Il Dipartimento Politiche Migratorie

  augura a tutti Buone Feste e vi dà

    appuntamento a gennaio 2011

 

Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del 17 dicembre 2010)

 

Immigrazione: in arrivo il decreto flussi 2010 per quasi centomila lavoratori stranieri

 

Sommario

 

o       Dipartimento Politiche Migratorie – Appuntamenti                                                                             pag. 2

o       Attualità – In arrivo il decreto flussi 2010-12-16                                                                                 pag. 2

o       Società – Fondazione Ismu: calano gli arrivi di immigrati in Italia                                                       pag. 3

o       Europa – UE: regole più dure contro la tratta di esseri umani                                                               pag. 5

o       Richiedenti asilo – Australia, muoiono 50 boat people; rifugiati: in Italia sono 55 mila                            pag. 6

o       Varie – Lazio: 800 mila euro per l’integrazione; Sinai: violenza sulle donne migranti                             pag. 7

o       Immigrazione e salute – Seminario: Sos alcol Est-Ovest                                                                                  pag. 9

o       Prensa Extranjera – El Parlamento UE rechaza el permiso unico para la inmigraciòn                              pag.11

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it    

                                                                                             n. 299



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


Salerno, giovedì 16 dicembre 2010, ore 15.00

Convegno UIL su immigrazione

(Guglielmo Loy)

Roma, giovedì 16 dicembre 2010, ore 15.00

Assemblea e Direttivo del CIR

(Giuseppe Casucci)

Roma, 17 dicembre 2010, Via Forniovo

Incontro tra Ministero del Lavoro Direzione Generale Immigrazione e le parti sociali su decreto flussi 2010

(Giuseppe Casucci)


 

Attualità


In arrivo un decreto flussi 2010 per l’ingresso in Italia di 98.080 cittadini non comunitari per motivi di lavoro

Oltre 52 mila saranno riservate ai Paesi con cui l’Italia ha accordi in materia migratoria; 30 mila a colf e badanti; gli altri 16 mila convertiranno studio, tirocini, lavoro stagionale o saranno riservati a chi ha fatto formazione all’estero.

 (di Giuseppe Casucci)


Roma, 15 dicembre 2010 – Il documento porta la data del 30 novembre 2010, ed è firmato dallo stesso Presidente del Consiglio. A distanza di due anni dall’ultimo, un nuovo decreto flussi aprirà le porte dell’Italia per lavoro a 98.080 cittadini di paesi non comunitari. Anzi tre anni, perché il decreto flussi del 2008 (del 10 dicembre) andò a ripescare 150 mila domande in eccesso pervenute nell’ambito del decreto flussi del 30 ottobre 2007 (che aveva previsto 170 mila quote, ma nel arrivarono oltre 500 mila). Da allora non ci sono stati altri  dispositivi d’ingresso per motivi di lavoro, se si esclude la regolarizzazione dell’anno scorso.  Infatti, il 3 agosto 2009, con la legge 102, è stato dato avvio ad una procedura di emersione – limitata a colf e badanti – che ha portato alla presentazione di oltre 294 mila domande. Dunque regolarizzazione di lavoratori presenti irregolarmente che, con l’introduzione del reato di immigrazione clandestina, rischiavano l’espulsione e – se espulsi due volte – rischiavano una condanna fino a tre anni di carcere. Purtroppo, la regolarizzazione non è stata estesa a tutti i settori produttivi e molti lavoratori stranieri sono ancora costretti ad una condizione di clandestinità. Per due o tre anni, dunque, l’Italia ha chiuso le porte all’ingresso regolare per lavoro. La crisi economica, ed il suo impatto sul lavoro anche etnico, ha reso consigliabile frenare gli ingressi. La UIL è stata comprensiva verso questa decisione, in quanto in fase di crisi economica è bene tutelare chi è già in Italia e rischia il posto di lavoro. Abbiamo  chiesto erò, nel contempo, di regolarizzare chi aveva un lavoro onesto (anche se irregolare) e di considerare gli ammortizzatori sociali reddito utile ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno. Questo, da una parte per dare più tempo all’immigrato che perde il lavoro di trovarne uno nuovo (oggi ha solo sei mesi di tempo), dall’altra per combattere il rischio di un aumento del lavoro nero e della clandestinità. Sappiamo che nel ddl del Governo “nuove disposizioni in materia di sicurezza” dello scorso 5 novembre, questa richiesta è stata considerata e lo apprezziamo.  Come diamo ora un giudizio positivo sull’apertura dei flussi (sia pure in forma limitata). Ecco di seguito una informazione schematica su come le quasi 100 mila quote verranno suddivise. Le 52.080 quote destinate ai Paesi con cui l’Italia sottoscrive accordi sono così ripartite:

1)     4500 per cittadini albanesi;

2)     1000 per cittadini algerini;

3)     2400 per cittadini del Bangladesh;

4)     8000 per cittadini egiziani;

5)     4000 per cittadini filippini;

6)     2000 per cittadini ghanesi;

7)     4500 per cittadini marocchini;

8)     5200 per cittadini moldavi;

9)     1500 per cittadini nigeriani;

10)  1000 per cittadini pakistani;

11)  2000 per cittadini senegalesi;

12)  80 per cittadini somali;

13)  3500 per cittadini dello Sri Lanka;

14)  4000 per cittadini tunisini;

15)  1800 per cittadini indiani;

16)  1800 per cittadini peruviani;

17)  1800 per cittadini ucraini;

18)  1000 per cittadini del Niger;

19)  1000 per cittadini del Gambia;

20)  1000 per cittadini di altri Paesi non UE che concludano accordi con l’Italia finalizzati alla regolamentazione dei flussi d’ingresso e delle procedure di riammissione.

52.080 unità dunque arriveranno da 20 paesi con cui l’Italia ha sottoscritto o sta per sottoscrivere specifici accordi di cooperazione in materia migratoria. Poi altre 30 mila quote saranno  destinate per lavoratori domestici o assistenti alla persona; 3000 convertiranno permessi di studio in lavoro; 3000 sono permessi concessi per tirocini e formazione in Italia, 4000 convertiranno lavoro stagionale in subordinato a tempo indeterminato, 1000 riguardano permessi di lungo soggiorno per lavoro subordinato concessi da altri stati europei; 500  riguardano permessi di lungo soggiorno per lavoro autonomo concessi da altri stati europei; 4000 riguardano cittadini extra UE che abbiano completato all’estero la formazione, ai sensi dell’art. 23 del testo unico sull’immigrazione. 500 quote infine sono destinate a cittadini extra UE che abbiano almeno un genitore di origine italiana (terzo grado in linea diretta).

Ecco uno schema riassuntivo della suddivisione.

l decreto flussi ora dovrà essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (si spera entro dicembre), dopo di che questi sono i termini che dovranno essere rispettati per la presentazione (che avverrà solo online e può essere fatta attraverso i patronati):

a)     Per i 52.080 lavoratori provenienti dai Paesi con cui l’Italia ha in corso o sta per firmare accordi in  materia migratoria: dalle ore 08.00 del 31° giorno successivo alla pubblicazione sulla G.U. del decreto flussi;

b)    Per tutti gli altri: dalle ore 08.00 del 34° giorno successivo alla pubblicazione sulla G.U. del decreto flussi;

   In allegato: bozza del decreto flussi (non ancora ufficiale)


 

 

 

 Società


Calano gli arrivi di immigrati in Italia: 100mila in meno nei primi sei mesi. Effetto crisi


La crisi si è fatta sentire e ha frenato gli ingressi. Per gli immigrati già in Italia è andata meglio grazie a famiglie bisognose di cure e alla rete delle piccole e medie imprese in cerca di operai: un "salvagente" per gli stranieri che qui hanno attraversato la difficile congiuntura economica meglio che in altri paesi europei. I posti di lavoro sono aumentati (+10% nel 2010), in controtendenza rispetto agli italiani. Arrivi rallentati, progressiva familiarizzazione (è al 44,4% la quota di immigrati che vive in coppia e/o con figli). E, ancora, a tranquillizzare quel 18% di italiani che ritengono l'immigrazione un pericolo subito dopo disoccupazione e corruzione, arriva il dato della riduzione dei tassi di criminalità degli immigrati. È l'ultimo Rapporto della Fondazione Ismu sulle migrazioni 2010, presentati a Milano, ad aggiornare il quadro e a registrare la prima battuta d'arresto nei flussi netti di immigrati in arrivo in Italia: i regolari iscritti all'anagrafe nel primo semestre del 2010 sono 100mila in meno (-40%) rispetto all'epoca precrisi (primo semestre 2007). La contrazione dei nuovi ingressi non intacca il peso della popolazione straniera che complessivamente equivale agli abitanti di un'intera regione come il Lazio: al 1° gennaio 2010 gli immigrati in Italia sono 5,3 milioni (regolari e non), circa mezzo milione più dell'anno prima. Rumena la nazionalità più numerosa con un milione e 112mila unità (il 22% del totale), seguita dall'albanese e dalla marocchina (586mila e 575mila).

Due mercati del lavoro
Una parte corposa dell'indagine è quella che monitora il lavoro. L'occupazione degli italiani ha registrato un'ulteriore contrazione rispetto al 2009, mentre gli occupati stranieri sono aumentati di oltre il 10% e addirittura del 14% per quanto riguarda la componente femminile. Un andamento che suggerisce l'ipotesi dell'esistenza di mercati del lavoro separati tra italiani e stranieri e conferma i caratteri del tutto specifici dell'offerta immigrata femminile. Gli stranieri rappresentano oltre l'8% degli occupati totali e quasi il 9% delle occupate. L'aumento dell'occupazione si è accompagnata a un aumento del tasso di disoccupazione degli stranieri da attribuire secondo la Fondazione a una crescita dell'offerta di lavoro e a un afflusso di nuova manodopera dall'estero <sovradimensionato> rispetto alle opportunità di assorbimento.

Senza lavoro, senza permesso
I disoccupati stranieri hanno raggiunto quota 287mila
, con un aumento addirittura del 40% e con una leggera prevalenza della componente maschile (52,6% sul totale). Il tasso di disoccupazione è passato dal 10,5% del primo trimestre 2009 al 13% del primo trimestre 2010. Il peggioramento coinvolge soprattutto gli uomini, per i quali l'incidenza della disoccupazione è passata dal 9,1% al 12%, oltre ad essere praticamente raddoppiata rispetto al 2007 quando era a quota 6,2%. Anche le donne, colf e badanti inostituibili per le gfamiglie italiane, hanno visto salire il tasso di disoccupazione nello stesso periodo, dal 12,4 al 14,3%. Le preoccupazioni degli stranieri che perdono il lavoro sono legate alla durata semestrale del "permesso di soggiorno per ricerca di nuova occpuazione", un tempo non sempre sufficiente a trovare un nuovo impiego in questa fase.

Più lavoro al Nord
Il nord assorbe oltre il 60% dei lavoratori stranieri (ma con una flessione negativa di ben tre punti percentuali rispetto al I trimestre 2009), il centro il 27% e il mezzogiorno poco più del 12%.

Immigrazione e Welfare
Il Rapporto Ismu calcola quest'anno anche il beneficio fiscale netto, la differenza fra i trasferimenti ricevuti dal settore pubblico e quanto pagato al settore pubblico stesso. L'analisi evidenzia un beneficio fiscale netto annuo per gli immigrati extracomunitari inferiore di circa 3mila euro a quello degli italiani, che si giustifica per lo più con la minore incidenza dei costi sanitari e previdenziali dovuti all'invecchiamento. Il risultato individuale viene confermato dall'analisi a livello familiare, che indica un beneficio fiscale netto superiore per le famiglie italiane rispetto a quelle extracomunitarie per oltre 3.800 euro all'anno.

Meno tasse
Anche gli immigrati pagano le tasse? Eccome. In media tra imposte personali, contributi sociali e Ici si arriva a 6.407 euro per gli italiani, 5.921 euro per gli immigrati Ue e 5.735 euro per gli immigrati extra-Ue. Il maggior importo di imposte personali pagate dagli italiani (più 950 euro rispetto agli immigrati extra-Ue) è spiegato dal reddito medio più elevato. Se si restringe il campione ai soli attivi, l'importo medio dei contributi sociali versato dagli italiani risulta superiore (di 1.699 euro) a quello degli immigrati extra-Ue.

Dipendenti e piccoli imprenditori
I lavoratori stranieri con uno status da dipendenti sono 1 milione e 662mila. Una realtà a cui si sta affiancando la giovane generazione di imprenditori etnici che secondo la Fondazione costituisce un indicatore significativo del grado di radicamento degli stranieri nel sistema economico produttivo e nella società. Ogni anno vengono avviate circa 37mila attività (imprese individuali) con a capo un lavoratore non comunitario, al fine 2009 più di sette imprese individuali su 100 risultano condotte da immigrati. Il passaggio al lavoro autonomo – sottolinea il rapporto - segno tangibile del percorso di emancipazione intrapreso: «Gli immigrati, da lavoratori salariati e spesso subalterni, cercano di percorrere sentieri di mobilità e di crescita professionale, migliorando le loro condizioni solamente dopo un discreto numero di anni nella società di destinazione e dunque dopo aver consolidato la propria situazione giuridica oltre che quella occupazionale».

Criminalità e devianza
Uno dei capitoli a cui il Rapporto Ismu dedica un maggiore approfondimento è quello legato alla criminalità degli stranieri. «L'affermazione che gli irregolari sono criminali è falsa». I dati – spiega il l'indagine - non avallano l'affermazione, falsa, che gli irregolari siano criminali. «I dati indicano che l'irregolarità in Italia aumenta la probabilità del verificarsi di un evento criminale. Il che non significa che tutti gli irregolari siano delinquenti o che tra essi non ci siano in maggioranza persone oneste e tanti sfruttati nel lavoro nero».

Il calo delle denunce
Nel 2009 (ultimi dati disponibili del ministero degli Interni) il numero dei denunciati stranieri è diminuito del 13,9% rispetto al 2008. In valore assoluto i denunciati stranieri sono stati 260.883 (su un totale di 823.406) e corrispondono a circa un terzo del totale dei denunciati (31,7%). Per tutti i reati considerati, a eccezione dei furti in esercizi commerciali, dal 2008 al 2009 c'è stata una diminuzione dei denunciati stranieri in numero assoluto: alta per i furti in abitazione (-31,9%) e le rapine in banca (-24,4%), media per le rapine in abitazione (-18,9%), i delitti contro la persone (-14,5%) e il totale delle rapine (-13,9%), più contenuta, ma sempre rilevante, per le altre categorie.

In carcere uno su tre è straniero
Al 31 luglio 2010 gli stranieri nei penitenziari italiani sono il 36,2% dei presenti, 24.675 su 68.121. Le nazionalità più numerose sono: la marocchina (21,2% dei detenuti stranieri), la rumena (13,4%), e la tunisina (12,8%). Le categorie di reato più rappresentate in valore assoluto sono: i reati contro il patrimonio (31.893 detenuti stranieri, il 25,5% del totale dei detenuti per questo reato), la violazione della legge sugli stupefacenti (28.154, 45,1%), i reati contro la persona (22.610, 29,9%).

Gli irregolari
Secondo le stime Ismu nel 2010 diminuiscono gli irregolari che sono 544mila, 16mila in meno rispetto a quanto stimato dall'Ismu ad agosto 2009. Gli stranieri senza permesso di soggiorno presentano tassi di delittuosità molto superiori a quelli dei regolari e degli italiani. Nel 2008 e nel 2009 gli stranieri regolari hanno registrato tassi superiori, ma prossimi, a quelli degli italiani. Gli irregolari invece hanno avuto tassi di delittuosità decine di volte superiori. Il problema della delinquenza straniera continua a riguardare principalmente l'immigrazione irregolare (nel 2009 il il 25,3% dei denunciati è irregolare, contro il 6,3% che è regolare).

Scarica il rapporto ISMU


 

Europa


Ue: regole più dure contro la tratta di esseri umani

Nuova direttiva approvata dal Parlamento europeo


(www.stranieriinitalia.it) Bruxelles, 15 dicembre 2010 - Sanzioni più dure contro i trafficanti di esseri umani, maggiore protezione e aiuto per le vittime: e' il contenuto di una nuova direttiva approvata dal Parlamento europeo riunito in plenaria a Strasburgo. Le nuove regole coprono i reati di tratta di esseri umani per l'industria del sesso e anche per lo sfruttamento della manodopera, per esempio nei settori delle costruzioni, dei lavori agricoli e delle occupazioni domestiche. Il testo, preparato dalla svedese Anna Hedh (S&D) e dalla slovacca Edit Bauer (Ppe) e approvato con 643 voti in favore, 10 contrari e 14 astensioni, riflette un accordo fra Parlamento e Consiglio e stabilisce le regole minime per la definizione dei reati penali e le sanzioni per i trafficanti, introducendo regole comuni per migliorare la prevenzione e la protezione delle vittime. Un massimo di pena di almeno 5 anni di detenzione e, in presenza di specifiche condizioni aggravanti, un massimo di almeno 10 anni e' quanto previsto dalla nuova direttiva. Le circostanze che rendono la pena più severa sono, per esempio, lo sfruttamento di minori, i casi in cui e' coinvolta la criminalità organizzata o se il reato e' commesso da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni. Nei casi in cui siano coinvolte persone giuridiche (ad esempio imprese), le sanzioni devono prevedere sanzioni penali e civili, inclusa la possibilità di esclusione dai benefici pubblici e la chiusura dei stabilimenti. Le vittime dovranno ricevere assistenza, secondo le nuove regole, e in particolare: un alloggio adeguato e assistenza materiale, le cure mediche necessarie, fra cui assistenza psicologica, consigli e informazioni e, se necessario, servizi di traduzione. L'assistenza legale dovrà essere gratuita, almeno nei casi in cui le vittime non abbiano fondi adeguati. Le vittime di tratta umana dovrebbero anche avere accesso ai programmi di protezione previsti per i testimoni, se ritenuto necessario dalle autorità nazionali. ''La tratta e lo sfruttamento degli esseri umani, rappresentano uno dei business più vantaggiosi per la criminalità organizzata - ha commentato la vice presidente del Parlamento europeo e deputata del Pdl Roberta Angelilli - approvando la proposta di direttiva, l'Europarlamento ha compiuto un passaggio fondamentale nell'ambito della cooperazione giudiziaria penale tra gli Stati membri dell'Ue per la lotta contro tutte le nuove schiavitù. La Ue pone così al centro della sua azione la difesa e la tutela delle categorie più vulnerabili, la prevenzione dei reati e pene severe per chi si rende colpevole di crimini tanto odiosi come la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani''. "Il risultato del voto di oggi, che mi auguro possa essere traslato anche in altri interventi legislativi, guarda finalmente in faccia la realtà - ha fatto eco Sonia Alfano, parlamentare dell'Idv - Si riconosce che la tratta di persone finalizzate alle varie forme di sfruttamento quali ad esempio prostituzione, svolgimento di attività criminali e traffico di organi viene svolta da organizzazioni criminali internazionali. Si e' soprattutto scritta una pagina di umanità".


 

 

 

Richiedenti asilo


 Australia, barcone contro gli scogli: muoiono 50 immigrati, 33 i feriti

Al largo delle coste occidentali un barcone si schianta contro gli scogli. Tragedia avvenuta sotto gli occhi degli abitanti del posto


Sidney, 15 dicembre 2010 - Terrore e disperazione in Australia. Un barcone di legno con a bordo un'ottantina di migranti è naufragato, restando per circa un'ora in balìa della tempesta per poi schiantarsi contro gli scogli di Christmas Island, al largo delle coste occidentali australiane. Almeno 50 persone sono morte mentre 33 sono rimaste ferite. I residenti, svegliati dalle urla delle persone che tentavano di salvarsi a nuoto, hanno assistito inorriditi alla tragedia, senza riuscire a salvare coloro che si dibattevano tra le rocce e i detriti dell’imbarcazione. Troppo mosso il mare. "C’erano bambini in acqua: uno molto piccolo in un giubbotto di salvataggio è rimasto a testa in giù per molto tempo, chiaramente morto", ha raccontato un testimone. Un mezzo della Marina australiana e una nave doganale hanno cercato di prestare soccorso, ma i naufraghi erano pericolosamente vicini alla scogliera.

Il racconto dei testimoni "Il motore era fuori uso e la barca faceva avanti e indietro vicino a questi scogli, molto frastagliati e molto pericolosi", ha raccontato un altro testimone. "Quando la barca ha colpito lo scoglio si è sentito un rumore da far star male. Tutte le persone a bordo si sono precipitate verso la terraferma, che è la cosa peggiore da fare, ma non credo che sapessero nuotare. Forse c’erano solo due scialuppe è stato orribile. Gente schiacciata. Corpi, bambini morti, è stato terribile".

Provenienza dei migranti Non è nota la nazionalità dei migranti che si trovavano sull’imbarcazione: ogni anno migliaia di richiedenti asilo dall’Iraq, dall'Iran, Afghanistan e Sri Lanka sfidano la sorte per raggiungere le coste australiane a bordo di imbarcazioni di fortuna. L’Isola di Natale (Christmas Island), territorio australiano situato ad appena 300 chilometri dalle coste indonesiane, ospita un centro di accoglienza per migranti e richiedenti asilo.



Rifugiati: in Italia sono 55 mila. Dato tra i più bassi in Europa


(ASCA) - Roma, 14 dic - L'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati compie oggi 60 anni. Nel mondo sono 43 milioni le persone costrette a movimenti forzati e per la maggior parte di esse (36.460.000) l'Unhcr ha dovere di assistenza. Si tratta di 15,2 milioni di rifugiati, 27,1 milioni di sfollati interni e 983 mila richiedenti asilo. In questo quadro l'Italia non gioca un ruolo fondamentale. Infatti, per numero di rifugiati che ospita si posiziona tra i ''meno virtuosi'' in Europa, insieme alla Grecia. In particolare, attualmente i rifugiati in Italia sono 55 mila e nel 2009 nel paese sono state presentate circa 17 mila domande d'asilo (17.603, un dato quasi dimezzato rispetto al 2008 quando erano 30.492), cifre molto basse rispetto ad altri paesi dell'Unione Europea, in termini sia assoluti che relativi. A titolo di comparazione, la Germania accoglie quasi 600 mila rifugiati ed il Regno Unito circa 270 mila, mentre la Francia e i Paesi Bassi ne ospitano rispettivamente 200 mila e 80 mila. In Danimarca, Paesi Bassi e Svezia i rifugiati sono tra i 4 e i 9 ogni 1.000 abitanti, in Germania oltre 7, nel Regno Unito quasi 5, mentre in Italia appena 1 ogni 1.000 abitanti. Secondo gli ultimi dati del ministero dell'Interno nostrano, nel 2009 le istanze per lo status di rifugiato sono arrivate dall'Eritrea (411); Somalia (252) e Afghanistan (214). Per protezione sussidiaria: Somalia (2.193); Eritrea (914) e Afghanistan (501). Per protezione umanitaria: Nigeria (523); Turchia (140) e Ghana (127).
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Immigrazione

Lazio: in arrivo oltre 800 mila euro per l’integrazione


ASCA) - Roma, 15 dic - ''Oltre 250 mila euro per un progetto comunicativo e didattico sui fenomeni migratori nella Regione Lazio e ulteriori 560 mila euro per corsi di lingua rivolti agli immigrati''. Sono questi i prossimi interventi dell'assessorato alle Politiche sociali e Famiglia della Regione Lazio, annunciati dall'assessore Aldo Forte nel corso della Conferenza permanente organizzata dalla Prefettura di Roma come occasione di coordinamento e confronto interistituzionale sulle politiche che riguardano l'immigrazione, il bullismo e la sicurezza sul lavoro. ''Con il progetto di comunicazione - spiega l'assessore Forte - intendiamo promuovere la diffusione di materiale audiovisivo e multimediale che racconti il fenomeno dell'immigrazione nel Lazio a partire dal secolo scorso, il modo in cui esso ha cambiato la nostra societa' e come la sta modificando oggi, fino a prefigurare alcuni scenari futuri. Un progetto da diffondere presso le scuole e i circoli culturali, nonche' sui media, tradizionali e nuovi, e in occasioni di divulgazione promosse da organizzazioni di settore. La visione del materiale audiovisivo e multimediale, quindi, sara' l'occasione per un approfondimento educativo sulla questione, con il quale intendiamo favorire i processi di integrazione sociale e la diffusione della cultura sulle diversita' per il bene nostro, dei cittadini immigrati e, soprattutto, dei loro figli che, secondo le ultime stime, hanno superato il milione in Italia e rappresentano sempre piu' il nostro futuro''. ''L'integrazione, pero', - continua - passa anche e soprattutto dalla conoscenza da parte degli immigrati della lingua del nostro paese. Ancor piu' oggi che per ottenere il permesso di soggiorno gli stranieri sono chiamati a superare un test di italiano. D'altronde, comprendere e farsi comprendere per loro diviene essenziale per rompere l'isolamento di cui possono essere vittime, mentre conoscere la nostra cultura e' basilare affinche' possano inserirsi pienamente nel nostro tessuto sociale e produttivo. Con questo nuovo finanziamento, quindi, che si somma a quello di sole poche settimane fa di 380 mila euro, la Regione Lazio continua il suo programma di potenziamento delle scuole e dei corsi di insegnamento della nostra lingua, dimostrando di essere pronta e attenta nei confronti dei bisogni sociali emergenti''. ''Nonostante la crisi - conclude l'assessore Forte - e i pesanti tagli al sociale da parte dello Stato, la garanzia dei servizi rivolti a chi ha maggiormente bisogno non viene intaccata e resta la nostra indiscussa priorita'''.
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Sinai, donne migranti stuprate nel deserto

La metà delle donne africane visitate dai medici di PHR nel centro sanitario di Tel Aviv, sono state violentate nel deserto egiziano, dopo un estenuante e pericoloso viaggio verso Israele.


Sinai, donne migranti stuprate nel deserto

foto: www.nena-news.com

Tel Aviv 14 dicembre 2010 Nena News (foto da Care) - Cresce il numero delle richieste di interruzione volontaria di gravidanza da parte di donne migranti che dopo un estenuante e pericoloso viaggio attraverso il Sinai, riescono ad arrivare in Israele. A dare la notizia in questi giorni sono i medici della Open Clinic di Tel Aviv-Jaffa, gestita dall’organizzazione israeliana Physicians for Human Rights (PHR), un centro di assistenza che accoglie ogni anno migliaia di rifugiati e richiedenti asilo africani, in fuga dai loro paesi, e che quando arrivano in Israele non avrebbero alcuna copertura sanitaria né supporto psicologico. Nelle conversazioni con i medici, molte donne hanno confessato di essere state violentate prima di entrare in Israele. Su un totale di 165 interruzioni volontarie di gravidanza seguite dalla clinica tra gennaio-novembre 2010, PHR stima che la metà siano state richieste da donne stuprate nel Sinai. Nello stesso periodo, 1.303 donne sono state sottoposte a trattamenti ginecologici, la maggior parte dei quali resisi necessari a causa delle violenze subite, durante il lungo viaggio attraverso il deserto africano. Le difficoltà affrontate nel Sinai hanno anche provocato un aumento del numero di pazienti assistiti presso i servizi riabilitativi della Open Clinic. Nei primi 11 mesi del 2010, 367 persone sono state sottoposte a trattamento ortopedico e 225 a fisioterapia. Per raccogliere informazioni più precise sul crescente numero di casi di violenza, sequestro, stupro, abusi fisici e sessuali, PHR ha deciso di documentare in modo sistematico le testimonianze dei pazienti che arrivano in Israele attraverso il deserto del Sinai. Intervistando ad oggi 167 persone provenienti da Eritrea ed Etiopia, Sudan, Costa d'Avorio Leone, Somalia, Nigeria, Ghana, Congo e Sierra, tra cui 108 uomini e 59 donne. I primi risultati mostrano che i rifugiati eritrei ed etiopi subiscono le maggiori violenze e quindi ai fini del rapporto redatto, le loro risposte sono state analizzate separatamente. Delle 13 donne che hanno accettato di rispondere alle domande relative a episodi di violenza sessuale (22% del totale), il 38% ha risposto affermativamente. Se si eccettua la parte relativa alle violenze sessuali, la partecipazione alle interviste è stata elevata. I seguenti dati sono stati raccolti attraverso 144 interviste. Il 77% dei rifugiati eritrei ed etiopi hanno raccontato di essere stati vittime di aggressioni fisiche, quali pugni, schiaffi, calci e frustate (rispetto al 63% di pazienti provenienti da altri paesi africani). Il 23% dei pazienti eritrei ed etiopi hanno riferito di aver subito bruciature, marchiature a fuoco, scosse elettriche, e di essere stati appesi per le mani o i piedi. Nessun paziente proveniente dagli altri paesi ha raccontato di aver subito questo genere di torture. Il 94% degli eritrei ed etiopi ha riferito di essere stato privato di cibo e il 74%, privato di acqua. Un fenomeno che si verifica anche tra gli altri rifugiati africani. Due settimane fa, il quotidiano israeliano Yediot Aharonot ha realizzato un approfondito reportageintitolato Desert Hell (Inferno Deserto) in cui PHR, denuncia le torture e gli abusi, ormai istituzionalizzati, subiti dai rifugiati (specialmente da quelli provenienti da Etiopia ed Eritrea), nel Sinai, durante l’estenuante viaggio verso Israele . Secondo numerosi resoconti , gruppi di circa 200-300 eritrei sono portati nel Sinai, dove sono detenuti in container o aree recintate. I prigionieri sono sottoposti a tortura mediante percosse o bruciature, mentre i contrabbandieri chiamano i loro parenti chiedendo l’immediato trasferimento di denaro in cambio della garanzia per il rilascio e per il transito fino al confine con Israele. A causa delle ingenti somme richieste come riscatto, spesso sono necessarie settimane o addirittura mesi affinché i rifugiati possano raggiungere la frontiera. E’ durante questo periodo che le donne sono separate dal gruppo, detenute in ambienti appartati e sottoposte a ripetuti atti sessuali, abusi e stupri per mano dei loro rapitori. Lo scorso fine settimana, PHR ha raccolto nuove testimonianze che inducono a ritenere che la situazione nel Sinai stia diventando sempre più precaria. Mentre in precedenza alle vittime veniva richiesto di pagare tra i 2.500-3.000 dollari, attualmente la somma chiesta come riscatto è di 9.870 dollari. Secondo quanto è stato riferito a PHR da fonti vicine agli ostaggi attualmente sequestrati nel deserto, circa 220 persone sono attualmente detenute dai contrabbandieri in un 'campo di tortura' del Sinai. Al gruppo di 80 individui che sono arrivati un mese fa si sono aggiunti la scorsa settimana 140 profughi diretti verso Israele.
Il confine tra Egitto ed Israele e la detenzione al momento dell'ingresso

Oltre ai rischi e ai soprusi già menzionati, i profughi diretti in Israele devono anche affrontare le guardie di frontiera egiziane che spesso 'sparano per uccidere'. Nell'ultimo anno, gruppi di rifugiati hanno affermato che le guardie di frontiera egiziane sono diventati più spietate, ferendo e uccidendo più rifugiati rispetto agli anni passati. Secondo l’indagine di Physicians for Human Rihgts, delle 47 persone che hanno accettato di rispondere alle specifiche domande, 12 hanno raccontato di essere stati colpiti da spari. A peggiorare ulteriormente le cose vi è la politica definita “hot return
” (ritorno caldo) adottata a volte dall’esercito israeliano e contraria al diritto internazionale; i rifugiati vengono cioè respinti in Egitto per un lasso di tempo che varia da un'ora a cinque giorni dal loro ingresso in Israele. Nonostante i rapporti sulle percosse, le morti, gli stupri e i respingimenti immediati siano ben noti alle autorità israeliane, queste politiche continuano ad essere routine. Ogni rifugiato che entra in Israele è trattenuto in uno dei due centri di detenzione israeliani: ad oggi si tratta di circa 2.000 rifugiati e richiedenti asilo, tra cui donne, bambini piccoli, e minori non accompagnati. Devono aspettare diverse settimane o anche mesi prima di vedere un medico penitenziario e problemi come la riabilitazione e la salute mentale sono del tutto trascurati. Dopo settimane di attesa, mesi e talvolta anni, i richiedenti asilo sono rilasciati con nient'altro che un biglietto dell'autobus per una delle più importanti città di Israele. I profughi respinti da Israele in Egitto vengono poi rimpatriati nella maggior parte dei casi. I profughi catturati dalla polizia egiziana sia nel deserto sia al confine subiscono abusi fisici e sessuali, la detenzione e la deportazione verso i loro paesi d'origine. Sebbene l'UNHCR e le ONG egiziane siano talvolta in grado di intervenire in favore dei profughi di fronte al rischio del rimpatrio (compresi i casi in cui questo significa la morte certa o la detenzione in paesi quali Sudan, Eritrea e Somalia), nel corso degli ultimi tre anni centinaia di rifugiati sono stati rimpatriati dall'Egitto verso i loro paesi d’origine. Nel giugno 2008, varie fonti hanno riportato una deportazione di massa di centinaia di profughi eritrei ed etiopi verso i loro paesi d'origine. Molti sono stati uccisi al loro arrivo, altri sono stati imprigionati o sottoposti alla coscrizione militare.Nena News


 

 

 

Immigrazione e salute


SEMINARIO:   S.O.S. ALCOOL  EST – OVEST (Roma 13 e 14 dicembre 2010)

LA PREVENZIONE NEGLI AMBIENTI DI LAVORO: LE SFIDE OPERATIVE

Di Angela Scalzo (Dipartimento politiche Migratorie UIL Nazionale)


home page alcolNel nostro contesto sociale si fa sempre più spesso  riferimento ad usi e costumi anglosassoni che porta ad eccessi alcolici nello spazio di poco tempo. Si tratta di un fenomeno che riguarda essenzialmente i giovani, ma che rappresenta purtroppo una moda. Per questo è difficile ribaltare la filosofia che ne sta alla base. Bisognerebbe puntare sul fatto che, quando tutti bevono, in realtà la trasgressione è proprio il non bere». Negli anni è cambiata  l'identità del bevitore.

Dall'uomo di mezza età, depresso, spesso disoccupato  e comunque con gravi problemi di inserimento lavorativo,  nella tipologia, da qualche anno, entrano anche le donne (prima in un rapporto di uno a cinque, ora una ogni due maschi) e gli stranieri.

«I magrebini, giovani o meno giovani, sono i più propensi a cadere nel vizio della bottiglia anche se di  religione islamica. Molti bevono nonostante il divieto imposto dal Corano perché il condizionamento sociale è più forte dell’imposizione e del credo stesso . In questo caso non ci sono donne, mentre fra gli immigrati dell'est, albanesi, croati e rumeni, fra i bevitori accaniti si affacciano anche alcune donne solitamente maggiorenni. Esente da questa problematica invece, fino a qualche tempo fa,  le  badanti, oggi però  velatamente coinvolte (velatamente perché alcool ed abusi sono nascosti dietro le mura domestiche, un ambito lavorativo, quest’ultimo dove neanche il sindacato  può entrare). Più volte sono stati segnalati problemi di conflitto e di intolleranza c/o i Centri di Accoglienza di alcune nostre città (come Roma, Trapani, Padova, Bologna) ed in alcuni contesti lavorativi dove più forte era la prevalenza dei cittadini stranieri  a seguito, appunto,  di episodi di “ebbrezza” da parte di alcune etnie in  particolare. Sempre in riferimento ad alcune etnie, con particolare richiamo  oggi al mondo del lavoro, spesso si rileva che la precarietà lavorativa, al di là della crisi, dipende dalla mancanza di costanza ed impegno,  a causa, appunto, di comportamenti conseguenti all’abuso di alcol. La ripercussione a livello sociale di tali situazioni comporta il perdurare di un circuito di provvisorietà e di scarsa emancipazione delle comunità immigrate,  sicuramente non facilitante il processo di integrazione con il contesto sociale autoctono. A causa  di un incremento di situazioni di abuso di alcol relative proprio a popolazioni immigrate residenti, soprattutto,  in alcune periferie  di grandi città come Roma, Milano, Genova, Palermo è emerso da alcuni operatori volontari  ed RSU ( Rappresentanze sindacali unitarie)  un significativo ma "sommerso"  e pericoloso aumento del consumo di alcol e di problemi alcol correlati,  presenti, appunto,  in alcuni gruppi etnici di appartenenza che viene alla luce con una conoscenza più approfondita degli utenti e dei loro contesti di vita  evidenziati nell’ambito di un servizio promosso da Sos Razzismo Italia  e supportato dal sindacato, attraverso l’associazione  UIS (Unione Italiana Solidarietà),  per tutti gli aspetti legati al lavoro.

Molte le difficoltà che abbiamo riscontrato nella stima del fenomeno e per prevenire lo stesso,  quale quella legata ad effettuare una valutazione della consistenza reale della problematica,  considerato che per esempio nella cultura araba l’alcol è una sostanza estranea e, pertanto, sono sconosciuti fenomeni quali la "tolleranza " e la " assuefazione" della persona alla sostanza, è possibile quindi che quantità modeste di alcol provochino reazioni inaspettate secondo i nostri modelli comportamentali.  L’abitudine alcolica rappresenta,  in molti casi, per gli immigrati il "veicolo" sociale che facilita la condivisione di esperienze con gli autoctoni: il bar diventa spesso il luogo maggiormente frequentato e dove è possibile sentirsi più " simili" a loro rispetto ad altri contesti di vita. Le baraccopoli nei pressi delle grandi città diventano, allora,  il luogo invisibile per affogare le  frustrazioni legate al mancato inserimento lavorativo e di conseguenza sociale,  soprattutto,  per migranti di origine romena,  oggi maggioritari rispetto alle etnie presenti storicamente nel nostro paese (cittadini provenienti dall’area del magreb o filippini),   in molte realtà italiane, come Roma. Le Difficoltà maggiori si riscontrano, pertanto, nella fase di prevenzione e soprattutto nella fase del trattamento per la mancanza di una rete, familiare e sociale, di sostegno all’alcolista immigrato che possa sostenerlo nel percorso di potenziale cambiamento. Difficoltà da parte dell’immigrato di affidarsi al Ser.T. per sospettosità nei confronti di tale servizio che potrebbe rappresentare un’ ulteriore espressione di controllo dell’ordine pubblico. Difficoltà di individuazione del problema presso alcune etnie come quella ROM. Difficoltà della presa in carico dell’alcolista lavoratore per quanto riguarda la tutela nel posto di lavoro. Si tratta di una cultura alcologica complessa: da un approccio semplice e monoterapeutico elettivo si dovrebbe approdare  ad una clinica della complessità, nella quale più saperi, più figure professionali, più agenzie, e un coordinamento come il FISPA,  contribuiscono a costituire quella che viene definita  dai sanitari , e da noi condivisa, "catena terapeutica".

Fondamentalmente dobbiamo passare  da un approccio monomodale ad un approccio multimodale complesso, e nello specifico ciò determina:

·       maggiore centralità dell’utente straniero ;

·       miglioramento della ritenzione e diminuzione dei drop out;

·       diversificazione dell’offerta di programmi,  congruentemente all’eterogeneità della popolazione immigrata individuata,  oppure che fa capo  ai servizi o al sindacato;

·       utilizzo di tutte le competenze professionali;

·       articolazione massima delle attività: dalla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione e recupero personale e socio-lavorativo.

In particolare per quanto riguarda il fenomeno dell’immigrazione e la presenza di soggetti stranieri con problemi legati al consumo di alcol, riteniamo sia un fenomeno che va studiato, analizzato, monitorato come stiamo facendo, al fine di comprenderne meglio le ragioni e le implicazioni, per arricchire il bagaglio di competenze specifiche dell’ equipe, e per fornire l’ approccio e le risposte più rispondenti ai bisogni. Si è deciso di lavorare su due fronti:

1.    la non conoscenza da parte degli stranieri dei servizi erogati sul territorio, e

2.     la poca conoscenza che noi abbiamo degli stranieri (usi, consuetudini, difficoltà di inserimento sociale e lavorativo).

 Un primo obiettivo è, pertanto,  quello di organizzare azioni di visibilità e informazione nei luoghi o servizi abitualmente frequentati dai neo comunitari e dagli stranieri, per aumentare la conoscenza e le informazioni sull’alcol, favorendo, quindi,  indirettamente anche la conoscenza dei servizi esistenti su ogni singolo territorio.

 Il secondo obiettivo mira  a favorire una maggiore conoscenza   delle diverse culture di provenienza degli stranieri e un avvicinamento a realtà singole o di associazionismo straniere, obiettivo realizzabile mediante la collaborazione di questa rete.

In conclusione, e sintetizzando l’ipotesi applicativa si possono individuare 3 punti chiave, sui quali proseguire il nostro intervento in maniera sinergica:

1.     favorire una sempre più attiva collaborazione ed integrazione attiva tra Servizi, istituzioni, organizzazioni sindacali  e terzo settore, per promuovere il diritto di cittadinanza e l’accesso alle cure di soggetti immigrati;

2.     favorire l’informazione sull’alcol e l’accesso ai vari servizi a supporto del lavoratore migrante;

3.     investire sulla figura del mediatore culturale, quale anello di congiunzione fra il cittadino straniero, alcolista o potenziale,    le istituzioni, le organizzazioni sindacali ed i servizi territoriali pubblici e privati preposti.

 E’ questa la nostra proposta che incontra favorevolmente il lavoro  del  tavolo permanente “Alcool SOS : Est Ovest  e che,  al di là delle competenze specifiche in materia di alcolismo, il sindacato che oggi qui rappresento,  sta portando avanti nell’ambito della sfera d’azione sociale.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prensa Extranjera


El Parlamento Europeo rechaza el "permiso único" para la inmigración

La directiva consagraba la discriminación de los extranjeros no comunitarios


El Parlamento Europeo rechazó ayer la directiva de "permiso único" que consagraba la discriminación de los inmigrantes de terceros países en importantes derechos laborales y sociales. Una disputa de última hora entre liberales y conservadores ha permitido a los grupos de izquierda cerrar el paso al polémico texto. Alejandro Cercas, eurodiputado socialista, y principal artífice de la movilización, expresó su satisfacción por el rechazo a una norma que "permitía la entrada en Europa de trabajadores que no quedaban sometidos al derecho comunitario ni al derecho nacional, lo que fomentaría los sentimientos de xenofobia, racismo y rechazo hacia los inmigrantes". El voto de un importante sector de los liberales, por las últimas modificaciones del Consejo, provocó un cambio decisivo en la votación cuyo resultado fue de 350 votos en contra, 306 a favor y 25 abstenciones. Guy Verhofstadt, presidente del grupo liberal, manifestó que "la propuesta de la Comisión proporcionaba un procedimiento simple y único de residencia para los trabajadores de terceros países, pero el Consejo insistió en que los Estados podrían exigir documentos adicionales. Pero esto sería una burla a la propuesta de tener un procedimiento único y simplificado". La directiva ha sido devuelta a la Comisión Europea, para que considere si mantiene su propuesta inicial. El vicepresidente del Parlamento Europeo Alejo Vidal-Quadras, que dirigió la sesión del plenario, dijo que tras las explicaciones de la comisaria Neelie Kroes, en representación de la Comisión Europea, entendía que en principio el Ejecutivo comunitario mantendría la propuesta. Ahora habrá que ver primero si finalmente la Comisión mantiene el mimo texto. Por su parte, los eurodiputados disponen de dos meses para buscar de nuevo un acuerdo. Cercas señaló con notorio entusiasmo: "Ahora tenemos una nueva oportunidad". "Necesitamos" dijo, "un debate abierto ante la sociedad civil europea, ante las ONG, ante la Iglesia y ante los sindicatos". Anna Terrón, secretaria de Estado de Inmigración, manifestó que el Gobierno apoyará la posición del Parlamento y pedirá a la Comisión Europea que "revise la propuesta". "Se trata", dijo, "de evitar una directiva Bolkenstein mundial [en relación a la antigua directiva de servicios] e impedir abusos en el traslado de trabajadores en las compañías multinacionales". El líder de los socialistas españoles en el Parlamento Europeo, destacó: "Hemos evitado que Europa dé un paso atrás". "Estamos aquí", añadió, "para velar por la igualdad en el trabajo y preservar nuestro modelo de protección social. Con esta votación, el Parlamento Europeo ha demostrado, una vez más, su importancia en el proceso legislativo de la UE".

Willy Meyer, eurodiputado por Izquierda Unida, expresó su satisfacción por el rechazo de la directiva por parte de la Eurocámara "porque era un proyecto que violaba la igualdad de los trabajadores". La propuesta de directiva de "permiso único", que pretendía fijar un marco de derechos uniforme para estos inmigrantes, estaba llena de exclusiones y derogaciones. Así, están excluidos los trabajadores temporales, los desplazados, los trasladados por empresas de terceros países, los de empresas prestadoras de servicios mediante contrato, y determinados supuestos de aprendices. Existía el riesgo evidente de establecer importantes diferencias en los derechos de los trabajadores europeos y los desplazados de terceros países. Muchas compañías podrían trasladar sus sedes a países terceros como Marruecos o Turquía y desplazar después a los trabajadores de esos países a sus sucursales en la UE con las mismas condiciones laborales del país de origen. Las derogaciones más significativas son las referidas a la exportación de pensiones, reconocimiento de prestaciones familiares, el derecho a la vivienda, a la formación y a la educación permanente. Esto significa, por ejemplo, que un emigrante turco o marroquí que haya trabajado en Alemania no podrá recibir su pensión en su país de origen si decide retirarse allí, sino que deberá permanecer en el Estado donde haya trabajado. La aprobación de esta directiva consagraría la inferioridad del derecho europeo en materia laboral y social respecto al Convenio de Naciones Unidas de 1990, sobre la protección de derechos de todos los trabajadores inmigrantes y sus familias.