Una giornata a Rosarno
Quali sono le ragioni che hanno portato la civile convivenza a
collassare in un giorno di inizio gennaio, in questa cittadina della Calabria? Quanto
pesa lassenza dellautorit pubblica nel controllo del rispetto delle regole e
nella crisi delleconomia della regione? Quali risposte il sindacato ritiene
necessarie per lottare contro il riprodursi di situazioni di para schiavismo e nel
rilancio del settore agricolo?
Di
Giuseppe Casucci
Rosarno,
febbraio 2010 - Il viaggio dalla stazione centrale di Reggio Calabria, dura
circa unora e 20. Il treno una carretta che si ferma a tutte le stazioni.
Gli scompartimenti scarseggiano in
pulizia ma non di gentilezza da parte degli altri viaggiatori calabresi: un
tratto comune a tutte le et e che mal si concilia con la cattiva fama di una
terra in odore di controllo da parte della criminalit organizzata.
Il percorso si snoda lungo la bellissima costa calabrese, quella
che passa per la piccola perla di Scilla, dirimpettaia della rupe siciliana di
Cariddi sedi, nella mitologia greca, di due terribili mostri usi ad
attaccare le imbarcazioni che ardivano attraversare il canale di Sicilia, il
primo strappando i marinai dalla coperta delle navi mentre il secondo risucchiava
i vascelli in un vortice marino.
Il treno passa poi per Bagnara e Palmi per poi entrare nella
piana di Gioia Tauro al centro della quale ubicata la collina su cui
adagiato Rosarno. Il paese arroccato su di una altura che si affaccia come un
balcone naturale sul Porto di Gioia Tauro e sulla pianura circostante. La citt
ha oggi circa 16 mila residenti ed una storia antichissima. Le sue origini risalgono
all'antica colonia greca di Medma, fondata dai locresi alla
fine del VI secolo prima di Cristo. La prima notizia certa riguardante Rosarno, comunque, del
1037, il cui nome, di origine bizantina (dal patronimico Rousare)si incontra
appunto in un codice napoletano di quellanno.
Rosarno fu completamente
distrutta dal terremoto del 1783, che caus oltre 60.000 vittime nellintera Calabria
oltre a radere al suolo Messina. Poi fu il turno della malaria, una furia
distruttrice che allora decim il resto della popolazione. Il territorio fu
bonificato ad inizio 800 con lopera di
migliaia di lavoratori
provenienti dai paesini del Monte Poro, e dal Cosentino, tutti
raggruppati in un villaggio in riva al mare, che prese il nome nel 1831 di San
Ferdinando.
Completata nel corso dei
decenni, la bonifica della Piana di Rosarno produsse gli effetti sperati,
trasformando unarea acquitrinosa e insalubre in un territorio fertile e
lussureggiante, a tal punto da rendere possibile limpianto di colture agricole
pregiate, quali quelle agrumicole ed olivicole. Grazie alle accresciute
potenzialit economiche, nel corso degli anni Rosarno vide incrementare
progressivamente la popolazione, divenendo punto di riferimento per migliaia di
lavoratori provenienti dai paesi vicini e dalla zona ionica, e pi di recente
di lavoratori immigrati.
Il paesaggio oggi lussureggiante e testimonia dellestesa
presenza di oliveti ed agrumeti, e di kiwi da quando il prezzo di base degli
agrumi raccolti precipitato a meno di 25 centesimi al chilo.
Secondo le testimonianze di produttori e lavoratori locali, il
dramma di Rosarno sta tutto qui:
nel crollo dei prezzi delle produzioni agricole e nellincapacit delle aziende
di saper diversificare il prodotto e puntare sulla qualit, per far fronte alla
globalizzazione, ripiegando sullo sfruttamento intensivo della manodopera, al
limite dellumano sopportabile.
Un sfida persa, per, che non riguarda certo solo Rosarno o solo
la Calabria, come non si stanca di ripetere Stefano Mantegazza, segr. Generale
della UILA -Uil.
Il 17 febbraio scorso, nellauditorium di Rosarno si sono dati appuntamento i
quadri sindacali del settore agricolo a livello nazionale: della Uila, della
Fai e della Flai. Obiettivo: non dimenticare i fatti di inizio gennaio: la
rivolta degli immigrati, la reazione della popolazione e lepilogo drammatico
per migliaia di lavoratori stranieri africani obbligati ad andarsene.
E per non dimenticare che le cause che hanno prodotto la rivolta
e successiva frattura sociale sono
ancora presenti ed attuali. La guerra tra poveri pu di nuovo accadere se non
si interviene sui motivi che lhanno scatenata. E se questo vero per Rosarno,
pu esserlo per molte altre parti in Italia.
<Il dramma che si consumato a Rosarno e che riguarda,
nellindifferenza pi assoluta, tante aree agricole del nostro paese, spiega il
dirigente sindacale, ha una diversa spiegazione da quella che vorrebbe tutti
gli immigrati clandestini e violenti e tutta la popolazione di Rosarno razzista
e succube della ndrangheta: la verit che cՏ una parte rilevante dellagricoltura
italiana che progressivamente andata fuori mercato, che non in grado di
riconvertirsi e si illude di poter vincere la sfida imposta dalla
globalizzazione riducendo salari e tutele oltre il limite dellimmaginabile>.
Alluscita dalledificio delle FS, piccolo e spoglio, malgrado la
cittadina sia uno snodo ferroviario importante per la Calabria, il paese si
arrampica su per la collina. Non cՏ autobus a portarci al centro storico, ma fino allauditorium
dove in corso lattivo sindacale sono poche centinaia di metri e si possono facilmente
percorrere a piedi.
E trascorso pi di un decennio da quando le assemblee indette
dallex sindaco Peppino Lavorato vedevano lauditorium di Rosarno gremito dai
suoi cittadini ed immigrati africani, per cercare insieme la strada di una non
facile integrazione, nel rispetto dei diritti della persona. Oggi, sembra
passato un secolo, e quella strada sembra essersi ad un tratto smarrita nella
rivolta degli immigrati e nella caccia allo straniero
promossa da balordi locali, fino allepilogo drammatico degli autobus che
portavano via centinaia di lavoratori immigrati.
<Non siamo razzisti, commenta un signore di mezzet seduto
al bar nei pressi di piazza Duomo, disposto subito a conversare: siamo anche
noi come loro (gli immigrati) vittime di una politica di abbandono da parte
dello Stato e delle autorit regionali>. Alla richiesta di maggior
chiarezza, spiega: <nessuno si chiede se produrre olive o arance in questa
citt sia ancora un mestiere conveniente. Non lo . La verit che, se gli
immigrati sono pagati poco o se restano disoccupati, il motivo riguarda la non
convenienza economica dellagricoltura, non una volont di discriminazione
razziale>.
Intanto, per, a pagare sono stati soprattutto gli africani. Ora,
per le strade circolano tranquillamente immigrati est europei ed possibile
incontrare qualche maghrebino, ma di stranieri subsaharaiani quasi nemmeno
lombra. Gli italiani, in gran parte, sono dentro le loro case apparentemente
dimentichi degli scontri di alcune settimane fa.
Spiega Hassan El Mazi, resp.le ufficio immigrazione UIL di
Reggio Calabria: <Non che gli africani non ci siano. Certo la maggior
parte di quelli coinvolti nei disordini un mese fa, gli immigrati dellAfrica
Sub- Sahariana, sono stati portati via dalla polizia. Ma molti stanno gi
ritornando alla spicciolata, richiamati da quelli stessi caporali che li hanno
sfruttati per mesi pagando la loro giornata 15 o venti euro. Sono quelli che
vivevano ammassati nellex cartiera di Rosarno o nelle strutture dellex Opera
Sila, lungo la statale 18.
Per gli altri, secondo il quadro sindacale UIL di origine
marocchina, non ci sono stati grandi problemi, in quanto vivono nelle case e
lavorano in altri settori.
Pasquale Papiccio, dirigente nazionale della UILA convinto di
una cosa: il razzismo non ha nulla a che vedere, o quasi, con i fatti di
Rosarno. Centra la crisi verticale del settore agricolo, lincapacit delle
istituzioni nazionali e locali di aiutare questo settore a riconvertirsi ed a
diversificare la produzione, centra lassenza di controlli che le autorit
preposte dovrebbero fare per combattere il lavoro nero e forme gravi di
sfruttamento.
Hassan entra nel dettaglio: negli ultimi anni il prezzo pagato
per le arance ai produttori sceso da circa 1500 lire a meno di 30 centesimi
al chilo. Di fronte a questa situazione molti agricoltori hanno smesso di
produrre e incassano il sussidio europeo che viene comunque pagato con un
meccanismo sganciato dalla produzione. Altri hanno abbassato al massimo il salario giornaliero pagato per la
raccolta. Oggi rischi di lavorare fino a 14 ore al giorno e guadagnare 20 euro,
dopo che hai pagato la quota <dovuta> al caporale. In questa
situazione, non detto che riesci a lavorare tutti i giorni: dunque, smetti di
mandare i soldi a casa e non sempre hai abbastanza per mangiare e sei costretto
a vivere in condizioni disumane. Ma non riesci ad uscire da questa trappola
perch non hai soldi nemmeno per viaggiare: insomma, una bomba ad orologeria
che, prima o poi, scoppier.
Tra gli immigrati che arrivano qui per lavorare, commenta un
sindacalista della FAI, ci sono anche molti stranieri che hanno perso il lavoro nelle fabbriche del Nord: prima
hanno cercato di trovarne un altro ma, una volta perso il permesso di
soggiorno, prima della sconfitta del ritorno a casa, cՏ linferno delle mille
Rosarno, in agricoltura, come in edilizia, come in altri settori.
Non sono sicuro, continua Papiccio, che la criminalit
organizzata centri davvero nello scoppio dei disordini. E pi probabile che la
situazione che abbiamo descritto, sia esplosa improvvisamente a causa del comportamento di alcuni
balordi locali che si sono messi a giocare al tiro a segno con gli africani.
Per, quello che in unaltra situazione si sarebbe risolto con un intervento puntuale
della polizia, si trasformato in una grave rivolta a causa della situazione
esplosiva presente da tempo, conosciuta e tollerata da tutti.
La criminalit centra sicuramente con i traffici di permessi
di soggiorno (2 o 3000 euro per avere un visto dingresso per lavoro
stagionale), che spesso sono vere e proprie truffe in quanto quando limmigrato
arriva qui rischia di non trovare limpresa (che spesso esiste solo sulla
carta) e finisce nella palude del lavoro nero da cui difficile poter uscire.
La piaga delle imprese fittizie, ci viene raccontato,
abbastanza estesa in alcune province della Calabria (e non solo in questa
regione): servono a prendere i contributi europei ed a trafficare sulle
giornate di lavoro. Se un lavoratore giunge a 51 giornate regolari ha poi
diritto ai contributi e alla disoccupazione, quindi spesso disposto a pagare
lui stesso imprese fantasma che assumono per quelle giornate e versano i
contributi pagati dallo stesso lavoratore, in cambio naturalmente della propria
fetta di guadagno. Ma lavoro vero ce nՏ poco.
Commenta Hassan: il meccanismo un vero circolo vizioso che si alimenta di
irregolarit ed illegalit. Di fatto a prova di bomba in quanto non
interesse di nessuno interrompere un circuito che porta soldi, soprattutto alle
imprese fantasma. Se si decide di controllare se chi lavora in regola, si
rischia di spingere al blocco delle
attivit quelle poche aziende che ancora producono, in quanto finirebbero per
andare in perdita.
CՏ poi il problema dei rumeni, continua Papiccio, che non
vogliono essere regolarizzati e preferiscono rimanere in nero e guadagnare
qualche euro in pi.
Laspetto forse pi
grave di un meccanismo infernale che produce scarsa redditivit e condizioni di
semi schiavismo per migliaia di persone, la virtuale assenza del controllo da
parte delle autorit dello stato che, da una parte dovrebbero aiutare
quelleconomia a riorientarsi , ad investire e a diversificare, ma dallaltra
dovrebbe anche vigilare sui gravi reati in atto contro i diritti fondamentali
della persona che vengono commessi nel disinteresse generale.
Per Stefano Mantegazza serve un giro completo di boa. Occorre
in primo luogo, ri-orientare la politica agricola nazionale. Un compito arduo
per, perch il governo attuale ha mostrato, nei fatti, il suo totale
disinteresse verso la materia e il ministro preposto brillato per la sua
assenza e la sua totale impotenza. Lultima dimostrazione liter parlamentare
del ddl sulla competitivit del settore o, ancor pi, latteggiamento del
governo sulla questione del futuro del settore bieticolo saccarifero: senza i
finanziamenti promessi, ma finora negati, questanno le bietole non verranno
seminate e le aziende di trasformazione chiuderanno definitivamente i battenti,
andranno in fumo migliaia di posti di lavoro insieme ad un altro pezzo della
ricchezza del paese. A questa situazione occorre reagire con determinazione. Il sistema agro alimentare, tutto
insieme, deve imporre al governo un cambio di passo e di strategia; deve
pretendere una politica agricola che selezioni scopi e destinatari dei sostegni
e degli investimenti pubblici, che valorizzi le risorse migliori e le
opportunit pi promettenti, perch nel mondo globalizzato nessuna economia
nazionale pu pensare di competere con tutti e su tutto. Noi dobbiamo puntare
sulla qualit dellagro – alimentare, dove contano di pi la creativit,
il capitale umano ed il lavoro.
E in fondo questo che sono venuti a dire i sindacati
confederali dellagricoltura, oltre a portare solidariet ai lavoratori del
posto, italiani e stranieri assieme: <un settore, come quello agricolo, che
d lavoro a molte migliaia di persone, non pu essere lasciato a se stesso.
Perch, senza investimenti ed innovazione capaci di far fronte alla sfida della
globalizzazione, quello che resta per molte aziende nel territorio tirare a
campare, magari a danno di esseri umani prigionieri nella trappola del lavoro
nero e della clandestinit>.
E un messaggio che va ascoltato se non vorremo avere, e presto,
altre Rosarno.