Annamaria Rivera
Editoriale di Liberazione, 15 gennaio 2009
Quel che fa impressione, di questo paese alla deriva
in ogni senso, non solo il razzismo ormai senza freni, n soltanto il
compimento di un processo che chi scrive aveva puntualmente previsto: cio la
saldatura fra razzismo istituzionale e razzismo popolare (o di massa, se
preferite). Ci che colpisce di pi limpotenza della sinistra comunque
aggettivata: impotenza al tempo stesso teorica e politica, coniugata con una
tale perdita della memoria da far pensare a una sindrome patologica. Di fronte
alla caccia alluomo e alla deportazione delle vittime della violenza mafioso-padronal-popolare
di Rosarno, il meglio che si letto, sul versante delle voci non marginali, lindignazione stupefatta di chi sgrana gli
occhi di fronte al fatto che per la prima volta unintera piana del sud
stata sgomberata da tutti gli uomini con la pelle nera che la popolavano (Gad
Lerner). Ci che fa specie quel per la prima volta. Abbiamo gi dimenticato
la strage di camorra che il 18 settembre 2008 uccise a Castelvolturno sei
lavoratori africani e un italiano, nonch le dichiarazioni ignobili di Maroni (anche
allora) e la caccia ai migranti irregolari che ne conseguirono? Gi ci siamo
lasciati alle spalle il pogrom di Ponticelli, ispirato dalla camorra e da
interessi economico-istituzionali (anche centrosinistri), con la cacciata
dellintera popolazione rom della zona a pietrate e insulti popolari? Eppure
Ponticelli metteva in scena il pi classico esempio di pogrom: la propalazione,
ad opera della camorra, di una voce, modellata sulla leggenda della zingara
rapitrice dinfanti; laccusa e la condanna di una giovane romn innocente; il
furore e la violenza popolari; lespulsione dal territorio di tutti gli
zingariE Ponticelli a sua volta ripeteva il copione di Scampia: in questaltro
quartiere della periferia napoletana, nel lontano 2000, per due giorni
bruciarono le favelas dei
rom, dove si erano rifugiati profughi non riconosciuti, fuggiti dalla guerra
civile in Jugoslavia. O forse inconsciamente si crede che i rom siano meno
umani perfino dei negri?
Se poi volessimo allungare lo sguardo allindietro, di
episodi simili ne troveremmo a decine allepoca in cui dilagava la sindrome
sicuritaria centrosinistra, fomentata e/o cavalcata ad arte da governanti e
amministratori democratici. Questo per dire che, per chi avesse voluto
coglierli, i segnali del precipitare di questo infelice paese verso il baratro
del razzismo cerano tutti gi da lungo tempo. Per ribadire che, quando hanno
governato, le forze democratiche hanno colpevolmente favorito la saldatura
della quale abbiamo detto ed evitato come la peste di varare misure per rendere
meno vulnerabili i senzadiritti, il che ha spianato la strada ai post-nazisti
che oggi ci governano.
Inoltre, che i braccianti di Rosarno siano uomini con
la pelle nera assai poco rilevante. Se fossero stati bianchi, olivastri o
gialli, il trattamento loro riservato, in quel contesto ambientale e storico
definito, sarebbe stato lo stesso. La razzizzazione, come sa chi ha studiato
i dispositivi del razzismo e conosce la storia dellantisemitismo, ignora i
confini fenotipici. Vedrete: quando a Rosarno, a Castevolturno o in Capitanata,
risulter pi utile impiegare come forza-lavoro servile braccianti in nero di
nazionalit marocchina, rumena o bulgara, al momento opportuno sar contro di
loro che verranno scatenate le accuse e la caccia al nero. Come del resto
gi successo. A Cassibile, per esempio, quando nei primi di giugno del 2006 un
rogo distrusse la baraccopoli dove erano costretti ad alloggiare i braccianti
maghrebini (non neri, fino a prova contraria), impiegati nella raccolta delle
patate. Gi quel caso mostr che violenze, rabbia popolare e operazioni di
polizia per individuare, espellere o arrestare i clandestini sopraggiungono, puntuali come la morte, nella
fase finale della raccolta, quando diminuisce la domanda di manodopera.
Non dunque il colore della pelle a scatenare i
pogrom bens lo status di meteci, di senzadiritti o con diritti limitati, ai
quali, oltre tutto, sono imposte condizioni disumane di lavoro e di esistenza.
Lerrore di questi lavoratori stato il mostrare che, malgrado ogni cosa
congiuri a de-umanizzarli, essi restano umani. Ribellandosi, oggi come lanno
scorso, le bestie hanno esibito tutta intera la loro umanit. E questo ad
essere intollerabile. Non solo per la ndrangheta, per il ministro
dellinterno, per gli agrari locali, piccoli o grandi, ma anche per i comuni
cittadini che socializzano e scaricano il proprio rancore contro capri espiatori
moralmente e materialmente de-umanizzati.
Le bestie sono capaci di farsi soggetti, perfino di
ribellarsi. Limpotenza e linsipienza della sinistra politica e sindacale
risaltano ancor di pi di fronte alla capacit di ribellione spontanea (quindi
talvolta controproducente) dei troppo umani: perch in tutti questi anni quasi
nessuno ha saputo o voluto organizzarla e indirizzarla?