Vai al contenuto della pagina | Vai al menù di secondo livello
Home  |  Sala Stampa  |  Interventi e interviste  |  Informativa urgente del Governo sull'esplosione di un ordigno presso la procura generale di Reggio Calabria, verificatasi il 3 Gennaio 2010, nonché sui fatti di Rosarno

Interventi e interviste

Interventi - Ministro Roberto Maroni

13.01.2010

Informativa urgente del Governo sull'esplosione di un ordigno presso la procura generale di Reggio Calabria, verificatasi il 3 Gennaio 2010, nonché sui fatti di Rosarno

Bozza non corretta in corso di seduta

Signor Presidente, onorevoli colleghi, ieri mattina la Polizia di Stato ha eseguito a Rosarno 17 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone indagate per reati di associazione mafiosa. L'operazione di polizia ha portato anche al sequestro di un ingente patrimonio, comprendente numerose attività commerciali, per un valore complessivo di decine di milioni di euro.
Da questa mattina è in corso in provincia di Reggio Calabria un'operazione dei carabinieri, denominata «Nuovo Potere», con l'esecuzione di 27 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone accusate di associazione per delinquere di stampo mafioso, tentato omicidio, estorsione e traffico d'armi e di droga: questa è la risposta migliore che lo Stato può dare dopo i gravissimi fatti accaduti in quelle zone. Questa è l'ennesima prova che lo Stato in Calabria c'è, continuerà ad esserci e non darà tregua alla 'ndrangheta e ad ogni forma di criminalità!
Informo anche che il Consiglio dei ministri di questa mattina, ancora in corso, ha deciso di tenere entro la fine del mese di gennaio in Calabria una seduta straordinaria per discutere ed approvare il piano straordinario antimafia predisposto dal sottoscritto e dal collega Alfano.
Passo ora all'illustrazione dei fatti oggetto di questa informativa, cominciando dalla bomba di Reggio Calabria, per poi passare ai disordini di Rosarno.
Alle ore 4,50 circa del 3 gennaio scorso a Reggio Calabria ignoti hanno collocato e fatto esplodere un ordigno davanti all'ingresso principale della sede della procura generale della Repubblica presso la Corte di appello e degli di uffici del giudice di pace di quel capoluogo.
Il sistema di videosorveglianza di cui è dotata la sede giudiziaria ha registrato le immagini di due soggetti con il volto coperto da caschi da motociclista, che poco prima dell'esplosione hanno collocato l'ordigno e attivato l'innesco.
L'esplosione è stata provocata da un dispositivo composto da una bombola di gas di dieci chilogrammi con matricola punzonata, alla cui sommità era stato posto un esplosivo ad alto potenziale, probabilmente tritolo, innescato da una miccia a lenta combustione. Il congegno era avvolto con un sacchetto di plastica del tipo di quelli utilizzati per la raccolta dei rifiuti.
L'esplosione ha causato danni al portone d'ingresso dell'immobile senza comprometterne l'agibilità.
Gli investigatori hanno rilevato che in quel capoluogo analoghi congegni sono stati utilizzati in precedenti attentati effettuati sempre di notte, tra il 17 e il 18 dicembre ai danni di un bar, la notte successiva ai danni di un'autovettura di proprietà di un avvocato e tra il 22 e il 23 dicembre contro il portone di uno stabile condominiale.
Nella mattinata dello stesso giorno 3 gennaio, il prefetto di Reggio Calabria ha tempestivamente tenuto una riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica per una prima analisi della situazione, con la partecipazione anche di rappresentanti della procura generale della Repubblica presso la Corte di appello, della procura distrettuale antimafia, della Direzione investigativa antimafia.
In questo contesto è stato immediatamente deciso il rafforzamento dei servizi di vigilanza agli uffici giudiziari e l'intensificazione dei servizi di protezione personale nei confronti del procuratore generale e dell'avvocato generale dello Stato. Sul gravissimo episodio e sulla sua esatta connotazione sono in corso attive indagini a cura della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri, coordinati dalla locale procura distrettuale antimafia, che non escludono al momento alcuna ipotesi investigativa.
L'obiettivo prescelto, le modalità di esecuzione dell'attentato e il contesto in cui è stato realizzato lasciano supporre comunque la riconducibilità dell'atto alla criminalità organizzata.
Il procedimento penale relativo è instaurato per competenza presso la procura di Catanzaro, essendo stata ipotizzata la riferibilità dell'azione intimidatoria all'operato di alcuni magistrati quali persone offese o danneggiate attualmente in servizio nel distretto di Corte di appello di Reggio Calabria.
L'11 gennaio la procura di Catanzaro ha iscritto il relativo procedimento ipotizzando, oltre ai reati già previsti a Reggio Calabria, anche il reato di violenza e minaccia a un corpo giudiziario aggravato dal fine e dal metodo mafioso. A seguito dell'episodio è stata disposta l'implementazione delle attività investigative nei confronti delle cosche della 'ndrangheta operanti nel capoluogo, anche attraverso verifiche di eventuali collegamenti con episodi pregressi. A tal fine è stato pianificato il potenziamento della squadra mobile della questura di Reggio Calabria.
La provincia di Reggio Calabria infatti continua ad essere tra quelle ad alto rischio macrocriminale, soprattutto con riferimento al comparto economico commerciale della piana di Gioia Tauro e della costa ionica. Gli interessi criminali vengono attirati anche dai significativi benefici di spesa provenienti sul territorio dall'Agenda comunitaria 2007-2013, nonché dai Fondi strutturali pluriennali. Le forze di polizia dispongono di un'articolata mappatura delle varie congregazioni criminali, frutto di una costante azione di contrasto che da anni viene posta in essere. Le 'ndrine della provincia evidenziano significative propensioni alle infiltrazioni nelle pubbliche amministrazioni locali e nei settori degli appalti di opere e servizi. Esse inoltre hanno sviluppato un'elevata capacità di dialogo con le altre organizzazioni criminali, anche di provenienza straniera, soprattutto nel narcotraffico. Proprio per questa attitudine la 'ndrangheta è oggi l'organizzazione più agguerrita del panorama criminale italiano e internazionale e riesce a coltivare significativi interessi delinquenziali anche fuori dalla Calabria e all'estero.
L'obiettivo dell'attentato appare chiaro: la decisione della 'ndrangheta di reagire all'imponente azione di contrasto che lo Stato sta conducendo con successo per debellare questo vero e proprio cancro della nostra società.
La gravità dell'episodio e il contesto in cui è avvenuto hanno indotto il Governo a dare un segnale immediato ed inequivocabile di massima attenzione. Il 7 gennaio scorso mi sono recato insieme al Ministro della giustizia a Reggio Calabria per partecipare ad un vertice interforze appositamente convocato presso la prefettura. A questa riunione hanno preso parte anche il Procuratore nazionale antimafia e i vertici della magistratura locale.
Abbiamo assunto decisioni importanti nella direzione di intensificare ulteriormente l'azione di contrasto alla criminalità calabrese in ogni direzione possibile. A tal fine ci siamo ispirati alle iniziative già recentemente sperimentate in altri contesti, come Caserta, dove abbiamo ottenuto risultati positivi inviando più uomini delle forze di polizia, migliorando il coordinamento tra polizia e magistratura e intensificando al massimo il controllo intensivo del territorio e l'attività informativa ed investigativa.
Abbiamo quindi deciso un immediato rinforzo delle principali strutture investigative e di controllo del territorio della provincia. Nei giorni scorsi sono state quindi inviate in Calabria 121 unità di personale investigativo della polizia, mentre il Ministro della giustizia ha anticipato l'assegnazione agli uffici giudiziari inquirenti di Reggio Calabria di sei magistrati.
Proprio nella consapevolezza della priorità di importanza e della valenza assolutamente strategica della lotta alle consorterie mafiose, attraverso l'aggressione ai loro patrimoni, verrà rafforzata l'attività del desk interforze costituito da personale della Direzione investigativa antimafia, della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza, coordinato dal procuratore distrettuale di Reggio Calabria.
Questo tavolo - come già è avvenuto a Caserta - svilupperà una dettagliata mappatura delle famiglie mafiose verso cui indirizzare con priorità l'attenzione di aggressione dei relativi patrimoni, elaborando un metodico monitoraggio con un interscambio di dati e informazioni tra le strutture investigative locali e quelle nazionali.
Inoltre è prossima l'istituzione a Reggio Calabria di un gruppo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, la cui sede verrà allocata proprio in un immobile confiscato alla criminalità organizzata.
Per potenziare l'azione di contrasto e i tentativi di infiltrazione delle famiglie mafiose calabresi negli appalti pubblici fuori dalla Calabria, abbiamo deciso l'istituzione di due strutture specialistiche, con sede una L'Aquila e una a Milano, che avranno il compito di monitorare le possibili infiltrazioni della 'ndrangheta nei lavori di ricostruzione del terremoto in Abruzzo e in quelli previsti per l'Expo 2015 a Milano. Proprio domani sarò Milano ad insediare la sezione specializzata territorialmente per Milano.
Abbiamo inoltre ipotizzato e io sostengo l'opportunità di insediare proprio a Reggio Calabria la sede dell'agenzia nazionale che avrà il compito di gestire i beni sequestrati e confiscati alla mafia, che sarà oggetto della discussione nel Consiglio dei ministri sul piano straordinario antimafia di cui ho fatto cenno e mi auguro che il Parlamento possa rapidamente approvare questo disegno di legge che sarà portato all'attenzione del Consiglio dei ministri dal sottoscritto.
Quello che ho descritto è un attentato molto grave, un vero e proprio atto terroristico di stampo mafioso, posto in essere per generare timori e paure e per reagire ai risultati delle attività di indagine e di contrasto, di aggressione ai patrimoni criminali e di cattura di importanti latitanti, che in questi ultimi tempi hanno dimostrato tutta la loro efficacia in Calabria e nel resto d'Italia. Chi ha pensato con questo gesto di colpire un ufficio giudiziario che sta svolgendo un ruolo importante in tale contesto troverà il Governo e tutte le istituzioni dello Stato assolutamente solidali con la magistratura calabrese e coesi nel proseguire nella strada intrapresa.
L'obiettivo irrinunciabile continuerà ad essere quello di riportare quanto prima il pieno controllo dello Stato in tutte le regioni del Paese, anche in quelle come la Calabria, dove la criminalità organizzata fonda il proprio potere sull'esistenza di storici problemi economici e situazioni di degrado, testimoniati anche dei disordini avvenuti a Rosarno, sui quali passo ora a riferire all'Aula.
Dai primi accertamenti svolti è emerso che un immigrato nativo del Togo e in possesso di permesso di soggiorno era stato colpito attorno alle 14,30 del 7 gennaio da un proiettile sparato da una persona a bordo di un'autovettura sulla strada statale n. 18 di Rosarno. Dopo le prime cure lo stesso veniva dichiarato guaribile in dieci giorni.
Alla notizia del ferimento faceva seguito una manifestazione di protesta di circa 300 cittadini extracomunitari presenti nell'area dei comuni di Rosarno e di San Ferdinando, che lavorano saltuariamente come braccianti agricoli nelle campagne della piana di Gioia Tauro per la raccolta di agrumi.
Gli extracomunitari inscenavano una manifestazione violenta, danneggiavano cassonetti per la raccolta dei rifiuti e colpivano numerose autovetture in transito con bastoni e pietre. Contemporaneamente nel centro abitato di Rosarno un altro gruppo di circa 100 immigrati danneggiava cassonetti e automobili in sosta. Il numero degli immigrati aumentava progressivamente raggiungendo complessivamente le 600 unità.
La situazione di estrema gravità, esplosa rapidamente, veniva tempestivamente fronteggiata dalle forze dell'ordine inviate subito sul posto. Veniva a quel punto avviato un tentativo di mediazione da parte del commissario straordinario del comune di Rosarno con una delegazione di immigrati. I manifestanti riprendevano però subito a creare disordini. Anche in questa fase le forze di polizia presenti riuscivano con prontezza ed efficacia a tenere sotto controllo la situazione, ricorrendo all'uso di lacrimogeni ed evitando incidenti più gravi.
Nel corso dei disordini venivano arrestati sette cittadini extracomunitari per i reati di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento e devastazione. Due di essi, feriti, venivano medicati presso l'ospedale di Polistena e per cinque di essi il giorno successivo veniva convalidato l'arresto.
Soltanto verso le 2.00 dell'8 gennaio, i cittadini extracomunitari rientravano nelle strutture adibite a dormitorio.
Le forze di polizia mantenevano un presidio nelle principali zone interessate dagli incidenti, perché la tensione rimaneva alta e si evidenziavano rischi di ritorsione da parte di alcuni cittadini di Rosarno, quale reazione ai danneggiamenti compiuti dagli immigrati.
Nella mattinata di venerdì 8 gennaio, circa 700 immigrati si radunavano nella piazza antistante la sede municipale di Rosarno per manifestare, questa volta, pacificamente. Un secondo incontro tra una delegazione di immigrati e il commissario straordinario del comune di Rosarno induceva gli immigrati a porre fine ad ogni protesta.
Alle 14,30 di venerdì 8 gennaio, il prefetto di Reggio Calabria teneva presso la sede del comune di Rosarno una riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, nel corso della quale veniva disposto il massimo impiego possibile delle forze di polizia, anche ricorrendo all'aggregazione di aliquote di personale proveniente da altri centri.
Nel corso della giornata, si verificavano singoli episodi di violenza ed intolleranza, in particolare, nei confronti di cittadini extracomunitari che vivevano isolatamente nelle campagne circostanti l'abitato di Rosarno. In particolare, veniva arrestato un cittadino di Rosarno, pregiudicato per vari reati, che, poco prima, aveva investito volontariamente con la propria autovettura un extracomunitario.
Alle 18,30 dello stesso giorno, due immigrati venivano feriti alle gambe da colpi di arma da fuoco sparati da ignoti e venivano ricoverati all'ospedale di Gioia Tauro per ferite giudicate guaribili in trenta giorni.
Anche nella successiva giornata del 9 gennaio, si verificavano a Rosarno singoli episodi di vandalismo e di violenza. Questi sono i fatti, dalla cui ricostruzione emerge con chiarezza un primo importante dato: le forze dell'ordine sono intervenute tempestivamente sin dall'inizio dei disordini e questo ha permesso loro di riuscire a porre fine alle violenze, evitando che esse degenerassero in episodi ancora più gravi.
Sono stato informato dei fatti immediatamente, ed immediatamente ho disposto il rafforzamento del presidio delle forze dell'ordine a Rosarno, nonché la costituzione di un'apposita task force, composta da personale del Ministero dell'interno, del Ministero del lavoro e dell'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, con il compito di ricostruire un quadro completo e dettagliato della situazione in atto ed individuare le soluzioni più adeguate per la sollecita definizione della crisi. Il gruppo di lavoro si è immediatamente insediato presso la prefettura di Reggio Calabria.
Risultavano dimorare presso l'immobile denominato «la Rognetta» di Rosarno circa 300 cittadini extracomunitari; altri 700 circa risultavano concentrati nell'edificio industriale dell'ex Opera Sila di Gioia Tauro, ed altri 200 ancora nel vicino comune di Rizziconi.
A fronte di una situazione così delicata e potenzialmente esplosiva, la task force ha ritenuto essenziale procedere all'immediato trasferimento di un primo gruppo di immigrati verso il centro di accoglienza di Crotone.
Nel pomeriggio di venerdì 8 gennaio, è stato disposto l'invio di un'equipe medica per un esame complessivo della situazione igienico-sanitaria delle strutture ove erano presenti gli immigrati e per monitorare le loro condizioni di salute.
Voglio sottolineare che le operazioni di trasferimento di tutti i cittadini stranieri sono avvenute su base volontaria e senza disordini, per tutta la giornata di sabato, verso i centri di Crotone e di Bari: nessuna deportazione, come qualcuno ha detto.
Complessivamente, le persone trasferite sono state 748, di cui 428 al centro di prima accoglienza di Crotone e 320 al centro di prima accoglienza di Bari. Circa 330 stranieri, inoltre, regolarmente muniti di permesso di soggiorno, si sono volontariamente allontanati in treno o con mezzi propri. Dei 428 trasferiti presso il centro di Crotone, 306 sono risultati in possesso di regolare permesso di soggiorno e, pertanto, dopo i controlli di polizia, hanno lasciato il centro di accoglienza. Diciannove, sprovvisti di titolo di soggiorno, saranno trasferiti presso i centri di identificazione ed espulsione di Lamezia Terme, Bari e Roma per procedere alla loro espulsione.





   
Icona Invia | Invia Icona Stampa | Stampa
Ministero dell'Interno