COMUNICATO STAMPA

 

LA TOLLERANZA DELLA SCHIAVITUĠ IN ITALIA DEVE CESSARE

 

 

Quanto avvenuto a Rosarno non  un drammatico evento imprevedibile ma  lĠepilogo di situazione di degrado, violenza e di totale assenza di intervento delle istituzioni pubbliche che dura da anni e che esplode, non a caso, nellĠanno del cosiddetto Òpacchetto sicurezzaÓ.

 

Il fenomeno dello sfruttamento estremo e sistematico, fino alla riduzione in schiavit o servit di migliaia di lavoratori stranieri che caratterizza fette rilevanti dellĠeconomia agricola del Mezzogiorno rappresenta una piaga le cui caratteristiche sono ampiamente note e che dovrebbe suscitare il massimo allarme da parte delle pubbliche autoritˆ. Se di situazioni di emergenza si pu˜ a pieno titolo parlare, senza che tale parola venga usata per battaglie politiche demagogiche finalizzate a generare paure nella popolazione e a raccogliere facili consensi, ci˜ dovrebbe riguardare proprio lĠesteso fenomeno della economia criminale, che da tempo utilizza i cittadini stranieri quali soggetti deboli, discriminati, stretti nella morsa della crisi economica e immersi senza possibilitˆ di scampo nel circuito forzato della clandestinitˆ verso la quale sono spinti da una normativa sempre pi feroce e inefficace nel risolvere i problemi che afferma di volere affrontare.

Rosarno convive da anni, in un clima di sostanziale accettazione ed indifferenza sociale, salvo lodevoli ma isolate eccezioni, con un intreccio perverso di violenza, sfruttamento e degrado che riguarda migliaia di cittadini stranieri, sia regolari che non, in condizioni di disperazione e di assoluta ricattabilitˆ, disposti, fino a ieri, a condizioni di sfruttamento ed emarginazione, che non trovano paragone in nessun paese europeo.

Di tutto ci˜ la politica, ed in particolare la politica dellĠattuale Governo, non si  mai occupata.

Delle dichiarazioni rese sui tragici fatti di Rosarno da parte del Ministro dellĠInterno Maroni ci˜ che colpisce e sconcerta non  solo lĠoramai abituale accostamento, inaccettabile sul piano etico e giuridico, tra clandestinitˆ (ovvero la semplice mancanza di un titolo amministrativo di soggiorno) e la commissione di crimini (dimenticando anche che molti stranieri di Rosarno sono regolarmente soggiornanti), ma  la mancanza di una chiara e ferma condanna delle violenze che si sono consumate a danno dei cittadini stranieri, nonchŽ il silenzio sulla vasta dimensione criminale dello sfruttamento della manodopera straniera che  in atto da anni e che rappresenta la causa prima che sta alla base dello scatenarsi delle violenze di Rosarno. Nulla, infatti, afferma il Ministro dellĠInterno su comeintenda affrontare la finora negletta emergenza dello sfruttamento dei lavoratori stranieri e su come intenda tutelare le vittime di tali situazioni, se non  il mero aumento di un contingente di forze di polizia. Lo stesso Ministro, inoltre,  parla di una situazione frutto di inadempienze di anni nella vigilanza e nellĠapplicazione delle leggi, ma tali inadempienze sono  addebitabili soprattutto alla sua personale responsabilitˆ politico-amministrativa, essendo stato lui stesso Ministro del Lavoro dal 2001 al 2006 ed essendo Ministro dellĠInterno dal maggio 2008.

Nessuna indicazione pratica concreta si ha neppure dalle dichiarazioni fatte dal Ministro del Lavoro e delle politiche sociali Sacconi secondo il quale il prioritario obiettivo dellĠazione di governo deve essere quello di bonificare tutte le sacche di illegalitˆ che si sono prodotte da Padova a Rosarno perchŽ in un contesto di sistematica e diffusa violazione delle leggi si realizzano fenomeni di disintegrazione di vario genere. Infatti non risulta che, come invece afferma il Ministro, nel caso di Rosarno ed in altre note situazioni del Mezzogiorno tutti i Servizi ispettivi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e degli enti vigilati abbiano davvero provveduto nei mesi scorsi in modo sistematico con lo scopo di reprimere tutte le forme di sfruttamento del lavoro irregolare, con particolare riguardo per il bracciantato agricolo e per lĠedilizia, attivitˆ in cui il lavoro nero  facilmente verificabile ogni giorno.

Certamente la reazione spropositata avutasi da parte di molti stranieri con grave e ripetuta violenza sulle cose e su persone inermi non pu˜ in alcun modo essere giustificata o ridotta di gravitˆ e gli autori e gli istigatori delle violenze vanno perseguiti a norma di legge. Ma non si deve comunque ignorare e omettere di valutare la causa di siffatta reazione e la persistenza di un atteggiamento ostile da parte della popolazione italiana.

 Quanto accaduto conferma il fallimento di una politica dellĠimmigrazione totalmente ideologica e che, non garantendo affatto in modo concreto la sicurezza personale degli italiani e degli stranieri e non contrastando il lavoro nero,  sta invece accrescendo sempre di pi il bacino della irregolaritˆ e sta fomentando in tutto il Paese un clima xenofobo, di guerra tra le fasce pi povere o a rischio di povertˆ e di esclusione della popolazione.

La vera sicurezza sta anche nel far rispettare le leggi che esigono la tutela delle condizioni di lavoro contro ogni sfruttamento, impedire che i lavoratori dormano allĠaddiaccio, esigere che le Questure provvedano al rilascio e al rinnovo entro i termini indicati dalla legge (20 giorni) e non dopo mesi e mesi di snervante attesa, tutelare i richiedenti asilo e gli asilanti con efficaci politiche di integrazione ed accoglienza che non si limitino ai soli primi giorni di permanenza in Italia.

 

Quanto avvenuto a Rosarno deve segnare un punto di svolta nelle politiche nazionali dellĠimmigrazione. La profonda riforma delle normative sullĠimmigrazione deve costituire per tutte le forze politiche responsabili una prioritˆ nazionale assoluta, giacchŽ non di una singola, seppure rilevante disposizione di settore si tratta, ma di una normativa che riguarda lĠintero assetto di una societˆ democratica.

LĠASGI richiama il Governo ed il Parlamento allĠassunzione di misure urgenti ed improcrastinabili quali:

 

1.          lĠemanazione di un provvedimento urgente che consenta lĠeffettiva emersione dei lavoratori stranieri costretti dalla necessitˆ o dal ricatto al lavoro nero e allĠesposizione a condizioni di grave sfruttamento. Tale provvedimento, per essere efficace, deve potere avere ampia portata nelle condizioni di accesso e nella estensione temporale e deve potere essere attivabile dal lavoratore in caso di perdurante rifiuto da parte di chi ha posto in essere lo sfruttamento lavorativo

 

2.          lĠemanazione di opportune direttive, di concerto tra i ministeri dellĠInterno, del Lavoro e delle politiche sociali e della Giustizia, e un collegato rafforzamento dellĠoperato degli uffici di controllo, specie nelle regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, finalizzato a dare attuazione sia alle disposizioni di cui allĠart. 18 del d.lgs 286/98 sia al nuovo art. 600 cp novellato dalla legge 11 agosto 2003, n. 228, che permettono di perseguire la riduzione in condizioni di schiavit o servit nonchŽ il grave sfruttamento, anche lavorativo. LĠASGI segnala infatti con grande apprensione che la normativa vigente in materia di lotta allo sfruttamento, ancorchŽ  forse non pienamente idonea a rispondere alla gravitˆ della situazione attuale e perci˜ meritevole di una urgente revisione, comunque  potrebbe risultare almeno parzialmente efficace se fosse applicata con il dovuto zelo; si evidenzia invece da tempo un numero sorprendentemente modesto di azioni di indagine e di conseguenti provvedimenti giudiziari finalizzati a tutelare le vittime delle situazioni di grave sfruttamento e a combattere le organizzazioni criminali che attuano il sistematico sfruttamento della manodopera straniera. LĠintroduzione del reato di permanenza illegale dello straniero extracomunitario introdotto dalla legge n. 94/2009 (pacchetto sicurezza) ha inoltre avuto effetti controproducenti nella lotta alla schiavit lavorativa e al lavoro nero. Infatti nella prassi amministrativa e giudiziaria accade che il lavoratore straniero irregolare che pure denunzia il suo sfruttatore sia comunque intanto sottoposto ad una sanzione penale con procedimento direttissimo e sia altres“ espulso, mentre lĠazione penale relativa al denunziato sfruttamento segue il suo lento ed incerto corso, risultando alla fine magari archiviata a seguito dellĠavvenuta esecuzione dellĠespulsione dello straniero. In realtˆ una diversa applicazione delle norme vigenti, ed una interpretazione non restrittiva delle disposizioni di cui al citato art. 18, giˆ ora consentirebbe unĠazione immediata ed efficace: lo stesso procuratore della Repubblica che riceve la denunzia di sfruttamento lavorativo potrebbe richiedere al Questore il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale in favore del lavoratore sfruttato (art. 18 d. lgs. n. 287/1998) e contestualmente rigettare la richiesta di rinvio a giudizio per il reato di permanenza illegale, essendo cos“ divenuta legale la presenza dello straniero. Non pu˜ sfuggire a nessuno come in una tale situazione il grado di impunitˆ in cui operano le organizzazioni criminali sia elevatissimo e che il tentativo di reagire per vie legali venga, a buona ragione, percepito dalle vittime come un tentativo velleitario ed anzi dannoso perchŽ espone lĠinteressato a danni ulteriori e persino maggiori.

 

3.          la modifica delle attuali disposizioni amministrative, la cui piena conformitˆ alla norma primaria appare altres“ dubbia, in base alle quali la durata residua di validitˆ del permesso di soggiorno dello straniero che si trovi senza lavoro  di solo sei mesi. Si tratta di una disposizione fortemente irrazionale che oggettivamente, in un periodo di grave crisi economica come quello attuale, spinge un numero elevatissimo di stranieri, che pure avevano un pieno inserimento sociale in Italia, di durata a volte pluriennale anche a carico famiglie e minori,  a cadere nella spirale infernale della clandestinitˆ e ad accettare qualunque condizione di lavoro in nero pure di sopravvivere. LĠobbligo di non superare il periodo di sei mesi per la ricerca di un nuovo lavoro pi o meno stabile e che permetta di produrre il reddito adeguato al fine di consentire il rinnovo del titolo di soggiorni risulta oggi una richiesta impossibile ed iniqua, che discrimina, nel mercato del lavoro, la situazione dei lavoratori italiano rispetto a quella dei lavoratori stranieri. LĠASGI ritiene che al fine di favorire il mantenimento della regolaritˆ del soggiorno sia necessario che la durata del titolo di soggiorno per ricerca lavoro debba essere portata almeno a dodici mesi, come era previsto dal testo unico delle leggi sullĠimmigrazione introdotto nel 1998, prima della modifica restrittiva introdotta dalla legge n. 189/2002 (c.d. legge Bossi-Fini), e che, comunque, anche oltre tali termini, nellĠesame delle condizioni per il rinnovo del titolo di soggiorno vada prioritariamente considerata lĠeffettiva situazione in cui si trova lo straniero favorendo percorsi di inclusione sociale. 

 

4.          lĠapprovazione in tempi rapidi di una legge (o di modifiche di carattere amministrativo, anche con ordinanze di protezione civile) che consenta di assicurare certezza di accoglienza e di inserimento in percorsi di integrazione sociale nei confronti dei rifugiati e degli stranieri che godono del diritto alla protezione sussidiaria ed umanitaria. LĠASGI ricorda che tra gli stranieri che sono vittime delle situazioni di grave sfruttamento cĠ un numero significativo e crescente di persone protette dalle normative interne ed internazionali ma che vengono di fatte abbandonate a se stesse per mancanza sia di un sufficiente numero di posti di accoglienza, sia per le perduranti carenze delle normative in materia di asilo, diritto costituzionalmente garantito. EĠ dunque urgente ampliare e rendere flessibile la durata complessiva dellĠaccoglienza dei richiedenti asilo e degli asilanti nellĠambito dei progetti di accoglienza e di integrazione sociale dello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).

 

5.          un effettivo rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno da parte di tutte le Questure entro il termine di 20 giorni dalla presentazione della domanda indicato dallĠart. 5 del testo unico delle leggi sullĠimmigrazione: molti stranieri, anche lavoratori a Rosarno, attendono per mesi o addirittura per anni che lĠamministrazione della pubblica sicurezza adempia a tale obbligo e nel frattempo a causa di queste inadempienze a loro non imputabili vivono in condizione giuridicamente precaria: non possono legalmente prendere in locazione alcun immobile, difficilmente riescono ad iniziare un nuovo rapporto lavorativo e cos“ sono facile preda dello sfruttamento illegale del lavoro nero.

 

9 gennaio 2010 

 

A.S.G.I. - Associazione per gli studi giuridici sullĠimmigrazione