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Sottosegretario Alfredo Mantovano

12.01.2010

Immigrazione: elaborare un modello italiano

Il sottosegretario Mantovano, intervenuto in un convegno a Roma, ha evidenziato che la maggior parte degli immigrati punta a un reinserimento nei paesi d'origine

Elaborare un proprio 'modello', che faccia tesoro delle esperienze degli altri Paesi, e che tenga conto della propria identità. Questa la strada da percorrere nella gestione del fenomeno migratorio secondo il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, intervenuto al convegno 'Immigrazione e identità nazionale. Verso un modello italiano', promosso dalla Fondazione Nuova Italia che si è tenuto ieri a Roma.

Dalle intenzioni degli stessi migranti, osserva Mantovano, emerge che «Chi oggi viene in Europa da aree meno sviluppate pensa di stabilirsi solo in un terzo dei casi: l’altro 70% si pone l’obiettivo di mettere da parte dei risparmi, di acquisire mestieri e/o professionalità, di far frequentare ai figli le nostre scuole, quindi di rientrare nel Paese d’origine per far fruttare i risparmi e le conoscenze apprese».

Per questo deve costruirsi un 'modello italiano', una politica di reinserimento dei lavoratori immigrati nei paesi di origine per garantire un equilibrio tra fabbisogno di mano d’opera dell’economia italiana e nuove opportunità di lavoro dei Paesi di provenienza.

Altro punto sul quale impegnarsi per gestire l'immigrazione «è tentare di orientare gli arrivi nei differenti Paesi europei sulla base di consonanze culturali in senso lato, proprio per permettere la migliore integrazione, non si tratta - prosegue il sottosegretario all'Interno - di promuovere impossibili preferenze etniche, ma di essere consapevoli che la convivenza riesce meglio quanti più numerosi sono gli elementi che si hanno in comune. Un somalo ha una facilità di integrazione in Italia certamente superiore rispetto a un maghrebino, mentre in Francia chi proviene dalla Tunisia trova un terreno più favorevole rispetto a chi proviene dallo Sri Lanka.
In quest’ottica, conclude Mantovano, non dobbiamo temere di riaffermare la nostra identità culturale: anzi, dobbiamo convincerci che l’immigrazione pone a rischio le società che non riescono a mantenere in modo chiaro e deciso la propria identità».





   
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