basteranno un documento d’identità o il passaporto, un documento che attesti la qualità di familiare e l’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare del cittadino dell’Unione;
            c) articolo 10, comma 3, lettera a), relativo al rilascio della Carta di soggiorno per i familiari extracomunitari del cittadino UE, per soggiorni superiori ai tre mesi, nel quale viene eliminato il riferimento al visto d’ingresso, qualora richiesto. Basterà il passaporto o documento equivalente.

        Le correzioni apportate, pertanto, disciplinano correttamente il possesso dei documenti richiesti ai familiari extracomunitari del cittadino UE relativamente al diritto di soggiorno breve o superiore ai tre mesi, e non determinano alcun ampliamento del numero dei soggetti interessati; il possesso di idonea documentazione è garanzia del rapporto di familiarità.

        Le norme previste non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, trovando copertura negli stanziamenti a disposizione del Dipartimento della pubblica sicurezza, destinati alle espulsioni per motivi imperativi di pubblica sicurezza o di ordine pubblico, In particolare, in relazione all’adozione dei provvedimenti di allontanamento coattivo per motivi di ordine pubblico di cittadini dell’Unione europea o loro familiari, di cui all’articolo 7, comma 1, lettera f), numero 2), è da ritenere che, stante l’imprevedibilità del numero delle iniziative da assumere e tenuto conto che tali operazioni rientrano nell’ambito delle attività istituzionali svolte del Ministero dell’interno, i costi dei relativi interventi possano essere fronteggiati nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie del Ministero medesimo.

Articolo 8. – Disposizioni in materia di emissione della carta di identità elettronica.

        La norma riserva al Ministero dell’interno la responsabilità sull’intero processo di produzione e rilascio della carta di identità elettronica CIE, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

        Il processo di emissione della CIE – che diventa documento obbligatorio di identificazione – è finalizzato alla semplificazione dell’intero sistema del rilascio, resa possibile per le potenzialità offerte dall’esistente sistema di interconnessione anagrafica tra i comuni e il Centro nazionale dei servizi demografici operante presso il Ministero dell’interno.
        È prevista l’unificazione, anche progressiva, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, della CIE con la Tessera sanitaria mediante l’utilizzazione, anche ai fini della produzione e del rilascio, di tutte le risorse disponibili a legislazione vigente per la Tessera sanitaria, ivi inclusi gli utili di gestione della SOGEI Spa.
        Le attività di cui al presente articolo sono effettuate nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, pertanto, non determinano effetti di maggiore onerosità per la finanza pubblica.

Articolo 9. – Disposizioni in materia di rilascio della carta di identità elettronica.

        La disposizione modifica ed integra l’articolo 3 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

        Si sopprime il limite di età per il rilascio della carta d’identità, attualmente fissato in anni quindici. Viene, poi, fissata a tre anni la durata di validità della carta d’identità rilasciata ai minori di tre anni mentre per i minori che rientrano nella fascia di età tra i tre e i diciotto anni viene prevista una durata di validità del documento di cinque anni. Sì stabilisce che l’obbligo di rilevamento delle impronte digitali si applichi per i minori a partire dai dodici anni di età. Sono, infine, disciplinate le modalità di espatrio del minore di anni quattordici munito di carta d’identità,
        Si tratta di interventi di aggiornamento della disciplina di rilascio della carta di identità senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Articolo 10. – Disposizioni in materia di indice nazionale delle anagrafi

        La norma prevede la responsabilità dell’ufficiale di anagrafe, a titolo disciplinare e di danno erariale, nei casi di ritardo nella trasmissione dei dati all’indice nazionale delle anagrafi (INA). La norma non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ed è finalizzata a consentire la rapida circolarità dei dati anagrafici, eliminando il divario esistente tra i dati contenuti nelle anagrafi comunali e quelli dell’INA ed evitando, in tal modo, le disfunzioni derivanti dal mancato aggiornamento di un sistema di interscambio di dati anagrafici, cui fanno riferimento un ampio numero di amministrazioni pubbliche.

 

DISEGNO DI LEGGE

Capo I

DISPOSIZIONI IN MATERIA
DI SICUREZZA E DI LOTTA
ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

Art. 1.

(Disposizioni per garantire l’immediata disponibilità dei beni mobili iscritti nei pubblici registri)

    1. I beni di cui all’articolo 2-undecies, comma 3-bis, della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, e quelli di cui all’articolo 100 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossidipendenza, di cui al decreto del Presidente del Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, affidati agli organi ivi indicati, sono immatricolati ed intestati all’amministrazione di destinazione del bene, a seguito del provvedimento di assegnazione del bene sequestrato e del relativo collaudo da parte degli organi competenti.

    2. In caso di provvedimento di dissequestro del bene assegnato di cui al comma 1, l’amministrazione destinataria del bene, ove l’avente diritto non si opponga, può provvedere alla restituzione del bene anche per equivalente, previa valutazione da parte dei competenti uffici tecnici dell’amministrazione statale.
    3. Alle attività disciplinate dal presente articolo si provvede nei limiti degli stanziamenti di bilancio previsti a legislazione vigente.

Art. 2.

(Accesso al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso)

    1. All’articolo 4 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) al comma 1, alinea, dopo le parole: «persone fisiche» sono inserite le seguenti: «e le associazioni che prevedono tra gli scopi statutari il contrasto alle organizzazioni criminali di stampo mafioso e ai reati di estorsione ed usura»;
        b) il comma l-bis è sostituito dal seguente:

    «1-bis. I soggetti costituiti parte civile nelle forme previste dal codice di procedura penale e non ricompresi tra quelli di cui al comma 1, hanno diritto di accesso al Fondo, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso, limitatamente al rimborso delle spese processuali»;
        c) al comma 2, dopo le parole: «persone fisiche» sono inserite le seguenti: «e le associazioni che prevedono tra gli scopi statutari il contrasto alle organizzazioni criminali di stampo mafioso e ai reati di estorsione ed usura»;

        d) il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

    «2-bis. I soggetti costituiti in un giudizio civile nelle forme previste dal codice di procedura civile e non ricompresi tra quelli di cui al comma 2, hanno diritto di accesso al Fondo, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso, limitatamente al rimborso delle spese processuali».

Art. 3.

(Accesso ad internet attraverso
tecnologia senza fili)

    1. L’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005; n, 155, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 4.

(Misure di contrasto della prostituzione)

    1. Le misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n, 1423, possono essere applicate anche nei confronti di coloro che, in violazione delle ordinanze del sindaco di cui all’articolo 54, comma 4, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per il loro comportamento, debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti ad esercitare la prostituzione ovvero ad invitare ad avvalersene in luogo pubblico o aperto al pubblico, mettendo in pericolo la sicurezza o la tranquillità pubblica, ovvero turbando la civile e pacifica convivenza.

Capo II

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE E DI PERMANENZA DEl CITTADINI COMUNITARI E DEI LORO FAMILIARI

Art. 5.

(Delega al Governo per il trasferimento ai comuni della competenza per il rinnovo del permesso di soggiorno)

    1. Il Governo, al fine di conseguire il più razionale impiego delle risorse umane e strumentali della Polizia di Stato per l’espletamento dei compiti di ordine e sicurezza pubblica, con l’ulteriore obiettivo di realizzare riduzioni di spesa, è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il trasferimento agli enti locali delle competenze in materia di rinnovo dei permessi di soggiorno, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) individuazione delle tipologie dei rinnovi dei permessi di soggiorno riservati alla competenza del questore;

        b) individuazione delle attribuzioni riservate alla questura, compresi i rilievi fotodattiloscopici;
        c) individuazione delle misure necessarie per assicurare, anche con modalità informatiche o telematiche, l’interscambio dei dati tra la questura e gli enti locali;
        d) determinazione, previa intesa con la Conferenza Stato-Città e autonomie locali, degli ambiti territoriali degli enti locali interessati al trasferimento, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e adeguatezza.

    2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica ai fini dell’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che vi provvedono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il decreto può essere comunque adottato.

Art. 6.

(Modifiche al testo unico di cui decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di politiche migratorie e di permesso di soggiorno)

    1. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) all’articolo 3:
            1) i commi 1, 2 e 3 sono abrogati;

            2) al comma 4, primo periodo, le parole: «30 novembre» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre», le parole: «, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico,» sono soppresse e, al quarto periodo, le parole: «entro il 30 novembre, nel limite delle quote stabilite nell’ultimo decreto emanato» sono sostituite dalle seguenti: «nel corso dell’anno di riferimento, sentita la predetta Conferenza unificata, dal cui parere si prescinde se non reso entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della relativa richiesta»;

        b) all’articolo 22, comma 11, secondo periodo, le parole: «non inferiore a sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «non inferiore a sei mesi non computandosi in detto periodo l’intera durata delle prestazioni pubbliche di sostegno al reddito per disoccupazione, nel caso in cui il lavoratore extracomunitario ne sia percettore»;

        c) all’articolo 25, comma 3, le parole: «Nei decreti attuativi del documento programmatico» sono sostituite dalle seguenti: «Nel decreto di cui all’articolo 3, comma 4, primo periodo»;
        d) all’articolo 39, comma 2, le parole: «assumono iniziative volte al conseguimento degli obiettivi del documento programmatico di cui all’articolo 3, promuovendo», sono sostituite dalle seguenti: «promuovono».

Art. 7.

(Modifiche al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, in materia di permanenza dei cittadini comunitari e dei loro familiari)

    1. Al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) all’articolo 6, comma 2, le parole: «, che hanno fatto ingresso nel territorio nazionale ai sensi dell’articolo 5, comma 2» sono soppresse;

        b) all’articolo 9 sono apportate le seguenti modificazioni:

            1) dopo il comma 3, è inserito il seguente:
    «3-bis. Ai fini della verifica della sussistenza del requisito della disponibilità delle risorse economiche sufficienti al soggiorno, di cui al comma 3, lettere b) e c), deve, in ogni caso, essere valutata la situazione complessiva personale dell’interessato.»;
            2) al comma 5, lettera a), le parole: «, nonché il visto d’ingresso, quando richiesto» sono soppresse;
        c) all’articolo 10, comma 3, lettera a), le parole: «, nonché del visto d’ingresso, qualora richiesto» sono soppresse;

        d) all’articolo 19, comma 4, dopo le parole: «previsto dalla normativa vigente», sono aggiunte, in fine, le seguenti: «, fermo restando che il possesso del relativo documento non costituisce condizione per l’esercizio di un diritto»;
        e) all’articolo 20:

            1) il comma 2 è sostituito dal seguente:
    «2. I motivi di sicurezza dello Stato sussistono quando la persona da allontanare appartiene ad una delle categorie di cui all’articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, e successive modificazioni, ovvero vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa, in qualsiasi modo, agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali. Ai fini dell’adozione del provvedimento di cui al comma 1, si tiene conto anche di eventuali condanne pronunciate da un giudice italiano per uno o più delitti riconducibili a quelli indicati nel libro secondo, titolo primo del codice penale»;
            2) al comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: «I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all’incolumità pubblica.»;

            3) al comma 9, primo periodo, le parole: «di ordine pubblico o» sono soppresse;
            4) il comma 11 è sostituito dal seguente:

    «11. Il provvedimento di allontanamento per i motivi di cui al comma 1 è immediatamente eseguito dal questore qualora si ravvisi, caso per caso, l’urgenza dell’allontanamento perché l’ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13, comma 5-bis, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286»;
        f) all’articolo 21:
            1) al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L’eventuale ricorso da parte di un cittadino dell’Unione o dei suoi familiari al sistema di assistenza sociale non costituisce automaticamente causa di allontanamento ma deve essere valutato caso per caso».

            2) il comma 4 è sostituito dal seguente:

    «4. Nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, che non hanno ottemperato al provvedimento di allontanamento di cui al comma 2 e sono stati individuati sul territorio dello Stato oltre il termine fissato, senza aver provveduto alla presentazione dell’attestazione di cui al comma 3, il prefetto può adottare un provvedimento di allontanamento coattivo per motivi di ordine pubblico, ai sensi dell’articolo 20, immediatamente eseguito dal questore»;
        g) dopo l’articolo 23 è inserito il seguente:
    «Art. 23-bis. - (Consultazione tra gli Stati membri). – 1. Quando uno Stato membro chiede informazioni ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, il Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza, attraverso i propri canali di scambio informativo, provvede a fornire gli elementi entro il termine di due mesi dalla data di ricezione della richiesta».

Capo III

NUOVE DISPOSIZIONI SULLA CARTA D’IDENTITÀ ELETTRONICA

Art. 8.

(Disposizioni in materia di carta
di identità elettronica)

    1. All’articolo 7-vicies ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

    «2-bis. L’emissione della carta d’identità elettronica, che è documento obbligatorio di identificazione, è riservata al Ministero dell’interno che vi provvede nel rispetto delle norme di sicurezza in materia di carte valori e di documenti di sicurezza della Repubblica e degli standard internazionali di sicurezza e nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. È riservata, altresì, al Ministero dell’interno la fase dell’inizializzazione del documento identificativo, attraverso il CNSD».
    2. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e della salute per gli aspetti relativi alla tessera sanitaria, unificata alla carta d’identità elettronica ai sensi del comma 3 del presente articolo, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, e comunque successivamente al decreto di cui al medesimo comma 3, sono determinate le modalità tecniche di attuazione della disposizione di cui al comma 1, del presente articolo. Nelle more della definizione delle modalità di convergenza della tessera sanitaria nella carta d’identità elettronica, il Ministero dell’economia e delle finanze continua ad assicurare la generazione della tessera sanitaria su supporto di Carta nazionale dei servizi, ai sensi dell’articolo 11, comma 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

    3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro della salute e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, è disposta anche progressivamente, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, la unificazione sul medesimo supporto della carta d’identità elettronica con la tessera sanitaria, nonché il rilascio gratuito del documento unificato, mediante utilizzazione, anche ai fini di produzione e rilascio, di tutte le risorse disponibili a legislazione vigente per la tessera sanitaria, ivi inclusi gli utili di gestione della Sogei Spa. Le modalità tecniche di produzione, distribuzione e gestione del documento unificato sono stabilite con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione.

Art. 9.

(Rilascio della carta di identità elettronica)

    1. All’articolo 3 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) il primo comma è sostituito dal seguente:
    «Il sindaco è tenuto à rilasciare alle persone aventi nel comune la residenza o la loro dimora una carta d’identità conforme al modello stabilito dal Ministero dell’interno.»;
        b) al secondo comma:
            1) dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Per i minori di età inferiore a tre anni, la validità della carta d’identità è di tre anni; per i minori di età compresa fra tre e diciotto anni, la validità è di cinque anni.»;

            2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Sono esentate dall’obbligo di rilevamento delle impronte digitali i minori di età inferiore a dodici anni»;

        c) dopo il quarto comma è inserito il seguente:
    «Per i minori di età inferiore agli anni quattordici, l’uso della carta d’identità ai fini dell’espatrio è subordinato alla condizione che viaggino in compagnia di uno dei genitori o di chi ne fa le veci, o che venga menzionato su una dichiarazione rilasciata da chi può dare l’assenso o l’autorizzazione, convalidata dalla questura, o dalle autorità consolari in caso di rilascio all’estero, il nome della persona, dell’ente o della compagnia di trasporto a cui i minori medesimi sono affidati.».

Art. 10.

(Disposizioni in materia di Indice nazionale delle anagrafi)

    1. All’articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di ritardo nella trasmissione all’Indice nazionale delle anagrafi, il responsabile del procedimento ne risponde a titolo disciplinare e, ove ne derivi pregiudizio, anche a titolo di danno erariale».