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Espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione

 

Scheda pratica a cura di Sergio Romanotto e Paolo Bonetti  (Aggiornata al 27.10.2009)

 

 

 

 

 

Sommario

 

1.      I presupposti e le esclusioni.

 

2.     Le modalità di esecuzione del provvedimento e la tutela giurisdizionale.

 

3.     Il divieto di reingresso dell'espulso e la trasgressione di tale divieto.

 

 

1. I presupposti e le esclusioni.

 

L’art. 16 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione degli stranieri, approvato con d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (di seguito indicato come “T.U.”), prevede i commi 5 e seguenti, introdotti dalla legge n. 189/2002, i quali dispongono che il magistrato di sorveglianza debba disporre l’espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione dello straniero extracomunitario che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni per reati non gravissimi, che rientri tra le categorie di stranieri che dovrebbero essere comunque espulsi dal Prefetto, che sia identificato e per il quale non sussistano impedimenti all’esecuzione dell’espulsione.

In realtà l'espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione ha natura amministrativa, così come ha affermato l’ordinanza n. 226/2004 della Corte Costituzionale.

Tale provvedimento presenta, pertanto, elementi comuni con i provvedimenti di espulsione disposti dall’autorità amministrativa (divieti all’espulsione, forma del provvedimento, modalità di esecuzione dei provvedimenti e effetti dell’espulsione); per un approfondimento di tali aspetti si rimanda quindi alle relative schede pratiche, mentre qui verranno esaminati i presupposti applicativi di questa singola misura.

L'espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione è stata introdotta dalla legge n. 189/2002 ed era destinata, secondo le intenzioni del legislatore, a sfoltire il numero di detenuti stranieri presenti negli istituti penitenziari italiani.

Peraltro tale espulsione ha natura amministrativa nel senso che costituisce un’atipica misura alternativa alla detenzione, ma non costituisce una sanzione amministrativa ai sensi e per gli effetti della legge 24 novembre 1981, n. 689, con la conseguenza che non è applicabile il principio di irretroattività (Cass. pen., sez. I, n. 4429/2006), sicché sono espellibili anche stranieri condannati prima dell’entrata in vigore della legge n. 189/2002.

L’espulsione a titolo di sanzione alternativa alla detenzione è disposta dal magistrato di sorveglianza nei confronti dello straniero, quando nella sua situazione sussistano tutti i seguenti presupposti (art. 16 comma 5 T.U. così come modificato dalla legge n. 189/2002):

1.     sia detenuto o internato in un istituto penitenziario (perciò secondo Cass. pen. 9 gennaio 2004, n. 518, essendo la misura finalizzata a ridurre la popolazione penitenziaria essa non è applicabile a persone che già si trovino ad espiare la pena con altre misure alternative alla detenzione, quali la detenzione domiciliare); peraltro secondo Cass. pen. 17 marzo-24 aprile 2008, n. 17255 la mera concessione della liberazione anticipata non ostacola l’espulsione; la misura è invece applicabile anche ai condannati ammessi alla semilibertà, regime che comporta la permanenza del condannato in un istituto penitenziario sebbene limitatamente a certi orari: così Cass. pen. 13-31 ottobre 2005, n. 39781);

2.     sia in corso di esecuzione di una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni;

3.     sia stato condannato per un reato diverso da uno dei delitti indicati nell’art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale ovvero da uno dei delitti previsti dal T.U. anche se la condanna per uno dei reati ostativi sia stata assorbita in un provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica (Cass. pen. 5-12 febbraio 2008, n. 6648);

4.     sia identificato (si veda al par. 2);

5.     si trovi in una delle condizioni previste dall’art. 13 comma 2 T.U. che legittimano l’espulsione da parte del prefetto (è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto di 8 giorni, il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, si tratti di straniero “pericoloso”); tra le condizioni tassativamente indicate nell’art. 13, comma 2 T.U. non rientra l’esistenza di altra condanna penale, né spetta al giudice di sorveglianza pronunciarsi sull’esistenza o meno delle condizioni per il rinnovo del permesso di soggiorno, anche se tempestivamente richiesto (Cass. pen., sez. I, sent. 11 gennaio 2007, n. 3500); peraltro l’espulsione non può essere disposta nel caso in cui, a causa della tardiva presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, spetti ancora al questore competente il compito di controllare la sussistenza delle condizioni per il rilascio del titolo di soggiorno, perché il tribunale di sorveglianza non è legittimato ad entrare nel merito della riferibilità a causa di forza maggiore del ritardo stesso, per farne derivare automaticamente l’espulsione dello straniero (Cass. pen. Sez. I, n. 39083/2006);

6.     non sussista una delle situazioni nelle quali l’art. 19 T.U. prevede il divieto di espulsione (art. 16, comma 9 T.U.).

 

 

2. Le modalità di esecuzione del provvedimento e la tutela giurisdizionale.

 

Dalle norme vigenti si ricava che si tratta di una misura ad applicazione vincolata: il magistrato di sorveglianza deve necessariamente disporre l’espulsione dello straniero che abbia tutti i requisiti previsti dalla legge, individuati attraverso un esercizio di discrezionalità tecnica a cui è estraneo ogni apprezzamento di valore (così Cass. pen. 17 marzo – 24 aprile 2008., n. 17255)

Il procedimento si avvia o su istanza di parte o d’ufficio sulla base delle informazioni periodicamente inviate dagli istituti penitenziari.

Competente a disporre l’espulsione è il magistrato di sorveglianza, che decide con decreto motivato, senza formalità, acquisite le informazioni degli organi di polizia sull’identità e sulla nazionalità dello straniero(art. 16, comma 6 T.U.).

Il giudice deve infatti verificare con gli uffici di polizia che lo straniero non abbia esibito eventuali documenti falsi, sicché potrebbe essere stato condannato con altri nomi (alias) per reati ostativi all’espulsione. Peraltro lo straniero deve essere espulso quando sia stato condannato con altra identità (alias) per reati non ostativi all’espulsione, ma sia in possesso di un documento valido per l’espatrio, sempreché gli organi di polizia attestino, tramite la competente autorità consolare straniera, la corrispondenza dei dati indicati nel documento, della data di rilascio e la data di validità del documento.

Il decreto di espulsione è comunicato allo straniero che, entro il termine di dieci giorni, può proporre opposizione dinanzi al Tribunale di sorveglianza. Il Tribunale decide nel termine di venti giorni (art. 16 comma 6 T.U. così come modificato dalla legge n. 189/2002).

In pendenza dei termini per proporre opposizione avanti al Tribunale di sorveglianza, o nelle more della decisione, l’esecuzione del decreto è sospesa. In ogni caso lo stato di detenzione permane fino a quando non siano stati acquisiti i necessari documenti di viaggio (in tale periodo non si dispone dunque il trattenimento in un centro di identificazione ed espulsione, ma lo straniero così espulso permane la detenzione nell’istituto penitenziario). L’espulsione è eseguita dal questore competente per il luogo di detenzione dello straniero con la modalità dell’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (16 comma 7 T.U. così come modificato dalla legge n. 189/2002). 

Si tratta dunque di un’espulsione disposta d’ufficio dal magistrato monocratico senza contraddittorio, salva la facoltà del detenuto di provocare, attraverso la presentazione dell’opposizione, un contraddittorio differito davanti al giudice collegiale.

L’impugnazione di fronte al tribunale di sorveglianza ha natura di gravame, sicchè l’opposizione non supportata da specifici motivi è inammissibile (Cass. pen. 19 dicembre 2003 – 1 marzo 2004, n. 9235), anche se al procedimento di opposizione davanti al tribunale di sorveglianza si applicano  le norme degli artt. 666 e 678 cod. proc. pen. per il procedimento di sorveglianza, sicchè i motivi di gravame potrebbero anche essere dedotti in udienza poiché l’art. 666, comma 6 cod. proc. pen. prevede che le norme sulle impugnazioni e quelle sul procedimento in camera di consiglio davanti alla Corte di cassazione “si osservano in quanto applicabili”.

La pena è estinta alla scadenza del termine di dieci anni dall’esecuzione del provvedimento di espulsione a condizione che lo straniero non sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato. In tal caso, infatti, lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l’esecuzione della pena (art. 16 comma 8 T.U. così come modificato dalla legge n. 189/2002).

E’ perciò una causa di sospensione condizionata della pena: l’esecuzione della pena è sospesa a condizione che lo straniero espulso non rientri sul territorio dello Stato nei successivi 10 anni.

La Corte costituzionale nell’ord. n. 226/2004 ha rilevato che sono comuni agli artt. 13 e 16 T.U., tra l’altro, “il divieto (…) di procedere all’espulsione dello straniero che si trovi nelle condizioni elencate nell’art. 19; l’impugnabilità del provvedimento di espulsione, rispettivamente prevista nel comma 8 dell’art. 13 e, con effetto sospensivo, nei commi 6 e 7 dell’art. 16; la garanzia del decreto motivato, rispettivamente richiamata nel comma 3 dell’art. 13 e nel comma 6 dell’art. 16”. La Corte ha osservato inoltre, che “la garanzia dell’opposizione al tribunale di sorveglianza, con effetto sospensivo, svolge anche la funzione di assicurare, sia pure in un momento successivo alla pronuncia del decreto di espulsione, il contraddittorio tra le parti e l’esercizio del diritto di difesa” e, per altro verso, che “l’obbligo di comunicare allo straniero il decreto di espulsione tradotto in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in francese, inglese o spagnolo, unitamente all’indicazione delle modalità di impugnazione, può desumersi invece in via sistematica dalla prescrizione contenuta nel comma 7 dell’art. 13, anche alla stregua del rinvio di carattere generale operato dall’art. 16, comma 5, allo straniero che si trova nelle situazioni di cui al comma 2 del medesimo art. 13”.

Nella stessa ordinanza la Corte costituzionale ha infine osservato che “nulla impedisce al magistrato di sorveglianza, prima di emettere il decreto di espulsione, di acquisire dagli organi di polizia non solo (…) le informazioni sull’identità e sulla nazionalità dello straniero, ma qualsiasi tipo di informazione necessaria o utile al fine di accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni che legittimano l’espulsione, posto che nel disporre l’analoga misura amministrativa di cui all’art. 13, comma 3, il questore può evidentemente avvalersi di informazioni a tutto campo sullo straniero nei cui confronti deve essere disposta l’espulsione”.

 

 

3. Divieto di reingresso dell’espulso e trasgressione del divieto di reingresso dell’espulsione disposta dal giudice

 

Lo straniero espulso dal giudice a titolo di misura alternativa  non può rientrare in Italia durante un periodo determinato pari a 10 anni.(Per approfondimenti e per le ipotesi di reingresso regolare dello straniero già espulso si veda la scheda “Divieti di reingresso”)

In caso di trasgressione di tale divieto gli artt. 13, commi 13-bis e ter T.U. prevedono che lo straniero sia arrestato anche fuori della flagranza del fatto e che si proceda nei suoi confronti con rito direttissimo.

Sono previste pene aggravate rispetto a quelle previste per il rientro illegale dello straniero espulso con provvedimento amministrativo: da 1 a 4 anni di reclusione e da 1 a 5 anni di reclusione se lo straniero espulso, già denunciato per il reingresso illegale, abbia fatto reingresso sul territorio nazionale.

Inoltre nei confronti dello straniero che prima della scadenza del termine di dieci anni dall’esecuzione del provvedimento di espulsione sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l’esecuzione della pena (art. 16 comma 8 T.U. così come modificato dalla legge n. 189/2002).